AUTORITA’ AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE Provincia di VARESE INDICE

1 PREMESSA ...... 4 2 ACQUISIZIONE DATI IDROGEOLOGICI ED IDROCHIMICI E CRITICITÀ RISCONTRATE ...... 6 2.1 QUADRO GENERALE ...... 6 2.2 ORGANIZZAZIONE DELLA FASE DI ACQUISIZIONE DATI ...... 7 2.3 CRITICITÀ RISCONTRATE ...... 7 3 CARATTERI METEOCLIMATICI...... 9 3.1 CENNI DI CLIMATOLOGIA REGIONALE...... 9 3.2 SUDDIVISIONE METEOCLIMATICA DELLA PROVINCIA DI VARESE ...... 11 3.3 REGIME PLUVIOMETRICO DELLA PROVINCIA DI VARESE ...... 14 3.4 INTERDIPENDENZA PRECIPITAZIONE/FALDA ACQUIFERA ...... 22 3.5 MACROCICLI E REVERSIBILITÀ DEI FENOMENI DI MAGRA ...... 25 4 CARATTERI IDROGEOLOGICI DELLA PROVINCIA DI VARESE...... 27 4.1 GEOLOGIA ...... 27 4.1.1 Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 27 4.2 IDROGEOLOGIA...... 34 4.2.1 Classificazione delle unità idrogeologiche nei litotipi permeabili per porosità...... 35 4.2.1.1 Classificazione della successione idrogeologica...... 35 4.2.1.2 Unità idrogeologiche...... 37 4.2.2 Classificazione idrogeologica delle reti acquifere...... 39 4.2.3 Classificazione idrogeologica degli acquiferi ...... 48 4.2.3.1 Settore montano ...... 48 4.2.3.2 Settore collinare ...... 51 4.2.3.3 Settore di pianura...... 52 4.2.4 Sezioni idrogeologiche...... 54 4.2.4 Piezometria...... 70 4.2.5 Ricostruzione dell’andamento della base dell’acquifero superiore...... 81 4.2.6 Mappatura e valutazione quantitativa delle risorse idriche ...... 84 4.3 CARATTERIZZAZIONE IDROCHIMICA DELLA FALDA ...... 86 4.3.1 Premessa e metodologia di lavoro...... 86 4.3.2 Individuazione dei parametri e della normativa di riferimento...... 89 4.3.3 Individuazione delle problematiche...... 92 4.3.3.1 Settore Montano...... 92 4.3.3.2 Settore collinare ...... 95 4.3.3.3 Settore di pianura...... 99 4.3.3.4 Settore di confine meridionale – Provincia di Milano...... 113 4.3.4 Individuazione delle aree qualitativamente idonee ai fini idropotabili ...... 115 4.4 ACQUE SUPERFICIALI ...... 122 4.4.1 Inquadramento areale...... 122 4.4.2 Bacini idrografici...... 122 4.4.3 Classificazione delle acque superficiali dei PTUA...... 123 4.4.4 Laghi...... 129 4.4.4.1 Il Lago Maggiore ...... 129 4.4.4.2 Il Lago di ...... 133 4.4.4.3 Lago di Varese...... 135 4.4.4.4 Laghi minori ...... 137 4.4.5 Corsi d’acqua ...... 142 4.4.5.1 Idrografia provinciale...... 142 4.4.5.2 Reticolo idrografico principale ...... 144 4.4.5.3 Stato qualitativo ...... 147 4.4.6 Captazione da acque superficiali...... 148 4.4.6.1 Normativa di riferimento ...... 148 4.4.6.2 Captazioni esistenti...... 149 1

4.4.6.3 Considerazioni sulle potenziali captazioni idropotabili...... 151 4.4.7 Individuazione dei corpi idrici superficiali potenzialmente idonei ai fini idropotabili ...... 154 5 IDENTIFICAZIONE DELLE AREE DI CRISI QUALI-QUANTITATIVA...... 155 5.1 REGIME PLUVIOMETRICO DELL’ULTIMO QUADRIENNIO ...... 155 5.2 IMPATTO DEI PRELIEVI IN ATTO ...... 157 5.2.1 Distribuzione del prelievo per settori idrogeologici...... 157 5.2.2 Distribuzione del prelievo in rapporto alla falda captata ...... 159 5.3 ANALISI DELLE CAUSE DELLE CRISI ACQUEDOTTISTICHE...... 161 5.3.1 Reti acquedottistiche che hanno evidenziato problemi di approvvigionamento ...... 165 6 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERESSE ACQUEDOTTISTICO...... 167 6.1 CRITERI DI INDIVIDUAZIONE...... 167 6.2 ULTERIORI CRITERI DI SVILUPPO ACQUEDOTTISTICO ...... 171 6.3 LOCALIZZAZIONE DELLE PRINCIPALI DORSALI ACQUEDOTTISTICHE ...... 172 6.4 PROGETTI DI VALENZA COMPRENSORIALE...... 179 6.4.1 Acquedotto provinciale di emergenza – Settore Sud-Est – Saronnese...... 179 6.4.2 Acquedotto provinciale di emergenza – Settore Ovest – - Malpensa...... 181 6.4.3 Acquedotto provinciale – Settore centro-occidentale – sbocco Valcuvia...... 183 6.4.4 Acquedotto provinciale – Settore settentrionale: presa da lago, tra Luino e Germignaga ...... 186 6.4.5 Acquedotto provinciale – Settore occidentale: presa da lago nei pressi di Barza (Ispra)...... 187 6.4.6 Acquedotto provinciale – Settore nordorientale: opera di presa nel Lago di Lugano ...... 188 6.5 PROGETTI DI INTERESSE LOCALE ...... 190 6.5.1 Criteri di valutazione...... 195 7 MODALITA’ DI ACQUISIZIONE E COMPLETAMENTO DELLE CONOSCENZE IDROGEOLOGICHE...... 196 7.1 RETE DI MONITORAGGIO PIEZOMETRICO E CHIMICO A SCALA PROVINCIALE ...... 196 7.1.1 Reti di monitoraggio esistenti ...... 196 7.1.2 Criteri d’impostazione della nuova rete di monitoraggio...... 202 7.1.3 Rete di monitoraggio proposta ...... 203 7.1.4 MODALITA’ DI ESECUZIONE DEI PUNTI DI MONITORAGGIO DI NUOVA REALIZZAZIONE...... 207 7.2 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERESSE AI FINI DELLA MODELLIZZAZIONE DELL’ACQUIFERO ...... 210 7.2.1 Identificazione delle aree del modello ...... 211 7.2.2 Definizione della discretizzazione spaziale e temporale del modello ...... 213 8 DOCUMENTAZIONE TECNICA ESAMINATA (BIBLIOGRAFIA)...... 215

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ALLEGATI

All. 1: Schede comuni (su file) All. 2: Catasto captazioni provinciali (su file) All. 3: Quote piezometriche (campagna giugno 2000) All. 4: Mappatura della base dell'acquifero superficiale All. 5: Dati di sollevato riferiti all’anno 2005 All. 6: Parametri idrochimici (su file) All. 7: Carte della distribuzione dei contaminanti All. 8: Rete di monitoraggio piezometrico

TAVOLE

Tav.1 - Geologia scala 1:50.000 Tav.2 – Idrogeologia scala 1:50.000 Tav 3 – Sezioni idrogeologiche Tav 4 – Idrochimica scala 1:50.000 Tav 5 – Distribuzione prelievi anno 2005 scala 1:50.000 Tav 6 – Aree e progetti di valenza comprensoriale scala 1:50.000 Tav 7 – Proposte di rete di monitoraggio e individuazione delle idrostrutture di futura modellizzazione scala 1:50.000

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1 PREMESSA

L’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (AATO) di Varese, al fine di predisporre un Piano d’Ambito che fosse il più coerente possibile con la reale situazione delle fonti di approvvigionamento idrico del territorio provinciale, ha ritenuto opportuno, anche alla luce delle ripetute emergenze idriche di questi ultimi anni, approfondire le conoscenze relative allo stato della “risorsa idrica” nella sua condizione quantitativa, qualitativa distributiva e gestionale.

A tale scopo ha affidato a Polo Scientifico Tecnologico Lombardo S.p.A. di effettuare il presente “STUDIO IDROGEOLOGICO ED IDROCHIMICO DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI VARESE”, a supporto delle scelte di gestione delle risorse idropotabili.

Polo Scientifico Tecnologico Lombardo S.p.A, per la redazione di tale studio si è avvalso delle seguenti collaborazioni professionali:

− Dott. Geol. Enzo Visco, coordinatore tecnico del gruppo di esperti − Idrogea Servizi S.r.l., Dott. Alessandro Uggeri, collaboratore Dott. Dante Brogioli − Studio Idrogeotecnico Associato S.a.s., Dott. Geol. Efrem Ghezzi e Dott. Geol. Piero Breviglieri − Dott. Geol. Marco Parmigiani, collaboratore tecnico Dott.ssa Viviana Pozzi − Dott. Geol. Alberto Venegoni, collaboratore Dott. Geol. Simone Anzini

Lo studio si è sviluppato attraverso un percorso di interscambio informativo dinamico fra il gruppo di esperti ed AATO, tanto da avere concordato in corso di sviluppo e realizzazione del piano un riorientamento ed accrescimento dei contenuti, che ha portato alla costruzione del presente studio, più consono alle esigenze contingenti e future della stessa AATO, strumento di immediata fruizione.

Particolare attenzione è stata quindi dedicata ai tre contesti di seguito indicati.

Acquisizione dei dati: attività apparentemente asettica, ha invece privilegiato il contatto ed il coinvolgimento diretto di Comuni e Gestori al fine della elaborazione dei dati idrogeologici, idrochimici e gestionali degli acquedotti alla scala dell’intero territorio provinciale.

Elaborazione finalizzata alle priorità condivise con AATO: proposte d’intervento per la soluzione delle problematiche di carenza idrica sia a livello comprensoriale che locale, funzionali al loro recepimento nel contesto della stesura del Piano d’ambito. Ci si riferisce in particolare allo stato degli acquedotti e dei fabbisogni, nonché all’approfondimento e finalizzazione delle informazioni inerenti le aree di crisi e di riserva acquedottistica. Sulla base di distribuzione e valenza di queste ultime, si sono indicati i progetti atti alla integrazione delle fonti provinciali secondo il principio della differenziazione e sostenibilità dei nuovi prelievi anche in condizioni di emergenza idrica. Infine, si sono riepilogati i progetti di acquedotto (fonti e reti) di interesse locale, che, seppur ad un diverso grado di attuazione e dettaglio, rappresentano ad oggi le priorità per una migliore efficienza e sicurezza dei servizi di acquedotto. 4

Lo studio: il prodotto del lavoro sviluppato ha acquisito valore aggiunto grazie alla stretta condivisione fra AATO ed il gruppo di esperti. Durante le fasi finali di completamento ed arricchimento dei contenuti si è potuto validare la significatività e la rappresentatività dello studio, oltre che della metodologia applicata all’approccio con il territorio ed alla elaborazione dei dati. La scelta operata anche in merito alla rappresentazione grafica ed alla costruzione del data base ha prodotto strumenti immediatamente fruibili da AATO, che verranno opportunamente resi disponibili alle amministrazioni comunali ed agli enti gestori che potranno beneficiare delle informazioni a supporto delle scelte di pianificazione per i propri territori.

Lo studio che si presenta non ha la pretesa di essere esaustivo in merito a tutte le conoscenze relative allo stato della “risorsa idrica”, deve invece intendersi quale riferimento fondamentale per successive analisi ed approfondimenti mirati alla definizione di interventi specifici a supporto della pianificazione d’ambito, così anche quale riferimento e base per la costruzione di modelli matematici previsionali di gestione e di controllo delle risorse idriche del territorio.

Polo Scientifico Tecnologico Lombardo s.p.a.

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2 ACQUISIZIONE DATI IDROGEOLOGICI ED IDROCHIMICI E CRITICITÀ RISCONTRATE

2.1 Quadro generale

Per l’attuazione di quanto descritto in premessa, sin dalla prima fase del presente studio si è dato corso alla raccolta dei dati e delle informazioni ritenute necessarie e funzionali al conseguimento degli obiettivi prefissati.

L’attività è stata impostata per rispondere a quanto contemplato dal contratto al punto 1.3 “Avvio acquisizione dati presso Comuni, Arpa, Provincia ed Enti gestori” della Fase 1 “Impostazione indagine ed analisi preliminari”.

Pertanto una volta stabilito lo schema dei dati da richiedere, sono state redatte ed inviate apposite lettere che, oltre alla presentazione degli scopi generali del lavoro e alla presentazione del gruppo tecnico di lavoro, fornivano l’elencazione dei documenti e delle informazioni tecniche a cui si richiedeva l’accesso.

Nella successiva tabella sono elencati gli Enti destinatari delle suddette comunicazioni.

ENTI GESTORI DI ACQUEDOTTO COMUNI AGESP TUTTI 141 COMUNI DELLA PROVINCIA ASPEM CASTIGLIONE OLONA SERVIZI ALTRI ENTI LURA AMBIENTE ARPA DIP. VARESE S.A.P. ARPA DIP. COMO SARONNO SERVIZI PROVINCIA DI VARESE SOGEIVA AATO PROVINCIA DI MILANO AMSC AATO PROVINCIA DI COMO ASSC (Samarate) SOLBIATE OLONA SERVIZI AMGA LEGNANO CAP GESTIONE VICLISA METANIFERA GAVIRATE Tabella 2.1

Successivamente all’inoltro delle comunicazioni sono stati intrapresi contatti telefonici per agevolare gli aspetti pratici connessi con l’attività di acquisizione dei dati. Ovviamente si è data priorità alle informazioni di carattere comprensoriale che potevano essere fornite direttamente dagli Enti gestori di acquedotto, dalla Provincia di Varese e dai dipartimenti provinciali dell’ARPA.

A completamento del quadro conoscitivo preliminare i professionisti hanno inoltre messo a disposizione e condiviso i dati specifici di cui disponevano in relazione a precedenti studi, progetti o indagini tecniche svolte nell’ambito della propria attività professionale nei comuni della Provincia 6

di Varese.

L’attività sopra descritta ha consentito di costituire un primo “database” di informazioni tecniche che è stato successivamente aggiornato, in concomitanza con la stesura della Fase 2 dello studio, sulla base dei dati reperiti presso i singoli Comuni con i quali si è stabilito un contatto diretto.

2.2 Organizzazione della fase di acquisizione dati

L’organizzazione della fase di raccolta dati ha previsto innanzitutto l’assegnazione di un certo numero di contatti (Enti gestori e Comuni) a carico di ciascun referente tecnico costituente il gruppo di lavoro. L’assegnazione ha seguito criteri di opportunità logistica o convenienze legate a rapporti professionali già in essere con i soggetti amministrativi interessati, in modo da risultare il più possibile efficace, celere e priva di rischi di duplicazione di informazioni tecniche già acquisite e disponibili.

Tale approccio ha determinato una certa autonomia e indipendenza di ciascun referente tecnico nell’attuazione di questa fase di lavoro che tuttavia si è deciso di monitorare e condividere tra i tecnici per non perdere la visione d’insieme a livello di attività prodotta globalmente dal gruppo di lavoro. Quale strumento pratico per coadiuvare il monitoraggio relativo allo stato d’avanzamento della raccolta dati, si è pertanto redatto uno schema tabellare appositamente strutturato per contenere in forma sintetica le informazioni atte a tale scopo.

Il risultato finale della fase di raccolta dati è pertanto ben rappresentato dalle informazioni contenute in forma sintetica in ciascuna scheda redatta per ogni Comune e riportata in Allegato 1 (fornito al committente su supporto informatico).

2.3 Criticità riscontrate

La fase di raccolta dati non ha presentato difficoltà particolari. Tuttavia una fase di lavoro così importante, necessaria ed essenziale per le successive elaborazioni, ha comunque contemplato una serie di criticità, non solo di natura tecnica e/o logistica ma anche di natura giuridica e culturale, che ha richiesto specifico impegno per il buon esito finale.

Aspetti tecnici

Innanzi tutto la specificità dei dati richiesti a Comuni ed Enti ha obbligato a chiarimenti e spiegazioni da fornire ai Funzionari incaricati degli Enti stessi affinché non venissero forniti dati errati, approssimativi o non adeguatamente aggiornati, trascurando magari parte delle informazioni di importanza fondamentale ai fini dello studio.

In alcuni comuni, presso gli uffici tecnici la cattiva archiviazione e organizzazione dei dati, unitamente al continuo susseguirsi negli anni di funzionari diversi ha fatto si che non sempre tutti le informazioni da noi richieste fossero acquisibili nella loro interezza.

Inoltre, spesso i dati provenienti da Enti o uffici diversi, ancorché facenti parte dello stesso Ente, 7

presentavano formati e strutture differenti, anche quando forniti con modalità informatiche.

Ciò ha ostacolato e complicato la creazione di una “database” univoco per tutto il territorio provinciale dell’AATO. A titolo di esempio, una difficoltà tecnica di non poco conto è rappresentata dalla necessità di collegare i dati relativi alla denominazione ed ubicazione geografica di fonti di approvvigionamento idrico (pozzi e sorgenti), estratti dal database provinciale, con i dati relativi al chimismo delle acque di tali fonti , estratti dal database dell’ASL o dell’ARPA.

Non esiste infatti un codice univoco di identificazione di questi due “temi” (denominazione/ubicazione di un pozzo e relativa analisi) che permette l’automatica associazione di informazioni. Pertanto tale univocità è stata creata appositamente per le elaborazioni del presente studio, mediante criteri di associazione sulla base dell’esame capillare (e manuale) dei suddetti database.

Altri aspetti

Un aspetto di carattere non tecnico ma che è risultato molto limitante l’attività di raccolta dati è stato determinato dagli aspetti autorizzativi.

Per diversi Enti e per molti Comuni (in particolare quelli con gestione esterna del servizio idrico) la disponibilità dei dati è stata notevolmente rallentata dalla necessità di chiarire, da parte loro, quale fosse il soggetto autorizzato a divulgare e trasmettere i dati richiesti o se vi fosse legittimità delle richieste avanzate e compatibilità di esse con le norme di tutela dei dati personali e sensibili.

Va rilevato che tali situazioni, ancorché affrontate con sollecitudine, sono state chiarite dopo un significativo periodo di tempo, nel corso della Fase 2 dello studio.

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3 CARATTERI METEOCLIMATICI

Allo scopo di formulare considerazioni di carattere meteoclimatico a supporto delle finalità generali del presente studio, sono stati elaborati dati di base, con particolare riferimento a misure pluviometriche, provenienti da enti pubblici e privati sia di livello nazionale che locale, e sono stati consultati rapporti pubblicati circa le tematiche in oggetto relativi alle seguenti pubblicazioni:

• Rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Lombardia 2001 – ARPA Lombardia • I° programma regionale di previsione e prevenzione, Meteorologia e Clima – ERSAL Servizio Meteorologico Regionale (1998) • Profilo climatico dell'Italia – S. Petrarca, F. Spinelli, E. Cogliani, M. Mancini (1999) • Carta delle precipitazioni medie, massime e minime annue del territorio alpino della Regione Lombardia (registrate nel periodo 1891 – 1990) – Ceriani M., Carelli M. – Regione Lombardia • Rainfall fluctuations over and their association with solar activity – Mazzarella A., Palumbo F. (1992)

Dati pubblicati da:

• Centro Meteo Lombardo – www.centrometeolombardo.com • SCIA – Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale – www.scia.sinanet.apat.it • ARPA – Servizio meteorologico regionale – www.arpalombardia.it/meteo/meteo.asp

3.1 Cenni di climatologia regionale

Le caratteristiche geografiche della Regione Lombardia e il contesto in cui sono inserite costituiscono una serie di elementi fondamentali ai fini della caratterizzazione climatica del territorio: • la vicinanza del Mediterraneo, dal quale provengono masse di aria umida e mite; • la vicinanza dell’area atlantica, anch’essa fonte di masse di aria umida e relativamente mite, ma generalmente più fredda di quella che staziona sul Mediterraneo; • la vicinanza della massa continentale europea, che nella stagione invernale è fonte di masse d’aria fredda; • la conformazione a catino con apertura verso est della pianura padana che favorisce l’ingresso delle masse d’aria fredda provenienti dal continente europeo, • la presenza dell’arco alpino e dell’Appennino settentrionale, barriere in grado di creare notevoli discontinuità nelle masse d’aria; • la presenza di tutti i principali laghi prealpini italiani con peculiari effetti mesoclimatici; • la presenza di una delle principali valli alpine con direzione est-ovest (la Valtellina) e di alcune grandi valli con direzione nord-sud (Ticino, Val Chiavenna, Val Camonica) in grado di influenzare la circolazione nella bassa e media troposfera.

Per effetto delle sue caratteristiche geografiche, quindi, la nostra regione risulta aperta alle circolazioni dei venti a ovest verso il Piemonte, a est e sud – est verso il Veneto e L’Emilia, mentre lungo l’asse nord – sud la circolazione è fortemente limitata a causa della presenza della catena 9

alpina. Infatti, l’arco alpino, che delimita a nord la pianura padana, costituisce una barriera difficilmente valicabile dalle perturbazioni atlantiche, che si spostano da ovest verso est interessando l’area Europea. Ciò conferisce caratteri di elevata stabilità alle masse d’aria della pianura, con particolare evidenza nel periodo invernale ed in quello estivo. In inverno in particolare si riscontra un’elevata frequenza di nebbie e di gelate associate a fenomeni di inversione termica nei bassi strati, mentre in estate il tempo è caratterizzato dalla distribuzione relativamente uniforme della pressione (campi a debole gradiente o campi livellati). In estate, inoltre, si assiste ad elevati accumuli di energia nei bassi strati in forma di vapore per effetto dell’intenso soleggiamento. Tali accumuli, favoriti dalla presenza di una fitta rete idrica superficiale e di vaste aree a colture irrigue, fanno sì che instabilizzazioni di entità relativamente modesta (per esempio irruzioni di aria più fredda nella media troposfera) possano dar luogo ad attività temporalesca anche intensa, accompagnata da vento forte, rovesci e grandinate.

Oltre all’attività temporalesca estiva, le principali situazioni di tempo perturbato in Lombardia sono causate da saccature (depressioni a forma di V) alimentate dal flusso perturbato atlantico ed i minimi isolati sul Mediterraneo (fra cui rientrano le depressioni del Golfo di Genova). In particolare, il maggior contributo alle precipitazioni della regione è dato da condizioni di flusso perturbato meridionale, di norma associate a saccature che, transitando da ovest verso est, interessano il Mediterraneo centro-occidentale: in tali condizioni si assiste all’isolamento di minimi depressionari sul Golfo di Genova (ciclogenesi sottovento alle Alpi) che esercitano un caratteristico effetto volano, determinando il protrarsi delle condizioni di tempo perturbato. Anche altri tipi di depressioni isolate presenti sul Mediterraneo, quali ad esempio le depressioni africane, influiscono sul quadro precipitativo della Lombardia.

Le situazioni perturbate sopra descritte, anche se particolarmente frequenti nei periodi autunnale e primaverile, possono manifestarsi in qualunque periodo dell’anno. Da ricordare in particolare le perturbazioni intense, note con il nome di tempeste equinoziali, che ad inizio autunno o inizio primavera segnano la “rottura” del tempo al termine della fasi di maggior stabilità estiva o invernale.

Nella Regione Lombardia hanno origine due mesoclimi estremi, molto differenti tra loro: il mesoclima alpino e il mesoclima padano. Quest’ultimo a sua volta si distingue in mesoclima padano propriamente detto e mesoclima insubrico, tipico della zona dei laghi prealpini. Globalmente, per l’area alpina e prealpina, si può parlare di clima continentale, con forti escursioni termiche diurne, piogge piuttosto abbondanti (spesso superiori ai 1000 mm/anno) concentrate soprattutto nel semestre estivo, anche se in realtà il clima dell’area varia in modo sostanziale da zona a zona sia a causa delle diverse altitudini sia per effetto dell’esposizione. Le condizioni climatiche padane sono sostanzialmente di tipo continentale (anche se non paragonabile a quello delle aree continentali interne), con inverni rigidi ed estati calde, elevata umidità specie nelle zone con più ricca idrografia, nebbie frequenti specie in inverno, piogge piuttosto limitate (600-1100 mm/anno) e relativamente ben distribuite durante tutto l’anno; la ventosità è ridotta e frequenti sono gli episodi temporaleschi estivi. La distribuzione annuale delle precipitazioni nell’area a clima padano presenta due massimi, uno principale in autunno (intorno a ottobre – novembre) ed uno secondario in primavera (intorno a maggio – giugno). La sub-area dei laghi si distingue dal rimanente territorio della Lombardia sia da un punto di vista pluviometrico che termico, ciò a causa sia dell’effetto di protezione delle Prealpi dai venti più freddi, sia dell’effetto di volano termico offerto dai laghi. 10

3.2 Suddivisione meteoclimatica della Provincia di Varese

La Provincia di Varese racchiude al suo interno tutti e tre i mesoclimi descritti. Il settore montano, ubicato nella porzione settentrionale della provincia di Varese, dai primi rilievi montuosi a Nord del Comune di Varese sino al confine con la Svizzera, è caratterizzato dal clima alpino, mentre il settore di pianura, posto nella porzione meridionale della provincia, è caratterizzato da clima tipicamente padano. Tra questi due estremi, nel settore collinare, ubicato nella porzione compresa tra i primi rilievi montuosi a Nord di Varese e l’alta pianura, presenta una climatologia fortemente influenzata dalla presenza dei laghi.

Il clima nel settore montano può essere così caratterizzato: • radiazione solare intensa; • temperature invernali delle pendici meno rigide di quelle di fondovalle, mediamente tra 0 e 6 °C, in quanto l’aria fredda, più pesante, si raccoglie in basso; • temperature estive poco elevate (min 15 – max 25 °C); • elevata frequenza di condizioni di cielo sereno (circa 175 gg/anno), specialmente in inverno; • venti di incanalamento la cui direzione dipende da quella delle valli (tra questi può essere fatto rientrare il Föhn, vento discendente che diviene man mano più secco e caldo con la sua discesa verso quote più basse); • piogge piuttosto abbondanti, spesso superiori ai 2000 mm/anno, con valori più elevati nella fascia altimetrica compresa tra 500 e 2000 m s.l.m.; • distribuzione delle precipitazioni nel corso dell’anno caratterizzata da un massimo estivo e da un minimo invernale.

In generale, il clima della zona Nord della provincia di Varese, caratterizzata da un sistema di piccole valli prealpine circondate da colli di non più di 1200 m s.l.m., risente dell’influenza di tale sistema che garantisce un maggior ristagno di aria fredda nel periodo invernale e quindi con frequenti episodi nevosi. Durante il periodo estivo invece la presenza dei colli stessi e la vicinanza al sistema alpino vero e proprio permettono l’innescarsi di numerosi fenomeni temporaleschi anche di un certo rilievo pluviometrico. Durante le stagioni intermedie, invece, le correnti da SW incrementano le precipitazioni, soprattutto nelle località poste a mezzacosta sui rilievi.

Il settore di pianura è caratterizzato dal passaggio dal clima prealpino a un clima più prettamente continentale, dominato dall’elevata umidità: • gli inverni sono caratterizzati dalla presenza di uno strato piuttosto spesso d’aria fredda che, in situazioni di scarsa ventilazione, determina la persistenza di formazioni nebbiose che tendono a diradarsi solo nelle ore pomeridiane. In tale periodo le fasi perturbate sono poco frequenti anche se in taluni casi le masse d’aria umida ed instabile associate alle perturbazioni danno luogo a precipitazioni abbondanti, anche nevose. • in primavera si assiste ad episodi piovosi di una certa entità ( mediamente si registrano 100 – 150 mm/mese) che, man mano che la primavera avanza, tendono ad assumere carattere temporalesco. • in estate le temperature elevate associate all’alta percentuale di umidità relativa ed alla

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scarsa ventilazione danno luogo a prolungati periodi di afa. Le precipitazioni estive risultano relativamente frequenti ed a prevalente carattere temporalesco; sono più abbondanti delle precipitazioni invernali, ma risultano più irregolari. • l’autunno è caratterizzato dall’ingresso sull’area padana di intense perturbazioni e le piogge che ne derivano sono in genere di rilevante entità, intorno ai 200 mm/mese. In questo periodo, l’umidità è causa della presenza di banchi anche molto fitti di nebbia, che faticano a dissolversi fino alle ore centrali della giornata.

La presenza dei laghi prealpini nel settore collinare della provincia influisce molto sul clima, sia a livello di precipitazioni, sia a livello termico.

Infatti, in tali aree la temperatura invernale risulta infatti più elevata, in media di circa 2°C, rispetto a quella del settore di pianura, con un ridotto numero di giorni di gelo, mentre in primavera, estate ed autunno, la zona dei laghi risulta in media di 1 – 2°C più fresca rispetto al settore di pianura.

Dal punto di vista precipitativo si osserva che la zona dei laghi presenta un massimo estivo (giugno-luglio) ed uno autunnale molto simili fra loro.

In generale il clima può essere così caratterizzato: • piovosità annua elevata distribuita in particolare nelle stagioni intermedie, con minimi di piovosità in inverno; piovosità annua di circa 1500mm, ed in particolare i mesi più piovosi sono maggio e ottobre ( circa 170mm) mentre quelli più “asciutti” sono dicembre, gennaio e febbraio ( circa 80mm). • la temperatura non raggiunge i valori estremi del clima continentale a causa della mitigazione dei laghi e delle brezze locali. • L’umidità relativa è elevata in prossimità delle zone lacustri e diminuisce mano a mano che ci si allontana da esse; la ventilazione prevalente è quella delle brezze, il vento caratteristico di queste zone è il Fohn che in alcune giornate può raggiungere anche i 25/30 nodi. • forte attività elettrica durante i fenomeni temporaleschi.

Di seguito vengono riportati alcuni grafici sull’andamento medio durante l’anno di temperatura e precipitazioni in alcune località della Provincia.

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mm mm 300 250 200 150 100 50 0 300 250 200 150 100 50 0 Brebbia Cuasso Monte al 96 56 71 183 170 182 116 141 186 239 141 68 4,71,8 5,8 2,7 9,2 5,6 13,7 9,6 18,5 14,0 22,4 17,5 25,3 20,2 23,1 18,6 19,3 15,4 15,3 11,8 9,3 6,5 5,9 2,9 2,8 4,7 9,2 12,6 17,8 21 24 23,1 18,2 13 7 4,6 137 114 191 183 250 209 147 198 237 157 235 71 gen feb mar-1,2 apr -0,4 mag 2 giu 5,4 lug 9,4 ago 12,6 set 15 ott 14 nov 11,5 dic 8,2 3,6 -0,1 gen feb mar-6,7 apr -6,6 -3,28 mag -0,14 giu 5,83 lug 8,38 ago 12,4 set 11 ott 6,77 2,43 nov -2,97 dic -6,4 13,4 17,4 22,4 25,3 26,8 32,2 33,5 33,1 27,9 22,9 17,1 13,4 5 0 5 0

-5 -5 35 30 25 20 15 10 35 30 25 20 15 10

-10

°C

°C

prec. T max T media T min prec. T max T media T min mm

mm 300 250 200 150 100 50 0 300 250 200 150 100 50 0 Venegono Inf. Somma Lombardo Somma 63 73 92 109 125 98 76 88 86 136 117 63 6,21,0 8,5 2,9 13,1 6,9 17,1 10,8 21,5 15,3 25,3 19,0 28,5 21,9 27,6 21,3 23,9 17,8 17,8 12,1 11,3 6,2 7,1 2,0 70 76 114 100 158 124 88 129 105 114 121 61 gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic -4,3 -2,8 0,6 4,4 9,1 12,7 15,3 15 11,6 6,3 1,1 -3,2 6,42,3 8,5 4,2 12,4 7,5 16,8 11,5 20,5 15,1 24,8 19,0 27,8 21,7 26,5 20,8 23 17,7 17,6 12,7 11,1 7,0 7,5 3,4 gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic -1,8 -0,2 2,6 6,1 9,7 13,2 15,6 15 12,3 7,8 2,9 -0,7 5 0

-5 5 0 35 30 25 20 15 10

-5 35 30 25 20 15 10

°C °C prec. T max T media T min prec. T max T media T min

Figura 3.1 13

3.3 Regime pluviometrico della Provincia di Varese

In base all’elaborazione dei dati pluviometrici illustrata nella Carta delle precipitazioni annue, si può notare che le precipitazioni medie annue tendono progressivamente ad aumentare spostandosi dalla pianura padana, verso i rilievi prealpini.

Figura 3.2: Precipitazioni medie – Estratto della Carta delle precipitazioni medie, massime e minime annue del territorio alpino della Regione Lombardia (registrate nel periodo 1891 – 1990)

Località Quota (m) Media (mm) Località Quota (m) Media (mm) Saronno 212 1110,3 Luino 210 1646,1 Busto Arsizio 224 1120,8 Gavirate 284 1686,0 Tornavento 198 1198,8 Ispra 225 1726,5 Gallarate 238 1245,4 Ponte 280 1777,0 Gorla minore 235 1259,6 Santa Maria del Monte 881 1784,1 Presa Ticino 187 1284,4 Roggiano Valtravaglia 380 1799,7 Azzate 320 1300,2 Lago Delio 935 1834,5 Miorina 250 1310,3 Cuasso al Monte 532 1894,2 Vizzola Ticino 221 1320,1 Mesenzana 305 1904,7 Somma Lombardo 286 1413,3 Creva 233 1938,1 Varano Borghi 245 1415,8 Cadero 570 1944,3 Venegono Inferiore 341 1458,2 Cuvio 305 1976,9 Lavena 285 1484,3 Musignano 740 2017,2 Varese 382 1522,5 Marchirolo 505 2114,6 Viggiù 483 1585,1 Vararo 728 2326,7 Tabella 3.1

14

Nella Provincia di Varese (figura sopra) si passa da 1000 – 1200 mm annui nel settore di pianura (Busto Arsizio – 1121 mm/a) a 1200 – 1400 mm/a nel settore collinare a sud di Varese (Azzate – 1300 mm/a) e a 1400 – 1600 mm/a nel settore collinare in corrispondenza della fascia dei laghi (Varese – 1522 mm/a).

La fascia tra Ispra e Campo dei Fiori registra 1600 – 1800 mm/a di pioggia, mentre tutto il settore montano si attesta a 1800 – 2000 mm/a. Sui rilievi si raggiungono i valori più elevati di PMA di tutta la regione con valori sempre superiori ai 2000 mm/a (Vararo – 2327 mm/a; Marchirolo – 2115 mm/a).

Confrontando tale andamento con i valori delle precipitazioni massime annue e delle precipitazioni minime annue conferma, nelle linee generali, le considerazioni sopra riportate.

Figura 3.3: Precipitazioni massime – Estratto della Carta delle precipitazioni medie, massime e minime annue del territorio alpino della Regione Lombardia (registrate nel periodo 1891 – 1990)

15

Località Quota (m) Max (mm) Località Quota (m) Max (mm) Saronno 212 1720,0 Varese 382 2559,5 Busto Arsizio 224 1776,0 Ponte Tresa 280 2560,4 Presa Ticino 187 1830,0 Ispra 225 2568,5 Tornavento 198 1839,5 Gavirate 284 2607,0 Gorla Minore 235 1893,0 Mesenzana 305 2695,0 Miorina 250 2052,4 Musignano 740 2887,0 Gallarate 238 2066,9 Lago Delio 935 2900,0 Vizzola Ticino 221 2090,0 Marchirolo 505 2956,0 Venegono inferiore 341 2207,8 Cadero 570 2970,0 Luino 210 2277,0 Creva 233 3008,0 285 2340,6 Viggiù 483 3099,3 Somma Lombardo 286 2342,0 Cuvio 305 3414,7 Varano Borghi 245 2343,0 Cuasso al Monte 532 3494,0 Azzate 320 2374,2 Vararo 728 3702,5 Roggiano Valtravaglia 380 2444,0 Santa Maria del Monte 881 4033,5 Tabella 3.2

Per quanto riguarda le precipitazioni massime nella Provincia di Varese (figura 3.3), il settore di pianura registra valori via via crescenti da 1600 mm vicino al confine (Busto Arsizio – 1776 mm), fino a 2200 mm nella zona tradatese (Gallarate – 2067 mm).

Il settore collinare, fino alla zona dei laghi ha registrato valori tra 2200 e 2500 mm (Varano Borghi – 2343 mm), mentre la zona tra Ispra e le pendici del Campo dei Fiori registra valori fino a 3100 mm (Gavirate – 2607 mm).

I medesimi valori si registrano anche nella parte più settentrionale della Provincia, (Lago Delio – 2900 mm), mentre il luinese presenta valori paragonabili a quelli intorno al lago di Varese (Roggiano Valtravaglia – 2444 mm).

Il settore che presenta i valori più alti è la zona tra Vararo, Campo dei Fiori e Cuasso al Monte, dove si registrano i massimi valori di tutta la Regione (Santa Maria del Monte – 4033 mm nel 1951).

16

Figura 3.4: Precipitazioni minime – Estratto della Carta delle precipitazioni medie, massime e minime annue del territorio alpino della Regione Lombardia (registrate nel periodo 1891 – 1990)

Località Quota (m) Min (mm) Località Quota (m) Min (mm) Varano Borghi 245 542,0 Cuvio 305 790,0 Viggiù 483 581,0 Miorina 250 850,0 Azzate 320 604,0 Cadero 570 859,0 Santa Maria del monte 881 630,5 Lago Delio 935 902,0 Presa Ticino 187 648,0 Musignano 740 912,0 Tornavento 198 650,0 Ispra 225 940,0 Gallarate 238 651,0 Ponte Tresa 280 964,0 Vizzola Ticino 221 662,0 Lavena Ponte Tresa 285 980,6 Busto arsizio 224 662,8 Venegono Inferiore 341 997,8 Gorla Minore 235 680,0 Roggiano Valtravaglia 380 1020,0 Luino 210 715,0 Creva 233 1114,0 Varese 382 757,0 Marchirolo 505 1205,0 Saronno 212 764,6 Cuasso al Monte 532 1253,0 Somma Lombardo 286 773,0 Mesenzana 305 1291,0 Gavirate 284 779,5 Vararo 728 1538,5 Tabella 3.3

Le precipitazioni minime, invece, presentano una distribuzione più omogenea (figura 3.4): nella fascia che va da Viggiù verso il Lago di Varese e poi prosegue verso sud, nel settore pianeggiante (bacini Arno, Strona e Lenza), si registrano valori compresi tra 500 e 800 mm (Viggiù – 581 mm; Azzate – 604 mm; Varano Borghi – 542 mm nel 1921; Busto Arsizio – 663 mm). Fa eccezione la zona intorno a Venegono Inferiore, che registra valori tra 800 e 1000 mm.

17

Il settore più piovoso risulta essere sempre la fascia tra Vararo e Marchirolo, dove si registrano valori superiori ai 1000 mm (Vararo – 1538 mm; Cuasso al Monte – 1253 mm), mentre la zona tra Luino e Lago Delio si attesta tra 800 e 1000 mm (Lago Delio – 902 mm).

Analizzando la serie storica 1965 – 2006 dei dati pluviometrici registrati a Varese (fonte dati Centro Geofisico Prealpino), si può osservare che le precipitazioni annuali totali oscillano intorno alla media, con un periodo di circa undici anni, riconducibile all'influenza del ciclo dell'attività solare.

VARESE - Serie storica 1965 - 2006 Precipitazioni Annuali

3000

precipitazioni media

2500 media mobile su 5 per.

2000

1500

1000 Precipitazioni totali (mm)

500

0

1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Figura 3.5

L’inizio di questo secolo è caratterizzato da una diminuzione nelle precipitazioni, in parte mascherato dagli eventi alluvionali del 2000 e del 2002.

Nei quattro anni compresi tra il 2003 ed il 2006 si sono concentrati i tre anni più asciutti perlomeno dell’ultimo trentennio: • Nel 2003 le precipitazioni meteoriche sono state di 1232 mm. • Nel 2004 le precipitazioni sono state di 1511 mm, corrispondenti alla media annuale. • Il 2005 è risultato l’anno più asciutto mai registrato dal 1965, con solo 979 mm di pioggia. • Il deficit idrico non è stato recuperato nel 2006 che si è concluso con solo 1096 mm di pioggia.

18

VARESE - Serie storica 2000 - 2003 Precipitazioni mensili

1000

precipitazioni media

media mobile su 12 per. 750

500 Precipitazioni totali (mm)

250

0 ott-00 ott-01 ott-02 ott-03 ott-04 ott-05 ott-06 lug-00 lug-01 lug-02 lug-03 lug-04 lug-05 lug-06 apr-00 apr-01 apr-02 apr-03 apr-04 apr-05 apr-06 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04 gen-05 gen-06

Figura 3.6

Le stesse considerazioni valgono per i dati stagionali.

VARESE - Serie storica 1965 - 2006 Precipitazioni invernali

1200

precipitazioni media

media mobile su 5 per.

800

400 Precipitazioni totali (mm9

0

1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Figura 3.7 In particolare, si può osservare che le precipitazioni nella stagione invernale mostrano una tendenza alla diminuzione di circa 10 – 11 mm ogni 10 anni: gli ultimi tre decenni sono caratterizzati da precipitazioni sotto la media, anche se con valori più altri rispetto alla fase secca degli anni 1960, con picchi di piovosità che tendono progressivamente a smorzarsi col passare degli anni.

19

VARESE - Serie storica 1965 - 2006 Precipitazioni primaverili

1200

precipitazioni media

media mobile su 5 per.

800

400 Precipitazioni totali (mm)

0

1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Figura 3.8 Le precipitazioni primaverili mostrano un andamento più omogeneo, ma in diminuzione rispetto alla media dal 2000 ad oggi (fanno eccezione gli anni 2000 e 2002). Secondo le medie climatiche, in provincia di Varese il periodo di massima precipitazione coincide con la primavera e maggio risulta il mese più piovoso dell’anno con un apporto pari 12- 13% del totale annuo; il periodo tardo – primaverile è in genere caratterizzato da frequenti perturbazioni associate ai primi rovesci e temporali diffusi. Negli ultimi anni, però, soprattutto nella seconda parte di maggio e il mese giugno, si registra un aumento dei periodi stabili, secchi e spesso accompagnati da temperature molto elevate. Questa tendenza è da ricondurre ad una maggiore e anticipata presenza nel bacino del Mediterraneo dell’alta pressione sub – tropicale africana che insieme all’alta pressione delle Azzorre da vita ad un’estesa e stabile area anticiclonica che impedisce il passaggio delle perturbazioni atlantiche sull’Italia.

Un discorso analogo può essere fatto per le precipitazioni estive: dopo il decennio 1992 – 2002, decisamente piovoso, si è registrata una complessiva diminuzione delle precipitazioni, paragonabile al periodo secco tra il 1985 e il 1991. Il calo delle precipitazioni è concentrato soprattutto nei mesi di giugno e luglio, mentre in agosto e settembre si assiste ad un relativo incremento, che però non compensa il calo stagionale.

20

VARESE - Serie storica 1965 - 2006 Precipitazioni estive

1200

precipitazioni media

media mobile su 5 per.

800

400 Precipitazioni totali (mm)

0

1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Figura 3.9

Per quanto riguarda la stagione autunnale si registra una tendenza all’aumento di circa 30 – 35 mm ogni 10 anni: dagli anni 1990 le precipitazioni si collocano costantemente al di sopra della norma, ma la media è fortemente influenzata dagli eventi alluvionali delle annate 2000 e 2002, più che da una reale tendenza di lungo periodo.

VARESE - Serie storica 1965 - 2006 Precipitazioni autunnali

1200

precipitazioni media

media mobile su 5 per.

800

400 Precipitazioni totali (mm)

0

1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Figura3.10 Nel dettaglio si può osservare come, dopo una fase con precipitazioni in diminuzione sino alla fine degli anni 1980, il decennio 1990 – 2000 registra un aumento della piovosità, mentre negli ultimi anni si è registrato il ritorno verso valori pluviometrici nella norma. 21

3.4 Interdipendenza precipitazione/falda acquifera

L’andamento altimetrico della superficie piezometrica (quote di falda) è strettamente connesso al regime pluviometrico, in quanto le precipitazioni costituiscono la principale fonte di ricarica della falda. Ne consegue che la causa principale della crisi idrica di questo ultimo periodo (quadriennio 2003 – 2006) è data in buona parte dal decremento delle precipitazioni complessive ed in particolare di quelle efficaci alla ricarica della falda.

A questo proposito risulta molto chiara l’analisi dei dati pluviometrici registrati a Varese dal 1965 al 2006 (fonte dati Centro Geofisico Prealpino). Il grafico seguente evidenzia in particolare la crisi di precipitazioni verificatasi negli ultimi anni. In particolare, dopo il 2002 (anno più piovoso dall’inizio della serie) si sono succedute alcune annate siccitose, ovvero il 2003, il 2005 (minimo della serie) ed il 2006.

VARESE - Serie storica 1965 - 2006 Precipitazioni Annuali

3000

precipitazioni media

2500 media mobile su 5 per.

