Per gli amici di e di Monte Formino

e per la gente di che ama il suo passato

I SEGNI DELL’AUSER ARCHEOLOGIA A E NELLA VALLE DEL SERCHIO COMUNE DI PORCARI

Finito di stampare nella Tipografia La Grafica Pisana in Bientina nel mese di giugno 2013

I Segni dell’Auser ISBN 978-88-905874-6-7 http://www.segnidellauser.it [email protected] DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

a cura di GIULIO CIAMPOLTRINI

con contributi di AUGUSTO ANDREOTTI GIULIO CIAMPOLTRINI SILVIO FIORAVANTI ROGGERO MANFREDINI PAOLO NOTINI

INDICE

Indice p. 5

Premessa (Giulio Ciampoltrini) 7

Parte I Giulio Ciampoltrini – Paolo Notini – Silvio Fioravanti La Valle del Serchio nell’Età del Bronzo Medio. Un asse di collegamento fra il Tirreno e la Pianura Padana 11

Parte II Augusto Andreotti – Giulio Ciampoltrini Fossa Nera di Porcari. Un insediamento nella piana dell’Auser intorno al 1200 a.C. 35

Parte III Giulio Ciampoltrini – Roggero Manfredini Monte Formino di Palaia. Gli inizi del Bronzo Finale nel Valdarno Inferiore 59

Abbreviazioni bibliografiche 75

PREMESSA

Tecnologie innovative e finezze informatiche, assieme alla crescente ‘professionalizza- zione’ (e forse anche ‘sindacalizzazione’) del ruolo dell’archeologo, parrebbero rendere ormai obsoleta, vintage, la figura dell’appassionato, il ‘volontario’ che con le sue varie ma- nifestazioni accompagnò la rinascita di un’‘archeologia militante’, attiva e centrata ‘sul campo’, negli anni Settanta del secolo scorso. Forse inconsapevolmente, forse per un clima culturale comunque condiviso, il trinomio che seguiva il titolo della rivista allora punto di riferimento per questo tipo di ricerca (Archeologia Medievale) era infatti – al di là dell’humus ideologico in cui si radicava e ali- mentava – anche il motivo conduttore dell’impegno del volontariato: Cultura Materiale Insediamenti Territorio. La ricostruzione della storia dei paesaggi e dell’insediamento, attraverso i ‘segni’ lasciati nella terra (la Cultura Materiale), quasi sempre nella ‘propria’ terra, era lo scopo che, di- stribuendosi in varie associazioni o gruppi, ragazzi di vent’anni o poco più perseguivano, talora caoticamente, talora coordinati – raramente ‘diretti’, termine improprio per il mondo del volontariato – da figure-guida all’interno del gruppo, o, nei casi più felici, da professionisti o semi-professionisti, come giovani laureati e laureandi o i funzionari della Soprintendenza Archeologica. Oggi la ricerca sul campo – in quegli anni marginale e considerata talora con perplessità dalle strutture universitarie – è cruciale anche nell’attività accademica, e l’intreccio tec- nologico che parte dal remote sensing per giungere al survey, combinarsi con l’indagine di scavo e presentarsi nella veste informatica di un GIS, disponibile a tutti grazie alla stra- tegia dell’open access, dà veramente toni crepuscolari, seppiati, alle immagini dei volontari degli anni Settanta. Ancora oggi, quando si celebrano i quarantennali se non i cinquantennali delle fondazio- ni di quasi tutte le associazioni ancora attive, i volontari sono quasi sempre gli stessi ragazzi di allora, appesantiti ma non troppo dagli anni, e dunque può ancora capitare che donne o uomini appassionati, curiosi di conoscere le proprie radici, di interpretare i se- gni della storia nascosti nella terra o da leggere nei muri, riescano a offrire contributi di rilievo. È questo il caso di Monte Formino, una collina sul crinale fra Marti e Montopoli in Val d’Arno, che ha conosciuto fra 2010 e 2011, dopo il ritrovamento casuale di qual- che frammento ceramico, il concorde impegno di quasi tutti i volontari ancora attivi nel Medio Valdarno Inferiore e nella Valdinievole – la generazione formata negli anni Set- tanta, integrata da qualche ‘giovane’ – per capire le storie che quei ‘cocci’ potevano rac- contare. Ne è nato un nuovo, piccolo capitolo di storia del Valdarno Inferiore, un filo di luce che illumina, seppure per pochi attimi e per un lembo appena di questo territorio, i ‘secoli bui’ che seguono, anche in queste parti di Toscana, la ‘crisi del 1200 a.C.’, e preparano la rinascita ‘protourbana’ degli anni intorno al 1000 a.C. che ha trovato un’espressione particolarmente significativa a Fossa Cinque di Bientina. DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Siti con frequentazione dell’Età del Bronzo tra piana dell’Auser e Valdarno Inferiore, riferiti all’immagine satelli- tare (dal sito eol.jsc.nasa.gov, per gentile disponibilità).

8 PREMESSA LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

Proprio all’opera di un appassionato, Augusto Andreotti, si doveva la scoperta dei siti cruciali per mettere a fuoco le vicende del Valdarno Inferiore fra questi due estremi cro- nologici: Fossa Nera di Porcari, un nodo dei rapporti fra Italia peninsulare e culture ter- ramaricole della Pianura Padana, nei decenni cruciali della crisi; l’abitato distribuito al piede delle Cerbaie, in località Ai Cavi di Orentano (Castelfranco di Sotto); l’insedia- mento di Fossa Cinque di Bientina. Grazie all’edizione offerta con il concorso scientifi- co di Alessandro Zanini per Fossa Nera, e ai dati degli scavi del 2006-2007 ai Cavi e a Fossa Cinque, andati ad aggiungersi ai materiali dei recuperi di Augusto Andreotti, il Valdarno Inferiore poteva essere un’area-campione significativa per questo momento sto- rico. Nello stesso tempo Paolo Notini e Silvio Fioravanti – due ‘professionisti’ che operano con lo spirito dei volontari – integrando con la loro generosa disponibilità le esigenze di scavo del cantiere aperto alla Murella di Castelnuovo di Garfagnana dall’Amministrazio- ne Provinciale di Lucca e dal Comune di Castelnuovo di Garfagnana, per la realizzazione della circonvallazione di Castelnuovo, oltre ad esplorare ampi lembi di un insediamento etrusco del VI e V secolo a.C., incontravano stratificazioni dell’Età del Bronzo Medio che integravano il quadro delle conoscenze su questo periodo nell’Alta Valle del Serchio – frutto quasi sempre delle indagini dello stesso Paolo, negli anni Ottanta e Novanta del Novecento. Da questo intreccio è nato il progetto di questo lavoro: sintesi dei dati disponibili sulla Valle del Serchio e il Valdarno Inferiore dal Bronzo Medio fino alle soglie del Bronzo Finale, la seconda metà del II millennio a.C.; testimonianza di un un impegno appassio- nato di cui il curatore, al di là del suo ruolo istituzionale, si sente parte. Nello stesso anno 2013, infine, si celebra il Centenario della istituzione del Comune di Porcari. Porcari è stata, grazie ancora a volontari, più di quaranta anni fa, la culla della ricerca ‘sul campo’ nella bonifica del lago di Bientina (o Sesto) che tanto ha dato perché, a partire dal 1981, indagini metodiche facessero di questo tratto di Toscana un caso esemplare per la ricomposizione del paesaggio e degli insediamenti d’età etrusca e roma- na. Ma Porcari è anche il Comune che comprende l’area in cui, a Fossa Nera, Augusto Andreotti trovò e salvò le testimonianze di un insediamento forse perduto per sempre, ma ancora capace di raccontare, con la massa dei materiali raccolti in terra di risulta, la storia di una comunità che prefigura, fra XIII e XII secolo a.C., quella della vivace terra di Porcari dei nostri giorni, attenta alla sua storia anche remota e prezioso interlocutore di chiunque voglia trasformare i segni del passato in contributi per il presente. Anche a loro il curatore dedica queste pagine.

Giulio Ciampoltrini

PREMESSA 9

PARTE I

GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO UN ASSE DI COLLEGAMENTO FRA IL TIRRENO E LA PIANURA PADANA

«Il Sig. Giuseppe Accorsini di Puglianella () facendo abbattere un antico muro, in casa sua, trovò un vaso di terracotta di color giallastro, in cui erano una perga- mena rosa dal tempo ed una moneta che nel diritto ha le parole Nero. Claud. Imp. e nel rovescio due cavalieri e dalle parti un S.C. più le parole De Cursio. Il Sig. Accorsini rin- venne pure, in un suo podere, uno strato di carboni, ceneri ed ossa umane, più sei coltel- li, scure di bronzo di una lunghezza di circa 15 cent. una delle quali è un simile al paal- stab così chiamato dagli archeologi. Tali oggetti si trovano ora in casa della Sig. Marianna Guastalli vedova Accorsini di Puglianella». L’asciutto resoconto affidato dal Migliorini alla rivista fiorentina Arte e Storia del 19031, subito dopo un cenno non meno rapido al ritrovamento del sepolcreto ligure di Pian di Paolo a Villa Collemandina2, offre una testimonianza rimasta a lungo in ombra sul ritro- vamento del ripostiglio di Puglianella, nel territorio di Camporgiano che prospetta l’Edron (fig. 1) e l’asse itinerario che collega la Garfagnana con la Versilia, passando per la conca di Vagli e il Passo del Tambura; frequentato in età etrusca, ligure, medievale, sarà infine strutturato nel Settecento con la Via Vandelli e la sua effimera vita3. In effetti, il ritrovamento della moneta di Nerone con decursio4 non può che rimanere confinato nel limbo del favoloso, anche per l’associazione «ad una pergamena rosa dal tempo», tanto che si dovrà rimanere incerti se il bronzo imperiale sia stato recuperato per un documento d’età medievale o moderna, o se in questo si debba piuttosto sospet- tare l’interpretazione di una testimonianza confusa dall’emozione del ritrovamento. Per contro i «coltelli, scure di bronzo», anche per l’asserita analogia di uno al paalstab, sono certamente da leggere come ‘asce’, nella terminologia corrente in quegli anni: si veda ad esempio la restituzione grafica del Crespellani per l’edizione del ripostiglio di Savignano sul Panaro, composto appunto da ‘coltelli-ascia’ (fig. 2)5. Le asce del ritrovamento Accorsini possono dunque essere identificate senza particolari difficoltà con quelle del complesso edito nel 1976 sulla scorta delle tradizioni orali di Puglianella: «Secondo le notizie raccolte presso il parroco di Puglianella, don Lombardi, sul finire del secolo scorso, in seguito a lavori di sistemazione agricola fu scoperto, su una piccola dorsale a ridosso del lato orientale della chiesa, un ripostiglio di bronzi. Ne

1 MIGLIORINI 1903, p. 31. 2 Per questo si rinvia al regesto di CIAMPOLTRINI – NOTINI 1993, p. 66, n. 8, nota 171. 3 Si veda CIAMPOLTRINI – NOTINI 2012, pp. 73 ss. 4 Si veda ad esempio MATTINGLY – SYDENHAM 1923, pp. 154 s., tav. XI, 171-172. 5 CRESPELLANI 1884; da ultimo Atlante 2009 A, pp. 163 s. (A. CARDARELLI). DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Puglianella

Castelnuovo di Garfagnana Fig. 2. Le asce in bronzo del ritrovamento di Savignano sul Panaro nella restituzione grafica dell’edizione Crespellani (da Crespellani 1884).

Fig. 1. Puglianella (Camporgiano) e la Garfagnana in una veduta satellitare. facevano parte quattro asce di bronzo a margini rialzati, le quali erano state deposte, pare, sulla nuda terra. Di due, conservate da don Lombardi, abbiamo potuto prendere visione ...»6. La testimonianza raccolta dal Migliorini non discorda sostanzialmente, dunque, nella colloca- zione topografica del contesto, giacché la pro- prietà Accorsini, come tutte le aree coltivabili di Puglianella, certamente non doveva essere lonta- na dalla chiesa e dall’abitato (fig. 3)7, e non si Fig. 3. Il territorio di Puglianella nella carto- hanno motivi per non ritenerla affidabile quando grafia catastale della fine dell’Ottocento (dal riferisce il complesso non ad un ripostiglio iso- sito Castore, della Regione Toscana, per gentile disponibilità). lato di bronzi – come appunto quello fascinosa- mente riproposto dal Crespellani (fig. 2) – ma ad un’‘area di vita’, quale parrebbe appunto lo

6 MENCACCI – ZECCHINI 1976, pp. 117 s., tav. 37. 7 Restituzione catastale del 1895 circa, dal sito Castore della Regione Toscana.

12 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

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Figg. 4-5. Le asce del ritrovamento di Puglianella conservate nel Museo del Territorio di Castelnuovo di Garfagna- na: restituzione grafica (4) e veduta (5). Disegno di Paolo Notini.

Fig. 7. Ascia in bronzo ‘da ’ conservata nel British Museum di Londra. Restituzione grafica dal sito www.british Fig. 6. Le asce del ritrovamento della Verruca (Vicopisano-Calci) conservate museum.org, per gentile disponibi- nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze. lità.

‘strato di carboni, ceneri ed ossa umane’. Nell’interpretazione degli sterratori, riferita agli Accorsini e da qui al Migliorini, le ‘ossa umane’ potrebbero, infatti, plausibilmente essere i resti di fauna che ci si può attendere associati allo strato antropico generato da un insediamento precario (‘carboni, ceneri’).

