SARACENI, SCHIAVI E IL SALENTO Di

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SARACENI, SCHIAVI E IL SALENTO Di SARACENI, SCHIAVI E IL SALENTO ni e scorrerie saracene che anche il successivo trauma della presa di Otranto da parte dei Turchi nel 1480 non è riuscito di a debellare dalla memoria storica. PAUL ARTHUR Come per tante tradizioni è difficile distinguere una real- tà storica sommersa da secoli da abbellimenti, esagerazioni e fantasie, spesso frutto di racconti orali. Nelle parole di Richard Hodges, «the story of the Arabs in ninth-century Nel 1998 ho tentato di trattare, dal punto di vista ar- Italy, like that of the Vikings, must be treated with some cheologico, un tema alquanto difficile, per via della penu- caution. Christian chroniclers were tempted to depict them ria di evidenze materiali, che è quello dei rapporti tra il as dastardly heretics who brought devastation wherever they mondo islamico e la Terra d’Otranto (ARTHUR 1998). Da went» (HODGES 1997). Che, comunque, esista una realtà sto- allora le evidenze non sono state un granché ampliate, se rica è fuor di dubbio, ma visto la rarità di fonti dirette per il non per la scoperta un oggetto che sembra offrire alcuni Salento, mi sembra che valga la pena di soffermarsi breve- spunti interpretativi e di ricerca. mente anche su quello che ci tramandano le tradizioni loca- Tra il 1991 e il 1996 sono stati condotti scavi archeolo- li. gici a Quattro Macine, un casale medievale sito nell’entro- Lo storico ottocentesco salentino Luigi Maggiuli, ricor- terra di Otranto (LE), a circa otto chilometri dal mare. In- da come l’invasione saracena dell’845 abbia provocato seri sieme a vari altri villaggi in questa regione, il casale sem- danni ed anche l’abbandono di alcuni agglomerati rurali bra essere apparsa come insediamento nucleato formatosi nell’immediato entroterra di Otranto. In relazione a questo durante il corso dell’VIII secolo, in un contesto di graduale evento egli elenca gli insediamenti di Puzzo dell’Orte, Vi- ripresa economica e sociale e, presumibilmente, anche di cinanza e Giurdignano, dei quali oggi sopravvive soltanto rigenerazione demografica. L’economia del villaggio, in l’ultimo, noto per la chiesa rupestre datata al X secolo questo periodo, sembra essere stata in parte basata sulla (MAGGIULLI 1893, p. 145). produzione di vino, forse legata ad un’esportazione dal pro- Anche la città di Brindisi parrebbe aver subito una oc- prio hinterland da parte di Otranto, in quanto presso la città cupazione da parte dei Saraceni solo pochi anni prima, sono conosciute delle fornaci adibite anche alla produzione nell’838. di anfore commerciali. Probabilmente nel corso del X secolo Nello stesso periodo, l’antico centro di Veretum, presso venne innalzata una piccola chiesa, le cui pareti interne era- Patù, nell’estremo sud del Salento, era anche oggetto di in- no decorate con figure di santi, verosimilmente un edificio cursioni da parte dei Saraceni. Il Re di Francia Carlo il Cal- privato dipendente da qualche proprietario terriero (ARTHUR vo aveva spedito delle truppe per debellare gli invasori, stan- et al. 1996). ziati, apparentemente, in una località nelle vicinanze ora Nel 1994 sono stati scavati i contesti stratificati relativi nota come Campo Re. Prima della battaglia decisiva, in cui alla distruzione della prima fase della chiesa bizantina, col- vennero sconfitti i Saraceni, un cavaliere di nome Geminiano locabili prima di un sostanziale rinnovamento dell’edificio. o Simighiano, inviato nel campo nemico come ambasciato- Al di sotto di un pavimento di seconda fase si rinvennero re, fu ucciso. Così si scatenò la battaglia, in data 24 giugno strati di distruzione degli affreschi e strati di terreno conte- dell’877, giorno dedicato a San Giovanni Battista, quando nenti una serie di oggetti, compresi alcuni strumenti liturgi- fu recuperata la salma di Geminiano e le sue spoglie furono ci, fra cui spicca un cucchiaio riccamente decorato, in lega deposte in una tomba monumentale o heroon, identificabile di argento. con il monumento detto Le Centopietre, sito di fronte al- L’interpretazione di questi livelli di distruzione come l’attuale chiesa di S. Giovanni di Patù (MAGGIULLI 1912; relativi ad una semplice decisione di rinnovare l’edificio, WHITEHOUSE, WHITEHOUSE 1966). incontra almeno due problemi: Secondo l’umanista Girolamo Marciano, che scriveva 1. Perché abbandonare degli strumenti liturgici, compreso tra ’500 e ’600, il paese di Muro Leccese, distante appena anche un oggetto di un alto valore, sia simbolico che eco- otto chilometri da Otranto, fu distrutto dai Saraceni nel 924 nomico come il cucchiaino? La mia idea che gli oggetti erano (MARCIANO 1855). Nello stesso anno o poco dopo fu attac- vecchi o rotti non era del tutto convincente. cata Oria (BR), e poi, secondo fonti attendibili, fu saccheg- 2. Perché strappare blocchi di intonaco dipinto dalle pareti giata anche la città di Taranto. Nel 977 un ennesimo attacco invece, semplicemente, di ridipingere le pareti come si fa- dovette subire Oria, ed anche Manduria (BR) (DE GIOR- ceva di solito? In questo caso, la risposta, sebbene poco