Longevi, Corposi, Capaci La Strada È Questa

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Longevi, Corposi, Capaci La Strada È Questa I GRANDI BIANCHI DA INVECCHIAMENTO Longevi, corposi, capaci La strada è questa Tutto cominciò in Frinii Venezia Giulia grazie alla spinta emotiva di alcuni produtto- ri interessati al recupero di qualità > La prima svolta tecnica fu l'uso dei fermentini di acciaio inox > Negli anni Sessanta il bianco spopolava, magli italiani chiedevano vini giovani e un po' vivaci > II Vintage Tunina di Jermannfu il primo ad andare contro- corrente > Oggi questo mercato conta oltre 600 etichette e nessun altro Paese al mondo o può vantare una varietà così ampia come la nostra CESARE PILLON Fu mezzo secolo fa, in Friuli, che per il vino bianco italiano scoccò la scintilla della rivolu- zione: una rivoluzione che l'avrebbe avviato sulla strada dell'eccellenza. Quella svolta era solo un primo passo, ma fece scalpore: mise fuori gioco i bianchi carichi di colore, alti di gradazione, piatti e senza fascino, e li sostituì con vini più moderni, color paglierino tenue, dai profumi fre- schi e fruttati, di facile digeribilità e dal gusto più vivace, pieno di verve. Che cos'era successo? Mario Schiopetto, uno dei padri del moderno vino friulano insieme a Livio e Marco Fellu- ga, rievocando anni dopo le motivazioni di quel rivolgimento, spiegò d'aver preso l'iniziativa spinto dal desiderio di recuperare la qualità dei vini del passato, trascinata verso il basso dal processo d'industrializzazione della regione: «I vigneti erano stati spopolati dal reclutamento di mano d'opera nelle fabbriche di sedie e di mobili sorte nell'Udinese», spiegò, «e i pochi vi- gnaioli rimasti, pilotati dalle industrie vinicole, chepagavano le uve secondo i gradi alcolici che ne avrebbero ricavato, coltivavano soltanto le varietà più remunerative, da cui si traevano vini ad alta gradazione, completamente deserti di qualità organolettiche». Per recuperare la qualità d'un tempo, però, furono adottati metodi e strumenti innovativi. Mentre in precedenza le uve bianche erano vinificate come quelle nere, con macerazione delle IN APERTURA l'alternarsi di piani bucce, in tini di legno o di cemento, la svolta aveva avuto luogo nei fermentini di acciaio inox, diversi e, quindi di inclinazione praticando la vinificazione in bianco, che consiste nel separare le bucce dal mosto prima che dei vigneti di Batasiolo, nelle questo cominci a fermentare. In questo modo il vino diventa di colore molto chiaro e non as- Langhe sorbe i tannini meno nobili, che ne renderebbero il sapore un po' troppo aspro e allappante. Ma L'ITALIANO > I GRANDI BIANCHI DA INVECCHIAMENTO A SINISTRA Mario Scniopetto, uno dei padri del moderno vino friulano ACCANTO i terrazzamenti di Gravner non assorbe neppure quelle sostanze che gli darebbero una mani: incapaci di durare oltre i due anni, avevano anche il più spiccata personalità. difetto di assomigliarsi troppo, tutti appiattiti su una scon- I produttori friulani non si erano infatti ispirati al model- certante uniformità di profumi e di sapori. Una reazione era lo francese, ma a quello tedesco, più vicino a loro anche sul inevitabile: nel 1975, infatti, a Villanova di Farra (Gorizia), piano culturale. A convincerli di quella scelta avevano con- proprio in Friuli, fece il suo esordio il Vintage Tunina di Sil- tribuito le presse di nuova generazione, indispensabili per vio Jermann, un bianco per certi versi tradizionale che allo praticare una spremitura soffice degli acini: erano fabbricate stesso tempo non avrebbe potuto essere più controcorrente. in Germania, perché i tedeschi, in quegli anni, erano all'avan- Perché? Lo lasciava intuire la sua insolita denominazione: tut- guardia della tecnica enologica soprattutto per l'elaborazione ti i vini friulani, allora, nascevano dalle uve d'un solo vitigno e dei bianchi. ne portavano il nome. Il Vintage Tunina invece, tratto da una II successo che nella seconda metà degli anni Sessanta premiò vigna di vecchio impianto, era un uvaggio. Un vero uvaggio: quella loro rivoluzione andò però al di là d'ogni aspettativa: a non un assemblaggio di vini tratti da uve diverse fermentate ingigantirne le dimensioni fu il mutamento epocale che sta- separatamente, ma un vino tratto da varie uve raccolte, spre- va trasformando in quel periodo lo stile di vita e le abitu- mute e vinificate tutte insieme: Sauvignon e Chardonnay, in dini alimentari degli italiani; il cambiamento induceva, pa- prevalenza, ma anche Ribolla gialla, Malvasia istriana, perfi- steggiando, a privilegiare proprio quel tipo di vino bianco, no Picolit. Per averle tutte allo stesso grado di maturazione, più leggero e meno alcolico del rosso, che sembrava creato Jermann le aveva raccolte surmature con una vendemmia apposta per una società in cui il pranzo stava diventando un tardiva. Tutto al contrario della maggioranza dei produttori rapido spuntino durante la pausa di mezzogiorno del lavoro che, influenzati dalla scuola tedesca, si erano convinti che i quotidiano. vini bianchi potevano durare nel tempo solo quando il tenore Si scatenò una moda, i