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 13 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Infine, giacché la stessa testimonianza di don Lombardi mette in guardia sui limiti e sull’affidabilità della tradizione orale, non è questa la sede per proporre ipotesi sulle forme giuridiche per le quali dagli Accorsini il complesso di asce – ridotto a quattro – passò ad essere conservato dallo stesso don Lombardi e da qui giunse agli attuali deten- tori, un privato e il Museo del Territorio di Castelnuovo di Garfagnana, che ospita le due asce rimaste sostanzialmente inedite. Mentre infatti l’edizione del 1976 ha consentito al ripostiglio di Puglianella di contri- buire all’indagine – vivacissima soprattutto negli anni Novanta del secolo scorso – sulla metallurgia del Bronzo Antico in Italia, e sulle sue scansioni cronologiche8, le asce affi- date da don Lombardi ad un privato che le ha conferite al Museo del Territorio non hanno goduto di pari attenzione, forse anche perché ribadiscono le indicazioni offerte dalla coppia edita. Le due asce, a margini rialzati, sono infatti rispettivamente assegnabili, per la morfologia del tallone e della lama, ai tipi già testimoniati, si direbbe per una equa scansione fatta dallo stesso don Lombardi in due nuclei equivalenti. All’ascia ‘tipo Verruca’ edita9 si affianca un esemplare pressoché identico (figg. 4, 1; 5, 1), se non per il formato mino- re10, così come all’ascia con taglio espanso, «uno dei rari esempi a sud degli Appennini di asce a m[argini] r[ialzati] con taglio fortemente espanso, una foggia ampiamente docu- mentata nell’Italia settentrionale e a nord delle Alpi durante l’ultima fase dell’antica Età del Bronzo»11, si aggiunge un esemplare di formato minore (figg. 4, 2; 5, 2) 12. Nella famiglia di asce con taglio espanso che caratterizza la fase estrema del Bronzo Antico, i due esemplari di Puglianella potrebbero essere avvicinati piuttosto al ‘tipo Scandiano’, per il taglio «largo ed espanso, a curva simmetrica policentrica»13, nonostante il tallone rettilineo e non arrotondato riveli le consuete difficoltà di collocare i singoli oggetti in una griglia tipologica a maglie particolarmente strette. A prescindere dalla classificazione, le annotazioni del De Marinis sulla compresenza di tipi egemoni nell’area tirrenica – le asce ‘tipo Verruca’, denominate dal ripostiglio emer- so alla Verruca, sui Monti Pisani, pressoché negli stessi anni del ritrovamento di Puglia- nella (fig. 6)14 – e delle asce con taglio espanso d’area ‘padana’ (dal ‘tipo Scandiano’ a quello dell’eponimo ripostiglio della Baragalla di Reggio Emilia) convalidano l’attribu- zione cronologica allo scorcio finale del Bronzo Antico, quale che sia la scansione in fasi proposta (IV Orizzonte di Carancini e Peroni; Bronzo Antico II, nella sequenza delinea-

8 CARANCINI 1997, tabella 3, p. 389; CARANCINI 1999, pp. 29 ss.; CARANCINI – PERONI 1997, p. 25, tav. 2; da ultimo, con osservazioni in gran parte condivisibili, DE MARINIS 2006, p. 255. 9 MENCACCI – ZECCHINI 1976, tav. 34, a sinistra, peso 490 g; DE MARINIS 2006, p. 255. 10 Peso 462 g. 11 MENCACCI – ZECCHINI 1976, tav. 34, a destra, peso 476 g; la definizione è da DE MARINIS 2006, p. 255. 12 Peso 362 g; si osservi tuttavia la lacuna in corrispondenza del taglio. 13 DE MARINIS 1976, pp. 221 ss.; DE MARINIS 1997, pp. 306 ss. 14 BRUNI 1997 A, pp. 191 s., figg. 124-125, con prezioso recupero dei dati di ritrovamento del complesso; si vedano anche le osservazioni di DE MARINIS 2006, p. 255, nota 131, per gli esemplari all’Ashmolean Museum di Oxford.

14 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

ta da De Marinis)15, in cronologia assolu- ta nel XVII secolo a.C. Assieme al dato cronologico, risalta la peculiarità del ripostiglio della Garfagna- na rispetto ai coevi della Toscana nord-occidentale, dalla Verruca a Volter- ra16, composti da asce omogeneamente peculiari della tradizione metallurgica tirrenica e centro-italica che elabora il ‘tipo Savignano’, denominato dal ritrova- mento edito dal Crespellani (fig. 2) e diffuso in tutta la Penisola nella fase cul- turale immediatamente precedente. Tipi d’ambito ‘tirrenico’ e ‘padano’ si associa- no per tracciare, dal ripostiglio della Ver- ruca a quelli del Modenese e del Reggia- no, un asse itinerario mercantile o di Fig. 8. Siti con materiali del Bronzo Medio della Garfa- scambi di tradizioni metallurgiche che già gnana, riferiti alla Carta Mirandoli del Ducato di prima del 1600 a.C. attraversa l’Appenni- Lucca, 1846 (per gentile disponibilità della Fondazione no tosco-emiliano. In questa prospettiva Cassa di Risparmio di Lucca). può dunque essere recuperato – pur nella perplessità di solito suscitata da indica- zioni generiche e legate piuttosto alla prassi del mercato antiquario – il dato di ritrovamento ‘Bagni di Lucca’ di un’ascia in bronzo a margini rialzati e con taglio espanso giunta al British Museum nel 1880 (fig. 7) 17, tipologicamente sovrapponibile agli analoghi esemplari di Puglianella. Con il passaggio al Bronzo Medio e il progressivo consolidamento della civiltà padana che trova nelle terramare l’espressione più spettacolare, i rapporti tra Garfagnana e Pia- nura Padana si consolidano fino a condurre alla formazione di un vero e proprio sistema di insediamenti, in particolare sulla sinistra del Serchio (fig. 8), pienamente partecipe della cultura terramaricola del Bronzo Medio. Le indagini al Muraccio di , ormai più di venti anni fa18, rivelarono con nitore la solidità dei contatti fra Valle del Serchio e l’area terramaricola nelle fasi avanza- te del Bronzo Medio; fra 2002 e 2003 le opere di recupero condotte nell’area dell’Asilo

15 Rispettivamente CARANCINI 1997, pp. 379 ss.; DE MARINIS 2006, pp. 250 ss. 16 Ancora DE MARINIS 2006, pp. 251 ss. 17 BIETTI SESTIERI – MACNAMARA 2007, p. 37, n. 40, tipo 13; restituzione grafica per disponibilità del sito web del British Museum: http://www.britishmuseum.org/system_pages/beta_collection_introduction/ beta_collection_ object_details.aspx?objectId=828277&partId=1&searchText=bagni+di+lucca&page=1. 18 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 15 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 9. Saggi 2002-2003 nell’area dell’Asilo Nido di San Romano in Garfagnana: veduta delle stratificazioni con materiali del Bronzo Medio in corso di scavo (riquadri con lato di un metro).

Nido di San Romano19 , aggiungendosi al piccolo nucleo di materiali del re- cupero di Monte Vigne20, offrirono una puntuale con- ferma, pur in un contesto di ardua interpretazione anche per l’estrema diluizione dei materiali ceramici. Questi infatti sono stati restituiti da sedimentazioni blanda- mente antropizzate, accu- mulatesi in concavità di morfologia caotica, forse formate – più che dal dila- vamento degli strati di vita Fig. 10. La Murella (Castelnuovo di Garfagnana): saggi 2012 nell’area dell’agger tardoarcaico. di un insediamento – per la frequentazione dell’area con stazzi per bestiame o per il livellamento di terreno messo a coltura con attività di dicioccatura o di debbio (fig. 9). L’area dell’Asilo Nido di San Romano salda il sito della Murella a Monte Vigne e ai ter- razzi di sui quali l’esplorazione dei resti della Pieve Vecchia, nel 1983, aveva messo in luce stratificazioni con materiali genericamente riferibili al Bronzo Me-

19 Gli scavi furono documentati da Paolo Notini, su incarico dell’Amministrazione Comunale di San Ro- mano in Garfagnana. 20 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, pp. 301 ss., fig. 9.

16 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

Fig. 11. La Murella (Castelnuovo di Garfagnana), saggi 2012 nell’area dell’agger tardoarcaico: sezione stratigra- fica. Restituzione grafica di Silvio Fioravanti.

Fig. 12. La Murella (Castelnuovo di Garfagnana), saggi 2012 nell’area dell’agger tardoarcaico: planimetrie di fase dello strato 4. Restituzione grafica di Silvio Fioravanti.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 17 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Figg. 13-14. Lo strato 4 del saggio 2012 nell’area dell’agger alla Murella: ceramiche del Bronzo Medio in situ.

Figg. 15-16. Scodella carenata con decorazione geometrica dallo strato 4 del saggio 2012 all’agger della Murella: restituzione grafica (15) e particolare di una metopa del sistema decorativo. Restituzione di Silvio Fioravanti.

18 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

Fig. 17. Sistemi decorativi del repertorio ‘delle Barche di Solferino’. Da Mezzena 1966. Fig. 18. Sistemi decorativi su frammenti ceramici dal Paduletto di Coltano (Pisa). Da Di Fraia 1997.

dio21. Le attività di scavo condotte fra 2010 e 2012 alla Murella di Castelnuovo di Garfagnana, con l’estesa esplorazione dell’inse- Fig. 19. Sistemi decorativi su ceramiche dei Lagazzi di Piadena. Da diamento etrusco fiorito sul Simone – Tiné 1991-1992. terrazzo fra il Serchio e l’Esaru- lo dallo scorcio finale del VI fino almeno alla metà del V se- colo a.C.22, hanno permesso di anticipare alle fasi iniziali del Bronzo Medio la forma- zione di questo sistema di insediamenti, grazie – in particolare – ai saggi condotti nel- l’area dell’agger che tutelava l’insediamento etrusco a oriente, nel lato non protetto dalle scarpate sul fiume. Questo, infatti, ha sepolto e conservato lembi di sedimentazioni con materiali riferibili a questo orizzonte cronologico, salvaguardandole dai rimaneggiamenti

21 CIAMPOLTRINI 1984, p. 299, con datazione rivista alla luce del riesame dei materiali, di prossima pubbli- cazione nel contesto di un progetto editoriale sull’archeologia del territorio di Piazza al Serchio. 22 CIAMPOLTRINI et alii 2012, pp. 15 ss.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 19 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA che dall’età etrusca sino al Rinascimento hanno ripetutamente trasformato il profilo del terrazzo della Murella23. La sequenza riconosciuta (figg. 11-12) vede, alla base delle successioni di ciottoli di grandi dimensioni (3) e terreno argilloso giallastro, con sporadica presenza di ciottoli e schegge (2), che formano il corpo del manufatto poliorcetico – alterato nei livelli supe- riori da rimaneggiamenti d’età contemporanea (1) – un sedimento limoso, blandamente antropizzato, come rivelano la colorazione nerastra e la presenza, seppure limitata, di carboni (4), incontrato su tutta l’estensione dell’agger (figg. 10-14), e inciso dagli allog- giamenti per palo (buche 5 e 6) dell’apparato ligneo che completava, sui due lati, la struttura del terrapieno. Diluiti nello strato, talora in piccoli nuclei, talora isolati, sì da non offrire concrete indi- cazioni sulla genesi del sedimento, frammenti ceramici (figg. 13-14) che si sono rivelati quasi tutti pertinenti ad un solo capo: una scodella di grande formato (diametro alla bocca 52 cm circa), d’impasto brunastro, in frattura e nelle superfici, accuratamente rifi- nite (figg. 15-16). La carenatura, con labbro rientrante, orlo appena estroflesso, appiat- tito superiormente, e l’ansa canaliculata con margini rilevati inseriscono l’esemplare della Murella nel tipo diffuso nell’ambito culturale di Grotta Nuova, tirrenico, fin dalle sue fasi iniziali24, ma esemplarmente attestato anche in area terramaricola a San Pietro in Isola di Torre Maina di Maranello, in un insediamento riferito alle fasi iniziali del Bron- zo Medio (BM 1)25. È questo un momento che – come confermano anche i materiali di San Polo Canova di Castelvetro e dell’Appennino Modenese26 – vede efficaci scambi culturali tra i due versanti dell’Appennino anche nel distretto dell’Emilia nel quale si sta consolidando la cultura terramaricola. Il sistema decorativo applicato alla scodella corrobora queste indicazioni. Seppure lo si debba ritenere sostanzialmente un unicum – come è del resto da attendersi in questo con- testo culturale e di organizzazione delle produzioni ceramiche – il ‘motivo radiale’ che copre l’esterno della forma è un esito dei sistemi decorativi d’area padana del Bronzo Antico testimoniati dalle grandi forme aperte (in particolare scodelle) delle Barche di Solferino (fig. 17)27, nelle redazioni diffuse nella fasi iniziali del Bronzo Medio dal Tir- reno fino alle rive del Po28. Il repertorio formale disponibile al vasaio è attestato dalle varianti applicate nei quattro ‘raggi’ che si dipartono dal doppio cerchio che segue il pro- filo del piede: tre metope sono chiuse in alto e campite da linee parallele29; la quarta è

23 Per l’agger, CIAMPOLTRINI et alii 2012, pp. 19 ss., figg. 10-15. 24 Si rinvia all’eccellente repertorio di COCCHI GENICK 2001, pp. 272 ss., tipi 376-377, anche per i riferi- menti agli esemplari della Toscana nord-occidentale. 25 Si veda da ultimo Atlante 2009 A, p. 246 (A. CARDARELLI – G. PELLACANI). 26 CARDARELLI 1997, pp. 317 ss.; più di recente COCCHI GENICK 2001, p. 148; CARDARELLI 2009 A, pp. 44 ss.; Atlante 2009 A, pp. 155 ss. (M. CATTANI); Atlante 2006, pp. 120 ss. (A. CARDARELLI – G. PELLA- CANI – S. SPAGGIARI). 27 Ancora prezioso il contributo di MEZZENA 1966 (dalle cui figg. 5-6 è ricavata fig. 17). 28 COCCHI GENICK 2001, pp. 416 s., in particolare tipo 588, con riferimenti bibliografici. 29 In un caso la presenza della linea di chiusura, per lo stato di conservazione, è incerta.

