42 lunedì 20 novembre 2017

quotidiano.roma www.ilroma.net I Personaggi del di Mimmo Sica Carratelli, c’era una volta “il giornalista” La mamma lo voleva notaio, ma il papà gli aveva trasmesso il suo “virus”

immo Carratelli (nella foto) è go dei delitti in anticipo rispetto a loro. Il per imparare a scrivere. E furono tante le aprile 1976. Un’idea di Corrado Ferlai- un giornalista sportivo. È sta- decano era Vincenzo Abate, prima repor- occasioni in cui mio padre mi faceva ri- no. Parlava di tutto quello che succedeva Mto inviato speciale e capore- ter de “”, poi del “Roma po- scrivere i miei articoli e stracciava i tito- a Napoli, cronaca bianca e nera, politi- dattore al “Roma”, alla “Gazzetta dello meriggio”. Mario Di Mauro era il repor- li che facevo. Ai miei tempi avevamo mae- ca, attualità, la parte finale era dedicata Sport”, al “Corriere dello Sport”, al “Mat- ter del “Mattino”, afflitto da problemi fa- stri che ci insegnavano il mestiere. Oggi allo sport. Ebbi collaboratori ecceziona- tino”, oltre che vicedirettore del “Guerin miliari ed economici. Mi tenne a battesi- mi pare che non ce ne siano più e i giovani li, Tosatti, Ormezzano, Ghirelli, Gazzani- Sportivo”. Vincitore del Premio Ussi per mo come reporter del “Roma”. Raggiunsi vanno allo sbaraglio». ga, Caminiti, Pesciaroli, Giglio Panza che il libro “Monaco 1972” e Premio Coni per con lui un accordo alimentare: in cambio Ma servono le scuole di giornalismo? dirigeva “”. E avevano la “di- la storia della Nazionale di calcio pubbli- delle notizie che scovava gli offrivo un im- « Se sono dirette da giornalisti certamen- segnata” delle partite di Franco Fonta- cata sul “Guerin Sportivo”. È autore dei li- mancabile panino con mortadella e moz- te sì, ma purtroppo non sempre è così. nella, che rivaleggiava col famoso Silva bri “Ultime voci dall’epicentro” sul terre- zarella che compravo alla rosticceria L’optimum sarebbe che ci fosse anche un del “Calcio illustrato”. Lo stampava la moto in Irpinia in collaborazione con Al- “Aluzzi” di via Medina. Enrico Marcuc- tipografo vecchia maniera». tipografia del Vaticano a Pompei dove il do de Francesco e Salvatore Biazzo, ci faceva il “giro” degli ospedali per il Perché? maggiore affare era in centi- “Quando lo sport è favola”, “E nel setti- quotidiano di via Chiatamone. Un giorno « Il tipografo era il migliore giudice di noi naia di migliaia di copie di manifesti ara- mo giorno Dio creò gli allenatori”, “Elo- che bucai un delitto all’ospedale Loreto giornalisti. Non essendo nostro collega bi». gio del pibe”, “Elogio di Alì”, “Elogio di di via Crispi mi fornì le notizie dopo aver- non poteva essere invidioso. Era impar- Ingaggiò, anche se per una sola volta, Valentino Rossi”, “Elogio delle primarie”, mi preso amabilmente in giro. Mimì Ro- ziale nei giudizi. Componendo molti ar- un personaggio di grande livello. “Elogio di Mourinho”, “Elogio di De Lau- consiglio comunale di Napoli era un ve- mano era elettrico, sempre in movimento, ticoli, alla fine capivano se il pezzo an- « Giorgio Bocca. Gli telefonai chieden- rentiis”. Autore di tre romanzi quali “Un ro spettacolo». furbo e spassoso. E poi c’erano Geppino dava bene o meno. E com’era andato il dogli un pezzo su Napoli. Accettò. Andai cuore colorato”, “L’ombra del leopardo” Fu testimone di un episodio singolare. Lucianelli che lavorava per l’Associated pezzo ce ne accorgevamo scendendo in subito da Ferlaino e gli dissi: “Ingegne- e “Una milanese a Capri”. Ha scritto an- Ce lo ricorda? Press, Silvio Giovenco, Luigi Ricci. Una tipografia: se il pezzo andava, i tipografi re, mandi immediatamente un assegno di cora “La grande storia del Napoli”, “Il tan- « Alla sinistra della tribunetta per la stam- sala stampa da film. Enzo Perez, dalla ci facevano festa, altrimenti era una as- 400mila lire a Bocca. Ha accettato di col- go del