Festival del Cinema di Venezia 2021: 5 film italiani in concorso

Tra poco più di un mese (1-11 settembre), inizierà la 78esima edizione di quello che è e sarà sempre il Festival del Cinema più antico e prestigioso del mondo, ovvero Venezia. Questa edizione, per il Cinema italiano, sarà un’edizione record. Avremo infatti, ben 5 pellicole nazionali in concorso, segno di una ritrovata vena produttiva, che fa ben sperare per il futuro.

Tutti film d’autore, che siamo sicuri, incanteranno le sale della Mostra del Cinema: America Latina, thriller dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo con Elio Germano; Il buco di Michelangelo Frammartino che narra una straordinaria impresa italiana di speolologia; Freaks out di Gabriele Mainetti con Claudio Santamaria e Pietro Castellitto nel cast e Nicola Guaglianone, sceneggiatore che ne firma il soggetto originale; Qui rido io di Mario Martone con Toni Servillo nel ruolo di Eduardo Scarpetta; È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, in cui il regista premio Oscar, racconta la sua passione per il Napoli di Maradona e la scomparsa dei suoi genitori, quando aveva 16 anni, nel 1987.

I titoli sono stati annunciati dal direttore artistico Alberto Barbera durante la presentazione del programma della kermesse, che si terrà in Laguna dall’1 all”11 settembre 2021. Numerosa anche la presenza del cinema italiano nei film fuori concorso o nella altre sezioni. Tra gli eventi più importanti la pellicola d’apertura di Pedro Almodovar con Madres Paralelas e l’anteprima mondiale di Dune di Denis Villeneuve. Nella Mostra, sarà forte anche la presenza femminile sia come registe che come storie. Già annunciate le misure di sicurezza che saranno quelle in vigore in tutta Italia con accesso in sala la cui capienza è dimezzata, con posti numerati e green pass.

A l b e r t o B a r b e r a , Direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

Ovviamente, i “soliti noti” hanno storto il naso: “troppo vasta la presenza italiana in concorso”. Ai detrattori, ha risposto il direttore artistico Alberto Barbera: “Non si tratta di sostenere a ogni costo il cinema italiano, credo che il settore sia in un momento di grazia e se ben 5 pellicole sono arrivate al rettilineo finale, è perché lo hanno ampiamente meritato. Abbiamo lavorato per tutto l’anno, senza sosta, nella selezione dei film – ha detto ancora Barbera -. Ci ha sorpreso la qualità media, che è complessivamente più alta del solito, come se la pandemia avesse stimolato la creatività di tutti. Sono ottimista sullo stato di salute del cinema italiano, nonostante le difficoltà dell’industria cinematografica”.

Insomma, la Mostra del Cinema di Venezia, promette, come ogni anno, scintille, le solite polemiche, tante pellicole interessanti e tanti ospiti, pronti a calcare il red carpet, di quello che rimane il Festival dei Festival, 78enne, ma più giovane che mai.

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Pierfrancesco Favino, Venezia e la Coppa Volpi: 88 anni di trionfi (e di polemiche) all’italiana

“Un maestro mi ha detto che quando si gira un film è come creare una stella, e voglio dedicare questo premio a tutte le stelle, ai milioni di schermi che accoglieranno le stelle e agli occhi che brilleranno nel buio.”

Lo scorso 12 settembre sul palco della 77esima edizione del più prestigioso e del più antico Festival del Cinema, ovvero Venezia, un emozionatissimo regala queste parole alla platea, pronta ad applaudirlo. Ha appena ricevuto la Coppa Volpi, come miglior interprete maschile per il film Padrenostro. Quella Coppa Volpi, che è, insieme al Leone d’oro come miglior film, il simbolo della Mostra del Cinema di Venezia.

Un Festival che affonda le sue radici indietro nel tempo, a quel 1932, destinato a lasciare un’impronta indelebile nella storia del cinema. Quell’anno alla Mostra non si assegnarono premi, ma fu l’edizione che lanciò nel firmamento del grande cinema la figura di Vittorio De Sica, che sarà capace qualche anno dopo di incantare il mondo con i suoi capolavori neorealisti. Il film più acclamato fu Gli uomini, che mascalzoni!, che aveva proprio l’attore ciociaro come stella più acclamata. Risale a due e tre anni dopo, ovvero al 1934 e 1935, l’istituzione dei premi cinematografici legati al Festival, destinati poi a rimanere nella memoria collettiva. La storia dei premi strettamente attoriali, è riconducibile alla creazione della Coppa Volpi, che tanto al maschile, quanto al femminile, rappresenta il premio come migliori interpreti della kermesse internazionale. Il riconoscimento deve il suo nome al conte Giuseppe Volpi, presidente della Biennale di Venezia e “padre” della Mostra del Cinema.