GI 1882, I, p. 279). Anche Alezio, Leuca e Parabita, verso il soddisfacente, poteva essere che le maestranze incaricate capo della penisola salentina, furono oggetti di incursioni di rinnovare l’edificio, aveva preferito demolire il pre-esi- saracene nel corso del IX-X secolo (ARDITI 1879, pp. 468 e stente in un’operazione di radicale ricostruzione, forse per 472; VISCEGLIA 1988, p. 35). via di problemi con lo stato di conservazione dell’alzato. Inoltre, l’insediamento abbandonato di Pompignano, presso Acquarica del Capo, sempre nella stessa zona, è ri- Fra gli oggetti rinvenuti negli strati di distruzione della cordato come distrutto da un’incursione saracena (TCI, chiesa vi era un semplice strumento di ferro, a sezione qua- p. 419). drangolare, appiattito verso il centro, ed appuntito su am- Queste tradizioni, per quanto discutibili per i singoli bedue le estremità. Questo è confrontabile con alcuni og- insediamenti attestati, rientrano in un quadro storico avva- getti rinvenuti durante gli scavi condotti dalla missione in- lorato dalle fonti. glese nel monastero di San Vincenzo al Volturno, interpre- La prima testimonianza che ricorda la tratta di schiavi tabili come punte di freccia provenienti da un arco compo- con il mondo musulmano in area adriatica data intorno al sito, sebbene le sezioni siano diverse. Gli esemplari prove- 748, quando dei mercanti veneziani tentarono di proporsi nienti da San Vincenzo sono associabili all’attacco sarace- quali intermediari nell’approvvigionamento di schiavi cri- no avvenuto, secondo le fonti documentarie, il 10 otto- stiani (MCCORMICK 2001, pp. 753 e 871). La Puglia, sembra bre 881, secondo le fonti (HODGES 1997, pp. 144-153). entrare in gioco più tardi, almeno dai primi decenni del IX Nonostante il fatto che l’arco composito fosse utilizza- secolo. Intorno all’833, Gregorio Decapolita, durante una to anche dalle truppe bizantine, il rinvenimento di un esem- sosta ad Otranto, venne accusato di voler tradire i Cristiani plare di una probabile punta di freccia di questo tipo all’in- agli Arabi e, più tardi, lui stesso avrebbe incontrato degli terno degli strati di distruzione della chiesa bizantina di un incursori saraceni (MCCORMICK 2001, p. 202). villaggio, è alquanto suggestivo. Vivida testimonianza del potere dei Saraceni nell’Adria- Come in alcune altre parti della penisola italiana, il Sa- tico, è la presa di Bari e la fondazione di un emirato che lento gode di una forte e consolidata tradizione di incursio- durò dall’847 fino all’871, quando la città fu espugnata da 443 Fig. 1 – Il Salento e la distribuzione delle possibili incursioni sara- cene. Ludovico II con il sostegno dei Longobardi. Sembra chiaro che la Bari saracena, come Taranto, fosse un centro di mer- cato di schiavi (MUSCA 1964). Una prima, grande, incetta di schiavi a Taranto data all’867, quando ben 9.000 persone furono trasportate a Tri- poli ed in Egitto, a bordo di sei navi, chiaramente un’esage- razione, data la dimensione delle imbarcazioni dell’epoca (MCCORMICK 2001, p. 773). Un decennio dopo, l’imperatore bizantino Basilio I do- vette ripopolare Gallipoli e le zone limitrofe con coloni provenienti da Heraclea Pontica sulla costa turca del Mar Fig. 2 – La punta di freccia proveniente da Quattro Macine, Nero, dopo che Gallipoli ed Ugento erano state saccheggia- Giuggianello (LE), a confronto con le punte di freccia da S. Vin- te nell’876, e gli abitanti deportati a Cartagine (Skylitzès cenzo al Volturno. 151; VON FALKENHAUSEN 1978, p. 26). Nell’880, Taranto fu riconquistata dalle truppe bizantine, e la popolazione venduta in schiavitù, creando un certo introi- dicare reiterate aggressioni saracene sulle coste della Puglia to per le truppe e per l’imperatore (MCCORMICK 2001, p. 956). meridionale principalmente tra il secondo quarto del IX e Uno degli episodi più gravi sembrerebbe essere l’enne- l’ultimo quarto del X secolo, come è attestato anche in altre simo saccheggio di Taranto ed Oria nel 925/6. In quell’occa- parti dell’Italia meridionale, con lo scopo di procurarsi in- sione fu catturata la famiglia del noto studioso ebraico oritano genti quantità di manodopera schiavile. Donnolo-Shabethai (COLAFEMMINA 1978). Il racconto attesta Ritornando alle evidenze portate in luce durante gli scavi la partecipazione di ben 300 navi provenienti dall’Africa e a Quattro Macine, possiamo ora rivalutarle e porle in un dalla Sicilia. Anche in questo caso è evidente una esagera- convincente contesto storico. zione nel numero delle navi impiegate che, in ogni caso, può La punta di freccia potrebbe essere riferita ad un attacco riflettere la speranza di poter imbarcare una gran quantità di saraceno all’insediamento rurale bizantino, verosimilmente schiavi. È probabile che la ricerca di schiavi, come in altri effettuato durante il corso del X secolo. Parte dell’attacco sem- episodi, non si sia limitata alla città, ma anche alla contrada bra essere stato indirizzato verso la chiesa bizantina, che par- e, in quest’ottica, forse va ricollegata al sacco di Taranto, rebbe essere stata oggetto di particolare violenza.
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