001-020 Tra Due Guerre.Indd
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
nordest nuova serie, 70 istrevi ricerche, 6 Il presente volume è realizzato grazie al sostegno di In copertina: Verona 1945, i partigiani ascoltano il discorso del capo del go- verno della V Armata americana. © Copyright 2007 Cierre edizioni via Ciro Ferrari 5, 37066 Sommacampagna, Verona tel. 045 8581572, fax 045 8589883 www.cierrenet.it • [email protected] Marco Mondini, Guri Schwarz Dalla guerra alla pace Retoriche e pratiche della smobilitazione nell’Italia del Novecento Cierre edizioni Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Vicenza «Ettore Gallo» Indice Introduzione. Sacrificio e ricompensa: due stagioni a confronto 7 Parte prima. La vittoria perduta. L’Italia dopo la Grande Guerra 1. Campi di conflitto. Politiche della smobilitazione e della normalizzazione da Vittorio Veneto alla marcia su Roma 23 2. Attori della politica, agenti della memoria. La costruzione del ricordo pubblico della guerra 47 3. Sacerdoti di una nazione ingrata. I militari e il mito della vittoria mutilata 71 4. Eredi della guerra. Il fascismo e l’appropriazione della vittoria 89 Parte seconda. Pacificazione e democratizzazione: dal collasso dello Stato alla nascita della repubblica antifascista 1. Il problema della “guerra fascista” 117 2. Crisi di legittimità: reduci, militari e partigiani 127 3. Riti di mobilitazione e feste di smobilitazione 165 4. Il senso di una svolta 221 Indice dei nomi 231 Introduzione Sacrificio e ricompensa: due stagioni a confronto* Prima di lasciare Roma mi sono congedato da Bonomi. Ci siamo abbracciati senza dire parole. Sono ancora una volta fiero di aver lavorato con lui. Se in certi momenti mostrasse il pugno chiuso, egli sarebbe un uomo di governo perfetto, perché di Bonomi sono state sempre fuori discussione, oltre l’inge- gno, le doti necessarie all’uomo di Stato: alta rettitudine pubblica e privata, preparazione politica completa, conoscenza profonda della pubblica ammi- nistrazione, facilità di adattamento alle esigenze delle diverse situazioni del momento. […] Come Giolitti, è un semplificatore, non un coordinatore. È costituito il ministero presieduto da Ivanoe Bonomi […] testa ben squa- drata, ragionatore preciso, nella vita privata ineccepibile, nella vita pubblica rispettabilissimo. […] Punti principali del programma: superare le asprezze della politica estera per il consolidamento della pace, affrontare la crisi eco- nomica per avviare il Paese alla ripresa della normale attività commerciale; arginare i conflitti fra le fazioni ai fini della pacificazione del Paese. Ambedue questi passaggi sono tratti dal Diario di un deputato di Luigi Gasparotto, una straordinaria testimonianza che attraversa cin- quant’anni della vita pubblica italiana, dagli ultimi anni del XIX seco- lo alla fine della seconda guerra mondiale1. Al non addetto ai lavori, ma anche allo storico contemporaneista, risulterebbe difficile datare con precisione questi due passaggi, all’apparenza riferiti allo stesso momento storico, o ad eventi della politica parlamentare poco distan- ti tra loro. Nulla di meno corretto. Il primo passaggio è una pagina di diario datata 26 giugno 1945, dopo la caduta del governo Bonomi III in cui Gasparotto aveva ricoperto il dicastero dell’Aeronautica. Il * L’intero volume è stato progettato e discusso insieme dai due autori. Tuttavia, Marco Mondini ha ideato e realizzato la parte prima, Guri Schwarz la seconda. 1. L. Gasparotto, Diario di un deputato, Dall’Oglio, Milano 1945. 8 Dalla guerra alla pace secondo testo è invece antecedente di esattamente ventiquattro anni, 4 luglio 1921, e testimonia la presentazione del primo governo Bono- mi, in cui Gasparotto gestì il Ministero della Guerra2. Non c’è forse un punto di partenza migliore per cominciare a capire i motivi che hanno spinto verso un lavoro di analisi comparata dei due dopoguerra. La vicenda di Luigi Gasparotto (1873-1954), avvocato friulano divenuto poi politico a tempo pieno, fu certamente un caso rilevante ma non eccezionale di sopravvivenza ai vertici della classe politica nella sto- ria dell’Italia unita. Nello stesso terzo gabinetto Bonomi (dicembre 1944-giugno 1945), che avrebbe assunto l’onere di traghettare il Paese fuori dalla guerra, molti dei membri erano veterani della politica par- lamentare prefascista, spesso esponenti di punta di quei governi che avevano accompagnato il tracollo del regime liberale. Per fare solo al- cuni esempi, il ministro della Guerra, Casati, era stato ministro della Pubblica Istruzione nel governo Mussolini (1924-25), il vicepresidente del Consiglio, Rodinò, era stato niente di meno che il predecessore di Gasparotto al palazzo di via XX Settembre nel 1921, il responsabile del Tesoro, Marcello Soleri, era stato uno dei più inamovibili ministri dei governi tra 1919 