Copia Di UNIVERSITÀ CÀ FOSCARI DI VENEZI1
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Università Cà Foscari di Venezia Corso di Laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici Tesi di Laurea “ La rappresentazione del Sile e della campagna trevigiana nell’ opera di Beppe Ciardi” Relatore Ch. Prof. Nico Stringa Correlatore Ch. Prof. Eugenio Manzato Laureanda Ombretta Frezza Matricola 810192 Anno Accademico 2012 / 2013 Sessione Straordinaria Indice Introduzione 3 – 8 Capitolo 1: La situazione Artistico nel Veneto nei primi decenni del ‘900: 9 – 34 1.1 La Pittura a Venezia 9 – 24 1.1.1 Dalla Biennale a Cà Pesaro 9 - 14 1.1.2 Cà Pesaro 14 – 20 1.1.3 Dalla pittura di guerra agli anni’30 20 - 24 1.2 La situazione artistica a Treviso 24 - 30 1.2.2 Dalla Mostra d’Arte Trevigiana del 1915 al Primo Dopo Guerra 30 - 34 Capitolo 2 : La pittura di Beppe Ciardi 34 - 52 2.1 Gli esordi pittorici 35 - 43 2.2 Il 1900 : Dagli Esordi alla Prima Guerra Mondiale 43 –48 2.3 Dal primo dopoguerra al 1932 48 –52 Capitolo 3 : La rappresentazione del Sile e della campagna trevigiana nell’opera di Beppe Ciardi pp 53- 72 3.1 Beppe Ciardi e la rappresentazione della campagna trevigiana 53 - 62 3.2Villa Ciardi a Treviso 62 - 64 3.2.1 La situazione attuale della Villa 64 - 66 3.3 La rappresentazione del Sile nella pittura trevigiana 66 - 72 Capitolo 4 Beppe Ciardi e la critica del suo tempo 73 - 99 4.1 La critica del suo tempo 73 – 76 4.2 Le prime esposizioni: 1894 – 1912 76 – 81 1 4.3 La Biennale del 1912 81 – 83 4.4 Dal 1913 al 1932 83 - 91 4.5 Le mostre postume 91 - 99 Schede delle opere 92 - 110 Capitolo 5 Conclusioni 111 -113 Biografia 114 -118 Mostre 119 -125 Musei e Case d’Asta 126 -129 Musei Italiani 130 -132 Opere 133 - 150 Bibliografia 151 - 164 2 Introduzione Questo lavoro di tesi è dedicato a Beppe Ciardi, artista veneto, dalla vicenda artistica singolare se si considerano i suoi dati anagrafici ( 1875 – 1932 ). La sua data di nascita porterebbe a collocare l’artista all’interno del panorama artistico italiano della prima metà del XX secolo. In realtà, le sue scelte iconografiche, la pennellata densa e pastosa, resa attraverso una stesura larga e vibrante, rimanda alla pittura della seconda metà dell’800, della quale il padre, Guglielmo, fu uno dei maggiori esponenti. Beppe Ciardi, si fa continuatore di una pittura che affonda le sue radici nella rappresentazione paesaggistica, pregna di rimandi ad una tradizione ancora squisitamente ottocentesca, che le avanguardie, all’alba del XX secolo, stanno cercando di cancellare,con lo scopo di spezzare ogni legame col passato. Guardare un dipinto dell’artista, senza considerare i dati anagrafici, ci potrebbe quindi, portare a collocarlo tra gli artisti veneziani del diciannovesimo secolo. Sicuramente va considerato che, quando Beppe nacque nel 1875, l’arte europea stava vivendo un momento straordinario: nel 1874, fu inaugurata la prima mostra degli Impressionisti a Parigi. Da quel momento, l’arte, legata ad un’ austera tradizione accademica, subirà un completo stravolgimento, divenendo più libera, riuscendo ad abbandonare definitivamente schemi prestabiliti e regole. Le accademie cedono il posto ai paesaggi nei quali gli aspiranti artisti, uscendo dalle grigie aule, si immergono, trovando ispirazione e nuovi stimoli, giungendo così ad un originale e moderno approccio pittorico che pone al centro della rappresentazione la realtà, che ogni giorno si schiude dinnanzi ai loro occhi. Beppe respira sin dall’infanzia il rinnovamento artistico al quale aveva contribuito anche il padre, insegnante di pittura nonchè uno dei fondatori di quel modo di fare arte che fu designata come “ pittura veneta di paesaggio”. Tra Beppe e gli artisti suoi coetanei si delineava una marcata distanza; molti furono infatti gli artisti nati nel suo stesso periodo, che divennero figure emblematiche del rinnovamento artistico del XX secolo: da Mondrian ( 1872 ) a Klee ( 1879), da Balla ( 1871) a Modigliani ( 1873 ). Questi artisti, a differenza di Beppe, fonderanno la propria arte su soluzioni sperimentali originali ed innovative, arrivando così ad essere considerati i principali oppositori della pittura ancora legata alla tradizione ottocentesca. 3 Beppe, era spesso osteggiato soprattutto nella sua Venezia, perché si sosteneva che in quanto figlio d’arte, avesse avuto una strada più agevolata. Iniziò ad esporre le proprie opere quand’era molto giovane, e soprattutto la Biennale veneziana gli consentì di farsi conoscere, arrivando a consacrarlo già nel 1899, per poi mettergli a disposizione una sala, a lui totalmente dedicata nel 1912. 