Ii. Viabilità E Ospedali Nella Valle Del Serchio

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Ii. Viabilità E Ospedali Nella Valle Del Serchio II. VIABILITÀ E OSPEDALI NELLA VALLE DEL SERCHIO 1. La viabilità appenninica 1.1 INTRODUZIONE L’Appennino e le Alpi Apuane, visti dalla Val di Magra, evidenziano, in una linea costantemente alta, una serie di grandi depressioni che furono poi i reali punti di valico utilizzati per lunghissimi periodi. La Cisa, il Cirone, Linari, l’Ospedalaccio, sono passi evidenti che chiunque può individuare ponendosi di fronte alla massiccia figura dell’Appennino. Così dovette accadere per gli animali e per chi li attendeva nei punti di passo dalle origini dell’insediamento umano in questa terra. Così accadde per chiunque dovette attraversarlo, in ogni età (fig. 30). Tuttavia nessuno di questi passi porta – dal nord – a Lucca. Dando pertanto come punti di riferimento non discussi – e si dimostrerà in seguito – il Passo della Cisa (la clavis et ianua della Tuscia) e la città di Lucca, la domanda è: "quale è stato, nel divenire del tempo, l’itinerario che ha unito i due punti?". A Lucca, passando dalla Cisa, si giunge o dal Passo di Tea, cioè quel sistema montano che unisce (nell’unico punto in cui ciò accade) la dorsale appenninica a quella sorta di digressione naturale che sono le Apuane, oppure lungo il fondovalle del Magra e poi per la Versilia. La ricerca – anche questa – sta evidenziando come l’itinerario per la Val di Serchio e la Garfagnana non fosse un itinerario né decentrato né più difficile e questo sia dal punto di vista ambientale (essendo comunque un itinerario sostanzialmente in discesa) sia dal punto di vista dei problemi che le vicende storiche hanno sempre posto ai viaggiatori. Tuttavia, poiché non dovunque, nella montagna, c’è stata nel medioevo viabilità o ospitalità stradale e poiché non tutte le terre appenniniche sono state "aree di strada", si cercherà di evidenziare per quali motivi geografici, politici, economici questa parte di Appennino in rapporto con la marina – ed individuata in particolare nella Garfagnana e Lunigiana, ma anche in porzioni emiliane – è stata un’area di strada e quali caratteri dell’economia hanno determinato un tipo di struttura di ospitalità di montagna come l’ospitale di Tea. Infatti, il senso della storia, dell’economia, della politica del tratto di Appennino che qui si indaga sta tutto nel suo rapporto "naturale" – e nella sua funzione di cerniera fisica – fra sé, la Lombardia e il mar Tirreno. Gran [71] parte della sua storia, dalla più antica fino alla recente, trova ragione nelle necessità, al plurale, di collegamento fra le terre interne, di montagna e di pianura, e il mare. Ben più – per la storia di questa terra e dello stesso ospitale di Tea – del collegamento con Roma o con Santiago de Compostela, fari di attrazione di un flusso di popolo sporadico e limitato a momenti eccezionali. Ma una vocazione stradale del territorio non basta a creare una viabilità, meno che mai una viabilità attrezzata. Perciò l’individuazione della "connessione fra strade e potere", nel medioevo, come “elemento qualificante di uno studio sulle istituzioni in zona alpina” (SERGI 1981) appare fondamentale anche per il sistema appenninico, come già si è detto. Le ragioni di una feudalità diffusa e litigiosa, ma duratura e insediata nei castelli della Lunigiana e della Garfagnana e poi una rete di vivaci comunità senza centro cittadino, sono state spiegate, più volte e in più modi, ma mai si è affrontata la questione legandola alle ragioni della politica economica – soprattutto commerciale – e sociale del territorio. Tuttavia, se è vero che le ragioni che producono viabilità nella montagna nel medioevo sono legate alla politica dei poteri locali, tale politica "locale" delle strade non avrebbe potuto essere se non fosse esistita una mobilità esterna importante e flussi di persone capaci di creare un’economia indotta. Le "volte" lunigianesi e la relativa economia non sarebbero nate se non ci fosse stato un flusso mercanti che necessitava di quelle strutture (fig. 31). La politica stradale del potere perciò si concretizzò nella gestione dell’ospitalità per i mercanti provenienti dall’esterno e nel controllo di attività e spazi (pascoli) [73] economici che richiedevano mobilità e viabilità e, di conseguenza, attraverso interventi e norme che favorissero tali traffici e l’economia che determinavano. In conclusione, perciò, Appennino come area naturale di transito e di traffico, anche di grande traffico, dal mare al monte alla pianura e viceversa. Ma non solo. Anche terra di importanti capacità produttive. Una capacita produttiva certo nell’agricoltura, nella pastorizia, nella silvicoltura ma, come si vedrà, anche nelle industrie, diverse e in diversi tempi. Una capacità poi di creare la rete del commercio, la