Marzia Verona

Alpeggi, alpigiani, formaggi della Val d’

23 itinerari escursionistici Indice

Introduzione 4 Carta generale della Valle d’Aosta 24 1. Vallone di San Grato 26 Valle di Gressoney 2. Pra Pian 32 Valle di Gressoney 3. Peirosaz 36 Valle di 4. Alpe Mascognaz 46 Val d’Ayas 5. Pra Oursie 52 Val Chalamy 6. La Manda 54 7. Telinod 64 Valtournenche 8. Valmeriana 70 Valle Centrale 9. Saint Barthélemy 76 Vallone di St.Barthélemy 10. Bren 90 Valle Centrale 11. Comboé 96 Valle Centrale 12. Pila 102 Vale Centrale 13. By di Farinet 108 Vallone di 14. Tsa d’Arsy 114 Valle del Gran San Bernardo 15. Tsa de Merdeux 120 Valle del Gran San Bernardo 16. Rifugio Mont Fallère 124 Valle Centrale 17. Grand Lauson 130 Valle di 18. Moncorvé 136 19. Alpe e laghi di Djouan 142 Valsavarenche 20. Le Fond, Melignon 148 Val di Rhêmes 21. Plontaz 154 22. Bonalé 158 Valle Centrale 23. Verney 166 Valle del Piccolo San Bernardo Ringraziamenti 168

2. 3. Svizzera Cervinia

. !La Manda (6) ! A. By di Farinet (13) GLACIER VALTOURNENCHE !( !(

A. Tsa de Merdeux (15) OLLOMONT A. Telinod (7) ! !( ! SAINT RHEMY !( Champoluc ! V. di Saint Barthélemy (9) ! A. Mascognaz (4) ! A. Bonnalé (22) !( !A. Tsa d'Arsy (14) LIGNAN PLANAVAL !( !( GHIGNOD PRE ST DIDIER !( !( !A. Isolettaz (16) LA SALLE !( Aosta Saint Vincent VETAN !( !( !( CHATILLON !( La Thuile SARRE !( SAINT MARCEL A. Valmerianaz (8) CHALLAND SAINT ANSELME ! ! !( A. Verney (23) ! CHAMDEPRAZ PILA ! A. Bren (10) !( !( A. Comboé (11) ! !( ! !V. di S. Grato (1) Rhemes Pan Perdù (12) Pra Oursie (5) Verrés Bonne Valgrisenche Champorcher !( ! Pra Pian (2) ! Cogne Francia A. Plontaz (21) Valsavarenche Pont Saint Martin !A. Peroisaz (3) ! A. Djouan (19) ! A. Grand Lauson (17)

THUMEL !( PONT !( ! ! A. Moncorvé (18) A. Le Fond (20) Piemonte

0 5 10 20 Kilometers

24. Svizzera Cervinia

. !La Manda (6) ! A. By di Farinet (13) GLACIER VALTOURNENCHE !( !(

A. Tsa de Merdeux (15) OLLOMONT A. Telinod (7) ! !( ! SAINT RHEMY !( Courmayeur Valpelline Champoluc ! V. di Saint Barthélemy (9) ! TORGNON A. Mascognaz (4) ! A. Bonnalé (22) !( !A. Tsa d'Arsy (14) LIGNAN PLANAVAL !( !( GHIGNOD PRE ST DIDIER !( !( !A. Isolettaz (16) LA SALLE !( Aosta Saint Vincent VETAN Nus PONTEY !( !( !( CHATILLON !( La Thuile SARRE !( SAINT MARCEL A. Valmerianaz (8) CHALLAND SAINT ANSELME ! ! !( A. Verney (23) ! CHAMDEPRAZ PILA ! A. Bren (10) !( ISSIME !( A. Comboé (11) ! !( ! !V. di S. Grato (1) Rhemes Pan Perdù (12) Pra Oursie (5) Verrés Bonne Valgrisenche LILLIANES Champorcher !( ! Pra Pian (2) ! Cogne Francia A. Plontaz (21) Valsavarenche Pont Saint Martin !A. Peroisaz (3) ! A. Djouan (19) ! A. Grand Lauson (17)

THUMEL !( PONT !( ! ! A. Moncorvé (18) A. Le Fond (20) Piemonte

0 5 10 20 Kilometers

25. 13 Vallone di Ollomont

By, Lac de la Clusa, de la Leita, de la Baséya

Scheda tecnica: alpeggio By di Farinet.

