Brixia Sacra Memorie Storiche Della Diocesi Di Brescia

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Brixia Sacra Memorie Storiche Della Diocesi Di Brescia Brixia Sacra MeMorie Storiche della dioceSi di BreScia aSSociazione per la Storia della chieSa BreSciana BrixiaSacra la memoria della fede Studi storici offerti a Sua Santità Benedetto xVi nel centenario della rivista «Brixia sacra» a cura di GaBriele archetti BreScia MMix Studi SiMona neGruzzo Vescovi e cardinali della famiglia Gambara In età apostolica, le modalità di diffusione del cristianesimo unirono la dioce- si di Brescia a quella di Tortona perché entrambe evangelizzate dal sacrificio dei martiri. Se i soldati romani Faustino e Giovita sono a fondamento della Chiesa bresciana, l’origine di quella tortonese sarebbe da attribuirsi al vesco- vo Marziano. Ma su queste circostanze, il gesuita bollandista Fedele Savio alla fine dell’Ottocento scrisse molto accomunando in un’unica edizione i rispet- tivi Acta Martyrum1. La prossimità fra le due diocesi si consolidò nel corso del XVI secolo, quando tre membri della famiglia Gambara di Pralboino vennero eletti proprio alla cattedra di San Marziano: Uberto, Cesare e Maffeo2. La successione episcopale in una medesima diocesi, affidata a membri di una stessa famiglia, non era, per l’epoca, un fenomeno sporadico: basti pensare alla continuità che gli esponenti della famiglia Carafa perseguirono alla guida dell’arcidiocesi di Napoli, ai Campeggi a Feltre o alla sede ambro- siana. Tra Cinque e Seicento, si assistette, infatti, a un doppio parallelismo, che riguardò la famiglia bresciana dei conti Gambara e quella milanese dei conti Borromeo: se della prima furono ben tre suoi rappresentanti a regge- re in maniera continuata la diocesi di Tortona per ottantaquattro anni, dal 1528 al 1611; della seconda, prima Carlo (1564-1584) e poi il cugino Fede- Abbreviazioni e sigle: ASDT = Archivio Storico Diocesano di Tortona; ASM = Archivio di Stato di Milano; BA = Biblioteca Ambrosiana; BCT = Biblioteca Civica di Tortona; DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1960-; «JD» = «Julia Dertona». 1 F. GABOTTO, Gli «Atti dei Santi Secondo e Marziano» e gli «Atti dei Santi Faustino e Giovita», «JD», XXVI (1910), pp. 3-28. 2 C. GOGGI, Per la storia della diocesi di Tortona. Raccolta di notizie storiche, I-II, Torto- na 1963-65. 7 S TUDI rico (1595-1631), tranne che per l’intermezzo dell’arcivescovo Gaspare Visconti, governarono per più di mezzo secolo l’arcivescovado ambrosiano e la Provincia ecclesiastica milanese (in cui rientrava anche la diocesi di Tortona). Gli episcopati di Cesare e Maffeo Gambara, e di Carlo e Federi- co Borromeo furono poi accomunati dai medesimi conflitti giurisdizionali con il governo spagnolo di Milano e da un’ideale, ma diversamente attuata, concezione del munus episcopalis. Si differenziarono, tuttavia, nell’ispira- zione culturale e spirituale, nella dedizione e nel servizio pastorale, nella capacità di guardare oltre i propri confini diocesani. Per gli esponenti della famiglia Gambara (compreso anche il cardinale Gianfrancesco), le radici con il Bresciano, con le proprietà personali e i mol- ti parenti, non vennero mai recise. Anzi, si rafforzarono anche nella distan- za, ora svolgendo un incarico diplomatico, ora combattendo per il feudo di Vescovato o servendo la curia romana. La situazione orografica e geografica della diocesi d’origine (Brescia) e di quella di governo ed elezione (Tortona) possono in parte assimilarsi: entrambe hanno zone pianeggianti, collinari e montuose, anche se, nel caso di quella bresciana, le dimensioni sono più che raddoppiate, come pure la popolazione. Nel caso della Chiesa di Tortona, la sua condizione spirituale e pastorale non si differenziava da quella di altre, in cui, insieme alle difficoltà, non erano assenti le istanze riformatrici. Se nella prima metà del Cinquecento, caratterizzata dallo splendore rina- scimentale e dalla cultura umanistica, molti ecclesiastici risultavano impe- gnati in incarichi temporali più che nella cura d’anime, nel corso della domi- nazione spagnola, i vescovi Gambara si trovarono a operare per la riorga- nizzazione pastorale, secondo i dettami tridentini, a lottare per riaffermare i propri diritti sul Vescovato reclamati dall’autorità civile e ad arginare i con- flitti di giurisdizione. Furono anche promotori dell’educazione del clero, crearono seminari, si prodigarono nell’assistenza ai bisognosi e portarono a termine le visite pastorali. Attraverso le biografie di Uberto, Cesare, Maffeo e Gianfrancesco è possibile ricostruire la rete dei loro rapporti familiari, ma ancor meglio quella delle amicizia e/o delle conoscenze con i potenti del tempo3. Con loro è possibile entrare nel cuore della storia e delle vicende politico-religiose che segnarono il lungo Cinquecento europeo. 3 G. M. MERLONI, Splendore e tramonto del potere temporale dei vescovi di Tortona, Cas- sano Spinola-Ovada 1993. 