2000

1500

1000 Precipitazioni totali (mm)

500

0

1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 Figura3.11

I dati così rappresentati sono indicatori solo approssimativi della ricarica delle falde; infatti la ricarica effettiva dipende anche da altri fattori che, nell’insieme, determinano le condizioni note come precipitazioni efficaci, cioè effettivamente in grado di determinare infiltrazione delle acque nel sottosuolo e quindi influenti sul regime e sull’alimentazione delle falde sotterranee. Le condizioni ideali per la ricarica delle falde, infatti, si hanno con piogge continue, ma non troppo intense: in occasione di piogge torrenziali di breve durata prevale lo scorrimento idrico superficiale a discapito dell’infiltrazione, che invece è più significativa in occasione di eventi meteorici prolungati anche se di minore entità complessiva. Inoltre, a parità di precipitazioni, la ricarica è meno efficace nel periodo estivo a causa della maggiore evapotraspirazione: la coincidenza di un evento piovoso (o nevoso) con condizioni fresche e umide invernali riduce l’aliquota di evaporazione a tutto vantaggio dell’infiltrazione nel sottosuolo a differenza delle condizioni estive di rapida evaporazione; inoltre la coincidenza di un 22

evento con il periodo di sviluppo vegetativo determina un maggior assorbimento d’acqua nel ciclo di evapotraspirazione con riduzione dell’aliquota di infiltrazione.

Nonostante l’analisi sia molto semplificata, le pluviometrie relative all’ultimo ventennio evidenziano come allo stato attuale si stiano raggiungendo i livelli critici osservati nel biennio 1990 – 91, con precipitazioni inferiori alla media. Tale condizione si riflette pertanto in un generalizzato deficit di alimentazione delle falde sotterranee che evidenziano un progressivo decremento dei livelli. La correlabilità di queste condizioni di causa/effetto è osservabile soprattutto per gli acquiferi superficiali ed è facilmente rappresentabile in forma grafica come nel diagramma seguente.

Confronto precipitazioni-soggiacenza falda (1986-2006) VARESE - Pozzi Bevera

3000 -10

precipitazioni Velmaio - 1 2500 -15 Velmaio - 4

2000 -20

1500 -25

1000 -30 Precipitazioni annuali (mm) annuali Precipitazioni Soggiacenza a dicembre (m da p.c.)

500 -35

0 1362,6 1590,3 1396,5 1514,1 1232,8 1256,6 1777,6 1508,2 1567,6 1997,4 1661,1 1283,1 1487,5 1506,8 2287,5 1355,2 2465,1 1232,5 1510,9 978,7 1195,8 -40

1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Figura 3.12 Il grafico riporta, a titolo esemplificativo, l’andamento dei livelli registrato a fine anno in due pozzi alimentanti l’Acquedotto di Varese (acquifero della Bevera) confrontato con i dati pluviometrici annuali, dal 1986 ad oggi. Dal grafico si osserva che, confrontando i dati annuali, l’andamento dei livelli “copia” molto fedelmente l’andamento delle precipitazioni e quindi agli anni più piovosi corrisponde una maggior ricarica della falda e una conseguente minor soggiacenza della superficie piezometrica.

Nel grafico seguente, il confronto tra le soggiacenze (pozzi Bevera) e i dati pluviometrici (dati mensili rilevati alla stazione di Varese) è limitato agli ultimi anni (2003 – 2006): si osserva che a partire dal mese di maggio del 2004 il decremento dei livelli di falda è netto e continuo; tale data, infatti, è da considerarsi come inizio del recente periodo critico. Le precipitazioni degli anni 2000 e 2002 hanno avuto un ruolo di ricarica con ciclo di durata limitato dalla scarsità di precipitazioni negli anni contigui. Va precisato che, raffrontando i dati mensili, la correlazione grafica tra precipitazioni e soggiacenze è meno immediata ed evidente, in quanto i dati pluviometrici non tengono conto delle numerose variabili che influenzano la percentuale di precipitazione efficace rispetto alla precipitazione totale mensile.

23

Confronto precipitazioni-soggiacenza falda (2003-2006) VARESE - Pozzi Bevera

500 -10

precipitazioni Velmaio - 1

400 Velmaio - 4 -15

300 -20

200 -25 Precipitazioni (mm) Precipitazioni Soggiacenza (m da p.c.) (m da Soggiacenza

100 -30

0 -35 lug-03 lug-04 lug-05 lug-06 set-03 set-04 set-05 set-06 nov-03 nov-04 nov-05 nov-06 gen-03 gen-04 gen-05 gen-06 mar-03 mar-04 mar-05 mar-06 mag-03 mag-04 mag-05 mag-06 Figura 3.13 Il medesimo andamento, sia per quanto riguarda le precipitazioni che per il livello della falda, è rilevabile anche nel resto della Provincia. A titolo di esempio si riporta nei grafici seguenti il confronto tra dati pluviometrici e soggiacenze per il settore di pianura (stazione Busto Arsizio e pozzo Rescaldina) e per il settore montano (stazione Luino e pozzo Cittiglio).

Confronto precipitazioni-soggiacenza falda (2003-2006) BUSTO ARSIZIO - Pozzo 1 RESCALDINA

500 -35

precipitazioni Rescaldina - 1 400 -37

300 -39

200 -41 Precipitazioni (mm) Soggiacenza (m da p.c.) Soggiacenza (m da

100 -43

0 -45 lug-03 lug-04 lug-05 lug-06 set-03 set-04 set-05 set-06 nov-03 nov-04 nov-05 nov-06 gen-03 gen-04 gen-05 gen-06 mar-03 mar-04 mar-05 mar-06 mag-03 mag-04 mag-05 mag-06 Figura 3.14

24

Confronto precipitazioni-soggiacenza falda (2004-2006) LUINO - Pozzo 1 Cittiglio

500 -12

precipitazioni Cittiglio - 1

400 * dati mancanti -16

300

-20

200 Precipitazioni (mm) Soggiacenza (m da p.c.) (m Soggiacenza

-24 100

* * 0 -28 ott-06 ott-05 ott-04 dic-06 dic-05 dic-04 giu-06 lug-06 giu-05 lug-05 giu-04 lug-04 set-06 set-05 set-04 feb-06 feb-05 feb-04 apr-06 apr-05 apr-04 nov-06 nov-05 nov-04 gen-06 ago-06 gen-05 ago-05 gen-04 ago-04 mar-06 mar-05 mar-04 mag-06 mag-05 mag-04 Figura 3.15

Con tali riferimenti è possibile analizzare con dettaglio ed interpretare al meglio le dinamiche piezometriche nei diversi settori della Provincia di Varese rinviando a quanto descritto nello specifico capitolo sull’andamento della superficie piezometrica.

3.5 Macrocicli e reversibilità dei fenomeni di magra

Come accennato nel precedente paragrafo, analizzando la serie storica 1965 – 2006 delle precipitazioni annuali totali, è possibile osservare un andamento ciclico delle stesse, generalmente con periodo decennale o ventennale.

Secondo alcune teorie, tale periodicità sembrerebbe essere addirittura legata ai cicli dell’attività solare la quale, normalmente misurata con il numero delle macchie solari, presenta appunto cicli con cadenza di 11 – 22 anni.

L’influenza del Sole sui fenomeni troposferici avviene attraverso la turbolenza del vento solare: un flusso intenso di particelle solari è in grado di ionizzare l’atmosfera, di causare le aurore polari, di produrre vuoti parziali nella troposfera, di alterare la pressione atmosferica al suolo e di influenzare la distribuzione areale dei centri semipermanenti di azione (tipo ad esempio l’anticiclone delle Azzorre).

L’attività solare agirebbe anche sull’attività geomagnetica osservata al suolo, per cui è ritenuto che un’attività geomagnetica intensa, come quella attuale, è in grado di determinare una forte diminuzione della circolazione zonale (i cosiddetti westerly o correnti occidentali) nel bacino del Mediterraneo e un aumento del blocco della circolazione troposferica (anticiclone di blocco).

25

Ovviamente, il cambio di regime nella circolazione atmosferica determina una corrispondente variazione nel regime termo – pluviometrico (Mazzarella, 1998; 1998a).

Il risultato che più interessa il rapporto con le precipitazioni locali è che la stazionarietà dell’anticiclone di blocco genera una situazione detta di blocking che, ad esempio, agendo sull’anticiclone delle Azzorre provoca la deviazione delle perturbazioni atlantiche verso le alte latitudini, favorendo condizioni di bel tempo sull’Italia per lunghi periodi di tempo.

La progressiva diminuzione dell’attività solare, dovuta alle sue variazioni cicliche, determinerà il ritorno del carattere zonale della circolazione nel Mediterraneo e al ritorno progressivo di un regime termo – pluviometrico regolare.

26

4 CARATTERI IDROGEOLOGICI DELLA PROVINCIA DI VARESE

4.1 Geologia

La Carta Geolitologica della Provincia di Varese (Tavola 1) è stata redatta tenendo primariamente in considerazione la sua funzione di carta base per l’idrogeologia a livello provinciale. Essa ha come base la Carta Litologica rilevata negli anni ’80 per conto dell’Amministrazione Provinciale di Varese, improntata a criteri rigorosamente litologici nella discriminazione dei corpi geologici presenti sul territorio.

Se per il basamento e la copertura sedimentaria le unità coincidono con quelle litostratigrafiche in uso nella letteratura geologica, tale approccio litologico non è del tutto soddisfacente nell’ambito del Quaternario, in particolar modo per le aree di transizione alla pianura e di pianura.

Le differenze esistenti nelle sequenze sommitali (coperture loessiche o loessico-colluviali) e nel grado di sviluppo dei suoli, che concorrono a definire le unità allostratigrafiche attualmente in uso nel quaternario continentale e importanti anche ai fini della caratterizzazione idrogeologica (soprattutto in termini di vulnerabilità intrinseca), vengono rese, in termini litologici, in modo artificioso e confuso, spesso non rispondente alla situazione reale. Inoltre, limiti ed estensione delle unità litologiche a volte non coincidono con quelli riportati nella letteratura più recente.

Pertanto, per la realizzazione di questa carta, relativamente al Quaternario, si è privilegiato un approccio integrato, che favorisca il dato litologico, inquadrato però in complessi di tipo alloformazionale, basati sulle principali discontinuità morfologiche e sui parametri pedo- stratigrafici sopra indicati.

Inoltre, per favorire la leggibilità della carta alla scala di restituzione (1:50.000) si sono effettuate le seguenti operazioni:

1) accorpamenti di unità con comportamento idrogeologico simile, sia nell’ambito del substrato che del Quaternario; 2) nei settori montani e in alcuni settori collinari si è privilegiata la rappresentazione delle unità rocciose, che determinano l’idrogeologia locale, rispetto a quelle quaternarie di copertura.

Nella redazione della carta si è tenuto anche conto dei nuovi studi e lavori professionali.

4.1.1 Inquadramento geologico e geomorfologico

Dal punto di vista fisiografico nel territorio varesino sono riconoscibili tre settori:

1) una regione montuosa, coincidente con i rilievi prealpini, che si estende dal limite settentrionale della provincia fino all'allineamento dei gruppi montuosi Sasso del ferro - Campo dei Fiori - M. Monarco – M. Orsa. 2) una regione collinare sviluppata ai piedi delle Prealpi, nella parte mediana della provincia, costituita da dossi rocciosi con abbondanti coperture di sedimenti glaciali nel settore centro occidentale e da altopiani ferrettizzati ad est 27

3) una regione di pianura terrazzata che occupa la restante parte del territorio

Nella parte montana affiorano, in aree nettamente differenziate, il basamento cristallino ed una sequenza prevalentemente sedimentaria di età compresa tra il tardo Carbonifero ed il Cretacico.

Il basamento struttura interamente l'area a Nord dell'allineamento Pian Nave - M. Mazzario ed è costituito da rocce metamorfiche della "Serie dei laghi" suddivise in due distinti complessi ("Strona- Ceneri" e gli "Scisti dei Laghi" (micascisti), entrambi interessate durante l'orogenesi ercinica da un metamorfismo di medio grado.

A Sud dell'allineamento sopraccitato il basamento scompare, ad eccezione di una piccola finestra in corrispondenza di Brinzio; esso viene sostituito nel settore sud orientale (Valle della Rasa, Valganna, tratto terminale della Valceresio) da rocce ipoabissali e vulcaniche di età Permiana, e nella restante parte dell'area montuosa da una potente serie mesozoica, prevalentemente carbonatica.

Nella parte centro occidentale della provincia, immediatamente a Sud dei rilievi prealpini, si estendono depositi quaternari dai quali emergono ampi dossi rocciosi. Nella porzione più settentrionale (fascia tra il Lago Maggiore e Gavirate), i dossi sono ancora strutturati da rocce delle successione mesozoica, mentre più a Sud, tra il Lago Maggiore, il Lago di Monate ed il Lago di Comabbio compaiono formazioni carbonatiche di età eocenica:

Nei settori prossimi ai rilievi prealpini i depositi glacigenici danno origine ad aree subpianeggianti terrazzate, originate durante le fasi glaciali più recenti, con morfologie lateralmente persistenti. Spostandosi verso sud, nella zona dei laghi prealpini, si entra nelle aree di anfiteatro e il paesaggio è dominato dal continuo alternarsi di morene, piane fluvioglaciali e lacustri appartenenti a diverse fasi di espansione glaciale, in complesso rapporto morfologico e stratigrafico.

Nell’area della città di Varese e nel settore orientale della provincia, la situazione geologica differisce nettamente. Nel paesaggio prevalgono altopiani, spesso delimitati da pareti decametriche subverticali, che si spingono nella pianura per parecchi chilometri, incisi dalle valli a fondo piatto dell'Olona e dell'Arno. Alla sommità dei terrazzi più elevati sono presenti suoli molto arrossati e di grande spessore (suoli a "ferretto").

Questi terrazzi, costituiti prevalentemente da depositi fluvioglaciali cementati e da diamicton glaciali, rappresentano antichi livelli della pianura aggradati durante le glaciazioni del Pleistocene Medio. L’intera successione medio-pleistocenica poggia su un substrato gonfolitico, di età Oligo- Miocenica, interessato da depressioni e valli sepolte, ereditate dall’idrografia miocenica, colmate da successioni marine e continentali di età pliocenica. Nella parte più settentrionale del settore (intorno di Varese) è presente una complessa successione glaciale e fluviale, ritenuta espressione di fasi glaciali plioceniche (serie pre-Ceppo), suturata da conglomerati fluviali (Ceppo), estesi fino al limite meridionale della provincia.

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Di seguito si riporta una sintetica descrizione in termini litologici delle unità geologiche distinte, già raggruppate in litosomi a comportamento idrogeologico omogeneo, a partire da quelle più antiche.

Gneiss Sotto questo termine vengono raggruppate tutte le metamorfiti appartenenti al basamento cristallino affiorante nella provincia. I litoltipi maggiormente rappresentati sono costituiti da. - Paragneiss (gneiss minuti) e micascisti: paraderivati, di colore grigio, a struttura minuta, costituiti principalmente da una fitta alternanza di letti quarzoso-felspatici e letti micacei, di spessore submillimetrico. Spesso sfaldabili e scistosi. - Gneiss granitoidi e ortogneiss: ortoderivati, piuttosto massivi, costituiti da quarzo, K- feldspato, plagioclasio e biotite, con struttura flaser e occhiadina. Presentano scistosità grossolana e bassa sfaldabilità.

Vulcaniti Il termine comprende i prodotti del ciclo magmatico tardo ercinico del Varesotto-Luganese, che strutturano il rilievo montuoso nel settore Monte Pianbello-Martica-Berta e in alcune aree limitrofe. Si distinguono: - Vulcaniti acide: tufi riolitici, porfidi e porfiriti, brecce vulcaniche - Granofiro di Cuasso: corpo ipoabissale (tessitura miarolitica), costituito principalmente da quarzo, ortoclasio, biotite, plagioclasio ed elementi mafici. Si ritiene intruso come laccolite nel basamento cristallino, al termine del ciclo magmatico.

Servino Il termine riunisce le formazioni terrigene di età tardo permiana-scitica, limitatamente affioranti nel settore nord-orientale della provincia: - Servino: la formazione è piuttosto eterogenea e comprende arenarie conglomeratiche , arenarie, siltiti e conglomerati. - Formazione di Mesenzana: arenarie, siltiti e conglomerati porfirici

Dolomia di S. Salvatore Formazione di piattaforma carbonatica di età Anisico-Ladinica, costituita dolomie microcristalline e in subordine da dolomie calcaree e dolomie marnose, da massicce a ben stratificate, di colore da grigio chiaro a grigio rosato. La parte inferiore della formazione e’ sottilmente stratificata, con strati piano-paralleli di spessore centimetrico; verso l’alto tendono a prevalere gli strati di maggiore spessore. Lo spessore massimo della formazione è stimato in circa 600 m. L’unita’ affiora diffusamente nella porzione centro-settentrionale della provincia, in particolare modo tra la media Valcuvia ed il versante est del M. Campo dei Fiori.

Formazione di Cunardo Il termine comprende le formazioni terrigene di età Carnica, affioranti nella porzione centro- settentrionale della provincia. - Formazione di Cunardo: irregolari alternanze di dolomie calcaree, dolomie marnose e calcari dolomitici di colore biancastro, sottilmente stratificati, con interstrati marnosi e argillosi. 29

Lo spessore è stimato in 100-150 m. - Marne del Pizzella: l’unità è costituita in prevalenza da marne policrome variamente alternate a calcari marnosi e dolomiti marnose in strati di colore rosato o biancastro. A causa dell’elevata erodibilità dei litotipi, la formazione dà origine a marcati addolcimenti nelle forme del paesaggio. Lo spessore può essere stimato in circa 50 m.

Dolomia Principale Il termine comprende i litotipi prevalentemente dolomitici di età norico-retica, diffusamente affioranti a nord dell’allineamento M. Sasso del Ferro - M. Campo dei Fiori - M. Orsa-Pravello. - Dolomia Principale: sequenza monotona di dolomie microcristalline biancastre o nocciola chiaro, dolomie calcaree e subordinati calcari dolomitici, a stratificazione generalmente massiccia, alternate a dolomie stromatolitiche. La formazione è unanimemente attribuita al Norico; il suo spessore nel varesotto è compreso tra 100 a 400 m. - Dolomia del Campo dei Fiori: calcari dolomitici e dolomie calcaree a stratificazione variabile (da sottile a massiccia), con intercalazioni di argillite marnosa, marna dolomitica e argille policrome. L’unità è attribuita al Retico; il suo spessore varia tra 30 e 80 m.

Calcare di Moltrasio Il termine raggruppa numerose formazioni, prevalentemente calcaree, di età retica e liassica, che strutturano numerosi rilievi nella porzione centrale della provincia (massiccio Pizzoni di Laveno-M.Colonna; M. Campo dei Fiori, M. pian Nave; fianco meridionale della bassa Valcuvia). Esso comprende: - Dolomia a Conchodon (Retico superiore): la formazione e’ costituita da calcari puri, spesso oolitici, di colore chiaro e, in subordine, calcari magnesiaci; presenza di livelli dolomitici basali. Stratificazione massiccia alla base, passante a media verso l’alto. Lo spessore è estremamente variabile, da 10-15 m ad oltre 100 m; la formazione è assente ad est della linea linea Scere’-Valle del Vellone. - Calcare di Saltrio (Lias Inferiore): con tale termine viene indicato da alcuni autori la porzione basale, trasgressiva, del Calcare di Moltrasio, costituita da calcareniti e calcari marnosi bioclastici, con frammenti rimaneggiati del substrato triassico. Lo spessore si aggira attorno ai 20 m. - Calcare di Moltrasio (Lias): si tratta della formazione sedimentaria che raggiunge la massima estensione areale nel varesotto. Essa, nota in letteratura anche come “Calcare Selcifero Lombardo” è costituita da calcareniti e calcari marnosi selciferi, di colore grigio scuro, a stratificazione media o, localmente, massiva. L’elemento caratterizzante è costituito da un elevato contenuto in selce, diffusa nella matrice carbonatica o concentrata da processi diagenetici in noduli, lenti e liste. Lo spessore è della formazione è molto elevato e risulta nell’ordine di parecchie centinaia di metri. - Calcare del Domaro (Lias): la formazione è costituita da calcari marnosi grigiastri, con spessi interstrati di marne, poco o non selciferi, a prevalente stratificazione media. Il rapporto calcare/marna è complessivamente di poco inferiore a uno e cresce verso il tetto della formazione. Lo spessore massimo è stimato in 400 m circa.

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Formazione di Valmaggiora La formazione è ritenuta eteropica al Rosso Ammonitico e attribuita al Dogger. Affiora nel settore centro occidentale della provincia, in una fascia compresa tra la sponda del lago Maggiore e il basso versante meridionale del Campo dei Fiori. Si tratta di un’unità torbiditica costituita da un’irregolare alternanza di calcari grigiastri in strati decimetrici o amalgamati, marne grigie fogliettate, spesso argillose e calcareniti. Il rapporto calcare/marna è decisamente superiore all’unità. Lo spessore raggiunge i 300 m nell’area del Monte Sangiano.

Gruppo del Selcifero Il Gruppo riunisce due formazioni caratterizzate da diffusione di silice (Radiolariti, Rosso ad Aptici), attribuite al Malm; ad esse è stato associato, per analogia litologica, anche il Rosso Ammonitico Lombardo, presente in rari affioramenti alla base del versante sud del M. campo dei Fiori. - Radiolariti: l’unità è costituita da selci stratoidi varicolori, con interstrati argillosi, a stratificazione da sottile a media. Il loro spessore è alquanto ridotto, non superando i 15-20 metri. - Rosso ad Aptici: marne, marne calcaree e calcari marnosi di colore rosso vinato con venature reticolate verdastre o biancastre, in genere a stratificazione sottile. Selce rosso bruna in lenti, liste o noduli. Lo spessore massimo della formazione non supera i 10 metri.

Maiolica Formazione di età cretacica inferiore, che affiora nel settore centro occidentale della provincia, a nord del lago di Varese. Essa è costituita da calcilutiti compatte e calcari marnosi con noduli e liste di selce, a stratificazione da media a sottile. Lo spessore è valutabile in circa 200 m.

Scaglia Con tale termine sono indicati sedimenti pelagici e flyschoidi deposti a partire dal Cretacico superiore, che affiorano alla base del versante meridionale del Campo dei Fiori. - Scaglia: marne rossastre fogliettate, localmente nodulari, con rari livelli di marne grigie. All’interno della Scaglia è stato distinta una litozona costituita da calcari puddingoidi e calacri micritici bianchi (Scaglia calcarea) Lo spessore non è valutabile. - Flysch del Varesotto: alternanza ritmica di marne e arenarie grigiastre organizzate in strati piano paralleli di spessore pluricentimetrico. Lo spessore, sulla base dei riscontri bibliografici, dovrebbe aggirarsi su valori dell’ordine dei 300 metri.

Gonfolite Formazione tardo orogenica di età oligo-miocenica, diffusamente affiorante nella porzione centrale della provincia e nelle aree a sud e est della città di Varese, dove forma l’ossatura di molti pianalti e dei principali rilievi. Si distinguono due principali litofacies: - Gonfolite arenacea: costituita prevalentemente da arenarie e arenarie conglomeratiche a cemento siliceo, con livelli clastici in banchi metrici amalgamati; in subordine: alternanze di

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peliti fortemente siltose e arenarie a stratificazione centimetrica e decimetrica. - Gonfolite pelitica: marne e argille marnose; siltiti e siltiti arenacee a stratificazione sottile.

Serie pre Ceppo La serie comprende le unità di origine deltizia/fluviale e glaciale presenti al di sotto del Ceppo, identificate durante le ricerche stratigrafiche degli ultimi decenni e ritenute di età plicenica. Esse affiorano, molto limitatamente, nell’intorno della città di Varese. - Formazione di valle della Fornace: sabbie siltose e silt, con subordinati strati di ghiaie medio-fini, ricche in fossili vegetali nelle porzioni basali. - Formazione di Vivirolo: diamicton glaciali e limi argillosi da massivi a laminati. - Formazione dei Boderi: arenarie e sabbie con subordinate ghiaie. - Formazione dell’Immacolata: diamicton glaciali.

Gli spessori delle formazioni sono di ordine decametrico.

Ceppo L’unità comprende oltre al Ceppo dell’Olona s.s., anche conglomerati di varia età derivanti dalla cementazione di depositi fluvioglaciali. Il Ceppo dell'Olona è un conglomerato di origine fluviale, costituito da ghiaie a prevalente supporto clastico, con matrice arenaceo-sabbiosa grossolana; ciottoli arrotondati, da centimetrici a decimetrici, a calcari prevalenti. Il conglomerato è organizzato in banchi metrici suborizzontali, spesso mal definiti, o, più raramente, in set a grossolana stratificazione incrociata. La cementazione carbonatica è irregolare, da molto forte a debole/assente.

Complesso glaciale antico Il Complesso glaciale antico comprende le unità glaciali (alloformazioni o allogruppi) più vecchie identificate nel corso della revisione stratigrafica del Quaternario effettuata dall’Università di Milano. Dalla più antica alla più recente, esse sono: - Unità di Carnago (Allogruppo di Morazzone) - Alloformazione di Monterosso - Alloformazione di Albizzate - Alloformazione di Golasecca Nel complesso è stata, inoltre, inclusa la Formazione di Castronno, formata da ghiaie profondamente alterate per decine di metri, interpretate come alteriti del ceppo.

Le unità sono costituite da depositi glaciali e fluvioglaciali caratterizzati da: - sistematica presenza di copertura loessica o loessico-colluviale complessa (polifasica). All’interno della sequenza sono comuni orizzonti di indurimento pedogenetico quali fragipan o, meno comunemente, plintite. - una superficie limite superiore con suoli molto sviluppati ed evoluti (spessori superiori a 5 m). I suoli si sviluppano sia nei diamicton glaciali e nelle ghiaie fluvioglaciali che nelle sequenze loessiche sommitali.

Le unità del CGA sono distribuite nella parte centro meridionale della provincia; dal punto di vista morfologico formano sistemi terrazzati di forma grossolanamente triangolare che si spingono nella pianura per molti chilometri. Le unità sono attribuite cronologicamente al Pleistocene Medio. 32

Complesso glaciale recente Il Complesso Glaciale Recente comprende depositi quaternari attribuiti all’Alloformazione di Cantù e all’Allogruppo di Besnate. L’Alloformazione di Cantù, coincidente con il Würm Auct., rappresenta l’ultima glaciazione (LGM) ed è caratterizzata dalla sistematica assenza di copertura loessica e da suoli dello spessore di circa 1 m. L’Allogruppo di Besnate è l’espressione geologica di una complessa serie di pulsazioni glaciali precedenti l’ultimo massimo, di età compresa tra il tardo Pleistocene Medio ed il Pleistocene Superiore ed è, pertanto costituito da numerose unità. Si identificano i seguenti caratteri distintivi: - le unità più vecchie dell’Allogruppo sono accomunate dalla sistematica presenza di depositi loessici sommitali e da suoli con spessori fino a 2,5 m - le unità più recenti si caratterizzano per l’assenza di una evidente copertura loessica e per i suoli meno evoluti, con profondità attorno a 1,5 m.

Il CGR comprende diverse litofacies, riconducibile ai seguenti ambienti deposizionali: - depositi glaciali, costituiti prevalentemente da diamicton - depositi fluvioglaciali grossolani, costituiti prevalentemente da ghiaie e ciottoli a matrice sabbiosa - depositi fluvioglaciali fini, costituiti da litologie prevalentemente da litologie sabbiose (in ordine di abbondanza: sabbie e limi; sabbie e limi ghiaiosi, sabbie) - depositi di contatto glaciale: per motivi genetici, la loro litologia è estremamente variabile; nell’ambito provinciale sembrano, tuttavia, prevalere litologie sabbioso limose. - depositi lacustri: costituiti prevalentemente da limi argillosi, a volte con torbe associate. - depositi di conoide: nell’ambito dei conoidi attribuiti al complesso prevalgono litologie grossolane (ghiaie e ciottoli a matrice sabbiosa)

Unità postglaciale L’unità comprende tutti i sedimenti depositi a partire dall’inizio della deglaciazione fino all’attuale. I suoli, a causa dell’età recente dei sedimenti, sono comunemente poco evoluti (Inceptisuoli ed Entisuoli in prevalenza) e non rivestono particolare importanza ai fini idrogeologici. Dal punto di vista litologico e deposizionale si distinguono: - depositi fluviali: costituiti in prevalenza da materiali grossolani (ghiaie a matrice sabbiosa); nel settore occidentale della provincia sono anche presenti sistemi fluviali a sedimentazione più fine (sabbie, sabbie limose, sabbie ghiaiose) - depositi lacustri e fluviolacustri: nei primi prevalgono sedimenti a tessitura fine (limi argillosi); nei secondi è presente anche una componente clastica (sabbie e limi ghiaiosi). - depositi palustri: sono molto diffusi nelle aree perilacuali e costituiti prevalentemente da limi e sabbie con torbe. - depositi di versante: formano falde detritiche prevalentemente stabilizzate, a litologia clastica. Sui versanti dei pianalti e dei terrazzi prevalgono invece depositi colluviali (limi, limi sabbiosi con clasti sparsi), raramente cartografati.

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4.2 Idrogeologia

L'area di indagine, anche in relazione alla notevole estensione, presenta settori con caratteristiche geologiche e idrogeologiche estremamente differenziate, che hanno reso necessari metodi di studio e di classificazione definiti per ogni caso specifico, fermo restando l'obbiettivo di illustrarne la rilevanza acquedottistica e lo stato di conservazione quali-quantitativa.

Per questo motivo, nella seguente relazione si è adottata la suddivisione descrittiva in tre settori: Settore Montano, Settore Pedemontano e Settore di Pianura.

Il settore montano si estende nella parte settentrionale dell’area di studio occupata dai rilievi montuosi ed è caratterizzato dall’affioramento del substrato roccioso pre-pliocenico: la struttura idrogeologica è composta da acquiferi in roccia permeabile per fessurazione e carsismo, con caratteristiche proprie di circolazione idrica profonda e restituzione in superficie attraverso sorgenti naturali. Le risorse idriche sotterranee sono immagazzinate principalmente negli acquiferi carbonatici ed in quelli alluvionali di fondovalle, a geometria nastriforme. Le opere di captazione sono numerose, ampiamente distribuite, utilizzate per ricavare portate modeste (0,1- 10,0 l/s).

Il settore pedemontano, posto al passaggio tra settore montano a nord e di pianura a sud (approssimativamente tra il Lago di Varese e Gallarate), è caratterizzato da morfologie controllate dalla geometria del substrato roccioso affiorante o subaffiorante e/o dei depositi glaciali e fluvioglaciali plio-quaternari (cordoni morenici, pianalti, piane fluvioglaciali). La struttura idrogeologica è caratterizzata da acquiferi in terreni porosi di limitata estensione areale e ridotta potenzialità, normalmente captate da pozzi. Gli acquiferi più produttivi sono quelli di tipo nastriforme, all’interno delle valli (Olona, Arno, etc.) La disponibilità di Risorse idriche sotterranee utilizzabili è, allo stato attuale, inferiore alle necessità.

Il settore di pianura corrispondente all’area di massima estensione delle piane fluvioglaciali, è caratterizzato da acquiferi in terreni porosi contenenti falde sovrapposte arealmente continue, ad elevata potenzialità, normalmente captate da pozzi. Nella parte più meridionale sono presenti acquiferi sovrapposti, di cui quello inferiore è evidentemente più protetto da inquinamenti. La falda superiore presenta viceversa problemi di qualità per la diffusione di contaminazione di origine puntuale (composti organoalogenati, pesticidi) e diffusa (nitrati).

La caratterizzazione idrogeologica degli acquiferi nei litotipi fratturati e fessurati, di seguito denominati “RETI ACQUIFERE”, è stata condotta mediante la ricostruzione degli schemi idrogeologici per ogni singola idrostruttura, grazie anche alle conoscenze acquisite a livello sperimentale nel corso di numerose campagne su alcuni importanti complessi sorgentizi.

La caratterizzazione idrogeologica degli acquiferi nei litotipi permeabili per porosità, di seguito denominati semplicemente “ACQUIFERI”, è stata condotta con l'elaborazione di 11 sezioni in scala 1:40.000 distribuite in modo tale da interessare le principali strutture idrogeologiche nel settore montano e pedemontano, mentre nel settore meridionale costituiscono un reticolo omogeneo con orientazione N-S, W-E (Tav. 3A, 3B, 3C); le tracce relative alle sezioni sono riportate in Tav. 2. L’analisi particolareggiata delle sezioni viene proposta nel capitolo 4.2.4.

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4.2.1 Classificazione delle unità idrogeologiche nei litotipi permeabili per porosità

4.2.1.1 Classificazione della successione idrogeologica

Per la ricostruzione della geometria e dei rapporti tra i diversi acquiferi presenti nel sottosuolo, possono essere adottati criteri distintivi basati sull'identificazione di "unità idrostratigrafiche", che sono unità contraddistinte da un’associazione di litotipi con simile modalità di circolazione idrica sotterranea, rapporto di alimentazione-deflusso delle falde e disposizione geometrica rispetto agli altri acquiferi.

Secondo la suddivisione introdotta da Avanzini M., Beretta G.P., Francani V. e Nespoli M, 1994, dall’alto verso il basso, si possono individuare le seguenti unità idrostratigrafiche: • UNITÀ GHIAIOSO-SABBIOSA (facies fluviali dell'Olocene-Pleistocene Sup.). • UNITÀ SABBIOSO-GHIAIOSA (facies fluviali del Pleistocene Medio); • UNITÀ A CONGLOMERATI E ARENARIE (facies fluviali del Pleistocene Inf.); • UNITÀ SABBIOSO-ARGILLOSA (facies continentale e transizionale, Pleistocene Inf.- Villafranchiano Sup. e Medio Auct.); • UNITÀ ARGILLOSA (facies marina, Pleistocene Inf.-Calabriano Auct.);

Queste unità sono state più di recente riclassificate da Regione Lombardia, Eni Divisione Agip, 2002, nelle nuove seguenti unità idrostratigrafiche:

• Gruppo acquifero A (Olocene-Pleistocene Medio); all’incirca corrispondente all’unità ghiaioso-sabbiosa; • Gruppo acquifero B (Pleistocene Medio); all’incirca corrispondente all’insieme delle unità sabbioso-ghiaiosa e a conglomerati e arenarie; • Gruppo acquifero C (Pleistocene Medio); corrispondente alla parte superiore dell’unità sabbioso-argillosa; • Gruppo acquifero D (Pleistocene Inf.); corrispondente alla restante parte dell’unità sabbioso-argillosa.

Le caratteristiche strutturali delle suddette unità sono di seguito sinteticamente descritte e trovano immediato riscontro nel settore meridionale del territorio provinciale (settore di pianura) dove è più evidente la differenziazione dei diversi acquiferi.

Unità Ghiaioso-sabbiosa (Fluviali Würm, Würm tardivo e alluvioni recenti Auct.) [Gruppo acquifero A] - L'unità in esame è caratterizzata dalla netta prevalenza di litotipi grossolani con lenti argillose di limitato spessore ed estensione areale; nella terminologia di uso corrente viene identificata come "Primo Acquifero" in quanto forma la roccia serbatoio della falda libera del settore di pianura. Nell’ alta pianura l'unità in esame contiene una falda libera, in comunicazione con quella del "Ceppo", unicamente in alcuni settori localizzati riferibili a strutture di "paleoalveo", risultando insatura nelle restanti aree. Solo a partire dalla media pianura difatti, in relazione all'avvicinamento del livello piezometrico alla superficie del terreno, l'unità forma il primo acquifero (Francani e Pozzi, 1981). L'insieme degli acquiferi contenuti in questa unità e in quella successivamente descritta, viene identificato come "Acquifero Tradizionale" in quanto costituisce

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il corpo idrico sotterraneo contenente la falda tradizionalmente sfruttata dai pozzi dell’area milanese. Nella realtà questo complesso è formato da un sistema multifalda che viene assimilato ad un monostrato acquifero. Questa condizione strutturale assume un carattere ancor più marcato nelle aree di bassa pianura dove, in relazione all'affinamento della granulometria dei terreni, l'unità in esame è caratterizzata già a partire dalla superficie dalla prevalenza di livelli limoso-argillosi ai quali si alternano terreni più grossolani (sabbie e sabbie con ghiaia), che formano acquiferi con falde semi-confinate o confinate.

Unità Sabbioso-ghiaiosa (Fluviali Mindel-Riss Auct.) [Gruppo acquifero B] - Questo complesso, attribuito al Pleistocene Medio, forma la parte basale dell'"acquifero tradizionale" ed è identificata sotto l'aspetto idrogeologico come "Secondo Acquifero". E' costituita da una alternanza di depositi ghiaioso-sabbiosi, sabbiosi e limoso-argillosi, talora con lenti cementate conglomeratiche o arenitiche. Anche in questa unità procedendo verso Sud si verifica una riduzione di granulometria che conferisce caratteri litologici del tutto analoghi a quelli della sottostante unità sabbioso-argillosa in facies continentale. Gli acquiferi contenuti in essa sono separati dalla falda sovrastante da diaframmi scarsamente permeabili costituiti da limi e argille, che limitano gli scambi tra la falda libera del primo acquifero e quella contenuta nel secondo acquifero. Per tali motivi le falde in essa contenute risultano semi-confinate e localmente possono assumere caratteristiche prossime a quelle confinate.

Unità a Conglomerati e arenarie ("Ceppo" Auct. p.p.) [Gruppo acquifero B] - Questa unità è formata da litologie prevalentemente conglomeratiche, con arenarie in subordine, passanti localmente a ghiaie e sabbie. L'unità è estesa in gran parte del settore pedemontano e nella medio- alta pianura dove si rinviene nei primi 50-100 m di sottosuolo e dove forma la roccia serbatoio del primo acquifero; inoltre nelle zone pedemontane, in corrispondenza della valli più incise, il "Ceppo" affiora alla base dei versanti. A partire dal settore meridionale, l'unità perde la propria connotazione litologica poiché viene sostituita lateralmente da terreni non cementati sia sabbioso- ghiaiosi che a minore granulometria; in queste aree viene di conseguenza accorpata ai terreni soprastanti formando un'unica unità sabbioso-ghiaiosa.

Unità Sabbioso-argillosa [Gruppi acquiferi C-D] - L’unità è costituita in prevalenza da argille e limi di colore grigio e giallo (con frequenti alternanze nella colorazione) con torbe (Pleistocene medio e inferiore), che forma il substrato della falda tradizionalmente sfruttata. A questi litotipi sono intercalate lenti più o meno estese di sabbie, ghiaie e conglomerati che formano acquiferi con falde confinate che vengono identificati con la denominazione di "Terzo Acquifero" o "Acquiferi Profondi".

Unità Argillosa - E' formata prevalentemente da argille e limi di colore grigio-azzurro con fossili marini, alle quali sono subordinati livelli sabbiosi, generalmente di modesto spessore. Il tetto di questa unità è di difficile identificazione in quanto è estrema la variabilità laterale degli orizzonti permeabili costituenti il “Terzo Acquifero”. L’età è stata attribuita al Pleistocene inferiore, ma secondo altri Autori anche al Pliocene Superiore.

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4.2.1.2 Unità idrogeologiche

Lo schema della distribuzione verticale delle unità idrogeologiche è comune a tutta l’area di studio ed è costituita da 4 unità i cui caratteri distintivi vengono di seguito descritti. Le caratteristiche geometriche delle unità (spessori, continuità areale e assetto strutturale/stratigrafico) ed idrogeologiche (permeabilità dei depositi, caratteri delle falde) variano da settore a settore e zonalmente all’interno dello stesso settore: tali fattori, unitamente alla porzione geografica interessata, sono alla base della classificazione delle idrostrutture (settore montano) e delle strutture acquifere (settore pedemontano e di pianura) che verrà dettagliatamente esposta nei paragrafi successivi.

La unità idrogeologiche riconosciute si succedono dalla più profonda alla più superficiale secondo il seguente schema:

A) Substrato roccioso

Nel settore montano l’unità si differenzia in vari complessi idrogeologici omogenei che possono essere sede di idrostrutture in funzione della permeabilità, delle condizioni giaciturali e strutturali e dei caratteri della copertura quaternaria. Nel settore pedemontano l’unità è indifferenziata ed è costituita da un’unità pre-pliocenica (“Gonfolite”) ad arenarie e conglomerati a cemento siliceo, generalmente considerata come base impermeabile delle falde, in quanto caratterizzata dall’assenza di corpi idrici; solo localmente è caratterizzata da circolazione idrica connessa a permeabilità secondaria (fratturazione). Nel settore di pianura l’unità tende ad un brusco approfondimento fino a non essere più rilevabile nelle stratigrafie dei pozzi e nell’interpretazione generale delle sezioni.

B) Unità delle argille prevalenti Corrisponde ai Gruppi acquiferi C-D

L’unità è costituita da depositi in facies transizionale e marina di età pliocenica, caratterizzati da limi, argille e argille sabbiose grigie e azzurre alternati a lenti di materiali più grossolani colmanti le maggiori incisioni del substrato roccioso. Si riscontra localmente la presenza di torbe e fossili. Le possibilità acquifere di questa unità, variabili a seconda della zona, sono legate alla presenza di acquiferi profondi di tipo confinato e semiconfinato nei livelli sabbioso ghiaiosi intercalati alle argille. Ad eccezione del settore settentrionale ove l’unità è assente, i depositi argillosi di fondo sono presenti nella quasi totalità dei pozzi dell’intero territorio. In particolare nel settore pedemontano l’unità si riscontra a partire da profondità minime di 10 m in corrispondenza delle principali incisioni vallive (F. Olona, T. Quadronna), ove si assiste ad una riduzione di spessore dei depositi soprastanti, a profondità massime di circa 100 m in corrispondenza delle zone di paleoalveo del F. Olona (Malnate); nel settore di pianura, laddove è massimo l’approfondimento del tetto dell’unità, lo spessore rilevabile dalle stratigrafie dei pozzi supera i 100-120 m.

Gli acquiferi dell’unità, caratterizzati da un basso grado di vulnerabilità intrinseca alle contaminazioni superficiali, sono riservati all’utilizzo idropotabile e vengono captati sia 37

separatamente che congiuntamente con l’acquifero più superficiale dai pozzi più profondi dell’area.

C) Unità delle ghiaie e conglomerati prevalenti Corrisponde ai Gruppi acquiferi A-B

L’unità è caratterizzata da depositi in facies fluviale di tipo braided (frazioni grossolane) e di tipo a meandri (frazioni più fini), generalmente caratterizzati dalla successione di ghiaie e sabbie passanti a conglomerati a diverso grado di cementazione ad elevata continuità laterale nei tratti di pianura. I banchi conglomeratici presentano maggiore frequenza e spessore nei settori pedemontano e di alta pianura del territorio, specie in prossimità delle scarpate fluviali più incise, mentre nelle aree meridionali l’unità si caratterizza da fitte alternanze di livelli a ghiaie argillose ed argille.

Lo spessore di tale unità varia notevolmente (da 0 a 60-80 m) in relazione all’andamento delle unità sottostanti e alla morfologia superficiale. Nel settore pedemontano i massimi spessori si riscontrano nell’area orientale (Arcisate, Cantello, Malnate) e centrale (Arsago Seprio, Besnate, Jerago con Orago); nel settore di pianura l’unità si presenta più potente nell’area di Busto Arsizio, Marnate, Castellanza, Legnano Rescaldina.

E’ sede dell’acquifero principale di tipo da libero a confinato, tradizionalmente utilizzato dai pozzi di captazione a scopo idropotabile. L’acquifero superiore contenuto in tale unità è caratterizzato da grado di vulnerabilità variabile, da molto elevato a basso in relazione alla presenza o meno di orizzonti superficiali a bassa permeabilità (coperture glaciali antiche e recenti, depositi lacustri).

D) Unità delle ghiaie, sabbie ed argille Corrisponde al Gruppo acquifero A

E' costituita da sedimenti di origine glaciale e fluvioglaciale con litologie eterogenee (ghiaie e sabbie a supporto di matrice argillosa, da poco a molto alterate). Rappresenta l'unità stratigraficamente più giovane con diretto riscontro morfologico in superficie. Nel settore pedemontano l’unità è sede di acquiferi a carattere sospeso con ridotta potenzialità ed estensione laterale. In ambito di pianura l’unità forma le porzioni insature superficiali.

In Tav. 2 è stata riportata la classificazione areale degli acquiferi porosi che prevede le seguenti classi che interessano solo i settori pedemontano e di pianura:

Aree negative prive di idrostrutture di interesse acquedottistico Sono determinate dal substrato roccioso in affioramento o a debole profondità, dalla presenza di sedimenti fini a bassa permeabilità e dall'intersezione della superficie piezometrica con il substrato roccioso.