Produzione: Fontina (non si effettua vendita diretta).

Come arrivarci: imboccata la Valpelline, deviamo sulla sinistra per Ollomont e proseguiamo fino al termine del vallone omonimo, lasciando l’auto nella frazione Glassier di Ollomont (1571m). Propongo per questo itinerario un percorso ad anello che permette di godere dei magnifici pano- rami della Conca di By. Per chi volesse semplicemente raggiungere la Conca e l’alpeggio By di Farinet, imboccare la mu- lattiera che si diparte dall’asfalto appena prima del villaggio di Glassier seguendo i segnavia 3-4-5. Giunti all’inizio della conca, in prossimità della cappella (1994m) seguire la pista sterrata (segnavia 4) fino all’alpeggio By (2050m).

Dislivello, distanza : 480 m; 5,6 km andata e ritorno per il medesimo itinerario.

Giro ad anello: se invece volessimo dedicare l’intera giornata a un’escursione dallo sviluppo abbastanza impegnativo, ma altamente appagante dal punto di vista paesaggistico, da Glassier raggiungere Crottes sull’itinerario 6 e di qui iniziare a salire nel bosco seguendo il sentiero che sale lungo la gola del Torrent de la Gaula. Incontreremo la pista sterrata a quota 2075m e la seguiremo, sempre sul sentiero 6, fino alla presa dell’acqua alla base del Plan de Breuil, quindi riprenderà il sentiero che sale verso i laghi. Una de- viazione non segnalata sulla destra conduce al Lac Cornet, altrimenti il 6 ci porta Lac de la Clusa (2418m) e, proseguendo, al Lac de la Leita (2567m) ai piedi del Bivacco Regondi (2597m). A questo punto è possibile proseguire tra le morene lungo una traccia di sentiero segnalato da ometti, frecce rosse e scritte “BY”, ma privo di segnaletica ufficiale. Fiancheggeremo il Lac de la Basèya (2516m), quindi inizieremo a scendere tagliando il versante verso l’alpeggio Thoules. Nell’ultimo tratto la traccia diventa meno visibile (se ne sconsiglia la percorrenza in caso di nebbia), ma occorre comunque puntare in direzione dell’alpeggio (2381m) dove un ponticello in legno ci consente di oltrepassare le acque impetuose del Torrent Fenêtre. Inizia ora la discesa su strada sterrata seguendo i segnavia 5, con la possibilità di evitare alcuni tornanti percorrendo il sentiero. Dalla Balme de Bal (2130m) la strada sterrata con il percorso 4 ci porterà infine all’alpeggio By, da cui raggiungeremo poi la cappella di By e scenderemo a Glassier percorrendo l’antica mulattiera (percorso 4-5).

Dislivello, distanza : 950 m; 15 km.

Sono salita due volte alla Conca di By, la prima per un lungo e magnifico itinerario a piedi, la seconda in auto, di pomeriggio, per andare a fotografare la mungitura, la caseificazione e intervistare gli allevatori. L’escursione che vi propongo va ben oltre la salita all’alpeggio, ma d’altra parte in questo caso presso l’alpe non è possibile acquistare i prodotti caseari, dato che qui si produce esclusi- vamente Fontina, conferita alla stagionatura di fondovalle. Con la nostra lunga gita avremo