petisso”, “Ferlaino sceicco di Na- pa, nella Sala dei Baroni al Maschio An- sveltissima mano mancina, era il più do- soluta indifferenza». laborare”. Due giorni dopo arrivò il pez- poli. Palazzi, amori e scudetti”, “Caro Die- gioino, c’era il banco dei consiglieri del cumentato di tutto (leggendario l’archi- Qual è stata la sua scuola? zo, scritto alla grande e con tante verità go… 50 anni Maradona”, “Marek Ham- Pci. I primi tre, gli ingegneri Bertoli, Co- vio di cronaca nera che teneva a casa al « L’abusivato che io, come tanti colleghi su Napoli. Bocca purtroppo passò poi a sik, il principe azzurro”. senza e Chiaromonte, erano vestiti come quale attingevano i carabinieri). Lavora- del mio tempo, facevamo lavorando nei “Repubblica” con un contratto in esclu- « Mia madre, come tutte le donne meri- Togliatti, in doppiopetto blu. Quando par- va per il “Roma”. È stato il mio pazien- giornali senza contratto prima di essere siva». dionali, voleva un figlio laureato e poiché lavano, Lauro per “smontarli” faceva un te e amabile maestro quando andai a la- assunti. Sfruttati, ma guidati nel lavoro. Questo giornale le aprì la strada per studiavo giurisprudenza mi sognava no- rumore con la penna che, amplificato dal vorare nella redazione del “Roma”. Gli Una vera scuola di vita e di giornalismo». l’esperienza milanese. taio. Io, però, la scelta l’avevo già fatta. microfono, dava fastidio, Quando però altri reporter davano le informazioni per Oggi come è il giornalismo? « D’estate, il 1978 credo, a Vico Equense Lavoravo con mio padre, Orazio Carra- parlava Bertoli stava in silenzio e non si telefono ai cronisti in redazione, detti « C’è omologazione totale e si corre in mi chiamò Gino Palumbo. Aveva visto “Il telli, responsabile della redazione napo- muoveva. Una volta Lauro lo chiamò con estensori, che scrivevano l’articolo». continuazione. Noi avevamo più tempo Napoletano” e mi offrì di andare a Mila- letana del “Giornale d’Italia”: il virus un cenno della mano e Bertoli, con gran- Ci chiarisca subito una cosa: che cosa per lavorare bene. Intanto, c’erano solo no ad organizzare il supplemento illustrato giornalistico me lo ha trasmesso lui, il mio de educazione, si avvicinò al suo scanno. significa scrivere da giornalista? tre fonti di notizie, le agenzie Ansa, Reu- della “Gazzetta dello Sport”. Un giorna- grande maestro. Con papà hanno lavo- Il Comandante tirò fuori dalla tasca una « Occorre avere un modello, come stile di ters e United Press. Ora c’è un flusso con- le prefabbricato che non mi entusiasmò rato i giornalisti Mario Cicelyn, Giacin- caramella e gliela diede. Il consigliere scrittura, che sia un giornalista, uno scrit- tinuo che non lascia tregua. C’è più ansia e, poi, Palumbo era ossessivo sul lavoro, to Maria Spadetta e Salvatore Maffei». “rosso”, con eleganza, la prese e tornò tore, un letterato, leggerlo molto e ap- con un aggiornamento continuo del la- ma era avanti di almeno 50 anni sulle ini- Riuscì a laurearsi? al suo posto. Oggi non potrebbe accade- profondire la sua tecnica. Poi evitare di voro. Il lavoro in redazione dei miei tem- ziative editoriali. Me ne andai malde- « Mentre lavoravo come abusivo al “Ro- re. Il gesto di Lauro scatenerebbe una ris- essere banali, scontati, escludere le frasi pi era più sereno. C’erano calma e sicu- stramente, con la complicità di Orazio ma”, nel 1957, ma lo feci solo per rende- sa. In un Consiglio caciarone, c’era que- fatte, avere un inizio di pezzo che catturi rezza perché i giornali erano guidati da Mazzoni che dirigeva il “Mattino”, te- re contenta mia madre. La tesi la prepa- sto profondo rispetto di Lauro per Berto- subito il lettore, esporre con una scrittu- validi direttori, giornalisti prima che di- nendo Palumbo all’oscuro di tutto. Gino rò mio padre al quale consegnai una se- li, due mondi opposti, l’ignoranza e la cul- ra