Molto spesso tale prestigioso premio, è stato assegnato ad attrici ed attori nostrani, ed hanno rappresentato di conseguenza, vette dell’arte cinematografica, in grado di rendere unico ed acclamato il cinema italiano. La prima donna ad ottenere la Coppa Volpi come migliore interprete femminile sarà Anna Magnani nel 1947 per L’onorevole Angelina, alla quale seguirà 11 anni dopo Sophia Loren per Orchidea nera. E poi tra le altre troviamo Valeria Golino, unica attrice ad essersi aggiudicata il riconoscimento per ben due volte a distanza di 29 anni l’uno dall’altro: nel 1986 per Storia d’amore e nel 2015 con Per amor vostro. Completano il quadro, Laura Betti nel 1968 per Teorema; Sandra Ceccarelli nel 2001 per Luce dei miei occhi; Giovanna Mezzogiorno nel 2005 per La bestia nel cuore; Elena Cotta nel 2013 per Via Castellana Bandiera; e Alba Rohrwacher per Hungry Hearts.

PER APPROFONDIRE:

■ Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema

Al maschile la Coppa Volpi è stata assegnata per 11 volte ad interpreti italiani, con lo squarcio di poesia dell’ex aequo a e per la memorabile interpretazione di un padre e di un figlio che cercano di ricostruire il loro rapporto, nel film di Ettore Scola, Che ora è? (1989). Il primo riconoscimento “italiano” fu attribuito a nel lontano 1941 per Don Buonaparte, al quale seguì l’anno seguente Fosco Giachetti per Bengasi. Si dovettero poi aspettare ben 44 anni per ritrovare un attore italiano vincitore a Venezia. Fu però, probabilmente l’edizione più discussa, più travagliata e più contestata. Quella del 1986 è passata alla storia come l’edizione dello scippo perpetuato ai danni del grande Walter Chiari. Si racconta che quella Coppa Volpi fosse stata già assegnata all’attore pugliese, per la commovente interpretazione di Romance, proprio quell’anno in concorso a Venezia. Ingerenze politiche ancora misteriose e mai del tutto chiarite, portarono ad assegnare il premio, a sorpresa a per Regalo di Natale; mentre Walter dovette “accontentarsi” del Premio Pasinetti, come miglior attore della kermesse, assegnato dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti cinematografici italiani. Un premio legato alla Mostra, ma collaterale, che non riuscì a coprire l’amarezza per quel misterioso scippo. Alla notizia che il premio non sarebbe stato assegnato a Walter Chiari, in sala si levarono una bordata di fischi senza precedenti, con i fotografi ufficiali della Mostra del Cinema, che per protesta posero le loro macchine fotografiche in terra. https://www.youtube.com/watch?v=7zOEehgBE9g

Dopo quella edizione scandalo e dopo il già citato ex aequo di Marcello Mastroianni e Massimo Troisi, nel 1993 troviamo vincitore per Un’anima divisa in due; nel 2001 per Luce dei miei occhi; nel 2002 per Un viaggio chiamato amore; nel 2008 per Il papà di Giovanna; nel 2019 per Martin Eden; ed infine il già celebrato trionfo di Pierfrancesco Favino nel 2020 per Padrenostro.

Il Festival di Venezia, insomma, nonostante le dovute rivoluzioni tecnologiche ed organizzative, alle quali ha dovuto ricorrere nella sua evoluzione, è più fresco e vivo che mai. Come ogni anno e come ogni kermesse, anche quella attuale porta via una striscia di polemiche sui nomi dei vincitori. Quest’anno tocca al Leone d’oro, assegnato, a detta di molti a sorpresa ed anche ingiustamente a Nomadland, di Chloè Zhao. A tutto ciò c’è però da dire, come la storia dei Festival è piena di giudizi contestati e sono stati spesso anche sindacabili. In quanto composti da un ristretto numero di “esperti”, i Festival vivono di momenti storico-sociali, di ingerenze politiche, di brevi stagioni e spesso delle mode del momento. https://www.youtube.com/watch?v=u0S0u3-228M