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Fig. 20. Ceramiche dai livelli del Bronzo Medio della Murella di Castelnuovo di Garfagnana: saggio 2012 (1-2); saggi 2004-2005 (3). coperta da linee parallele chiuse da una spezzata a zigzag. Il fondo è bipartito da un fa- scio di tre linee parallele e i semicerchi di risulta sono sezionati da tre serie di quattro linee parallele. La presenza della linea a zigzag è un prezioso indicatore cronologico. Assente infatti nei sistemi delle fasi avanzate del Bronzo Medio, compare negli orizzonti di transizione dal Bronzo Antico al Bronzo Medio dal Po sino all’Arno, nelle grandi forme aperte del Pa- duletto di Coltano (fig. 18)30 e – in area padana – nella Palafitta dei Lagazzi di Piadena, nel Cremonese, dove ne è segnalata la parentela con i sistemi decorativi ‘tipo Barche di Solferino’ (fig. 19)31, a Chiaravalle di Colomba nel Piacentino e alla Braglia di Reggio Emilia, sull’opposta riva del Po32. La scodella di Castelnuovo, dunque, nella valutazione complessiva di tettonica e sistema decorativo, si aggiunge – a non molta distanza di tempo – al ripostiglio di Puglianella, per testimoniare il ruolo svolto dalla Valle del Serchio come asse itinerario di collega- mento fra i distretti della Toscana che vedono la formazione della cultura di Grotta Nuova, con le peculiarità della fascia settentrionale registrate dalla Cocchi33, e il sistema di insediamenti padani che sta generando la cultura delle terramare. I pochi materiali dello strato 4 che si aggiungono alla scodella confermano le indicazioni cronologiche (fig. 20). Il contenitore cilindroide con cordone plastico sotto il labbro, assottigliato (fig. 20, 1) è forma di ampio excursus cronologico, ma il frammento di vaso carenato, probabilmente biconico, con bugna plastica coronata da linee incise (fig. 20, 2)

30 COCCHI GENICK 2001, p. 418; per Coltano, da ultimo DI FRAIA 1997, pp. 54 ss. (da cui fig. 18). 31 SIMONE – TINÉ 1991-1992, p. 293, fig. 2 (da cui fig. 19). 32 COCCHI GENICK 2001, p. 418, con bibliografia precedente. 33 COCCHI GENICK 2001, l.c.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 21 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA trova un suggestivo con- fronto ai Camponi di No- garole Rocca, nel Veronese, B in un sito la cui vita è ri- stretta alle fasi iniziali del Bronzo Medio34. Con i dati disponibili sa- rebbe arbitrario raccordare l’evidenza di Puglianella e quella della Murella per delineare la formazione di A un vero e proprio sistema itinerario, diretto, attraver- so il Passo delle Radici, alla Pianura Padana e verso la Versilia o il Valdarno, e Fig. 21. I terrazzi fluviali fra Serchio ed Esarulo, con i siti della Murella ‘assistito’ nel cruciale pun- di Castelnuovo di Garfagnana (A) e del Muraccio di Pieve Fosciana (B), to di arrivo sul Serchio da nella veduta satellitare. un abitato di ‘pionieri’, che nella diversa scala di di- mensioni avrebbe anticipa- to, intorno al 1600 a.C., il ruolo che il sito svolgerà nel Tardo Arcaismo del- l’Etruria nord-occidentale. 2a L’insediamento del Murac- 2b cio di Pieve Fosciana, esplorato nel 1992, segna tuttavia questo tracciato in maniera inequivocabile, con i materiali sporadici e l’evidenza dei saggi condot- ti sul terrazzo – già fre- Fig. 22. Il Saggio L degli scavi 1992 al Muraccio di Pieve Fosciana: lo quentato nel Neolitico35 – strato 2a-b in corso di scavo. alla quota di 385 m s.l.m. sulla sinistra dell’Esarulo, fra la scarpata sul fiume e la depressione (quota di 365

34 BELLUZZO – SALZANI 1997, pp. 314 s., fig. 161, 8. 35 Si veda la tesi di laurea di MORICONI 2007-2008, disponibile all’indirizzo http://etd.adm.unipi.it/t/ etd- 08272008-104704/.

22 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

Fig. 23. Il Saggio L degli scavi 1992 al Muraccio di Pieve Fosciana: planimetria delle fasi iniziale, centrale, finale dello scavo (da sinistra a destra) e sezione stratigrafica. Da Ciampoltrini – Notini 1995.

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Fig. 24. Ceramiche dallo strato 2b del Saggio L al Muraccio, riferite alla pianta di strato. m) in cui un affioramento di acque calde forma il laghetto del Bagno (figg. 8; 21). Le evidenze incontrate nei saggi del 1992 – Saggio L e Saggio E – sono riferibili a concavi- tà aperte nel suolo di base, correlate, anche se con destinazione solo ipotetica, ad inse- diamenti le cui sedimentazioni le hanno progressivamente livellate. Il Saggio L, in particolare (figg. 22-23), mise in luce, a nord di un’area di vita dell’inse- diamento neolitico (5-6)36, una serie di concavità (4-9-11) suggellate da un sedimento antropico sostanzialmente omogeneo, benché distinto nelle varie depressioni (rispetti- vamente 3-8-10), la cui deposizione si intercalava nell’area centrale (4) – la sola inte- gralmente scavata – ad un episodio cruciale per la collocazione cronologica e culturale del sito. Uno scarico (2b) di grumi di argilla friabili, forse provenienti dal rivestimento di strutture, venne infatti accumulato e costipato in una lente al margine sud-occidentale della depressione; su questa finì anche un piccolo nucleo di frammenti ceramici, perti-

36 Per gli esiti successivi della ricerca si veda MORICONI 2007-2008.

24 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

nenti ad un ristretto numero di capi. Lo strato 2b, infine, viene coperto da una massa di ciottoli di arenaria (2a), spesso intenzionalmente spaccati, con superfici ancora vive, misti a macine e macinelli di arenaria, di dimensioni eterogenee, di solito frantumati. Benché la natura delle stratificazioni non offra dati uni- voci o risolutivi, la proposta avanzata al momento del- l’edizione37 rimane ancora la più plausibile, con l’ipotesi di riconoscere nella concavità 4, anche per il profilo con- vesso delle pareti, convergenti verso l’accentuata depres- sione che ne traccia l’asse di simmetria (con orientamento grossolanamente nord-sud), lungo circa 5 m, un ‘fondo di capanna’, livellato progressivamente per accumulo di se- dimentazioni antropiche (3), in cui è distintamente rico- noscibile un solo episodio, la ‘ristrutturazione’ segnata dalla deposizione dei sedimenti 2a-b. Le concavità 9-11, con profilo articolato e pareti ripide, potrebbero essere considerate ‘strutture di servizio’ all’unità insediativa 4. La massa di dati resa disponibile sulle terramare padane 38 Fig. 25. Bottone troncoconico in dalla mostra modenese del 1997 , e dalle successive edi- pasta di vetro dall’area del Murac- zioni di contesti di scavo, o dalle nuove ricerche39 non ha cio di Pieve Fosciana. sostanzialmente modificato le scansioni cronotipologiche per le ceramiche del Bronzo Medio disponibili nei primi anni Novanta, sulla cui scorta (fig. 24) l’insediamento individuato nel Saggio L del Muraccio venne ascritto ad un momento avanzato del Bronzo Medio, BM 2 o BM 340. La scodella a calotta emisferica, con labbro diritto (fig. 24, 1), attestata a Tabina di Magreta – sito esemplare della fase centrale del Bronzo Medio41 – e in redazione pressoché identica a Vicofertile nei coevi strati sottostanti il terrapieno42, così come l’analoga forma con presa canaliculata (fig. 24, 2) e la tazza carenata con fon- do piano, nei diversi formati (fig. 24, 3-4) trovano il conforto dell’associazione ad una frammentaria ansa sopraelevata, con appendici a brevi corna (fig. 24, 5); solo per l’ansa sopraelevata, a nastro, con appendici cornute appiattite (fig. 24, 6), il riesame dei conte- sti ‘palafitticolo-terramaricoli’ del Bronzo Medio proposto dalla Frontini avalla la possi- bilità di una datazione seriore, sul finire del Bronzo Medio43, d’altronde già non esclusa nell’edizione.

37 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, pp. 291 ss. 38 Terramare 1997. 39 Eccellente sintesi nel recente lavoro della Frontini (FRONTINI 2011). 40 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, pp. 294 ss., cui si rinvia per una puntuale edizione del complesso. 41 LABATE 1997, pp. 321 s. 42 MUTTI 1997, pp. 333 s., fig. 176, 5. 43 FRONTINI 2011, pp. 31 s., AC2.2.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 25 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

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Fig. 26. Ceramiche dallo scavo nell’area dell’Asilo Nido di San Romano in Garfagnana.

I tipi sin qui passati in rassegna sono peculiari o esclusivi delle tipologie ceramiche ter- ramaricole; la tazza carenata – largamente mutila nell’orlo, rientrante – con ansa canali- culata impostata sulla carenatura, con margini rilevati (fig. 24, 7), è per contro l’esito della forma appena descritta alla Murella, conosciuta sia negli insediamenti della cultura di Grotta Nuova della Toscana settentrionale che in area padana44 e diviene dunque un ulteriore documento dei contatti e degli scambi fra bacini culturali che trovavano nel cuore della Garfagnana un risolutivo snodo e che possono motivare l’acquisizione di tipi tirrenici della cultura di Grotta Nuova nell’areale terramaricolo dell’Appennino modene- se, durante le fasi iniziali del Bronzo Medio45. La possibile ‘capanna’ del Saggio L doveva far parte di un più esteso insediamento, testi- moniato almeno dalla concavità emersa nel Saggio E, livellata da un sedimento antropizza- to con materiali riferibili al Bronzo Medio avanzato46, e dai materiali recuperati nell’ac- curata ricognizione condotta su tutto il terrazzo. Fra questi spicca il bottone tronco-co-

44 Supra, nota 24, e COCCHI GENICK 2001, pp. 290 ss., tipi 407-408, per le realizzazioni di formato mino- re. 45 Supra, nota 26. 46 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, pp. 297 ss.

26 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

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Fig. 27. Ceramiche dallo scavo nell’area dell’Asilo Nido di San Romano in Garfagnana. nico in pasta di vetro verde-azzurra, con pareti diritte e perforazione a V (fig. 25)47, il cui inquadramento cronologico, grazie al moltiplicarsi delle ricerche su questa particola- re classe di oggetti suntuari, è oggi meno problematico di quanto non fosse quando era- no disponibili i soli dati del complesso piemontese di Mercurago, e le sporadiche testi- monianze d’area terramaricola. Le ricerche condotte dal Bellintani48 hanno infatti per- messo di convalidare la datazione al Bronzo Medio, probabilmente nelle fasi iniziali (BM 1-2), e di registrare la peculiarità morfologica della perforazione a V come tratto

47 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, pp. 299 s. 48 Fondamentale BELLINTANI 2000; da ultimo, anche per le successive acquisizioni, BELLINTANI et alii 2006, in particolare pp. 1498 ss.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 27 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

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Fig. 28. Materiali ceramici dal recupero 1991 di Monte Vigne (San Romano in Garfagnana). distintivo degli esemplari di ritrovamento centro-italico rispetto alla perforazione «dia- metrale o leggermente concava» delle redazioni d’ambito padano49. Se si dovesse seguire l’evidenza dei dati disponibili, si direbbe che gli abitati sin qui noti del Bronzo Medio della Garfagnana si distribuiscono lungo il tracciato che porta alle Radici e assecondano il fiume, collocandosi di preferenza sui terrazzi di sinistra. La Murella, infatti, continua a vivere anche nelle fasi inoltrate del Bronzo Medio. I saggi condotti fra 2004 e 2005, ancora in corrispondenza dell’agger dell’insediamento etrusco, nel settore meridionale, incontrarono stratificazioni con materiali genericamente ascrivi- bili a questo periodo. Indicazioni cronologiche più circoscritte vengono solo da un frammento di ansa cornuta con appendici coniche (fig. 20, 3) che potrebbe essere riferi- ta ad una fase avanzata del Bronzo Medio, stando – ad esempio – ai tipi presenti negli strati sovrastanti il terrapieno di Vicofertile50. Alle fasi centrali del Bronzo Medio devono essere attribuiti anche i materiali restituiti dall’area dell’Asilo Nido di San Romano in Garfagnana (figg. 8; 9)51, come certificano le anse, gemelle, a nastro con brevi appendici a corna, arrotondate (fig. 26, 1-2), varianti

49 BELLINTANI et alii 2006, p. 1500, fig. 1. 50 MUTTI 1997, pp. 338 ss., fig. 177, 1. 51 Supra, pp. 25 ss., nota 19.

28 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

del tipo appena visto al Muraccio di Pieve Fosciana52. Come al Muraccio, l’ansa canaliculata con margini rilevati (fig. 27, 1) è una spia della rete di contatti culturali con l’ambito di Grotta Nuova, da cui potrebbe essere giunto anche il contenitore decorato ad incisione, con motivo a dente di lupo chiuso entro una fascia, tracciato con linee parallele (fig. 27, 2) 53. La scodella carenata con diametro massimo alla carena, labbro appena estro- flesso, provvista di ansa a nastro con margi- ni appena rilevati (fig. 27, 3), ha un ampio areale di diffusione, ed un lungo periodo di fortuna54, così come l’orciolo con labbro rientrante, provvisto di ansa a nastro impo- stata su un cordone plastico liscio che corre sotto il labbro (fig. 27, 4), già ben noto in Fig. 29. Cinerari del sepolcreto di Copezzato (PR). Garfagnana dal ritrovamento di Monte Vi- 55 Da Mutti – Pellegrini 1995. gne , o come i grandi contenitori di forma chiusa coperti da una fastosa decorazione plastica, con intrecci di linee curve lisce o digitate, o con sequenze di tacche incise (fig. 27, 5-9). La scodella carenata dotata di bugna (fig. 27, 10) corrobora la parentela del complesso dell’Asilo Nido con i contesti dell’Emilia caratterizzati dai contatti con l’ambito tirrenico: le puntuali sovrapposizioni con i tipi noti a Sant’Anastasia di Savi- gnano sul Panaro56 – per limitarsi ad un caso – completano l’itinerario transappenninico degli anni intorno al 1500 a.C. in cui la Garfagnana continuava a svolgere un ruolo si- gnificativo. Risalendo il fiume, all’abitato da cui derivano i materiali finiti nei sedimenti antropici dell’area dell’Asilo Nido si aggiunge il possibile complesso sepolcrale recuperato nel 1991 di Monte Vigne, ancora in Comune di San Romano (fig. 8)57, che associa ad un orciolo monoansato, da cui si diparte un cordone plastico (fig. 28, 1), una tazza carena- ta, morfologicamente identica agli esemplari del Muraccio (fig. 28, 2).

52 Da ultimo Atlante 2009 A, p. 165 (V. CAVANI – G. PELLACANI). 53 COCCHI GENICK 2001, pp. 406 ss., tipi 570-572. 54 Ad esempio COCCHI GENICK 2001, p. 212, tipo 294. 55 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, p. 301; qui, fig. 28, 1. 56 Atlante 2009 B, pp. 164 ss. (V. CAVANI – G. PELLACANI). 57 CIAMPOLTRINI – NOTINI 1995, p. 301.