108. Vallone di Ollomont

Lac de la Leita

109. Vallone di Ollomont

invece modo di apprezzare il territorio alpino nella sua interezza, dai boschi di larici ai pascoli di alta montagna, dai laghi glaciali al panorama degli alpeggi di questa ricchissima conca. Per quanto riguarda i prodotti, lungo la strada che sale ad Ollomont, in frazione Frissonière di Valpelline, è possibile fare una sosta al Centro Visitatori della Cooperativa Produttori Latte e Fontina di Valpelline, con a fianco il magazzino di stagionatura. Potremo così avere una visione di insieme dell’intera filiera produttiva di questo formaggio DOP. Inaugurato nel 2003, il Centro è diviso in tre sezioni: una dedicata alla storia, una al territorio e una alle modalità di trasformazione del latte. Segue la visita del magazzino, dove viene spiegato come i formaggi vengano curati manualmente uno ad uno e la loro evoluzione dall’entrata in magazzino fino al raggiungimento della maturazione ottimale. Inoltre, all’interno della struttura, vi è uno dei cinque punti vendita della Cooperativa. Abbiamo già parlato di quello presso il caseificio di , mentre gli altri tre sono caratteristici chalet in legno, collocati lungo la Strada Statale 26 (Torino-Courmayeur), all’altezza rispetti- vamente di Saint-Christophe e di Pré-Saint-Didier; il terzo si trova lungo la Strada Regionale per Cogne, a poca distanza dal capoluogo. Presso queste strutture si possono trovare tutti i prodotti della Cooperativa oltre ad altre specialità locali. Quando salgo per raccogliere l’intervista, all’alpeggio By mi accompagna Lorenzino , educatore dell’Institut Agricole Régional, che si è offerto di farmi da guida. Con noi c’è anche suo papà che, in gioventù, era stato guardiano della teleferica collocata alla base della conca. Attraverso questa teleferica di servizio della diga, prima dell’apertura della strada che oggi sale da fino a raggiungere gli alpeggi più lontani, venivano trasportate a valle tutte le forme di Fontina prodotte quassù. Dovendo raggiungere By in auto, saliamo da Doues, ma la strada è chiusa ai non aventi diritto poco prima di Champillon. Da quel punto in poi il percorso è particolarmente adatto alle MTB, dato che su questo versante si snoda lungo chilometri di piste sterrate che permettono di raggiungere tutti gli alpeggi e i tramuti collocati in questi ricchi pascoli. Dal parcheggio all’alpe By si percorrono 9km di pista sterrata. Quando arriviamo a By di Farinet, appena sopra al villaggio di By, la mungitura pomeridiana è ancora in corso. Qualche animale con esigenze particolari viene munto a mano, ma per tutti gli altri c’è il sistema di mungitura automatizzato, che richiede comunque la presenza degli uomini per la pulizia della mammella e la collocazione della mungitrice via via a tutte le vacche. Ci accoglie Riccardo Vevey, che trascorre quassù l’estate con una mandria composta da ani- mali di diversi proprietari. Ad aiutarlo alcuni operai e la moglie Marilena Yeuilla, che però quel giorno è dovuta scendere a valle. Terminata la mungitura, nel tardo pomeriggio gli animali vengono nuovamente fatti uscire al pascolo: un pastore li accompagna, mentre gli altri operai si occupano chi della pulizia delle stalle, chi della caseificazione. L’alpeggio è stato ristrutturato recentemente: “Per fortuna ci sono stati aiuti regionali, altrimen- ti chi può spendere quei soldi? La padrona mi ha detto che c’è voluto un milione e mezzo di euro per i lavori. Hanno rifatto anche le cantine, adesso sono in cemento, ma sono troppo calde e così il formaggio non stagiona più.” Dopo la visita dei fabbricati ci sediamo in casa e Riccardo inizia a spiegarmi com’è arrivato quassù.