serrata, giornalistica, che è diversa rettori. E c’era tempo per fare scherzi. Le lo scoprì e lo considerò un tradimento. Mi rie di ricerche che avevo fatto nella bi- tura». dallo scrivere correttamente in italiano e, redazioni erano un posto divertente con fece “una pezza” e mi disse che non avrei blioteca universitaria». Scrisse su questo episodio? come in un film, avere il colpo finale a ef- personaggi oggi irripetibili». messo piede né al “Mattino” né in altre te- Su quale argomento? « Non firmai io il pezzo perché non risul- fetto. Bisogna lavorarci molto. Poi se ti Quando ha iniziato a occuparsi di state della Rizzoli». « Ero molto affascinato dal professore An- tavo nell’organico della redazione. Lo in- aiuta un po’ di qualità, si può riuscire». sport? E dove andò? tonio Guarino, ordinario di Istituzioni di serii nel “fuori sacco” che portai la sera Lei come ha fatto? « Lasciai la cronaca perché ritenevo che « Tornai al “Roma”. Nel 1980 col gior- Diritto Romano. Faceva anche il giorna- alla stazione perché fosse ritirato a Ro- « Per succhiarne lo stile ho letto Hemin- lo sport mi desse più opportunità di fare nale in crisi, ero alle Olimpiadi di Mosca. lista per la Rai di Napoli e spesso ci in- ma. Il quotidiano romano usciva nel po- gway e poi Garcia Marquez. Leggevo avi- lo… scrittore. Chiesi ad Antonio Scotti, Dissi ai colleghi di Bologna Adalberto crociavamo sui fatti di cronaca. Era mol- meriggio. La mattina dopo, quando a pri- damente Indro Montanelli ed Egisto Cor- capo della redazione sportiva del “Ro- Bortolotti e Italo Cucci, se per caso c’era to amico di mio padre e io, per l’ammi- ma ora c’erano le cosiddette fisse telefo- radi, grande inviato di cronaca del “Cor- ma”, se aveva posto per me. Si mise d’ac- posto al “Guerin Sportivo”. Mi rispose- razione verso questa bellissima figura, niche con il giornale, risposi io alla chia- sera”. Prendevo i pezzi di Montanelli, li cordo con Bruno Stocchetti, capo effetti- ro che se ne sarebbero ricordati. Pensa- decisi di chiedergli la tesi di laurea. Ma mata per dettare i pezzi dell’ultimo mo- smontavo e cercavo di ricostruirli, ma non vo della cronaca, un grande giornalista vo che fosse una promessa per modo di quando andai in biblioteca per scopiaz- mento che mio padre aveva scritto du- riuscivo mai a uguagliare l’originale per- capace di scrivere in mezz’ora due co- dire. Invece, col “Roma” chiuso e allo zare, mi trovai di fronte a testi tutti in te- rante la notte. Mi dissero di chiamarlo: ché il suo “trucco” era talmente abile e lonne di giornale. Il capocronista ufficia- spirare della cassa integrazione, mi tele- desco. Lo tradii e presi una tesi in Dirit- lo volevano licenziare perché un giorna- sottile che non riuscivo a rifarlo. Co- le era Giovanni Romei». fonò Bortolotti per andare a Bologna. So- to della Navigazione. Da quel giorno ho le liberale non poteva pubblicare un ar- munque, leggere e leggere finché qualco- Da chi era composta la redazione spor- no rimasto al “Guerin Sportivo” quattro avuto vergogna di incontrarlo e di fatto ticolo con protagonisti in positivo i co- sa ti rimane nell’orecchio, il ritmo, il ta- tiva? anni. Ma mi mancava il quotidiano e per- non l’ho più rivisto». munisti che io avevo osannato perché mi glio del pezzo. Su questo aspetto fonda- «C’erano colleghi formidabili: Gianni Ni- ciò passai al “Corriere dello Sport” sem- L’esame era molto temuto dagli stu- affascinavano. Papà rifece il pezzo e tut- mentale della formazione di un giornali- colini, Maurizio Romano, Umberto Car- pre a Bologna. Ci rimasi un anno scar- denti. A lei come andò? to si sistemò». sta mio padre mi diede una lezione che li, Clemente Hengeller, Sergio Capece, so». « Dopo avere superato gli scogli degli Quando approdò al “Roma”? non dimenticherò mai». Italo Khune. E avevamo un nume tutela- Perché? scritti e del colloquio