Si pensi a quanto ha dovuto penare il grande Ugo Tognazzi, questa volta a Cannes, per poter ottenere la tanto agognata Palma d’oro come miglior interprete maschile. Quel premio che ottenne solo nel 1982 per La tragedia di un uomo ridicolo, ma che egli stesso giudicò tardivo. Ogni volta, infatti, negli anni precedenti era andato lì lì per vincerlo, ma ogni volta era rimasto puntualmente con un pugno di mosche in mano. Una volta perché i giurati avevano deciso di assegnarlo a un attore brasiliano e dunque alla cinematografia emergente; un’altra perché i francesi avevano boicottato un film di Marco Ferreri, dal titolo La donna scimmia, che aveva come protagonista proprio Tognazzi; e un’altra volta ancora perché Ingrid Bergman, che presiedeva la giuria, aveva minacciato di andarsene se fosse stata concessa una qualsiasi gratifica alla Grande Abbuffata, un film a suo dire indecente.

Un piccolo esempio, dunque, di come i festival sentano e vivano quello che è il “momento”, anche in considerazione dell’esigua composizione della giuria, quasi sempre dai 7 ai 9 elementi. Viceversa le giurie dei grossi premi internazionali, che sono diverse per struttura dai Festival (Nastri d’Argento, David di Donatello, Oscar, Bafta, Golden Globe…) hanno una composizione mai inferiore alle 1000 unità, quindi con un campione molto più realistico dei gusti e delle inclinazioni del pubblico e molto meno controllati politicamente.

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Al via MEDIMEX D 2020, la prima music conference internazionale digitale, interamente fruibile on-line

Il MEDIMEX, uno degli eventi più attesi del panorama musicale pugliese e nazionale, il progetto targato Puglia Sounds, il programma della Regione Puglia per lo sviluppo del sistema musicale regionale, quest’anno non affollerà le piazze: al posto degli eventi live, assisteremo ad incontri in streaming e webinar.

Il progetto, nato nel 2011 con una forte vocazione internazionale e pensato itinerante per poter valorizzare ogni angolo della Puglia, quest’anno, giunto alla decima edizione, si sarebbe dovuto svolgere a Taranto e Brindisi ma, alla chiusura dell’edizione 2019 con 80 mila presenze, nessuno avrebbe mai immaginato che l’edizione 2020 sarebbe capitata nel bel mezzo di una pandemia globale, tale da costringere gli organizzatori a rimandarla a data da destinarsi.

Un duro colpo per il comparto musicale a tutti i livelli, nazionale ed internazionale, che ha messo in ginocchio l’intera filiera, ma principalmente la musica dal vivo, la prima a pagare lo scotto del forzato distanziamento sociale.

F o t o u f f i c i a l i M E D I M E X 2019, su gentile concessione dell’ufficio stampa.

I pugliesi, come tutti, hanno incassato il colpo, ma, invece di piangersi addosso, hanno cercato nuove strategie d’approccio e comunicazione che potessero azzerare le distanze e fornire strumenti di ampio respiro per superare la crisi.

In quest’ottica, nasce il piano straordinario d’intervento per la cultura e lo spettacolo della Regione Puglia denominato “Custodiamo la Cultura in Puglia”, con cui l’assessorato all’Industria turistica e culturale mette a disposizione 17 milioni di euro per sostenere gli operatori e le imprese pugliesi nell’emergenza Covid-19, di cui 1,5 milioni sono destinati al rilancio del comparto musicale ed alla realizzazione del MEDIMEX D, la prima music conference internazionale digitale, interamente fruibile on – line.

Il MEDIMEX si è connotato, negli anni, come una manifestazione in costante evoluzione, non meraviglia quindi l’ulteriore salto di paradigma che contraddistingue l’edizione 2020, interamente digitale e che prevede tavoli di confronto su come la crisi modificherà l’industria musicale e la fruizione della musica dal vivo ed in streaming, sulle nuove strategie di comunicazione da utilizzare anche sfruttando la capacità promozionale dei social network, uniti alla possibilità di apprendere strumenti altamente professionalizzanti, grazie a workshop creati ad hoc e destinati ai professionisti del settore, ma senza dimenticare la promozione degli artisti locali.

