Fossa Nera Di Porcari a Monte Formino Di Palaia

Fossa Nera Di Porcari a Monte Formino Di Palaia

Per gli amici di Garfagnana e di Monte Formino e per la gente di Porcari che ama il suo passato I SEGNI DELL’AUSER ARCHEOLOGIA A LUCCA E NELLA VALLE DEL SERCHIO COMUNE DI PORCARI Finito di stampare nella Tipografia La Grafica Pisana in Bientina nel mese di giugno 2013 I Segni dell’Auser ISBN 978-88-905874-6-7 http://www.segnidellauser.it [email protected] DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO a cura di GIULIO CIAMPOLTRINI con contributi di AUGUSTO ANDREOTTI GIULIO CIAMPOLTRINI SILVIO FIORAVANTI ROGGERO MANFREDINI PAOLO NOTINI INDICE Indice p. 5 Premessa (Giulio Ciampoltrini) 7 Parte I Giulio Ciampoltrini – Paolo Notini – Silvio Fioravanti La Valle del Serchio nell’Età del Bronzo Medio. Un asse di collegamento fra il Tirreno e la Pianura Padana 11 Parte II Augusto Andreotti – Giulio Ciampoltrini Fossa Nera di Porcari. Un insediamento nella piana dell’Auser intorno al 1200 a.C. 35 Parte III Giulio Ciampoltrini – Roggero Manfredini Monte Formino di Palaia. Gli inizi del Bronzo Finale nel Valdarno Inferiore 59 Abbreviazioni bibliografiche 75 PREMESSA Tecnologie innovative e finezze informatiche, assieme alla crescente ‘professionalizza- zione’ (e forse anche ‘sindacalizzazione’) del ruolo dell’archeologo, parrebbero rendere ormai obsoleta, vintage, la figura dell’appassionato, il ‘volontario’ che con le sue varie ma- nifestazioni accompagnò la rinascita di un’‘archeologia militante’, attiva e centrata ‘sul campo’, negli anni Settanta del secolo scorso. Forse inconsapevolmente, forse per un clima culturale comunque condiviso, il trinomio che seguiva il titolo della rivista allora punto di riferimento per questo tipo di ricerca (Archeologia Medievale) era infatti – al di là dell’humus ideologico in cui si radicava e ali- mentava – anche il motivo conduttore dell’impegno del volontariato: Cultura Materiale Insediamenti Territorio. La ricostruzione della storia dei paesaggi e dell’insediamento, attraverso i ‘segni’ lasciati nella terra (la Cultura Materiale), quasi sempre nella ‘propria’ terra, era lo scopo che, di- stribuendosi in varie associazioni o gruppi, ragazzi di vent’anni o poco più perseguivano, talora caoticamente, talora coordinati – raramente ‘diretti’, termine improprio per il mondo del volontariato – da figure-guida all’interno del gruppo, o, nei casi più felici, da professionisti o semi-professionisti, come giovani laureati e laureandi o i funzionari della Soprintendenza Archeologica. Oggi la ricerca sul campo – in quegli anni marginale e considerata talora con perplessità dalle strutture universitarie – è cruciale anche nell’attività accademica, e l’intreccio tec- nologico che parte dal remote sensing per giungere al survey, combinarsi con l’indagine di scavo e presentarsi nella veste informatica di un GIS, disponibile a tutti grazie alla stra- tegia dell’open access, dà veramente toni crepuscolari, seppiati, alle immagini dei volontari degli anni Settanta. Ancora oggi, quando si celebrano i quarantennali se non i cinquantennali delle fondazio- ni di quasi tutte le associazioni ancora attive, i volontari sono quasi sempre gli stessi ragazzi di allora, appesantiti ma non troppo dagli anni, e dunque può ancora capitare che donne o uomini appassionati, curiosi di conoscere le proprie radici, di interpretare i se- gni della storia nascosti nella terra o da leggere nei muri, riescano a offrire contributi di rilievo. È questo il caso di Monte Formino, una collina sul crinale fra Marti e Montopoli in Val d’Arno, che ha conosciuto fra 2010 e 2011, dopo il ritrovamento casuale di qual- che frammento ceramico, il concorde impegno di quasi tutti i volontari ancora attivi nel Medio Valdarno Inferiore e nella Valdinievole – la generazione formata negli anni Set- tanta, integrata da qualche ‘giovane’ – per capire le storie che quei ‘cocci’ potevano rac- contare. Ne è nato un nuovo, piccolo capitolo di storia del Valdarno Inferiore, un filo di luce che illumina, seppure per pochi attimi e per un lembo appena di questo territorio, i ‘secoli bui’ che seguono, anche in queste parti di Toscana, la ‘crisi del 1200 a.C.’, e preparano la rinascita ‘protourbana’ degli anni intorno al 1000 a.C. che ha trovato un’espressione particolarmente significativa a Fossa Cinque di Bientina. DA FOSSA NERA DI PORCARI A MONTE FORMINO DI PALAIA Siti con frequentazione dell’Età del Bronzo tra piana dell’Auser e Valdarno Inferiore, riferiti all’immagine satelli- tare (dal sito eol.jsc.nasa.gov, per gentile disponibilità). 8 PREMESSA LA ‘CRISI DEL 1200 A.C.’ TRA VALLE DEL SERCHIO E VALDARNO Proprio all’opera di un appassionato, Augusto Andreotti, si doveva la scoperta dei siti cruciali per mettere a fuoco le vicende del Valdarno Inferiore fra questi due estremi cro- nologici: Fossa Nera di Porcari, un nodo dei rapporti fra Italia peninsulare e culture ter- ramaricole della Pianura Padana, nei decenni cruciali della crisi; l’abitato distribuito al piede delle Cerbaie, in località Ai Cavi di Orentano (Castelfranco di Sotto); l’insedia- mento di Fossa Cinque di Bientina. Grazie all’edizione offerta con il concorso scientifi- co di Alessandro Zanini per Fossa Nera, e ai dati degli scavi del 2006-2007 ai Cavi e a Fossa Cinque, andati ad aggiungersi ai materiali dei recuperi di Augusto Andreotti, il Valdarno Inferiore poteva essere un’area-campione significativa per questo momento sto- rico. Nello stesso tempo Paolo Notini e Silvio Fioravanti – due ‘professionisti’ che operano con lo spirito dei volontari – integrando con la loro generosa disponibilità le esigenze di scavo del cantiere aperto alla Murella di Castelnuovo di Garfagnana dall’Amministrazio- ne Provinciale di Lucca e dal Comune di Castelnuovo di Garfagnana, per la realizzazione della circonvallazione di Castelnuovo, oltre ad esplorare ampi lembi di un insediamento etrusco del VI e V secolo a.C., incontravano stratificazioni dell’Età del Bronzo Medio che integravano il quadro delle conoscenze su questo periodo nell’Alta Valle del Serchio – frutto quasi sempre delle indagini dello stesso Paolo, negli anni Ottanta e Novanta del Novecento. Da questo intreccio è nato il progetto di questo lavoro: sintesi dei dati disponibili sulla Valle del Serchio e il Valdarno Inferiore dal Bronzo Medio fino alle soglie del Bronzo Finale, la seconda metà del II millennio a.C.; testimonianza di un un impegno appassio- nato di cui il curatore, al di là del suo ruolo istituzionale, si sente parte. Nello stesso anno 2013, infine, si celebra il Centenario della istituzione del Comune di Porcari. Porcari è stata, grazie ancora a volontari, più di quaranta anni fa, la culla della ricerca ‘sul campo’ nella bonifica del lago di Bientina (o Sesto) che tanto ha dato perché, a partire dal 1981, indagini metodiche facessero di questo tratto di Toscana un caso esemplare per la ricomposizione del paesaggio e degli insediamenti d’età etrusca e roma- na. Ma Porcari è anche il Comune che comprende l’area in cui, a Fossa Nera, Augusto Andreotti trovò e salvò le testimonianze di un insediamento forse perduto per sempre, ma ancora capace di raccontare, con la massa dei materiali raccolti in terra di risulta, la storia di una comunità che prefigura, fra XIII e XII secolo a.C., quella della vivace terra di Porcari dei nostri giorni, attenta alla sua storia anche remota e prezioso interlocutore di chiunque voglia trasformare i segni del passato in contributi per il presente. Anche a loro il curatore dedica queste pagine. Giulio Ciampoltrini PREMESSA 9 PARTE I GIULIO CIAMPOLTRINI – PAOLO NOTINI – SILVIO FIORAVANTI LA VALLE DEL SERCHIO NELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIO UN ASSE DI COLLEGAMENTO FRA IL TIRRENO E LA PIANURA PADANA «Il Sig. Giuseppe Accorsini di Puglianella (Camporgiano) facendo abbattere un antico muro, in casa sua, trovò un vaso di terracotta di color giallastro, in cui erano una perga- mena rosa dal tempo ed una moneta che nel diritto ha le parole Nero. Claud. Imp. e nel rovescio due cavalieri e dalle parti un S.C. più le parole De Cursio. Il Sig. Accorsini rin- venne pure, in un suo podere, uno strato di carboni, ceneri ed ossa umane, più sei coltel- li, scure di bronzo di una lunghezza di circa 15 cent. una delle quali è un simile al paal- stab così chiamato dagli archeologi. Tali oggetti si trovano ora in casa della Sig. Marianna Guastalli vedova Accorsini di Puglianella». L’asciutto resoconto affidato dal Migliorini alla rivista fiorentina Arte e Storia del 19031, subito dopo un cenno non meno rapido al ritrovamento del sepolcreto ligure di Pian di Paolo a Villa Collemandina2, offre una testimonianza rimasta a lungo in ombra sul ritro- vamento del ripostiglio di Puglianella, nel territorio di Camporgiano che prospetta l’Edron (fig. 1) e l’asse itinerario che collega la Garfagnana con la Versilia, passando per la conca di Vagli e il Passo del Tambura; frequentato in età etrusca, ligure, medievale, sarà infine strutturato nel Settecento con la Via Vandelli e la sua effimera vita3. In effetti, il ritrovamento della moneta di Nerone con decursio4 non può che rimanere confinato nel limbo del favoloso, anche per l’associazione «ad una pergamena rosa dal tempo», tanto che si dovrà rimanere incerti se il bronzo imperiale sia stato recuperato per un documento d’età medievale o moderna, o se in questo si debba piuttosto sospet- tare l’interpretazione di una testimonianza confusa dall’emozione del ritrovamento. Per contro i «coltelli, scure di bronzo», anche per l’asserita analogia di uno al paalstab, sono certamente da leggere come ‘asce’, nella terminologia corrente in quegli anni: si veda ad esempio la restituzione grafica del Crespellani per l’edizione del ripostiglio di Savignano sul Panaro, composto appunto da ‘coltelli-ascia’ (fig. 2)5. Le asce del ritrovamento Accorsini possono dunque essere identificate senza particolari difficoltà con quelle del complesso edito nel 1976 sulla scorta delle tradizioni orali di Puglianella: «Secondo le notizie raccolte presso il parroco di Puglianella, don Lombardi, sul finire del secolo scorso, in seguito a lavori di sistemazione agricola fu scoperto, su una piccola dorsale a ridosso del lato orientale della chiesa, un ripostiglio di bronzi.

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