rivendita delle produzioni locali determinanti al commercio stesso. Insomma una vitalità economica data dall’incontro di flussi commerciali legati ai porti e un’economia locale influenzata dagli stessi flussi di commercio ma capace di adattarsi a nuove situazioni. Arte importante, questa, in una situazione di grande mutevolezza specialmente dei luoghi di sviluppo, temporanei, limitati, provvisori, come vedremo spesso, in queste montagne. Ai porti le navi scaricavano i prodotti esterni che attraversavano la montagna ma caricavano anche i prodotti dell’economia della montagna, sia alimentari che manufatti e materie prime. C’era poi una rete di mercati interni al sistema appenninico che poteva somigliare, anche nelle età medievali, a quanto avvenne, ne1’700-’800, col sistema complementare degli empori di Castelnuovo Garfagnana, Fivizzano, Castelnuovo ne’ Monti. 1.2 ETÀ ROMANA Poco sappiamo della politica stradale in età romana nell’Appennino. Tuttavia, assieme ai dati di una cartografia di età romana, costituiscono indizi importanti per la storia della viabilità più elementi che mostrano una vitalità economica e collegamenti strutturali con altre aree contermini o lontane. Innanzitutto l’unità agricola e l’organizzazione fondiaria che offrono una ragione importante di collegamento anche viario fra l’area dell’alta Lunigiana, della Garfagnana e della Lucchesia. Già il Formentini aveva individuato che il «Municipio di Lucca, per la Valle del Serchio e l’alta Val di Magra, giungeva ai confini di Veleia e di Parma, nelle valli del Ceno e del Taro; e similmente Parma si spingeva ai confini lucchesi per il territorio (poi reggiano) dell’alta Secchia»; una situazione che lo storico legava alle esigenze della transumanza fra l’Appennino e la Maremma fin da età più antiche. L’aspetto dell’espansione, dell’Agro lucense fino all’Agro veleiate è assolutamente fondamentale a cogliere appieno una comunità economica e degli interessi comuni che giustificano l’esistenza e la necessità di collegamenti viari montani, e di conseguenza una struttura di ospitalità montana, sia nell’età romana che in quella medievale quando quella comunità, in forme nuove ma significative, continuò a manifestarsi. Ma il motivo che fece l’agricoltura elemento, non solo di unità, ma anche di mobilità, fu che le vaste praterie alte dell’Appennino, nei due versanti [74], rappresentavano una sorta di area di produzione, agricola e pastorale nonché un mercato per il fondovalle, e ciò già prima dei romani. Ci aiutano la nota citazione di Marziale sui grandi formaggi che da Luni partivano che può essere bene riferita, come qualcuno vuole, alle forme del "parmigiano" prodotto alla montagna e portato alle navi in porto e l’esistenza di un mercato locale (un forum), capace di attirare a sé le produzioni ed i clienti del territorio, come ci viene suggerito dall’unico toponimo interno della Tabula Peutingeriana, il Forum Clodi. Così pure già importante doveva essere il commercio del sale, prodotto insostituibile dell’alimentazione umana e proveniente dal mare verso il nord in un’area di strada obbligata. Non è da sottovalutare anche il trasporto del marmo dall’area lunense e apuana alle città padane che, per i blocchi "someggiabili", avrebbe potuto essere trasportato per vie montane, anziché con lunghissimi spostamenti via mare. Perciò, l’area di Tea – da cui provengono numerosi segni archeologici – come area di passaggio e di contatto appare importante, in più direzioni. La prima – individuata cartograficamente nella Tabula Peutingeriana – conduceva da Luni a Luca attraverso l’interno passando per il Forum Clodi. Di questo itinerario (che doveva passare da Luni, alla Val del Bardine, del Lucido, dell’alta Aulella e per il Passo di Tea giungere alla Garfagnana e Lucca) danno testimonianza diverse fonti. Siti e reperti archeologici sono stati individuati in diverse località, fra cui le più importanti sono Codiponte e Regnano, nonché nelle praterie di Tea (fig. 32); tracce di strada lastricata a grandi pietre (di diametro che giunge fino a 70 cm per una larghezza stradale, in alcuni punti, di circa 4 metri) sono presenti a monte di Regnano verso le praterie di Tea; tracce toponomastiche viarie sono a Pulica (top. Pulica), Lorano (top. Terzo), a Codiponte (topp. Quarto, Strada, Tria), a Regnano (topp. Taverna, Tavernaccia), presso Pugliano (top. Corubbia da Quadruvium), a Tea (topp. Corso, Via Salaria). Nell’area di Regnano questa via doveva congiungersi con l’altra direttrice che da Velleia per Sorano e Venelia (Monti) passando per Codroiòn (Quadruvium, possibile incrocio verso Cuscugnano, fondo prediale dei Cosconii, famiglia lunense presente anche a Regnano, dove si colloca il Rubra dell’Itinerario bizantino dell’anonimo Ravennate) giungeva alla Valle Aulella. 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