Come nelle precedenti edizioni, molti saranno gli incontri a tema con gli autori ed operatori del settore, quest’anno rigorosamente live sui canali social ufficiali del MEDIMEX D, da Tommaso Paradiso con Clemente Zard (Vivo Concerti), a Ghemon con Chiara Santoro (Google Italia), da Francesco Sarcina con Claudio Ferrante (Artist First), a Riccardo Zanotti (frontman dei Pinguini Tattici Nucleari) con Andrea Rosi (Sony), per citarne alcuni.

Non sarà invece possibile, quest’anno, fruire dei tanti concerti live, fiore all’occhiello delle precedenti edizioni, catalizzatori ed elemento portante della promozione territoriale e turistica pugliese.

È possibile visionare il programma completo della digital Edition, in onda dal 3 al 21 giugno, sul sito ufficiale del MEDIMEX.

Come ogni anno, Smart Marketing sarà presente per raccontarvi i momenti salienti di questa manifestazione orientata alla promozione culturale come volano di sviluppo territoriale ed esempio a cui ispirarsi. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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David di Donatello 2020: i verdetti

La 65esima edizione dei David di Donatello, per intenderci i “nostri” Oscar, trasmessa dalla prima rete nazionale lo scorso 8 maggio, è stata un’edizione particolare, certamente destinata a rimanere negli annali. Anche lo stesso Carlo Conti, presentatore esemplare della serata, l’ha ripetuto più volte. Eliminati il red carpet, niente sfilate di attori, niente fotografie. Il teatro vuoto, il maxischermo illuminato, e tutti, nominati e vincitori, collegati da casa insieme alla famiglia, con una bottiglia di champagne a portata di mano e improvvisando un’inquadratura, magari artistica con una libreria alle spalle, o i più spartani tipo Pierfrancesco Favino, con una classicheggiante parete bianca. Il David al tempo del Coronavirus è stato dunque questo, che sia piaciuto o no, era davvero il massimo che si potesse fare di questi tempi. Fortuna ha voluto che alla conduzione ci fosse un presentatore consumato, un professionista esemplare, che ha saputo dominare un’anomala situazione, gestendo i collegamenti, gli inevitabili tempi morti e i problemi di connessione di alcuni dei protagonisti.

In apertura Conti, ha letto un contributo epistolare del Presidente della Repubblica Mattarella, il quale nella sua lettera di saluti, ha parlato di quanto sia fondamentale sognare; è importante, ha detto, tornare a farlo dopo questa emergenza, ed è il cinema che può guidarci. Dopo di lui, le attrici e gli attori italiani hanno dato voce a chi lavora nell’industria, ai tecnici, agli altri interpreti, a chi ogni giorno permette a un set di funzionare, a un film di essere girato, e alla macchina produttiva di mettersi in moto. C’è bisogno di sostenerli, hanno sottolineato.

La serata ha vissuto su due momenti topici. Innanzitutto il David di Donatello alla carriera, conferito all’immensa FRANCA VALERI, che all’alba dei 100 anni, riceve questo prestigioso, e direi tardivo riconoscimento. Peccato non ci fosse il red carpet, perché Franca avrebbe meritato una lunga e calorosa standing-ovation reale, che il pubblico non avrebbe mancato di conferirle. Anche perché negli ultimi tre giorni, il suo nome, nelle ricerche Google, è stato uno dei più cliccati e si sono succeduti articoli dedicati alla sua figura di donna emancipata e fuori da ogni schema. E poi…e poi c’è il secondo momento topico: la serata è stata infatti dominata dal regista Marco Bellocchio e da quel film, ovvero Il traditore, che già nelle previsioni avrebbe dovuto fare man bassa di statuette, a fronte addirittura di ben 17 nominations: un vero e proprio record assoluto. Il traditore si aggiudica 6 statuette, tra cui alcune di primissima fascia, come quella al miglior film; quella al miglior regista; e quelle attoriali conferite a Pierfrancesco Favino come miglior attore protagonista e a Luigi Lo Cascio come miglior attore non protagonista. Le altre due statuette sono state conferite a Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo e allo stesso Bellocchio per la miglior sceneggiatura originale e a Francesca Calvelli per il miglior montaggio.

Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema.

