Castione Della Presolana Nel Medioevo

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Castione Della Presolana Nel Medioevo Castione della Presolana NEL MEDIOEVO ECONOMIA E SOCIETÀ NELLA MONTAGNA BERGAMASCA DAL XII AL XVI SECOLO © Copyright 2011 Comune di Castione della Presolana Realizzazione editoriale Grafica & Arte via Francesco Coghetti, 108 24128 Bergamo Tel. 035 255014 Fax 035 250164 www.graficaearte.it [email protected] ISBN 978-88-7201-295-6 Alma Poloni Castione della Presolana NEL MEDIOEVO ECONOMIA E SOCIETÀ NELLA MONTAGNA BERGAMASCA DAL XII AL XVI SECOLO COMUNE DI CASTIONE DELLA PRESOLANA INDICE PRESENTAZIONE 7 IN EQUILIBRIO SOPRA UN’ALPE? 9 Abbreviazioni 18 I. LA CONCA DELLA PRESOLANA NEL DUECENTO 19 1. LA SIGNORIA DEL VESCOVO 19 1.1 Un documento eccezionale 19 1.2 Il prelievo signorile nel Duecento 23 1.3 Dai signori al signore: vescovo e rustici tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo 34 1.4 Il vescovo e la città in Val Seriana superiore 46 2. ECONOMIA E SOCIETÀ NEL TERRITORIO DI CASTIONE 50 2.1 Le attività economiche 50 2.2 La stratificazione sociale 53 2.3 Una società fluida 57 II. LA SVOLTA TRECENTESCA 63 1. LA FINE DELLA SIGNORIA VESCOVILE 63 1.1 La cronologia della liquidazione della signoria 63 1.2 Il prezzo dell’indipendenza 70 2. MUTAMENTI DELL’HABITAT E TRASFORMAZIONI ECONOMICHE NEL TRECENTO 78 2.1 Villaggi che scompaiono 78 2.2 … e contrade che compaiono 86 2.3 Lo sviluppo dell’allevamento 90 III. MERCANTI E MALGARI. LE TRASFORMAZIONI ECONOMICHE DELLA SECONDA METÀ DEL QUATTROCENTO 113 1. I MERCANTI E IL TERRITORIO 113 1.1 «...et molti fatti ricchi». La fioritura mercantile del XV secolo 113 1.2 Mercanti e malgari 121 2. I MALGARI E LA COMUNITÀ 133 2.1 La montagna e la pianura 133 2.2. Due mondi diversi 145 Bibliografia 154 Indice dei nomi di Persona e di Luogo 157 PRESENTAZIONE a storia di Castione della Presolana si arricchisce di una pregevo- le ricerca, riguardante il basso medioevo. All’autrice, originaria di LFino del Monte e che svolge la propria attività scientifica presso il Dipartimento di studi storici, geografici e antropologici dell’Università di Roma Tre, siamo riconoscenti per un’opera condotta con grande rigore e competenza, sorretta da una profonda passione per le nostre radici, non più visibili ad uno sguardo superficiale, ma indispensabili per capire chi siamo e da dove veniamo. Il volume abbraccia un arco di più secoli, dal dodicesimo al sedicesimo, e ci permette di seguire il progressivo costituirsi e differenziarsi della nostra comunità attraverso l’affrancamento dai vincoli feudali e lo sviluppo di at- tività economiche variegate e molto dinamiche, pur condizionate dall’am- biente montano. L’approfondimento dei vari ambiti produttivi, delle forme giuridiche della proprietà, della struttura sociale che ne derivava (ad esempio nella compo- sizione delle famiglie), dei legami economici con il mondo esterno costitu- iscono materiale di conoscenza e riflessione di grande interesse e stimolo. Grazie a un sapiente lavoro d’archivio e alla sua professionalità, Alma Po- loni ci ha messo a disposizione una chiave preziosa, con la quale non solo gli addetti ai lavori, ma ogni appassionato della propria terra e della pro- pria storia potrà avvicinarsi, sicuro di trovare tante indicazioni e anche, come è inevitabile e auspicabile, tante altre domande. SERGIO ROSSI TIZIANO TOMASONI Assessore alla Cultura Vicesindaco 7 IN EQUILIBRIO SOPRA UN’ALPE? Nel 1981 l’antropologo Robert Netting pubblicò uno studio dedicato a una comunità delle Alpi svizzere, Törbel, situata nel Cantone Vallese, che intitolò Balancing on an Alp. Ecological Change and Continuity in a Swiss Mountain Community, tradotto in italiano nel 1996 con il titolo In equili- brio sopra un’alpe. Continuità e mutamento nell’ecologia di una comunità alpina nel Vallese. Il libro ebbe ampia risonanza tra gli studiosi delle comunità alpine, e non solo. Nell’analisi accurata e raffinata proposta da Netting, fondata anche su ampio materiale archivistico, Törbel emerge come un caso paradigmatico di quelle «comunità corporate chiuse» che, secondo molti antropologi, caratterizzavano, fino all’inizio del Novecento, i con- testi alpini e montani in genere. La caratteristica fondamentale di queste comunità era che, di fatto, dal punto di vista demografico, economico e sociale, funzionavano come sistemi chiusi. Esse cioè conoscevano un’im- migrazione scarsa o nulla, e un’emigrazione molto contenuta. L’equilibrio tra popolazione e risorse, assai delicato nell’ambiente alpino, veniva man- tenuto attraverso meccanismi di regolazione che incidevano soprattutto sulla nuzialità, e dunque, indirettamente, sulla natalità. Questi villaggi tendevano all’autarchia, cioè a raggiungere la sostanziale autosufficien- za attraverso un uso particolarmente regolamentato e organizzato del- le risorse molto differenziate che