110. Vallone di Ollomont

“Sono 11 anni che veniamo qui, dal 2007. Prima eravamo a Vertosan con mio cognato, siamo stati 17-18 anni lassù. Prima ancora invece ho lavorato 10 anni dalla Cogne, ma poi ho deciso di cambiare. Mio papà le bestie le aveva già. Mi ha obbligato studiare, ho fatto sei anni a ra- gioneria e sono uscito in quarta senza nemmeno il diploma! Anche mio figlio adesso è entrato alla Cogne. Qui non è il suo mondo: se c’è bisogno, una mano la dà, ma… in fabbrica c’è un orario, uno stipendio, e lui ha famiglia, due bambini, allora è meglio la fabbrica. Io vado avanti fin quando ce la faccio… poi, se vogliono, rilevano i figli. L’altro adesso è giù a fare i fieni.” (La Cogne è un’azienda siderurgica). “Non so se per i giovani ci sarà ancora un futuro in questo mestiere. Secondo me sì, perché in un certo senso bisognerà tornare indietro, visto che adesso con questo sistema le cose non funzionano. Di agricoltura in qualche modo si vive, quando invece la fabbrica chiude, non c’è più nulla, si muore di fame!” “Rimaniamo qui fin verso il 20 di settembre, poi scendiamo ad dove abbiamo un mayen. Facciamo la transumanza a piedi. Qui ci sono animali di vari proprietari, ho tre aiutanti rumeni, il casaro e il pastore sono vari anni che lavorano con me.” (Il mayen è un pascolo di mezza quota utilizzato ad inizio e fine stagione, solitamente è presente anche una struttura abitativa e/o una stalla). La Tsa de By e la Tsa de la Commune, a quote maggiori, non sono raggiungibili con la strada, così la sede dell’alpeggio è soltanto più questa, per tutta la stagione. Della parte alta dell’alpe si utilizzano soltanto i pascoli. “Quando stavamo anche su, c’era gente che passava sul sentiero che porta al rifugio Rifugio (Chiarella-Amiante 2987m) e chiedeva se avevamo Fontina, ma poi nessuno la prendeva… Anche qui, sono pochi quelli che vengono a chiedere formaggio. L’ottanta per cento della Fontina che produciamo la diamo a un grossista, il venti per cento la vendiamo noi in autunno e inverno.” Renzino mi ha portata qui soprattutto perché questo è uno degli alpeggi che ha aderito ad un particolare progetto sperimentale, così chiedo a Riccardo di spiegarmi in cosa consista. “Abbiamo fatto una prova con l’ARPAV, l’associazione dei proprietari di alpeggio, per valoriz- zare la Fontina. Per un periodo, nel mese di agosto, non diamo mangime, le mucche mangiano solo l’erba dei pascoli. Quelle Fontine le teniamo da parte e le vendiamo separatamente. Era- vamo partiti da un prezzo di 25 euro al chilo, in media si sono poi vendute a 18 euro.” Nel primo anno di progetto sono state prodotte 993 forme, di cui 490 classificate di prima qualità, con uno scarto minimo, 30 forme. L’alimentazione tradizionale ha consentito una per- centuale di produzione inferiore, ripagata dalla qualità del prodotto, che ha infatti determinato una remunerazione maggiore. Gli alpeggi interessati, oltre a quello di By, sono stati: Tzignanaz, Chavanon, Djomen, Mont de l’Eura, nella Valtournenche, Pra d’Arc a Saint-Rhémy-en Bosses, Plan de Vaûon a Bionaz. “Quest’anno si sta producendo di meno, l’erba era già troppo matura quando siamo saliti, poi dopo c’è stato il caldo e la siccità. In due mesi abbiamo prodotto 100 Fontine meno del solito.” La Conca di By è sempre stata famosa per i suoi formaggi e ancora oggi contribuisce con una buona percentuale di prodotto sul totale delle Fontine regionali, ma sicuramente molte cose sono cambiate rispetto ad un tempo. “Fino agli anni 60-70, in tutta la Conca c’erano anche mille capi, da Champillon fino qui a By,