con l’assistente, mi « Mio padre telefonò al suo amico Ludo- Ci racconti... re: Carlo Di Nanni». « Mi telefonò dal “Mattino” Gianni Am- presentai da lui per le domande finali. Ero vico Greco, redattore capo del “Roma”, « A Torino uscì un nuovo settimanale. Quando c’è stato il salto? brosino e mi chiese se volevo tornare a convinto di essere andato bene ma a un e gli chiese se aveva la possibilità di pren- Chiamai la segreteria di redazione e chie- «Scotti ebbe un infarto e mi disse che avrei Napoli. Incredibile, mi mancava il mare, certo punto Guarino cominciò a dirmi: dermi. Greco gli diede la sua disponibili- si se da Napoli occorresse qualche cosa. dovuto seguire il Napoli al posto suo. Mi mi mancava Napoli. Credevo fosse una “Carratelli, mi dispiace…”. Tutti quelli tà. Quando mi ricevette mi chiese: “Ma Mi risposero di fare due, tre proposte. Le tremarono le gambe. Seguire la squadra falsa nostalgia dei napoletani “all’este- che stavano dietro di me a seguire l’esa- voi che sapete fare?”. Gli risposi: “Un mandai e ne accettarono una. Preparai il azzurra e scriverne era come scrivere il ro”. La provavo anch’io. Dissi di sì. Al me iniziarono a mormorare: “Ha frega- po’ tutto”. E lui: “Ma che cosa significa pezzo ed ero trionfante perché già mi ve- capo-cronaca. Era il pezzo più letto e io “Mattino” di Pasquale Nonno, con il pen- to anche Carratelli”. Alla fine il profes- un po’ tutto. Voi non sapete fare niente. devo su un giornale nazionale. Da solo. venivo dopo un grande maestro come sionamento, ho terminato la mia carrie- sore sentenziò: “Non le posso dare più di Da farete il giro degli ospedali”. Senza l’aiuto di mio padre. Poi ebbi come Scotti, eccezionale intenditore di calcio e ra di capo della redazione sportiva». ventisette”». Ero figlio di un giornalista suo amico, ma un rimorso. Non potevo fargli torto. Allo- con un suo stile inconfondibile. Ma Toni- Attualmente cosa fa? Di cosa si occupava al Giornale d’Ita- non ebbi nessun trattamento di riguardo. ra gli portai le mie quattro cartelle e gli no mi seguì con molto affetto. Esordii con « Ho scritto ancora per il “Roma” poi, in- lia? Allora si faceva così e, dico, giustamen- spiegai di che cosa si trattava. Lui, gla- una partita tra Salernitana e Napoli. Il vitato dal direttore Barbano a scrivere per « Ho fatto il cronista di bianca, nera, dei te!». ciale, mi disse di lasciarle sulla scrivania pezzo lo feci leggere prima a Scotti. Mi il “Mattino”, non ho resistito alla vanità consigli comunali e provinciali. Il consi- È stata l’occasione per farle incontrare e di tornare più tardi a riprenderle. Quan- sentivo sotto esame. Continuo a sentir- di avere qualche lettore in più, come dis- glio comunale di Napoli, sindaco Lauro, grandi maestri… do tornai da lui, mi consegnò le quattro mici ancora oggi quando scrivo. Forse, è si ad Antonio Sasso quando lasciai la col- era il più seguito in Italia dagli inviati di « Quando andai a fare il reporter anche cartelle. Il pezzo era stato riscritto com- il segreto per dare il meglio». laborazione al “Roma” da lui diretto. Un tutti i giornali insieme al Consiglio di nella sala stampa della Questura, incon- pletamente a penna nello spazio tra una Fece anche il direttore responsabile di amico comprensivo che non me ne ha vo- Giorgio La Pira a Firenze e di Giuseppe trai personaggi che, con coraggio e spa- riga e l’altra. Le sue parole furono: “Co- un mensile? luto e mi vuole ancora bene. Ci cono- Dozza a Bologna. Lauro li sorpassava per valderia, stavano in prima linea gareg- pialo e non ti preoccupare”. Fu una le- « Era “Il Napoletano”, un rotocalco for- sciamo dai tempi del “Roma” diretto da folklore. Aveva una claque pittoresca. Il giando con i poliziotti per arrivare sul luo- zione di vita, ma anche un insegnamento mato “Panorama”, da marzo 1975 ad Alberto Giovannini, anni Sessanta».