Aree con presenza di acquiferi liberi Falda limitata dalla frangia capillare in equilibrio con la pressione atmosferica; generalmente in sedimenti grossolani non limitati da orizzonti a bassa permeabilità. 38

Aree con presenza di acquiferi liberi e confinati di limitata estensione areale Coesistenza di prima falda libera sovrastante una o più falde confinate, cioè limitate superiormente da orizzonti a permeabilità molto bassa tali da determinare una sovrappressione della falda.

Aree con presenza di acquiferi semiconfinati e confinati, prive dell’acquifero libero Falda confinata superiormente o inferiormente da orizzonti a bassa permeabilità che possono generare parziale sovrappressione della stessa ma non impediscono del tutto il drenaggio verticale e la comunicazione fra falde sovrapposte.

Aree con presenza di acquiferi multistrato Sistema di più falde confinate sovrapposte, ognuna parzialmente o totalmente isolata da orizzonti a permeabilità molto bassa e quindi con una propria pressione piezometrica; generalmente tipiche nelle alternanze di lenti sabbiose in sedimenti più fini.

Nel settore montano sono state viceversa identificate una serie di IDROSTRUTTURE, al cui interno sono stati individuati dei complessi idrogeologici, ognuno caratterizzato da un proprio grado di permeabilità e comprendente al suo interno diverse unità litostratigrafiche.

4.2.2 Classificazione idrogeologica delle reti acquifere

Il settore settentrionale è delimitato a Nord dal confine di stato ed a Sud dal limite dei rilievi Prealpini. Le Risorse Idriche Sotterranee (RIS) sono allocate principalmente entro acquiferi fessurati, alimentanti sorgenti o fronti sorgivi. Sono inoltre presenti acquiferi vallivi, a geometria nastriforme, caratterizzati da permeabilità matriciale, in genere intensamente sfruttati ad uso idropotabile. L’uso delle sorgenti per approvvigionare gli acquedotti comunali è ampiamente diffuso, anche quando esse forniscono portate estremamente modeste (anche inferiori a 0,1 l/s). Questa pratica è causata dalla disponibilità di acqua in posizione tale da approvvigionare per caduta i centri abitati, spesso di ridotte dimensioni; l’alternativa, ovvero l’approvvigionamento mediante opere di presa più produttive (pozzi o sorgenti maggiori) è limitata da tre fattori: ÷ Costi per la realizzazione di lunghe linee di adduzione; ÷ Costi gestionali per il pompaggio (ingenti soprattutto per insediamenti isolati e con popolazione poco numerosa) e per la manutenzione delle linee di adduzione; ÷ Disponibilità comunque limitata di risorse idriche significative anche nei settori di fondovalle.

L’uso dei pozzi è invece limitato alle idrostrutture di fondovalle, che allo stato attuale risultano intensamente sfruttate.

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La serie idrostratigrafica del settore montano è costituita dai seguenti complessi:

Complesso Metamorfico

È costituito da rocce metamorfiche quali gneiss minuti, gneiss granitoidi, ortogneiss, micascisti e paragneiss che rappresentano le metamorfiti della “Serie dei Laghi” e della “Zona Strona- Ceneri”. La permeabilità primaria è bassissima e consente una ridotta circolazione idrica in corrispondenza dei piani di scistosità degli scisti e l'immagazzinamento in tali vuoti è da considerarsi insignificante ai fini acquedottistici.

La permeabilità secondaria è altresì piuttosto bassa, in quanto l'aggressione chimico-fisica delle acque sotterranee in tali litologie è assai limitata e non determina un significativo aumento dei vuoti, come avviene nelle litologie carbonatiche, carsificabili.

Solamente in prossimità della superficie topografica, per uno spessore massimo stimabile in qualche decina di metri, l'alterazione della roccia ed i rilasci tensionali determinano la formazione di riserve sotterranee di entità comunque limitata.

Le sorgenti alimentate dagli acquiferi residenti in questo complesso sono generalmente ubicate in corrispondenza di depressioni della superficie topografica (incisi vallivi particolarmente profondi) o di faglie ad "effetto barriera", disposte ortogonalmente rispetto alla massima pendenza del rilievo. Tali sorgenti sono prevalentemente caratterizzate da portate ridotte (inferiori ad 1 l/s), spesso persistenti anche in periodi di magra.

Le acque sorgive hanno generalmente caratteristiche chimico-fisiche buone, con scarsa mineralizzazione e bassa durezza. Nell’alto varesotto sono presenti mineralizzazioni ad Arsenicopirite che causano concntrazioni di Arsenico nelle acque superiori ai limite di legge per le acque destinate al consumo umano. Sono invece frequenti i casi di non idoneità batteriologica a causa della limitata soggiacenza delle riserve.

Lo spessore complessivo non è determinabile poiché non è noto il limite inferiore. Il ruolo idrostrutturale è di impermeabile relativo; rappresenta quindi la base della serie carbonatica.

Complesso Vulcaniti

È costituito da:

- Granofiro ("Granofiro di Cuasso" Auct.): roccia granulare costituita prevalentemente da feldspati e quarzo, massiva. - Lave Permiane: tufi, brecce vulcaniche, rioliti. - Conglomerati ed arenarie (Serie Verrucano-Servino Auct.), ad elementi prevalentemente quarzosi con cemento siliceo; la dimensione dei clasti diminuisce verso l'alto stratigrafico. La compagine rocciosa si presenta ben stratificata, con strati di spessore pluridecimetrico.

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Il Complesso cristallino affiora nella parte nordorientale del M.Campo dei Fiori; costituisce il M.Martica, la parte meridionale del M.Mondonico, il settore settentrionale della dorsale M.Monarco-M.Piambello (a Nord dell'Alpe del Tedesco) e parte del versante settentrionale del M.Orsa (M.Grumello).

La permeabilità primaria è nulla e non consente circolazione idrica. La permeabilità secondaria è piuttosto bassa, in quanto l'aggressione chimico-fisica delle acque sotterranee in tali litologie è assai limitata. Solamente in prossimità della superficie topografica, per uno spessore massimo stimabile in qualche decina di metri, l'alterazione della roccia ed i rilasci tensionali determinano la formazione di riserve sotterranee di entità comunque limitata. Nelle zone maggiormente fratturate, sono presenti delle sorgenti con portate molto limitate (in genere ineriori ad un litro al secondo) utilizzate da acquedotti comunali in assenza di altre risorse.

Complesso carbonatico inferiore

Questo complesso è costituito da rocce carbonatiche per lo più dolomitiche (Dolomia del S.Salvatore, Calcare di Besano inferiore, Calcare di Cunardo).

Nella parte basale sono presenti delle intercalazioni marnose entro gli strati dolomitici, in quella centrale prevalgono i banchi dolomitici puri, mentre nella porzione superiore aumenta progressivamente la frazione terrigena e diminuisce rapidamente lo spessore degli strati.

Sono inoltre segnalate delle variazioni laterali: tra queste, la più importante ai fini idrogeologici è rappresentata dall'aumento della frazione calcarea (Calcare di Besano) nel settore orientale dell'area esaminata.

Il limite idrogeologico a letto è definito ed è rappresentato da un netto passaggio dalle arenarie della Serie Verrucano-Servino agli strati dolomitici della Dolomia del S.Salvatore.

Il limite a tetto è indefinito e si manifesta attraverso un graduale aumento della frazione marnosa, accompagnato dalla diminuzione dello spessore degli strati.

Lo spessore totale del Complesso, caratterizzato da bassa permeabilità primaria, è variabile tra i 200 ed i 400 m.

La permeabilità secondaria appare viceversa assai accentuata, soprattutto nella parte basale, dove le differenze di comportamento meccanico esistenti tra il complesso in esame e quello inferiore hanno determinato, in conseguenza dell'attività tettonica, un'intensa fratturazione della roccia.

La permeabilità per fratturazione viene localmente accentuata dal carsismo.

Allo stato attuale delle conoscenze speleologiche, il fenomeno carsico sembra sviluppato prevalentemente nel settore occidentale della Valganna, dove sono note numerose cavità carsiche (Grotta dell'alabastro, Viturina, Grotta dell'Edera). 41

Per quanto in tali cavità non sia noto alcun corso d'acqua permanente, appare certo che i sistemi carsici presenti favoriscono l'infiltrazione e causano una certa organizzazione del drenaggio.

Negli altri massicci dell'area non sono note cavità carsiche ad eccezione di Cà di Ratt, un modesto riparo in roccia ubicato in località Costabella (S.Monte).

Il Complesso carbonatico inferiore è sede di riserve sotterranee di entità limitata, per quanto decisamente superiori rispetto a quelle dell'unità precedentemente descritta.

A causa della prevalenza della permeabilità per fratturazione, i recapiti sono piuttosto dispersi e sono rappresentati da sorgenti con portate ridotte (usualmente inferiori ad 1 l/s), ubicate generalmente in fondo alle incisioni vallive (zona Rasa) o alla base del Complesso (versante settentrionale del M.Orsa).

Talvolta tali emergenze sono organizzate in ampi fronti sorgivi con portate complessive nell'ordine di 10 di l/s (M.Legnone, M.Minisfreddo orientale).

Complesso marnoso inferiore

È costituito dal Calcare di Meride superiore, dalla parte superiore del Calcare di Cunardo e dalle Marne del Pizzella.

Si tratta di litologie generalmente marnose (marne, marne dolomitiche, dolomie marnose, dolomie, calcari marnosi, marne argillose), suddivise in strati di modesto spessore (1-10 cm).

Il limite a letto è indefinito; quello a tetto è definito ed è rappresentato dalla comparsa di banchi dolomitici di spessore metrico al tetto delle Marne del Pizzella; esso affiora con notevole evidenza nel settore settentrionale del Sacro Monte, immediatamente a Sud del piazzale degli autobus.

Lo spessore complessivo è variabile tra i 50 ed i 200 m.

Il Complesso è caratterizzato da bassissima permeabilità sia primaria che secondaria e non ospita quindi riserve idriche sotterranee di rilievo. Esercita pertanto il ruolo idrostrutturale di "impermeabile", separante il Complesso carbonatico inferiore da quello intermedio.

Nelle aree di affioramento del Complesso sono generalmente assenti sorgenti di rilievo, ad eccezione delle fasce prossime ai limiti superiore ed inferiore, in corrispondenza dei quali esso costituisce delle soglie di permeabilità sovraimposte o sottoposte che causano la venuta a giorno delle acque immagazzinate nei complessi carbonatici.

Gli esempi più chiari di tale situazione idrogeologica sono rappresentati dalle sorgenti del Vellone (captate dall'A.Spe.M.) e da parte delle Sorgenti Nord Campo dei Fiori (captate in consorzio da vari Comuni).

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Complesso carbonatico intermedio

Comprende la Dolomia Principale, la Dolomia del Campo dei Fiori, la Dolomia a Conchodon, il Calcare di Moltrasio (Calcare selcifero Lombardo) ed il Calcare di Saltrio. Esso presenta notevoli variazioni litologiche in senso verticale.

Nella parte stratigraficamente inferiore prevalgono le dolomie massive, che verso l'alto divengono progressivamente più stratificate, più calcaree, con intercalazioni marnose; lo spessore varia dai 150 ai 250 m.

Sopra le dolomie si rinvengono dei banchi calcarei (Dolomia a Conchodon), con intercalazioni marnose; lo spessore di questa facies è assai variabile, da un centinaio di metripresso il M.Nudo fino a scomparire (per erosione) nel massiccio del M.Orsa.

La parte sommitale del complesso è costituita da calcari selciferi; la componente carbonatica diminuisce progressivamente verso l'alto a favore della selce e delle marne.

Tale diminuzione non si verifica ovunque con regolarità: in particolare, nel M.Campo dei Fiori si individuano dei livelli calcarei poco selciferi anche nella parte centrale della litofacies.

Lo spessore è assai variabile, in conseguenza di una situazione paleogeografica complessa durante la deposizione; globalmente, lo spessore diminuisce verso Est, passando da più di 800 m nel settore occidentale del M. Campo dei Fiori a poco più di 100 m nel M.Orsa, dove sono presenti delle litofacies particolari (calcari neri, calcari nocciola).

Il limite inferiore del Complesso è definito; quello superiore è indefinito e rappresentato dal progressivo aumento dei livelli marnosi e selciferi fino alle marne del Complesso marnoso superiore. Lo spessore totale varia da 600 m (M. Campo dei Fiori occidentale) a 300 m circa (M.Orsa).

La permeabilità secondaria del Complesso è generalmente assai elevata a causa soprattutto dell'intenso sviluppo dei fenomeni carsici; si osservano comunque delle notevoli differenziazioni nella serie idrogeologica.

Nella parte dolomitica la canalizzazione carsica è ridotta; pur essendo presenti delle vie di drenaggio preferenziale (quali ad esempio le parti profonde della Grotta Marelli e del sistema carsico Schiapparelli-Via col Vento, situate nel settore orientale del massiccio del Campo dei Fiori, gli Abissi dei Ciliegi e dei Tigli nel M.Minisfreddo e la Grotta Mamma Emma nel M.Orsa).

La permeabilità di questa litofacies è rappresentata prevalentemente dalla fratturazione.

In corrispondenza degli eventi infiltrativi, le vie di drenaggio vengono caricate per lo più dalla rete carsica sviluppata nei soprastanti calcari; viceversa, durante i periodi di magra l'alimentazione è rappresentata dalle acque immagazzinate nel sistema di discontinuità presente entro le dolomie.

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Nella parte calcarea si osserva il massimo sviluppo del carsismo: in corrispondenza di questo livello si impostano infatti principali corsi d'acqua sotterranei della zona di alimentazione (Sistema della Valle della Stretta, G.Marelli).

A causa della struttura geologica generale dell'area, raramente questa litofacies affiora con modalità favorevoli alla venuta a giorno delle acque sotterranee; laddove ciò accade, si rinvengono delle piccole sorgenti con portate fortemente influenzate dagli eventi infiltrativi (Sorgente lungo la strada Cuvio - Castello Cabiaglio e Grotta Mauro Lozza nel M.Campo dei Fiori, Fontana degli Ammalati alla base del M.Chiusarella, Sorgente La Rabbiosa, alla base del M.Rho e Torregione alla base del Monte San Martino).

Nella porzione calcareo-selcifera, la permeabilità è data nella sua quasi totalità dalla canalizzazione carsica.

In questa litologia sono infatti sviluppate le principali cavità dell'area considerata: le grotte Marelli, Remeron, Scondurava, Via col vento, Frassino, Cima Paradiso, Ghiri, Muttarel, Shangai, Nuovi orizzonti.

In queste cavità sono ben rappresentate le modalità di scorrimento idrico sotterraneo nei massicci carsici Varesini: nelle parti alte l'infiltrazione avviene per lo più secondo traiettorie verticali, fino a raggiungere la parte stratigraficamente inferiore dei calcari selciferi, dove invece prevale lo scorrimento parallelo alla stratificazione.

Le cavità carsiche hanno andamento planimetrico subparallelo, guidato da discontinuità con direzioni N-S e NNW-SSE; per tale motivo esse drenano areali generalmente piuttosto limitati e conseguentemente le portate dei corsi d'acqua sotterranei noti sono inferiori ai 10 l/s, ad eccezione dei periodi di piena.

Nella parte bassa dei massicci la geometria delle gallerie non segue più la stratificazione e diventa labirintica: in tali settori sono presenti i dreni principali (quale la Grotta Nuovi orizzonti, nel M.Campo dei Fiori), che raccolgono le acque provenienti dalle parti alte dei massicci e le convogliano nella zona satura e quindi nelle sorgenti.

Il Complesso carbonatico intermedio rappresenta la principale unità acquifera della parte montuosa del territorio varesino ed alimenta le sorgenti più importanti (Fontanone di Barasso, Sorgente di Luvinate, Sorgenti Nord Campo dei Fiori, Fontane calde, Sorgenti dei Mulini Olona, Sorgente "La rabbiosa", Sorgente del Selurago).

La posizione e le caratteristiche di tali emergenze variano in funzione dell'assetto strutturale di ciascun massiccio e delle caratteristiche dei depositi Quaternari, come si vedrà più avanti.

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Complesso marnoso superiore

E' costituito dalla porzione superiore del Calcare di Moltrasio (Domaro Auct.), dal Calcare di Valmaggiora, dal Rosso Ammonitico e dal Gruppo del Selcifero (Radiolariti, Rosso ad aptici).

Si tratta di litologie prevalentemente marnose e calcareo-marnose con selce sia diffusa che concentrata; la stratificazione è generalmente evidente, con strati di spessore dal centimetrico al decimetrico.

Il limite inferiore è indefinito, quello superiore è definito ed è rappresentato dalla comparsa degli strati calcilutitici della Maiolica. Lo spessore totale, non misurabile a causa della limitatezza degli affioramenti, viene stimato in circa 150-200 m.

Il complesso possiede bassa permeabilità primaria; la permeabilità secondaria è altrettanto bassa, ad eccezione che nelle Radiolariti, che si presentano intensamente fratturate. A causa del basso contenuto carbonatico, il carsismo appare poco sviluppato.

La permeabilità complessivamente è quindi assai bassa ed il Complesso esercita il ruolo idrostrutturale di "impermeabile", a contrasto dell'acquifero principale. Esso determina la presenza di soglie che condizionano la circolazione idrica profonda nel Complesso carbonatico intermedio e contribuiscono a determinare la posizione e le caratteristiche delle principali sorgenti.

Complesso carbonatico superiore

E' costituito dalla Maiolica, calcare bianco a grana finissima, con selce in noduli e straterelli, organizzato in strati di 10-30 cm. Verso l'alto compaiono interstrati marnoso ed anche negli strati calcarei aumenta la frazione terrigena.

Il complesso si presenta generalmente intensamente tettonizzato e coinvolto in pieghe sia mesoscopiche che macroscopiche.

Il limite inferiore è definito, quello superiore è indefinito e si esprime attraverso il progressivo aumento della frazione marnosa. Lo spessore non è misurabile a causa della estesa copertura Quaternaria e della tettonizzazione; è stimato in circa 100 metri.

Il complesso è permeabile per fratturazione e carsismo; pur essendo noto nell'area solo un piccolo numero di cavità carsiche (Grotta dell'IRE e Ponte Artù, presso Comerio), in altre zone delle Prealpi Lombarde (Alpe Turati, entroterra Iseano) la Maiolica, del tutto simile a quella presente nel Varesotto, appare intensamente carsificata.

Il Complesso è da considerarsi quindi un'unità acquifera; tuttavia, a causa delle particolari condizioni di affioramento, esso non alimenta sorgenti di rilievo, ad eccezione delle Sorgenti di Luvinate.

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Complesso terrigeno

Rappresenta il tetto della serie idrostratigrafica del Varesotto.

E' costituito da rocce calcareo marnose (parte alta della Maiolica), argillose (Scaglia) e marnose (Flysch del Varesotto), fittamente stratificate. Localmente (area a Sud del M.Campo dei Fiori) è presente, in eteropia con la Scaglia, una unità calcarea (Calcare di Bardello) puddingoide.

Lo spessore totale del Complesso supera i 200 m. A causa della bassissima permeabilità, esso costituisce, a contrasto con il Complesso carbonatico immediatamente sottostante, delle soglie di permeabilità che sbarrano verso Sud le idrostrutture carbonatiche dei massicci Varesini.

Tali sbarramenti controllano la posizione di alcune importanti sorgenti (Fontanone di Barasso, Sorgenti di Luvinate) e probabilmente causano dei travasi dagli acquiferi carbonatico a quelli porosi.

Complesso dei Conglomerati silicei

È costituito da depositi conglomeratici a grossi elementi cristallini in matrice cemento-silicea alternati a livelli arenacei irregolarmente stratificati corrispondenti all’unità della Gonfolite. Tale complesso costituisce l’ossatura dei rilievi collinari del settore di raccordo. La permeabilità primaria e secondaria sono nulle con conseguente circolazione idrica priva di significato ai fini produttivi. Date le importanti caratteristiche di impermeablità rappresenta la base degli acquiferi superficiali presenti in questo settore.

Complesso dei Conglomerati carbonatici

È costituito da ciottoli ghiaie e sabbie a componente carbonatica con vario grado di cementazione (da assente a molto spinto) corrispondenti all’ unità del “Ceppo”. La permeabilità primaria (porosità) è elevata e quando questa tende a diminuire, a causa di una cementazione maggiore, viene compensata da quella secondaria (fratturazione). Tale complesso presenta spessori che variano dai 20 ai 70 m ed è sede, nel settore pedemontano, di un importante acquifero attualmente captato da numerosi pozzi pubblici e privati.

Complessi Quaternari (glaciale e alluvionale)

Questi complessi sono caratterizzati da una notevole eterogeneità litologica; sono infatti costituiti da tutti i sedimenti sciolti o poco cementati ricoprenti la serie idrostratigrafica testè descritta. Tali sedimenti sono raggruppabili in due grandi categorie: i sedimenti fluviali s.l. e quelli glaciali s.l.

I sedimenti fluviali sono costituiti da ciottoli, ghiaie e sabbie a supporto clastico, con matrice generalmente scarsa e cementazione variabile da nulla a ben sviluppata. Sono grossolanamente organizzati in banchi, più raramente in strati di spessore decimetrico.

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Sono talvolta presenti dei livelli di spessore al massimo decimetrico di materiale più fine; tuttavia, a causa della scarsa continuità laterale, essi esercitano una funzione idrogeologica irrilevante.

La permeabilità primaria di questi depositi è estremamente elevata; le litologie cementate posseggono una accentuata permeabilità secondaria data dalla fratturazione e dal carsismo, che provoca la formazione di piccoli dreni preferenziali.

L'area di diffusione di queste litologie è assai vasta e coincide con larga parte della Valle della Bevera (da quota 400 in giù), l'area di Varese città e la fascia pedemontana meridionale del M.Campo dei Fiori, in corrispondenza della piana del Rio Tinello. A queste aree vanno aggiunti i fondovalle dei torrenti principali, ad eccezione del Rio Bevera, che scorre prevalentemente su argille.

I sedimenti fluviali sono il più importante acquifero della fascia pedemontana. In taluni casi essi poggiano direttamente sulla serie idrostratigrafica e da questa vengono in parte alimentati per travaso. Raramente affiorano direttamente poiché sono in genere ricoperti dai depositi glaciali, la cui permeabilità e spessore condizionano l'infiltrazione diretta.

I sedimenti glaciali s.l. sono costituiti da massi, ciottoli, ghiaie e sabbie immersi in matrice limoso-argillosa. Generalmente non sono stratificati, ad eccezione di alcuni livelli discontinui di sabbie a supporto clastico. Sono generalmente organizzati in cordoni morenici, prevalenti sui fianchi dei massicci, ed in terrazzi e piane fluvioglaciali nei settori più bassi.

La permeabilità di questi sedimenti è generalmente molto bassa, anche a causa di frequenti intercalazioni di livelli sovraconsolidati, assolutamente impermeabili.

Per tale motivo non contengono riserve significative, limitano o azzerano l'infiltrazione degli apporti meteorici nei Complessi da essi ricoperti e costituiscono delle soglie di permeabilità che bordano i massicci montuosi.

La distribuzione areale ed i caratteri sono condizionati dalla posizione raggiunta dai ghiacciai al termine delle avanzate glaciali. La massima quota di affioramento varia dai 620 m del versante meridionale del M.Campo dei Fiori (zona Velate) ai circa 1200 m dei massicci della Parte settentrionale della Provincia; al di sotto di tali quote i depositi glaciali ricoprono estesamente la serie idrogeologica, che affiora raramente. Lo spessore varia, in funzione di diversi fattori, da pochi centimetri ad alcune decine di metri.

Appare utile segnalare che sono stati recentemente rinvenuti dei livelli (spessi fino a qualche decina di metri), di materiali del tutto simili a quelli appena descritti, anche al di sotto o intercalati nella serie fluviale; tali livelli condizionano le caratteristiche della circolazione idrica entro la serie fluviale.

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Dei complessi sopra descritti il più produttivo è il C.Carbonatico intermedio, caratterizzato da intenso sviluppo del fenomeno carsico ipogeo, che determina un forte incremento della permeabilità secondaria e la formazione di dreni; i sistemi acquiferi presenti in questo complesso in genere alimentano sorgenti di grosse portate (Fontanone di Barasso, Sorgenti di Luvinate, Torregione, Nove fontane, la Rabbiosa, sorgenti Galleria Valganna, Selurago). Il complesso carbonatico inferiore, di natura prevalentemente dolomitica, è il secondo per importanza acquedottistica: la permeabilità è data dalla fatturazione, in genere pervasiva, mente lo sviluppo del carsismo è più limitato. I recapiti dei sistemi acquiferi sviluppati in questo complesso sono in genere sorgenti di portate modeste (0-1-5 l/s), organizzate in fronti sorgivi, ampiamente sfruttati dagli acquedotti comunali.

4.2.3 Classificazione idrogeologica degli acquiferi

I settori montani e pedemontani sono caratterizzati da elevata frammentazione delle strutture idrogeologiche che costituiscono dei sistemi molto locali e con caratteristiche varie e peculiari. La distribuzione dei sistemi è fortemente condizionata dalla geometria del substrato roccioso e dalla formazione in epoca prequaternaria e quaternaria di paleoalvei spesso oggetto di successive reincisioni. In questa disomogeneità sono stati identificati alcuni "Sistemi idrogeologici principali”, ognuno dei quali contenenti una o più falde acquifere, di seguito sinteticamente descritti.

Il settore di pianura è viceversa caratterizzato dalla presenza di acquiferi multistrato aventi una maggiore estensione sia areale che verticale, rinvenendosi in profondità fino alla base delle strutture acquifere di interesse, posta fra i 180 m e 250 m circa di profondità. In questo settore le maggiori differenze sono dovute a passaggi eteropici delle varie unità idrogeologiche con conseguente variazione laterale dei principali parametri idrogeologici. Non si distinguono pertanto sistemi idrogeologici con limiti posti in corrispondenza di spartiacque idrogeologici, bensì si osservano delle progressive variazioni quali-quantitative della risorsa idrica. Mentre rispetto all’acquifero superiore di tipo libero si osservano variabilità locali sia in termini di parametri idrogeologici (e conseguentemente di potenzialità degli acquiferi) che idrochimici (contaminazioni puntuali e/o diffuse), rispetto agli acquiferi profondi si possono individuare 3 ambiti principali ognuno dei quali riveste importanza strategica nell’approvvigionamento potabile del settore meridionale della Provincia di Varese.

4.2.3.1 Settore montano

Idrostrutture in acquiferi cristallini

Rientrano in questa tipologia le seguenti idrostrutture:

o Idrostruttura Val Veddasca Comuni interessati: Pino L.M., Tronzano L.M., Veddasca, Curglia con Monteviasco, Maccagno,Agra, Dumenza, Luino.

o Idrostruttura Monte Sette Termini Comuni interessati: Luino, Cremenaga, Montegrino Valtravaglia, Cunardo, Cugliate Fabiasco, Cadegliano Viconago, Lavena Ponte Tresa, Marchirolo. 48

o Idrostruttura Monte Ponzone Comuni interessati: , Cuasso al Monte, Bisuschio, Arcisate.

o Idrostruttura Monte Martica Comuni interessati: Varese, Brinzio, Valganna, Induno Olona.

Nel settore settentrionale della provincia sono presenti numerosi acquiferi cristallini nei quali, ad eccezione di situazioni particolari (faglie, sovrascorrimenti, ecc.) l’infiltrazione delle acque meteoriche è modesta: prevale conseguentemente lo scorrimento superficiale.

Le acque infiltrate risiedono in genere entro i depositi superficiali, caratterizzati da elevata permeabilità, ed entro la fascia più superficiale della roccia, dove la permeabilità è data dalla fratturazione, con apertura di vuoti favoriti dal rilascio tensionale, ed eventualmente dall'alterazione. Nella bibliografia scientifica viene indicata in circa 50 m la massima profondità di infiltrazione delle acque meteoriche nelle metamorfiti in condizioni normali.

La posizione delle sorgenti è determinata da più cause: depressioni vallive incise fino al raggiungimento della superficie piezometrica, presenza di depositi glaciali a bassa permeabilità in grado di imporre una soglia di permeabilità sovraimposta, diminuzione della permeabilità nei depositi superficiali o nelle metamorfiti causata da variazioni litologiche o minore fratturazione dell'ammasso roccioso.

Lo scorrimento idrico superficiale alimenta quindi la rete idrografica: in corrispondenza degli acquiferi porosi intravallivi le acque superficiali tendono ad infiltrarsi, ricaricando gli acquiferi stessi. Di conseguenza questi risultano particolarmente produttivi, in quanto il bacino idrogeologico risulta più ampio dell'area di distribuzione dei depositi alluvionali.

Lo schema idrogeologico illustrato trova riscontro nella presenza di numerose sorgenti distribuite a varie quote, non impostate in corrispondenza di limiti idrogeologici evidenti. Le sorgenti hanno in genere portate modeste.

Idrostrutture in acquiferi carbonatici

Rientrano in questa tipologia le seguenti idrostrutture:

o Idrostruttura Marzio Comuni interessati: Lavena Ponte Tresa, Cadegliano Viconago, Marchirolo, Cugliate Fabiasco, Cunardo, Ferrera di Varese, Masciago Primo, Bedero Valcuvia, Valganna, Marzio, Brusimpiano.

o Idrostruttura Monte Nudo Comuni interessati: Germignaga, Brezzo di Bedero, Porto Valtravaglia, Castelveccana, Laveno Mombello, Cittiglio, Brenta, Casalzuigno, Cuveglio, Duno, Cassano Valcuvia, Mesenzana, Brissago Valtravaglia.

o Idrostruttura Campo dei Fiori 49

Comuni interessati: Varese, Brinzio, Castello Cabiaglio, Cuvio, Orino, Azzio, Gemonio, Cocquio Trevisago, Gavirate, Comeri, Barasso, Luvinate, Casciago.

o Idrostruttura Monte Orsa Comuni interessati: , Besano, Viggiù, Saltrio.

Queste idrostrutture sono ubicate nella fascia a nord di Varese e sono costituite perlopiù da alternanze di complessi cartonatici ad elevata permeabilità secondaria e di complessi marnosi poco permeabili.

Le idrostrutture sono sede di acquiferi con caratteristiche carsiche con circolazione profonda e in genere sono così strutturate:

o Area di alimentazione, comprendente le parti sommitali dei massicci; o Zona di infiltrazione e trasferimento, spesso con notevole sviluppo; o Zona satura; o Sorgenti

Le sorgenti hanno spesso portate molto significative. La distribuzione di depositi superficiali nelle parti altimetricamente inferiori delle idrostrutture tende ad ostacolare la fuoriuscita delle acque carsiche determinando la formazione di “sorgenti carsiche sepolte”. In tali sorgenti la dimininuzione delle portate a seguito dei periodi siccitosi è blanda; esse pertanto rappresentano risorse idriche strategiche.

Idrostrutture di fondovalle

Rientrano in questa tipologia le seguenti idrostrutture:

o Idrostruttura Valcuvia Comuni interessati: Luino, Germignaga, Mesenzana, Grantola, Cassano Valcuvia, Rancio Valcuvia, Cuveglio, Casalzuigno, Brenta, Gemonio, Cittiglio, Caravate, Laveno Mombello.

o Idrostruttura Valganna Comuni interessati: Valganna,, Induno Olona, Varese.

o Idrostruttura Valceresio Comuni interessati: Arcisate, Induno Olona, Bisuschio, Porto Ceresio e Cuasso al Monte, Clivio, Cantello. o Idrostruttura piana del Palone Comuni interessati: Dumenza.

In Valcuvia e in Valganna sono presenti acquiferi liberi, che in genere rappresentano la principale risorsa idrica locale, e limitati livelli confinati spesso direttamente a contatto con il substrato roccioso. L’idrostruttura della Piana del Palone è costituita da unadepressione nel substrato cristallino colmata da ghiaie e sabbie alternate a torbe e livelli fini. Essa è stata oggetto di studi di dettaglio nell’ambito del Progetto INTERREG III A 2002-2006 “Studio delle risorse idriche, monitoraggio e pianificazione transfrontaliera della Piana del Palone”. 50

In Valceresio sono presenti due idrostrutture differenti: o Quella nord-occidentale, nord-vergente, costituita da un acquifero libero/semilibero costituito in prevalenza da depositi fluvioglaciali. o quella meridionale (Bevera) dove sono sovrapposte e giustapposte numerose unità idrogeologiche con geometrie complesse: sinteticamente è presente un acquifero libero (conglomerati del Ceppo) alimentante due gruppi sorgivi (Bevera e Velmaio) ed alcuni pozzi, ed un acquifero profondo parzialmente confinato, alimentante il campo pozzi Bevera, gestito da Aspem

4.2.3.2 Settore collinare

Sistema idrogeologico di raccordo all'alta pianura

Tale sistema idrogeologico comprende le seguenti idrostrutture:

o Idrostruttura dei dossi morenici di Mornago e Sumirago Comuni interessati: Mornago, Sumirago, Vergiate, Casale Litta, Crosio della Valle, Arsago Seprio, Besnate

Caratteristiche degli acquiferi Acquiferi sospesi (unità D) nelle parti topograficamente più elevate (Casale litta, Mornago) in comunicazione con l’acquifero da libero a semiconfinato contenuto nei depositi ghiaiosi e conglomeratici dell’unità C.

o Idrostruttura del T. Arno Comuni interessati: Solbiate Arno, Albizzate, Carnago, Caronno Varesino, Morazzone, Gazzada Schianno, Buguggiate, Brunello, Sumirago, Jerago con Orago, Oggiona con Santo Stefano.

Caratteristiche degli acquiferi: acquiferi da semiconfinati a confinati nelle successioni conglomeratiche e nei livelli ghiaiosi e sabbiosi dell’unità C (T. Arno).

o Idrostruttura della valle del F. Olona Comuni interessati: Casciago Superiore, Varese, Gazzada Schianno, Induno Olona.

Caratteristiche degli acquiferi: acquiferi contenuti nell’unità D, da liberi connessi ai subalvei del F. Olona e T. Bevera a semiconfinati in depositi di versante glaciali e fluvioglaciali, sostenuti dal substrato roccioso e/o dai depositi argillosi dell’Unità B localmente contenenti acquiferi confinati; acquiferi semiconfinati in depositi ghiaioso conglomeratici (Unità C) dell’area Varese- Gazzada.

Sistema idrogeologico del Lago Maggiore

Comuni interessati: Travedona Monate, Varano Borghi, Ternate, Comabbio, Biandronno, Bregano e Malgesso, Ispra, Cadrezzate, Malgesso, Monvalle, Besozzo, Brebbia, Travedona Monate, Gavirate, Bardello, Besozzo, Malgesso e Brebbia.

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Caratteristiche degli acquiferi: acquiferi da semiconfinati a confinati negli orizzonti ghiaioso- sabbiosi alternati a depositi prevalentemente limoso-argillosi (depositi glaciali, glaciolacustri e lacustri) appartenenti all’unità D (Bardello, Cadrezzate).

Sistema idrogeologico del Lago di Varese

Comuni interessati: Gavirate, Barasso, Bardello, Besozzo, Buguggiate, Varese, Gazzada Schianno.

Caratteristiche degli acquiferi: acquifero libero nei sedimenti ghiaiosi dei conoidi di deiezione perilacuali (Barasso, Bardello e Besozzo) e acquiferi confinati (Gavirate) entro i livelli permeabili intercalati ai livelli argillosi (Unità D); acquifero libero e localmente semiconfinato (Buguggiate) nei depositi ghiaioso conglomeratici dell’Unità C ubicata alla testata della valle del T. Arno con direzioni di flusso verso il lago di Varese.

4.2.3.3 Settore di pianura In questo settore la distribuzione, tipologia e produttività degli acquiferi presenti nel sottosuolo varia zonalmente in relazione allo spessore e permeabilità dei depositi di copertura quaternari.

Nel contesto della media e bassa pianura, l’approfondirsi del substrato roccioso fino a profondità non raggiunte dai pozzi e il conseguente aumento dello spessore dei depositi che lo ricoprono, determinano la presenza di una struttura idrogeologica più complessa e arealmente continua, caratterizzata da acquiferi sovrapposti di tipo multistrato, contenuti sia nell’unità idrogeologica superiore (unità C - acquifero libero) sia nell’unità idrogeologica profonda (unità B - acquiferi confinati nei livelli permeabili intercalati alle argille).

L’acquifero superiore di tipo libero e localmente semiconfinato si caratterizza in tutto il territorio di pianura da produttività da buona ad elevata (20 – 50 l/s) e da un grado di vulnerabilità da medio ad elevato. L’impatto dell’antropizzazione rispetto a questo settore è duplice ed è legato sia all’elevato sfruttamento della risorsa che alla contaminazione puntuale e/o diffusa.

Come detto in precedenza, gli acquiferi profondi protetti presentano una certa variabilità laterale andando da E a W e per le loro caratteristiche sono stati distinti in 3 ambiti di seguito descritti.

Ambito EST

Nell’area compresa fra Caronno Pertusella, Tradate Sud, Fagnano Olona e Castellanza E, si individuano sempre più sistematicamente acquiferi confinati contenuti nei livelli ghiaiosi profondi intercalati alle successioni argillose; tale situazione trova riscontro nelle stratigrafie di numerosi pozzi profondi di più o meno recente realizzazione (1995-2005).

La presenza di livelli argillosi profondi con spessore e continuità laterale significativa determina, in condizioni naturali, un basso grado di vulnerabilità intrinseca degli acquiferi da essi delimitati.

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L’acquifero superiore in questo ambito e’ ancora utilizzato in pozzi miscelanti. In corrispondenza di particolari contaminazioni da nitrati e solventi clorurati, l’acquifero superiore è in via di abbandono dai pubblici acquedotti (Saronno, Uboldo, Gerenzano).

La produttività degli acquiferi profondi è superiore a quella tipica dei settori più a monte, generalmente compresa fra 10 e 35 l/s con abbassamenti dinamici contenuti entro i 10-12 m.

Più in particolare, nella porzione centro orientale del settore si concentrano le migliori produttività, mentre in Valle Olona, pur essendo riscontrati sistematicamente acquiferi interessanti fino ad oltre 240 m, le produttività caratteristiche non superano i 15 l/s.

Tali produttività fanno comunque riferimento ad acquiferi protetti e di ottima qualità media, senza necessita di alcun trattamento.

In tale settore la captazione degli acquiferi profondi protetti risulta in definitiva una valida alternativa per l’approvvigionamento idrico potabile, attualmente per lo più legato all’acquifero superiore in precario stato qualitativo e di vulnerabilità.

La situazione di bilancio idrico, pur non ancora effettuato per via quantitativa pare comunque in buon equilibrio in molti Comuni, in quanto la percentuale da acquifero effettivamente ed esclusivamente profondo sul totale estratto e’ comunque ancora molto contenuta.

Ambito CENTRO

Nell’area centrale compresa fra Valle Olona E, Busto Arsizio e Gallarate, la base dell’acquifero superiore, limite al di sotto del quale compaiono gli acquiferi protetti intercalati alle successioni argillose, è generalmente rilevabile a minori profondità rispetto alla restante parte del territorio meridionale (da 60 a 110 m)

Si individuano parimenti acquiferi profondi con caratteristiche di produttività meno interessanti, se riferite ad esclusiva captazione profonda. Ci si riferisce alla situazione di Busto Arsizio Centro Nord, Cassano Magnago, Samarate, Lonate Pozzolo E e Ferno E, ove le portate caratteristiche raggiungono raramente i 15l/s con abbassamenti mediamente superiori a quelli del settore EST. A Gallarate sono frequenti valori di 5-25 l/s con abbassamenti da 20 a 30 m.

L’acquifero superiore in questo ambito e’ ancora utilizzato in pozzi miscelanti. In corrispondenza di particolari contaminazioni da nitrati e solventi clorurati, l’acquifero superiore è stato necessariamente abbandonato dai pubblici acquedotti (Lonate Pozzolo tutti i pozzi del centro abitato, Busto Arsizio nord, nuovo pozzo S.Anna, Ferno).

La situazione di bilancio idrico, pur effettuato solo parzialmente per via quantitativa per i Comuni di Busto Arsizio e limitrofi (Procedura di V.I.A. per grande derivazione) risulta in un equilibrio da assoggettare a monitoraggio nel tempo, anche se confinante a S con una zona con deficit di bilancio, soprattutto per gli acquiferi profondi di maggiore interesse (Legnanese Procedura di V.I.A. per grande derivazione).

In generale, questo settore, oltre alle problematiche quali-quantitative risulta anche il più 53

complesso sotto il profilo insediativo e dei conseguenti centri di pericolo, che vincolano significativamente vaste aree, precludendole di fatto alla destinazione di nuove captazioni con valenza comprensoriale.

Ambito OVEST

Nell’area occidentale compresa fra Sesto Calende, Somma Lombardo, Lonate Pozzolo W, Cardano Al Campo W, meno densamente urbanizzata anche in relazione alla presenza della Valle e del Parco del Ticino, sono presenti un minor numero di tarature profonde e conseguentemente risulta meno ricostruibile la continuità areale e produttività delle unità profonde e protette.

È tuttavia individuabile una struttura più produttiva lungo l’asse vallivo del Ticino (es. Loc. Pozzi Molinelli in Lonate Pozzolo) ove la produttività raggiunge i 20 l/s (profondità dell’ordine di 240 m). Complessivamente la “fabbrica dell’acqua” produce già oggi circa 100 l/s e 80 l/s medi sulle 24h. Nell’area di Cardano al campo si riscontrano acquiferi sovrapposti a profondità tuttavia più limitate (entro i 150 m).

In tale settore, limitatamente alla porzioni più occidentali meno impattate dalla contaminazione antropica, si riscontrano discrete produttività e qualità anche nell’acquifero superiore (sempre colonne superiori dei pozzi Molinelli).

Procedendo verso E, la qualità dell’acquifero superiore subisce un progressivo scadimento e gli acquiferi profondi subiscono una significativa riduzione in spessore utile e produttività caratteristiche (Lonate centro, Ferno etc., Samarate).

La situazione di bilancio idrico, non è di fatto conosciuta per la scarsa distribuzione dei dati e risulta meritevole di approfondimento.

4.2.4 Sezioni idrogeologiche

L'elaborazione di sezioni idrogeologiche per lo studio dei corpi idrici sotterranei rappresenta la sintesi di numerosi dati di base, raccolti ed organizzati nella fase propedeutica al presente studio e per studi precedentemente effettuati nel territorio, e contemporaneamente, costituisce il passaggio metodologico indispensabile per la classificazione idrogeologica areale.

I dati di base che vengono utilizzati nell'interpretazione del sottosuolo sono costituiti da dati stratigrafici diretti ed indiretti:

DATI DIRETTI: Stratigrafie dei pozzi pubblici e privati. Le stratigrafie raccolte e catalogate nelle precedenti fasi del lavoro sono state controllate presso il Genio Civile, l'archivio della Provincia di Varese, i Comuni e le ditte di perforazione. In particolare, per le sezioni sono state utilizzate stratigrafie controllate e giudicate attendibili per quanto riguarda i dati litostratigrafici.

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Dati geologici di superficie I dati geologici utilizzati sono stati desunti dall'esame di studi professionali precedentemente effettuati, carte geologiche provenienti da studi del Dipartimento Scienze della Terra dell'Università di Milano, nonché da rilievi di dettaglio nelle aree più significative.

DATI INDIRETTI: Sondaggi elettrici verticali reinterpretati I dati geoelettrici provenienti da studi precedentemente effettuati dallo Studio Idrogeotecnico e da altri Autori, sono stati tutti omogeneamente reinterpretati alla luce dei nuovi dati stratigrafici disponibili, mediante elaboratore. Tale operazione ha permesso l'utilizzo dei SEV per l'integrazione dei dati stratigrafici lungo le sezioni.

Per l’interpretazione delle sezioni idrogeologiche, si è tenuto conto innanzitutto dei principi geologici e geomorfologici ritenuti più validi dalle moderne metodologie di studio del quaternario in Italia e soprattutto nella fascia pedemontana lombarda.

Gli attuali caratteri idrogeologici dell'area di studio sono infatti determinati principalmente dalle vicende geologiche avvenute negli ultimi 200 milioni di anni.

Innanzitutto, buona parte dell'assetto idrografico sviluppatosi durante la regressione Messiniana ha determinato la morfologia del substrato roccioso, base delle falde idriche di interesse; a questo va aggiunto il contributo dei fenomeni tettonici pre e post messiniani, dei quali sono riscontrabili evidenze nel settore montano, dove antiche valli sospese (Valganna) sono tagliate da valli tettoniche più giovani (Valcuvia) (BINI, QUINIF, UGGERI - 1991).

Il riempimento di queste valli è principalmente da ascrivere all'ingressione marina pliocenica, mentre, durante il Pleistocene, si sono verificati fenomeni legati all'avvicendarsi di periodi freddi, corrispondenti alle massime espansioni glaciali, e periodi più caldi, con il ritiro dei ghiacciai stessi.

Tali fenomeni hanno determinato la deposizione di grandi quantità di sedimenti a granulometria variabile, che hanno costituito morfologie caratteristiche.

Nei seguenti paragrafi si descrivono in dettaglio le n.11 sezioni idrogeologiche riportate in Tav. 3A, 3B e 3C.