111. Vallone di Ollomont

però c’erano più piccoli allevatori, una volta con 15 capi eri già un «grande» allevatore. È cam- biato il modo di lavorare, ormai si munge tutto a macchina. Altrimenti con 90 mucche quanti operai dovresti avere?” Nella mandria ci sono pezzate rosse, pezzate nere e castane, c’è anche un animale “famoso” tra gli appassionati, perché aveva conquistato il titolo di regina regionale. “Io non ho tanto la passione delle reines, ci sono persone che, per puntare solo su quello, hanno fatto fallimento. Una volta comunque avevo solo nere, qui a Ollomont tutti le avevano, era normale, non per le battaglie, la razza che si allevava era quella. Tra la nera e la pezzata rossa ci sono 10.000 euro di differenza di resa solo in inverno! La nera produce meno. Adesso ho solo bianche e rosse, un’unica nera. Devi viverci, devi produrre! È un lavoro duro, questo...” Andiamo a vedere la lavorazione del latte, Riccardo racconta di aver insegnato lui al casaro come produrre la Fontina: “Lui lavorava già qui, puliva le stalle, ma il casaro che avevo se n’è andato. Ho insistito perché lui imparasse, è giovane e questo è un bel mestiere. Ha 26 anni. Lo vedi subito quando c’è un operaio che ha voglia di lavorare bene. Ha anche la famiglia qui, d’inverno lavora da un mio amico. È in valle da otto anni, sa già anche parlare patois.” Il caseificio è pulitissimo e ordinato. “Non guardano solo l’igiene, c’è tutta una burocrazia inimmaginabile! Bisogna compilare dei fogli, scrivere tutto come lavori il latte, a quanti gradi, eccetera. Se qualcuno me la chiede, qualche volta faccio la brossa e la ricotta, ma ci va un’ora in più di lavoro. Se togli la brossa, di sérac non te ne rimane più tanto.” L’operaio sta per rompere la cagliata, mi spiega come devo mettermi per prendere meglio le fotografie in modo che nell’immagine risalti al meglio il suo lavoro, il movimento che sta compiendo con la lira, l’attrezzo impiegato per questa operazione. Gli chiedo il suo nome, dice di chiamarsi Giovanni, ma insisto per farmi dire il suo vero nome: “Lonut, ma qui mi chiamano Giovanni. Sono in Italia da nove anni, mi trovo bene qui. Fare il casaro è un bel lavoro, fare Fontine ti dà soddisfazione. Lo fanno tutti, ma quando lo fai bene, allora sei più contento! D’inverno lavoro sempre con le bestie, ma in stalla, non con il latte. In Romania avevamo mucche e pecore. Quando sono arrivato qua, sapevo già il gioco com’era! La prima volta in Italia, sono venuto subito in Val d’Aosta, mi ha portato un mio amico che già lavorava con gli animali.” È ora di scendere, anche se questo a mio avviso è il momento più bello per vivere la vita d’al- peggio: il pomeriggio si avvia a conclusione e arriva la sera, i raggi del sole sono più bassi, i colori più caldi, tutto sembra rallentato, calmo. Non ci sono più visitatori né turisti, solo la gen- te dell’alpe e il suono dei campanacci. Prima che venga notte, la mandria tornerà dal pascoli, gli animali verranno legati in stalla, poi sarà l’ora della cena e del riposo anche per gli uomini.

Foto pagina accanto: Lac de la Clusa

112. Vallone di Ollomont

113. 19 Valsavarenche

Alpe e laghi di Djouan

Scheda tecnica: alpeggio Djouan.

Produzione: Fontina, formaggio valdosatano.

Come arrivarci: passata Valsavarenche, lasciamo l’auto nel parcheggio in frazione Eaux Rousses (1666m) e saliamo lungo la strada asfaltata sulla destra seguendo le indicazioni per l’Ho- stellerie du Paradis. Superato il primo tornante, troveremo le frecce gialle dei sentieri: il nostro itinerario è l’8C, che porta all’alpeggio (2232m) e quindi ai Laghi di Djouan (2516m).

Dislivello, distanza : 570 m all’alpeggio, 850 m al Lac Noir; 9 km andata e ritorno fino all’alpeggio (16,5km con salita fino al Lac Noir).