8 S . N E G R U z z O , Vescovi e cardinali della famiglia Gambara Uberto, tra diplomazia e cardinalato Per tanti anni figura emblematica del consesso curiale, Uberto Gambara intraprese una carriera personale che, progettata all’ombra dei Medici e dei Farnese, fra i pontificati di Leone X e Paolo III, lo condusse alla porpora nel 1539, superando le perplessità di molti membri del sacro collegio, per le ombre sulla sua vita privata e per i suoi trascorsi militari4. Nato a Brescia all’inizio di febbraio del 1489 dal conte Gianfrancesco e da Alda Pio di Car- pi, fratello della poetessa Veronica e del conte Brunoro, Uberto discende- va da uno dei casati di origini feudali più illustri del bresciano, con gli Avo- gadro e i Martinengo5. La famiglia, esponente del partito ghibellino e insof- ferente del dominio veneto, dopo aver accolto con favore l’avvento dei francesi, venne ricompensata da Luigi XII per la fedeltà dimostrata con onori e incarichi di prestigio. Uberto, negli anni della successiva presenza spagnola, si distinse nel partecipare alla ricostruzione della città come membro del Consiglio municipale, istituzione che cercò di orientare a favore del partito filo-imperiale: questa scelta determinò le sue attività e le successive fortune diplomatiche, che gli permisero di incrociare, nel corso della sua esistenza, molti dei protagonisti della storia europea. Nel 1515, alla vigilia della ripresa del conflitto per il Milanesado, che vede- va unite la Francia e Venezia, Uberto, con altri consiglieri bresciani, si recò a chiedere protezione all’imperatore, ma gli eventi precipitarono, e così, dopo aver partecipato attivamente alla difesa della città col fratello Brunoro, dovet- te riparare prima a Correggio, presso la sorella Veronica, poi a Roma, dove Leone X lo nominò protonotario apostolico, e ricevette, nel 1517, il beneficio parrocchiale di San Biagio di Quinzano, nella bassa pianura bresciana. Dopo aver dedicato i primi anni della giovinezza alla vita militare, optò per quella ecclesiastica6: alla corte papale, la carriera politico-diplomatica del Gambara si avviò ufficialmente a partire da una missione che svolse contro Ferrara e dal- l’impegno a seguire, nel 1521, le operazioni dell’esercito pontificio nel Mila- 4 F. O DORICI, Il cardinale Uberto Gambara da Brescia 1487-1549. Indagini di storia patria con lettere inedite di Carlo V, di D. Giovanni re di Portogallo, di Gastone di Foix e del Guicciardini, Brescia 1856. 5 C. PASERO, Il dominio veneto fino all’incendio della Loggia (1426-1575), in Storia di Brescia, II. La dominazione veneta (1426-1575), Brescia 1963. 6 G. BRUNELLI, Gambara, Uberto, in DBI, LII, 1999, pp. 63-68. 9 S TUDI nese, nel quadro dell’alleanza fra Leone X e Carlo V contro Francesco I. La sua carriera, dopo la pausa del pontificato di Adriano VI, riprese vigore sotto Clemente VII, che lo inviò a Milano presso il duca Francesco Sforza nel 1522 e poi in Francia nel 1525, allo scopo di salvaguardare le rendite ecclesiastiche e ottenere alla Sede apostolica concessioni in materia beneficiaria. Ma per Uberto si stava prospettando un incarico delicato e insieme pre- stigioso, da cui trasse maggior notorietà e considerazione, dovendo rappre- sentare gli interessi del papato presso la corte di Enrico VIII Tudor: a que- st’ultimo e soprattutto al suo lord cancelliere, il cardinale Thomas Wolsey, Gambara chiese appoggio e aiuti finanziari a sostegno della Lega Santa (sti- pulata nel 1526 tra il papa, Francesco I di Valois, Venezia e Francesco Sforza, e impegnata in Italia a difendersi dagli attacchi di Carlo V). I rivolgimenti bellici e i capovolgimenti delle alleanza non impedirono, nel 1527, la caduta e il saccheggio di Roma ad opera dei lanzichenecchi, e così pure la missione di Uberto alla corte inglese mutò completamente. Dopo avere seguito Wol- sey ad Amiens (il lord cancelliere auspicava la firma di un trattato di pace uni- versale), dove si ufficializzò l’alleanza tra Francia e Inghilterra e si discusse l’aiuto da prestare al pontefice, Uberto fece ritorno in Italia portando con sé la richiesta della reggenza della Sede apostolica per Wolsey e quella dell’an- nullamento del matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona. Cle- mente VII, che aveva ripiegato ed era libero a Orvieto, lo inviò nuovamente presso le corti francese e inglese, senza però ottenere risultati favorevoli in merito alla restituzione di alcuni territori al papato e alla bolla di annulla- mento del matrimonio di Enrico VIII, che miravano anzitutto a salvaguarda- re gli interessi dell’imperatore in quanto nipote della regina Caterina. Quando nel 1528 Uberto rientrò, fu nominato governatore e vicelegato di Bologna e, l’8 maggio, vescovo di Tortona: l’essersi saputo muovere abil- mente in mezzo alle agitazioni politico-ecclesiali o le lotte partigiane tra i Colonna, gli Orsini e i Farnese, nella Roma di Leone X, Adriano VI, Cle- mente VII e Paolo III, gli valse la nomina vescovile alla sede di Tortona, che passò poi ai nipoti Cesare e Maffeo. La scelta di Adriano IV era caduta sul- la Chiesa tortonese, sede di antica tradizione e già promessa qualche mese prima, ma mai ratificata, a Giovanni Girolamo Morone7. La consacrazione 7 L. TACChELLA, Il cardinale Giovanni Morone vescovo di Tortona nel 1527, «JD», LXVI (1987), pp.
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