Sezione 1 La sezione n.1 si sviluppa nella porzione nord-occidentale della Provincia di Varese interessando i comuni da Laveno alla Valcuvia, alla confluenza con la Valtravaglia sino a Germignaga, collocandosi lungo il settore vallivo occupato da sedimenti di origine fluviale, fluvioglaciale e lacustre accumulati alla base dei comparti montuosi.

I pozzi interessati dalla sezione hanno generalmente profondità limitata dal raggiungimento del substrato roccioso posto mediamente a circa 60 – 100 metri da p.c.

La sezione interessa per intero l’idrostruttura della Valcuvia: il comparto Occidentale, in corrispondenza dei comuni di Luino e Cittiglio, è caratterizzato da una depressione del substrato 55

roccioso che raggiunge la profondità massima di circa 150 m da p.c., occupata da sedimenti a granulometria prevalentemente fine di origine lacustre e fluviolacustre nella porzione prossima al lago, sottoposti ed in eteropia con sedimenti grossolani di origine fluvioglaciale costituiti prevalentemente da sabbie e ghiaie (unità idrogeologica D).

Lo spessore dei sedimenti permeabili, sede di acquifero libero o semiconfinato, diminuisce verso Est in corrispondenza della risalita del substrato roccioso tra Brenta e Cuveglio. In tale settore le depressioni del substrato roccioso sono occupate da un’alternanza di livelli grossolani intercalati e subordinati a depositi ad abbondante matrice limoso-argillosa.

La Valcuvia è caratterizzata dalla presenza un substrato roccioso con morfologia pseudo- pianeggiante; lo spessore dei depositi incoerenti decresce in accordo con la morfologia da Cuveglio a Mesenzana da circa 120 m a circa 90 m. La porzione sommitale dei depositi dell’idrostruttura della Valcuvia è costituita da orizzonti prevalentemente grossolani, sede di acquifero libero con soggiacenza prossima a p.c., dello spessore medio di circa 20-30 metri, mentre la restante porzione alla base è caratterizzata dalla presenza di potenti livelli argillosi.

In corrispondenza della Valtravaglia, l’idrostruttura appare caratterizzata da una netta diminuzione dello spessore dei depositi incoerenti sino ad un minimo di circa 40 metri. La porzione sommitale occupata da sabbie e ghiaie prevalenti mantiene tuttavia uno spessore pari a circa 30 – 35 metri, rappresentando la quasi totalità dei depositi. Gli orizzonti porosi sono sede di un acquifero libero con soggiacenza prossima a p.c.

Nel comparto in corrispondenza di Germignaga, si osserva la depressione del substrato roccioso sino alla profondità massima pari a circa 90 metri da p.c. Tale depressione è occupata alla base da sedimenti limoso - argillosi con spessore massimo pari a circa 60 metri; alla sommità si osserva il passaggio in eteropia di sedimenti fluvioglaciali prevalentemente grossolani a sedimenti fluviolacustri e lacustri caratterizzati da alternanze di orizzonti fini e grossolani. Gli orizzonti sabbioso-ghiaiosi sono sede di acquifero libero o semiconfinato con soggiacenza contenuta entro pochi metri da p.c.

Sezione 2A La sezione n.2A si colloca in corrispondenza dell’ambito occidentale del settore collinare interessando i comuni di Besozzo, Bardello, Gavirate ed una parte di Brebbia, sviluppandosi nella porzione compresa tra il lago Maggiore ed il lago di Varese.

I pozzi interessati dalla sezione hanno generalmente profondità limitata dal raggiungimento del substrato roccioso.

Il comparto occidentale, in corrispondenza del territorio comunale di Besozzo al confine con Brebbia, è caratterizzato dalla presenza di sedimenti di origine fluvioglaciale e glaciolacustre costituiti dall’alternanza di orizzonti ghiaioso-sabbiosi intercalati ad orizzonti a matrice limoso- argillosa prevalente (unità idrogeologica D). Gli orizzonti grossolani sono sede di un acquifero libero o semiconfinato. Tali sedimenti si sovrappongono all’unità dei depositi marini e di transizione costituiti da argille 56

con subordinati livelli a ghiaie, sabbie e conglomerati (unità idrogeologica B) Il passaggio tra le due unità si ubica a circa 110 m da p.c.

Il comparto centro-orientale è caratterizzato dalla presenza di un substrato roccioso talora subaffiorante (porzione centrale di Besozzo) ed affiorante in corrispondenza delle pendici del Campo dei Fiori.

Le depressioni determinate dalla discesa del substrato roccioso risultano colmati da sedimenti dell’unità idrogeologica D caratterizzati dalla presenza di prevalenti orizzonti grossolani alla base (ubicati mediamente da 20 m di profondità sino al tetto delle formazioni rocciose) e orizzonti limoso-argillosi prevalenti a tetto. Gli strati grossolani sono sede di un acquifero semiconfinato.

Sezione 2B La sezione n.2B si sviluppa nella porzione centrale della provincia in corrispondenza dei comuni di Luvinate, Casciago, Varese e Cantello.

La sezione si sviluppa lungo il settore ubicato al passaggio tra la porzione collinare e le falde dei primi rilievi montuosi intersecando da Ovest ad Est l’idrostruttura del Campo dei Fiori, l’ambito del Lago di Varese in corrispondenza del Capoluogo e l’idrostruttura della Valceresio.

I pozzi interessati dalla sezione hanno generalmente profondità limitata dal raggiungimento del substrato roccioso ad eccezione del pozzo n.22 di Luvinate, perforato quasi interamente in roccia.

L’idrostruttura del Campo dei Fiori è caratterizzato da un substrato roccioso subaffiorante e degradante dalla quota di circa 560 m s.l.m. (Luvinate) a circa 350 m s.l.m. della porzione occidentale del comune di Varese dove avviene il passaggio graduale con il settore collinare, marginalmente interessato nella sua porzione più settentrionale. In tale ambito gli orizzonti acquiferi si ubicano in corrispondenza delle depressioni del substrato roccioso colmate da sedimenti incoerenti: i pozzi di Varese n.15/4 e n.54 si localizzano in un’ampia depressione che ospita un accumulo di sedimenti prevalentemente costituiti da sabbie e ghiaie ascrivibili all’unità idrogeologica D con spessore massimo pari a circa 40 metri poggianti su sedimenti fini ubicati al fondo della depressione.

L’idrostruttura della Valceresio è caratterizzata dalla presenza di un substrato roccioso con morfologia fortemente ondulata, ma che nel complesso si deprime sino a raggiungere la quota di circa 150 m s.l.m. La depressione è colmata dalla sovrapposizione delle unità idrogeologiche B, C e D. Alla base della successione si ubica l’unità dei depositi marini e di transizione (B) costituiti da argille con subordinati livelli a ghiaie, sabbie; l’unità colma le depressioni morfologiche del substrato roccioso, presentando un tetto blandamente ondulato. Sovrapposto a tale unità si riscontra l’unità dei depositi fluviali e fluvioglaciali (C) costituiti da orizzonti grossolani alla base e cementati alla sommità.

Lo spessore di tale unità varia da un minimo di 0 metri in corrispondenza del pozzo n.15/2 di Varese (al limite con il settore collinare) ad un massimo di circa 110 metri nella porzione mediana, dove l’unità affiora in corrispondenza dei solchi vallivi. 57

Alla sommità della successione si trova l’unità dei depositi fluvioglaciali e glaciali (D) costituiti da una prevalenza di orizzonti grossolani talora coperti da una coltre colluviale a matrice argillosa.

Sezione 3 La sezione n.3 si sviluppa con andamento Ovest-Est interamente nel settore collinare, dal comune di Angera sino a Venegono Superiore, interessando l’ambito occidentale, l’ambito dei dossi morenici, l’ambito della valle del Torrente Arno e l’ambito della Valle Olona.

La sezione si caratterizza per la presenza di un substrato roccioso con andamento marcatamente ondulato: talora affiora formando dossi e rilievi rocciosi, talora crea depressioni colmate da sedimenti incoerenti. Tale morfologia è legata essenzialmente all’azione di erosione e di deposito post-glaciale che ha determinato la formazione di lembi con direzione principale Nord-Sud, tagliati perpendicolarmente dalla sezione. Tutti i pozzi interessati dalla sezione n.3 si impostano in corrispondenza di tali accumuli; i pozzi appaiono generalmente limitati in profondità dal tetto dell’orizzonte roccioso.

L’ambito occidentale è caratterizzato dai “bacini sedimentari” di Angera, Sesto Calende, Comabbio e Varano Borghi, separati da corpi litoidi affioranti.

 il bacino di Angera presenta nel suo centro la profondità massima di oltre 200 m ed appare caratterizzato da un’alternanza di livelli ghiaioso-sabbiosi, sede di un acquifero semiconfinato, e livelli impermeabili; tali depositi sono riconducibili all’unità idrogeologica D, composta da depositi fluvioglaciali e glaciali. La ridotta profondità dei pozzi esistenti sembra indicare l’assenza di livelli acquiferi produttivi ubicati presso il fondo del bacino: i livelli acquiferi captati sono ubicati nei primi 40 metri da p.c.;

 il bacino di Sesto Calende, di dimensioni e profondità inferiori, appare caratterizzato dalla presenza di depositi ghiaioso-sabbiosi e conglomeratici riconducibili all’unità dei depositi fluviali e fluvioglaciali (C), sedi di un acquifero libero;

 il bacino di Comabbio è caratterizzato dalla presenza di sedimenti prevalentemente grossolani nella porzione sommitale e prevalenza di sedimenti a granulometria fine presso il fondo; i sedimenti grossolani sono sede di acquifero multistrato legato in buona parte alla circolazione idrica sotterranea tra i laghi di Monate e Comabbio;

 il bacino di Varano Borghi è interessato da sedimenti prevalentemente grossolani nella porzione occidentale, mentre nella porzione orientale prevalgono i sedimenti a granulometria fine; tali sedimenti non sono sede di acquiferi significativi.

L’ambito dei dossi morenici è caratterizzato dalla presenza di depositi ascrivibili all’unità D, che colmano le depressioni del substrato roccioso e talora si sovrappongono ai sedimenti appartenenti all’unità B dei depositi di origine marina e di transizione (Mornago, Crosio della Valle, Sumirago). 58

La distribuzione dei pozzi e l’ubicazione dei filtri evidenziano che gli acquiferi sfruttati si impostano essenzialmente nei depositi ghiaioso-sabbiosi dell’unità D.

In particolare la piana di Mornago, Crosio della Valle e Sumirago si contraddistingue per la presenza di un acquifero libero impostato nei prevalenti livelli sabbioso-ghiaiosi, talora cementati, contenuti nei primi 30-40 m da p.c. e caratterizzato da una soggiacenza di circa 20-25 metri da p.c.; nella sottostante unità si ritrovano limitati livelli acquiferi in pressione ubicati negli orizzonti grossolani alternati a prevalenti livelli a matrice argillosa.

Nell’ambito della Valle del Torrente Arno le depressioni del substrato roccioso sono colmate da sedimenti di origine fluvioglaciale appartenenti all’unità C (Castronno) e dai depositi marini e di transizione dell’unità B (Castiglione Olona); a queste si sovrappongono alternanze di sabbie e ghiaie a livelli argillosi appartenenti all’unità D.

Il comparto di Castronno è caratterizzato dalla presenza di un’alternanza di livelli ghiaioso- ciottolosi con abbondante matrice argillosa (unità idrogeologica D) dello spessore medio di circa 30 metri e sede di un acquifero libero o semiconfinato, sovrapposti a sabbie e ghiaie prevalenti, spesso cementate, presenti al margine occidentale del bacino sino all’interfaccia con il substrato roccioso (unità C). L’unità C è sede di un acquifero confinato o semiconfinato ubicato nei livelli grossolani intercalati a livelli argillosi prevalenti.

Nell’ambito della Valle Olona il comparto di Castiglione Olona è caratterizzato in corrispondenza della Valle dalla presenza di una depressione del substrato roccioso di oltre 200 metri, colmata da sedimenti di prevalente natura limoso-argillosa; l’acquifero, di tipo multistrato confinato, si ubica nei subordinati livelli di ghiaie, sabbie e conglomerati.

Il comparto di Venegono Superiore si caratterizza per la presenza di un’alternanza di livelli di depositi grossolani, conglomerati e argillosi con spessore complessivo pari a circa 60-80 metri. Tali sedimenti, appartenenti all’unità B, è sede di un acquifero multistrato confinato nei livelli permeabili.

Sezione 4 La sezione n.4 si sviluppa con andamento Ovest-Est nella porzione di passaggio tra il settore collinare e quello di pianura, da Golasecca sino a Tradate.

La sezione nel complesso appare piuttosto omogenea e caratterizzata dalla presenza di depositi fluvioglaciali e glaciali di copertura (unità D) tipici degli ambiti collinari, con spessore variabile da pochi metri ad un massimo di 50-60 metri, assenti solo in corrispondenza dei solchi vallivi di fiumi Ticino e Olona e dei torrenti Strona e Arno. Tali depositi non sono solitamente sede di acquifero, ad eccezione della presenza di falde sospese di estensione e produttività limitata.

Sotto l’unità D si trovano i depositi fluviali e fluvioglaciali ascrivibili all’unità C. Tali depositi hanno uno spessore mediamente pari a 100 metri della porzione occidentale della sezione e di circa 60 metri nella porzione orientale e sono sede di un acquifero multistrato libero 59

o semiconfinato localizzato negli orizzonti grossolani (acquifero superficiale). Il livello statico della falda, che interseca la topografia in corrispondenza delle valli del fiume Ticino, del torrente Strona e del fiume Olona, si trova a quote comprese tra 190 m s.l.m. nel margine occidentale e 250 m s.l.m. nel comparto di Tradate.

Lo spessore dell’acquifero è determinato dall’andamento dell’interfaccia con i sottostanti depositi appartenenti all’unità B. Lo spessore medio dell’acquifero risulta pari a circa 60 metri nell’ambito occidentale (Golasecca) mentre varia verso l’ambito centrale tra circa 60 metri (Besnate) e circa 40 metri (Vergiate, Arsago e Jerago); da Oggiona a Tradate si osserva la riduzione dello spessore dell’acquifero determinata dalla risalita dell’unità sottostante, sino ad un minimo di circa 15-20 metri.

L’unità B si caratterizza per la presenza di prevalenti orizzonti limoso-argillosi, talora fossiliferi e orizzonti torbosi alternati a subordinati livelli grossolani sede di acquiferi in pressione (acquifero profondo). Gli orizzonti acquiferi hanno generalmente spessore compreso da pochi metri a 10-15 metri e dimensioni areali limitate.

Sezione 5 La sezione n.5 si sviluppa con andamento Ovest-Est nel settore di pianura, nella porzione meridionale della provincia, dalla valle del Ticino a Ceriano Laghetto.

La seziona presenta caratteristiche omogenee per tutta la sua estensione, a partire dalla superficie topografica pianeggiante, ad eccezione della valle del Ticino.

Il primo acquifero trova sede nei sedimenti permeabili che caratterizzano gli orizzonti prevalenti dell’unità dei depositi fluvioglaciali (unità C). Si tratta di un acquifero libero, talora semiconfinato per la presenza di orizzonti impermeabili che non hanno però estensione e continuità tale da costituire una reale separazione delle falde (acquifero superficiale). Lo spessore dell’acquifero è mediamente pari a circa 30-40 metri nell’ambito occidentale, circa 80 metri presso l’ambito centrale (comparto di Busto Arsizio), si riduce a circa 40-50 metri nell’ambito orientale.

Il livello statico della falda superficiale si trova a circa 30 - 40 metri da p.c.

Alla base di tale acquifero si trova l’unità costituita da depositi marini e di transizione (unità B) caratterizzata dalla predominanza di orizzonti argillosi di spessore anche pluridecametrico, argille torbose e limi argillosi talora fossiliferi. L’interfaccia tra le due unità ha morfologia pressoché planare, con approfondimento nella porzione centrale della sezione. L’unità B è sede di un acquifero multistrato confinato nelle lenti di materiale ghiaioso – sabbioso (acquifero profondo). Lo spessore delle lenti di materiale permeabile è solitamente compreso entro pochi metri, raramente gli accumuli hanno spessore decametrico.

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Sezione 6 La sezione n.6 si sviluppa con andamento Nord - Sud nella porzione occidentale della provincia di Varese, parallelamente al Lago maggiore e la valle del fiume Ticino.

La sezione attraversa il settore montano (idrostruttura della Valcuvia), il settore collinare (ambito occidentale) e il settore di pianura (ambito occidentale).

Nel settore montano, gli accumuli di sedimenti alla base dei corpi rocciosi che costituiscono l’idrostruttura della Valcuvia sono costituiti da livelli argillosi prevalenti, ascrivibili all’unità idrogeologica D. L’acquifero risulta in parte confinato nei livelli ghiaioso-sabbiosi presenti dalla profondità di 50 metri da p.c., in parte presente come acquifero libero nei depositi fluviali di superficie.

Il settore collinare, nella porzione compresa tra Laveno Mombello e Monvalle è caratterizzato dalla prevalenza di depositi cementati alternati a depositi argillosi presenti sino alla base della depressione del substrato roccioso posta a circa 60 metri da p.c. Si rileva la presenza di un acquifero multistrato.

Tra Monvalle ed Angera si riscontra la presenza di una depressione del substrato roccioso con profondità massima pari a circa 300 m da p.c. nella porzione centro meridionale. Il bacino è colmato alla base da sedimenti prevalentemente limoso-argillosi riconducibili all’unità dei sedimenti marini e di transizione (B) dello spessore massimo pari a circa 160 metri, al di sopra dei quali si impostano i sedimenti di origine fluvioglaciale e glaciale (unità D). L’unità D è costituita da un’alternanza di orizzonti permeabili, sede di acquifero, e livelli a prevalente matrice argillosa. L’unità appare essere sede di un acquifero multistrato libero o semiconfinato con spessore che raggiunge un massimo di 80-100 metri. Si osserva spesso la presenza di falde sospese con soggiacenza prossima a p.c. Tuttavia, la maggior parte dell’area appare priva di idrostrutture proficuamente sfruttabili.

A sud del massiccio roccioso che costituisce il monte La Croce (Taino) si osserva la rapida discesa del substrato roccioso che lascia spazio alle unità costituite da sedimenti incoerenti, privi di strutture acquifere di particolare interesse, ed il passaggio al settore di pianura.

Il settore di pianura compreso tra Sesto Calende e Golasecca presenta una copertura di spessore variabile costituita da depositi di natura glaciale che costituiscono i principali rilievi della zona. I sedimenti che costituiscono tale copertura presentano generalmente abbondante matrice limoso-argillosa, limitando i livelli acquiferi a locali lenti ghiaioso sabbiose sede di un acquifero semiconfinato o confinato. Tale unità poggia su di un substrato costituito da sedimenti fluvioglaciali prevalentemente a granulometria grossolana (unità C). I sedimenti, di spessore medio pari a circa 70-80 metri, sono sede di un acquifero multistrato sfruttato dai pozzi della zona.

Il tetto dell’unità C risale procedendo da Nord (profondità massima 60 m s.l.m. presso Taino) a Sud (130 m s.l.m. a Somma Lombardo) sino ad intersecare il p.c. a Sud di Golasecca. Alla base si riscontra la presenza dell’unità costituita da depositi marini e di transizione (B). 61

L’unità B appare caratterizzata nella porzione sommitale, raggiunta dalla trivellazione dei pozzi, da un’abbondanza di livelli argillosi impermeabili con sottili intercalazioni locali di natura ghiaioso sabbiosa.

La porzione meridionale della sezione da Somma Lombardo a Lonate Pozzolo appare caratterizzata dalla sovrapposizione delle unità C e B, caratterizzate da geometria subplanare. L’unità C è costituita da orizzonti sabbioso-ghiaiosi prevalenti con sottili intercalazioni argillose ed è sede dell’acquifero superficiale. L’unità si estende da p.c. sino alla profondità media di circa 80 metri, denotando una leggera diminuzione dello spessore verso Sud dovuta alla lieve differenza di inclinazione tra la topografia ed il letto dell’unità. I sedimenti grossolani sono sede di un acquifero libero con soggiacenza da p.c. pari a circa 40 – 50 metri nella zona di Ferno e Lonate. Lo spessore dell’acquifero in tale settore è pari a circa 30-35 metri.

Alla base dell’unità C si collocano i sedimenti marini e di transizione dell’unità B, costituiti da prevalenti livelli argillosi intercalati ad orizzonti grossolani discontinui, sede dell’acquifero profondo. Il pozzo n.11/7 di Lonate presenta tratti filtrati in corrispondenza degli orizzonti permeabili ubicati a profondità compresa tra 210 e 250 metri da p.c., sedi di falda confinata. Tutti i pozzi ubicati in questo settore non presentano tratti filtrati nella porzione sommitale dell’unità B.

Sezione 7 La sezione n.7 si sviluppa con andamento Nord - Sud nella porzione centro-occidentale della provincia di Varese, parallelamente alla sezione 6.

La sezione attraversa il settore montano (idrostruttura della Valcuvia), il settore collinare (ambito occidentale al confine con l’ambito dei dossi morenici) e il settore di pianura (ambito centrale ed ambito occidentale).

Il settore montano, in corrispondenza dell’idrostruttura della Valcuvia presso Cittiglio, si caratterizza per la presenza di un substrato roccioso talora affiorante. In tale settore i pozzi si concentrano nella valle del torrente Boesio, sede di un acquifero libero o semiconfinato ubicato nei sedimenti sabbioso-ghiaiosi organizzati in livelli alternati a livelli argillosi e sottoposti ad una sottile copertura impermeabile. Lo spessore di tale acquifero è variabile tra 20 e 40 metri circa.

La sezione interessa nella sua porzione settentrionale l’ambito occidentale del settore collinare. Presso Caravate è presente un bacino determinato dalla discesa del substrato roccioso sino a quasi 200 metri da p.c. I sedimenti che colmano la depressione sono ascrivibili all’unità B alla base ed all’unità D a tetto. Tale ambito non sembra presentare strutture acquifere significative.

Il settore compreso tra Besozzo e Varano, ubicato al limite tra l’ambito occidentale e l’ambito dei dossi morenici, presenta un substrato roccioso a profondità pressoché costante ed ubicato 62

mediamente a circa 60 m da p.c. I sedimenti presenti a copertura sono ascrivibili all’unità D e sono caratterizzati da una porzione sommitale a prevalente componente limoso-argillosa presente nel comparto centrale e settentrionale dell’area con uno spessore variabile da 10 a 40 metri circa e da un’alternanza di orizzonti sabbioso-ghiaiosi intercalati a subordinati livelli argillosi presenti lungo tutto il comparto, affioranti nella porzione meridionale. Gli orizzonti permeabili sono sede di un acquifero semiconfinato o confinato dello spessore medio di circa 30 – 40 metri.

Il comparto compreso tra Casale Litta e Casorate Sempione, ubicato al passaggio dal settore collinare al settore di pianura, si caratterizza per la rapida discesa del substrato roccioso che lascia spazio ai depositi di sedimenti incoerenti. Il comparto appare caratterizzato da una copertura di materiale di origine glaciale e fluvioglaciale (unità idrogeologica D) che assume spessori importanti fino a Mornago (fino a 50 metri) per poi assottigliarsi gradatamente sino a scomparire a Sud di Casorate Sempione. L’unità D è caratterizzata dalla presenza di orizzonti ghiaioso-sabbiosi sede di acquifero libero o semiconfinato alternati ad orizzonti a prevalente matrice fine e locali orizzonti cementati. La soggiacenza dell’acquifero è pari a circa 10 – 20 metri da p.c., con uno spessore medio di circa 20 – 30 metri. Alla base di dell’unità D si riscontrano sedimenti di natura prevalentemente limoso - argillosa ascrivibili all’unità marina e di transizione (unità idrogeologica B) sede di acquifero multistrato confinato.

In corrispondenza di Casale litta non si hanno strutture acquifere di rilievo. Tra Mornago ed Arsago Seprio i sedimenti dell’unità D vengono sostituiti in profondità da sedimenti di origine fluvioglaciale (unità idrogeologica C), mentre in superficie rimane un esiguo spessore residuo ascrivibile all’unità D. Procedendo verso Sud i depositi fluvioglaciali raggiungono il massimo spessore pari a circa 130 metri nella porzione centrale del settore. L’unità C è costituita da sedimenti a granulometria grossolana prevalenti, alternati a livelli argilloso-limosi talora organizzati in livelli isolati, talora in pacchi metrici e decametrici. Gli orizzonti grossolani sono sede di un acquifero libero o semiconfinato con soggiacenza media pari a circa 70-80 metri da p.c. ed uno spessore medio di circa 60 metri, limitato alla base da sedimenti di natura prevalentemente limoso - argillosa ascrivibili all’unità B. Gli orizzonti permeabili subordinati sono sede di un acquifero multistrato confinato.

Il settore di pianura, compreso tra Casorate Sempione e Robecchetto con Induno, è caratterizzata da una struttura idrogeologica omogenea: l’acquifero superficiale è contenuto nei sedimenti sabbioso-ghiaiosi prevalenti ascrivibili all’unità C. La soggiacenza media è pari a circa 30 metri da p.c. e lo spessore dell’acquifero è variabile da circa 70 metri nella zona settentrionale (Casorate Sempione) a 20 metri nella porzione centrale (Cardano al Campo, Samarate) a circa 50 – 60 metri nella porzione meridionale. L’acquifero superficiale è limitato alla base dalla presenza dell’unità B, il cui tetto si trova a profondità comprese tra 70 e 100 m da p.c. Tale unità è caratterizzata dalla presenza di orizzonti prevalentemente ghiaioso-sabbiosi sede di un acquifero multistrato confinato (acquifero profondo) intercalati a depositi limoso argillosi di spessore metrico.

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Sezione 8 La sezione n.8 si sviluppa con andamento Nord - Sud nella porzione centrale della provincia di Varese, da Luvinate a Castano Primo. La sezione attraversa il settore montano (idrostruttura del Campo dei Fiori), il settore collinare (ambito del Lago di Varese e ambito dei dossi morenici) e il settore di pianura (ambito centrale).

Nel settore montano l’idrostruttura del Campo dei Fiori viene interessata dalla sezione nella porzione compresa tra Luvinate e Varese. Tale porzione appare caratterizzata dall’affioramento del substrato roccioso e dalla presenza locale di orizzonti di copertura con granulometria prevalentemente grossolana dallo spessore variabile da pochi metri a circa 20 metri. I depositi sono sede di un acquifero generalmente legato alle dinamiche della circolazione idrica lungo i versanti.

Al passaggio con il settore collinare, la sezione interseca l’ambito del Lago di Varese, dove i sedimenti lacustri si impostano sul complesso di sedimenti glaciali e fluvioglaciali (unità idrogeologica D) e di transizione (unità idrogeologica B) presenti sino al tetto del substrato roccioso posto a circa 50-60 metri da p.c.

Gli acquiferi presenti in tale ambito non risultano sede di acquiferi significativi sino a Crosio della Valle, al passaggio con l’ambito dei dossi morenici.

Da Crosio della Valle a Besnate si estende l’ambito dei dossi morenici, caratterizzato dalla presenza di una copertura di materiali di origine glaciale (unità idrogeologica D) di spessore pari a circa 30 metri e costituiti da un’alternanza di orizzonti sabbioso – ghiaiosi prevalenti alternati a livelli impermeabili che localmente assumono dimensioni più rilevanti. Gli orizzonti permeabili sono sede di un acquifero libero o semiconfinato. L’unità D si imposta su sedimenti di natura principalmente limoso – argillosi appartenenti all’unità B, che non costituisce sede di acquiferi significativi.

A sud di Besnate si assiste al passaggio al settore di pianura con la progressiva discesa del substrato roccioso e la diminuzione dello spessore dei depositi di copertura (unità D) che scompaiono presso Gallarate.

La sezione idrogeologica interessa l’ambito centrale, caratterizzato dalla presenza a tetto dell’unità costituita da depositi fluvioglaciali prevalentemente di natura grossolana (unità idrogeologica C) che risultano sede dell’acquifero superficiale. La falda presenta soggiacenza media pari a 40 metri da p.c. e spessore variabile da un minimo di pochi metri (porzione settentrionale) ad un massimo di circa 70 metri (porzione centrale), limitato alla base dall’interfaccia con i depositi marini e di transizione (unità B) posto mediamente a circa 100 m da p.c.

L’unità B è caratterizzata dalla presenza di orizzonti prevalentemente ghiaioso-sabbiosi sede di un acquifero multistrato confinato (acquifero profondo) intercalati a depositi limoso argillosi di spessore metrico. Generalmente, la quantità di sedimenti a granulometria fine aumenta con la profondità 64

Sezione 9 La sezione n.9 si sviluppa con andamento Nord - Sud nella porzione centrale della provincia di Varese, dalla Valganna a San Giorgio su Legnano (MI).

La sezione attraversa il settore montano (idrostruttura della Valganna), il settore collinare (ambito del Lago di Varese e ambito del Torrente Arno) e il settore di pianura (ambito centrale).

La sezione interessa il settore montano in corrispondenza dell’idrostruttura della Valganna.

I sedimenti che colmano il bacino della Valganna sono costituiti da depositi di origine glaciale e fluvioglaciale (unità idrogeologica D) costituiti da un’alternanza di orizzonti sabbioso – ghiaiosi ed argillosi. Il substrato roccioso si trova mediamente a circa 70 – 80 metri da p.c. Gli orizzonti permeabili sono sede di un acquifero multistrato di tipo prevalentemente semiconfinato.

Tra l’idrostruttura della valganna e la città di Varese, la sezione interessa marginalmente il massiccio roccioso che costituisce l’idrostruttura del Poncione e le falde occidentali dell’idrostruttura della Valceresio.

Il settore collinare in corrispondenza della città di Varese e della porzione orientale dell’ambito del Lago di Varese fino a Buguggiate si caratterizza per la progressiva discesa del substrato roccioso delle pendici del Campo dei Fiori con la formazione di bacini colmati alla base da depositi ascrivibili all’unità B. In particolare in Comune di Varese lo spessore dei depositi permeabili di superficie appare ridotto a pochi metri. Presso Buguggiate, sopra i depositi prevalentemente impermeabili dell’unità B si riscontra la presenza di un acquifero multistrato semiconfinato contenuto nella successione costituita dai depositi ascrivibili all’unità C ed all’unità D di copertura.

L’ambito della Valle del Torrente Arno è caratterizzato dalla presenza di un substrato roccioso ondulato posto a profondità compresa tra 30 e 80 metri circa da p.c.: le porzioni maggiormente depresse sono riempite da sedimenti prevalentemente a granulometria fine riconducibili all’unità dei depositi di transizione (unità idrogeologica B). In corrispondenza del comune di Buguggiate, le lenti di materiale grossolano subordinate alla prevalente matrice argillosa sono sede di un acquifero confinato, captato dai pozzi della zona. La morfologia risultante, subpianeggiante, è ricoperta dalla successione delle unità fluvioglaciali e glaciali (unità idrogeologiche C e D). L’unità C è caratterizzata dalla presenza di prevalenti depositi sabbioso-ghiaiosi, talora cementati, dello spessore medio di circa 20 metri ed è sede di un acquifero multistrato semiconfinato. La copertura dell’area è costituita dai depositi ascrivibili all’unità D, caratterizzati da spessore variabile da 10 a 30 metri circa. I depositi dell’unità D sono costituiti da un’alternanza di livelli sabbioso – ghiaiosi ed a prevalente matrice argillosa. I livelli permeabili sono sede di un acquifero libero di spessore limitato a pochi metri. 65

A sud di Albizzate la sezione interessa l’ambito centrale del settore di pianura. Nel primo tratto fino a Cavaria la copertura è costituita da uno spessore decametrico di depositi prevalentemente a granulometria fine, privi di falde idriche significative ascrivibile all’unità D. Al di sotto di tali depositi si trova L’unità C (mediamente alla profondità di 15 m da p.c.) e l’unità B (mediamente a 50 m da p.c.). L’unità C è sede di acquifero multistrato semiconfinato.

A Sud di Cavaria con Premezzo l’Unità C affiora a p.c., aumentando gradualmente il proprio spessore contestualmente all’approfondirsi graduale del tetto dell’unità B verso Sud.

La porzione della sezione compresa tra Gallarate e San Giorgio su Legnano è caratterizzata pertanto da una struttura idrogeologica omogenea: l’acquifero superficiale è contenuto nei sedimenti sabbioso-ghiaiosi prevalenti ascrivibili all’unità C.

La soggiacenza media della falda aumenta gradualmente verso Sud sino ad un valore medio pari a circa 30 - 40 metri da p.c. Lo spessore dell’acquifero è pari a circa 50 metri sino al comparto di Busto Arsizio, per poi aumentare più marcatamente sino all’estremità meridionale della sezione (circa 120 metri). L’acquifero superficiale è limitato alla base dalla presenza dell’unità B: la zona di transizione si approfondisce gradualmente da Nord verso Sud. L’unità B è caratterizzata dalla presenza di orizzonti prevalentemente ghiaioso-sabbiosi sede di un acquifero multistrato confinato (acquifero profondo) intercalati a depositi limoso argillosi di spessore metrico. Generalmente, la quantità di sedimenti a granulometria fine aumenta con la profondità.

Sezione 10 La sezione n.10 si sviluppa con andamento Nord - Sud nella porzione centro - orientale della provincia di Varese, dalla Valceresio a Canegrate (MI).

La sezione attraversa il settore montano (idrostruttura della Valceresio), il settore collinare (ambito della Valle Olona e ambito del Torrente Arno) e il settore di pianura (ambito centrale ed orientale).

La porzione settentrionale della sezione interessa il settore montano, ed in particolare l’idrostruttura della Valceresio da Bisuschio ad Induno Olona. Le strutture acquifere principali si ubicano in corrispondenza dei depositi incoerenti di riempimento che hanno uno spessore medio di circa 60 metri. Al di sopra del substrato roccioso si riscontra la successione delle unità idrogeologiche B, C e D. Nella porzione meridionale della Valceresio si riscontrano i depositi dell’unità B, costituiti da limi ed argille prevalenti ubicati alla base della successione e caratterizzati da uno spessore crescente da 20 a 60 metri. Sempre nella porzione meridionale i depositi di origine fluvioglaciale (unità idrogeologica C) si 66

sovrappongono ai depositi dell’unità B. L’unità C è caratterizzata da un’alternanza di orizzonti ghiaioso-sabbiosi, conglomerati e livelli argillosi per uno spessore medio pari a circa 50 metri, con un massimo di circa 80 metri in corrispondenza del territorio comunale di Induno Olona. Gli orizzonti permeabili sono, nel comune di Arcisate, sede di acquifero captato dai pozzi della zona. L’acquifero ha spessore pari a circa 50 metri. L’unità di copertura, costituita da sedimenti di origine glaciale e fluvioglaciale a prevalente granulometria grossolana con alternanza di livelli argillosi, poggia nella porzione settentrionale direttamente sul substrato roccioso con uno spessore medio compreso tra 50 e 100 metri, mentre nella porzione centrale e meridionale della Valceresio si sovrappone all’unità C, riducendo progressivamente il proprio spessore. Tale unità è sede di un acquifero libero o semiconfinato localizzato nei sedimenti permeabili, con soggiacenza media di circa 10 m da p.c.

Nel settore collinare, l’ambito della Valle Olona (porzione settentrionale) si caratterizza dalla presenza di un substrato roccioso ondulato posto a profondità compresa tra 30 e 140 metri circa da p.c.: le porzioni maggiormente depresse sono riempite da sedimenti prevalentemente a granulometria fine riconducibili all’unità B. Il substrato roccioso affiora in corrispondenza del comune di Gazzada. Alcuni pozzi ubicati in comune di Varese intercettano gli acquiferi confinati contenuti all’interno delle lenti di materiale grossolano contenute all’interno dei prevalenti livelli argillosi dell’unità B. La morfologia risultante dal riempimento delle depressioni del substrato è subpianeggiante e risulta ricoperta dalla successione delle unità C e D, tra loro sovrapposte e talora in contatto laterale. L’unità C è caratterizzata dalla presenza di prevalenti depositi cementati alternati a livelli argillosi e sabbioso – ghiaiosi. I depositi hanno spessore variabile con massimo pari a circa 40 metri. La copertura dell’area è costituita da depositi di origine glaciale dell’unità D, con spessore variabile da pochi metri a 60 metri circa. Tali depositi sono costituiti da prevalenti livelli sabbioso – ghiaiosi intercalati ad orizzonti di materiale fine ubicati soprattutto presso la superficie. A sud di Varese, tale ambito appare privo di idrostrutture di particolare interesse acquedottistico e caratterizzato dall’assenza della falda superficiale.

Verso Sud, la sezione interessa l’ambito del Torrente Arno in corrispondenza dei rilievi morenici orientali. La porzione tra Castiglione Olona e Caronno Varesino si caratterizza per la presenza di un substrato roccioso pianeggiante, ubicato alla profondità di circa 30 m da p.c., la cui copertura è costituita da alternanze di orizzonti sabbioso ghiaiosi ed argillosi ascrivibili all’unità dei depositi glaciali (unità idrogeologica D). Tale porzione è priva di aree di interesse acquedottistico.

Tra Caronno e Carnago si assiste alla rapida immersione verso Sud del substrato roccioso ed al progressivo assottigliamento dell’unità di copertura (unità D). Tale geometria lascia spazio ai sedimenti ascrivibili all’unità C ed all’unità B. L’unità C è sede di acquifero multistrato con spessore medio apri a circa 50 m, l’unità B non è interessata in tale ambito da opere di captazione.

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La porzione meridionale della sezione interessa il settore di pianura in parte ascrivibile all’ambito centrale e più estesamente all’ambito orientale.

Il settore di pianura si caratterizza per la presenza di una struttura omogenea costituita da un orizzonte di sedimenti di origine principalmente fluvioglaciale (unità C) dello spessore medio di circa 120 metri, che aumenta gradatamente verso Sud, impostati sui sedimenti marini e di transizione (unità B).

I depositi dell’unità C sono costituiti da orizzonti sabbioso-ghiaiosi prevalenti, talora cementati, alternati a subordinati livelli limoso-argillosi. I depositi permeabili sono sede di un acquifero libero o semiconfinato multistrato (acquifero superficiale); la soggiacenza media dell’acquifero ha valore medio pari a circa 30 - 40 metri da p.c. e lo spessore è pari a circa 80 - 100 metri. L’acquifero è limitato alla base dalla presenza dell’unità B; la zona di transizione si approfondisce gradualmente da Nord verso Sud.

L’unità B è caratterizzata dalla presenza di orizzonti prevalentemente ghiaioso-sabbiosi sede di un acquifero multistrato confinato (acquifero profondo) intercalati a depositi limoso argillosi di spessore metrico e decametrico. Generalmente, la quantità di sedimenti a granulometria fine aumenta con la profondità.

Sezione 11 La sezione n.11 si sviluppa con andamento Nord - Sud nella porzione orientale della provincia di Varese, da Cuasso al Monte a Caronno Pertusella interessando in parte la provincia di Como.

La sezione attraversa il settore montano (idrostruttura della Valceresio), il settore collinare (ambito della Valle Olona) e il settore di pianura (ambito orientale).

La porzione settentrionale della sezione interessa il settore montano, ed in particolare l’idrostruttura della Valceresio da Cuasso al Monte a Cantello. L’area si caratterizza per la presenza di un substrato roccioso da subaffiorante ad affiorante presso Bisuschio e Malnate. In tale ambito, l’andamento ondulato del substrato determina la presenza di depressioni colmate da sedimenti incoerenti delle unità B, C e D. Al fondo delle depressioni è presente l’unità dei depositi marini e di transizione (unità idrogeologica B), che raggiunge nel territorio di Arcisate spessore di quasi 100 metri ed è costituita da depositi sabbioso–ghiaiosi subordinati a livelli a prevalente matrice argilloso- limosa. I depositi permeabili sono sede di un acquifero multistrato confinato captato dai pozzi presenti nell’area. Al di sopra di tale unità si riscontra la presenza di un’alternanza di orizzonti grossolani e a prevalente matrice argillosa di origine glaciale e fluvioglaciale (unità idrogeologica D): gli orizzonti permeabili sono sede di un acquifero libero o semiconfinato dello spessore medio pari a 10 – 20 metri. Tra Arcisate e Vedano Olona tra le due unità precedentemente descritte si inseriscono i depositi di origine fluvioglaciale (unità idrogeologica C) costituiti da potenti orizzonti conglomeratici e da un’alternanza di orizzonti sabbioso–ghiaiosi e limoso-argillosi. 68

Lo spessore dell’unità C raggiunge un massimo di 100 metri tra Arcisate e Cantello, mentre si riduce a circa 20 metri nella parte meridionale del settore. Gli orizzonti sabbioso ghiaiosi e parte di quelli conglomeratici risultane essere sede di un acquifero semiconfinato o libero; lo spessore di tale acquifero raggiunge il suo massimo presso Arcisate (pozzi n.17 e n.18), pari a circa 80 metri, mentre diminuisce a Cantello con la risalita del substrato.

La porzione centrale della sezione interessa il settore collinare in corrispondenza dell’ambito della Valle Olona. L’ambito è caratterizzato dalla sovrapposizione delle unità dei depositi glaciali (unità D), fluvioglaciali (unità C) e di transizione (unità B). Mentre la porzione settentrionale del settore si caratterizza generalmente per l’assenza di orizzonti acquiferi significativi, la restante porzione presenta un acquifero multistrato che trova sede nell’unità C. Talora i livelli permeabili contenuti nell’unità B sono sede di acquiferi confinati profondi.

L’assetto idrogeologico del settore sud-collinare si sviluppa in buona continuità con il settore di pianura, con l’elisione progressiva della copertura glaciale (Unità D) e l’affioramento a p.c. dei depositi fluvioglaciali ascrivibili all’unità C.

La struttura idrogeologica appare omogenea, costituita da un orizzonte di sedimenti di origine principalmente fluvioglaciale dello spessore medio di circa 100 metri composti da orizzonti sabbioso-ghiaiosi prevalenti, talora cementati, alternati a subordinati livelli limoso-argillosi.

I depositi permeabili sono sede di un acquifero libero o semiconfinato multistrato (acquifero superficiale); la soggiacenza media dell’acquifero ha valore medio pari a circa 30 metri da p.c. e lo spessore è pari a circa 60 - 70 metri.

L’acquifero è limitato alla base dalla presenza dell’unità B, la zona di transizione si approfondisce lievemente da Nord verso Sud.

L’unità B è caratterizzata dalla presenza di orizzonti prevalentemente ghiaioso-sabbiosi sede dell’acquifero profondo intercalati a depositi limoso argillosi di spessore metrico e decametrico. Generalmente, la quantità di sedimenti a granulometria fine aumenta con la profondità.

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4.2.4 Piezometria La morfologia delle superficie piezometrica illustrata in Tav. 2 è stata elaborata utilizzando i dati della campagna provinciale del giugno 2000, ultima campagna omogenea disponibile per il settore di pianura (cfr. All. 3).

Per la ricostruzione dell’andamento piezometrico nel settore pedemontano, essendo a disposizione solo poche misure di livello non sufficienti ad una completa caratterizzazione piezometrica, sono state utilizzate piezometrie elaborate nell’ambito di studio geologici a scala locale effettuate dai componenti del Gruppo di lavoro o acquisite in fase di raccolta dati, verificandone la congruenza con i dati provinciali disponibili.

L’andamento della superficie piezometrica è stato ricostruito laddove sono presenti acquiferi liberi caratterizzati da una buona continuità laterale e con discrete potenzialità. Per alcuni settori, seppure in presenza di acquiferi di un certo interesse tale operazione non è stata possibile per carenza di dati.

Di seguito si riporta una caratterizzazione piezometrica dei vari settori idrogeologici anche tramite l’ausilio di grafici piezometrici ricostruiti tramite la serie storica di misure di soggiacenza acquisite dall’ARPA di Varese e CAP di Milano relativamente ai pozzi della propria rete di monitoraggio.

SETTORE MONTANO

A causa della forte disomogeneità dei dati di soggiacenza, l’andamento piezometrico è stato ricostruito per gli acquiferi di tipo libero con carattere locale (acquiferi nastriformi) delle idrostrutture di fondovalle della Valcuvia e Valceresio.

L’acquifero della Valcuvia è caratterizzato dalla presenza di uno spartiacque idrogeologico posto all’altezza degli abitati di Cuvio e Casalzuigno, ad una quota piezometrica di circa 275 m s.l.m.. Le acque sotterranee da questo settore defluiscono, seguendo il fondovalle, verso il lago maggiore a N-NW in direzione Luino ed a SW in direzione Laveno Mombello.

