Marisa Mori, Le Futuriste E Il Volo
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Nonostante la componente misogina di un mo- vimento che già nel manifesto di esordio del 1909 dichiarava di voler glorificare il «disprezzo della donna» e di voler «combattere contro […] il femminismo», il drappello delle artiste che aderirono al Futurismo fu assai nutrito e si infittì man mano con il passare degli anni coprendo capillarmente, con la sua presenza, l’intero ter- ritorio nazionale. Al di là di queste asserzioni provocatorie, più che altro eredi di una cultura patriarcale che collocava la figura femmine in Chiara Toti una sfera sentimental-romantica, a cui si oppo- neva, di contro, l’esaltazione della violenza e della guerra, le donne del Futurismo rimasero Marisa Mori, le futuriste e il volo infatti attratte da altre prerogative del movimen- to: così il vitalismo e l’impulso al rinnovamento fotografie archivio privato, Firenze propugnati da Marinetti vennero letti come un’opportunità di riscatto della condizione fem- Chiara Toti ha incentrato i suoi studi sull’arte della prima metà del Novecento, con minile, uno slancio verso l’emancipazione e la li- particolare attenzione al collezionismo e alle tematiche al femminile. Ha curato numerose bertà. Da parte sua Marinetti intravide presto mostre, il catalogo generale di Primo Conti e l’inventario dell’archivio cartaceo del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Si è occupata di didattica dell’arte, prima presso il Polo l’enorme potenziale rappresentato dalle futuri- Museale fiorentino, poi presso la Fondazione Ragghianti con la quale collabora dal 2008. ste nella crescita e nella diffusione del movi- mento, mostrandosi dunque sempre più dispo- nibile ad accoglierle e a lodarne il lavoro. Una delle motivazioni dell’avvicinamento al Fu- turismo della frangia femminile può essere indi- viduata nella ‘svolta romana’ del movimento coincisa con la pubblicazione del manifesto Ri- costruzione futurista del Futurismo (1915) che postulava l’identità tra arte e vita, estendendo la sfera creativa ai più diversi campi di attività e produzione. Si legittimava dunque per le futuri- ste la possibilità di sperimentare le proprie atti- tudini in settori assai vari che si estendevano da quelli prettamente artistici (la pittura o la scultu- 1. ra), ad altri, dalla tessitura alla cucina, che, es- Marisa Mori sendo da sempre appannaggio femminile, ve- nivano ora elevati a nuova dignità. Rimane semmai da valutare quanto in questo processo di adesione ‘postumo’ abbia influito l’esperien- za della Prima guerra mondiale. Sebbene la storiografia moderna non concordi unanime- mente sulla funzione emancipatrice dell’evento bellico, è pur vero che il conflitto aprì scenari inediti: la rottura dell’ordine familiare, sociale e lavorativo portò le donne a ricoprire nuove re- sponsabilità e ad acquisire mobilità e fiducia in se stesse, mostrando la possibilità di una vita autonoma anche economicamente. Fu forse questa sferzata di energia e questo miraggio di libertà, che alla fine del conflitto pur si risolverà in limitatissimi mutamenti, a dare coraggio e a spingere con maggiore ardore le donne ad av- venturarsi in ambito artistico. Ribelli nelle scelte, ma non eccentriche nell’apparire, le futuriste si imposero dunque con determinazione all’inter- no del gruppo, cercando di affermare un’identi- tà indipendente: significativa a tal proposito la scelta ricorrente di firmare le opere con il solo 1 53 2. nome di battesimo (da Benedetta a Barbara a sponderanno anche le creazioni di Giannina Valentine de Saint Point, 1914 Regina), in contrasto con quella cultura patriar- Censi per la danza e di Regina per la scultura. 3. cale che il fascismo andava nel frattempo in- La prima si fece interprete, nel 1931, dell’aero- Regina, Danzatrice, 1930 centivando. Non formarono mai un gruppo danza, già teorizzata da Marinetti nel Manifesto 4. coeso e fu anche per questo che la loro espe- della danza futurista del 1917, ma fino ad allora Marisa Mori con Tullio d’Albisola, Mino Rosso e F. T. rienza venne dimenticata in modo ancora più mai portata in scena: una coreografia moder- Marinetti (sulla parete di fondo, a sinistra, Suonatore radicale di quanto sia avvenuto per i colleghi nissima nella quale con passi disarmonici veni- di jazz, a destra, Aviatrice che cade) uomini. Bisognerà infatti attendere gli anni Ot- va mimato il movimento di un aereo mentre 5. tanta del Novecento, con il diffondersi degli wo- composizioni rumoristiche in tema accompa- Marisa Mori, plastico per il cortometraggio Sintesi dell’Isola d’Elba men’s studies, per assistere anche in Italia al gnavano la performance. Regina invece, sem- lento recupero della loro storia, recupero che pre intorno agli anni Trenta, cominciò ad utiliz- ancora oggi si basa su una manciata di testi in- zare per le sue sculture materiali poveri (latta, cunabolo1. Tali studi offrono una panoramica stagno, celluloide, alluminio declinati però in assai varia sul mondo delle futuriste che, acco- soggetti di poesia quotidiana o in composizioni munate da una condizione sociale agiata, ma astratte) perfettamente