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 29 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

All’esemplare da Casinalbo già presentato da Säflund58 è sufficiente aggiungere la massa di dati resa disponibile dal riesame della necropoli di Co- pezzato, nel Parmigiano (fig. 29)59, in uso a partire dallo scorcio finale del Bronzo Medio, per suggeri- re l’ipotesi che l’orciolo potesse fungere da conte- nitore cinerario e la tazza avesse funzione di ‘vaso- coperchio’ o ‘di accompagnamento’60. Dalla Murella a Piazza al Serchio si delinea dun- Fig. 30. Spillone a rotolo in bronzo dall’area que, pur con un’evidenza eterogenea, un sistema di del nuovo casello autostradale di . insediamenti che fa dei terrazzi sulla destra del Serchio, nei momenti avanzati del Bronzo Medio, una vera e propria appendice del reticolo di abitati che dalla piana del Po si spinge sino all’Appennino emiliano, dal Modenese al Parmigiano61. Nello stesso tempo nella bassa Valle del Serchio, in un paesaggio fluviale segnato dai rami dell’Auser-Serchio che è oggi arduo ricomporre se non altro per la drastica rimodu- lazione del paesaggio databile fra i momenti avanzati del Bronzo Finale e l’età villano- viana62, l’attività di tutela correlata alla realizzazione di opere pubbliche che hanno com- portato scavi fino a quote non attingibili né con la ricerca di superficie né con altre me- todiche di remote sensing, ha consentito di intuire e, in un caso, esplorare, insediamenti sepolti sotto potenti sedimenti limoso-argillosi che potrebbero indiziare un analogo si- stema di abitati. Ai pochi frammenti ceramici restituiti dagli strati antropici individuati ma sostanzial- mente non esplorati nell’area del nuovo casello autostradale di Capannori, lungo il Friz- zone, fra 2006 e 200763, fornisce un orizzonte cronologico di riferimento uno spillone in bronzo a rotolo, con sezione circolare (fig. 30); la diffusione diatopica e diacronica del tipo, dal Bronzo Antico sino alle soglie del Bronzo Finale64, tuttavia, consente appe- na di sospettare le dimensioni dell’evidenza documentaria dell’Età del Bronzo sepolta nella piana dell’Auser. Decisamente più consistenti, anche per la disponibilità della SNAM a trasformare in un organico intervento di scavo le opere di documentazione condotte durante la posa del metanodotto Montopoli in Val d’Arno–San Ginese di Compito, fra 1994 e 1995, sono i

58 SÄFLUND 1939, p. 198, n. 10, tav. 75, 5. 59 MUTTI – PELLEGRINI 1995, pp. 307 ss. 60 Rimangono preziose le osservazioni sul rituale funerario di MUTTI – PELLEGRINI 1995, in particolare pp. 317 ss., tav. I (da cui fig. 29), anche per il rapporto – rispettato anche a Monte Vigne – fra il diametro alla bocca del cinerario e quello (minore) della tazza, che determina la collocazione (o lo sprofonda- mento) di questa all’interno dell’orciolo. 61 Si vedano da ultimo le considerazioni di CARDARELLI 2006, sul sistema insediativo terramaricolo nei distretti collinari e montani dell’Emilia Occidentale. 62 CIAMPOLTRINI – ANDREOTTI – SPATARO 2010, pp. 14 ss. 63 Per il momento si veda CIAMPOLTRINI – COSCI – SPATARO 2009, pp. 15 ss. 64 CARANCINI 1975, pp. 99 ss.; per gli esiti ancora nel Bronzo Finale, COLONNA 2006, pp. 65 s., tipo 1.

30 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

materiali disponibili sull’abitato del Palazzaccio di Capannori65. L’insediamento si doveva dispor- re, plausibilmente, lungo un ramo dell’Auser il cui tracciato in questo lembo di pianura non * doveva essere dissimile, nel II * millennio a.C., da quello d’età etrusca e romana individuato * con la fotografia aerea e ancora riconoscibile al suolo, occupan- do un dosso in corrispondenza di due corsi d’acqua (o canali) tributari del fiume, che ne se- gnavano i limiti settentrionale e meridionale. Immagini aeree e satellitari di recente acquisizione rivelano Fig. 31. L’area del Palazzaccio di Capannori (in violaceo) riferita con chiarezza sin qui ignota alla veduta satellitare. In evidenza un possibile paleoalveo (asteri- l’alveo sepolto di un affluente di schi). destra dell’Auser che raggiungeva il fiume poco a sud del Palaz- zaccio e dell’area dell’insedia- mento (fig. 31). Tuttavia la cronologia di questo paleoalveo è assolutamente oscura, così come il suo percorso nel tratto orientale e quindi rimane mera congettura la possibilità che debba essere identificato nel corso d’acqua riconosciuto nella sezione dello scavo, che segnava Fig. 32. Saggi 1994-1995 al Palazzaccio di Capannori: veduta. il limite meridionale dell’abita- to. L’estensione dell’insediamento è dichiarata dallo strato con materiali antropici (15) incontrato su tutto il dosso, generato dal dilavamento seguito all’abbandono del sito. La sezione del metanodotto incontrò una sola unità insediativa (figg. 32-33), le cui stratificazioni erano sopravvissute all’ero- sione e al dilavamento perché accumulate (101=104) nel ‘fondo di capanna’, con profilo

65 Edizione puntuale in Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, pp. 9 ss. (RED. COOPERATIVA ARCHEOLOGIA – G. CIAMPOLTRINI).

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 31 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

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Fig. 33. Saggi 1994-1995 al Palazzaccio di Capannori: planimetria interpretativa e sezione stratigrafica. Da In- sediamenti dell’Età del Bronzo 2008.

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Fig. 34. Ceramiche dai saggi 1994-1995 al Palazzaccio di Capannori. Da Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008. concavo-convesso, che ne formava il cuore, segnato al centro da un focolare (39/1; 120). L’articolazione interna e la strutturazione sono rispecchiate, nell’indicatore archeologico, dalle concavità 108/A, 114/A-B, distribuite al margine settentrionale, e dagli alloggiamenti per palo incontrati sul lato orientale (111; 118; 119) e nel cuore delle stratificazioni (109/A- B; 115; 110/A-B). Questi parrebbero disegnare un ‘vestibolo’ subtrapezoidale (A); un am- biente quadrangolare scavato nel suolo del dosso e destinato ad accogliere in focolare, fulcro della ‘capanna’ (B), con pali portanti in posizione angolare; due ‘aree di servizio’

LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO 33 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

(C-D), aderenti ai lati del vano A. Il lembo di parete in materiale deperibile indiziato dal legname carbonizzato e dall’intonaco di capanna (116) collassati in questo vano potrebbe provenire dal setto divisorio con l’area C. Le affinità morfologiche dell’impianto planimetrico con le tombe monumentali dell’am- bito culturale di Grotta Nuova, a Prato di Frabulino e al Vignolo, con la scansione fra vestibolo e camera a pianta quadrangolare, conservano la piena suggestione66 confortata dalla cronologia nel momento culminante del Bronzo Medio (BM 2A) proposta dai ma- teriali restituiti, omogeneamente, dalle varie sedimentazioni67. Nella lunga fortuna dei contenitori d’impasto di forma chiusa – soprattutto dolii – spesso coperti da decorazioni plastiche con cordoni lisci o con solcature, spiccano come indicatore cronologico soprattutto la tazza a profilo sinuoso dallo strato 108 (fig. 34, 1), modellata in una peculiare pasta avana, fine, che ne esalta il ruolo di forma potoria ‘per eccellenza’68; le ciotole carenate o con profilo arrotondato (figg. 34, 2-4); la scodel- la con orlo rientrante e anse a nastro, talora rilevato (fig. 34, 5-7)69. Indicazioni ancor più risolutive, pur nello stato di estrema frammentazione, vengono dai manici a nastro con margini rilevati e foro mediano (fig. 34, 8-10)70, o con apici lobati (fig. 34, 11)71, pertinenti a capeduncole, e dalla presa canaliculata con margini rilevati (fig. 34, 12) 72. Anche i tipi ceramici dichiarano dunque il compiuto inserimento dell’abitato del Palaz- zaccio nella cultura tirrenica del Bronzo Medio, ‘di Grotta Nuova’, di cui concorre a tracciare – con Stabbia e la rete di siti della conca fiorentina recentemente esplorata73 – il limite settentrionale nella Toscana; un limite che è ampiamente permeabile, come te- stimoniano i documenti del Bronzo Medio della Garfagnana, ai contatti con l’area pada- na, nelle manifestazioni terramaricole dell’Emilia Occidentale, così come gli insediamen- ti della piana fiorentina sono connessi a quelli della Romagna. Come già ai ‘mercanti di asce’ del Bronzo Antico, la Valle del Serchio apre itinerari vivaci ai crescenti scambi culturali, che troveranno nel Bronzo Recente a Fossa Nera di Porcari una testimonianza straordinaria.

66 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, pp. 67 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 67 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, pp. 70 ss. (G. CIAMPOLTRINI); pp. 34 ss. per il catalogo dei materiali (G. CIAMPOLTRINI). 68 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, pp. 38 s. (G. CIAMPOLTRINI), con i riferimenti a COCCHI GENICK 2001, pp. 149 s., tipo 174. 69 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, pp. 68 s. (G. CIAMPOLTRINI), con i riferimenti rispettivamente a COCCHI GENICK 2001, pp. 290 ss., tipi 408-409; pp. 211 ss., tipi 286-290; p. 227, tipi 316-318. 70 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, pp. 35 ss. (G. CIAMPOLTRINI), con i riferimenti a COCCHI GENICK 2001, pp. 365 ss., tipi 508-510. 71 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, p. 37 (G. CIAMPOLTRINI), con i riferimenti a COCCHI GENICK 2001, p. 357, tipo 501. 72 Insediamenti dell’Età del Bronzo 2008, p. 39 (G. CIAMPOLTRINI), con i riferimenti a COCCHI GENICK 2001, pp. 375 ss., tipo 522. 73 Si veda da ultimo PERAZZI 2012.

34 GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI PARTE II

AUGUSTO ANDREOTTI – GIULIO CIAMPOLTRINI

FOSSA NERA DI PORCARI UN INSEDIAMENTO NELLA PIANA DELL’AUSER INTORNO AL 1200 A.C.

Agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso la ricerca di superficie nell’area della Boni- fica del Lago di Sesto o Bientina era ormai in una fase avanzata e i paesaggi d’età etrusca e romana, con la metodica ricognizione condotta lungo i paleoalvei dell’Auser individuati con la fotografia aerea o percepibili anche al suolo, nelle marcate depressioni dell’alveo o nel rilievo dei dossi, si stavano profilando nitidamente. Dall’estate del 1981, infine, alla ricognizione e ai recuperi cominciava ad aggiungersi anche l’evidenza delle strutture e delle stratificazioni messe in luce dai saggi diagnostici condotti per poter promuovere motivati provvedimenti di tutela, conseguiti nel 1982 con l’immissione nel Demanio Archeologico dello Stato di sedici siti archeologici ricadenti nell’area demaniale della bonifica1. La sequenza di abitati perifluviali appariva esito di un’improvvisa fioritura nel corso del- l’VIII secolo a.C., in una fase inoltrata del Villanoviano (Villanoviano II)2, e sembrava arduo – anche per le intuibili dimensioni della copertura alluvionale – poter attingere testimonianze di epoche più remote. Non mancò dunque la soddisfazione – mista a stu- pore – quando Augusto Andreotti, percorrendo le sponde del paleoalveo dell’Auser-Ser- chio anche oltre i limiti della bonifica ottocentesca, nei lembi del territorio di Porcari che dal Medioevo al Settecento avevano conosciuto un’incessante lotta fra uomo e am- biente per la messa a coltura di aree periferiche del padule3, nella contrada di Fossa Nera, fra il canale eponimo e il Rogio (figg. 1-3), incontrò, oltre all’evidenza di due insedia- menti d’età romana che sarebbero stati estensivamente scavati fra 1988 e 2006 (Fossa Nera A; Fossa Nera B) 4, un’area con imponenti cumuli di terra di risulta da escavazioni in profondità, che restituivano una massa impressionante di materiali ceramici riferibili a una fase avanzata dell’Età del Bronzo. La lunga, metodica, minuziosa attività di recupero condotta nella discarica portò a costi- tuire una straordinaria raccolta di reperti, con forme talora ampiamente ricomposte, ma la ricerca di informazioni attendibili sull’area di provenienza e sull’epoca in cui si erano svolti i lavori il cui esito era nelle discariche di Fossa Nera non è ancora approdata a conclusioni risolutive, tanto più che sull’affidabilità della tradizione orale è opportuna la cautela.

1 Si rinvia per le ricerche paleoambientali sul sistema di insediamenti d’età etrusca a CIAMPOLTRINI – COSCI – SPATARO 2007; per l’età romana, a CIAMPOLTRINI – COSCI – SPATARO 2009, in particolare pp. 15 ss. 2 Per lo stato della ricerca dopo le indagini nel sito del Chiarone, si veda CIAMPOLTRINI 2007, pp. 21 ss., con ulteriori riferimenti bibliografici. 3 Cenni in CIAMPOLTRINI 2012, pp. 13 ss. 4 Sintesi bibliografica in CIAMPOLTRINI 2010 B, pp. 140 ss. DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

C A

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Fig. 1. L’area di Fossa Nera di Porcari nella veduta satellitare: Fossa Nera A (A), Fossa Nera B (B), area di recu- pero dei materiali del Bronzo Recente (C), paleoalveo dell’Auser-Serchio (asterischi).

Si deve solo segnalare che l’esame del repertorio di immagini aeree del sito – peraltro di risoluzione inadeguata e numericamente esigue prima degli anni Ottanta5 – non offre alcuna evidenza di un’escavazione che dovette essere di ampie dimensioni. Tuttavia la possibilità di una provenienza della terra di risulta da aree non contigue a quella in cui venne accumulata in discarica sembra remota, sia per le dimensioni stesse del terreno dislocato, che per le indicazioni stratigrafiche acquisite nelle immediate adia- cenze. Saggi in profondità svolti durante le indagini a Fossa Nera, fra 1990 e 1992, in- tercettarono infatti, fra i -2,6 e i -3,1 m dal piano di campagna, al margine della discarica ancora avvertibile pur nella copertura boscosa dell’area, dovuta alle formazioni planiziali (figg. 1, C; 3, C), sedimenti limosi o torbosi, nerastri, con rare ceramiche protostoriche, che coprivano una torba oligomorfa, sabbiosa, con ramaglie, esplorata fino alla quota di -3,5 m raggiunta dal sondaggio e corrispondente all’affioramento dell’acqua di falda. Limi sabbiosi grigio-bluastri, per uno spessore di circa 20 cm, a loro volta sepolti da sabbie limose per una potenza di quasi due metri, coprivano la sedimentazione antropi- ca6. Grazie alla passione di Augusto Andreotti e all’impegno di Alessandro Zanini, conte- stualmente all’attività di catalogazione condotta per finanziamento della Soprintendenza Archeologica, era possibile offrire un’edizione esauriente dei materiali in una sede che ha

5 Si veda la sequenza disponibile sul sito Geoscopio della Regione Toscana. 6 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 291 ss., con localizzazione cartografica errata del sito.

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Fig. 2. L’area di Fossa Nera di Porcari nella veduta aerea obliqua (da est); sullo sfondo le colline di San Ginese di Compito.