Dai grafici dell’andamento piezometrico dal 2001 del pozzo 21 di Luino e del pozzo 1 di Cittiglio, entrambi rappresentative delle condizioni piezometriche della Valcuvia, emergono le seguenti considerazioni:

⇒ il pozzo 21 di Luino evidenzia una sostanziale stabilità per tutto il periodo osservato (Fig. 4.2);

⇒ il pozzo 1 di Cittiglio presenta marcate oscillazioni piezometriche stagionali (oltre 10 m) nel 2002, 2003, connesse a cicli di rapido svaso dovuti verosimilmente ad uno scarico del surplus idrico in recettori superficiali (corsi d’acqua) nelle fasi di alto piezometrico. Il periodo successivo è caratterizzato da una tendenza allo smorzamento delle oscillazioni (da 7 m nel 2004 a 1 m nel 2006), in concomitanza con l’instaurarsi di condizioni di scarse precipitazioni meteoriche. Dalla seconda metà del 2005 l’andamento delle quote piezometriche evidenzia il raggiungimento di una quota minima in cui si disattivano gli scarichi di piena con l’attestarsi ad una condizione di stabilità (Fig. 4.3). 70

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Luino (VA) - pozzo 21 - q.ta rif. 214.10 m s.l.m. 198.5 198. 5

198.0 198. 0

197.5 197. 5

197.0 197. 0

196.5 196. 5 quota piezometrica (m s.l .m.) 196.0 196. 0

195.5 195. 5

195.0 195. 0 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni El abo razio ni d ati ARPA - Varese Stud io Idro geote cnico Ap pli cat o S.a .s. - Mila no Figura 4.1

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Cittiglio (VA) - pozzo 1 - q.ta rif. 245.00 m s.l.m. 234.0 234. 0

232.0 232. 0

230.0 230. 0

228.0 228. 0

226.0 226. 0 quo ta p iezometrica (m s.l .m.) 224.0 224. 0

222.0 222. 0

220.0 220. 0 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni El abo razi oni d at i ARPA - Varese St ud io I dro geo te cnic o ApplicatoS.a.s.- Milano Figura 4.2

71

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Arcisate (VA) - pozzo 1 - q.ta rif. 362.22 m s.l.m. 361 361

360 360

359 359

358 358

357 357 qu o ta pi ezo metr ica (m s.l .m.) 356 356

355 355

354 354 01 02 03 04 05 06

Fo nt e da t i anni Elaborazionidati ARP A - Vares e Studio Idrogeotecnico Applicato S.a.s. - Milano Figura 4.3

L’acquifero della Valceresio è caratterizzato dalla presenza di uno spartiacque idrogeologico di difficile definizione geografica. Le acque sotterranee da questo settore defluiscono, seguendo approssimativamente il fondovalle, verso il lago di Lugano a NE in direzione Porto Ceresio e verso Varese in direzione S. I dati a disposizione non consentono la ricostruzione completa dell’andamento della superficie piezometrica per questa struttura.

L’andamento piezometrico in serie storica del pozzo di Arcisate n. 1 (fig. 4.4) (che caratterizza la porzione alta dell’idrostruttura della Valceresio) mostra un brusco decremento del livello piezometrico dal 2004 (escursione di –6 m). Questo fenomeno è verosimilmente ascrivibile ad un disequilibrio tra prelievi e precipitazione efficace.

SETTORE PEDEMONTANO

La ricostruzione dell’andamento piezometrico ha coinvolto principalmente la porzione meridionale del settore in esame, interessando le porzioni caratterizzate dal maggior sviluppo areale dell’acquifero superiore di tipo libero, localmente a carattere sospeso, nell’ambito delle strutture acquifere multistrato (Sistema idrogeologico di raccordo all’alta pianura, sistema idrogeologico del F. Olona).

Data la naturale conformazione del territorio infatti, lungo i principali corsi d’acqua (T. Strona, T. Arno e F. Olona) sono presenti acquiferi liberi intensamente sfruttati e separati gli uni dagli altri da spartiacque idrogeologici (substrato roccioso impermeabile o depositi argillosi antichi) che 72

causano localmente la scomparsa della falda libera.

Le linee isopiezometriche risultano infatti interrotte in corrispondenza delle aree prive dell’acquifero libero e/o prive di idrostrutture di interesse acquedottistico. Le quote piezometriche si attestano tra 340 e 210 m s.l.m. con gradienti idraulici massimi fino al 2%. Di seguito vengono descritte separatamente le dinamiche piezometriche delle numerose strutture idrogeologiche riconoscibili in questo settore (acquiferi liberi della Valle dello Strona, della Valle dell’Arno e della Valle dell’Olona, acquifero nelle unità conglomeratiche del Ceppo). Laddove disponibili, per una ricostruzione anche temporale dell’andamento delle quote piezometriche sono state graficizzate le serie storiche disponibili e relative ai pozzi di Casale Litta n. 3, Mornago n. 15/4 di, Albizzate n.6 e 8 (periodo 2001-2006) e di Venegono Inferiore n. 1 e 7 (periodo 1993-2006).

Acquiferi semiconfinati e confinati lungo il Lago Maggiore

Nell’entroterra del Lago maggiore sono presente alcune idrostrutture, tra cui quelle della Barza, sfruttate principalmente per approvvigionare acquedotti locali. La distribuzione di punti di controllo piezometrico e la frequenza delle relative misure non consentono un’accurata ricostruzione dell’andamento della superficie piezometrica, né la verifica dell’andamento temporale delle quote piezometriche; è conseguentemente impossibile verificare l’impatto dell’emungimento in atto in relazione alle attuali condizioni di ricarica.

Acquifero libero alimentato del Lago di Comabbio

Ha origine all’altezza degli abitati di Ternate e Comabbio ad una quota di circa 265 m s.l.m. e alimenta una struttura monostrato a valle del lago di Comabbio in comune di Mercallo dei Sassi e Sesto Calende. Attualmente non si dispone di dati in serie storica testimonianti l’attuale grado di sfruttamento della risorsa. Un recente collaudo effettuato per l’amministrazione comunale di Mercallo dei Sassi ha messo tuttavia in evidenza come, nonostante si sia registrato un certo decremento del carico piezometrico (4 m dall’80 ad oggi), l’acquifero presenti ancora ottime produttività ed una buona risposta ai prelievi in atto.

Acquifero libero della Valle del T. Strona

Acquisisce la sua identità all’altezza di Crosio della Valle e Mornago e si immette nella falda principale del settore di pianura all’altezza Arsago Seprio-Somma Lombardo. E’ caratterizzato da quote piezometriche che variano da 295 a 240 m s.l.m. I grafici di Fig. 4.5 (Casale Litta) e 4.6 (Mornago) evidenziano il generalizzato abbassamento delle quote piezometriche dal 2004 in poi in relazione ad una alimentazione deficitaria dell’acquifero dovuta alla scarse precipitazioni o al sovraemungimento della struttura idrica rispetto alle attuali situazioni di ricarica. L’entità delle escursioni stagionali, ben evidenti prima del 2004 (da 5 a oltre 10 m), è in attenuazione nel periodo successivo in concomitanza con l’instaurarsi di condizioni di alimentazione deficitaria.

73

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Casale Litta (VA) - pozzo 3 - q.ta rif. 280.72 m s.l.m. 273.0 273.0

271.0 271.0

269.0 269.0

267.0 267.0

265.0 265.0 q uota p iezometrica (m s.l .m.)

263.0 263.0

261.0 261.0 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni Elaborazionidati ARPA- Varese S tudi o Idro ge ote cni co Applicato S.a.s. -Milano Figura 4.4

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Mornago (VA) - pozzo 15/4 - q.ta rif. 323.69 m s.l.m. 286 286

284 284

282 282

280 280

278 278

276 276

274 274

quotapiezometrica(ms.l.m.) 272 272

270 270

268 pozzo1 268

266 266 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni El ab o raz io ni da ti ARPA - Varese Studio Idrogeotecnico Applicato S.a.s.- Milano Figura 4.5 74

Acquifero libero della Valle del T. Arno

Acquisisce la sua identità all’altezza di Buguggiate e Gazzada Schianno e si immette nella falda principale del settore di pianura all’altezza di Cavaria con Premezzo - Carnago. E’ caratterizzato da quote piezometriche che variano da 340 a 250 m s.l.m. Anche nella serie di misure dei pozzi di Albizzate (Fig. 4.7), si osserva un abbassamento delle quote piezometriche dal 2004 in poi in relazione ad una alimentazione deficitaria dell’acquifero dovuta alla scarse precipitazioni o al sovraemungimento della struttura idrica rispetto alle attuali situazioni di ricarica. Nel periodo 2001-2003 sono evidenti escursioni stagionali di oltre 10 m, in attenuazione nel periodo successivo.

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Albizzate (VA) - pozzo 8 - q.ta rif. 317.90 m s.l.m. Albizzate (VA) - pozzo 6 - q.ta rif. 309.00 m s.l.m. 310. 0 310.0

308. 0 pozzo 6 308.0 pozzo 8

306. 0 306.0

304. 0 304.0

302. 0 302.0

300. 0 300.0

298. 0 298.0

q uota piezometrica296. (m s.l .m.) 0 296.0

294. 0 294.0

292. 0 292.0

290. 0 290.0 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni Elaborazionidati ARP A - Varese St ud io I dro geo t ecni co Applicato S.a.s. - Milano Figura 4.6

Acquifero sospeso della valle del F Olona

Acquisisce la sua identità all’altezza di Malnate e si immette nella falda principale del settore di pianura all’altezza di Lonate Ceppino. E’ caratterizzato da quote piezometriche che variano da 290 a 240 m s.l.m. L’andamento dei livelli piezometrici del pozzi di Malnate (Fig. 4.8), per i quali sono disponibili dati di monitoraggio periodici dal 2001, evidenziano un trend medio di stabilità tra il 2001 e il 2004, seguito da un progressivo abbassamento che perdura fino a tutto il 2006 nel pozzo 8 (escursione di 8 m) e fino al 2005 nel pozzo 6 (escursione di 4 m) con successiva stabilizzazione dei livelli nel 2006. Il pozzo di Vedano Olona (A.C. Comunale di Gazzada Schianno) (Fig. 4.9) posto a valle flusso rispetto ai precedenti, manifesta in analogia ai pozzi sopradescritti tendenza di stabilità dei livelli a partire dal 1998 e di decrescita dal 2004. 75

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Malnate (VA) - pozzo 6 - q.ta rif. 355.50 m s.l.m. Malnate (VA) - pozzo 8 - q.ta rif. 352.50 m s.l.m. 294.0 294.0

292.0 292.0

290.0 290.0

288.0 288.0

286.0 286.0

284.0 284.0

282.0 282.0

quota p iezometrica280.0 (m s.l.m.) 280.0

278.0 278.0 pozzo 8 pozzo 6 276.0 276.0

274.0 274.0 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni El abo razio ni dati ARPA - Varese Stud io Idroge otecni co Applicato S.a.s. - Milano Figura 4.7

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Vedano Olona (VA) - pozzo n. 11/3 A.C. di Gazzada Schianno - q.ta rif. 285.00 m s.l.m. 286.0 286.0

284.0 284.0

282.0 282.0

280.0 280.0

278.0 278.0

276.0 276.0

274.0 274.0

quota pi ezometrica272.0 (m s.l.m.) 272.0

270.0 270.0

268.0 268.0

266.0 266.0 98 99 00 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni El abo razio ni d ati ARPA - Varese StudioIdrogeotecnico Applicato S.a.s. - Milano Figura 4.8

76

Acquifero sospeso in corrispondenza dei Pianalti a Ferretto

Il grafico di Fig. 4.10 evidenzia una sostanziale stabilità delle quote nel periodo 1993-2004 evidenziata dal grafico di Venegono Inferiore pozzo 1, mentre si osserva una decrescita nell’ultimo biennio evidenziata dalla serie del pozzo di Venegono Inferiore n. 7.

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Venegono Inferiore (VA) - pozzo 1 Via Sordelli - q.ta rif. 323.69 m s.l.m. Venegono Inferiore (VA) - pozzo 7 Valle dei Pirsi - q.ta rif. 314.00 m s.l.m. 28 3 283

28 2 282

28 1 281

28 0 280

27 9 279

27 8 278

27 7 277

quota piezometrica27 (m s.l.m.) 6 276

27 5 275

27 4 pozzo 1 274 pozzo 7

27 3 273

93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 anni

Figura 4.9

SETTORE DI PIANURA

La morfologia della superficie piezometrica evidenzia una falda radiale divergente con componenti del flusso idrico sotterraneo mediamente orientate NNW-SSE nella zona centrale ed orientale e NE-SW nella zona occidentale, con quote comprese tra 250 e 155 m s.l.m. ed un gradiente idraulico variabile dal 1-2% (centro) al 5 ‰ (est). Nell’ambito occidentale l’andamento piezometrico risente dell’azione drenante del F. Ticino evidenziato dall’inflessione verso Nord delle linee isopiezometriche.

Stante il perdurare di condizioni di scarsa alimentazione delle falde, causato da un regime meteorico fortemente deficitario rispetto ai valori medi, si evidenzia nell’ultimo quadriennio (2004- 2007) in tutta l’area di pianura il generalizzato abbassamento dei livelli piezometrici.

Al fine di presentare un quadro organico del fenomeno, sono state analizzate le serie storiche delle misure di livello dei pozzi di interesse ricadenti nell’area, facenti parte delle reti di monitoraggio piezometrico del CAP di Milano e dell’ARPA di Varese.

La graficizzazione dei dati consente una valutazione dell’andamento piezometrico dell’area sul 77

lungo periodo, con l’individuazione delle fasi di innalzamento (piena) e abbassamento (scarico) dei livelli medi delle falde.

I punti di controllo rappresentativi delle condizioni piezometriche del settore di pianura in corrispondenza dei relativi ambiti sono:

Ambito est (Fig. 4.11): Fagnano Olona pozzo 4, Rescaldina (MI) pozzo CAP 001, Caronno Pertusella pozzo 6, Gerenzano pozzo C5 discarica; Ambito centro (Fig. 4.12): Gallarate pozzo 22/1, Busto Arsizio pozzo Cap 013 e pozzo 21/3 Ambito ovest (Fig. 4.13): Vanzaghello (MI) pozzi CAP 002 e 020, Lonate Pozzolo lago Cava F.lli .

Ambito est

ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Rescaldina (MI) - pozzo Cap 001 (q.ta rif. 220.75 m s.l.m.) Caronno Pertusella (VA) - pozzo 6 (q.ta rif. 192.50 m s.l.m.) Gerenzano (VA) - pozzo C5 (discarica) (q.ta rif. 220.65 m s.l.m.) Fagnano Olona(VA) - pozzo 4 (q.ta rif. 256.35 m s.l.m.)

19 0 190 18 9 189 18 8 188 18 7 187 18 6 186 18 5 185 18 4 184 18 3 183 18 2 182 18 1 181 18 0 180 17 9 179 17 8 178 17 7 177 17 6 176 17 5 175 quota pi ezometri ca (m s.l .m.) Rescaldina (pozzo Cap 001) 17 4 Fagnano Olona (pozzo 4) 174 17 3 Caronno Pertusella pozzo 6 173 17 2 Gerenzano pozzo C5 discarica 172 17 1 171 17 0 170 16 9 169 16 8 168 80 81 82 8 3 84 85 8 6 87 88 8 9 90 91 9 2 93 94 95 96 97 98 99 00 01 0 2 03 04 0 5 06

Fonte dati Elab orazio ni dati anni StudioIdrogeotecnico C.A.P.GestioneS.p.A.- Milano Appl icato S.a .s. - Mil ano Provincia di Varese

Figura 4.10

78

Ambito centro ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Busto Arsizio (VA) - pozzo Cap 013 - q.ta rif. 235.37 m s.l.m. Busto Arsizio (VA) - pozzo 21/3 - q.ta rif. 314.00 m s.l.m. Gallarate (VA) - pozzo 22/1 - q.ta rif. 271.00 m s.l.m. 216 19 6

214 19 4 Busto Arsizio - pozzo 013 212 Busto Arsizio - pozzo 21/3 19 2 Gallarate-pozzo22/1 210 19 0

208 18 8

206 18 6

204 18 4

202 18 2

200 18 0 ut izmtia(m s.l.m.) quota piezometrica

198 17 8

196 17 6

194 17 4

192 17 2 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06

Fonte dati Anni Elaborazioni dati C.A.P . G esti one S.p.A. - Mi lano Studio Idrogeotecnico ARPA- Varese Applicato S.a.s. - Milano Figura 4.11 Ambito ovest ANDAMENTO DELLE QUOTE PIEZOMETRICHE Vanzaghello (MI) - pozzo Ca p 002 (q.ta rif. 195.12 m s.l.m.) Vanzaghello (MI) - pozzo Ca p 020 (q.ta rif. 190.90 m s.l.m.) Lonate Pozzolo ( VA) - lago Cava F.lli Mara 180 180 179 179 178 178 177 177 176 176 175 175 174 174 173 Vanzaghello (pozzo Cap 002) 173 172 Vanzaghello (pozzo Cap 020) 172 Lonat e zzo lo - Lag o Cava F. lli Ma ra 171 171 170 170 169 169 168 168 167 167 166 166 165 165 quotapiezometrica(ms.l.m.) 164 164 163 163 162 162 161 161 160 160 159 159 158 158 8 0 8 1 8 2 8 3 84 8 5 8 6 8 7 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06

Fonte dati anni C.A.P. GestioneS.p.A. - Milano Provincia di Varese Figura 4.12 79

La serie storica dei dati evidenzia un progressivo abbassamento della superficie piezometrica verificatosi dall’inizio degli anni ‘80 fino al primo semestre 1992 (-8÷14 m), in relazione ad un’alimentazione deficitaria degli acquiferi registrata a livello regionale, determinata dagli scarsi apporti meteorici di tale periodo.

Dal secondo semestre 1992 sino a tutto il 1996, si assiste ad un sensibile recupero piezometrico (+3.5÷5.5 m nel settore est e ovest, + 8 m nel settore centro), in relazione ad un aumento della ricarica efficace (maggiore piovosità) che ha interessato l’alta e media pianura lombarda.

A partire dal 1997, si assiste ad una nuova tendenza alla progressiva decrescita dei livelli (- 5.0÷2.5 m), interrotta dal brusco innalzamento piezometrico conseguente agli eventi alluvionali dell’ottobre 2000 (+3.0÷3.5 m) e del novembre 2002 (+2.0÷2.5 m), che hanno riportato i livelli a quote paragonabili a quelle registrate a metà degli anni ‘80.

Negli ultimi 4 anni (2003-2006) il deficitario regime meteorico registrato a livello regionale (scarsa piovosità) ha determinato una nuova tendenza all’abbassamento dei livelli medi, più marcata e preoccupante negli ambiti centro ed est, che si manifesta sino agli ultimi dati disponibili (settembre 2006).

Situazioni anomale nell’ambito est sono manifestate dai pozzi del comune di Marnate, ad esclusione del pozzo Kennedy di recente realizzazione, che evidenziano una tendenza all’innalzamento dei livelli rispetto ai primi anni ’90 (minimi assoluti dell’intera serie storica), così come nel comune di Castellanza, i cui attuali livelli piezometrici attestano una condizione di relativo equilibrio, o di modesto innalzamento rispetto alla fine degli anni ’80.

Nell’ambito ovest la serie di misure recenti (dal 2001) riferite al pozzo 020 di Lonate Pozzolo evidenzia una iniziale decrescita fino al maggio 2002, seguita poi da un trend medio di stabilità.

Gli andamenti piezometrici illustrati dalle serie di misure riferite al lago di cava F.lli Mara e al piezometro della Cava S. Anna (n. 70) nel periodo di osservazione (2002-2005 – non riportato in grafico) denotano invece una progressiva diminuzione delle quote piezometriche; le cause di questo fenomeno in controtendenza rispetto al trend riscontrato sul pozzo piezometrico di riferimento, non sono attualmente note. Si possono attualmente fare due ipotesi:

⇒ vi è un differente comportamento naturale dell’acquifero a livello locale per cui due zone contigue reagiscono differentemente rispetto al variare delle condizioni meteoclimatiche pluriennali; ⇒ i prelievi in atto a livello locale sono significativi e tali da incidere in modo negativo sulla tendenza piezometrica locale.

80

4.2.5 Ricostruzione dell’andamento della base dell’acquifero superiore

Le captazioni a scopo idropotabile hanno interessato per lungo tempo l’acquifero superficiale in virtù dell’ottima produttività a fronte di una soggiacenza relativamente bassa. Tuttavia, nel corso dell’ultimo ventennio la quasi totalità dei pozzi ad uso idropotabile captanti l’acquifero superficiale è stata abbandonata, approfondita o convertita ad altri usi a causa della progressiva compromissione della qualità idrochimica delle acque.

Al contrario, i pozzi industriali con filtri in acquifero profondo stanno progressivamente diminuendo a seguito della chiusura di tali tratti filtrati o, talvolta, mediante conversione degli stessi ad uso idropotabile.

L’elevato grado di protezione e le buone caratteristiche idrochimiche dell’acquifero profondo rendono tale risorsa importante per l’esclusivo utilizzo ai fini del consumo umano, mentre l’acquifero superficiale può essere proficuamente sfruttato dall’industria anche a fronte di una scarsa qualità.

Per la programmazione delle nuove captazioni e per la riorganizzazione di quelle esistenti è pertanto indispensabile conoscere l’ubicazione dell’interfaccia tra acquifero superficiale e l’acquifero profondo.

Nei settori montano e pedemontano la particolare conformazione dell’assetto geologico, contraddistinto da un substrato frequentemente affiorante o subaffiorante, determina una notevole eterogeneità delle strutture acquifere che risultano nel complesso frammentate e prive di una significativa continuità areale in cui, diversamente dal settore di pianura, non è sempre individuabile un acquifero profondo. In virtù di ciò si ritiene che la modellizzazione della base del primo acquifero, in questi settori della Provincia non sia da considerarsi realizzabile.

A scala delle singole idrostrutture è possibile effettuare le seguenti considerazioni, in merito alla individuazione dell’interfaccia acquifero superficiale-acquifero profondo

Idostruttura Valcuvia La base dell’acquifero superficiale coincide con il tetto del substrato roccioso, individuabile a profondità variabili comprese fra 20 e 120 m da p.c. Localmente il substrato, nei metri più superficiali è sede di un acquifero fratturato, con elevato grado di protezione, captato da numerosi pozzi idropotabili e industriali.

Idrostruttura Valganna E’ contraddistinta da orizzonti permeabili sede di un acquifero libero superficiale, localmente semiconfinato, la cui base coincide con il tetto del substrato roccioso, individuabile a profondità comprese fra 70 e 90 m da p.c.

Idrostruttura Valceresio E’ caratterizzata da acquiferi liberi e semiconfinati sostenuti alternativamente dal substrato roccioso e dai depositi argillosi corrispondenti all’unità B; la base è individuabile ad una profondità media di 60 m da p.c. nel settore Nord dell’idrostruttura e di 120-130 m da p.c. nella porzione meridionale (Valle Bevera). 81

Settore dei Laghi Maggiore, Monate e Comabbio Tale settore è caratterizzato da un substrato roccioso con andamento marcatamente ondulato che genera depressioni (bacini di Angera, Sesto Calende, Comabbio e Ispra) alternate a dossi e rilievi rocciosi affioranti. I bacini di Angera, Sesto Calende e Comabbio sono sede di acquiferi liberi e semiconfinati la cui base è individuabile nel substrato roccioso che si trova a profondità variabili (80 m Comabbio e Sesto C., 200 m Angera) Differentemente il “bacino” di Ispra è colmato alla base da sedimenti prevalentemente argillosi (unità B) al di sopra dei quali s’imposta, all’interno dell’unità D (ghiaia, sabbie e argille) un acquifero superficiale libero o semiconfinato con spessore massimo di 80-100 m.

Settore dei dossi di Mornago e Sumirago Settore caratterizzato da una falda libera impostata nei depositi ascrivibili all’unità D che colmano la depressione del substrato roccioso in corrispondenza dei comuni di Mornago,Sumirago e Crosio della Valle. La base di tale acquifero si trova ad una profondità variabile fra 40 e 50 m da p.c. Inferiormente sono individuabili livelli acquiferi, ubicati negli orizzonti grossolani contenuti all’interno dell’unità B (argille prevalenti), frequentemente captati da pozzi ad uso idropotabile.

Settore Valle Olona Tale settore è caratterizzato da falde multistrato contenute nei livelli grossolani dell’unità B; la base coincide con il tetto del substrato roccioso che, in corrispondenza del corso d’acqua dell’Olona si colloca ad una profondità di circa 200 m da p.c., mentre in prossimità dei comuni di Venegono e Tradate ad una quota di 70-100 m da p.c.

Settore T.Arno E’ contraddistinto da un’ampia depressione del substrato colmata da livelli ghiaiosi –ciottolosi (unità D) dello spessore medio di 30 m, sovrapposto a sabbie e ghiaie cementate (unità C) sede di falde libere e confinate. L’interfaccia substrato-acquifero superficiale è situata ad una profondità compresa fra 80 e 200 m da p.c.

Il settore di pianura si caratterizza per la presenza di un sistema formato da un acquifero superficiale costituito da depositi a granulometria prevalentemente grossolana ascrivibili alle unità idrogeologiche C e D (corrispondente ai gruppi acquiferi A e B) ed acquifero profondo caratterizzato da livelli di materiale a granulometria grossolana alternati ai prevalenti depositi impermeabili.

Le caratteristiche idrogeologiche del settore di pianura garantiscono all’acquifero profondo un elevato grado di protezione naturale, al contrario l’acquifero superficiale presenta spesso delle caratteristiche idrochimiche scadenti a causa dell’elevato impatto antropico in relazione ad una protezione limitata.

In Tav. 7 si riporta l’andamento della base dell’acquifero superficiale (base dell’unità idrogeologica C o del Gruppo acquifero B) desunto dall’esame delle stratigrafie dei pozzi presenti nel settore di pianura con particolare riferimento all’ubicazione dei tratti filtrati (cfr. All.4) e dalle caratteristiche idrochimiche delle acque emunte.

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L’andamento generale del substrato indica la risalita verso Nord dell’interfaccia, passando da una quota minima di 100 m s.l.m nella porzione sud-orientale ad un massimo di 220 m s.l.m. nel settore settentrionale. Si riscontra inoltre una netta discesa del substrato nel comparto occidentale in corrispondenza del sistema deposizionale della Valle del Ticino.

In particolare, si considera quanto segue:

÷ L’ambito occidentale si caratterizza per la marcata pendenza verso Ovest del substrato, con un livello variabile da circa 140-150 m s.l.m. a circa 80 m s.l.m. in corrispondenza della Valle del Fiume Ticino;

÷ L’ambito centrale si caratterizza per la risalita del substrato da 110 m s.l.m. della porzione meridionale di Busto Arsizio a circa 200-220 m s.l.m. della porzione centro- settentrionale (Oggiona S.S. e Jerago); L’andamento arcuato delle isobate, marcato verso Ovest e più attenuato verso Est, indica la presenza di un rilievo della base dell’acquifero superficiale in corrispondenza della porzione centrale tra Busto Arsizio a Sud e Solbiate Arno a Nord, mentre le porzioni periferiche presentano la tendenza a decrescere rispettivamente verso Est ed Ovest; Il settore di Busto arsizio è apparso problematico per l’individuazione di una separazione univoca degli acquiferi, in quanto le caratteristiche idrogeologiche della fascia di transizione tra i due acquiferi non appaiono tali da evidenziare un unico orizzonte continuo di separazione. Le caratteristiche idrochimiche stesse evidenziano talora la comunicazione tra gli orizzonti acquiferi della fascia di transizione.

÷ L’ambito orientale si caratterizza per la risalita del substrato da 100 m s.l.m. della porzione meridionale di Caronno Pertusella ed Origgio a circa 200-220 m s.l.m. della porzione a Sud di Tradate; Il substrato appare talora ondulato, con locali risalite presso Gerenzano e depressioni presso Cislago e Fagnano Olona – Cairate.

Si ritiene importante precisare che il presente studio, anche in considerazione dell’elevata articolazione delle strutture idrogeologiche nei settori montano e pedemontano, si propone di determinare l’andamento della base degli acquiferi in termini generali. Saranno necessari per la programmazione delle attività estrattive future, studi di dettaglio che permettano d’individuare con precisione l’ubicazione dell’interfaccia acquifero superficiale- acquifero profondo in corrispondenza di ogni punto di presa esistente e di nuova realizzazione.

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4.2.6 Mappatura e valutazione quantitativa delle risorse idriche

Nella valutazione complessiva di una potenziale fonte di approvigionamento rappresenta un punto fondamentale e di partenza la determinazione dei quantitativi d’acqua potenzialmente captabili. Vengono di seguito riassunte ed elencate le potenzialità idriche dei principali acquiferi individuati nella fase di caratterizzazione idrogeologica del territorio provinciale, senza prendere in considerazione il loro attuale grado di sfruttamento:

Settore Montano

Idrostrutture in acquiferi cristallini: Idrostrutture Valveddasca, Monte Sette Termini, Monte Poncione e Monte Martica. Sono sede di acquiferi fessurati superficiali (profondità max 50 m) contraddistinti da capacità d’infiltrazione e di immagazzinamento modeste. Le potenzialità idriche sono estramamente basse e fortemente influenzate dal regime delle precipitazioni. I recapiti sono in genere sorgenti di portate modeste (0-3 l/s).

Idrostrutture in acquiferi carbonatici: Idrostrutture Monte Marzio, Monte Nudo, Campo dei Fiori, Monte Orsa. Queste idrostrutture sono caratterizzate da acquiferi carsici con circolazione profonda e tasso d’infiltrazione elevato. Le risorse idriche immagazzinate sono nel complesso superiori a quelle degli acquiferi cristallini ma variabili in funzione dello sviluppo areale del sistema carsico in cui sono contenute. Le portate medie delle sorgenti dell’idrostruttura Campio dei Fiori (Fontanone di Barasso, Sorgenti di Luvinate, Sorgenti Nord Campo dei Fiori) sono elevate (anche 100 l/s) e persistenti anche in periodi di magra. Al contrario le produttività delle rimanenti idrostrutture è decisamente inferiore e in rare situazioni superano i 5 l/s.

Idrostrutture porose di fondovalle Idrostrutture Valcuvia,Valganna, Valceresio e Piana del Palone Questi sistemi idrogeologici sono sede di differenti acquiferi in depositi ghiaiosi-sabbiosi limitati inferiormente da livelli argillosi o dal substrato roccioso. Le potenzialità sono generalmente discrete (5-10 l/s), localmente sono presenti aree (Valle Bevera, sbocco Valcuvia) a maggior produttività (oltre 15 l/s).

Settore Pedemontano

Sistema idrogeologico del Lago di Varese E’ un’area complessivamente priva di idrostutture d’interesse acquedottistico significativo, si possono riconoscere localmente acquiferi di limitato sviluppo areale a bassa produttività (non oltre i 5 l/s).

Sistema idrogeologico dei Laghi Maggiore, Monate e Comabbio. Settore contraddistinto da un’ alternanza di aree prive di acquiferi d’interesse acquedottistico e di aree con pozzi (Campo pozzi Barza e Campo pozzi Zinesco) ad elevata produttività (superiori ai 20 l/s). 84

Idrostrutture del F.Olona e del T.Arno Sono sede di acquiferi liberi di subalveo e semiconfinati. Nel settore centrale dell’idrostruttura del T. Arno si concentrano le migliori produttività (20l/s) mentre in Valle Olona, pur individuando sistematicamente acquiferi interessanti, le produttività massime (in corrispondenza del Campo pozzi Fontanelle) non superano i 15 l/s.

Idrostruttura dei dossi morenici di Mornago e Sumirago E’ caratterizzata da acquiferi da liberi a semicoconfinati con produttività caratteristiche generalmente inferiori ai 15 l/s. Costituisce un eccezione il Campo Pozzi di Centenate (25 l/s)

Settore di Pianura

E’ contraddistinto da una struttura idrogeologica arealmente continua in cui si riconosce un acquifero libero superficiale e uno profondo confinato. L’acquifero superiore si caratterizza in tutto il territorio di pianura da un’elevata produttività (25/50 l/s), mentre quello inferiore presenta una variabilità laterale muovendosi da E a W: Nel settore orientale le produttività sono generalmente comprese fra 15 e 35 l/s, in quello centrale raramente si raggiungono valori di 15 l/s, mentre in quello orientale è individuabile una struttura produttiva lungo l’asse vallivo del Ticino (20 l/s).

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4.3 Caratterizzazione idrochimica della falda

4.3.1 Premessa e metodologia di lavoro

La complessità e la variabilità dei fattori che influenzano la qualità delle acque di falda della provincia di Varese hanno reso necessario uno studio mirato alla definizione d’ambiti idrochimici omogenei.

La metodologia di lavoro ha previsto la successione di attività riportate nel seguente diagramma di flusso.

INDIVIDUAZIONE RACCOLTA PARAMETRI DATI IDROCHIMICI DI RIFERIMENTO

INDIVIDUAZIONE SUPERAMENTO LIMITI NORMATIVI

CREAZIONE DATABASE DEI SUPERAMENTI

Figura 4.13

In particolare, lo schema di lavoro adottato ha previsto quanto segue:

 Raccolta di dati idrochimici avvenuta presso tutti i Comuni della provincia di Varese e di un significativo ambito circostante, i Gestori degli acquedotti e presso gli Enti (Provincia di Varese, Provincia di Milano, A.R.P.A., A.S.L.); tali dati sono stati integrati con contributi originali in possesso del gruppo di lavoro. I dati raccolti riguardano le analisi sulle acque dei pozzi pubblici e privati ubicati nel settore di studio e di un significativo ambito circostante e contenute nei diversi database a disposizioni di Comuni, Gestori ed Enti.

 Omogeneizzazione dei dati finalizzata alla creazione di un database univoco. I database raccolti risultavano infatti talora disomogenei rispetto all’identificazione dei pozzi (sigla o codice identificativo) ed alla tipologia di parametro chimico ricercato. Il database risultante è stato creato, qualora possibile, mediante l’aggancio dei dati identificativi del pozzo con un codice univoco (a tal proposito è stato scelto il codice 86

identificativo provinciale). Tale operazione ha consentito da una parte di avere un’identificazione univoca del singolo pozzo sia dal punto di vista anagrafico che spaziale, ma ha tuttavia precluso l’utilizzo di buona parte dei dati idrochimici che non soddisfacevano i requisiti di identificabilità.

 Individuazione dei parametri di riferimento. A tal proposito, partendo dall’esperienza personale del gruppo di lavoro e dalla conoscenza delle criticità storicamente presenti sul territorio provinciale, sono stati individuati contaminanti che per la loro presenza accertata, pericolosità o estensione areale possono costituire un primo approccio per la definizione delle caratteristiche qualitative delle acque di falda nel territorio a scala provinciale. I parametri di riferimento individuati come significativi sono:

÷ SOLVENTI ORGANOALOGENATI TOTALI; ÷ SOMMATORIA DI TRICLOROETILENE (TCE) E TETRACLOROETILENE (PCE) ÷ NITRATI ÷ ARSENICO ÷ FITOFARMACI (ANTIPARASSITARI E DISERBANTI)

In aggiunta ai parametri precedentemente indicati, nel corso dell’analisi è stata evidenziata la presenza di altre tipologie di contaminanti che risultano essere indicatori di problematiche per lo più a livello locale.

 Individuazione dei superamenti dei limiti di potabilità. In tale fase sono stati individuati tutti i valori eccedenti i limiti di cui al D.Lgs. 31/01 riguardanti i parametri precedentemente individuati. I limiti normativi si riferiscono alla Concentrazione Massima Ammissibile (cma) definita in All.1 al D.Lgs. 31/01 per la potabilità delle acque destinate al consumo umano, ad eccezione dei parametri relativi a diserbanti ed antiparassitari, per i quali è stata indicata la sola presenza.

 Creazione di un database univoco dei superamenti individuato a partire dal database generale. Tale archivio contiene le informazioni relative a pozzi che hanno evidenziato dei superamenti nel periodo di osservazione (2003 – 2006). I requisiti di tali punti sono l’identificabilità mediante un codice univoco (codice provinciale) e una precisa ubicazione geografica (coordinate Gauss-Boaga).

 Suddivisione del territorio in ambiti omogenei. Il territorio provinciale di Varese presenta caratteristiche morfologiche eterogenee che permettono tuttavia di suddividere l’area in ambiti omogenei di pianura (settore centro- meridionale), collinari (settore centrale) e montuosi (settore settentrionale). Tali ambiti presentano caratteristiche idrogeologiche peculiari che si manifestano con la presenza di idrostrutture dalle differenti caratteristiche geometriche e dinamiche.

Il settore montano è caratterizzato dalla presenza di una circolazione idrica localizzata principalmente in roccia ed in piccola parte localizzata nei depositi permeabili del fondovalle 87

Tali idrostrutture hanno generalmente dimensioni limitate e sono dotate di una precisa identità geometrica ed areale. In tale settore l’approvvigionamento idrico è basato sullo sfruttamento di sorgenti naturali, sullo sfruttamento di pozzi ubicati nei depositi incoerenti permeabili e talora in roccia nonché, ove possibile, sull’approvvigionamento idrico da lago. L’impatto antropico in tale settore è solitamente trascurabile e localizzato nel fondovalle.

Il settore collinare è caratterizzato da un acquifero misto, parte in roccia e parte localizzato nelle porzioni permeabili dei depositi morenici e delle valli fluviali. Solitamente tali acquiferi hanno dimensioni limitate con direzione di scorrimento che segue l’andamento delle piane e delle valli intramoreniche. Gli acquiferi profondi. dotati di maggiore grado di protezione, presentano talora una produttività notevolmente inferiore agli acquiferi superficiali che, tuttavia, presentano generalmente un basso grado di protezione. L’impatto antropico in tale settore è variabile, da trascurabile a molto significativo come nel caso della Valle Olona e dell’Arno.

Il settore di pianura è caratterizzato da un importante acquifero superficiale localizzato nei sedimenti fluvioglaciali permeabili e da una serie di acquiferi profondi ubicati solitamente a profondità maggiore di 80-100 metri da p.c. L’acquifero superficiale si presenta discretamente omogeneo su tutta la porzione meridionale del territorio provinciale, con direzione di scorrimento Nord-Sud e distorsione delle curve isopiezometriche in corrispondenza delle principali aste fluviali ed un grado di protezione da basso a molto basso per la mancanza di orizzonti impermeabili di copertura dotati di continuità areale significativa. L’impatto antropico in tale settore è generalmente rilevante ed in molti casi rappresenta l’elemento critico rispetto alle caratteristiche idrochimiche delle acque.

Si è inoltre proceduto alla definizione delle caratteristiche idrochimiche delle acque emunte dai pozzi presenti nella fascia di comuni della Provincia di Milano confinanti con la porzione Meridionale della Provincia di Varese. Tale comparto idrogeologico risulta infatti in continuità con l’ambito identificato come settore di pianura della Provincia di Varese e ne risulta legato anche dal punto di vista della caratterizzazione idrochimica.

 Individuazione delle problematiche per ambito omogeneo. L’interpolazione dei dati idrochimici contenuti nel database con la suddivisione areale individuata nel precedente punto ha permesso di fornire un quadro generale della situazione idrochimica per ambiti omogenei.

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4.3.2 Individuazione dei parametri e della normativa di riferimento

Un primo riferimento normativo è dato dai valori limite riportati nell'allegato 1, Tabella C, del D.P.R. 236/88.

Il D.P.R. 236/88, recepisce la normativa C.E.E. n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano e indica i valori di concentrazione massima ammissibile (C.M.A.) per ogni singolo parametro. Tale valori, con note ed eccezioni, sono riportati nell’allegato I: "Requisiti di qualità - elenco dei parametri".

Le C.M.A. stabilite dal D.P.R. 236/88 sono successivamente state sostituite dai valori di parametro indicati nell’allegato 1, parte A e B del D.lgs. 2 febbraio 2001, n.31.

Il D.Lgs. n. 31/01, emanato in recepimento della direttiva comunitaria 98/83 CE, stabilisce valori limite vincolanti per quei parametri chimici e microbiologici che comportino seri rischi per la salute ed affida alla valutazione delle strutture sanitarie la gestione dei casi di non conformità per i parametri “indicatori” dell’efficienza ed efficacia dei trattamenti e della qualità organolettica dell’acqua.

Il decreto n.31/01 è entrato in vigore il 25 dicembre 2003, successivamente è stato modificato ed integrato dal D.Lgs. 2 febbraio 2002 n. 27, ed ha sostituito il D.P.R. n. 236 del 1988.

Per la definizione delle caratteristiche idrochimiche delle falde nel territorio della Provincia di Varese sono stati individuati dei parametri chimici di riferimento, la cui presenza indica una chiara indicazione di contaminazione. La scelta di tali parametri è avvenuta sulla base dell’analisi storica degli eventi di contaminazione noti sul territori provinciale e nei settori limitrofi.

÷ I SOLVENTI ORGANOALOGENATI, ed in particolare il Tricloroetilene (TCE) ed il Tetracloroetilene (PCE) rappresentano uno dei principali contaminanti di origine antropica presenti in falda. L’origine della presenza di tali composti in falda è essenzialmente legata all’industria chimica, tessile, manifatturiera, meccanica e subordinatamente a diverse attività industriali secondarie. Alcuni composti organoalogenati (trialometani) possono avere origine dal processo di disinfezione e clorazione delle acque potabili. La diffusione di tali contaminanti, soprattutto nei settori di pianura, è accertata in alcuni casi da decenni ed è costituita da pennacchi caratterizzati da una propria identità geometrica ben definita e talora presenti come fenomeni coalescenti. Il limite normativo di cui al D.Lgs. 31/01 è pari a 30 μg/l per la sommatoria dei solventi organoalogenati totali e 30 μg/l per la sommatoria di TCE+PCE.

÷ I NITRATI sono contaminanti caratteristici degli acquiferi superficiali vulnerabili ubicati in settori interessati da attività agricola o in prossimità di aree di spargimento di scarichi reflui urbani. La presenza di nitrati è spesso associata all’utilizzo ed allo spargimento di fertilizzanti contenenti azoto sotto forma di nitrati: la forma nitrica dell’azoto assicura infatti alta 89

redditività agricola ma è caratterizzata da una grande solubilità nelle acque e da una scarsa capacità di trattenimento da parte del suolo. Conseguentemente l’azoto nitrico non utilizzato dalle piante viene dilavato dai terreni dalle acque meteoriche e di irrigazione determinando fenomeni di eutrofizzazione nella rete idrica superficiale e inquinamento delle falde sotterranee determinando anche rischi per la salute dell’uomo. Il limite normativo di cui al D.Lgs. 31/01 è pari a 50 mg/l. In relazione alla elevata diffusione areale del parametro ed all’elevata variabilità stagionale della concentrazione sono state distinti due ordini di valori: un valore eccedente il limite (>50 mg/l) ed un valore di attenzione (compreso tra 30 e 50 mg/l).

÷ L’ARSENICO presente nelle acque di falda, in particolare in alcuni ambiti del settore montano, ha origini geologiche. La presenza di arsenico nelle acque sotterranee montane è causata dalla lisciviazione di minerali contenenti Arsenico presenti all’interno delle rocce del substrato. A causa dei tenori di tale metallo alcune sorgenti captate da decenni sono state dismesse; inoltre l’introduzione di nuovi limiti di potabilità di cui al D.Lgs. 31/01 ha reso non a norma una ulteriore consistente aliquota delle risorse idriche disponibili per l’approvvigionamento degli acquedotti. Attualmente la concentrazione massima ammissibile per l’Arsenico è di 10 μg/l.

÷ I FITOFARMACI sono un gruppo estremamente eterogeneo di sostanze organiche e inorganiche utilizzate nel settore agricolo per la difesa delle piante, delle derrate alimentari, per il diserbo delle coltivazioni o per favorire o regolare le produzioni vegetali. Dal punto di vista della loro funzione si distinguono: i fungicidi, ad azione preventiva o curativa contro le infestazioni da muffe nocive, altri prodotti specifici diretti contro diversi nemici delle piante (insetticidi, acaricidi, nematocidi, molluschicidi, rodenticidi) e prodotti contro le piante infestanti (diserbanti ed alghicidi). I fitofarmaci utilizzati per inibire o eliminare specie viventi dannose sono anche chiamati pesticidi o antiparassitari. L’impiego dei principi attivi nella difesa delle colture è aumentato in modo massiccio a partire dal dopoguerra ed ha permesso un forte incremento produttivo in agricoltura, con un minore impiego di manodopera, contribuendo notevolmente allo sviluppo economico. I vantaggi nel loro utilizzo presentano tuttavia una serie di problematiche legate all’impatto sull’ambiente, all’integrità degli ecosistemi e alla salute umana. Il parametro antiparassitari è normato dal D.Lgs. 31/01 come sommatoria dei singoli composti (0,5 μg/l), come somma della concentrazione di composti specifici (0,1 μg/l) e come valore del singolo parametro (0,03 μg/l). Per la pericolosità determinata dalla presenza di tali sostanze in falda e per l’eterogeneità dei composti rilevabili è stata evidenziata la sola presenza di almeno uno dei parametri appartenenti alla categoria dei fitofarmaci.