1 Alla Biennale fu addirittura uno dei componenti della giuria d’accettazione a partire proprio dal 1912. Il suo approccio all’arte risale all’infanzia, quando trascorreva lunghe ore nello studio del padre, restando affascinato dal fatto che dall’anonimato di una tela bianca riuscissero a prendere vita paesaggi immersi nella luce e immagini vive, trionfanti di colori e di vita. Ricevette i suoi primi rudimenti artistici dal nonno materno, Gianfrancesco Locatelli, abile ritrattista. Durante l’adolescenza riuscì ad affiancare agli studi liceali delle esercitazioni pittoriche. In realtà, quando capì che anche in lui era germinato il seme fecondo dell’arte, incontrò non pochi ostacoli, in quanto il padre sognava per lui un futuro diverso, soprattutto lontano da pennelli, colori e tele. Beppe, dopo il liceo, assecondò il padre iscrivendosi alla facoltà di scienze naturali a Padova ma poco dopo, abbandonò gli studi, cercando di convincere il padre a permettergli di frequentare l’Accademia, dove seguì i corsi tenuti da Ettore Tito. Inizialmente si dedicò alla realizzazione di piccoli bozzetti a matita, studi paesaggistici che presentò all’età di vent’anni al Castello Sforzesco di Milano. La critica rimase affascinata dall’impostazione stilistica che rimandava alle opere di Guglielmo in quanto optò per una cromia chiara e una pennellata molto delicata. Dimostrò, sin da subito la sua abilità pittorica, orientandosi verso tendenze dal sapore simbolista. Ciò fu diretta conseguenza della presenza, alle biennali veneziane, di molti artisti provenienti dall’Europa settentrionale. In realtà già agli inizi del ventesimo secolo, Beppe abbandonò il simbolismo, volgendo lo sguardo alla rappresentazione paesaggistica. Il suo modo di concepire questo tipo di rappresentazione affonda le sue radici nella pittura della seconda metà del diciannovesimo secolo. Ciò suscitò non poche critiche all’interno dell’ambiente artistico lagunare, in quanto fu accusato di riesumare una tradizione obsoleta, stantia, che non si coniugava con i nuovi fermenti che stavano traghettando l’arte veneziana verso un totale rinnovamento. 1 “ Beppe Ciardi: Una vita per la pittura, opere di Guglielmo, Beppe e Emma” . Treviso, Tintoretto, 1990.pp 8 – 10 4 Beppe quindi, proprio per questa sua scelta di restare legato alla tradizione del passato, risultava coraggioso, divenendo una voce fuori dal coro, in una Venezia alle prese con una vera e propria rivoluzione artistica. 2 A differenza della sorella Emma che seguiva le orme paterne, concentrandosi su uno stile curato e una bella pennellata, Beppe decise di fermarsi nella campagna trevigiana cercando di giungere ad una personale rielaborazione dell’arte tardo ottocentesca. La sua pittura fu definita “onesta”, riflesso di ciò che era il Beppe uomo. Onestà significava dedicarsi completamente alla pittura con uno sguardo sincero e puro, cercando di non lasciarsi travolgere da mode e tendenze, rimanendo fedele ad un proprio modo di concepire l’arte, nonostante fosse considerato ormai superato. Quest’atteggiamento porta l’artista a meritare dignità e rispetto, nonostante le critiche che continuamente gli erano mosse da coloro che spingevano per il rinnovamento dell’arte. Beppe Ciardi era cantore di una natura alla quale sentiva di essere profondamente legato da un rapporto quasi simbiotico. In realtà la sua arte appare concentrata sulla celebrazione della dimensione bucolica, che dona onestà alle sue tele. Onestà è intesa come valenza e forza morale, rifiuto di mode innovatrici, mettendosi in una totale comunione con la natura, risaltando i sentimenti e l’aspetto emotivo, riuscendo a trasferire nelle tele colori, luce, personaggi colti ogni giorno dai suoi occhi. 3 Beppe sembrava affascinato soprattutto dalla tendenza verista che trovò la sua consacrazione nella pittura di fine secolo, tanto da essere ritenuto suo degno erede. Nei suoi dipinti, infatti, emergono elementi pregni di sentimentalismo e suggestioni narrative, tipiche dei dipinti di matrice verista. Il Verismo fu una tendenza soggetta a molte critiche, la peculiarità stava nel fatto che, nonostante gli artisti fossero riusciti a sdoganare la loro arte al di fuori dei confini lagunari, spingendosi sino a Parigi, in realtà restavano ancora molto legati alle loro radici culturali, considerate modeste dalla critica del tempo. Il termine di paragone al quale faceva riferimento la critica, era l’arte francese che, in quegli stessi anni, grazie ad artisti come Cézanne, Van Gogh o Gauguin, era riuscita a rompere ogni legame con la tradizione passata, andando anche oltre l’Impressionismo, gettando un ponte verso quei movimenti, che nel XX secolo saranno conosciuti come Avanguardie, stravolgendo totalmente gli equilibri e gli schemi artistici. 2 N.STRINGA ,”Venezia” in “ La pittura nel Veneto – Il novecento, Tomo I” Milano, Electa, 1991, p 15 3 U.OJETTI. ” Ritratti di artisti italiani, Milano, Treves, 1923, p 267 5 Ciò portò la critica a condannare la pittura veneziana e soprattutto l’ambiente culturale all’interno del quale Beppe aveva trovato il suo humus fertile. In realtà per comprendere realmente l’essenza dell’ artista bisogna considerare l’anima umile che traspariva dalla sua produzione. I soggetti da lui prediletti sono colti dalla quotidianità della tradizione popolare, con lo scopo di celebrare il mondo agricolo, le campagne, il Sile, la Laguna, rappresentando ogni cosa con estrema dignità. Amava cogliere, tra le vecchie case veneziane, l’aspetto più popolare, fissando nelle tele angoli emotivamente suggestivi della campagna, affollata di buoi e sparute presenze umane.