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Fig. 3. Il complesso archeologico di Fossa Nera nella veduta aerea obliqua (da settentrione): Fossa Nera A (A), Fossa Nera B (B), area di recupero dei materiali del Bronzo Recente (C).

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Fig. 4. Suppellettile ceramica del sepolcreto ‘palafitticolo-terramaricolo’ di Casinalbo. Da Cardarelli – Pellacani 2004. consentito la valutazione sistematica dei contesti di Fossa Nera – anche per effetto dello spazio occupato nella mostra livornese dedicata nel 1997 alla protostoria nella Toscana nord-occidentale e a quello concesso nell’esposizione di Modena sulle terramare, nello stesso anno7. Il moltiplicarsi e l’affinarsi della ricerca sul Bronzo Recente in Italia, negli aspetti peculiari della civiltà ‘palafitticolo-terramaricola’ d’ambito padano e in quelli tradizionalmente detti ‘subappenninici’ dell’Italia peninsulare8 ha infatti trovato nel- l’edizione dei ‘recuperi Andreotti’ di Fossa Nera un significativo punto di riferimento per mettere a fuoco gli scambi culturali fra le due aree, lungo le direttrici transappenni- niche, e le recenti revisioni delle sequenze tipologiche proposte proprio per questo ambi- to di confine9 hanno ribadito, con limitate puntualizzazioni, le conclusioni degli editori,

7 Rispettivamente ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996; ANDREOTTI – ZANINI 1997; ZANINI 1997 A, con errato riferimento all’ambito comunale (Capannori, anziché il corretto Porcari). 8 Rispettivamente FRONTINI 2011; DAMIANI 2010. 9 LA PILUSA – ZANINI 2009, pp. 101 ss.

38 AUGUSTO ANDREOTTI – GIULIO CIAMPOLTRINI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO rendendo dunque possibile limitarsi in questa sede ad una rapida rassegna dei materiali, quasi integralmente editi. Testimone paradigmatico dell’ambito cronologico e del contesto di scambi culturali in cui Fossa Nera fiorisce, nelle fasi avanzate e conclusive del Bronzo Recente, sino agli albori del Bronzo Finale – dunque fra lo scorcio conclusivo del XIII e il XII secolo a.C. – è la tazza carenata provvista di ansa sormontante10. Il tipo, come certifica la sua diffu- sione, sin oltre i limiti delle culture italiane11, è verosimilmente funzionale al consumo di una peculiare bevanda, che si vorrebbe ovviamente identificare con il vino, seppure preparato con le tecniche ‘arcaiche’ di fermentazione dall’uva testimoniate in modo riso- lutivo fin dall’Età del Bronzo dalla presenza di vinaccioli anche in contesti di scavo d’area italiana12. La cura tecnologica dispiegata nella produzione della forma, sia nell’al- lestimento dell’impasto che nella finitura delle superfici, e l’apparato decorativo, plastico o inciso, sono un segno del ruolo che la preparazione svolgeva nella vita quotidiana e di relazione; lo stesso impiego come contenitore cinerario – spettacolarmente certificato nell’Italia ‘palafitticolo-terramaricola’ dagli esemplari restituiti dalle deposizioni delle fasi avanzate del Bronzo Recente nel sepolcreto di Casinalbo, nel Modenese (fig. 4, A)13 – parrebbe corroborarne il rilievo culturale e simbolico. Le varianti attestate a Fossa Nera, di regola prodotte in raffinati impasti neri o bruno- nerastri, cui spesso le fortunate condizioni di giacitura hanno conservato la politura a stecca delle superfici, si distribuiscono – anche per la morfologia delle anse – nelle ver- sioni correnti nel Bronzo Recente 2 (BR 2 della scansione in fasi proposta dalla Fronti- ni)14 della Pianura Padana, ma conosciute anche lungo l’intera penisola: – il tipo con ansa sormontante, a bastoncello provvista di appendici sommitali (figg. 5, 1; 6, 1)15; in un caso l’ansa a bastoncello si espande alla sommità, con una marcata de- pressione mediana (fig. 6, 2) 16; – il tipo con larga ansa a nastro, solcata da scanalature parallele (figg. 5, 2; 6, 3), che possono proseguire lungo la vasca, in motivi a festone contornati da puntinatura (fig. 5, 2) 17, o liscia, con margini variamente trattati (fig. 6, 4).

10 FRONTINI 2011, pp. 53 ss.,TS1, con varianti; DAMIANI 2010, pp. 236 ss., ‘famiglie 37-42’. 11 DAMIANI 2004, pp. 243 ss., con ampi riferimenti. Per la cronologia assoluta, DAMIANI 2010, in partico- lare p. 241. 12 Si rinvia a DELPINO 2012, pp. 189 ss. 13 Si veda ad esempio CARDARELLI – PELLACANI 2004, pp. 111 ss. (da fig. 5, rielaborata, la fig. 4). 14 FRONTINI 2011, pp. 52 ss. 15 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 300 ss., figg. 3-4; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 35, 14; FRONTINI 2011, pp. 48 s., AS2.2, contigua peraltro, per lo sviluppo pronunciato delle appendici, al tipo ‘a cavallino’ AS3; DAMIANI 2010, pp. 369 ss., C.1, foggia 1, versione F. Si veda la presenza a Coltano, in un contesto andato ad aggiungersi a quelli già esaminati nelle sedi descritte: SECOLI 2004, pp. 522 s. 16 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 314, fig. 10, 18; per i possibili esiti di questa variante, infra, Parte III, pp. 67 ss. fig. 12. 17 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 304 ss., fig. 3, 3; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 35, 14; FRONTINI 2011, p. 47, AS1.1C; DAMIANI 2010, p. 231, famiglia 35, tipo 93, varietà B, tav. 68, 6.

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Fig. 5. Fossa Nera di Porcari: tazze carenate con ansa sormontante.

La carenatura permette di distinguere esemplari con accentuata scansione fra corpo e collo, con labbro estroflesso (figg. 5-6) e con profilo continuo (fig. 8, 1). Sulla carenatura sono applicati pressoché tutti i sistemi decorativi incisi conosciuti in area padana: la sequenza continua di trattini verticali paralleli (fig. 7, 1-3) o alternata a segmenti lisci (fig. 7, 4-5), ottenuti con un’impressione larga e profonda, applicata di regola su esemplari con diametro massimo alla carena, talora esaltata da una risega18; la sequenza di trattini obliqui, brevi e incisi (fig. 7, 6-8), in un caso associata a fasci di

18 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 304 ss., figg. 3, 1-6 e 5, 1-4; ANDREOTTI – ZANINI 1997, pp. 70 s., fig. 35, 21-22; FRONTINI 2011, pp. 53 ss., TS1.4A; DAMIANI 2010, p. 234, famiglia 35, tipo 93, varietà C.

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Fig. 6. Fossa Nera di Porcari: tazze carenate con ansa sormontante e frammenti di anse. linee parallele, probabilmente ondulate, disposte sulla vasca (fig. 7, 9), corrente su tazze con diametro massimo alla carena equivalente a quello dell’orlo19. La cronologia alle fasi conclusive del Bronzo Recente, ribadita dalla Frontini anche con i riferimenti all’ambito culturale di Canegrate, e ai contesti d’area padana già sfruttati al momento dell’edizione, è oggi confermata dal complesso da Campo Poli di Sabbioneta,

19 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 304 ss., fig. 5, 2; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 35, 19- 20; FRONTINI 2011, pp. 53 ss., TS1.4B; DAMIANI 2010, p. 217, tipo 78, varietà G.

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Fig. 7. Fossa Nera di Porcari: tazze carenate con decorazione incisa.

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Fig. 8. Fossa Nera di Porcari: tazze carenate con decorazione plastica o lisce. pressoché puntualmente sovrapponibile alle tipologie note a Fossa Nera, sin nella reda- zione con decorazione a fasci di linee ondulate sull’esterno della vasca20. Chiaramente apparentate a queste versioni della tazza carenata, per la tettonica, sono le redazioni in cui la carena si movimenta con una decorazione plastica, a costolature (fig. 8, 2-3), nota dalla Pianura Padana al bacino tirrenico, con l’esemplare dai contesti delle

20 FRONTINI 2011, pp. 99 ss., figg. 4.4-5.

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Fig. 9. Fossa Nera di Porcari: scodelle con labbro ingrossato. fasi iniziali del Bronzo Finale connessi alla vita della ‘casa-laboratorio’ di Scarceta21; è ovvio supporre l’emulazione di un tipo funzionale alle tecniche della toreutica. Sono dunque contigui gli orizzonti cronologici della tazza a profilo continuo, con linee incise sotto l’orlo (fig. 8, 4), peculiare dei momenti conclusivi del Bronzo Recente nel- l’area ‘palafitticolo-terramaricola’, Bronzo Recente 3 della sequenza proposta dalla Fron-

21 Gli esemplari da Fossa Nera sono inediti; per il tipo, si rinvia alle osservazioni di ZANINI 1999, pp. 138 ss., fig. 108, A 1, anche con il riferimento alle attestazioni di Via Buonarroti a Pisa e Bosco Malenchini di Collesalvetti: RADI – ZANINI 1997; ZANINI 1997 B. Per le attestazioni padane del Bronzo Finale, sintesi in COLONNA 2006, p. 133, tazze tipo 4 e 5, tavv. 106-107.

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Fig. 10. Fossa Nera di Porcari: scodelle con labbro ingrossato.

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Fig. 11. Fossa Nera di Porcari: contenitori di forma biconica. tini22. Alle tipologie ceramiche dell’Italia peninsulare che maturano nel repertorio del Bronzo Medio sembra riportare, per contro, la forma aperta egemone a Fossa Nera, la scodella con fondo piano, «labbro ingrossato, obliquo distinto da uno spigolo interno», provvista di una presa triangolare23, che poteva svolgere – forse nella presentazione del cibo – un ruolo complementare a quello affidato alle forme potorie provviste di ansa.

22 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 310, fig. 4, 10-11; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 37, 39; FRONTINI 2011, pp. 60 ss., TS3.1. 23 La descrizione è di DAMIANI 2010, pp. 127 ss., famiglia 1, tipi 1-2.

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Fig. 12. Fossa Nera di Porcari: contenitori di forma biconica.

La scodella è presente a Fossa Nera in impasto nero, fine, con prese triangolari lisce o scandite da decorazione plastica (figg. 9, 2; 10, 1-2), e nella pasta bruno-rossastra im- piegata anche per i grandi contenitori di forma chiusa (fig. 9, 1), con un esemplare che è completato sull’orlo da una decorazione formata da sequenze di linee incise, parallele, ortogonali al labbro24. Le parentele con le forme aperte d’ambito padano raccolte dalla Frontini sotto la defini- zione di «tazze e scodelle con tesa», nonostante la presenza su questa forma di un siste- ma decorativo analogo a quello applicato a Fossa Nera, seppure nella redazione con orlo ingrossato all’esterno e corpo carenato, e di una variante con orlo ingrossato all’inter- no25, sono decisamente più remote di quelle con la fortunata tipologia del Bronzo Me- dio conosciuta in tutta la Penisola e in Romagna, i cui esiti nel Bronzo Recente sono raccolti dalla Damiani nella sua «famiglia 1»26.

24 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 311, fig. 6; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 71, fig. 36, 24-25. 25 FRONTINI 2011, pp. 57 ss., rispettivamente TS2.2 e TS2.3. 26 DAMIANI 2010, per i precedenti del Bronzo Medio, soprattutto per la peculiarità della presa triangolare, COCCHI GENICK 2001, pp. 267 ss. e 284 ss.

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Si profila dunque, per Fossa Nera, la partecipazione alle diverse ‘mode’ dell’Italia del Bronzo Recente, attivate da crescenti scambi culturali fra i vari distretti che proprio nel sito della piana dell’Auser potevano trovare un punto di articolazione di rilievo. L’affermazione di forme biconiche, con corpo scandito da un’accentuata carenatura, che interessa l’intero ambito italico del XII secolo a.C. fino all’enorme successo nelle fasi mature del Bronzo Finale è attestata da contenitori destinati a ruoli diversi. Un boccale è, in effetti, la forma di pasta fine, nerastra, ricomposta – grazie all’atten- zione nel recupero dei frammenti – interamente, con corpo provvisto di spalla rientrante, sulla quale si innesta l’alto collo troncoconico, con labbro estroflesso; la presa era assicu- rata da un’ansa a nastro (fig. 11, 1)27. Resterebbero vaghi i contatti tettonici con i «vasi a corpo biconico» in uso a lungo in area padana28, se non fosse possibile riconoscervi piuttosto il precedente degli ‘orcioli’ che – con decorazione plastica o incisa – sono par- ticolarmente usati come cinerario nella necropoli di Bismantova, nel Bronzo Finale29. Lo stato di frammentazione lascia incerti se attribuire a questa forma, o al tipo provvisto di ansa a maniglia impostata obliquamente sulla carenatura (fig. 11, 2) 30 – immediato precedente della forma del Bronzo Finale31 – i frammenti che conservano solo il collo, o il collo e parte della carenatura con decorazione plastica a costolature (fig. 12, 1-3)32 di forme biconiche con labbro assottigliato o estroflesso. La morfologia dell’ansa consente invece di attribuire ad un boccale – se non ad un’anfo- retta – il frammento che conserva lembi di un apparato decorativo (fig. 11, 3)33 che ri- badisce i contatti di Fossa Nera con gli insediamenti padani delle fasi di transizione fra Bronzo Recente e Bronzo Finale, in cui si consolida e articola la tecnica che asseconderà i sistemi decorativi ad incisione dei secoli intorno al 1000 a.C., sino alla fioritura villa- noviana34. I fasci di linee parallele impresse con solcature larghe e profonde, chiuse da sequenze di puntini, già visti sulle tazze carenate (fig. 5, 2) ritornano infatti nelle fasi estreme degli insediamenti del Bronzo Recente, con le attestazioni paradigmatiche di Campo Poli di Sabbioneta35, quando appare anche il fascio di linee parallele a zigzag, incise entro una fascia delimitata da linee parallele diritte, destinato ad enorme fortuna nel Bronzo Finale (fig. 12, 4)36.