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Nella seguente tabella si riportano i parametri chimici considerati, unitamente ai relativi valori limite ai sensi del D.Lgs. 31/01 ed ai limiti presi come riferimento per l’individuazione delle problematiche.

PARAMETRO LIMITE NORMATIVO LIMITE DI RIFERIMENTO (D.Lgs. 31/01) Solv. Organoalogenati totali 30 μg/l 30 μg/l TCE+PCE 10 μg/l 10 μg/l Valore limite 50 mg/l Nitrati 50 mg/l Valore di attenzione 30 mg/l Arsenico 10 μg/l 10 μg/l Fitofarmaci Totali 0,5 μg/l Presenza Sommatoria composti specifici 0,1 μg/l (anche singolo composto) Singoli composti specifici 0,03 μg/l

Tabella 4.1

Sono stati inoltre considerati i superamenti relativi ad altri parametri chimici che non rappresentano, per concentrazione e diffusione, un indicatore a livello provinciale della qualità delle acque di falda. Tali superamenti dei limiti normativi si riferiscono generalmente ad ambiti circoscritti e sono legati spesso a problematiche note (per esempio la presenza di metalli in falda superficiale in prossimità delle principali discariche).

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI chimici considerati, si riportano i valori di concentrazione massima ammissibile ai sensi del D.Lgs. 31/01.

PARAMETRO LIMITE NORMATIVO NOTE (D.Lgs. 31/01) Ammoniaca 0,5 mg/l Conc. Ioni Idrogeno 6,5 – 9,5 pH Cadmio 5,0 μg/l Cloruri 250 mg/l Cromo 50 μg/l Inteso come Cromo Totale Durezza 15-50°F Valore consigliato Ferro 200 μg/l IPA 0,1 μg/l Manganese 50 μg/l Mercurio 1,0 μg/l Nichel 20 μg/l Nitriti 0,5 mg/l Piombo 10 μg/l Sodio 200 mg/l Solfati 250 mg/l

Tabella 4.2

La durezza delle acque non è in sé indice di contaminazione, ma ne costituisce ugualmente un importante caratteristica idrochimica. Le acque dure (>40-50°F) possono avere risvolti indesiderati sia nell’uso industriale e civile (l’eccessiva presenza di sali diminuisce per esempio l’efficienza dei tensioattivi), sia sulla salute 91

umana nell’uso idropotabile; dal punto di vista igienico-sanitario, al contrario, l‘acqua addolcita (<15°F) viene considerata indesiderabile in quanto numerosi studi e ricerche hanno dimostrato una correlazione tra malattie cardiovascolari e acque addolcite. Valori estremamente bassi di durezza sono caratteristici delle acque piovane ed in generale di acque che hanno avuto un interscambio di minerali di breve durata con il materiale costituente l’acquifero, in particolare in ambienti calcarei. Tuttavia anche il trattamento delle acque a scopo idropotabile può indurre un abbassamento eccessivo della durezza.

4.3.3 Individuazione delle problematiche

4.3.3.1 Settore Montano

Il settore montano si ubica nella porzione settentrionale della provincia di Varese, dai primi rilievi montuosi a Nord del Comune di Varese sino al confine con la Svizzera.

Nel settore montano la problematica di maggior peso risulta legata alla presenza di ARSENICO sia nelle acque emunte dai pozzi che captate dalle sorgenti naturali. In particolare, le sorgenti rappresentano la principale fonte di approvvigionamento idrico di molti comuni di tale settore: la costante presenza di arsenico nelle acque unitamente all’abbassamento del limite normativo a 10 μg/l ha determinato la dismissione di captazioni da fonti attive da decenni.

Le analisi effettuate nel periodo 2003 - 2004 sulle acque captate dalle sorgenti e nelle reti acquedottistiche dei comunali hanno evidenziato il superamento del parametro arsenico nei comuni di Agra, Cremenaga, Curiglia, Dumenza, Luino e Germignaga.

Si può notare come il territorio di tutti i comuni interessati da tali problematiche ricadano in corrispondenza o in prossimità delle idrostrutture Veddasca (Maccagno, Luino, Agra, Curiglia, Dumenza), 7 Termini (Cremenaga) e Valcuvia (Germignaga).

In particolare, negli anni 2003 – 2004 a livello comunale si sono registrati i seguenti superamenti:

> Agra le analisi sulle acque in rete hanno evidenziato valori compresi tra 11 μg/l e 36 μg/l. > Cremenaga le analisi sulle acque in rete hanno evidenziato valore pari a 23 μg/l (anno 2003). > Curiglia le analisi sulle acque in rete hanno evidenziato valori compresi tra 17 μg/l e 48 μg/l, le analisi sui bacini di raccolta hanno evidenziato valori massimi pari a 115 μg/l mentre le analisi presso le sorgenti hanno rilevato concentrazioni comprese tra 36 μg/l e 80 μg/l. > Dumenza le analisi sulle acque in rete hanno evidenziato valori compresi tra 11 μg/l e 50 μg/l, le analisi sui bacini di raccolta hanno evidenziato valori compresi tra 10 μg/l e 33 μg/l. > Germignaga

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le analisi sulle acque dei pozzi ed in rete hanno evidenziato valori compresi tra 20 μg/l e 160 μg/l. > Luino le analisi sulle acque effettuate sia in rete che presso le sorgenti hanno evidenziato la presenza di concentrazioni fino ad un massimo di 400 μg/l. > Maccagno le analisi sulle acque effettuate sia in rete che presso le sorgenti hanno evidenziato la presenza di concentrazioni fino ad un massimo di 50 μg/l.

Relativamente ai restanti parametri di riferimento, si evidenziano nel settore montano delle contaminazioni a carattere puntuale e legati a singoli eventi di contaminazione, talora sporadici, concentrati soprattutto nella porzione ad Est di Varese ed interessano principalmente gli acquiferi ubicati nei fondovalle.

Di particolare rilevanza appare la contaminazione da SOLVENTI ORGANOALOGENATI presente in corrispondenza del comune di Arcisate.

La contaminazione, nota dagli inizi degli anni ’90, è stata monitorata per mezzo di campagne di caratterizzazione della falda avvenute negli anni compresi tra il 1994 ed il 2006. Le campagne di monitoraggio sono state eseguite mediante prelievo di campioni di acqua di falda in corrispondenza dei piezometri, di pozzi pubblici e di pozzi privati ubicati nel territorio comunale.

Le analisi del 2006 hanno confermato il persistere della contaminazione nelle acque di falda: nei piezometri di monitoraggio si osservano valori di solventi totali fino ad un massimo pari a 105,5 μg/l, con componente preponderante di PCE. Nel pozzo pubblico n.1 si sono rilevati ripetuti superamenti sia per i solventi totali che per la sommatoria TCE+PCE (valori compresi tra 34 μg/l e 88 μg/l, quasi interamente attribuibili al parametro PCE).

Relativamente ai NITRATI, non si evidenziano superamenti della c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01: si rilevano, tuttavia, valori di attenzione in corrispondenza di pozzi pubblici e privati che captano acquiferi vulnerabili a bassa e media profondità. Tali superamenti appaiono tuttavia eventi isolati, localizzati in particolare nei seguenti comuni:

> Bisuschio Valore pari a 43,5 mg/l in corrispondenza del pozzo privato n.27/1. > Clivio Valore pari a 30,8 mg/l in corrispondenza del pozzo pubblico n.3. > Induno Valore pari a 31,5 mg/l in corrispondenza del pozzo pubblico n.1. > Porto Valtravaglia Valore pari a 32,6 mg/l in corrispondenza del pozzo pubblico n.3.

Si rileva la presenza minima di FITOFARMACI, in particolare di TMCP, nei seguenti pozzi pubblici e privati che captano acquiferi a bassa protezione:

> Arcisate – Pozzo n.6/1 93

> Bisuschio – Pozzo n.27 > Brusimpiano – Pozzo n.2 > Cantello – Pozzo n.1 e n.2 > Clivio – Pozzo n.21 > Valganna – Pozzo n.11

Valori più consistenti, anche se inferiori alla c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01, si rilevano in corrispondenza dei seguenti pozzi:

> Besano – Pozzo n.1 (0,10 μg/l) > Cittiglio – Pozzo n.6 (0,26 μg/l) > Germignaga – Pozzo n.24 (0,47 μg/l)

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ Nel 2003 si riscontra la presenza occasionale di AMMONIACA in corrispondenza del piezometro di monitoraggio n.1 di Gemonio (1,43 μg/l); ÷ Relativamente all’ATTIVITÀ DELLO IONE IDROGENO, nel 2004 si riscontrano valori inferiori a quanto indicato dal D.Lgs. 31/01 presso la rete idrica dei seguenti comuni: ƒ Dumenza (pH 6,2-6,3) ƒ Luino (pH 6,1-6,4) ƒ Valganna (pH 6,4-6,0)

÷ La DUREZZA delle acque, benchè non costituisca un limite normativo all’utilizzo per il consumo umano, è ugualmente normato come valore consigliato dal D.Lgs. 31/01. L’acqua presente nella rete e nei bacini di tali comuni mostra valori inferiori a quanto consigliato dal D.Lgs. 31/01. In particolare (prelievi A.R.P.A. 2004):

ƒ Agra (14,5°F) ƒ Germignaga (7,1-11,1°F) ƒ Arcisate (7,6-14,5°F) ƒ Grantola (2,3°F) ƒ Bedero Valcuvia (9,5°F) ƒ Induno Olona (2,3-12,5°F) ƒ Brezzo di Bedero (7,6-13,8°F) ƒ Lavena Ponte Tresa (12,0-13,4°F) ƒ Brinzio (10,0°F) ƒ Luino (1,4-12,4°F) ƒ Brusimpiano (5,9°F) ƒ Maccagno (0,9-5,1°F) ƒ Casalzuigno (12,9°F) ƒ Marchirolo (5,7-13,4°F) ƒ Cermenaga (3,6-4,2°F) ƒ Marzio (1,2-1,7°F) ƒ Clivio (9,5°F) ƒ Mesenzana (2,4-13,5°F) ƒ Coquio Trevisago (12,3°F) ƒ Montegrino (1,2-4,9°F) ƒ Cuasso al Monte (2,8-10,2°F) ƒ Pino (1,2-2,2°F) ƒ Cugliate Fabiasco (11,0°F) ƒ Porto Ceresio (10,1-10,3°F) ƒ Cunardo (9,0-14,0°F) ƒ Porto Valtravaglia (11,3-13,9°F) ƒ Curiglia (1,1-4,5°F) ƒ Tronzano L.M. (1,1-1,6°F) ƒ Dumenza (2,3-9,9°F) ƒ Valganna (1,1-13,9°F) ƒ Ferrera di Varese (7,5-12,9°F) ƒ Veddasca (0,9-12,9°F)

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÷ Nel 2003 si riscontra la presenza occasionale di FERRO in corrispondenza dei comuni di Germignaga (200-300 μg/l in rete e piezometri di monitoraggio), Lavena Ponte Tresa (476 μg/l presso il pozzo n.3), Luino (200-2290 μg/l in rete e piezometri di monitoraggio) e Saltrio (570 μg/l in rete). ÷ Si rileva la presenza di IPA in comune di Germignaga (0,15 μg/l presso il pozzo n.24 nell’anno 2003) ÷ Nel 2003-2004 si riscontra la presenza di MANGANESE in concentrazioni superiori alla c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01 in corrispondenza dei Comuni di Lavena Ponte Tresa (160-250 μg/l presso i pozzi n.2 e n.3) e Luino (56-168 μg/l in piezometri di monitoraggio – Località Palone); ÷ Nel 2003 si riscontra la presenza occasionale di MERCURIO in corrispondenza del pozzo n.6 di Caravate (3,0 μg/l);

4.3.3.2 Settore collinare

Il settore collinare si ubica nella porzione compresa tra i primi rilievi montuosi a Nord di Varese e l’alta pianura. Tale settore si caratterizza per la presenza di un acquifero misto, parte in roccia e parte localizzato nelle porzioni permeabili dei depositi morenici e delle valli fluviali.

Nell’ambito di indagini idrogeologiche finalizzate al reperimento di nuove risorse idriche sotterranee ASPEM ha rilevato la presenza di acque ricche in Fe e Mn, sopra ai limiti di potabilità, nelle idrostrutture del Rio Ranza, dell’Olona e di Daverio.

In relazione all’eterogeneità dei vari ambiti presenti in tale settore, è utile procedere ad una ulteriore suddivisione in ambiti omogenei contraddistinti da una propria identità areale e dalla presenza di idrostrutture caratteristiche.

Si individuano i seguenti ambiti:

 ambito occidentale, compreso tra il Lago Maggiore ed i laghi di Varese e Comabbio  ambito dei dossi morenici, comprendente i rilievi collinari e la piana tra Casale Litta e Sumirago  ambito del Lago di Varese, comprendente l’area circostante il lago medesimo  ambito della valle dell’Arno, comprendente parte del bacino idrografico del torrente Arno, da Gazzada Schianno a Carnago e Jerago con Orago  ambito della Valle Olona, comprendente la porzione orientale della provincia in corrispondenza della Valle Olona ed il Comune di Varese.

Ambito Occidentale

La problematica principale evidenziata in tale ambito riguarda il parametro FITOFARMACI, in quanto la presenza di alcune tipologie di antiparassitari sono state rilevate nei pozzi pubblici e privati di Taino, Comabbio, Ternate e Varano Borghi.

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Le concentrazioni rilevate, comprese tra 0,01 μg/l e 0,14 μg/l, sono relative a pozzi poco profondi (generalmente entro i 30 metri di profondità da p.c.) che captano un acquifero vulnerabile.

In particolare, la presenza di fitofarmaci è stata rilevata nei seguenti comuni (anno 2003):

> Comabbio – Pozzo n.1/1 (0,14 μg/l) > Taino – Pozzo n.2 (0,01 μg/l), Pozzo n.11 (0,02 μg/l), Pozzo n.12 (0,04 μg/l), Pozzo n.31 (0,09 μg/l) > Ternate – Pozzo n.1 (0,08 μg/l) > Varano Borghi - Pozzo n.1 (0,09 μg/l), Pozzo n.2 (0,14 μg/l)

Ad Osmate Lentate si rileva la presenza di FITOFARMACI nelle acque della sorgente Fontanazze (n.1) con valore pari a 0,03 μg/l (anno 2003).

La presenza di NITRATI in falda con concentrazioni eccedenti il valore di attenzione e la c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01 si rileva nel solo comune di Varano Borghi. In corrispondenza dei pozzi pubblici n.1, n.2 e n.3 si riscontrano valori compresi tra 42,0 mg/l e 57,2 mg/l nel periodo 2003 – 2006.

In particolare, i pozzi n.1 e n.2 evidenziavano il superamento della c.m.a. nel 2003 (rispettivamente 56,2 mg/l e 57,2 mg/l) mentre il pozzo n.3 presenta un valore pari a 48,3 mg/l nel 2005 e 46,6 mg/l nel 2006.

Relativamente al parametro SOLVENTI ORGANOALOGENATI si rileva nel 2004 un problema localizzato presso i pozzi privati ad uso industriale n.21/1 e n.21/2 di Ternate con valori rispettivamente di 89,5 μg/l e 380,3 μg/l.

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ Nel periodo 2003-2004 si riscontra la presenza di CROMO (indicato anche come Cromo VI) presso Ternate sia in corrispondenza dei pozzi n.1 e n.21/1 che in rete. I valori di concentrazione sono compresi tra 4,0 e 9,0 μg/l; ÷ Nel pozzo n.10 di Travedona Monate si riscontra un valore di DUREZZA molto basso (2,1°F).

Ambito dei dossi morenici

L’ambito dei dossi morenici evidenzia la presenza di problematiche arealmente limitate e generalmente legate alla scarsa protezione dell’acquifero captato.

Relativamente al parametro NITRATI si rilevano superamenti del valore di attenzione a Besnate in corrispondenza del pozzo pubblico n.2 e dei pozzi privati n.11/1, n.11/2, n.11/3 e n.22 con valori compresi tra 31 e 46,7 mg/l. I valori più elevati, prossimi alla c.m.a., si ritrovano in corrispondenza del pozzo pubblico.

Sempre a Besnate si rileva la presenza di FITOFARMACI nei pozzi pubblici n.2, n.3/1 e n.4

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con valori compresi tra 0,03 μg/l e 0,09 μg/l. La campagna di monitoraggio del 2003 eseguita da A.R.P.A. ha evidenziato la presenza di antiparassitari nel pozzi n.4 di Casale Litta (0,03 μg/l).

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ In tale ambito non si riscontrano contaminazioni di rilievo relativamente agli altri parametri considerati. Si riscontrano tuttavia valori di DUREZZA piuttosto bassi in Comune di Besnate (9,5-14,0°F) e la presenza di Cloruro di Vinile (0,5 μg/l) nel Bacino di Caidate (Sumirago, 2004).

Ambito del Lago di Varese

L’ambito del Lago di Varese evidenzia la presenza di problematiche arealmente limitate e generalmente legate alla scarsa protezione dell’acquifero captato. I pozzi che evidenziano contaminazione sono infatti pozzi poco profondi intestati nell’acquifero superficiale. Relativamente al parametro SOLVENTI ORGANOALOGENATI si rileva nel periodo 2003 - 2004 delle alterazioni del quadro idrochimico localizzate nei seguenti Comuni:

> Bardello – Pozzo n.23 (33,0 μg/l) nel 2004 > Biandronno – Pozzo n.21/3 (452,3 μg/l) nel 2003

Relativamente al parametro TCE+PCE si rileva nel periodo 2004 - 2006 delle alterazioni del quadro idrochimico localizzate nei seguenti Comuni:

> Bardello – Pozzo n.23 (10,8 μg/l) nel 2004 > Varano Borghi - Pozzo n.3 (superamenti compresi tra 11,6 μg/l e 26,8 μg/l nel 2005 – 2006

Nel periodo 2003-2004 le analisi effettuate sulle acque prelevate dai piezometri ubicati in comune di Biandronno (Ditta Whirlpool – Località Cassinetta di Biandronno) hanno evidenziato la presenza di TCE, PCE e Cloruro di Vinile con valori sino a 10.000 volte superiori ai limiti normativi.

Si riscontra la presenza di NITRATI in falda con concentrazioni eccedenti il valore di attenzione nel solo comune di Bardello (34,5 mg/l nel 2004).

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ In tale ambito non si riscontrano contaminazioni di rilievo relativamente agli altri parametri considerati. Si evidenziano tuttavia valori di DUREZZA piuttosto bassi in Comune di Biandronno (11,3-13,30°F), Brebbia (12,7 μg/l), Bregano (13,2-14,0 μg/l), Buguggiate (11,4 μg/l) e Gavirate (10,7 μg/l).

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Ambito della Valle dell’Arno

L’ambito della Valle dell’Arno evidenzia problematiche arealmente limitate.

A Brunello si rileva la presenza di una contaminazione da SOLVENTI ORGANOALOGENATI nota dai primi anni ‘90. Nel periodo 2003-2004 le analisi sulle acque del pozzo n. 21/3 e del piezometro n.4 hanno evidenziato valori rispettivamente pari a 135 μg/l e 390 μg/l.

Nel Dicembre 2004 le analisi chimiche sulle acque dei piezometri di monitoraggio presenti sul territorio comunale hanno evidenziato le seguenti concentrazioni di solventi totali, dei quali oltre il 90% ascrivibile al parametro PCE:

> Piezometro 1 – 105 μg/l > Piezometro 2 – 419 μg/l > Piezometro 3 – 1817 μg/l

Le analisi del 2007 sulle acque emunte dal pozzo n.21/2 hanno rilevato la presenza di 34,83 μg/l di solventi totali e 18,85μg/l per la sommatoria TCE+PCE L’idrostruttura interessata dai pozzi n.21 di Brunello è collegata con la Valle dell’Arno.

Il pozzo pubblico n.15 di Castronno ha evidenziato nel 2004 una rilevante presenza di FITOFARMACI, in particolare Atrazina, con valore di concentrazione pari a 94,0 μg/l, ampiamente superiore alla c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01.

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ Nel 2004 in comune di Albizzate si riscontra la presenza di CLORURI presso il pozzo privato ubicato presso il parcheggio (400μg/l) dove si riscontra anche un elevato valore di SODIO (350 mg/l); ÷ Si registra un basso valore di DUREZZA nelle acque dei comuni di Albizzate, Carnago, Castronno, Jerago, Morazzone con valori compresi tra 3,9 e 13,2°F;

Ambito della Valle Olona

L’ambito della Valle Olona evidenzia una problematica diffusa e legata alla presenza di NITRATI con concentrazioni eccedenti il valore di attenzione.

In particolare, nel periodo 2003-2006 si riscontrano i seguenti valori di picco:

> Castelseprio – Pozzo n.2 (31,1 mg/l), Pozzo n.4 (31,0 mg/l) > Castiglione Olona – Pozzo n.1 (48,8 mg/l), Pozzo n.2 (50,0 mg/l) > Gornate Olona – Pozzo n.2 (41,7 mg/l) > Lonate Ceppino – Pozzo n.1 (40,6 mg/l) > Malnate – Pozzo n.12/1 (37,7 mg/l), Pozzo n.12/2 (31,5 mg/l) > Venegono Inferiore – Pozzo n.3 (49,2 mg/l), Pozzo n.4 (30,3 mg/l)

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I pozzi considerati sono in falda superficiale ed in falda mista.

Nel periodo 2003-2006 si rileva inoltre la presenza di FITOFARMACI, in particolare di TMCP, nei seguenti pozzi pubblici e privati che captano acquiferi a bassa protezione:

> Castiglione Olona – Pozzo n.1 (0,1 μg/l), Pozzo n.21/6 (0,02 μg/l) > Vedano Olona – Pozzo n.2 (0,34 μg/l), Pozzo n.3 (0,34 μg/l) > Venegono inferiore – Pozzo n.1 (0,02 μg/l), Pozzo n.3 (0,18 μg/l)

Si evidenzia che i dati del 2005-2006 indicano generalmente una diminuzione delle concentrazioni.

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ Si registra un basso valore di DUREZZA nelle acque dei comuni di Castelseprio, Lonate Ceppino, Tradate, Vedano Olona, Venegono superiore e Venegono inferiore con valori compresi tra 7,0 e 15,0°F; ÷ Nel 2003 si rileva il superamento dei limiti normativi relativi al parametro MANGANESE a Malnate (118 μg/l presso il piezometro ubicato in area Ex-SIOME) e Vedano Olona (97 μg/l presso il pozzo n.3); ÷ Sempre a Vedano Olona si riscontra la presenza di SOLFATI (437 μg/l presso il pozzo n.2, mentre a Lonate Ceppino si riscontra la presenza di MERCURIO presso il pozzo n.2 (2 μg/l).

4.3.3.3 Settore di pianura

Il settore di pianura si ubica nella porzione compresa tra i dossi morenici che caratterizzano il settore collinare ed il confine meridionale della provincia.

Questo settore, dove la distribuzione, tipologia e produttività degli acquiferi presenti nel sottosuolo varia zonalmente in relazione allo spessore e permeabilità dei depositi quaternari, appare come quello maggiormente interessato dalla presenza di pozzi, sia ad uso pubblico che privato, e sottoposto ad un notevole impatto antropico.

Nel contesto della media e bassa pianura, l’approfondirsi del substrato roccioso da Nord verso Sud ed il conseguente aumento dello spessore dei depositi che lo ricoprono, determinano la presenza di una struttura idrogeologica complessa ma arealmente continua, caratterizzata da acquiferi sovrapposti di tipo multistrato, contenuti sia nell’unità idrogeologica superiore (acquifero libero) sia nell’unità idrogeologica profonda (acquiferi confinati nei livelli permeabili intercalati alle argille).

L’acquifero superiore, di tipo libero e localmente semiconfinato, è caratterizzato in tutto il territorio di pianura da produttività da buona ad elevata (20 – 50 l/s) e da un grado di vulnerabilità da medio ad elevato.

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Gli acquiferi profondi protetti presentano da Est ad Ovest una certa variabilità laterale sia geometrica che di produttività.

Su tale base e per le diverse caratteristiche di impatto antropico, sia dal punto di vista dello sfruttamento che dell’inquinamento, il settore di pianura viene distinto in tre ambiti omogenei:

 ambito occidentale, compreso fra Sesto Calende, Somma Lombardo, Lonate Pozzolo e Cardano al Campo;  ambito centrale, compreso fra la Valle Olona, Busto Arsizio e Gallarate;  ambito orientale, compreso fra Caronno Pertusella, Tradate, Fagnano Olona e Castellanza.

Ambito Occidentale

Nell’ambito occidentale, che appare essere il meno densamente urbanizzato anche in relazione alla presenza della Valle e del Parco del Ticino, sono presenti un minor numero di pozzi rispetto agli altri ambiti di pianura e la maggior parte dei pozzi presenti captano l’acquifero superficiale.

In tale settore, limitatamente alla porzioni più occidentali meno impattate dalla contaminazione antropica, si riscontrano discrete produttività e qualità anche nell’acquifero superiore (colonne superiori dei pozzi Molinelli di Lonate Pozzolo).

Procedendo verso Est, la qualità dell’acquifero superiore subisce un progressivo scadimento e gli acquiferi profondi subiscono una significativa riduzione in spessore utile e produttività caratteristiche (Lonate centro, Ferno etc., Samarate).

La problematica arealmente più rilevante evidenziata in tale ambito riguarda il parametro FITOFARMACI, in quanto la presenza di alcune tipologie di antiparassitari sono state rilevate nei pozzi pubblici e privati di Golasecca, Lonate Pozzolo, Sesto Calende, Somma Lombardo e Vizzola Ticino. Tutti i pozzi individuati n.11 si localizzano in falda superficiale, n.2 captano un acquifero misto e n.1 interessa esclusivamente la falda profonda. In particolare si considera quanto segue:

Acquifero superficiale

Nel periodo 2003 – 2006 si evidenziano i seguenti valori massimi:

> Golasecca – Pozzo n.1 (0,10 μg/l) > Lonate Pozzolo – Pozzo n.4 (0,04 μg/l), Pozzo n.40 (0,78 μg/l), Pozzo n.44 (0,78 μg/l) > Sesto Calende – Pozzo n.1 (0,02 μg/l), Pozzo n.21/1 (1,21 μg/l) > Somma lombardo – Pozzo n.3 (0,31 μg/l), Pozzo n.6/2 (0,08 μg/l), Pozzo n.7/2 (0,01 μg/l) > Vizzola Ticino – Pozzo n.1 (0,09 μg/l), Pozzo n.4 (0,72 μg/l)

Acquifero misto

Le analisi eseguite nel 2003 evidenziano i seguenti valori massimi:

100

> Somma lombardo –Pozzo n.4/2 (0,02 μg/l), Pozzo n.5/2 (0,23 μg/l)

Acquifero profondo

Le analisi eseguite nel 2005 evidenziano i seguenti valori massimi:

> Lonate Pozzolo –Pozzo n.9/1 (0,01 μg/l)

La presenza di NITRATI interessa in tale ambito il solo comune di Lonate Pozzolo. In particolare alcuni pozzi privati ed il pozzo pubblico n.4 (dopo clorazione) in falda superficiale evidenziano la presenza di valori di concentrazione di attenzione compresi tra 30,6 mg/l e 50,0 mg/l.

Acquifero superficiale

Nel periodo 2003 – 2006 si evidenziano i seguenti valori massimi:

> Lonate pozzolo – Pozzo n.4 (46,0 mg/l), Pozzo n.28 (50,0 mg/l), Pozzo n.28/2 (47,8 mg/l), Pozzo n.30 (30,6 mg/l), Pozzo n.31 (41,3 mg/l), Pozzo n.34/1 (49,0 mg/l), Pozzo n.34/2 (34,8 mg/l), Pozzo n.39 (38,9 mg/l) Pozzo n.44 (40,2 mg/l)

Relativamente all’ARSENICO si evidenziano dei valori ampiamente superiori al limite normativo nel settore settentrionale, ed in particolare in alcuni pozzi in falda superficiale dei comuni di Golasecca, Sesto Calende e Somma Lombardo.

Acquifero superficiale

Nell’anno 2006 le analisi sulle acque evidenziano le seguenti concentrazioni:

> Golasecca – Pozzo n.1 (36,5 μg/l) > Sesto Calende – Pozzo n.2 (13,0 μg/l) > Somma Lombardo – Pozzo n.7/2 (31,0 μg/l)

Nell’anno 2003 il pozzo n.7/2 di Somma Lombardo presentava un valore di concentrazione di arsenico pari a 60 μg/l mentre nello stesso anno il pozzo n.1 presentava valore massimo pari a 27μg/l.

Per quanto concerne la sommatoria TCE+PCE non si evidenziano particolari problematiche, ad eccezione della presenza di concentrazioni leggermente superiori alla c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01 in corrispondenza del Pozzo “H” di Malpensa (10,1 μg/l) ubicato in territorio comunale di Vizzola Ticino.

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Ambito Centrale

L’ambito centrale si estende dalla porzione orientale di Somma Lombardo a quella occidentale di Cairate, comprendendo aree densamente abitate quali i comuni di Gallarate e Busto arsizio. L’area è caratterizzata dalla presenza di un acquifero superficiale intensamente sfruttato sia con pozzi monofalda che multifalda.

In relazione a diffuse contaminazioni da nitrati e solventi clorurati, l’acquifero superiore è stato necessariamente abbandonato dalla maggior parte delle captazioni ad uso idropotabile.

Gli acquiferi protetti, intercalati alle successioni argillose prevalenti, sono generalmente rilevabili a minori profondità rispetto alla restante parte del territorio meridionale, presentando tuttavia caratteristiche di produttività meno interessanti, se riferite ad esclusiva captazione profonda. In particolare le portate caratteristiche raggiungono raramente i 15 l/s con abbassamenti mediamente superiori a quelli dei settori adiacenti.

In generale, questo settore, oltre alle problematiche quali-quantitative risulta anche il più complesso sotto il profilo insediativo e dei conseguenti centri di pericolo, che vincolano significativamente vaste aree, precludendole di fatto alla destinazione di nuove captazioni con valenza comprensoriale.

La presenza di NITRATI nelle acque di falda interessa la maggior parte dell’ambito centrale, con valori di attenzione compresi tra 30μg/l e 50μg/l presenti sia in pozzi che captano la falda superficiale, sia pozzi in falda mista e profonda, mentre i superamenti della c.m.a. interessano esclusivamente la falda superficiale. In particolare, si considera quanto segue:

Acquifero superficiale

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2004):

> Busto Arsizio – Pozzo n.61/1 (55,5 mg/l), Pozzo n.61/2 (55,0 mg/l), Pozzo n.93 (51,0 mg/l), Pozzo n.61/1 (56,0 mg/l), Pozzo n.99 (57,8 mg/l) > Cardano al Campo – Pozzo n.30/2 (59,7 mg/l) > Cassano Magnago – Pozzo n.22/2 (54,0 mg/l) > Gallarate – Pozzo n.55/2 (52,8 mg/l) > Samarate – Pozzo n.21/1 (56,7 mg/l), Pozzo n.21/2 (55,4 mg/l)

Si evidenzia il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2006):

> Busto Arsizio – Pozzo n.28/1 (41,0 mg/l), Pozzo n.43 (50,0 mg/l), Pozzo n.46 (47,0 mg/l), Pozzo n.61/1 (47,0 mg/l), Pozzo n.61/3 (48,0 mg/l), Pozzo n.65/1 (44,4 mg/l) > Cardano al Campo – Pozzo n.2 (47,8 mg/l), Pozzo n.3 (32,3 mg/l), Pozzo n.32/2 (36,2 mg/l) > Casorate Sempione - Pozzo n.3 (31,2 mg/l) > Cassano Magnago – Pozzo n.7 (47,0 mg/l), Pozzo n.11/3 (35,2 mg/l), Pozzo n.22/1 (45,2 mg/l), Pozzo n.22/2 (48,6 mg/l), Pozzo n.32 (49,3 mg/l) 102

> Fagnano Olona - Pozzo n.8 (38,8 mg/l) > Ferno - Pozzo n.3 (34,0 mg/l) > Gallarate – Pozzo n.4 (38,8 mg/l), Pozzo n.5 (33,8 mg/l), Pozzo n.9 (43,2 mg/l), Pozzo n.10/1 (48,6 mg/l), Pozzo n.23/B (34,7 mg/l), Pozzo n.49/3 (30,2 mg/l), Pozzo n.54/2 (36,1 mg/l), Pozzo n.82/1 (36,1 mg/l), Pozzo n.82/2 (39,9 mg/l), Pozzo n.85/09 (30,2 mg/l) > Oggiona con Santo Stefano - Pozzo n.2 (42,5 mg/l) > Samarate – Pozzo n.2/1 (39,8 mg/l), Pozzo n.2/2 (38,8 mg/l), Pozzo n.5 (44,0 mg/l) > Solbiate Arno - Pozzo n.1 (32,8 mg/l)

Acquifero misto

Si evidenzia il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2006):

> Busto Arsizio – Pozzo n.4 (31,3 mg/l), Pozzo n.8 (50,0 mg/l), Pozzo n.10 (32,5 mg/l), Pozzo n.11 (43,7 mg/l), Pozzo n.12 (40,1 mg/l), Pozzo n.17 (45,5 mg/l), Pozzo n.18 (49,0 mg/l), Pozzo n.71/2 (40,8 mg/l), Pozzo n.80 (42,6 mg/l) > Cardano al Campo – Pozzo n.6/2 (35,4 mg/l) > Gallarate - Pozzo n.16 (44,0 mg/l) > Oggiona con Santo Stefano – Pozzo n.1 (38,8 mg/l) > Samarate – Pozzo n.4/2 (42,6 mg/l), Pozzo n.6/2 (31,9 mg/l), Pozzo n.7 (42,5 mg/l)

Acquifero profondo

Si evidenzia il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2006):

> Busto Arsizio – Pozzo n.14 (34,1 mg/l), Pozzo n.21/2 (43,2 mg/l), Pozzo n.48/1 (43,6 mg/l) > Fagnano Olona – Pozzo n.6 (31,6 mg/l)

La diffusione dei SOLVENTI ORGANOALOGENATI in falda è una problematica del settore meridionale della provincia nota da anni e legata all’utilizzo massiccio, soprattutto negli anni ’80- ’90, dei solventi nel ciclo produttivo di molte attività industriali presenti nella zona.

Sul territorio sono state svolte numerose indagini idrogeologiche ed idrochimiche volte alla definizione delle problematiche legate alla diffusione di tali contaminanti in falda.

In generale, l’interpolazione dei dati idrogeologici ed idrochimici ha permesso di ricostruire la presenza di una serie di pennacchi di contaminazione con direzione principale Nord-Sud, conformemente alla direzione principale di scorrimento della falda, indicanti la presenza sul territorio provinciale di sorgenti di contaminazione localizzate, da ricercarsi principalmente nelle aree industriali che caratterizzano diffusamente l’ambito territoriale.

Si sottolinea come al superamento dei limiti normativi per il parametro solventi totali corrisponda il superamento del parametro TCE+PCE, in quanto il Tricloroetilene ed il Tetracloroetilene rappresentano le sostanze di gran lunga più utilizzate nei cicli industriali. Parziale eccezione è rappresentata dalla presenza di Triclorometano (12,2 μg/l) nelle acque emunte dal pozzo presso l’inceneritore ACCAM di Busto Arsizio. 103

In particolare, si considera quanto segue:

Acquifero superficiale

solventi organoalogenati totali

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (2004):

> Busto Arsizio – Pozzo n.65/1 (80,2 μg/l) > Gallarate – Pozzo n.82/1 (32,3 μg/l), Pozzo n.82/2 (35,3 μg/l)

TCE+PCE

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2006):

> Busto Arsizio – Pozzo n.23 (12,8 μg/l), Pozzo n.28/1 (13,7 μg/l), Pozzo n.65/1 (59,4 μg/l) > Gallarate – Pozzo n.82/1 (29,1 μg/l), Pozzo n.82/2 (33,6 μg/l), Pozzo n.85/09 (25,1 μg/l)

Acquifero misto

solventi organoalogenati totali

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2004 - 2006), in particolare si registra un evento importante nel 2004 in corrispondenza del pozzo n.18 di Gallarate:

> Busto Arsizio – Pozzo n.18 (95,4 μg/l), Pozzo n.7/1 (31,4 μg/l) > Gallarate – Pozzo n.16 (40,6 μg/l), Pozzo n.18 (1197,0 μg/l)

TCE+PCE

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2006):

> Busto Arsizio – Pozzo n.4 (12,3 μg/l), Pozzo n.5 (17,0 μg/l), Pozzo n.7/1 (27,6 μg/l), Pozzo n.8 (22,3 μg/l), Pozzo n.12 (13,8 μg/l), Pozzo n.18 (94,7 μg/l), Pozzo n.80 (15,5 μg/l) > Gallarate – Pozzo n.16 (40,3 μg/l), Pozzo n.18 (1196 μg/l) > Samarate – Pozzo n.4/2 (10,4 μg/l)

Acquifero profondo

solventi organoalogenati totali

Non si evidenzia il superamento della c.m.a.

104

TCE+PCE

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi di Busto Arsizio:

> Pozzo n.6/2 - 10,2 μg/l nel 2003 > Pozzo n.7/2 – 12,5 μg/ nel 2003; 21,1 μg/ nel 2006 > Pozzo n.10 – 10,0 μg/l nel 2005

Relativamente al parametro FITOFARMACI, si evidenzia la presenza si varie tipologie di antiparassitari (in particolare di TMCP localizzato nell’area di Busto Arsizio) soprattutto in pozzi in falda superficiale e mista distribuiti su tutto il settore considerato.

Acquifero superficiale

Si rileva la presenza di fitofarmaci in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2006), si evidenzia in particolare valori ampiamente superiore ai limiti individuati nella porzione orientale di Somma Lombardo:

> Busto Arsizio – Pozzo n.28/1 (0,01 μg/l) > Cardano al Campo - Pozzo n.3 (0,12 μg/l), Pozzo n.4 (0,18 μg/l), Pozzo n.5/1 (0,03 μg/l), Pozzo n.5/2 (0,02 μg/l), Pozzo n.6 (0,03 μg/l), Pozzo n.6/1 (0,02 μg/l) > Ferno - Pozzo n.3 (1,85 μg/l) > Gallarate – Pozzo n.4 (0,4 μg/l), Pozzo n.5 (0,16 μg/l), Pozzo n.6 (0,32 μg/l), Pozzo n.7/1 (0,27 μg/l), Pozzo n.7/2 (0,26 μg/l), Pozzo n.23/B (0,24 μg/l), Pozzo n.85/09 (0,29 μg/l) > Somma Lombardo – Pozzo n.1 (518,3 μg/l), Piezometro n.1 - discarica (133,0 μg/l)

Nel 2003 è stata riscontrata una concentrazione pari a 46,55 μg/l relativamente al parametro pesticidi totali in corrispondenza del piezometro ASL ubicato presso la ditta Dow Chemical di Cardano al Campo. Dopo 6 ore di spurgo, il valore era sceso a 1,57 μg/l.

Acquifero misto

Si rileva la presenza di fitofarmaci in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2006):

> Arsago Seprio – Pozzo n.4 (0,02 μg/l) > Busto Arsizio – Pozzo n.5 (0,01 μg/l), Pozzo n.8 (0,02 μg/l), Pozzo n.11 (0,02 μg/l), Pozzo n.17 (0,02 μg/l), Pozzo n.18 (0,02 μg/l), Pozzo n.19 (0,01 μg/l) > Cairate - Pozzo n.6 (0,36 μg/l), > Cardano al Campo - Pozzo n.6/2 (0,02 μg/l), Pozzo n.11 (0,01 μg/l)

Acquifero profondo

Si rileva la presenza di fitofarmaci in corrispondenza dei seguenti pozzi (2006):

> Busto Arsizio – Pozzo n.6/2 (0,02 μg/l), Pozzo n.7/2 (0,02 μg/l), Pozzo n.13 (0,03 μg/l) 105

Relativamente al parametro ARSENICO, si evidenzia la presenza del contaminante nel solo settore orientale di Somma Lombardo. La contaminazione interessa esclusivamente l’acquifero superficiale.

In particolare, si riscontra quanto segue:

> Pozzo n.1 – valori compresi tra 10,0 μg/l e 27,0 μg/l nel 2003 > Pozzo n.2/2 - valore di 50,0 μg/l nel 2005

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ Nel periodo 2003-2004 si riscontra la presenza di CROMO in concentrazioni inferiori alla c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01 ma tuttavia meritevoli di attenzione in corrispondenza dei Comuni di Cassano Magnago (10 μg/l di Cr VI), e Samarate (7,0-12,0 μg/l di Cr Tot); ÷ Relativamente alla DUREZZA delle acque, si riscontrano valori inferiori al range consigliato dal D.Lgs. 31/01 in corrispondenza dei seguenti comuni: ƒ Arsago Seprio (10,7-13,1°F) ƒ Cardano al Campo (6,7-15,0°F) ƒ Casorate Sempione (13,8-14,2°F) ƒ Cassano Magnago (13,0°F) ƒ Ferno (3,3-11,7°F) ƒ Gallarate (6,1-13,7°F) ƒ Oggiona con S.S. (10,4-14,4°F) ƒ Samarate (11,4°F) ƒ Solbiate Arno (6,9°F) ƒ Somma Lombardo (5,6-8,8°F)

÷ Nel 2003 si riscontra la presenza di FERRO nelle acque di Cavaria (200 μg/l in rete), Gallarate (740 μg/l nel pozzo pubblico n.20) e Oggiona con S.S. (240 μg/l in rete e nel bacino di raccolta); ÷ Si rileva la presenza di PIOMBO in corrispondenza del piezometro posto a Monte dell’area ACCAM di Busto Arsizio (18,0 μg/l); ÷ Sempre in corrispondenza dell’area ACCAM si rileva la presenza in falda di SODIO (110 mg/l);

Nella porzione settentrionale dell’ambito, al limite con il comparto collinare, si rileva la presenza di un elemento di forte impatto antropico costituito dalla discarica di Vergiate (1a cat. Tipo B). I piezometri posti a valle della discatica, in territorio comunale di Vergiate e di Somma Lombardo evidenziano la presenza dei seguenti contaminanti (analisi 2003-2004):

÷ Ammoniaca (6,11-74,0 μg/l); ÷ Arsenico (10,0-27,0 μg/l); 106

÷ Ferro (216-4.300 μg/l); ÷ Fitofarmaci (0,12-3,3 μg/l); ÷ Manganese (135-1700 μg/l); ÷ Nichel (20,0-60,0 μg/l); ÷ Nitriti (0,54-0,67 μg/l);

Relativamente a tali parametri, il Pozzo n.1 di Somma Lombardo (in falda superficiale) presentava nel 2003 un livello di contaminazione che appare confrontabile con quello precedentemente descritto:

÷ Ammoniaca (56,3-74,0 μg/l); ÷ Ferro (250-2.270 μg/l); ÷ Fitofarmaci (0,12-3,3 μg/l); ÷ Manganese (500-950 μg/l); ÷ Nichel (20,0 μg/l);

Ambito Orientale

L’ambito orientale comprende il territorio delimitato ad Est da Caronno Pertusella e Tradate e ad Ovest da Fagnano Olona e Castellanza. Si evidenzia la presenza sistematica di contaminazioni da nitrati e solventi clorurati nell’acquifero superiore che ha determinato negli ultimi anni il progressivo abbandono delle captazioni dei pubblici acquedotti (Saronno, Uboldo, Gerenzano). L’acquifero superiore è tuttavia ancora utilizzato da numerosi pozzi multifalda.

In tale ambito si individuano acquiferi confinati contenuti nei livelli ghiaiosi profondi intercalati alle successioni argillose; tale situazione trova riscontro nelle stratigrafie di numerosi pozzi profondi di più o meno recente realizzazione (1995-2005).

La presenza di livelli argillosi profondi con spessore e continuità laterale significativa determina, in condizioni naturali, un basso grado di vulnerabilità intrinseca degli acquiferi da essi delimitati.

La produttività degli acquiferi profondi è superiore a quella tipica dei settori limitrofi, generalmente compresa fra 10 e 35 l/s con abbassamenti dinamici contenuti entro i 10-12 m.

La presenza di NITRATI nelle acque di falda interessa la maggior parte dell’ambito orientale, con valori di attenzione compresi tra 30μg/l e 50μg/l presenti sia in pozzi che captano la falda superficiale, sia pozzi in falda mista e profonda, mentre i superamenti della c.m.a. interessano quasi esclusivamente la falda superficiale.

