Studi E Strumenti 4, 2001-2002
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Archivio di Stato di Palermo Scuola di Archivistica Paleografia e Diplomatica Quaderni Studi e strumenti 4 2001-2002 PREFAZIONE La Scuola di Archivistica Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di Stato di Palermo aveva avviato, negli anni scorsi, una esperienza positiva con la pubblicazione dei Quaderni. Vorremmo continuare e, se possibile, stabiliz- zare quella esperienza. Nel programmare la attività dei Quaderni vorremmo prefiggerci degli obiettivi. Vorremmo saperci rivolgere in modo privilegiato agli utenti diretti della Scuola, ai numerosi giovani – e anche meno giovani – che hanno scelto e scelgono di accedere alla Scuola APD di Palermo. In questa prospettiva si privilegeranno i testi di interventi “esterni”, ad integrazione delle lezioni dei docenti interni delle varie discipline. Nell’alveo di una fortemente auspicata politica di valorizzazione del pa- trimonio archivistico, vorremmo potere dedicare uno spazio – auspicabil- mente sempre più vasto – alla edizione di strumenti di descrizione dei fondi e/o delle serie che si conservano presso il nostro Istituto. Vorremmo, se pos- sibile, dedicare una apposita sezione a specifiche ricerche che muovano dal- la analisi dei fondi che qui si conservano. L’impegno vorrà essere a che alla composizione delle suddette sezioni concorrano, prevalentemente, compe- tenze interne all’Archivio di Stato di Palermo ovvero competenze formatesi in attività collaborative con l’Istituto. Il che non esclude la collaborazione e l’interazione con competenze di diversa appartenenza. Nell’avviare la ripresa di una positiva esperienza è opportuno interro- garsi circa la missione, oggi, delle Scuole di APD. Da anni sembrava avviata una riforma che tenesse conto di nuove esigenze, di diverse prospettive che la professione degli archivisti vive. Al di là degli aggiustamenti, di fatto inte- grativi, che le varie Scuole hanno introdotto, resta da analizzare la specifica strutturazione dell’offerta formativa delle stesse. Se, in origine, le Scuole mi- ravano statutariamente alla formazione del personale interno, nel corso degli anni esse si sono opportunamente aperte ad altre e diverse utenze, e connes- se aspettative. Tante le richieste di iscrizione alla Scuola al fine di approfon- dire le materie qualificanti e fondamentali. Risultano significative le richieste di iscrizione finalizzate alla conoscenza delle logiche di archiviazione, in re- lazione specifica con la documentazione contemporanea nonché all’esplica- zione di specifiche e correlate attività lavorative. Altrettanto dicasi per le ri- chieste di iscrizione finalizzate alla acquisizione di capacità di lettura e interpretazione dei testi. 3 Diverse richieste, diverse motivazioni, diverse sollecitazioni: una uni- voca offerta formativa. Risulta sempre più urgente affrontare in termini si- stemici la ridefinizione non solo e non tanto dei programmi di insegnamen- to quanto delle differenze di livelli di formazione. Le Scuole dovrebbero potere formare il personale interno degli Archivi di Stato ma anche il per- sonale degli archivi storici degli Enti pubblici e dei diversi soggetti privati, recuperando, aggiornandole, tradizioni e competenze specifiche. Altrettanto, secondo uno specifico percorso formativo, di pari dignità, dovrebbero po- tere qualificare le competenze e la professionalità di quanti si occupano di ge- stione dei flussi documentali. Evidentemente non solamente all’interno del- le Amministrazioni statali bensì rivolgendosi – offrendo collaborazione interattiva – ai tanti soggetti, pubblici e privati, che affrontano il nodo del- la gestione documentaria. Dovrebbe essere posta alla base dell’analisi formativa una consapevo- lezza di fondo che, spesso, viene sottaciuta ovvero dimenticata. L’archivio è tale non dopo bensì da subito. Non esiste cesura fra l’archivio in formazione e l’archivio storicizzato. Dal che consegue che l’archivio è ambivalente in quanto conserva in sé ciò che ancora è e ciò che non è più bensì assume va- lenza storica. Opportunamente, al riguardo, Filippo Valenti ci ha insegnato che: […] l’ambivalenza è intrinseca alla natura stessa degli archivi, e non può essere rimossa con lo spezzarli in due in forza di una norma che interponga un rigido diaframma tra ciò che è ancora soltanto amministrativo e ciò che è già soltanto storico1. Tale ambivalenza costituisce la pregnanza e la forza dell’ar- chivio ed apre prospettive al ruolo ed alla professione degli archivisti. Avere contezza della fase originaria della documentazione per sapere gestire archi- visticamente la fase della storicizzazione consente all’archivista di affermare specifiche competenze professionali che non sono di risulta rispetto a quel- le dello storico bensì assumono una originaria