Curiosità: lo stesso film andò in concorso alla scorsa edizione dei Nastri d’Argento, il secondo premio cinematografico nazionale, ottenendo riconoscimenti esattamente per le stesse categorie dei David, fatta eccezione per il Nastro alla migliore colonna sonora conferito a Nicola Piovani, e per l’ex-aequo nella categoria miglior attore non protagonista tra Luigi Lo Cascio e Fabrizio Ferracane. Altra curiosità: per Favino, ormai osannato come l’attore più importante del moderno cinema italiano, è il primo David di Donatello come miglior attore protagonista, ai quali ne vanno aggiunti altri due come miglior attore non protagonista e vanno almeno citati anche i 4 Nastri d’Argento vinti nel corso della sua carriera.

I rimanenti premi attoriali, in pratica quelli femminili, sono andati a Jasmine Trinca, come miglior attrice protagonista per La dea fortuna, di Ferzan Ozpetek; e a Valeria Golino, che è scivolata quando è stato annunciato il suo nome, quello come miglior attrice non protagonista per 5 è il numero perfetto di Igort. Altra curiosità: Valeria Golino era candidata anche nella categoria come miglior attrice protagonista per Tutto il mio folle amore.

E Matteo Garrone? Il suo Pinocchio, ha raccolto la maggior parte dei premi tecnici, tra cui miglior scenografia, migliori costumi, miglior truccatore, miglior acconciatore e miglior effetti visivi; mentre a Il primo Re è andato il premio per il miglior produttore; a Pietro Marcello e Maurizio Braucci è andato il David per la miglior sceneggiatura non originale, per il lavoro che hanno fatto su Martin Eden; e infine, per chiudere il discorso sui premi tecnici, Daniele Ciprì si è aggiudicato per Il primo re, la statuetta alla miglior fotografia. https://www.youtube.com/watch?v=Yf7Gjk2M6tk

Meritatissimo poi, il riconoscimento come miglior regista esordiente per Bangla, del giovanissimo Phaim Bhuiyan, la vera sorpresa cinematografica italiana della scorsa stagione. L’autore ci racconta la sua storia di italiano di seconda generazioni di origine bengalese in una commedia sia sentimentale che sociale. Probabilmente l’unico film degli ultimi anni in cui un’onnipresente voce fuori-campo non è invadente e fastidiosa. Funziona piuttosto da contrappunto e commento alle azioni del protagonista, il quale, a mo’ di un novello Virgilio, ci conduce fra le strade vivaci di Torpignattara, crogiuolo di razze e mestieri, quartiere di chiese e moschee, di baretti e di street art. Il film esalta la diversità e dà una stoccatina alla falange razzista del nostro paese.

Il David “senza suspance” è andato invece alla coppia formata da Ficarra & Picone, per il loro film in costume Il primo Natale. Il “senza suspance” si riferisce al particolare premio assegnato al film più visto, e che dunque ha incassato di più, della scorsa stagione. Un premio che già dall’inizio dell’anno, la coppia sapeva di aver vinto. Bisogna dirlo, il David dello spettatore è in pratica la prosecuzione del prestigioso “Biglietto d’oro dell’AGIS”, che veniva annualmente assegnato dal 1947, al film più visto dell’annata solare. Dallo scorso anno è stato accorpato e fuso all’interno dei premi dei David, diventando uno dei tanti prestigiosi riconoscimenti dell’Accademia.

La serata, nonostante l’edizione a distanza, è stata comunque ricca di momenti divertenti, suggestivi, commemorativi ed anche commoventi. Roberto Benigni, candidato nella cinquina per il miglior attore non protagonista con il suo Geppetto, ha fatto da mattatore e ha intrattenuto; ha scherzato («questi sono i Covid di Donatello») e s’è detto tra le categorie più colpite: «io che abbraccio, tocco e prendo in braccio tutti». Bellocchio, al momento dei ringraziamenti, è stato raggiunto dalla famiglia, e Favino, proprio alla fine, ha voluto salutare sua madre, dedicandole la vittoria. Molto suggestivi poi, i ricordi di Alberto Sordi e Federico Fellini salutati con alcuni filmati delle immense Teche Rai, con i diretti interessati ripresi a parlare e a raccontarsi.

Tutti speriamo che la prossima edizione, la numero 66, sia diversa da quella che abbiamo vissuto quest’anno, sia pure riconoscendo lo sforzo enorme, che in situazione di assoluta difficoltà, hanno fatto sia la Rai che l’Accademia del Cinema Italiano. La stessa presidente, Piera Detassis, si è augurata che la prossima edizione possa segnare un ritorno alla vita per il nostro cinema e per la nostra società.

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