Ernesto Bonino Nel 94° Anniversario Della Nascita
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Archivio del sito http://www.trio-lescano.it/ Omaggio a Ernesto Bonino nel 94° anniversario della nascita 16 Gennaio 2016 Contributi inseriti in ordine di arrivo 2 Paolo Piccardo Bonino nacque nel posto sbagliato. Mi sento di fare questa affermazione perché è evidente che un cantante con il suo stile che nasce in Italia nel 1922 non può fare a meno di trovarsi una carriera – potenzialmente a livello di un Sinatra – irrimediabilmente sbarrata da un regime nemico dell’innovazione in genere, e di quella musicale in particolare. Durante il fascismo, comincia a maturare la “canzone all’italiana”, carat-terizzata da un’esecuzione e una struttura formale a metà strada fra la “romanza” e la “ballata” di tradizione folklorica. Tale stile influenzerà a lungo la nostra tradizione canora e i suoi divi: da Oscar Carboni a Claudio Villa, da Giorgio Consolini a Luciano Tajoli, fino ai più recenti Al Bano e Andrea Bocelli. Ciò che prevale, nel suddetto genere musicale, è un sentimentalismo melodrammatico, tipico della canzone italo-napoletana di fine Ottocento e primo Novecento, le cui origini risalgono alle feste di Piedigrotta. La grande fortuna che tale canzone conosce «durante il Ventennio fascista si deve al fatto che, pur in assenza di un genere specifico del regime, esso tende a promuovere quelle opere che esaltano i buoni sentimenti e la laboriosità degli italiani. Si pensi al successo di canzoni strappalacrime come Mamma di Bixio-Cherubini o Balocchi e profumi di E. A. Mario, portata al successo da Luciano Tajoli» (dal saggio di Roberto Leombroni Gli anni del fascismo e della radio , 2011). Non solo: Bonino possiede uno stile naturale lontano da quello dei suoi colleghi provenienti dalla lirica (Gigli, Schipa, Felicioli e altri) o da quello dei normali cantanti nella media (Masseglia, Montanari, ecc.). Ad un primo ascolto, infatti, Ernesto rivela una scioltezza nel fraseggio sincopato a dir poco unica e, secondo la mia opinione, persino più swingante della “corazzata” Natalino Otto. Viene quindi da chiedersi cosa avrebbe potuto fare in un paese musicalmente più libero, dove i cantanti “pop” (per l’epoca) si chiamavano appunto Sinatra, Crosby, Perry Como e così via. Nel 1954 la RCA americana pubblica alcuni 45 giri di Bonino recensiti da «Billboard», ad esempio il 13 novembre 1954: 3 “Il ragazzo ce la può fare, se pubblicizzato a dovere”. Beati americani, ma si noti il complimento implicito: il fatto che la pronuncia di Bonino sia buona. Quello che manca ai nostri cantanti per sfondare in un mercato come quello americano è proprio la scarsa visibilità, lo scarso appoggio delle case disco-grafiche nostrane. Bonino si cimenta anche col repertorio in lingua spagnola, destinato ad un pubblico sudamericano, dove la tradizione italiana trova molto seguito. I risultati sono notevoli, basti ascoltare una qualunque delle sue canzoni di quel genere: Noche de Lluvia ne è un bell’esempio [ https://www.youtube.com/watch?v=7Hci4SImo_A ]. Ernesto Bonino, star internazionale, qui con Joséphine Baker e con Duke Ellington. In Italia la sua popolarità si affievolisce col cambiare dei gusti musicali. Un tentativo al Festival di Sanremo 1962 con la canzone Gondolì gondolà , in coppia con Sergio Bruni, ottiene il terzo posto, davanti alla coppia Villa-Modugno e Milva-Bruni. Tuttavia all’ascolto la canzone si rivela un pessimo valzerino, che sicuramente Ernesto ha dovuto digerire per forza, giurando di non tornarci più. Ma Sanremo è celebre per queste cose. Io tu e le rose e il dramma di Luigi Tenco sono solo 5 anni avanti nel futuro. Rivediamo Bonino a volte in meravigliosi programmi televisivi degli anni ’70. Mi viene in mentre Milleluci del 1974 dove, nella puntata dedicata alla radio, assieme ai Cetra, Nilla Pizzi, Jula de Palma e Gorni Kramer, egli esegue una cavalcata di successi con una voce brunita dal tempo, ma ancor più affascinante. È una puntata,imperdibile, anche perché compare Rabagliati in duetto con Mina: il “Grande Raba” era morto nove giorni prima della messa in onda della prima puntata dello spettacolo, per cui il suo si può definire un contributo postumo. [ http://www.raistoria.rai.it/articoli/milleluci-festeggia-mezzo-secolo-della-radio-italiana/25694/default.aspx ] Poi Bonino viene dimenticato (lo evidenzia bene questo interessante blog del 2008, che puntualizza la sprezzante indifferenza della Rai verso la sua scomparsa: http://cverdier.blogspot.it/2008/04/ernesto-bonino-le-canzoni-di-un.html ), al punto da dover necessi- tare del Fondo Bacchelli per sopravvivere. 