27 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 313, fig. 11, 9; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 36, 27; per la definizione DAMIANI 2010, p. 253, tipo 113, 1, variante A. 28 FRONTINI 2011, p. 70, V4. 29 COLONNA 2006, p. 146, tavv. 153-154. 30 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 313, fig. 8, 1; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 36, 28. 31 FRONTINI 2011, p. 70, fig. 2.67, 2-3. 32 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 313 s., fig. 11, 2-5; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 36, 40. 33 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 313, fig. 11, 1; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 37, 40. 34 Su questo aspetto e sull’area ‘palafitticolo-terramaricola’ come incubatrice di queste tradizioni, si vedano le osservazioni di DAMIANI 2010, pp. 454 s. 35 FRONTINI 2011, p. 100, fig. 4.4.3; 4.5.14-15. 36 Inedito; si veda FRONTINI 2011, pp. 78 s., D2.2, fig. 2.81, 7.Per le attestazioni a Spilamberto, Cave di Ponte del Rio Lulli, Atlante 2009 B, pp. 146 s., fig. 3030 (T. PEDRAZZOLI – M. MAGONI).

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Fig. 13. Fossa Nera di Porcari: contenitori di forma chiusa con decorazione plastica e stampigliata.

La massa delle restituzioni, ovviamente, è formata da grandi contenitori di forma chiusa, modellati in un impasto prevalentemente dalle tonalità brune o bruno-rossastre, arricchi- to di decorazioni incise o plastiche. Spiccano, come indicatori dei flussi culturali che investono la piana dell’Auser, le olle con labbro a tesa, piatta superiormente, coperta da sequenze di gruppi di linee incise, oblique o ortogonali all’orlo (fig. 13, 1-2)37, che sono ormai un tratto distintivo degli orizzonti

37 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 311 ss., fig. 5, 10.

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Fig. 14. Fossa Nera di Porcari: contenitori di forma chiusa e aperta (1-5); vaso con beccuccio e filtro (6). ceramici delle fasi estreme del Bronzo Finale, come dimostrano le realizzazioni di Ca’ de’ Cessi e di Iseo, o quelle di Anzola Emilia38. La crescente disponibilità di materiali editi permette di sottolineare i rapporti con le innovazioni della fase di transizione fra Bronzo Recente e Bronzo Finale dell’area ‘pala- fitticolo-terramaricola’, a nord e a sud del Po, del contenitore con labbro rientrante, ca- ratterizzato da una variegata decorazione plastica, con fasci di linee curve digitate (fig.

38 FRONTINI 2011, p. 67, V1.3; FINOTELLI – MORICO – STEFFÈ 1997, pp. 364 ss., fig. 200, da Anzola Emilia.

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Fig. 15. Fossa Nera di Porcari: contenitori di forma chiusa con decorazione plastica..

13, 3), o sequenze di piccole bugne (fig. 13, 4)39, ben documentato nel Modenese40 e impiegato come cinerario a Casinalbo (fig. 4, B)41. Un’analoga complessa decorazione plastica, che dimostra l’adesione a mode peculiari dell’area padana42, copre la superficie esterna di un contenitore con labbro diritto, rientrante rispetto al profilo della parete (fig. 13, 5)43, ma anche la sequenza di cerchietti stampigliati che integra l’apparato de- corativo di un grande contenitore con labbro diritto solcato da digitazioni oblique (fig. 13, 6) appare in questi ambiti culturali44.

39 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 320, figg. 9 e 12; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 37, 41. 40 Esemplare da Mirandola, Falconiera: DESANTIS 1997, p. 366, fig. 365.4. 41 Supra, nota 13; si vedano – ad esempio – anche gli esemplari da Falconiera (DESANTIS 1997, l.c.) o Gor- zano (Atlante 2009 A, p. 243, fig. 140, 3: G. PELLECANI). 42 FRONTINI 2011, pp. 76 ss. 43 Inedito; per la forma a Pisa, recuperi di Via Buonarroti, si veda RADI –ZANINI 1997, p. 75, fig. 38, 3. 44 DAMIANI 2010, p. 455.

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Fig. 16. Fossa Nera di Porcari: oggetti in bronzo.

Nella massa dei contenitori cilindroidi, di forma chiusa o aperta (‘olle con profilo non articolato’, scodelloni)45, le cui pareti sono spesso coperte da cordoni plastici distribuiti secondo complessi sistemi riconoscibili appena nello stato di frammentazione (figg. 14, 1-5; 15)46, spiccano i vasi con beccuccio versatoio provvisto di filtro (fig. 14, 6), la cui affermazione nell’avanzato Bronzo Recente è stata opportunamente riferita alla diffusio- ne di peculiari preparazioni alimentari o potorie47. Se le imponenti restituzioni ceramiche ci permettono dunque di entrare in ‘interni do- mestici’ – forse irreparabilmente perduti nelle articolazioni che l’intreccio di dati strati-

45 DAMIANI 2010, pp. 266 ss., tipi 127-128; si veda il repertorio di VINCI 2012, pp. 20 ss. 46 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 320, fig. 9; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 72, fig. 37. 47 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 312 s., fig. 7, 7-9; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 71, tav. 40, 33. Per il tipo FRONTINI 2011, pp. 71 s., V5; possibile esito nelle ‘anforette’ del Bronzo Finale: COLONNA 2006, pp. 146 s., tav. 157, 3 (da Fontanella Grazioli).

52 AUGUSTO ANDREOTTI – GIULIO CIAMPOLTRINI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

grafici e di strutture avrebbe potuto tratteggia- re – almeno per rilevare la solidità della rete di scambi di merci, di tecniche, forse anche di persone che negli anni intorno al 1200 a.C. trovava a Fossa Nera di Porcari un punto di 2 1 incontro fra culture padane e tirreniche, gli oggetti di ornamento personale o di abbiglia- mento – bronzi ed ambre – testimoniano che anche per questi aspetti Fossa Nera era aperta alle correnti culturali dell’Italia fra XIII e XII secolo a.C. Fig. 17. Fossa Nera di Porcari: grani d’ambra. La finissima analisi condotta da Alessandro Zanini permette di limitarsi ad una rapida ras- segna delle restituzioni di bronzi: una fibula ad arco di violino ritorto, asimmetrico (fig. 16, 1), recuperata iso- lata48; un nucleo di bronzi frammentari e lacunosi, probabilmen- te raccolti per la tesaurizzazione o per la rifusione, ritrovato all’interno di una ciotola e formato da capi di abbigliamento e di ornamento. Lo compongono uno spillone con capocchia cilindro-conica, avvicinato da Zanini al tipo Mezzocorona, (fig. 16, 2), e co- munque immediato antecedente delle redazioni con capocchia sferoide o sferoide compressa del Bronzo Finale49; un torques a falso tortiglione, probabilmente mutilo dei riccioli terminali (fig. 16, 3)50; un fermatrecce con capi espansi e decorazioni a trattini obliqui (fig. 16, 4); frammenti di spillone (fig. 16, 5) e di fibula (fig. 16, 6), oltre a lacerti di interpretazione non sem- pre agevole, proprio per lo stato di conservazione, come i fram- menti di cerchio radiato (fig. 16, 7), forse già parte di un pen- dente, di nastro a margini rilevati (fig. 16, 8), di ‘stelo con avvio di anello’ (fig. 16, 9). Fig. 18. Fossa Nera di Nella fortuna relativamente lunga di tutte le classi rappresentate, Porcari: punteruolo di osso. diffuse prevalentemente in ambito padano, il piccolo ‘ripostiglio’ di Fossa Nera parrebbe disporsi – come del resto è lecito atten- dersi – nelle fasi finali della vita dell’abitato, ormai nel momento

48 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 298, fig. 2, 4; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 34, 1; DA- MIANI 2010, p. 395, tipo 4B. Sul tipo, si veda anche COLONNA 2006, p. 84, fibula tipo 2. 49 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 295, fig. 2, 1; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 69, fig. 34, 1. Per gli esemplari da Morano Po, del Protogolasecca 2-3: COLONNA 2006, p. 73, tipo 13. 50 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 297, fig. 2, 15; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 34, 2; torques tipo 1 di COLONNA 2006, p. 111, tav. 60, 8-11, associato alla fibula ad arco asimmetrico in un complesso tombale friulano: CASSOLA GUIDA et alii 2004, p. 86, nota 23, fig. 6.

FOSSA NERA DI PORCARI. UN INSEDAMENTO NELLA PIANA DELL’AUSER INTORNO AL 1200 A.C. 53 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA iniziale del Bronzo Finale51. All’abbigliamento e all’ornamento si provvedeva anche con grani d’ambra, destinati sia a completare gli spilloni in bronzo, nel ruolo di fermaglio, come è forse il caso del disco con perforazione centrale, probabilmente reimpiegato, stando alla successiva perforazio- ne a V (fig. 17, 1) 52; o per formare collane, con grani elaborati in forme biconiche (fig. 17, 2), un tipo che continua ad essere attestato nei momenti iniziali del Bronzo Finale, stando alle restituzioni di Scarceta53. La lavorazione dell’osso e del corno – materie prime essenziali in questi ambiti culturali – è attestata esemplarmente da un punteruolo (fig. 18)54. La consistenza delle testimonianze e la qualità delle restituzioni fanno di Fossa Nera, sino a questo momento, un unicum nei paesaggi non solo della Valle del Serchio, ma del- l’intera Toscana nord-occidentale degli anni di trapasso fra Bronzo Recente e Bronzo Finale, i decenni successivi alla data-simbolo della grande crisi che, subito dopo il 1200 a.C., attanaglia estese aree dell’Europa e del Medio Oriente55. In Italia gli esiti più evidenti sono nella crisi del sistema di insediamenti ‘palafitticolo- terramaricoli’ della Pianura Padana, parallela e coeva alla dissoluzione del sistema politi- co e sociale miceneo o hittita e alle migrazioni dei Popoli del Mare: una sequenza di eventi le cui cause rimangono oscure, pur se la tentazione di riconoscervi la conseguenza di catastrofi ecologiche quali quelle indotte da eruzioni vulcaniche o da mutamenti cli- matici è decisamente più suggestiva dell’ipotesi della contemporanea involuzione interna di strutture sociali ed economiche così diverse. Anche i dati paleoambientali disponibili sulla Pianura Padana sembrano, infatti, delineare un periodo climaticamente avverso – per siccità – capace di indurre anche la crisi degli equilibri interni essenziali alla fioritura e alla stessa sopravvivenza di comunità comples- se, dipendenti dalla gestione delle risorse agricole di aree in fragile equilibrio sui fiumi56. Come rammenta De Marinis, la drammatica narrazione in Dionigi di Alicarnasso delle calamità che colpirono i Pelasgi due generazioni prima della guerra di Troia – dunque intorno al 1250 a.C., nella cronologia ‘tradizionale’ – manifestandosi con la siccità e le sue devastanti conseguenze sull’agricoltura e l’allevamento del bestiame, e le successive

51 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, pp. 295 ss. 52 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 299, fig. 2, 12; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 34, 15. Per l’ambra in area terramaricola, BERGONZI 1997, pp. 602 ss.; p. 606 per l’impiego come fermapieghe di spilloni. 53 ANDREOTTI – ZANINI 1995-1996, p. 299, fig. 2, 13-14; ANDREOTTI – ZANINI 1997, p. 70, fig. 34, 13- 14, anche per il rinvio agli esemplari di Gualdo Tadino. Per la tipologia e la diffusione, BERGONZI 1997, l.c. Per Scarceta RUGGIERI – ZANINI 1999, pp. 123 ss. 54 In genere PROVENZANO 1997, pp. 524 ss., in particolare pp. 529 ss.; si vedano anche le attestazioni di Scarceta: POGGIANI KELLER 1999, p. 110. 55 Si veda la conferenza 1200 B.C. War, Climate Change and Cultural Catastrophe, Dublino 2008: http://www.ucd.ie/archaeology/news/1200bc/, anche per i riassunti delle comunicazioni: http://www.ucd.ie/ t4cms/1200bc_abstracts.pdf. 56 Si vedano le valutazioni di FRONTINI 2011, pp. 191 ss., dopo le ancora fondamentali considerazioni di DE MARINIS 1997, pp. 417 ss. e CARDARELLI 2009, pp. 55 ss.

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Fig. 19. Isola (Capannori): ansa configurata a protome zoomorfa. migrazioni, trovano nei dati proposti dalla tecniche di ricerca raffinate dei nostri giorni una straordinaria conferma57. L’emigrazione, non solo nella forma ‘violenta’ che traspare dall’arrivo dei Popoli del Mare sulle coste del Mediterraneo Orientale o dai movimenti dei Dori – il ‘Ritorno degli Eraclidi’ – in Grecia, potrebbe essersi manifestata anche con la ricerca di nuovi spazi a sud degli Appennini, lungo vie di traffico note e frequentate da secoli. Fossa Nera potrebbe dunque essere considerata una vera e propria ‘colonia’ dell’area ter- ramaricola, fondata nel momento culminante della fioritura degli insediamenti padani, quando probabilmente già si avvertivano i sintomi delle difficoltà che avrebbero portato nel giro di qualche decennio alla drastica crisi demografica della Pianura Padana, appena mitigata dalla sopravvivenza di un tessuto di insediamenti nei distretti collinari e mon- tani dell’Appennino, probabilmente meno soggetti al condizionamento della crisi am- bientale e alle esigenze di un solido e strutturato contesto sociale. In questa prospettiva possono trovare un’attendibile motivazione la vitalità di Fossa Ne- ra e la solidità dei suoi contatti con gli abitati superstiti nella Bassa padana, sino agli ultimi sprazzi di vita del sistema di insediamenti ‘palafitticolo-terramaricolo’. Ancora nell’avanzato XII secolo a.C., quando le scansioni cronotipologiche tracciate dagli studi contemporanei pongono le fasi iniziali del Bronzo Finale, la via verso il Tirreno poteva essere una risorsa indispensabile per queste comunità. La minuziosa recensione dei siti del Bronzo Recente curata da Zanini nella mostra livor- nese, distribuita in una salda sequenza cronologica con recenti revisioni, esalta il ruolo di Fossa Nera nel consolidare i contatti e gli scambi fra area tirrenica e mondo padano, lun- go l’asse itinerario offerto dalla Valle del Serchio, fino a raggiungere a Pisa – come te- stimonia per il momento il recupero di Via Buonarroti, con tipi pressoché identici a quelli attestati con ben altra consistenza a Fossa Nera58 – le vie del mare.

57 DE MARINIS 1997, pp. 417 ss., nota 12, con riferimento a DIONIGI DI ALICARNASSO, I, 23. 58 RADI – ZANINI 1997.

FOSSA NERA DI PORCARI. UN INSEDAMENTO NELLA PIANA DELL’AUSER INTORNO AL 1200 A.C. 55 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 20. Verrucole (San Romano in Garfagnana): saggio 2004, con stratificazioni del Bronzo Recente.