coerenti con la coeva differenziandosi per stili di vita e luoghi di resi- apologia delle macchine e dello sviluppo indu- denza – dalla città alla provincia dove anche striale, derivata dall’accrescimento esponenzia- borghesissime madri di famiglia si accendeva- le non solo del settore aeronautico, ma anche no di fugaci entusiasmi ai comizi di Marinetti – di quello navale. Allora, la condizione imprescin- dimostrarono tutte una grande sete sperimen- dibile per interpretare tali suggestioni sembrava tatrice, cimentandosi in settori eterogenei di essere l’averle vissute davvero. E così il volo produzione. Valentine de Saint Point, musa e acrobatico – o, nel caso di Regina, le corse in amante di Marinetti, fu la prima a intraprendere lambretta – diventano un passaggio obbligato quell’esperienza in tempi ancora antesignani, per le futuriste, un’esperienza da sperimentare ideando una forma di teatro sincretico, in cui si in prima persona3. fondevano parole, danze, luci, musica, e redi- Fu così anche per Marisa Mori4 che approdò al gendo due manifesti, il Manifesto della donna Futurismo avendo già una solida formazione al- futurista (1912) e il Manifesto della lussuria le spalle. Un’esistenza anche in questo caso (1913) nei quali, pur permanendo la demoniz- densa di avvenimenti, innestati su una persona- zazione marinettiana del femminismo e del ro- lità da un lato di evidente eccezionalità, dall’al- manticismo, si proclamava la completa parità tro di solida normalità che la rende particolar- tra uomo e donna. Solo intorno al 1916 si assi- mente affine alla sensibilità odierna. Certo sin- sterà tuttavia ad un ingresso più consistente golare fu il suo trascorso in due dei principali 2 delle futuriste nelle fila del movimento. Centro di contesti di riferimento per le artiste del Nove- aggregazione si rivelò allora la rivista «L’Italia Fu- cento: la scuola torinese di Casorati e il Futuri- turista» che, facendo leva su una componente smo di Marinetti, ambienti assai diversi tra loro, esoterico-simbolista, raccolse intorno a sé la come lo erano d’altra parte i loro mentori – Ca- scrittrice Maria Ginanni, le ‘tavolibere’ Irma Va- sorati posato, icastico, Marinetti vulcanico e ca- leria e Rosa Rosà e la poetessa Fanny Dini. In leidoscopico – ma accomunati da una medesi- campo letterario mosse i primi passi anche Be- ma impostazione androcentrica. nedetta Cappa, compagna dal 1918, e poi Marisa Mori, nata a Firenze nel 1900, si trasferì sposa dal 1923, di Marinetti2. Fiera della sua in- a Torino con la famiglia alla fine della Prima dipendenza tanto da rifiutare l’ingombrante co- guerra mondiale e lì, nel 1925, dopo varie espe- gnome coniugale, Benedetta si espresse in vari rienze didattiche fallimentari, si presentò a Ca- ambiti con contributi innovativi – a lei si deve sorati che l’accolse nella sua scuola gineceo di l’invenzione delle tavole tattili – per poi concen- via Mazzini, poi di via Galliari, della quale face- trarsi sull’aeropittura, stile codificato dall’omoni- vano già parte Nella Marchesini, Daphne Mau- mo manifesto del 1929. Tra gli anni Venti e i gham, Elena Salvaneschi, Giorgina Lattes5, tut- Trenta la maggior parte delle futuriste aderirono te esponenti della buona borghesia cittadina. Si 3 infatti a quell’ondata di fervore industrial-tecno- trattava di un luogo magico, ricordato dalle cro- logico che pervase il movimento in parallelo ai nache del tempo come una sorta di convento successi dell’aeronautica italiana che allora de- laico in cui le allieve, omologate dal grembiule stava grande ammirazione per le sue imprese grigio di ordinanza e dal divieto di portare truc- (trasvolate, voli acrobatici), per le macchine vo- co, vagavano in una sorta di gipsoteca d’acca- lanti e per i temerari piloti. Ne discese una nuo- demia metafisica, di un candore assoluto se va visione del cosmo che in pittura si tradusse non per una porta e una finestra tinte d’azzurro. in visioni sinteticamente trasfigurate di paesaggi Casorati, in veste di amico e di maestro, vigilava visti dall’alto o in prospettive acrobatiche volte a sulle allieve, imponendo lunghi esercizi di dise- restituire l’ebbrezza del volo. A questi impulsi ri- gno dal vero, sempre svolti in un silenzio asso- 54 LUK 17.2011 4 luto, basati soprattutto sulla ricerca di forme po a lungo imbrigliata nel rigore di via Galliari. pure. Così le opere realizzate da Marisa durante Così anche grazie alla sua solida formazione, la quel periodo (1925-1931), pur non mancando Mori realizzò in brevissimo tempo e con slancio di evidenti rimandi casoratiani, mostrano anche un gran numero di opere futuriste, ottenendo il maturarsi di una cifra personale che si riscon- già nell’aprile 19327 alla Galleria Codebò una tra in un languore malinconico che pervade allo sezione personale con quindici opere. Nell’oc- stesso modo i ritratti familiari come le desolate casione l’artista presentò i vari orientamenti del- marine, stese in una materia luminosissima, la sua nuova ricerca, dalle composizioni al limite calcinata e un po’ rugosa, talvolta interrotta da dell’astrattismo in cui, come teorizzato nel ma- profondi sbattimenti d’ombra.