Arrivo a Eaux Rousses in una fresca mattinata della seconda metà di agosto: il parcheggio è già affollato, siamo nel Parco del Gran Paradiso e questa è una zona ad alta frequentazione turistica. Il sentiero che porta ai laghi, come la maggior parte di quelli nel territorio dell’area protetta, è assolutamente interdetto ai cani, non possono essere introdotti nemmeno se tenuti al guinzaglio. Il nome Eaux Rousses deriva dalle caratteristiche acque ferruginose che scorrono sulle rocce sovrastanti la frazione: a causa della siccità il fenomeno è meno evidente del solito, infatti c’è ben poca acqua in quel giorno, ma le tracce rossastre sono comunque ben evidenti sulla parete rocciosa. Il nostro sentiero ci permette di osservare perfettamente la “cascata”, prima di entrare nel bosco di conifere. La salita è regolare, il tracciato è ampio e ben battuto. Dai rami degli abeti penzolano licheni dalle lunghe barbe, mentre il sottobosco è punteggiato da una gran varietà di specie di funghi, tra cui spiccano le amanite muscarie dal cappello rosso e bianco. Il bosco si apre nel pressi di un vecchio mayen abbandonato, ma se ne uscirà completamente solo quando si arriverà a Orvieille (2168m). Qui si trova un’antica casa reale di caccia, trasfor- mata ora in casotto dei guardiaparco. L’alpeggio è poco sopra, a metà del versante: mentre lo si raggiunge, la vista è impagabile, dato che pare letteralmente proiettato contro il gruppo del Gran Paradiso sull’altro versante della vallata. Il sentiero passa tra le strutture dell’alpeggio, dove io mi fermo a chiacchierare con la famiglia Montrosset, quindi andrò a cercare la mandria, che stava ancora pascolando più a monte. Grazie alla splendida giornata di sole, in seguito proseguirò fino ai laghi, prima i Lacs de Djouan (2561m), poi il Lac Noir (2670). Il Col Entrelor (3007m) esercitava ancora un ulteriore richiamo su di me, ma era già abbastanza tardi, pertanto alla fine ho rinunciato a raggiungerlo, accontentandomi dello spettacolo offerto dalle cime circostanti e dai manzi al pascolo intorno all’acqua limpida dei laghi. L’unico fabbricato attualmente utilizzato in questo comprensorio d’alpeggio è quello di Djou- an, ma se ne incontrano numerosi altri lungo il sentiero. Accanto ai laghi spiccano le strutture disgiunte dell’alpeggio Lacs désot alla nostra destra e la lunga stalla di Lacs damon poco sopra sulla sinistra.

142. Valsavarenche

Con un po’ di attenzione, possiamo anche scorgere i resti di una fitta rete di canali di irrigazio- ne che partivano dai laghi e attraversavano tutti i pascoli, sia per portare acqua ai vari alpeggi, sia per pulire le concimaie e fertirrigare le superfici erbose via via che erano già state utilizzate dagli animali. Un canale passava contro la parete rocciosa sopra al sentiero (le opere di sostegno in legno sono ancora visibili guardando verso la base delle rocce nel punto più esposto del tracciato), per poi proseguire tra i pascoli in un canale scavato nella terra, dal quale si dipartivano i ca- nali secondari, aperti e chiusi all’occorrenza. Un tempo tutto ciò era fondamentale per la cura dell’alpe, oggi ci si limita per lo più ad utilizzarne i pascoli. Mi faccio raccontare la storia di questo luogo dalla famiglia Montrosset, quel giorno riunita in alpeggio: c’è Elio, il titolare, la moglie Tiziana, i due figli e la nonna Lidia, classe 1935. “A dire la verità noi veniamo qui solo da sette anni: per qualche anno non siamo saliti in mon- tagna, mentre prima ancora siamo stati a Comboè, quando non c’era ancora la strada, quindi a Rhêmes e a Pila.” Chiedo allora a Lidia se può raccontarmi ciò che ha visto e vissuto in gioventù: “Questo mestiere sta cambiando molto. Una volta si dormiva sopra alle mucche con quattro assi, qui abbiamo una vera casa… Le Fontine si portavano giù a spalle con l’uzéi, una specie di zaino di