Nella stessa piana dell’Auser, a Isola (Capannori), sul margine occidentale del piccolo rilievo sempre emerso sul Lago di Sesto o Bientina, è possibile cogliere nella massa di materiali genericamente ascrivibili al Bronzo Recente59 una fase della sequenza insediati- va immediatamente anteriore a quella testimoniata a Fossa Nera, grazie alla presenza nel contesto di un’ansa sopraelevata, a bastoncello, con terminazione zoomorfa (fig. 19). Per il muso a punta, la morfologia degli occhi, resi con cerchielli impressi, e delle orec- chie, plasticamente affidate a cornetti conici, sembra possibile discernere nel frammento una protome canina, contigua agli esemplari noti sin qui quasi solo da Villa Persolino presso Faenza – un insediamento genericamente riferito al Bronzo Recente60 – mentre la tecnica di realizzazione degli occhi con stampigliature circolari ritorna nella protome ornitomorfa del Pilastro di Redù, nel Modenese61, assegnata alle fasi iniziali del Bronzo Recente62.

59 CIAMPOLTRINI – ANDREOTTI 2004, p. 52, tav. XXIV, 5. 60 DAMIANI 2010, pp. 373 s., Gruppo III, C2, tav. 139, 2-3. 61 DAMIANI 2010, p. 283, A9, Tipo 3, tav. 96, 6. 62 Atlante 2003, pp. 107 ss. fig. 57, 5 (A. CARDARELLI et alii).

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Fig. 21. Verrucole (San Romano in Garfagnana), saggio 2004: materiali ceramici.

Potrebbero dunque essere stati insediamenti di dimensioni modeste come quello di Isola, a stimolare lo sviluppo di relazioni che portò a realizzare la ‘fondazione’ di Fossa Nera. Le indagini condotte da Paolo Notini alle Verrucole di San Romano in Garfagnana, un sito d’altura (Parte I, fig. 8) chiamato dalla sua stessa posizione ad un ruolo strategico di controllo del territorio che affermerà dal Medioevo fino al Settecento dapprima con il castello dei Gherardinghi, poi con la Rocca Estense63, hanno offerto, nel 2004, l’oppor- tunità di individuare uno degli abitati che potevano assicurare le comunicazioni fra la Pianura Padana e la Toscana nord-occidentale, negli stessi momenti del Bronzo Recente avanzato, o degli inizi del Bronzo Finale, che vedono anche gli abitati d’altura dell’oppo- sto versante appenninico resistere alla crisi. Un lembo di stratificazione antropica esplorata sul versante settentrionale del rilievo (fig. 20), infatti, ha restituito un piccolo nucleo di materiali omogeneamente riconduci- bili ad una fase avanzata se non estrema del Bronzo Recente, stando alla tazza carenata d’impasto nero, che conserva il sistema decorativo affidato a linee oblique parallele, inci- se, poco sopra la carenatura, e l’attacco di un’ansa a nastro (fig. 21, 1), già vista a Fossa Nera e comune negli abitati del territorio modenese ancora attivi sullo scorcio finale del Bronzo Recente64. Se la tazza carenata d’impasto nero, fine (fig. 21, 2), ha un lungo

63 CIAMPOLTRINI – NOTINI 2007. 64 Si veda ad esempio Gorzano di Maranello: Atlante 2009 A, pp. 240 ss. (G. PELLACANI); Gaiato: Atlante 2006, p. 136, fig. 49 (A. CARDARELLI – S. SPAGGIARI).

FOSSA NERA DI PORCARI. UN INSEDAMENTO NELLA PIANA DELL’AUSER INTORNO AL 1200 A.C. 57 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 22. Castelfranco di Sotto: resti umani emersi nella Bonifica di Orentano. excursus cronologico, in questo periodo si afferma l’olla con labbro rientrante, provvista di decorazione plastica (fig. 21, 3), destinata a lunga fortuna65 e già esemplarmente at- testata a Ca’ de’ Cessi di Sabbioneta nella fase estrema di vita di questa terramara nella Bassa mantovana66, oltre che nella collina e nella montagna modenese67. La lunga via dal Po al Tirreno, per i passi appenninici e il Serchio, fino a Fossa Nera e da qui, ancora seguendo i rami dell’Auser e l’Arno, al mare, ha trovato – grazie ancora all’at- tività di Augusto Andreotti – una straordinaria, drammatica documentazione, che le da- tazioni radiometriche con il metodo AMS hanno permesso di riferire proprio agli anni di vita di Fossa Nera. La datazione calibrata al 1170 a.C. dei resti di una donna di circa 45-55 anni recuperati nella terra estratta da un sedimento sabbioso, al Ponte di Dreino, nella Bonifica di Orentano, in corrispondenza di un paleoalveo dell’Auser (fig. 22) dà informazioni antropologiche di rilievo sulla popolazione degli anni di passaggio fra Bronzo Recente e Bronzo Finale nella Toscana nord-occidentale68, ma propone anche inquietanti domande su una morte probabilmente accidentale (per annegamento?) che diviene anche una metafora della ‘crisi del 1200 a.C.’.

65 Si veda ad esempio LA PILUSA – ZANINI 2009, p. 104 ss. 66 RAPI 1997, p. 354 s., fig. 195, 16-17. 67 Gorzano: Atlante 2009 A, pp. 242 ss., in particolare fig. 139, 3 e 140, 2 (G. PELLACANI). 68 CENCETTI – CHILLERI – PACCIANI 1997.

58 AUGUSTO ANDREOTTI – GIULIO CIAMPOLTRINI PARTE III

GIULIO CIAMPOLTRINI – ROGGERO MANFREDINI

MONTE FORMINO DI PALAIA GLI INIZI DEL BRONZO FINALE NEL VALDARNO INFERIORE

Nonostante le intense ricerche condotte sin dagli anni Settanta del secolo scorso, le col- line tra Era e Elsa offrono ancora nuovi campi all’indagine archeologica, quando la pas- sione del volontariato per le tracce anche meno vistose della storia porta a sfruttare occa- sioni apparentemente marginali per ritrovare le testimonianze del passato della propria terra. Se appena una decina di anni fa si poteva considerare definito il quadro della frequenta- zione del Medio Valdarno Inferiore fra III e II millennio a.C., presentando nella mostra dedicata a Pontedera a Preistoria e protostoria tra Valdarno e Valdera i documenti raccolti nella felice stagione di ricognizioni degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso1, dopo che nel 2007 alla Granchiaia di Marti, sulla riva sinistra del Chiecina, le modeste tracce di un insediamento etrusco del VI secolo a.C. avevano invitato ad una campagna di scavo – condotta con l’intervento del Museo Civico ‘Guicciardini’ di Montopoli in Val d’Arno – rivelatasi fondamentale per la revisione della dinamica dell’insediamento etrusco d’età arcaica nel Valdarno Inferiore2, i pochi e consunti frammenti ceramici protostorici in- contrati in una ricognizione del Gruppo Archeologico ‘Isidoro Falchi’ a Monte Formino di Palaia (fig. 1) posero una sfida che venne subito accettata. Come al solito, il trasci- nante entusiasmo di Daniela Pagni e di tutti i soci del Gruppo fu decisivo per avviare l’impresa, in cui vennero coinvolti, rinnovando esperienze spesso ormai remote, gli ‘anti- chi’ volontari dell’archeologia del Valdarno e della Valdinievole, con Augusto Andreotti e Enrico Pieri, coordinati da Roggero Manfredini3. Monte Formino, con i suoi 177 m s.l.m., segna la seconda quota – dopo quella del Mal- tufo, a 203 m s.l.m. – del crinale fra Chiecina e Ricavo, e i loro affluenti, che porta da Marti a Palaia, poco a sud del confine tracciato nel 1927 con il passaggio di Marti al Comune di Montopoli in Val d’Arno, che ne confermò quindi la pertinenza amministra- tiva a Palaia (fig. 2). Le continue ricognizioni condotte sui terrazzi che ne modulano il versante meridionale – mentre gli altri sono scoscesi e coperti da fitta vegetazione – non hanno rivelato tracce di frequentazione antica, mentre al piede del rilievo, dove questo si distende in un ampio terrazzo inciso a occidente dalla via che porta da Marti a Palaia, venne recuperato, in

1 CIAMPOLTRINI 2003; una sintesi dei risultati delle ricerche di quegli anni era stata anticipata in CIAMPOL- TRINI 1995. 2 Etruschi e le vie d’acqua 2011. 3 Occorre ovviamente aggiungere che solo la squisita ed incondizionata disponibilità del proprietario del terreno, il sig. Adriano Bartoli, rese possibile che la ricerca si svolgesse secondo il calendario assai diluito che l’episodica disponibilità del volontariato finisce di regola per dettare. DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 1. Monte Formino e gli insediamenti del Bronzo Recente e Finale del Valdarno Inferiore, riferiti alla veduta satellitare (dal sito eol.jsc.nasa.gov, per gentile disponibilità).

Fig. 2. Il saggio 2010-2011 a Monte Formino, riferito all’immagine satellitare.

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Fig. 3. Monte Formino: gli strati 6 e 4.

Figg. 4-5. Monte Formino: mandibola di cervide in situ, nello strato 6 (4) e dopo la pulizia.

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Fig. 6. Monte Formino: lo strato 8 in corso di scavo. particolare nell’oliveto, soggetto alle lavorazioni agricole, qualche frammento ceramico. In questo punto si decise di avviare un picco- lo saggio, progressivamente amplia- to ma rimasto di dimensioni circo- scritte, funzionale soprattutto a valutare le potenzialità stratigrafi- 13 che del sito e a progettare eventuali ricerche metodiche. Il saggio, condotto fra 2010 e 20114, mise in luce, al di sotto di 14 uno strato superficiale, di terreno humifero, soffice, fortemente alte- rato dagli apparati radicali della Fig. 7. Monte Formino: lo strato 14, in corso di scavo (partico- vegetazione (1), la sabbia pliocenica lare).

4 Una presentazione divulgativa in CIAMPOLTRINI – MANFREDINI 2012, edito in occasione di un evento per le Notti dell’Archeologia 2012, nel Museo Civico ‘Guicciardini’ di Montopoli.

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Fig. 8. Monte Formino: lo strato 14, in corso di scavo. giallastra, compatta (2), incisa talora dal ruscellamento che aveva tracciato solchi di ero- sione riempiti di lenti di ghiaino (3), e livelli con frequentazione protostorica (fig. 3). In particolare, nel settore settentrionale affiorava, a circa 30 cm dal piano di campagna, coperto direttamente dallo strato 1, un piano di calpestio pressoché orizzontale, a matri- ce argillosa, compatto, caratterizzato nella faccia superiore dalla presenza di frustoli ce- ramici e carboni di minuta pezzatura (6); lo chiudeva a sud una sequenza di pietrame di pezzatura medio-piccola (10-15 cm), segnata ai margini, nel tratto esplorato, da pietre di dimensione maggiore, intorno ai 20-25 cm (fig. 3). La natura della stratificazione è dichiarata anche dalla giacitura orizzontale dei fram- menti ceramici e, soprattutto, di una mandibola di cervide (figg. 4-5), oltre che dalla presenza di blocchetti di argilla cruda. A sud del piano 6 lo scavo incontra uno strato fortemente antropizzato (4), nerastro, a matrice sabbio-argillosa, delimitato da due sedimentazioni assai simili, se non per la più limitata consistenza di materiali ceramici (fig. 3): a nord-est lo strato 9, argilloso; a sud- ovest il sedimento 7, poco antropizzato, con rari frammenti ceramici, ossa, carboncini. Lo strato 4 ingloba e seppellisce una sequenza di livellamenti caratterizzati dalla massic- cia presenza di pietrame: la sorta di vespaio 8, che comprende anche pezzi di arenaria rubefatta dal fuoco, ed è disposto tendenzialmente in piano (fig. 6); il sedimento 13, con

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Fig. 9. Monte Formino: veduta al termine dello scavo. frammenti ceramici anche di grandi dimensioni, apparentemente frantumati in situ fra le pietre che costituiscono lo strato 14, disponendosi in una sequenza pressoché rettilinea e coerente, con uno spessore di 50-80 cm (figg. 7-8). La presenza di blocchi informi di argilla grigio-chiara, depurata, fra il pietrame conferi- sce un aspetto apparentemente ‘organico’ a questo accumulo, disposto in orizzontale su uno sottile livello (15) di terra argillosa, che si esaurisce, a circa 70-80 cm dal piano di campagna, su un nuovo deposito di pietre e blocchi d’argilla (16) legati da terreno argil- loso (17), formato sul suolo di base, di matrice argillosa (18), dal quale sembrano deriva- ti i blocchetti che ricorrono in 14-15-16. Su questo si esauriscono lo scavo e la sequenza di stratificazioni antropiche (figg. 9-10). La stratigrafia incontrata dopo l’asportazione degli strati 7 e 9 comprende rispettivamen- te un livello a matrice sabbiosa, con materiale ceramico blandamente fluitato (11-12), e la sabbia sterile (10; fig. 10). Tentare l’interpretazione di una sequenza così enigmatica e per di più affidata ad un sag- gio di dimensioni esigue è certamente avventuroso, ma l’ipotesi più plausibile è che lo scavo abbia incontrato una fossa aperta nel suolo di base, incidendo le sedimentazioni plioceniche, argillose e sabbiose. dei rilievi tra Chiecina e Ricavo.

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Fig. 10. Monte Formino: planimetria finale (quadrati con lato di 1 m, orientati).

Il suo profilo iniziale, con orientamento grossolanamente nord-ovest/sud-est, è dichiara- to dall’allineamento di pietre e terreno argilloso 16-17 (figg. 9-10), forse disposti inten- zionalmente sul fondo, con ruolo drenante. Le stratificazioni che vi si accumulano po- trebbero essere state generate o da discariche intenzionali di ceramiche e pietrame per rinnovarne il ruolo (13-14), o dal dilavamento di sedimentazioni antropiche formate nelle contigue aree di vita in cui – come indiziano i frammenti litici sul piano di calpestio 6 – il pietrame poteva svolgere un ruolo specifico (zoccolo di strutture?). È questo, in parti- colare, il caso dello strato 4, che la colma e suggella. Ancor più faticose, ovviamente, sono le congetture sulla possibile destinazione della fos- sa: opera agricola o struttura di delimitazione di un’area insediativa disposta più a mon- te, sul fianco meridionale del Monte Formino? Come si suol dire in questi casi, solo future indagini potranno offrire indicazioni più risolutive, pur se non è da sottovalutare la possibilità che la rimodulazione a terrazzi della collina abbia severamente compromes- so la conservazione delle stratificazioni archeologiche. Sottili indizi sulla genesi delle stratificazioni vengono anche dai materiali restituiti, di regola ridotti a minute dimensioni, seppure non fluitati, con la sola eccezione della di- scarica finita in 13-14.