un territorio di montagna è in grado di offrire. In particolare, le comunità chiuse erano basate su una forma specifica di economia di sussistenza che gli studiosi chiamano per lo più Alpwirtschaft, incentrata su un impegnativo equilibrio tra agricoltura e al- levamento, entrambi volti principalmente all’autoconsumo, e solo secon- dariamente alla commercializzazione. Secondo Netting i villaggi alpini non erano affatto realtà economica- mente e culturalmente arretrate, ma al contrario contesti umani nei quali la capacità di sopravvivenza in ambienti apparentemente ostili si fondava sulla messa a punto di meccanismi sociali e istituzionali estremamente raffinati. Si trattava insomma di una vera e propria civiltà, con caratte- ristiche fortemente distintive. Nessuno degli studiosi che condividono questa impostazione, quindi, sottoscriverebbe l’affermazione di Fernand 9 Braudel, secondo il quale «la montagna, per solito, è un mondo a par- te dalle civiltà, creazioni delle città e dei paesi di pianura. La sua storia sta nel non averne, nel restare abbastanza regolarmente ai margini delle grandi correnti incivilitrici, sebbene scorrano con lentezza»1. Nonostante ciò, è evidente che il concetto stesso di comunità corporata chiusa implica l’assenza di trasformazioni radicali nella struttura demografica, econo- mica e sociale del villaggio. L’assunto di Netting, insomma, è che la vita degli abitanti di Törbel all’inizio del Novecento non dovesse essere in fon- do molto diversa da quella dei loro antenati vissuti qualche secolo prima. La storia di Castione della Presolana nell’età medievale e nella prima età moderna sembra davvero molto lontana da questa immagine di stabi- lità e di continuità. Come si vedrà, dalla metà del Duecento alla metà del Cinquecento questo territorio conobbe mutamenti profondissimi in tutti gli aspetti più importanti del rapporto tra gruppi umani e ambiente, nelle forme del possesso fondiario, nell’organizzazione dell’habitat e nella di- stribuzione degli insediamenti, nell’utilizzo del suolo, nel rapporto con il mercato e nell’economia nel suo complesso, nelle strutture familiari, nel regime demografico, nelle relazioni con l’esterno. Lungi dall’essere una comunità senza storia, come avrebbe detto Braudel, Castione fu una comunità eccezionalmente ricca di storia, un piccolo concentrato delle in- tense trasformazioni che interessarono l’Europa nei secoli del Medioevo. Eppure, a un’analisi più approfondita, l’utilità euristica di un concetto come quello di comunità corporata chiusa non è da scartare nemmeno in questo caso. Innanzitutto, possiamo notare che dall’inizio del Trecento e per tutto il periodo considerato il territorio di Castione non conobbe im- migrazione. L’unica famiglia proveniente da fuori era quella degli Zuchi, discendenti da un magister Balsarino da Fondra, probabilmente un ferra- io, trasferitosi dalla Val Brembana nei decenni centrali del Quattrocento2. Anche l’emigrazione fu del tutto trascurabile fino all’inizio del Cinque- cento, e divenne un fenomeno realmente importante soltanto dalla secon- da metà di quel secolo. Dalla fine del Duecento la popolazione di Castione fu, in effetti, un sistema chiuso: le persone che vi abitavano nel 1544 erano tutte discendenti, per via maschile, da quelle che vi risiedevano 250 anni prima. Ma la vicenda che forse può aiutare a inquadrare con più chiarezza il problema della dialettica tra apertura e chiusura, tra cambiamento e continuità, è quella che si affronterà nell’ultimo capitolo, la specializza- 1 F. BRAUDEL, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Nuova edizione, Torino 1986, vol. I, p. 18. 2 La professione di ferraio fu particolarmente diffusa tra i discendenti di Balsarino, ed è del resto compatibile con il titolo di magister. 10 zione delle contrade di Bratto e di Dorga nell’allevamento bovino transu- mante a partire dalla seconda metà del Quattrocento. Lo sviluppo della transumanza bovina, che si configura, come vedremo, come un’attività imprenditoriale orientata al mercato, è per molti versi incompatibile con l’immagine di una comunità chiusa. Essa dipese innanzitutto dal forte aumento della domanda, in particolare urbana, di carne e latticini, legata a un mutamento nella struttura dei consumi che si manifestò a partire dal- la seconda metà del Trecento, in coincidenza con il brusco allentamento della pressione demografica causato dalle epidemie di peste. Tale muta- mento, tuttavia, divenne un fattore in grado di innescare forme più mar- cate di specializzazione soprattutto con la ripresa demografica, dai de- cenni centrali del Quattrocento. Altrettanto importanti per l’affermazione dell’allevamento specializzato furono, come vedremo, l’ampia disponi- bilità di credito e il basso costo del denaro nella Val Seriana superiore del XV secolo, resi possibili
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