143. Valsavarenche

legno fatto apposta per quello. Tutti i giorni si trasportavano dove c’era la stagionatura. Si ca- ricava così, a spalle, e non con i cavalli o i muli, perché era troppo tenera e si sarebbe rovinata. A fine stagione poi dalla stagionatura si portavano via tutte le forme con le slitte.” “Si facevano Fontine e tome, se si metteva anche latte di capra nella Fontina bisognava indi- carlo.” “C’era tanta gente per ogni alpeggio, almeno 7-8 persone a lavorare: uno per bagnare, uno per pulire le stalle, ciascuno aveva il suo compito, chi lavorava il latte… C’erano chilometri e chilometri di canalini, ma oggi il personale per ogni alpeggio è la metà di un tempo.” “Bestie ce n’erano di più, tutti avevano 3-4 mucche e salivano anche solo ai mayen come quelli che ci sono più in basso, che adesso sono abbandonati.” Elio aggiunge che ormai a Valsavarenche più nessuno ha animali: “C’era ancora una signora che aveva le mucche, ma ultimamente le ha messe via. La gente che saliva era dal posto, ades- so invece gli operai devi prenderli stranieri, noi ne abbiamo due. Mia moglie lavora, viene su solo nei fine settimana e nelle ferie, quando c’è da fare il fieno vado giù io.” Mentre parliamo, passa molta gente sul sentiero, anche un podista impegnato nella prova del tracciato del Tor des Geants: vorrebbe mangiare lì, pare un po’ infastidito dal fatto che in quell’alpeggio non vengano serviti pasti: “Le cose buone ve le tenete per voi!” “C’è tanto passaggio di gente a piedi, qui. Molti fanno la traversata, dal colle scendono a Rhêmes. I primi anni secondo me passava ancora più gente. Abbiamo messo il cartello per la vendita di formaggio, ma non molti si fermano a chiedere. I primi anni non vendevamo niente e c’era richiesta, così abbiamo iniziato a far qualcosa che si potesse vendere anche qua.” “Il latte lo lavoro io, quando non ci sono invece se ne occupa nostro figlio Joel, che ha 19 anni”, spiega Elio. “Le Fontine le diamo ad un privato, poi facciamo un po’ di formaggio grasso da vendere in al- peggio. I locali per stagionare tutta la produzione in loco non ci sono nemmeno, e poi sarebbe un gran lavoro. Ogni tanto facciamo un po’ di ricotta per noi, oppure quando viene qualche amico, soprattutto per avere la brossa da mangiare con la polenta!” Per raggiungere l’alpeggio, Elio sale da Le Creton, per avere un accesso più agevole con un mezzo fino ad un certo punto, ma poi comunque deve proseguire sul sentiero. Tiziana in- vece sceglie quella che è stata anche la mia via di salita: “È così sporco, c’è tanta immondizia, fazzolettini ovunque. Sovente ci capita di raccogliere bottigliette e altro nei pascoli. Anche se è parco, la gente ha poco rispetto. Poi urlano, spaventano sia gli animali selvatici, sia i nostri. Non c’è il problema dei cani dei turisti, perché qui non li possono portare.” La scarsa considerazione e il poco rispetto nei confronti degli allevatori e del bestiame non riguarda solo l’alpeggio, ma anche gli altri momenti dell’anno: “A volte sembra che il nostro sia proprio l’ultimo dei lavori, prima vengono tutti gli altri. Quando a Pila dobbiamo attraversare la strada per andare al pascolo, la gente si lamenta subito!” Nel momento in cui i Montrosset salgono in Valsavarenche, nella mandria non ci sono solo gli animali di famiglia, ma anche un buon numero di bestie prese in affida per l’estate. “La metà delle bestie resta in valle, poi noi con le nostre scendiamo con i camion. Ad inizio stagione saliamo nel mayen della mamma a Pila, qui ci stiamo dal 15-20 giugno fino al 20-25 settembre a seconda delle annate. Una volta salivano anche all’alpeggio su ai laghi, ma oggi là mettiamo solo i manzi, quelle da latte restano qui. Mucche in valle ce ne sono sempre meno,

144. Valsavarenche

si fatica a trovare il numero minimo indispensabile di capi da portare in alpeggio.” Qui ci sono pezzate rosse e castane: come in quasi tutte le famiglie, c’è la passione per le reines a fornire quello stimolo aggiuntivo per portare avanti un mestiere difficile. “Ho sempre avuto le nere, sono stata io a trasmettere loro questa malattia!”, esclama con fierezza la nonna Lidia. “Forse, se non era per quello, adesso non eravamo nemmeno qui...”, completa il pensiero Elio. “Il maggiore adesso inizia agraria all’università. I figli li lasciamo liberi di scegliere, di fare quel- lo che preferiscono, non li forziamo.” “Adesso studio, poi magari terrò le bestie come secondo lavoro, ma di sicuro non metterò via tutto!”, afferma il giovane Joel. “Soddisfazioni in questo mestiere ce ne sono, per esempio quando tutto ti riesce bene o quan- do la roba è buona: tre anni fa abbiamo vinto la medaglia d’oro al concorso delle Fontine. Per due anni abbiamo cercato di fare Alpages ouverts, ma ha piovuto entrambe le volte e, non essendoci la strada, la gente non è venuta.” Un vero peccato, perché il posto merita davvero una visita e l’intero vallone rappresenta una di quelle gite che lasciano un ottimo ricordo. “Vengono gli amici a trovarci, dicono che noi qui siamo davvero in Paradiso!”, commenta Tiziana. Usciamo dalla cucina e il Gran Paradiso è proprio lì di fronte, con il sole che fa scintillare i suoi ghiacciai.