e 1922, e autorevolissimo esponente della Guerra fino alla marcia su Roma (di cui, a suo dire, cercò di impedire gli sviluppi epurando dai filofascisti – con scarsi risultati – le fila del corpo uffi- ciali) e, infine, Gronchi, futuro presidente della Repubblica e nel 1945 ministro dell’Industria era stato, nel 1923, sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Tutto questo, naturalmente, per tacere del presidente del Consiglio medesimo, Ivanoe Bonomi, che di Gasparotto era anche coe- taneo. La perpetuazione dei gruppi dirigenti del regime liberale nel re- gime di transizione, un’ipoteca generazionale spesso non rilevata sulla rappresentanza politica repubblicana3, non spiega da sola le ragioni di un approccio comparato ai due dopoguerra in Italia. L’obiettivo non è, naturalmente, riproporre la lettura parentetica crociana, che ingenua- mente si potrebbe credere nata dall’osservazione di quell’apparente rientro della storia nei suoi binari4. Tuttavia, non può non suscitare in- 2. Ivi, pp. 154-157 e 520. 3. P. Pombeni, La rappresentanza politica, in R. Romanelli (a cura di), Storia dello stato italiano dall’Unità ad oggi, Donzelli, Roma 1995, pp. 73-125. 4. I concetti di parentesi, malattia e barbarie interconnessi nella riflessione cro- ciana sul fascismo ebbero naturalmente una genesi ben più lunga e complessa. Cfr. P.G. Zunino, Interpretazioni e memorie del fascismo. Gli anni del regime, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 132-142; Id., La Repubblica e il suo passato, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 283 e sgg. Sacrificio e ricompensa: due stagioni a confronto 9 teresse che i vari Bonomi e Gasparotto (per non parlare di personaggi come Badoglio) abbiano giocato un ruolo così importante nelle stagioni più delicate, e potenzialmente fallimentari, della vita politica dell’Italia unita. Né può mancare di destare almeno un po’ di meraviglia il fat- to che, dopo aver fallito nel gestire l’uscita dalla guerra del Paese nel 1919, alla stessa dirigenza liberale venisse demandato il compito, su vari piani e, come vedremo, con strumenti spesso uguali a se stessi, di risollevare le sorti di un Paese collassato su se stesso con l’8 settembre e scomparso come soggetto della politica internazionale, per diventar- ne piuttosto oggetto. Gli usi e ancora di più l’habitus della dirigenza che aveva raccolto il timone del governo nella fase finale della seconda guerra mondiale erano sorprendentemente arretrati e inadeguati a ge- stire i rapporti internazionali di un Paese sconfitto. Gli Alleati facevano fatica a comprendere come i governanti italiani del dopo-Badoglio, e anche del dopoguerra, fossero ancorati all’idea di un’Italia media (se non grande) potenza diplomatica, con un piccolo peccato da sconta- re ma pur sempre parte integrante del consesso delle grandi nazioni. Un complesso di megalomania che costò non poco in sede di ricezione e gestione del trattato di pace del 19475. Ancora prima di pesare sul piano della scena internazionale, tuttavia, mentalità e deficit cultura- li di una dirigenza politica incapace di proporre personalità e gruppi radicalmente rinnovati giocarono un ruolo non minore nelle pratiche che questi uomini organizzarono e gestirono nello strutturare la fine della mobilitazione totale per il conflitto e l’avvio delle smobilitazioni e della reintegrazione nella vita civile. Confrontando sinotticamente gli esiti delle politiche di uscita dalla guerra messe in atto nell’Italia dopo il 1918 e dopo il 1945, ci è parso che la sclerosi del campo del potere politico – vissuta soprattutto sul piano degli strumenti culturali e della percezione delle esigenze rituali e simboliche di una società moderna – fosse all’origine di risultati talora omologhi, anche se non sempre coincidenti. È questo un dato che, ovviamente, non riguarda solo l’Ita- lia ma che può essere facilmente esteso al quadro europeo. Tony Judt e Pieter Lagrou hanno messo brillantemente in evidenza la forte con- tinuità nei linguaggi e nelle mentalità che contraddistinguono il mo- do in cui i leader dell’Europa occidentale affrontano le sfide politiche del post-1945, e in particolare i processi di pacificazione6. Figure come 5. S. Lorenzini, L’Italia e il trattato di pace del 1947, Il Mulino, Bologna 2007. 6. T. Judt, Postwar. A History of Europe since 1945, Heinemann, London 2005; P. Lagrou, The Legacy of Nazi Occupation. Patriotic Memory and National Recovery in Western Europe 1945-65, Cambridge University Press, Cambridge 2000. 10 Dalla guerra alla pace Schuman, Adenauer o De Gasperi condividevano il medesimo timore che si ripresentassero le tensioni che avevano contrassegnato le società del vecchio continente dopo il primo conflitto mondiale. Il fatto che gli incubi delle classi dirigenti che gestirono la costruzione dell’Europa postnazista fossero popolate