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Fig. 11. Monte Formino: frammenti ceramici (1-5); bronzo (6); perlina ceramica (7).

Nella massa dei reperti, riferibili a contenitori di grande formato e dal lungo excursus cronologico, tra Bronzo Medio e Bronzo Finale, spicca – come indice di una frequenta- zione del sito già nel Bronzo Medio – il frammento di manico a nastro con foro media- no dallo strato 4, riferibile ad un tipo già segnalato al Palazzaccio di Capannori (fig. 11, 1) 5, la cui consunzione, sotto le concrezioni sabbiose, ne indizia il carattere residuo. Per quasi tutti i tipi morfologicamente definibili è in tuttavia comodamente disponibile un riferimento tra le fasi estreme del Bronzo Recente e quelle iniziali del Bronzo Finale.

5 Supra, Parte I, p. 34, nota 70.

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Fig. 12. Tipologia di anse a bastoncello con espansione superiore lobata dal Valdarno Inferiore.

Particolarmente suggestive sono, sotto questa prospettiva, le due anse fantasiosamente definite ‘a testa di cobra’6, ancora dallo strato 4, caratterizzate da un fusto a bastoncello, che si apre in alto in un lobo assottigliato provvisto di decorazione plastica. È più com- plesso l’esemplare con fusto segmentato da scanalature incise e lobo superiore con mar- gine rilevato e scansioni plastiche (fig. 11, 2), mentre la redazione con fusto a semplice bastoncello e lobo con margini ripiegati e nervatura mediana sulla depressione centrale così formata (fig. 11, 3) può essere considerato una variante del tipo. La sequenza offerta dagli insediamenti del XIII e XII secolo a.C. del Valdarno Inferiore (fig. 1) fa trasparire genesi ed evoluzione della complessa morfologia, riconducibile la- tamente alle redazioni lobate diffuse nell’Italia peninsulare del Bronzo Recente e Finale (fig. 12)7.

6 CIAMPOLTRINI – MANFREDINI 2012. 7 LA PILUSA – ZANINI 2009, pp. 104 ss.; DAMIANI 2010, pp. 245 ss.

MONTE FORMINO DI PALAIA. GLI INIZI DEL BRONZO FINALE NEL VALDARNO INFERIORE 67 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

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Fig. 13. Monte Formino: frammenti ceramici.

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Fig. 14. Monte Formino: frammenti ceramici.

MONTE FORMINO DI PALAIA. GLI INIZI DEL BRONZO FINALE NEL VALDARNO INFERIORE 69 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 15. Monte Formino: frammento di macina.

L’ansa a bastoncello da Fossa Nera di Porcari con espansione sommitale e depressione mediana (fig. 12, 1)8 sembra generare lo schema arricchito da una nervatura nella reda- zione più semplice di Monte Formino (fig. 12, 2), il cui esito, con decorazione non più plastica ma incisa, dovrebbe essere riconosciuto negli esemplari da Stagno (fig. 12, 4-5), un insediamento riferito ad una fase avanzata del Bronzo Finale, ormai nel pieno XI se- colo, come dovrebbero confermare anche le datazioni dendrocronologiche9. La versione con complessa decorazione plastica e incisa di Monte Formino (fig. 12, 3) trova invece un gemello – se non nella decorazione sul bastoncello, qui affidata a se- quenze di punti – nell’insediamento del Bronzo Finale di Pisa, Via di Gello (fig. 12, 6) 10, e un possibile esito a Bosco Malenchini di Collesalvetti11. Se si volesse articolare la scansione in fasi del Bronzo Finale nel Valdarno Inferiore sulla scorta di questa peculiare evoluzione sub-regionale del tipo di ansa, si dovrebbe dunque collocare Monte Formino fra i due momenti attestati da Fossa Nera (Bronzo Recente 3- Bronzo Finale iniziale) e Stagno (Bronzo Finale avanzato, seppur non estremo): in cro- nologia assoluta – con le riserve opportune – fra l’avanzato XII e la prima metà dell’XI secolo a.C. Il complesso dei tipi attestati a Monte Formino è coerente con questo orizzonte crono- logico, registrando forme ben documentate già a Fossa Nera assieme ad altre la cui af- fermazione è più tarda. Il frammento di tazza carenata, d’impasto nero, fine, con decorazione a brevi linee obli- que incise sulla carena (fig. 11, 4) e quello ancora di tazza carenata con costolature (fig. 11, 5), dallo strato 4, trovano puntuali paralleli a Fossa Nera12, così come i frustoli di

8 Supra, Parte II, nota 16. 9 Per l’edizione ZANINI 1997 C, p. 112, fig. 66, nn. 32 e 24; per Stagno nel contesto del Bronzo Finale 3 del Valdarno Inferiore, CIAMPOLTRINI 2010, p. 78, con riferimenti bibliografici a PACCIARELLI 2000, p. 40; PACCIARELLI 2005, p. 83; alle riserve di ZANINI 2005, p.129, ribadite in LAPILUSA – ZANINI 2009, pp. 108 ss. 10 BRUNI 1997 B, p. 98, n. 1. 11 ZANINI 1997 B, p. 82, n. 12. 12 Supra, Parte II, pp. 40 s.

70 GIULIO CIAMPOLTRINI – ROGGERO MANFREDINI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO ansa a nastro con decorazione plastica, d’impasto nero (fig. 13, 1) e quelli di anse a bastoncello (fig. 13, 2). Nello stato di frammentazione estrema è appena possibile in- tuire – non senza ampie riserve – lacerti forse riferibili ad anse cilindro-rette (fig. 13, 3) 13 e un possibile terminale di ansa ‘cornuta ad espansioni verticali e laterali a protome animale’ (fig. 13, 4)14, coerenti con le tipologie delle fasi conclusive del Bronzo Recente, così come le anse a maniglia (fig. 13, 5-6), già descritte a Fossa Nera15. Per il minuto frammento di manico con margini leggermente ripiegati e ampio foro pas- sante centrale (fig. 13, 7) potrebbero essere richiamate tipologie del Bronzo Medio, se lo stato di frammentazione non impedisse di segnalare l’analogia con un anse frammen- tarie da Pisa, Via Buonarroti e da Stagno16. Tuttavia a Monte Formino hanno un ruolo egemone due forme marginali a Fossa Nera. La forma chiusa più comune, presente in tutte le stratificazioni con frammenti talora anche di dimensioni relativamente cospicue, è, infatti, la tazza carenata, nelle varianti con labbro breve e rientrante, o alto, con diametro alla bocca pressoché equivalente a quello alla carena; è provvista di un’ansa a nastro, appena insellata, impostata sul labbro e sulla carena (fig. 13, 8-12). È un tipo già di grande successo nel Bronzo Medio17, con una marcata carenatura che avvicina le testimonianze di Monte Formino a quelle di Bo- sco Malenchini18 e alle morfologie ceramiche degli orizzonti di passaggio fra Bronzo Recente e Bronzo Finale di Scarceta19, tracciando una comune evoluzione del repertorio tipologico nei distretti tirrenico-settentrionali. Accomuna questo ambito culturale anche il successo della forma chiusa dominante, se non unica, a Monte Formino, che alimenta, in particolare, la discarica degli strati 13-14: il dolio cilindro-ovoide, con labbro piatto o variamente profilato, dotato di cordone plasti- co sotto l’orlo, talora provvisto di decorazione incisa, a tacche. Il cordone plastico può essere liscio o decorato da impressioni, e completato da una bugna di presa subtriangola- re (fig. 14, 1-5). Ancora Scarceta20, Bosco Malenchini21 e Pisa, Via Buonarroti22 certifi- cano l’apogeo della forma in questo momento culturale. I frammenti di vasi con decorazione plastica applicata o impressa con digitazioni (fig. 14, 6) o con listello interno (fig. 14, 7)23 ribadiscono, infine, la continuità tra Monte Formino e Fossa Nera di Porcari. Poco aggiungono per la collocazione cronologica della vita dell’abitato sulle colline fra Chiecina e Ricavo l’ago di fibula in bronzo, di tipologia non definibile (fig. 11, 6) e i

13 FRONTINI 2011, pp. 50 ss., AV2, con ampia disamina della tipologia e dell’areale di diffusione del tipo. 14 FRONTINI 2011, pp. 28 ss., in particolare fig. 2.5, 5-7. 15 Supra, Parte II, p. 48. 16 Rispettivamente RADI – ZANINI 1997, p. 76, fig. 38, 11; ZANINI 1997 C, p. 114, fig. 67, 69. 17 Supra, Parte I, p. 29, nota 54. 18 ZANINI 1997 C, pp. 82 ss., fig. 44, 4-6; 45, 19. 19 ZANINI 1999, pp. 138 ss., in particolare fig. 108 A, 2 e 5. 20 ZANINI 1999, pp. 138 ss., fig. 108 A, 6. 21 ZANINI 1997 B, pp. 82 ss., 45, 14-16. 22 RADI – ZANINI 1997, p. 78, fig. 38, 7-10. 23 FRONTINI 2011, pp. 72 s., V6.

MONTE FORMINO DI PALAIA. GLI INIZI DEL BRONZO FINALE NEL VALDARNO INFERIORE 71 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 16. Monte Formino: un momento dello scavo. documenti di aspetti della vita quotidiana come la lacunosa fuseruola (o piccolo peso) fittile (fig. 13, 13)24 o le macine in pietra arenaria (fig. 15). L’ornamento personale trova una singolare testimonianza in una perlina fittile, con mar- gini smussati nei quali è ancora apprezzabile la traccia di alloggiamenti per inserti in altro materiale (fig. 11, 7). Si deve alla cortesia di Paolo Bellintani il suggerimento della possibile contiguità del tipo alle perline in vetro o pasta vetrosa con decorazione ‘a oc- chi’, e il riferimento in particolare ad un esemplare da Appiano Gentile, in un contesto tombale della facies di Canegrate25; le impronte riconoscibili sulle facce non curvilinee potrebbero testimoniare appunto l’originaria presenza di ‘occhi’, verosimilmente in pasta vitrea, caduti e perduti. Le perline in pasta vitrea di Stagno, Pisa, Via di Gello26, Scarce- ta27, dimostrano l’ampio successo, anche in questo lembo di Toscana, di oggetti di or- namento che proprio fra la fine del Bronzo Recente e il Bronzo Finale trovano ampissima diffusione28.

24 Per Stagno ZANINI 1997 C, p. 115, fig. 67, 82. 25 GHISLANZONI 1933. 26 Rispettivamente ZANINI 1997 C, p. 112, fig. 63, 17-26; BRUNI 1997 B, p. 98, fig. 55, 12. 27 RUGGIERO – ZANINI 1999, pp. 124 ss. 28 In generale BELLINTANI et alii 2006.

72 GIULIO CIAMPOLTRINI – ROGGERO MANFREDINI LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

L’insieme dei materiali, dunque, corrobora le considerazioni propo- ste dalle anse che potremmo defini- re ‘tipo Monte Formino’: l’abitato sul crinale fra Marti e Palaia è in continuità cronologica con Fossa Nera, cui tuttavia sopravvive per qualche tempo, senza però raggiun- gere gli anni che vedono la fonda- zione dell’insediamento palafittico- lo di Stagno, ed è sostanzialmente contemporaneo all’insediamento di Bosco Malenchini di Collesalvetti. La ‘crisi del 1200 a.C.’, completata intorno alla metà del XII secolo, risparmia dunque – come nei di- stretti appenninici – insediamenti ‘minori’ come Monte Formino e Bosco Malenchini, la cui flessibili- tà, negli ambienti collinari meno soggetti a possibili traumi ecologi- ci, permette un tempestivo ade- Fig. 17. Monte Formino: un momento dello scavo. guamento a mutati scenari ambien- tali e forse anche sociali. Infine, la posizione ‘protetta’ di Monte Formino – pur senza avventurare la possibilità di un carattere difensivo del fossato incontrato con il saggio 2010-2011 – e la sua colloca- zione su un itinerario di crinale oggi dimenticato, ma ancora nel Medioevo essenziale per il Valdarno Inferiore, come attesta la fioritura dei castelli che lo controllano, Marti e Palaia, parrebbero dimostrare che maggiori erano le possibilità di sopravvivenza alla crisi per gli insediamenti funzionali a garantire, pur in un tessuto demografico assai diradato, gli itinerari ancora attivi dal Po al Tirreno. Come fu già osservato presentando i dati dello scavo dell’insediamento esplorato Ai Cavi di Orentano nel 2006, vissuto non molto lontano nel tempo da Monte Formino, ma connesso piuttosto – stando alle tipologie ceramiche – all’ambito culturale appenninico della fase centrale del Bronzo Finale documentato, nel versante toscano, dagli abitati d’altura della Garfagnana29, nulla più della semplificazione del repertorio vascolare po- trebbe dimostrare il progressivo restringimento degli orizzonti culturali della Toscana nord-occidentale dei decenni intorno al 1100 a.C. circa. Il confronto fra le articolate e complesse tipologie disponibili a Fossa Nera e quelle, ridotte all’essenziale, dell’abitato di Orentano o di Monte Formino è drammatico.

29 CIAMPOLTRINI 2010, p. 79, con ulteriori riferimenti.

MONTE FORMINO DI PALAIA. GLI INIZI DEL BRONZO FINALE NEL VALDARNO INFERIORE 73 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

Fig. 18. I terrazzi di Monte Formino visti da nord-est; sullo sfondo, il rilievo del Maltufo.

È tuttavia in questa rete di insediamenti che dovrebbero essere sopravvissute le tradizio- ni culturali dell’area ‘palafitticolo-terramaricola’, coniugandosi con quelle dell’Italia pe- ninsulare, per conservare tecniche come quelle della lavorazione del legno che saranno mirabilmente applicate a Stagno o a Fossa Cinque, nella seconda metà dell’XI secolo a.C.30, e per rigenerare il sistema di forme e di tipi decorativi ceramici che trova straor- dinaria espressione a Stagno, per proseguire poi a Fossa Cinque in uno stringente paral- lelo fra complessità delle strutture insediative e delle morfologie di ceramiche e metalli, degli oggetti di ornamento personale, con gli intensi scambi culturali e i traffici che que- sti indiziano. Grazie alla passione di tanti amici (figg. 16-18) una nuova tessera si aggiunge dunque al mosaico – ancora in gran parte da ricomporre, spesso affidato a congetture dissolte o risolte da nuovi ritrovamenti – della formazione dell’ambito culturale ‘tirrenico’ incuba- tore della cultura etrusca, nei ‘secoli oscuri’ seguiti alla ‘crisi del 1200 a.C.’.

30 CIAMPOLTRINI 2010, pp. 78 ss.

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76 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE 77 DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA

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78 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE 79