ed autonoma peculiarità. La formazione delle nuove generazioni che si occuperanno della conser- vazione della memoria documentaria, ne garantiranno la tutela, che è anche valorizzazione, così da consentirne la più ampia e compiuta fruizione non sembra costituire una competenza ed una funzione da sottovalutare. Si trat- ta di un impegno civile che abbisogna del consenso più ampio e delle corre- late risorse. Inoltre, le Scuole di Archivistica dovranno potere fornire all’utenza in- teressata non tanto all’aspetto archivistico quanto a quello prevalentemente documentario la possibilità di acquisire competenze e prerequisiti idonei a garantire la fruizione compiuta della documentazione, dalla più antica a quel- la più vicina nel tempo. In coerenza con i criteri prefissati, il Quaderno che presentiamo si articola 1 Filippo VALENTI, Riflessioni sulla natura e struttura degli archivi, in Rassegna degli Archivi di Stato, XLI (1981), oggi in IDEM, Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale, a cura di Daniela GRANA, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi 57, Roma 2000, p. 101. 4 in tre sezioni. Nella prima si inseriscono i saggi di Paola Carucci – La con- sultabilità dei documenti –, Daniela Grana – La gestione informatica degli ar- chivi correnti – e Salvo Torre – Gli archivi digitali – che riprendono i loro in- terventi alla Scuola su specifici temi di approfondimento e di stretta valenza professionale. Nella seconda si inseriscono gli inventari redatti da Francesca Burgarella, relativo al fondo “Cappella Palatina”, frutto della attività di vo- lontariato maturata in Istituto, e da Renata De Simone, archivista di Stato di questo Istituto, relativo al fondo “Correria”: un complesso documenta- rio, riguardante la specifica funzione gestionale acquistata dalla famiglia Alliata, aggregato al più ampio e articolato archivio della famiglia suddetta. L’ultima sezione si compone del saggio di Liboria Salamone, archivista di Stato di questo Istituto, dal titolo Un viceré ed il suo notaio: Ettore Pignatelli e Giovanni De Marchisio. Nell’affidare alle stampe questo Quaderno vorremmo formulare una dedica – certamente condivisa dagli autori e da tutti i colleghi dell’Istituto –: ad Adelaide Baviera Albanese, costante e positivo punto di riferimento per tante generazioni di archivisti, ricercatori e studiosi. CLAUDIO TORRISI 5 LA CONSULTABILITÀ DEI DOCUMENTI 1. - La consultabilità dei documenti. L’attuale disciplina della consultabilità dei documenti discende da tre di- sposizioni normative, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 41, che agli artt. 122-127 disciplina l’accesso ai documenti per la ricerca storica, la l. 7 agosto 1990, n. 241, modificata con l. 11 febbraio 2005, n. 15, che detta disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di diritto all’accesso dei documenti amministrativi, il Codice in materia di protezione dei dati personali, approvato con d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che regola organicamente il trattamento dei dati personali sia per quanto attiene alla documentazione amministrativa che per quella desti- nata alla ricerca storica. In ordine alla ricerca storica il Codice per la prote- zione dei dati personali contiene in allegato il Codice di deontologia e di buo- na condotta cui deve ispirarsi l’attività degli archivisti e dei ricercatori. Queste tre norme costituiscono una normativa complessa, per la cui com- prensione è opportuno ricostruire nelle linee essenziali l’evoluzione a parti- re dalla legge archivistica del 1963 (d. lgs. 30 settembre 1963, n. 1409), ora abrogata. Non si tratta, infatti di una semplice modifica delle disposizioni ma di una profonda trasformazione dei principi teorici sottesi al rapporto tra pubblica amministrazione e società, soprattutto per quel che riguarda la do- cumentazione amministrativa e la tutela dei dati personali. Questi due aspet- ti hanno avuto una rilevante influenza anche su alcuni punti della disciplina della riservatezza dei documenti per la ricerca storica, per la quale permane, sostanzialmente negli stessi termini, l’esigenza di contemperare il diritto allo studio e alla ricerca con la salvaguardia della sicurezza dello Stato e il rispet- to della riservatezza personale, già chiaramente delineata nella legge archivi- stica del 1963. 2. - La tutela della riservatezza nella legge archivistica del 1963. L’art. 23 della legge archivistica del 1963, ora rifuso nell’art. 41, commi 1 e 2 del Codice dei beni culturali, prevede che il versamento dei documenti da parte degli organi centrali e periferici dello Stato all’Archivio centrale del- lo Stato e ai competenti Archivi di Stato sia effettuato 40 anni dopo l’esauri- 7 mento degli affari. Ove sussista pericolo di dispersione e di danneggiamento il soprintendente all’Archivio centrale