produttori delle altre regioni si con- di acidità era piuttosto alto, e per assicurarselo avevano preso vertirono immediatamente al nuovo verbo e l'Italia fu inon- l'abitudine di vendemmiare precocemente le uve, prima della data da vini bianchi sempre più pallidi e gracili, dal sapore maturazione fisiologica. acidulo vivace e stimolante, ma che vivevano del loro pro- Come tutte le vicende italiane, insomma, anche l'evoluzione fumo, e quello poteva durare un anno al massimo. Però del vino bianco non ha avuto una storia lineare: è andata era un vino che piaceva. E i consumatori, conquistati dalla avanti così, tra infatuazioni e crisi di rigetto, esagerazioni e sua facilità di beva, contribuirono a esasperare il fenomeno: ripensamenti, con un andamento tutto svolte e controsvol- lo vollero sempre più chiaro, addirittura bianco carta, lo pre- te. La più clamorosa delle quali fu suggerita negli anni Ottan- tesero giovanissimo, addirittura in fasce: non bastava averlo ta dal successo internazionale dei SuperTuscans: se era quella prima dell'estate, lo volevano a marzo, appena imbottigliato. la risposta italiana ai grandi rossi di Bordeaux, perché non Temevano che il tempo offuscasse la sua più grande qualità, la affrontare allo stesso modo il confronto con i grandi bianchi freschezza, perché avevano modellato la loro percezione del di Borgogna? vino bianco proprio su quella tipologia. Lbbiettivo era piuttosto ambizioso: realizzare vini dotati La giovinezza di troppi di quei vini, però, era senza do- non soltanto di grande struttura e fascinosa personalità, con CIVILTÀ DEL BERE 05 2014 55 A SINISTRA acini di Chardonnay ACCANTO le vigne di Librandi profumi e aromi di straordinaria ampiezza e profondità, ma mila bottiglie all'anno) che nascendo da uve di Chardonnay e capaci anche di affrontare impavidi il trascorrere degli di Grechetto si ispira all'esperienza del Tignanello, ma il più anni, arricchendo e affinando le proprie qualità invece di conosciuto all'estero è il Gaia & Rey di Angelo Gaja, che es- impoverirsi e di invecchiare. Non era facile, ma la sfida era sendo uno Chardonnay in purezza è in fondo una versione in talmente entusiasmante che trovò proseliti dalle Alpi a Capo bianco del Sassicaia. Passero, in Sicilia: a colpire, infatti, fu l'ampiezza e la simulta- Gli Chardonnay elevati in barrique sono indubbiamente i più neità con cui, nel giro di pochissimi anni, bianchi di questo numerosi. Si va dal valdostano Cuvée Bois di Les Crètes ai tipo emersero in quasi tutte le regioni. lombardi Curtefranca Ca' del Bosco e Bellavista, all'atesino In comune avevano allora una sola caratteristica: il sog- Lòwengang di Alois Lageder per arrivare ai sorprendenti giorno in barrique. E questo ritorno al legno lasciava presu- Chardonnay siciliani dei Tasca d'Almerita e dei Pianeta, sen- mere fossero frutto d'una filosofia diversa rispetto ai vini nati za dimenticare un paio di toscani, il Collezione De Marchi in acciaio inossidabile perché per reggere alla permanenza in di Isole & Olena e il Cabreo La Pietra dei Folonari, nonché botte non potevano essere vini esili: dovevano essere nati im- l'umbro Aurente di Lungarotti, che hanno fatto storia. portanti, da uve maturate in terreno eletto, con basse rese per Ma lo Chardonnay non è l'unico vitigno internazionale che ha ettaro. espresso in Italia dei grandi bianchi: il Quarz della Cantina di Non sempre era così. Tuttavia, maturando in botte, erano Terlano, il Lafóa dei Produttori di Colterenzio e il Vulcaia proposti almeno un anno dopo la vendemmia, spezzando Fumé di Inama sono dei Sauvignon, Hérzu di Ettore Ger- finalmente la spirale perversa di un mercato che pretendeva mano è un Riesling Renano, il Feldmarschall von Fenner bianchi sempre più immaturi e di produttori che, pur d'ac- di Christof Tiefenbrunner un Mùller Thurgau e il Mongris contentarlo, riducevano i tempi di affinamento e li mettevano di Marco Felluga un Pinot grigio. E poi le sperimentazioni in commercio quando erano ancora squilibrati. Ma i punti stimolate trentanni anni fa dal successo dei SuperTuscans in comune tra i nuovi grandi bianchi finivano lì: per il resto hanno proiettato fin dal primo momento alla ribalta anche erano frutto di scelte e impostazioni diverse, talvolta anche bianchi importanti ricavati da varietà autoctone, profondamente differenti. tesperienza di questi decenni ha chiarito quali traggono un Sono passati circa 30 anni da allora e il tempo, che galantuo- reale vantaggio dall'affinamento in legno, e sono parecchi: il mo, ha fatto piazza pulita di tutti i vini che non meritavano Soave e tutti i vini a base di Garganega, la Vernaccia di San Gi- di avere un posto nel comparto dei bianchi importanti e mignano, il Vermentino, l'Inzolia, il Carricante, il Verdicchio, serbevoli. E, tuttavia, questo comparto, che ha il suo sboc- il Trebbiano. E, tra quelli che si sono messi in luce più recen- co commerciale in una nicchia di mercato tutto sommato temente, la Vitovska, il Pignoletto, il Pecorino, la Passerina, abbastanza limitata, continua ancor oggi a stupire per le di- il Mantonico.
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