4 Ma questo grande artista rimane – indelebile – nella nostra memoria di appassionati. Ciao Ernesto! Roberto Berlini La maniera moderna ed Ernesto Bonino Non ritengo che sia del tutto sbagliato il detto che afferma “l’abito non fa il monaco”. Il vestito ci copre, si mostra e non mostra. Voi ora vi direte: “Ma questo Roberto ci vorrà parlare di musica, sì o no?” Non temete, abbiate solo un po’ di pazienza! Quando si parla di musica viene spontaneo l’uso di metafore, perché la musica è qualcosa che si sente e non si vede. Questo vale anche, a mio avviso, per gli artisti che l’hanno fatta grande: esecutori e interpreti. A detta di chi l’ha conosciuto, Bonino è stato una persona simpatica e generosa, di bell’aspetto (ne sono testimoni le numerose foto che lo ritraggono), ma allo stesso tempo piuttosto timido. Bene, non voglio parlare di tutto questo! Voglio parlare del suo vestito, la sua meravigliosa voce! È per me stato un onore, in tempi recenti, poter parlare di Bonino al Festival della Canzone Jazz di Sanremo, e sono altresì contento, che un’iniziativa di tale livello, abbia riconosciuto l’importanza di questo interprete. Bonino è stato infatti il primo cantante italiano pienamente “moderno”, nato da quel percorso in salita che sono stati gli anni Trenta. Posso con tranquillità affermare che sia nata prima la canzone moderna e poi i suoi cantanti. Caruso, all’inizio del secolo scorso, cantava canzoni, ma la sua impostazione proveniva dal teatro, dall’opera. Poi vi è stato Rabagliati che – come afferma la canzone a lui cucita addosso Quando canta Rabagliati – fieramente cantava muovendo il ditino al cielo e aggiungendo: “Mentre questo Tito Schipa non lo fa!”. Sì, cari lettori, Tito Schipa non lo faceva! “Ma cosa?” – vi direte – “muovere il ditino?” Quello che non faceva Schipa e che faceva invece Rabagliati, era di cantare il moderno in modo moderno. Tuttavia vi era ancora in Rabagliati la possanza del tenore, che non solo si esprimeva nel fisico, ma anche nella voce. Bene, qui arriva Ernesto Bonino! Voce agile e scattante, duttile al melodico quanto al sincopato. La più grande innovazione musicale degli anni Trenta è stata indubbiamente l’armonizzazione vocale: manifestatasi con la nascita di tante formazioni vocali, molte di talento. Una voce, quella di Bonino, a cui associo perennemente il termine “moderno”, non poteva non dialogare con questa nuova figura. I duetti tra Ernesto Bonino e il Trio Lescano rappresentano l’apice della canzone italiana! La vetta conquistata dopo una vertiginosa salita, ai quali seguirono quelli con il Duo Fiorenza ed il Trio Aurora. Caro all’operetta è stato il duetto d’amore tra due amanti e anche nella canzone questa formula non si è vista cambiata… fino a Bonino! Pensiamo a Crivel con Ines Talamo, all’inizio degli anni Trenta, in Amore sui tetti , così ancora di matrice classica, pur accompagnati da un agilissimo M° Ferruzzi [ https://www.youtube.com/watch?v=j4QARfuv82w ]. Nella seconda metà di quel fortunato decennio, troviamo ancora Crivel (questa volta 5 con Lita Manuel) in Signorina grandi firme cantare il quel modo, molto più vicino al teatro che al microfono [ https://www.youtube.com/watch?v=jCIa3bQRu5s ]. Troviamo chiaramen- te, nel confronto con la medesima canzone interpretata da Carlo Moreno e il Trio Lescano, le differenze che costituiscono questo modo moderno di interpretare, dove Bonino sarà protagonista indiscusso con la Fioresi. Silvana Fioresi ed Ernesto Bonino, al tempo della loro collaborazione artistica, nonché chiacchierata love story . Apparentemente di stampo folkloristico sono i duetti tra questi due cantanti: dietro valzer ed organetti vi è il palpito di una nuova sensibilità, quella stessa che avverto in Pastorella abruzzese [ https://www.youtube.com/watch?v=fxhWwA8lP2k ], con il Duo Fiorenza. A quel tempo, cioè nei primi anni Quaranta, che fecero di Bonino un πορφυρογέννητος (in italiano porfirogenito, letteralmente “nato nella porpora”), si colloca il suo periodo più felice dal punto di vista artistico. Ma allora il jazz era cosa ben diversa da oggi: non si doveva urlare per farsi sentire, il jazz era armonia. Questa nuova musica non era alla ricerca di una sua identità, autoglorificandosi e autoreferenziandosi, ma vagava ora qui ora lì. Sperimen- tando i luoghi e le posizioni migliori dove nell’universo musicale potesse meglio apparire. Il jazz si è rivelato maturo e fiero, benedicendo suo figlio Bonino e donando, a quanti volessero sentirlo, la beatitudine di godere dell’Arte. Aldo Cuneo Immagino che il ‘contributo’ possa essere costituito anche da dei file audio. Per non riproporre brani da 78 giri che quasi tutti conoscono, ho trovato dei pezzi su un cd, con registrazioni effettuate a La Habana nei primi anni ’50 (del secolo scorso...). In rete non li ho visti (mentre altri, dallo stesso CD, sono già presenti) e quindi potrebbero essere delle ‘novità’. Per questo ne allego tre: Gracias a tí , Mi teléfono e Tú, tú, tú . Il primo brano è la versione in spagnolo di Grazie dei fiori . 6 http://www.trio-lescano.it/incisioni/Ernesto_Bonino,_Gracias_a_ti.mp3 http://www.trio-lescano.it/incisioni/Ernesto_Bonino,_Mi_telefono.mp3 http://www.trio-lescano.it/incisioni/Ernesto_Bonino,_Tu,_tu,_tu.mp3 Il CD da cui sono tratte queste tre incisioni di Ernesto Bonino in ispano-americano.