Acquifero superficiale

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2004):

107

> Caronno Pertusella – Pozzo n.21/4 (57,0 mg/l), Pozzo n.41/1 (54,0 mg/l), Pozzo n.41/2 (51,0 mg/l), Pozzo n.30/2 (62,4 mg/l) > Castellanza – Pozzo n.11/2 (50,7 mg/l) > Gerenzano – Pozzo n.22/1 (54,3 mg/l) > Saronno – Pozzo n.11 (53,7 mg/l), Pozzo n.33/1 (54,0 mg/l) > Uboldo – Pozzo n.26 (56,0 mg/l), Pozzo n.30/1 (51,5 mg/l)

Si evidenzia il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2006):

> Caronno Pertusella – Pozzo n.21/3 (36,5 mg/l), Pozzo n.33/1 (44,5 mg/l), Pozzo n.41/2 (48,9 mg/l), Pozzo n.44 (46,9 mg/l) > Castellanza – Pozzo n.21/3 (34,5 mg/l), Pozzo n.27/2 (44,1 mg/l) > Cislago - Pozzo n.3 (32,5 mg/l) > Fagnano Olona - Pozzo n.4 (39,7 mg/l), Pozzo n.24/3 (42,9 mg/l), Pozzo n.35 (46,9 mg/l), Pozzo n.40 (49,0 mg/l) > Gerenzano – Pozzo n.4 (37,3 mg/l), Pozzo n.23 (38,5 mg/l) > Gorla Maggiore - Pozzo n.23/3 (43,8 mg/l), Pozzo n.23/6 (30,7 mg/l) > Gorla Minore - Pozzo n.23/1 (31,4 mg/l), Pozzo n.24/1 (34,4 mg/l), Pozzo n.27 (47,6 mg/l), Pozzo n.29 (34,8 mg/l), Pozzo n.31 (33,0 mg/l), Pozzo n.32 (33,0 mg/l) > Olgiate Olona - Pozzo n.21/1 (34,8 mg/l), Pozzo n.21/2 (45,0 mg/l), Pozzo n.22/4 (42,2 mg/l), Pozzo n.38/11 (47,6 mg/l) > Origgio - Pozzo n.5/1 (46,1 mg/l), Pozzo n.23/1 (49,0 mg/l), Pozzo n.23/2 (50,0 mg/l) > Saronno – Pozzo n.6 (50,0 mg/l), Pozzo n.7 (49,0 mg/l), Pozzo n.11 (49,0 mg/l), Pozzo n.12 (47,7 mg/l), Pozzo n.40/1 (48,7 mg/l), Pozzo n.40/2 (49,0 mg/l), > Solbiate Olona – Pozzo n.23/3 (49,0 mg/l), Pozzo n.23/7 (37,7 mg/l)

Acquifero misto

Si evidenzia il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2006):

> Cairate – Pozzo n.24 (40,7 mg/l) > Caronno Pertusella – Pozzo n.35/1 (42,2 mg/l) > Gorla Maggiore - Pozzo n.3 (45,7 mg/l) > Gorla Minore - Pozzo n.2 (46,8 mg/l) > Olgiate Olona – Pozzo n.38/15 (36,3 mg/l) > Origgio – Pozzo n.23/3 (40,6 mg/l) > Saronno - Pozzo n.9 (37,9 mg/l), Pozzo n.31/2 (30,7 mg/l)

Acquifero profondo

Si riscontra il superamento della c.m.a. in corrispondenza del pozzo n.11/1 (52,6 mg/l) di Castellanza (colonna profonda); tuttavia, il confronto storico delle analisi effettuate sulle acque emunte dalla colonna superficiale e profonda evidenziano come i dati idrochimici non siano congruenti con le rispettive falde captate. Pertanto, pur segnalando il superamento del parametro attribuito alla colonna captante la falda 108

profonda, si propone una verifica della correttezza dell’attribuzione dei codici.

Si evidenzia il superamento del valore di attenzione in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2006):

> Gorla maggiore – Pozzo n.5/1 (36,4 mg/l) > Gorla Minore - Pozzo n.1 (31,4 mg/l) > Origgio – Pozzo n.5/B (46,1 mg/l) > Saronno - Pozzo n.10 (37,1 mg/l) > Uboldo - Pozzo n.6 (33,6 mg/l)

Relativamente al parametro FITOFARMACI, si evidenzia la presenza si varie tipologie di antiparassitari (particolarmente diffuso il TMCP su tutto il territorio ed il Bromacile nell’area compresa tra Gorla Minore e caronno Pertusella) rilevati soprattutto in falda superficiale, ma talora anche in pozzi che captano un acquifero misto o profondo.

Acquifero superficiale

Si evidenzia il superamento dei limiti normativi di cui al D.Lgs. 31/01 per la sommatoria dei fitofarmaci pari a 0,5 μg/l in corrispondenza dei seguenti pozzi (anno 2003)

> Gorla Maggiore – Pozzo n.23/6 (0,52 μg/l) > Gorla Minore – Pozzo n.26 (0,77 μg/l)

Si rileva la presenza di fitofarmaci in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2006):

> Cairate – Pozzo n.21 (0,14 μg/l) > Castellanza - Pozzo n.11/B (0,02 μg/l) > Cislago - Pozzo n.4 (0,11 μg/l), Pozzo n.27/1 (0,10 μg/l) > Fagnano Olona – Pozzo n.4 (0,02 μg/l) > Gorla Maggiore – Pozzo n.23/1 (0,05 μg/l), Pozzo n.23/2 (0,41 μg/l), Pozzo n.23/3 (0,04 μg/l), Pozzo n.23/5 (0,06 μg/l), Pozzo n.23/6 (0,26 μg/l), Pozzo n.23/8 (0,03 μg/l) > Gorla Minore – Pozzo n.3 (0,05 μg/l), Pozzo n.26 (0,36 μg/l), Pozzo n.27 (0,09 μg/l) > Saronno - Pozzo n.11 (0,02 μg/l)

Acquifero misto

Si rileva la presenza di fitofarmaci in corrispondenza dei seguenti pozzi (anno 2006):

> Caronno Pertusella – Pozzo n.6 (0,13 μg/l) > Gorla Minore - Pozzo n.2 (0,04 μg/l)

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Acquifero profondo

Si rileva la presenza di fitofarmaci in corrispondenza dei seguenti pozzi (anni 2003 e 2006):

> Cislago – Pozzo n.2 (0,32 μg/l) > Gerenzano - Pozzo n.5 (0,01 μg/l) > Gorla Maggiore - Pozzo n.4 (0,01 μg/l), Pozzo n.5/1 (0,11 μg/l) > Gorla Minore - Pozzo n.1/2 (0,02 μg/l) > Olgiate Olona - Pozzo n.1A (0,09 μg/l) > Solbiate Olona - Pozzo n.2/2 (0,04 μg/l) > Uboldo - Pozzo n.6 (0,08 μg/l)

La diffusione dei SOLVENTI ORGANOALOGENATI in falda presenta caratteristiche comuni con il limitrofo settore centrale.

Rispetto al comparto di Busto e Gallarate, l’analisi idrochimica effettuata ha evidenziato la presenza di una serie di pennacchi di contaminazione con direzione principale Nord-Sud, con estensione areale più limitata e circoscritta, ma con valori di contaminazione particolarmente acuti.

Le principali evidenze si collocano nei territori dei comuni di Caronno Pertusella, Origgio e Saronno.

Si sottolinea come al superamento dei limiti normativi per il parametro solventi totali corrisponda il superamento del parametro TCE+PCE, in quanto il Tricloroetilene ed il Tetracloroetilene rappresentano le sostanze di gran lunga più utilizzate nei cicli industriali.

In particolare, si osserva quanto segue:

Acquifero superficiale

solventi organoalogenati totali

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2004):

> Caronno Pertusella – Pozzo n.33/1 (46,5 μg/l), Pozzo n.41/1 (30,6 μg/l), Pozzo n.41/2 (30,8 μg/l) > Olgiate Olona – Pozzo n.38/11 (31,3 μg/l) > Origgio - Pozzo n.23/1 (1083 μg/l) > Saronno - Pozzo n.40/1 (89,2 μg/l), Pozzo n.40/2 (61,6 μg/l)

TCE+PCE

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 - 2004):

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> Caronno Pertusella – Pozzo n.30/2 (10,5 μg/l), Pozzo n.33/1 (41,3 μg/l), Pozzo n.41/1 (22,8 μg/l), Pozzo n.41/2 (31,5 μg/l), Pozzo n.44 (23,0 μg/l) > Olgiate Olona – Pozzo n.38/11 (27,6 μg/l) > Origgio - Pozzo n.23/1 (1083 μg/l) > Saronno - Pozzo n.40/1 (85,4 μg/l)

Acquifero misto

solventi organoalogenati totali

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2003 – 2004):

> Olgiate Olona – Pozzo n.38/15 (31,1 μg/l) > Origgio - Pozzo n.23/3 (834,7 μg/l)

TCE+PCE

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi (valori massimi del periodo 2004 - 2006):

> Caronno Pertusella – Pozzo n.6 (10,9 μg/l) > Olgiate Olona – Pozzo n.38/15 (29,0 μg/l), Pozzo n.38/16 (14,1 μg/l) > Origgio - Pozzo n.23/3 (803,2 μg/l) > Saronno - Pozzo n.9 (15,0 μg/l)

Acquifero profondo

solventi organoalogenati totali

Non si evidenzia il superamento della c.m.a.

TCE+PCE

Si evidenzia il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi:

> Gorla minore - Pozzo n.1/2 (12,6 μg/l) nel 2006 > Gorla minore - Pozzo n.4 (13,9 μg/l) nel 2003 > Marnate - Pozzo n.3 (10,1 μg/l) nel 2003

Relativamente agli ALTRI PARAMETRI si considera quanto segue:

÷ Nel corso del 2003 si riscontra la presenza di CROMO in concentrazioni inferiori alla c.m.a. di cui al D.Lgs. 31/01 ma tuttavia meritevoli di attenzione in quanto presente anche come Cr VI in corrispondenza dei Comuni di: o Caronno Pertusella (5,0-9,0 μg/l in pozzi industriali) o Fagnano Olona (4,0 di Cr VI – 10,0 μg/l di Cr Tot in pozzi privati) 111

o Gorla Maggiore (15,0 μg/l nel pozzo n.5/1) o Gorla Minore (5,0 – 19,0 μg/l in pozzi pubblici e privati) o Olgiate Olona (10,0 μg/l nel pozzo n.1A) o Origgio (4,0-6,0 μg/l in pozzi privati) o Saronno (5,0 μg/l nel pozzo n.23/1 del presidio ispedaliero) ÷ Relativamente alla DUREZZA delle acque, si riscontrano valori inferiori al range consigliato dal D.Lgs. 31/01 in corrispondenza dei seguenti comuni: ƒ Cairate (11,7-12,5°F) ƒ Caronno Pertusella (9,6°F) ƒ Castellanza (10,8-14,3°F) ƒ Gerenzano (10,6-13,7°F) ƒ Fagnano Olona (5,4 – 10,7°F) ƒ Gorla Maggiore (7,4 – 10,8°F) ƒ Gorla Minore (10,0 – 11,5°F) ƒ Marnate (8,9 – 11,0°F) ƒ Olgiate Olona (8,6 – 10,1°F) ƒ Solbiate Olona 7,4 – 14,8°F)

Si segnala in tale ambito la presenza di n.2 aree adibite a discarica con elevata valenza comprensoriale: la discarica controllata per RSU di Gorla Maggiore e l’area della ex discarica di Gerenzano.

Nel corso dell’anno 2003 si riscontra nella porzione di territorio a valle della discarica di Gorla Maggiore compresa tra i comuni di Gorla Maggiore e Gorla Minore i seguenti contaminanti diffusi in falda superficiale:

> Nitrati (52,7 μg/l) > Cadmio (5,0 μg/l) > Mercurio (1,5 μg/l) > Nichel (23,0 μg/l) > Zinco (3.500 – 5.700 μg/l)

La ex discarica di Gerenzano è ormai inattiva da anni ed è stata soggetta ad interventi di bonifica e di messa in sicurezza mediante l’esecuzione di una barriera idraulica che è stata potenziata negli ultimi anni aumentando a 5 il numero dei pozzi barriera. L’area è stata convertita a parco naturale, tuttavia i rifiuti presenti nel sottosuolo rilasciano tuttora gradualmente in falda aliquote di contaminanti.

Le analisi sulle acque dei pozzi barriera presentano valori molto elevati di alcuni parametri, in particolare di metalli:

> Ferro (350-6.000 μg/l) > Manganese (1600 μg/l) > Nichel (63,0 μg/l) > Ammoniaca (135 – 196 μg/l) > Arsenico (14,0 μg/l) > Cloruri (275,6 μg/l) 112

Le analisi effettuate da A.R.P.A. nel 2003 sui pozzi presenti a valle dello sbarramento evidenziano il generale abbattimento dei livelli di tali inquinanti in falda, tuttavia si rileva la presenza residua di Manganese (93-129 mg/l in falda superficiale a Gerenzano ed Uboldo)

4.3.3.4 Settore di confine meridionale – Provincia di Milano

Numerosi studi effettuati per conto sia della Provincia di Varese che della Provincia di Milano sullo stato qualitativo delle acque nel settore di passaggio tra i due ambiti amministrativi hanno evidenziato uno stretto legame dal punto di vista idrochimico, in particolare in relazione alle caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi ed alla direzione della falda.

Esiste infatti una buona uniformità e continuità dei corpi acquiferi che rendono l’intero settore omogeneo dal punto di vista idrogeologico. Inoltre, la direzione della falda prevalentemente Nord-Sud rendela caratterizzazione idrochimica della porzione settentrionale della Provincia di Milano un ottimo indicatore dello stato qualitativo della porzione meridionale della Provincia di Varese. La diffusione dei contaminanti in falda avviene frequentemente in tale ambito con una modalità caratteristica e riconoscibile per la geometria “a pennacchio”, allungata con direzione prevalente Nord.Sud.

Su tale base, sono stati analizzati i dati forniti dalla Provincia di Milano relativi ai principali parametri considerati. Tali dati, relativi al biennio 2003-2004 interessano i pozzi della fascia di Comuni dell’alto- milanese compresi tra Turbigo ad Ovest e Ceriano Laghetto ad Est.

Si riscontra la presenza di FITOFARMACI nel comune di Turbigo in Corrispondenza del pozzo Arbusta. Si rileva il superamento dei limiti normativi di cui al D.Lgs. 31/01 presso:

÷ Piezometro di monitoraggio (0,47-1,92 μg/l) ÷ Colonna superficiale (0,63 μg/l) ÷ Colonna profonda (0,25 μg/l)

Si riscontra la presenza di bromacile nel pozzo n.5 di Lainate (0,02 μg/l - anno 2004) Si riscontra la presenza di TCEP nel pozzo n.4 di Solaro (0,05 μg/l - anno 2004)

Si riscontra la presenza di NITRATI in falda superficiale e profonda con concentrazioni spesso superiori al valore di attenzione e talora superiori al valore limite di cui al D.Lgs. 31/01 in corrispondenza dei seguenti comuni:

Falda superficiale

> Ceriano Laghetto – Pozzo n.12 (43,0-70,0 mg/l) > Cesate – Pozzo n.1 (30,0-37,0 mg/l), Serbatoio n.2 (49,0-61,0 mg/l), Serbatoio n.1 (44,0 mg/l) > Garbagnate – Pozzo n.4 (31,0-50,0 mg/l), Serbatoio n.1 (42,0-45,0 mg/l), Pozzo n.8 (38,0-59,0 113

mg/l) > Lainate – Pozzo n.3 (30,0-33,0 mg/l), Pozzo n.4 (43,0-50,0 mg/l), Pozzo n.5 (37,0-46,0 mg/l) Pozzo n.6 (40,0-46,0 mg/l), Pozzo n.8 (34,0-37,0 mg/l), Pozzo n.10 (39,0-45,0 mg/l), Pozzo n.11 (39,0-46,0 mg/l), Pozzo n.106 (32,0-42,0 mg/l), Pozzo n.136 (31,0-34,0 mg/l) > Rescaldina – Pozzo n.1 (31,0-38,0 mg/l), Pozzo n.2 (31,0-42,0 mg/l), Pozzo n.11 (30,0-32,0 mg/l), Pozzo n.36 (30,0-40,0 mg/l) > Solaro – Pozzo n.3 (30,0-58,0 mg/l), Pozzo n.4 (45,0-53,0 mg/l), Pozzo n.5 (31,0-42,0 mg/l), Pozzo n.15 (45,0-64,0 mg/l),

Falda profonda

> Ceriano Laghetto - Pozzo n.12/3 (62,0-64,0 mg/l) > Cogliate – Pozzo n.4 (30,0-37,0 mg/l) > Garbagnate – Pozzo n.7 (30,0-37,0 mg/l), Pozzo n.9 (31,0 mg/l) > Lainate – Pozzo n.105 (30,0-33,0 mg/l) > Rescaldina – Pozzo n.3 (30,0-31,0 mg/l)

Per quanto concerne il parametro SOLVENTI ORGANOALOGENATI si evidenziano molte similitudini rispetto alla diffusione del contaminante nella porzione meridionale della provincia di Varese.

In particolare, si osserva il superamento della c.m.a. in corrispondenza dei seguenti pozzi ubicati in falda superficiale (valori massimi del periodo 2002 - 2004):

> Ceriano Laghetto – Pozzo n.105 (33,5 μg/l), Pozzo barriera Enichem (248,0 μg/l), Pozzo n.103 (113,7 μg/l) > Garbagnate Milanese – Pozzo n.4 (366,0 μg/l), Pozzo 8 (371 μg/l) > Lainate - Pozzo n.6 (380,0 μg/l) > Solaro - Pozzo n.15 (35,0 μg/l), Pozzo n.21 (38,0 μg/l)

114

4.3.4 Individuazione delle aree qualitativamente idonee ai fini idropotabili

Relativamente al quadro idrochimico degli acquiferi della Provincia di Varese, con specifico riferimento ai parametri significativi (Solventi organoalogenati, Arsenico, Nitrati, Fitofarmaci) ed agli altri parametri eventualmente riscontrati, si considera quanto segue:

> Il Settore Montano presenta alterazioni del quadro idrochimico principalmente legate alla presenza di Arsenico con concentrazione eccedente i limiti normativi di cui al D.Lgs.31/01 negli acquiferi della porzione settentrionale della provincia, in particolare del luinese. Le idrostrutture interessate da tale problematica sono quelle della Veddasca ed in parte quella dei Sette Termini. Sono inoltre presenti anomalie idrochimiche nell’acquifero del Palone, rappresentate da basso PH delle acque e loro eccesso di Fe e Mn, che rendono necessari interventi di trattamento delle acque (letti di dolomite) Sono anche presenti locali fenomeni di superamento dei limiti relativamente a Fe e Mn a Germignaga e Lavena Ponte Tresa. Relativamente agli altri parametri non si riscontrano situazioni di particolare criticità, ad esclusione di una contaminazione da Solventi Organoalogenati in atto ad Arcisate. La presenza di Nitrati e Fitofarmaci negli acquiferi vulnerabili dei fondovalle è generalmente di lieve entità e limitata ad eventi puntuali.

> Il Settore Collinare è stato suddiviso nei seguenti ambiti:

o l’ambito occidentale presenta alterazioni del quadro idrochimico principalmente legate alla presenza di Fitofarmaci e, subordinatamente, ai Nitrati negli acquiferi vulnerabili della porzione centrale dell’area. Riguardo gli altri parametri non si riscontrano situazioni di particolare criticità, ad esclusione di una contaminazione da Solventi Organoalogenati localizzata in due pozzi industriali attigui ubicati in comune di Ternate (anno 2004).

o l’ambito dei dossi morenici è interessato dalla presenza di Nitrati e Fitofarmaci nelle acque degli acquiferi superficiali poco protetti, in particolare nel comune di Besnate. I valori di concentrazione dei Nitrati sono inferiori ai limiti normativi e presentano una stagionalità legata al ciclo delle colture. I Fitofarmaci presentano concentrazioni modeste, comprese tra 0,03 μg/l e 0,09 μg/l.

o l’ambito del Lago di Varese presenta alcune alterazioni del quadro idrochimico principalmente a livello locale legata alla presenza di Solventi Organoalogenati in Comune di Bardello e Gavirate (relativamente alla sommatoria TCE+PCE).

o l’ambito della valle dell’Arno presenta alcune alterazioni del quadro idrochimico principalmente a livello locale legata alla presenza di Solventi Organoalogenati in alcuni pozzi privati in Comune di Brunello e Fitofarmaci a Castronno. Entrambi gli episodi appaiono arealmente limitati e legati ad eventi di contaminazione occasionale.

o l’ambito della Valle Olona presenta una diffusa alterazione del quadro idrochimico legata alla presenza di Nitrati e Fitofarmaci con concentrazioni inferiori ai limiti 115

normativi. I livelli di concentrazione raggiungono tuttavia valori di attenzione sia in pozzi pubblici e privati che captano la falda superficiale sia in pozzi ubicati in acquifero misto. Sono inoltre presenti superamenti dei limiti relativamente ai parametri Fe e Mn nel settore del Rio Ranza e nei pressi di Gornate Ol.

> Il Settore di Pianura è stato suddiviso nei seguenti ambiti:

o l’ambito occidentale è caratterizzato da un acquifero superficiale con discrete qualità dal punto di vista idrochimico ed un acquifero profondo dotato di ottime qualità.

Le alterazioni del quadro idrochimico dell’acquifero superficiale sono legate alla presenza diffusa di Fitofarmaci, talora presenti con concentrazioni superiori ai limiti normativi (valori compresi tra 0,02 μg/l e 0,78 μg/l) e Nitrati con valori di attenzione compresi tra 30 e 50 mg/l. La porzione compresa tra Golasecca, Somma Lombardo e Sesto Calende presenta inoltre problematiche relative alla presenza di Arsenico in concentrazioni comprese tra 13 μg/l e 36,5 μg/l.

L’acquifero profondo non presenta significative alterazioni del quadro idrochimico.

o l’ambito centrale è caratterizzato da un acquifero superficiale con un sensibile livello di alterazione del quadro idrochimico ed un acquifero profondo che presenta talora episodi di compromissione. Si evidenzia inoltre la presenza di numerosi pozzi in acquifero misto tuttora in attività.

Le principali alterazioni del quadro idrochimico dell’acquifero superficiale sono legate alla presenza diffusa di Nitrati e Fitofarmaci, talora presenti con concentrazioni superiori ai limiti normativi e diffusi su buona parte del territorio e dalla presenza consistente di Solventi Organoalogenati, nello specifico Tricloroetilene e Tetracloroetilene, particolarmente diffusi nel settore compreso tra Busto Arsizio e Gallarate. Il settore orientale di Somma Lombardo, ricadente in questo ambito areale, presenta contaminazione da Arsenico in corrispondenza di n.2 pozzi pubblici.

L’acquifero profondo presenta episodi locali di compromissione, ed in particolare:

> Valori di attenzione per il parametro Nitrati a Busto Arsizio (n.3 pozzi) e Fagnano Olona (n.1 pozzo) > Superamento della c.m.a. per la sommatoria dei parametri TCE e PCE a Busto Arsizio (3 pozzi) > Superamento della c.m.a. per i Fitofarmaci a Busto Arsizio (3 pozzi)

Come esposto in precedenza, nell’ambito centrale si riscontra la presenza di numerosi pozzi multifalda ancora attivi. Talora in corrispondenza dei pozzi multifalda si riscontrano valori di concentrazione dei contaminanti prossimi a quelli dei pozzi in falda superficiale, indicando l’avvenuta intercomunicazione dei due acquiferi e ponendo i pozzi multifalda come probabile veicolo di trasmissione della contaminazione dalla falda superficiale a quella profonda. 116

o l’ambito orientale, similmente al limitrofo ambito centrale, è caratterizzato da un acquifero superficiale con un sensibile livello di alterazione del quadro idrochimico ed un acquifero profondo che presenta talora episodi di compromissione. Allo stesso modo evidenzia la presenza di numerosi pozzi in acquifero misto tuttora in attività.

Le problematiche dell’acquifero superficiale sono legate alla presenza diffusa di Nitrati e Fitofarmaci, talora presenti con concentrazioni superiori ai limiti normativi e diffusi su buona parte del territorio In particolare, l’area di Gorla Minore e Gorla Maggiore appare critica per la concentrazione rilevante di fitofarmaci in falda. Si rileva la presenza consistente di Solventi Organoalogenati, nello specifico Tricloroetilene e Tetracloroetilene, presenta fenomeni particolarmente acuti in comune di Origgio (fino a 1083 μg/l) e superamenti consistenti anche in pozzi privati di Saronno (fino a 84,5 μg/l).

L’acquifero profondo presenta episodi locali di compromissione, ed in particolare: > Valori di attenzione per il parametro Nitrati a Gorla Maggiore, Gorla Minore, Origgio, Saronno, Uboldo (n.1 pozzo) > Superamento della c.m.a. per la sommatoria dei parametri TCE e PCE a Gorla maggiore, Gorla Minore, Marnate (1 pozzo) > Superamento della c.m.a. per i Fitofarmaci a Cislago, Gerenzano, Gorla Minore, Olgiate olona, Solbiate Olona, Uboldo (1 pozzo) e Gorla Maggiore (2 pozzi)

Esistono inoltre numerosi pozzi multifalda che evidenziano la presenza di contaminazione con concentrazioni talora confrontabili con quelle rilevate in falda superficiali.

Come riferito per l’ambito centrale, la presenza e l’attività di tali pozzi potrebbero costituire in questo ambito uno dei possibili veicoli di trasmissione della contaminazione dall’acquifero superficiale a quello profondo e dotato di un grado di protezione teorico molto elevato. o Infine, la porzione della Provincia di Milano al confine con la Provincia di Varese mostra un quadro idrochimico confrontabile con quanto delineato per il settore di pianura, con le seguenti caratteristiche: ƒ presenza diffusa di Nitrati in falda superficiale e talora con valori di attenzione anche in falda profonda; ƒ Presenza sporadica di Fitofarmaci soprattutto nel settore occidentale (Turbigo) ed orientale (Lainate e Solaro) che interessa la falda superficiale; ƒ Presenza di Solventi Organoalogenati nella porzione orientale del territorio provinciale, con valori anche rilevanti in falda superficiale.

117

Nella seguente tabella si riportano le principali tipologie di problematicità riscontrate per area omogenea, evidenziando le contaminazioni che per estensione, frequenza e/o rilevanza rappresentano un impatto significativo sulla qualità delle acque.

SETTORE AMBITO PROBLEMATICA ARSENICO MONTANO Luinese/ area settentrionale SOLV. ORGANOALOGENATI (Arcisate) Occidentale FITOFARMACI Dossi Morenici - Lago di Varese SOLV. ORGANOALOGENATI COLLINARE SOLV. ORGANOALOGENATI Valle dell’Arno (Brunello) Valle Olona - FITOFARMACI Acq. superficiale Occidentale NITRATI Acq. profondo - FITOFARMACI Acq. superficiale NITRATI Centrale PIANURA SOLV. ORGANOALOGENATI Acq. profondo SOLV. ORGANOALOGENATI FITOFARMACI Acq. superficiale NITRATI Orientale SOLV. ORGANOALOGENATI Acq. profondo SOLV. ORGANOALOGENATI

Tabella 4.3

Nei n.6 documenti cartografici dell’All. 7 si riporta la distribuzione dei contaminanti (Fitofarmaci, Nitrati, Solventi Organoalogenati) distinti per acquifero di riferimento (vulnerabile o protetto) riguardanti il periodo 2005 – 2006.

La rappresentazione in carta dei soli dati più recenti ha permesso di riprodurre graficamente la complessità della distribuzione dei contaminanti, rappresentando il più fedelmente possibile il quadro globale riferito alla situazione attuale.

Sulla base di quanto precedentemente esposto, in relazione all’individuazione di aree qualitativamente idonee ai fini idropotabili, si considera quanto segue:

> Le idrostrutture del settore montano presentano generalmente caratteristiche idrochimiche buone, ad eccezione della presenza di Arsenico che pregiudica la potabilità delle acque dell’idrostruttura della Veddasca ed in parte dei Sette Termini. Su tale base, dal punto di vista idrochimico è possibile esprimere i seguenti giudizi generali relativamente alle idrostrutture considerate: ƒ Veddasca – Caratteristiche idrochimiche scadenti a causa della diffusa presenza di Arsenico abbondantemente sopra il limiti normativi; la durezza delle acque è generalmente inferiore ai limiti consigliati dal D.Lgs. 31/01 e associata a valori di Ph bassi (acque acide); 118

ƒ Palone - Caratteristiche idrochimiche discrete a causa della durezza delle acque generalmente molto bassa a fronte di un’aggressività elevata; ƒ Valcuvia - Caratteristiche idrochimiche discrete a causa della presenza locale di Arsenico, probabilmente dovuta a scambi con le idrostrutture limitrofe (Veddasca) e di fitofarmaci in concentrazioni prossime ai limiti normativi e talora eccedenti; si evidenzia che la porzione di Germignaga appare essere la più compromessa anche in relazione alla presenza occasionale di Ferro e IPA; la durezza delle acque è talora bassa; Gli acquiferi profondi presentano concentrazioni elevate di Ferro e Manganese; ƒ Monte Nudo - Caratteristiche idrochimiche Buone, anche se la durezza delle acque è talora bassa; ƒ Settetermini - Caratteristiche idrochimiche discrete a causa della presenza locale di Arsenico e valori di durezza delle acque estremamente bassi (Cremenaga); ƒ Marchirolo - Caratteristiche idrochimiche discrete a causa della presenza minima di Fitofarmaci e di Ferro e Manganese eccedenti i limiti normativi nelle porzioni di fondovalle verso il Lago di Lugano; la durezza delle acque è generalmente bassa; ƒ Valceresio - Caratteristiche idrochimiche discrete; si evidenzia la presenza di Nitrati e Fitofarmaci diffusi con concentrazioni inferiori ai limiti normativi ma superiori ai valori di attenzione nelle porzioni di fondovalle; la durezza delle acque è generalmente bassa; ƒ Monte Orsa - Caratteristiche idrochimiche buone con assenza di alterazioni di natura antropica; ƒ Valganna - Caratteristiche idrochimiche buone con assenza di rilevanti alterazioni di natura antropica; tuttavia, la durezza delle acque è generalmente bassa a fronte di valori di pH bassi (Valganna); ƒ Monte Martica - Caratteristiche idrochimiche buone con assenza di alterazioni di natura antropica; ƒ Campo dei Fiori - Caratteristiche idrochimiche buone con assenza di rilevanti alterazioni di natura antropica; contaminazioni microbiologiche spinte ƒ Monte Poncione - Caratteristiche idrochimiche buone con assenza di rilevanti alterazioni di natura antropica; tuttavia la durezza delle acque è generalmente molto bassa;

> Le idrostrutture del settore collinare presentano generalmente caratteristiche idrochimiche discrete in relazione alla presenza locale di alterazioni del quadro idrochimico legate all’impatto antropico su acquiferi caratterizzati da bassa protezione. Su tale base, dal punto di vista idrochimico è possibile esprimere i seguenti giudizi generali relativamente alle idrostrutture considerate:

ƒ Ambito Occidentale – Caratteristiche idrochimiche discrete in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica (nitrati e fitofarmaci) di entità generalmente tale da non pregiudicarne l’utilizzo per il consumo umano; si registrano problematiche localizzate inerenti nitrati e solventi; ƒ Dossi morenici di Mornago e Sumirago – Caratteristiche idrochimiche discrete in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica (nitrati e fitofarmaci) di entità non tale da pregiudicarne l’utilizzo per il consumo umano, costituendo tuttavia un parametro di attenzione; ƒ Valle dell’Arno - Caratteristiche idrochimiche generalmente discrete; si riscontra la presenza di contaminazioni localizzate e di rilevante entità che evidenziano la 119

particolare vulnerabilità degli acquiferi superficiali; Talora la durezza delle acque appare bassa; ƒ Valle Olona - Caratteristiche idrochimiche discrete in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica (nitrati e fitofarmaci) di entità generalmente non tale da pregiudicarne l’utilizzo per il consumo umano, costituendo tuttavia un parametro di attenzione; Si riscontrano localmente episodi di contaminazione di limitata rilevanza; superamento dei limiti relativamente a Fe e Mn nei settori settentrionale e centrale. ƒ Lago di Varese - Caratteristiche idrochimiche generalmete discrete; si rilevano tuttavia contaminazioni localizzate ascrivibili principalmente alla presenza di solventi clorurati in falda nella porzione compresa tra Bardello e Biandronno;

> Le idrostrutture del settore di pianura presentano una differenziazione dal punto di vista delle caratteristiche idrochimiche principalmente verticale, in quanto gli acquiferi superficiali presentano generalmente una qualità scadente, mentre gli acquiferi profondi presentano qualità da buone a discrete; in particolare si considera quanto segue:

ƒ Ambito Occidentale – Acquifero superficiale – Caratteristiche idrochimiche discrete in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica (nitrati e fitofarmaci) di entità generalmente tale da non pregiudicarne l’utilizzo per il consumo umano nonostante i valori di nitrati siano frequentemente prossimi ai limiti normativi e ci siano sporadici superamenti dei limiti normativi relativamente ai fitofarmaci; Si evidenzia la presenza occasionale di arsenico nella porzione settentrionale di tale ambito; ƒ Ambito Occidentale – Acquifero profondo – Caratteristiche idrochimiche buone in relazione all’assenza di alterazioni idrochimiche rilevanti; ƒ Ambito Centrale – Acquifero superficiale – Caratteristiche idrochimiche scadenti in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica (nitrati, fitofarmaci, Solventi) di rilevante entità, tale da pregiudicarne l’utilizzo per il consumo umano; si evidenzia inoltre la presenza di contaminanti (metalli, ammoniaca, nitriti) legati alla presenza di centri di pericolo quali ad esempio la discarica di Vergiate; ƒ Ambito Centrale – Acquifero profondo – Caratteristiche idrochimiche discrete in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica con concentrazioni prossime (nitrati) e talora eccedenti (sommatoria TCE+PCE) i limiti normativi; si evidenzia la presenza in tracce di fitofarmaci nel settore di Busto Arsizio; ƒ Ambito Orientale – Acquifero superficiale – Caratteristiche idrochimiche scadenti in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica (nitrati, fitofarmaci, Solventi) di rilevante entità, tale da pregiudicarne l’utilizzo per il consumo umano; si evidenzia inoltre la presenza di contaminanti (metalli, ammoniaca, cloruri) legati alla presenza di centri di pericolo quali ad esempio la discarica di Gorla Maggiore e l’area della ex discarica di Gerenzano; ƒ Ambito Orientale – Acquifero profondo – Caratteristiche idrochimiche discrete in relazione della presenza di alterazioni chimiche legate all’attività antropica con concentrazioni prossime (nitrati) e talora eccedenti (sommatoria TCE+PCE) i limiti normativi; si evidenzia la presenza in tracce diffuse di fitofarmaci, talora con valori di attenzione (Cislago e Gorla Maggiore).

120

In relazione a quanto sopra esposto, nella seguente tabella si riassume la classificazione delle idrostrutture sulla base delle caratteristiche idrochimiche, individuando le strutture di interesse primario (buona qualità), interesse secondario (discreta qualità) e le strutture non sfruttabili senza idonei trattamenti in quanto pesantemente compromesse (qualità scadente).

QUALITA’ IDROSTRUTTURE CARATTERISTICHE IDROCHIMICHE SETTORE MONTANO: Monte Orsa, Valganna, Monte Martica, Campo dei Fiori, Monte Poncione, Acquiferi sfruttabili talora con la Monte Nudo. BUONE sola necessità di potabilizzazione microbiologica (settore montano) SETTORE DI PIANURA: Acquifero profondo dell’ambito occidentale.

SETTORE MONTANO: Valcuvia, Marchirolo, Valceresio, piana del Palone, Settetermini.

SETTORE COLLINARE: Ambito occidentale, Dossi Aquiferi parzialmente sfruttabili a seguito di analisi idrochimica locale DISCRETE Morenici, Valle Torrente Arno, Valle Olona, Lago di Varese. e piano di monitoraggio delle falde

SETTORE DI PIANURA: Acquifero superficiale dell’ambito occidentale, Acquifero profondo degli ambiti centrale e orientale.

SETTORE MONTANO: Veddasca Aquiferi sfruttabili esclusivamente a SCADENTI seguito di trattamenti di SETTORE DI PIANURA: Acquifero superficiale potabilizzazione spinti. degli ambiti centrale e orientale.

Tabella 4.4

121

4.4 ACQUE SUPERFICIALI

Il presente capitolo ha lo scopo di illustrare le potenzialità ai fini della captazione ad uso idropotabile dei corsi e degli specchi d’acqua superficiali della provincia. L’interesse per la qualità e in generale per le caratteristiche dei corpi idrici superficiali è sia diretta (captazioni di acque superficiali) che indiretta. In particolare nei casi in cui il corpo idrico superficiale alimenti la falda soggiacente, le caratteristiche idrochimiche tendono a trasferirsi nel sottosuolo e possono condizionare fortemente la potabilità delle acque sotterranee. Tale situazione si verifica principalmente nel settore meridionale della Provincia dove sono presenti alcuni corsi d’acqua inquinati (Olona, Arno, Rile, Tenore) sospesi rispetto alla piezometria media della falda libera e quindi alimentanti. Oltre al potenziale apporto di inquinanti specifici, si segnala l’infiltrazione di acque povere di ossigeno e con elevati BOD e COD frequentemente causate dagli scarichi dei depuratori. In questi casi viene indotta una condizione riducente nell’acquifero soggiacente, con conseguente messa in soluzione di composti specifici (Fe, Mn, NH+) in concentrazioni anche superiori ai limiti di potabilità. Un caso a parte è rappresentato dal F. Ticino.

4.4.1 Inquadramento areale

Nel presente paragrafo vengono illustrate le principali caratteristiche dei corsi d’acqua e dei laghi provinciali.

4.4.2 Bacini idrografici

Nella Provincia di Varese sono presenti due bacini idrografici principali: quello del Ticino, che interessa la maggior parte del territorio provinciale, e quello dell’Olona-Lambro-Seveso nel settore orientale, entrambi compresi nel più ampio bacino del Fiume Po. Nel Piano di Tutela e Uso delle Acque (PTUA) della Regione Lombardia (Marzo 2006) è stata fatta una suddivisione a livello regionale in aree idrografiche di riferimento, come illustrato nella figura seguente (estratto dalla Tav 1 – PTUA).

122

Figura 4.14 Aree idrografiche di riferimento [Tav 1 – PTUA]

Per la provincia di Varese le aree idrografiche di riferimento sono le seguenti:

o Lago Maggiore (settore NO); o Lago di Lugano (settore NE); o Ticino Sublacuale (settore SO); o Olona-Lambro meridionale (settore SE).

4.4.3 Classificazione delle acque superficiali dei PTUA

Nel presente paragrafo viene illustrata la classificazione dei corpi idrici superficiali illustrata nel Piano di Tutela e Uso delle Acque (PTUA) della Regione Lombardia (Marzo 2006) all’Allegato 12. La classificazione regionale è stata condotta ai sensi del Dlgs 152/99 e s.m.i. a seguito della fase conoscitiva iniziale conclusa nel 2003. La fase conoscitiva iniziale ha previsto 24 mesi di monitoraggio finalizzato alla caratterizzazione dello stato di qualità di ciascun corpo idrico e alla raccolta delle informazioni dei parametri idrologici, chimico–fisici, biologici e idromorfologici, necessari a definire più compiutamente lo stato ambientale dei corpi idrici superficiali facenti parte della rete di monitoraggio regionale. 123

Per quanto riguarda la Provincia di Varese, fanno parte della rete di monitoraggio i corpi idrici superficiali riportati nella tabella seguente.

Corpo idrico Tipologia corpo idrico (*) Stazioni di monitoraggio Fiume Ticino Corso d’acqua naturale (1) Golasecca (loc. Miorina), Lonate Pozzolo (loc. Tornavento) Torrente Arno Corso d’acqua naturale (3) Ferno (loc. Vaio) Canale Villoresi Corso d’acqua artificiale Somma Lombardo Fiume Bardello Corso d’acqua naturale (3) Brebbia Fiume Boesio Corso d’acqua naturale (3) Laveno Mombello Fiume Tresa Corso d’acqua naturale (3) Lavena Ponte Tresa, Luino (loc. Voldomino) Fiume Olona Corso d’acqua naturale (1) Varese (loc. Valle Olona), Lozza, Fagnano Olona (loc. Bergoro) Canale Brabbia Corso d’acqua artificiali (2) Cazzago Brabbia Lago di Comabbio Lago (1) Lago di Ghirla Lago (2) Lago Maggiore Lago (1) Lago di Monate Lago (1) Lago di Varese Lago (1) Lago di Ganna Lago (2) Lago di Lugano Lago (1) Fiume Olona Settentrionale Corso d’acqua naturale (1) Varese (loc. Valle Olona), Lozza, Fagnano Olona (*) Sulla base dell’Allegato 1 al D.Lgs.152/99 e s.m.i. le reti di monitoraggio comprendono: 1. i corpi idrici significativi (individuati dalla Regione Lombardia con la Deliberazione N° VII/12127 del 14 febbraio 2003); 2. i corpi idrici che per valori naturalistici e/o paesaggistici o per particolari utilizzazioni in atto hanno rilevante interesse ambientale; 3. i corpi idrici che per il carico inquinante convogliato possono avere un’influenza negativa rilevante sui corpi idrici significativi. Tabella 4.5

In Provincia di Varese esistono altri due punti di monitoraggio della rete regionale specifici per il controllo e la classificazione delle acque superficiali destinate alla produzione di acque potabili; tali punti sono:

• presa del Lago Maggiore a Leggiuno, loc. Motta Sciolina; • presa del Lago di Lugano, Lavena Ponte Tresa.

I criteri di classificazioni dei corpi idrici della rete di monitoraggio regionale sono fissati sulla base del Dlgs 152/99 e s.m.i. e si basano sui seguenti indici di qualità.

• SECA – Stato Ecologico del Corso d’Acqua – che è l’espressione della complessità degli ecosistemi acquatici. La determinazione di questo indice si basa a sua volta sulla determinazione di: o LIM – Livello di Inquinamento dei Macrodescrittori, basato sulla determinazione di parametri quali BOD5, COD, azoto nitrico, azoto 124

ammoniacale, fosforo totale ed eschericchia coli; o IBE – Indice Biotico Esteso – che rappresenta la componente biologica e si basa sulla determinazione dei macroinvertebrati. La combinazione di questi parametri consente di determinare 5 classi qualitative come illustrato nella tabella seguente.

Stato Ecologico (SECA) Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 IBE >10 8 e 9 6 e 7 4 e 5 1 e 2 e 3 LIM 480-560 240-475 120-235 60-115 >60 Tabella 4.6

La classe 1 corrisponde ad un ambiente non inquinato o non alterato in modo sensibile, la classe 5 corrisponde ad un ambiente fortemente inquinato o alterato.

• SACA – Stato Ambientale del Corso d’Acqua - che considera anche lo stato di qualità chimica delle acque in relazione alla presenza di sostanze pericolose, persistenti e bioaccumulabili. Infatti l’indice si valuta sulla base della classe SECA e dal confronto delle concentrazioni dei macrodescrittori (LIM) e i valori soglia definiti dal Dlgs 152/99 s.m.i., come illustrato nella tabella seguente

Stato Ambientale Classi SECA (SACA) Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 < Valore Soglia ELEVATO BUONO SUFFICIENTE SCADENTE PESSIMO > Valore Soglia SCADENTE SCADENTE SCADENTE SCADENTE PESSIMO Tabella 4.7

Sulla base dell’esito delle indagini condotte dalla Regione Lombardia i corsi d’acqua della Provincia di Varese sono stati classificati come illustrato nelle seguenti tabelle estratte dall’Allegato 12 del PTUA illustrate di seguito, dalle quali emerge che:

• il fiume Ticino e il canale Villoresi hanno una classe SECA 2; per il Ticino è stata determinata una classe SACA buono; • i fiumi Bardello, Boesio, Tresa e il canale Brabbia hanno una classe SECA 3 e SACA tra scadente e sufficiente; • il torrente Arno ha una classe SECA 4 e SACA scadente.

125

Tabella 4.8

Per quanto concerne la classificazione dei laghi il parametro di riferimento è il SEL – Stato Ecologico Laghi che si basa su parametri limnologici quali trasparenza, ossigeno ipolimnico, clorofilla “a” e fosforo totale, come descritto dal Dlgs 152/99 modificato dal Decreto 391/2003. La somma dei punteggi attribuiti in base ai valori dei diversi parametri, consente di calcolare la classe

126

SEL (dalla classe 1 che corrisponde ad un ambiente non inquinato o non alterato in modo sensibile fino alla classe 5 corrispondente ad un ambiente fortemente inquinato o alterato), come illustrato nella tabella seguente.

Stato Ecologico (SECA) Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 Somma dei punteggi 4 5-8 9-12 13-16 17-20 Tabella 4.9 • La definizione del SAL – Stato Ecologico del Lago –valuta sulla base della classe SECA e dal confronto delle concentrazioni dei macrodescrittori (LIM) e i valori soglia definiti dal Dlgs 152/99 s.m.i., come illustrato nella tabella seguente.