145. 8 Valle Centrale

Valmeriana

Scheda tecnica: alpeggio Valmerianaz.

Produzione: formaggi stagionati e semistagionati di capra e a latte misto caprino-vaccino, formaggi di capra alle erbe, burro fuso.

Come arrivarci: salire in auto fino alla frazione Cloutraz (1057m) a monte del di Pon- tey. Qui si imbocca la pista sterrata (chiusa al traffico) che sale nel bosco con una serie di tornanti fino all’alpeggio Valmérianaz. Si consiglia di proseguire seguendola per un tratto, fino ad incontra- re il sentiero che se ne distacca: il segnavia è il numero 1 per il Monte Barbeston. Il sentiero di tanto in tanto interseca la pista e ne percorre dei tratti, per poi deviare nuovamente, evitando i lunghi tornanti che permettono di guadagnare quota senza pendenze eccessive. Per raggiungere l’alpeggio, oltrepassare il ponte sul Torrent Molinaz a quota 1709, abbandonan- do il sentiero che risale nel vallone. Un ampio tornante attraversa i pascoli sottostanti l’alpeggio, collocato a quota 1795m.

Dislivello, distanza : 740 m; 8 km andata e ritorno all’alpeggio per il medesimo percorso.

Lasciato il villaggio di Cloutraz, con i suoi pascoli che si affacciano sulla valle, la salita avviene quasi completamente nel bosco, tra pini silvestri, abeti e larici. Nelle radure, a mano a mano che si sale, si può godere di un meraviglioso panorama sulle cime della media valle, con il Cervino proprio di fronte a noi e i ghiacciai del gruppo del Monte Rosa. Appena prima di raggiungere l’alpeggio, passiamo accanto alla partenza del Tour delle maci- ne, che merita sicuramente una visita per la sua particolarità.

70. Valle Centrale

La roccia di questo sito geologico doveva essere conosciuta fin dall’antichità per le sue ca- ratteristiche, che la rendevano particolarmente adatta per la produzione di macine da mulino. Si tratta di un cloritoscisto granatifero a elevato tenore di talco. La matrice cloritico-talcosa di questa roccia è facilmente lavorabile a mano e al tornio, ma presenta anche granati rossi e cloritoidi neri, minerali di elevata durezza e dal grande potere abrasivo che li rendono perfetti per la macinazione di cereali e altre granaglie. In Valmeriana le macine venivano estratte e sgrezzate sul posto, quindi si caricavano su slitte per essere condotte verso il fondovalle, dove si ultimava la loro lavorazione. Si hanno notizie storiche sullo sfruttamento di queste cave a partire dal XI e XII secolo, nei carteggi dei Signori di Vercelli, di Ivrea, di Viverone e di Bard. Attraverso Bard passavano mi- gliaia di macine che provenivano in modo particolare dalla Valmeriana e da Saint-Marcel, ma sicuramente una parte rimaneva in valle per essere utilizzata nei mulini locali. Il percorso segnalato si snoda nel bosco di conifere: i rami sono coperti da licheni che creano un’atmosfera fiabesca, si tratta delle cosiddette “barbe di bosco”, pendule e filamentose, di colore verde-grigiastro. Accanto al sentiero vedremo innumerevoli resti di macine abbozzate nella roccia o cavate, oppure i siti dove sono state estratte. Nella stagione estiva vengono anche organizzate alcune visite guidate, abbinate a un pranzo in alpeggio con i prodotti locali. Salire a Valmeriana per me è un ritorno, dato che c’ero già stata un paio di anni prima, per andare a far visita a Clelia Collè, la conduttrice di questo alpeggio. Personaggio eclettico, tra le sue varie attività c’è anche quella di allevatrice, ma mi faccio raccontare da lei l’intera storia.

71.