Introduzione Nuova Per L'inserto Sul Manifesto
ARTICOLI DEL BULLA SU TOM WAITS Introduzione nuova per l’inserto sul Manifesto (recensione di Mule Variations e presentazione di Tom Waits) A sei anni di distanza dall’ultimo disco, torna in questi giorni Tom Waits con una raccolta di brani originali, Mule Variations, pubblicata dalla Epitaph, piccola etichetta indipendente californiana specializzata soprattutto in gruppi punk-rock. Nel periodo intercorso fra il precedente The Black Rider e l’attuale lavoro discografico, Waits – da vero mulo, come insinua autobiograficamente il titolo dell’album – non si è concesso pause, però ha convogliato la sua multiforme attività in svariate direzioni. Ha recitato in diversi film importanti (Short Cuts di Altman, per citare solo il più noto), ha firmato interamente o in parte molte colonne sonore (due suoi brani figurano nella soundtrack di Dead Man Walking, altrettanti in quella di The End of Violence di Wim Wenders; sua è la colonna sonora del cartone animato Bunny che, per l’incontenibile gioia del suo vecchio amico Roberto Benigni, ha recentemente ottenuto un Oscar). Tom Waits, nato a Pomona, California, il 7 dicembre del 1949 (ottavo anniversario, come gli piace ripetere, del bombardamento di Pearl Harbour), è uno straordinario mutante. Pur godendo di un’altissima stima presso i suoi colleghi, non è mai divenuto un fenomeno di massa. Colto e provocatore, ha sempre compiuto scelte selettive ed eccentriche. Partito da un country-blues di buona fattura, Waits s’è poi fatto assertore, nell’America reaganiana che la nostra mitologia provinciale voleva ‘edonistica’, di una visione particolarmente contorta e oscura del blues e di una sorta di estetica della sgradevolezza.
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