Stato Ambientale Classi SEL (SAL) Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 < Valore Soglia ELEVATO BUONO SUFFICIENTE SCADENTE PESSIMO > Valore Soglia SCADENTE SCADENTE SCADENTE SCADENTE PESSIMO Tabella 4.10

Sulla base dell’esito delle indagini condotte dalla Regione Lombardia i laghi della Provincia di Varese sono stati classificati come illustrato nelle seguenti tabelle estratte dall’Allegato 12 del PTUA illustrate di seguito, dalle quali emerge che:

• i laghi di Monate e Ganna hanno una classe SEL 2 e una classe SAL buono; • i laghi Maggiore e Ghirla hanno una classe SEL 3 e una classe SAL sufficiente; • i laghi di Varese, di Lugano e di Comabbio hanno una classe SEL 4 e una classe SAL scadente.

Tabella 4.11

127

Le figure seguenti illustrano graficamente la classificazione Ecologica e Ambientale dei corpi idrici superficiali significativi.

Figura 4.15 Stato Ecologico dei Corsi d’acqua significativi [PTUA Regione Lombardia, 2006]]

Figura 4.16 Stato Ambientale dei Corsi d’acqua significativi [PTUA Regione Lombardia, 2006]]

128

4.4.4 Laghi

Le informazioni e i dati riportati nel presente paragrafo sono stati desunti dalla seguente documentazione bibliografica.

• “Ricerche sull'evoluzione del Lago Maggiore - Aspetti limnologici - Programma quinquennale 2003 – 2007, Campagna 2005” redatto a cura della Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo-Svizzere (CIPAIS) • “Ricerche sull'evoluzione del Lago di Lugano - Aspetti limnologici - Stato di avanzamento delle ricerche 2005” redatto a cura della Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo-Svizzere (CIPAIS) • “Qualità delle acque lacustri in Lombardia – 1° Rapporto OLL 2004” Osservatorio dei Laghi Lombardi (OLL) • “Rapporto sullo Stato Dell’Ambiente in Lombardia (RSA)” Anno 2005 – ARPA Lombardia Si segnala che la qualità delle acque superficiali, soprattutto del Laghi Maggiore e Ceresio, viene monitorata e studiata dalla Commissione Internazionale per la Protezione delle acque Italo-Svizzere, che pubblica rapporti e studi specifici a frequenza almeno annuale. Ulteriori fonti informative sono rappresentate da:

• ARPA - compiti istituzionali di controllo • Provincia di Varese – studi di monitoraggio relativi al Lago di Varese e per quanto attiene l’attività di pesca e di balneazione • Parco del Ticino - gestione del SIC Lago di Comabbio • Parco del Campo dei Fiori - gestione del SIC Lago di Ganna

4.4.4.1 Il Lago Maggiore

Inquadramento geografico

Il Lago Maggiore si colloca nella porzione est del territorio provinciale, dal comune di Pino sulla sponda del Lago Maggiore a quello di Sesto Calende.

Si sviluppa per una lunghezza massima del thalweg di 66 km e una larghezza massima di 10 km.

Il lago una superficie complessiva di 212,5 km2, dei quali 169,9 km2 in territorio italiano e 42,6 km2 in territorio svizzero, per un volume complessivo di 37,502 km3.

Il bacino idrografico del Lago Maggiore, illustrato nella figura seguente, ha una estensione di 6.599 km2 lago compreso.

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Figura 4.17

I principali immissari del Lago Maggiore sono: Ticino prelacuale, Toce, Maggia, Tresa, Verzasca, Strona, Bardello, San Bernardino, Cannobino, San Giovanni, Giona, Boesio, Acquanegra. Vi sono inoltre tributari minori, che affluiscono direttamente nel lago (da destra e da sinistra) e quelli che affluiscono nel Ticino nel tratto lago-idrometrico di Sesto Calende. Del bacino imbrifero del Lago Maggiore fanno parte anche altri laghi, quali: Ritom, Mergozzo, Orta, Comabbio, Biandronno, Varese, Monate, Del Piano e Lugano. Il Lago ha una profondità massima di 370 m. La batimetria del Lago Maggiore, illustrata nella figura seguente, evidenzia come nella sua porzione centrale il lago presenta sponde molto pendenti, con parti quasi verticali.

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Figura 4.18 Rilievo batimetrico del Lago Maggiore [CNR-Torino]

Il Lago Maggiore dal punto di vista termico è un lago olo-oligomittico, con una pronunciata stratificazione estiva e un termoclino intorno ai 10-30 m. Il tempo teorico di rinnovo delle acque è di 4 anni, ma dal 1952 ad oggi si sono verificate solo quattro circolazioni complete, di cui l’ultima nel 1999. Il rimescolamento annuale si attesta intorno ai 100-150 m di profondità. Durante la fase di rimescolamento sono più probabili gli apporti di inquinanti provenienti dagli affluenti in genere confinati nello stato al di sopra del Termoclino.

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Caratteristiche chimico-fisiche

Le acque del lago sono caratterizzate da una concentrazioni di soluti in fase disciolta non molto elevata, con una conducibilità elettrica alla massima circolazione invernale di circa 145 μS/cm. I contenuti medi di fosforo totale nelle acque lacustri nel corso degli ultimi 10 anni si sono mantenuti compresi tra 8 e 12 µg P l-1, livelli che confermano l’attuale condizione di oligotrofia. Questi livelli sono ragionevolmente attribuibili all’intera zona pelagica del lago, ma non necessariamente alla zona litorale. Alcune zone rivierasche risultano infatti influenzate dalla presenza di scarichi o dall’immissione a lago di acque tributarie ad elevato contenuto di nutrienti, tali da pregiudicare il livello qualitativo e la fruizione delle acque. Su scala decennale si può osservare una lieve tendenza all’aumento delle concentrazioni di nitrati, da 0,81-0,82 a metà degli anni ’90 a 0,85-0,86 mg N l-1, mentre l’azoto totale è rimasto pressoché costante. Per quanto riguarda l'evoluzione del popolamento fitoplanctonico, negli ultimi anni si conferma una sostanziale stabilità delle caratteristiche generali della biocenosi algale con una elevata biodiversità e bassi valori di biovolume e clorofilla. Dal punto di vista ittico è stato segnalato una diffusione di specie esotiche che coinvolge un terzo della popolazione complessiva. I dati relativi allo stato qualitativo delle acque del Lago Maggiore, sono numerosi, anche grazie al programma di monitoraggio gestito dalla Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo-Svizzere (CIPAIS). Le indagini sull’idrochimica del Lago Maggiore sono state condotte con cadenza mensile nella stazione di massima profondità a Ghiffa e nella stazione di Lesa. Gli ultimi dati pubblicati sono riferiti al 2005, che per il Lago Maggiore è stato un anno particolare, come descritto nel documento “Ricerche sull'evoluzione del Lago Maggiore - Aspetti limnologici - Programma quinquennale 2003 – 2007, Campagna 2005”. Infatti il lago è stato caratterizzato da un marcato raffreddamento delle acque lacustri e da un rimescolamento quasi totale dell’intera colonna d’acqua nella seconda metà di Marzo. Il rimescolamento ha interessato in modo completo solo i primi 250 m di profondità. Questo rimescolamento non ha influenzato in modo significativo lo stato qualitativo delle acque che confermano il trend degli ultimi anni. Un ulteriore evento degno di nota per l’anno 2005 è stata la fioritura del cianobattere Anabaena lemmermannii che ha interessato tutto il Lago Maggiore nel corso del mese di Luglio. Tra le cause di questa variabilità dei popolamenti autotrofi vi sono situazioni meteorologiche estreme, che, perdurando l’attuale tendenza climatica, potrebbero avere un ruolo decisivo nel promuovere lo sviluppo di alcune specie o la scomparsa di altre ed essere un fattore importante anche nell’insorgenza di nuove fioriture. È il caso di sottolineare che l'impatto delle fioriture cianobatteriche sulla fruibilità delle acque lacustri può essere assai rilevante, impedendone l'uso alimentare ed anche ricreazionale perché molti ceppi di cianobatteri possono produrre tossine dannose per uomini ed animali. Nelle acque del Lago Maggiore è noto dal 1993 un fenomeno di inquinamento da DDT: le concentrazioni di tale sostanza e di sui derivati, sulla base del studio condotto dal CIPAIS “Monitoraggio della presenza del DDT e di altri contaminati nell’ecosistema del Lago Maggiore”, Aprile 2003 – Marzo 2004, hanno evidenziato che i contenuti di DDT e di altri contaminati (rame, cadmio, arsenico e mercurio) sono tali da non pregiudicare la balneabilità e una possibile captazione ad uso idropotabile. Sembra essere confermata l’ipotesi di un rifornimento al lago di DDT connesso ad eventi di piena del fiume Toce. 132

Per quanto concerne lo stato qualitativo dei 14 tributari presi in considerazione, il quadro emerso dai dati dell’ultimo decennio evidenzia una situazione ottimale delle acque ticinesi, moderatamente accettabile di quelle piemontesi e critica per le acque tributarie lombarde, soprattutto per fosforo totale e azoto ammoniacale. In generale va comunque segnalato come i carichi areali di fosforo veicolati complessivamente dalle acque tributarie negli ultimi tre anni (rispettivamente 0,025 – 0,022 – 0,018 g P m-2 a-1) sono compatibili con il mantenimento di uno stato oligotrofo delle acque lacustri.

4.4.4.2 Il Lago di Lugano

Inquadramento geografico

Il lago di Lugano (anche Ceresio) si sviluppa in parte in territorio italiano, tra le province di Varese e Como e in parte in territorio svizzero, per una superficie complessiva di 48.9 km2. Complessivamente il Lago di Lugano ha un volume di circa 6.5 km3 e il tempo teorico di rinnovo delle acque è di 8,2 anni. L’altitudine è pari 271 m s.l.m. Il bacino idrografico di tutto il lago ha una superficie di 565,6 km2; i tre principali immissari sono il , il e il Cuccio, mentre altri immissari minori sono i torrenti: Bolletta, Laveggio, Magliasina, Mara, e Rezzo. L’emissario principale è il fiume Tresa. La figura seguente illustra il bacino idrografico del Lago di Lugano.

Figura 4.19

133

Il Lago di Lugano è costituito da tre diversi bacini: Il bacino nord (tra Melide e ) ed il bacino sud (tra e Agno), separati dal ponte-diga di Melide costruito in passato su una morena sublacuale, ed il piccolo bacino di Ponte Tresa situato in prossimità dell'emissario (fiume Tresa), con caratteristiche fisiche distinte. Il bacino nord è il più profondo (288 m) e ha una superficie di 27,5 km2. Dal punto di vista termico è meromittico naturale, con un mixolimnio che raggiunge la profondità di circa 100 m. Il tempo teorico di ricambio è di circa 12,3 anni. La superficie del bacino sud è pari a 20,3 km2, con una profondità massima di 95 m, mentre il bacino di Ponte Tresa ha una superficie di 1,1 km2 e una profondità massima di 50 m. Dal punto di vista termico sono monomittici caldi con mescolamento completo tra gennaio e febbraio e stratificazione estiva da giugno a ottobre. Il tempo teorico di ricambio dei due bacini è rispettivamente 1,4 e 0,04 anni. La figura seguente illustra la batimetria del lago, dove è visibile la suddivisione dei tre bacini lacustri. E’ possibile osservare come il bacino nord presenti nella sua porzione centrale sponde molto pendenti, con parti quasi verticali.

Figura 4.20

Caratteristiche chimico-fisiche

A partire dagli anni ’50 le acque del Lago di Lugano sono caratterizzate da un processo di eutrofizzazione che ha provocato la scomparsa dell'ossigeno e l'aumento della densità salina nelle acque profonde del bacino nord. Lo stato meromittico (acque stratificate) in cui si trova questo bacino causa un elevato tempo di permanenza delle acque oltre i 100 m di profondità. Nel bacino sud ed in quello di Ponte Tresa lo stato di ossigenazione risulta precario nella seconda parte dell'anno (< 4 g/m3) già a partire da circa 25 m di profondità e si riduce gradualmente fino a zero nelle vicinanze del fondale; tuttavia le consistenti riserve d’ossigeno acquisite durante la 134

fase di circolazione (9-10 mg O2 l-1 sull’intera colonna) hanno consentito di mantenere a tutt’oggi delle condizioni d’ossigenazione soddisfacenti fin verso 75 m di profondità. Le concentrazioni di fosforo totale lungo la colonna d’acqua hanno raggiungono il loro massimo al termine della fase di rimescolamento invernale; nel bacino nord il contenuto medio di fosforo in superficie è di circa 45-50 μg P/l. Nel bacino nord, in seguito all’apporto proveniente dagli strati profondi, per effetto del rimescolamento dell’ipolimnio meromittico tra febbraio e marzo le concentrazioni superficiali tendono ad aumentate progressivamente con l’avanzare della fase di rimescolamento fino a toccare 90-100 μg P/l; mediamente la concentrazione in fosforo è di circa 50-55 μg P/l. I dati sopra riportati sono stati reperiti nel documento “Ricerche sull'evoluzione del Lago di Lugano - Aspetti limnologici - Stato di avanzamento delle ricerche 2005” redatto a cura della Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo-Svizzere (CIPAIS), e nel documento redatto dall’Osservatorio dei Laghi Lombardi (OLL) “Qualità delle acque lacustri in Lombardia – 1° Rapporto OLL 2004”.

4.4.4.3 Lago di Varese

Inquadramento geografico

Il lago di Varese è situato ai piedi delle Prealpi Varesine ad un'altitudine di 238 m s.l.m. Il bacino idrografico, illustrato nella figura seguente, comprende parte dei comuni di Azzate, Bardello, Bodio Lomnago, Buguggiate, Galliate Lombardo, Cazzago Brabbia, Gavirate e Varese ed ha una superficie di circa 112 km2. Del suo bacino fa parte anche il Lago di Comabbio, che alimenta il lago di Varese attraverso il canale Brabbia. L’emissario principale è il Fiume Bardello che fluisce verso il Lago Maggiore; le acque in uscita dal Lago di Varese sono regolate da uno sbarramento a paratoie situato all’altezza dell’incile.

Figura 4.21

135

Il lago ha una superficie di circa 14,95 km2, una profondità massima di 26 m per un volume complessivo di 0,16 km3. L’immissario principale è il canale Brabbia e l’emissario principale è il Fiume Bardello. La figura seguente illustra la batimetria del Lago di Varese, che evidenzia sponde poco acclivi.

Figura 4.22

Dal punto di vista termico, il Lago di Varese è monomittico caldo, ma periodicamente può ghiacciare durante la stagione invernale. Il tempo teorico di ricambio è pari a 1,7 anni

Caratteristiche chimico-fisiche

Sulla base dei dai dell’Osservatorio dei Laghi Lombardi della Regione Lombardia (2004) è emerso che l’ambiente del lago di Varese presenta uno stato trofico di meso-eutrofia. In particolare, sebbene in miglioramento rispetto ai decenni scorsi, il carico di fosforo risulta essere ancora importante (circa 90 μg/l) e le concentrazioni di clorofilla sono elevate. La disponibilità di macrocostituenti è scarsa, a causa di un’elevata mineralizzazione delle acque, che presentano una conducibilità di 280 μS/cm. Uno stato trofico elevato e diffusi fenomeni di anossia dei fondali ha compromesso l’integrità degli ecosistemi biocenotici.

La Provincia di Varese, a partire dalla fine degli anni ‘90 ha iniziato un programma di risanamento delle acque del lago attraverso la completa collettazione delle acque reflue dei comuni rivieraschi e la realizzazione di impianti di emunzione e ossigenazione ipolimnica; tale interventi hanno portato ad un complessivo miglioramento della qualità chimico-fisica delle acque. E’in corso di realizzazione uno studio finalizzato alla redazione di un piano di gestione del Lago, comprendente anche l’individuazione delle regole per l’apertura delle porte dello sbarramento ubicato sull’emissario, il F. Bardello. 136

4.4.4.4 Laghi minori

4.4.4.4.1 Lago di Comabbio

Il lago di Comabbio ha una superficie di 3,59 km2, una profondità massima di 8 m e un volume complessivo di 0,016 km3. Il lago si trova ad una quota di circa 243 m s.l.m. Il bacino idrografico, illustrato nella figura 6.10, ha una superficie di circa 15,3 km2; non ha immissari e l’emissario principale è il Canale Brabbia, che fluisce verso il Lago di Varese

Figura 4.23

Il lago di Comabbio è polimittico con stratificazione estiva evidente e un tempo teorico di ricambio pari 1,7 anni. Il Lago di Comabbio è un Sito di Interesse Comunitario (SIC) con codice IT2010008. Sulla base dei dati dell’Osservatorio dei Laghi Lombardi della Regione Lombardia (2004) è emerso che le concentrazioni di fosforo sono in diminuzione con valori di circa 50 μg/l. Le caratteristiche del lago che consentono il completo rimescolamento delle acque conferiscono buone condizioni di ossigenazione ipolimnica anche durante la stratificazione estiva, sebbene siano ancora elevate le concentrazioni di clorofilla (15-60 μg/l).

Sono state evidenziate alterazioni a carico delle comunità biologiche riconducibili al livello trofico del bacino e all’introduzione di specie alloctone.

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4.4.4.4.2 Lago di Monate

Il lago di Monate ha una superficie di 2,51 km2, una profondità massima di 34 m e un volume complessivo di 0,045 km3. Il lago si trova ad una quota di circa 266 m s.l.m. Il bacino idrografico, illustrato nella figura seguente, ha una superficie di circa 6,3 km2; non ha immissari e l’emissario principale è il Torrente Acquanera.

Figura 4.24

Il lago di Monate è monomittico caldo, con netta stratificazione termica estiva (termoclino a 6-7 m) e un tempo teorico di ricambio pari 7,9 anni.

Sulla base dei dati dell’Osservatorio dei Laghi Lombardi della Regione Lombardia (2004) è emerso un buono stato chimico delle acque del Lago di Monate; lo stato di oligotrofia è confermato dalla presenza di concentrazioni di fosforo inferiori a 10 μg/l, concentrazioni di clorofilla di circa 2 μg/l e una buona ossigenazione.

Lo stato di mineralizzazione è basso, con un livello di conducibilità intorno a 110 μS/cm.

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4.4.4.4.3 Lago di Ghirla

Il lago di Ghirla ha una superficie di 0,25 km2 e una profondità massima di 14 m. Il lago si trova ad una quota di circa 442 m s.l.m. Il bacino idrografico, illustrato nella figura seguente, comprende il Lago di Ganna e ha una superficie di circa 15,4 km2; ha come emissario ed immissario il Rio Margorabbia.

Figura 4.25

Il lago di Ghirla è polimittico, con una lieve stratificazione termica da Maggio a Settembre quanto risulta evidente il termoclino tra 2 e 4 m di profondità. Il tempo teorico di ricambio pari 0,1 anni.

Sulla base dei dati dell’Osservatorio dei Laghi Lombardi della Regione Lombardia (2004) è emerso che le acque del Lago di Ghirla presentano uno stato trofico costante con concentrazioni di fosforo pari a 20-30 μg/l, concentrazioni di clorofilla di circa 5-20 μg/l e una buona ossigenazione. Lo stato di mineralizzazione è medio, con un livello di conducibilità intorno a 160 μS/cm.

139

4.4.4.4.4 Lago di Ganna

Il lago di Ganna ha una superficie di 0,06 km2 e una profondità massima di 4 m. Il lago si trova ad una quota di circa 452 m s.l.m. Il bacino idrografico, illustrato nella figura seguente, ha una superficie di circa 9,9 km2; ha come emissario ed immissario il Rio Margorabbia. Il Lago di Ganna è alimentato dalla falda.

Figura 4.26

Il lago di Ganna è polimittico, ma privo di una vera e propria stratificazione termica. Il tempo teorico di ricambio pari 0,1 anni. Il Lago di Ganna è un Sito di Interesse Comunitario (SIC) con codice IT2010001.

Sulla base dei dati dell’Osservatorio dei Laghi Lombardi della Regione Lombardia (2004) è emerso che le acque del Lago di Ganna presentano uno stato di olgigotrofia costante con concentrazioni di clorofilla di circa 1,5 μg/l e una buona ossigenazione.

Lo stato di mineralizzazione è medio, con un livello di conducibilità intorno a 180 μS/cm.

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4.4.4.4.5 Invasi artificiali

Nel territorio provinciale sono presenti diversi sbarramenti classificati come grandi dighe e censite dalla Regione Lombardia. Nella tabella seguente vengono riepilogate le principali caratteristiche.

Nome diga Corso d’acqua Dimensioni Usi sbarrato dell’invaso Bardello Fiume Bardello 14,65 km2 Misto 9.875.000 mc Miorina Fiume Ticino 210 km2 Irriguo e idroelettrico 381.000.000 mc Regolazione del Lago Maggiore Creva Fiume Tresa 0,14 km2 Irriguo e idroelettrico 990.000 mc Lago Delio nord Torrenti Casmera 0,362 km2 Idroelettrico e Molinera 7.900.000 mc Lago Delio sud Torrenti Casmera 0,362 km2 Idroelettrico e Molinera 7.900.000 mc Porto della Torre Fiume Ticino 0,362 km2 Irriguo e idroelettrico 5.700.000 mc

Tabella 4.12

141

4.4.5 Corsi d’acqua

Nel presente paragrafo vengono valutate le potenzialità idropotabili dei corsi d’acqua principali della provincia di Varese.

4.4.5.1 Idrografia provinciale

La seguente immagine illustra l’ubicazione dei principali specchi e corsi d’acqua in Provincia di Varese.

Figura 4.27 142

Dal punto di vista idrografico, in provincia di Varese i principali tributari del Ticino che hanno sbocco nel Lago Maggiore sono, da nord a sud, il torrente Giona, il fiume Tresa, il torrente Margorabbia, il torrente Boesio e il fiume Bardello. Il Ticino riceve un solo affluente degno di nota, il torrente Strona che nasce a sud del Lago di Varese e si getta nel Ticino nei pressi di Somma Lombardo. Tra i corsi d’acqua che non fanno parte del bacino del Ticino, il più importante è il fiume Olona: esso nasce con due rami, uno dal Campo dei Fiori e uno dalla Valganna, e tra Legnano e Castellanza entra in provincia di Milano sfociando nel Lambro Meridionale. Parallelamente al fiume Olona, scorrono i seguenti torrenti: Tenore, Rile e Arno a ovest e Fontanile, Bozzente e Lura a est. A parte il Bozzente, che si getta nell’Olona, i restanti corsi d’acqua spagliano sul territorio provinciale ed extra-provinciale.

Di competenza del Magistrato del Fiume Po sono i corsi d’acqua di I, II e III categoria, che nella Provincia di Varese sono: Arno, Boesio, Margorabbia (tratto di valle), Olona, Rile, Tenore, Ticino (sponda sinistra), Tresa. I corsi d’acqua di categoria inferiore alla III, di competenza del Genio Civile, sono i seguenti: Bardello, Bolletta, Bozzente, Fontanile, Froda, Giona, Lura, Margorabbia (tratto di monte), Muceno, Strona, e Trallo. I restanti corsi d’acqua sono di competenza delle diverse amministrazioni comunali di riferimento.

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4.4.5.2 Reticolo idrografico principale

Il reticolo idrografico principale della Provincia di Varese è definito dalla Delibera di Giunta Regionale 1 agosto 2003 n. 7/13950 della Regione Lombardia. Di seguito si riporta la tabella estratta dal testo normativo.

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145

146

Tabella 4.13

4.4.5.3 Stato qualitativo

Nel documento “Ricerche sull'evoluzione del Lago Maggiore - Aspetti limnologici - Programma quinquennale 2003 – 2007, Campagna 2005” redatto a cura della Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo-Svizzere (CIPAIS), vengono riportati alcuni dati dei principali tributari del Lago di Maggiore. In particolare nella Provincia di Varese ricadono i seguenti tributari: Giona, Tresa, Boesio e Bardello.

I dati del monitoraggio evidenziano come le acque del versante lombardo apportino al Lago Maggiore un carico di azoto ammoniacale e fosforo maggiore rispetto ai tributati piemontesi e ticinesi. In particolare si evidenzia un peggioramento del degrado ecologico dei torrenti Bardello e Boesio, che nell’anno 2005 hanno fatto registrare un incremento delle concentrazioni di fosforo (rispettivamente pari a 468 e 396 μg/l) e azoto totale (rispettivamente 2,87 e 4,17 μg/l).

La classificazione regionale dei corsi idrici significativi dal punto di vista ecologico e ambientale individuano le acque del Ticino di qualità buona e quelle dell’Olona di qualità sufficiente, nel primissimo tratto e via via in peggioramento verso sud.

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4.4.6 Captazione da acque superficiali

4.4.6.1 Normativa di riferimento

Dall’entrata in vigore del DPR 238/1999 e quindi a partire dalla data del 10 agosto 1999, tutti i prelievi idrici effettuati da corpi idrici superficiali e sotterranei sono soggetti al rilascio di autorizzazioni, secondo le procedure previste dal Testo Unico sulle acque di cui al RD 1775/1933. La norma-quadro di riferimento per la tutela delle acque è il Decreto Legislativo 11/05/1999, n. 152 del “Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole” (Dlgs 152/99). Il Dlgs 152/99 è finalizzato alla tutela dei corpi idrici, quali acque marine, superficiali e sotterranee, che si realizza attraverso:

• la prevenzione e riduzione dell’inquinamento; • il miglioramento e la protezione delle acque destinate a particolari usi; • la sostenibilità delle risorse idriche, soprattutto quelle potabili. La tutela quantitativa della risorsa idrica espressa nel Dlgs 152/99 ribadisce i concetti di risparmio e riutilizzo acque reflue, eliminazione degli sprechi e riduzione dei consumi, riduzione perdite di rete, realizzazione di reti duali, utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili e si esplicita attraverso il Piano di Tutela delle Acque che costituisce un piano stralcio di settore del piano di bacino. Il quadro normativo è recentemente cambiato e quanto previsto dal Dlgs 152/99 è stato recepito e in parte modificato dal Testo Unico Ambientale, il Decreto Legislativo 3/04/06, n. 152 – Parte IV. Il testo normativo all’art. 80 stabilisce che le acque superficiali destinate alla produzione delle acque potabili devono essere classificate dalle regioni alle seguenti categorie:

• Categoria A1: trattamento fisico semplice; • Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione; • Categoria A3: trattamento fisico chimico spinto, affinamento e disinfezione; sulla base delle caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell’Allegato 2 alla parte III. I valori imperativi definiti in tali tabelle sono derogabili sulla base di quanto stabilito dall’art. 81.

La captazione ad uso idropotabile è soggetta a concessione Provinciale ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775 e s.m.i. per portate fino a 100 l/sec. Oltre tali portate si parla di grandi derivazioni, di competenza regionale dal 2001.

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4.4.6.2 Captazioni esistenti

A livello regionale le acque superficiali rappresentano il 13 % delle acque captate come fonti di approvvigionamento il consumo umano. In particolare in tutta la regione Lombardia attualmente sono autorizzare 45 captazioni da acque superficiali che coinvolgono principalmente il Lago di Como e il Lago di Garda [fonte: “Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia” ARPA Lombardia, 2005]. La tabella seguente illustra i volumi di approvvigionamento idrico relativi alla Provincia di Varese per l’anno 2002. Osservando questi valori emerge come la quasi totalità dei volumi captati provenga dalle acque sotterranee e come lo sfruttamento delle acque superficiali sia ancora molto esiguo.

Tipologia di captazione mc/anno (2002) % Sorgenti 1.660.426 0,7 Acque superficiali 500.000 0,2 Pozzi 243.451.209 99,1

Tabella 4.14 - Volumi di acque captate in Provincia di Varese nell’anno 2002 [fonte: “Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia” ARPA Lombardia, 2005]

4.4.6.2.1 Lago Maggiore

Il Lago Maggiore è captato ad uso idropotabile da:

• Comune di Leggiuno, che utilizza le acque nella rete acquedottistica (circa 26 l/sec); • CCR di Ispra, che è titolare di una grande derivazione gestita dalla Regione Lombardia ad uso potabile (30 l/sec) e igienico (170 l/sec). Sono inoltre in corso ulteriori studi da parte di ASPEM per la realizzazione di una nuova presa dal Lago Maggiore a scopo idropotabile nella zona di Luino.

4.4.6.2.2 Lago di Lugano

Il Lago di Lugano è captato a fini idropotabili in territorio elvetico nelle stazioni di Cassate, e Paradiso nel bacino nord, Vico e Barbengo nel bacino sud, ubicate come illustrato nella figura seguente.

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Figura 4.28

In territorio italiano le acque del lago sono captate a fini idropotabili a Ponte Tresa da parte dell’acquedotto comunale (40 l/sec).

4.4.6.2.3 Corsi d’acqua

Presso la Provincia di Varese sono censite due captazioni a scopo idropotabile da acque superficiali: una dal Torrente Valmaggiore, presso il comune di Cittiglio, e una dal Rio di Mezzo presso il comune di Comerio. Entrambe sono attualmente in disuso.

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4.4.6.3 Considerazioni sulle potenziali captazioni idropotabili

I fattori che influenzano la scelta dei un corpo idrico superficiale da captare a scopo idropotabile sono i seguenti:

• Qualità delle acque Le caratteristiche chimico-fisiche delle acque da captare influenzano in modo significativo la scelta del corpo idrico. Infatti per poter essere captato un corpo idrico superficiale deve essere classificato ai sensi dell’art. 80 Dlgs 152/06 di categoria A1, A2 o A3, fatto salvo le deroghe di cui all’art. 81 previste in caso di inondazioni, alluvioni, arricchimenti di origine naturale. Una particolare deroga, parziale e relativa solo ad alcuni parametri quali colore, temperatura, ammoniaca, nitrati e solfati, è prevista per laghi poco profondi (< 20 m) con un tempo di rinnovo superiore all’anno e privi di scarichi idrici. Per quanto concerne i corpi idrici provinciali, le captazioni esistenti del Lago Maggiore e del Lago di Lugano sono di categoria A2 e pertanto idonee alla captazione idropotabile. La classificazione regionale dello stato ecologico e ambientale ha evidenziato che i corpi idrici migliori sono i laghi di Monate e di Ganna e il fiume Ticino. I dati chimico-fisici disponibili evidenziano un buono stato qualitativo dei torrenti Giona e del Margorabbia. Si ritiene opportuno escludere come fonti di approvvigionamento idrico potabile le acque del Lago di Varese e di Comabbio, a causa dell’elevato livello di eutrofizzazione, e le acque del Boesio e del Bardello per le elevate concentrazioni di azoto e fosforo. La qualità delle acque è influenzata anche dal contesto geologico areale, nel caso in cui questo influenzi la composizione chimica delle acque. In particolare nella Provincia di Varese è noto un arricchimento in Arsenico delle acque superficiali e sotterranee nella zona del luinese.

• Vulnerabilità del corpo idrico superficiale Nella scelta del punto di captazione dei corpi idrici deve essere considerato il grado di vulnerabilità del corpo idrico stesso. Questo è influenzato dalla presenza di fattori esterni, definiti centri di pericolo e dalle caratteristiche intrinseche del corpo idrico. Possono essere definiti centri di pericolo tutti quei fattori che possono influenzare negativamente lo stato qualitativo delle acque da captare, quali il grado di antropizzazione, la presenza di scarichi civili e industriali, l’immissione di corsi d’acqua, attività agricole, allevamenti zootecnici, ecc. Tra le caratteristiche intrinseche del corpo idrico che possono influenzarne la vulnerabilità, la più importante per i laghi è la stratificazione termica. Infatti le acque lacustri di un lago oligomittico, cioè un lago nel quale la piena circolazione non si verifica tutti gli anni, consente di preservare le acque al disotto della zona di rimescolamento (termoclino). Pertanto collocare una captazione idropotabile al disotto del termoclino la pone in una condizione di sicurezza da sversamenti accidentali in superficie. Viceversa la vulnerabilità dei corsi d’acqua è in genere elevata, in quanto le difese dalle contaminazioni anche accidentali sono rappresentate quasi esclusivamente dalla diluizione e dall’ossigenazione delle acque. Di conseguenza, a livello provinciale si ritiene opportuno escludere come fonte di 151

approvvigionamento idropotabile potenziale i corsi d’acqua fortemente antropizzati quali l’Olona e i corsi d’acqua del suo bacino idrografico (Tenore, Rile, Arno, ecc.), mentre restano potenzialità residue da verificare nel dettaglio relativamente ai corsi d’acqua del settore montano.

• Quantità d’acqua Nella valutazione di una fonte di approvvigionamento idropotabile potenziale è necessario tenere in considerazione la quantità di acqua che può essere captata in modo che siano giustificati i costi di investimento nella realizzazione dell’impianto. Infatti un corso d’acqua a carattere torrentizio non si ritiene idoneo per captazioni idropotabili in quanto non garantisce in modo continuativo un minimo di portata. La quantità massima captabile dipende dal corpo idrico di riferimento; in generale da un corso d’acqua è possibile prelevare un quantitativo d’acqua tale da garantire un Deflusso Minimo Vitale mentre il quantitativo di acque prelevabili da un lago deve essere tale da non influenzarne il tasso di ricambio delle acque. Per tali motivi i corsi d’acqua del sistema montano più idonei sotto il profilo qualitativo per le captazioni ad uso idropotabile, sono viceversa poco adatti dal punto di vista quantitativo per:

• regime torrentizio • portate in genere ridotte • presenza di opere di presa ad uso idroelettrico (T.Giona)

• Fattibilità tecnica Ulteriori considerazioni nella scelta di punti di captazione idropotabile sono legate alla fattibilità tecnica dell’impianto stesso. Nel caso specifico non è possibile prevedere criteri generici, ma caso per caso devono essere valutati aspetti quali la presenza dello spazio fisico per l’impianto, la sua accessibilità, la vicinanza a infrastrutture esistenti, ecc.

Complessivamente, ai fini della captazione ad uso idropotabile dei corpi idrici superficiali è possibile fare le seguenti osservazioni:

• Si ritiene il Lago Maggiore una buona fonte di approvvigionamento idrico ai fini idropotabili, per le sue caratteristiche di buona qualità chimica e biologica delle acque, soprattutto nella porzione nord tra Pino L. M. e Luino. Le verifiche di fattibilità devono riguardare la vicinanza di affluenti a scarsa qualità, di scarichi di depuratori, la morfologia del fondale, la presenza di sedimenti fini, largamente diffusi nel bacino e la fioritura algale del periodo estivo. • Le acque del Lago di Lugano rappresentano una possibile fonte di approvvigionamento idrico ai fini idropotabili, sebbene siano di qualità inferiore rispetto al quelle del Lago Maggiore e la lunghezza della linea di costa sia limitata. • Si ritengono non idonee le acque del Fiume Olona e dei corsi d’acqua facenti parte del suo bacino idrografico (Tenore, Rile, Arno, ecc.) a causa dell’elevato livello di

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antropizzazione delle zone che attraversano. • A causa delle elevate concentrazioni di azoto e fosforo le acque del Boesio e del Bardello non sono idonee. • Si ritengono idonee le acque del Ticino, del Giona e del Margorabbia (p.p.) che hanno evidenziato buone caratteristiche chimico-fisiche. • Per quanto concerne i corsi d’acqua a carattere torrentizio posti nella zona a nord della Provincia, potenzialmente idonei alla captazione idropotabile, è necessario valutarne singolarmente i livelli di portata, per verificare che venga garantito un approvvigionamento costante, e valutarne le caratteristiche idrochimiche con particolare attenzione alle concentrazioni di Arsenico nell’alto luinese.

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4.4.7 Individuazione dei corpi idrici superficiali potenzialmente idonei ai fini idropotabili

Il presente documento ha definito lo stato delle acque superficiali nella Provincia di Varese, evidenziando la presenza di numerosi bacini lacustri, tra i quali alcuni di dimensioni notevoli, e di molti corsi d’acqua. Il PTUA della regione Lombardia (2006) classifica i corpi idrici superficiali nella Provincia di Varese con uno stato ambientale ed ecologico variabile da buono, come ad esempio il Ticino, a scadente/pessimo, per l’Olona. Negli ultimi anni si è registrata una sempre minore quantità di precipitazioni meteoriche ed una crescente richiesta idrica. Il progressivo impoverimento delle riserve e la conseguente diminuzione delle disponibilità, connessa all’abbassamento generalizzato dei livelli di falda, sta provocando una serie di problemi all’approvvigionamento idropotabile soprattutto per quanto riguarda quello proveniente da risorse sotterranee. Pertanto la captazione di acque superficiali, considerata la loro ricchezza nella zona, risulta una scelta strategica. I fattori che influenzano la realizzazione di captazioni da corpi idrici superficiali sono i seguenti:

o Qualità delle acque; o Vulnerabilità del corpo idrico superficiale; o Quantità d’acqua disponibile; o Fattibilità tecnica delle opere di captazione. Attualmente in Provincia di Varese esistono le seguenti captazioni:

o Lago Maggiore: Comune di Leggiuno, CCR di Ispra; è allo studio da parte di ASPEM una presa in zona Luino; o Lago di Lugano: Comune di Lavena Ponte Tresa o Torrente Valmaggiore: Comune di Cittiglio- in disuso; o Rio di Mezzo: Comune di Comerio- in disuso. Nel complesso, ai fini della captazione ad uso idropotabile di corpi idrici superficiali nell’area in studio si individuano:

o Lago Maggiore, con buone caratteristiche chimiche e biologiche; o Lago di Lugano, con caratteristiche chimiche e biologiche accettabili; o Ticino, Giona, Margorabbia (p.p), con buone caratteristiche chimiche. Al contrario sono da escludere:

o Olona e relativi affluenti, a causa dell’eccessiva antropizzazione; o Boesio e Bardello, per via delle elevate concentrazioni di Azoto e Fosforo.

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5 IDENTIFICAZIONE DELLE AREE DI CRISI QUALI-QUANTITATIVA

Per aree di crisi si intendono i settori, in genere coincidenti con i territori comunali o serviti da acquedotti comunali, in cui si sono verificate negli ultimi anni prolungate interruzioni o limitazioni del servizio di approvvigionamento idropotabile. Le cause idrogeologiche e/o strutturali di tali crisi sono molteplici:

1) riduzione della risorsa disponibile per impoverimento della falda, causata in genere dalla diminuzione delle precipitazioni verificatesi in questo decennio; 2) incremento della richiesta idrica causata dal cambiamento delle abitudini di vita e dall’aumento della popolazione, con conseguenze più marcate per territori con risorse idriche sotterranee limitate; 3) peggioramento della qualità delle acque a seguito di contaminazioni puntuali (per i composti organoalogenati) o diffuse (Nitrati), per aumento delle concentrazioni di parametri tipici di condizioni riducenti in falda (Ferro e Manganese), per variazione dei limiti di concentrazione massima ammissibile nelle acque destinate a consumo umano (Arsenico); 4) cattivo stato delle reti di distribuzione, con perdite stimate più della metà della risorsa captata.

Di tali aspetti si tratterà più dettagliatamente nel seguito della presente relazione, tuttavia si ritiene importante sottolineare che non sempre la presenza, o anche la concomitanza, di questi fattori determina una crisi idrica percepibile dalla popolazione, in quanto essa può essere mascherata dalle interconnessioni tra acquedotti che mitigano gli effetti di potenziale crisi locale.

In molti comuni le condizioni di crisi si sono verificate nei mesi estivi, in corrispondenza di incrementi delle portate richieste dagli utenti; tale fenomeno è significativamente causato da attività tipicamente estive, quali l’innaffiamento di prati, giardini ed orti ed il riempimento di piscine. In corrispondenza di comuni con affluenza turistica tali fenomeni sono accentuati dal significativo incremento della popolazione residente, proprio nei mesi estivi.

5.1 Regime pluviometrico dell’ultimo quadriennio

Come già descritto nel Paragrafo 3.4, l’andamento altimetrico della superficie piezometrica (quote di falda) è strettamente connesso al regime pluviometrico, in quanto le precipitazioni costituiscono la principale fonte di ricarica della falda. Ne consegue che la causa principale della crisi idrica di questo ultimo periodo (quadriennio 2003 – 2006) è data in buona parte dal decremento delle precipitazioni complessive ed in particolare di quelle efficaci alla ricarica della falda.

Analizzando i dati recenti, si osserva che l’inizio di questo secolo è caratterizzato da una persistente diminuzione delle precipitazioni, in parte mascherata dagli eventi alluvionali episodici occorsi negli anni 2000 e 2002. Nei quattro anni compresi tra il 2003 ed il 2006 si sono concentrati i tre anni più asciutti perlomeno dell’ultimo trentennio (vedi par. 3.3): • Nel 2003 le precipitazioni meteoriche sono state di 1232 mm a Varese e 1257 mm a Busto Arsizio. • Nel 2004 le precipitazioni sono state di 1511 mm a Varese e 1499 a Luino, corrispondenti alla media annuale. 155

• Il 2005 è risultato l’anno più asciutto mai registrato dal 1965, con solo 631 mm di pioggia a Luino, 785 mm a Busto e 979 mm a Varese. • Il deficit idrico non è stato recuperato nel 2006 che si è concluso con solo 1096 mm di pioggia a Varese. • Tale condizione non ha subito inversione nell’inverno 2006 – 2007.

I dati relativi alle precipitazioni totali annuali sono comunque indicatori solo approssimativi della ricarica delle falde in quanto la ricarica effettiva dipende dalle precipitazioni efficaci, cioè effettivamente in grado di determinare infiltrazione delle acque nel sottosuolo e quindi influenti sul regime e sull’alimentazione delle falde sotterranee (vedi par. 3.4).

La correlabilità di queste condizioni di causa/effetto è comunque osservabile, soprattutto per gli acquiferi superficiali, come indicato nel grafico seguente, che riporta, a titolo esemplificativo, l’andamento dei livelli registrato tra il gennaio 2003 e il dicembre 2006 nei pozzi di Rescaldina, Varese e Cittiglio confrontato con i dati pluviometrici annuali (2003 – 2006) delle stazioni di Busto Arsizio, Varese e Luino.

Confronto precipitazioni-soggiacenza falda anni 2003 - 2006

4000 -10

Rescaldina - 1 Stazione Busto A.

Velmaio - 1 Stazione Varese

Cittiglio - 1 Stazione Luino

3000 -20

2000 -30 Soggiacenza p.c.) (m da Precipitazioni annualiPrecipitazioni (mm)

1000 -40

0 1267,2 1232,5 1499,4 1005,5 1510,9 631 785 978,7 1137 915,4 1195,8 -50 2003 2004 2005 2006

Figura 5.1

Dal grafico si osserva come dal mese di maggio 2004 il decremento dei livelli di falda è netto e continuo; tale data, infatti, è da considerarsi come inizio del recente periodo critico. Le abbondanti precipitazioni degli anni 2000 e 2002 hanno avuto un ruolo di ricarica della falda limitato nel tempo, in quanto dipendenti da fenomeni alluvionali concentrati. Le scarse precipitazioni del 2003 hanno annullato gli effetti positivi degli anni precedenti e le precipitazioni dell’inverno 2003 – 2004 non hanno sufficientemente compensato il deficit, che viceversa si è ulteriormente enfatizzato negli anni 2005 e 2006.

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5.2 Impatto dei prelievi in atto

La quantificazione dei prelievi nei comuni dell’area di studio è stata effettuata tramite i dati di sollevato pubblico e privato di acque sotterrane e superficiali acquisiti dalla Provincia di Varese – Settore Ecologia ed Energia e rappresentanti la situazione denunciata relativa all’anno 2005. I dati relativi al 2006, forniti principalmente dai gestori degli Acquedotti, risultano parziali e pertanto non sono stati utilizzati nelle elaborazioni.

Alla base di tutte le elaborazioni si è proceduto ad una fase di omogeneizzazione dei dati forniti dalla Provincia di Varese e di verifica delle ubicazioni delle fonti d’acqua.

In All. 5 viene riportata la tabella riassuntiva dei valori di sollevato suddivisi per comune e per fonte di utilizzo (pozzi, sorgenti, derivazioni di acque superficiali) identificata dal codice provinciale (laddove esistente), espresso in metri cubi all’anno ed in litri al secondo (prelievo in continuo nell’arco dell’anno). Il dato puntuale di sollevato annuale è stato riportato in Tav. 5.

5.2.1 Distribuzione del prelievo per settori idrogeologici

Il sollevato complessivo di acque da pozzi, sorgenti e derivazioni superficiali per i comuni esaminati (provvisti di dati di sollevato denunciati) dell’area di studio risulta il seguente:

Fonte di Sollevato Sollevato approvvigionamento mc/anno (2005) l/s Pozzi 134.545.400 4.266,41 Sorgenti 17.600.620 558,11 Derivazioni superficiali 1.984.952.411 62.942,43 Derivazioni superficiali 16.341.673.479 518.191,07 ad uso idroelettrico Totale 18.478.771.910 585.958,01 Tabella. 5.1

Il prelievo ad uso pubblico ripartito tra pozzi sorgenti e derivazioni è così schematizzato:

Fonte di Sollevato Sollevato % rispetto al approvvigionamento mc/anno (2005) l/s sollevato complessivo Pozzi pubblici 97.757.917 3.099,88 72,66 Sorgenti pubbliche 16.004.576 507,50 90,93 Derivazioni pubbliche 928.537 29,44 0,05 Tabella 5.2

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La distribuzione del prelievo, in relazione ai settori idrogeologici individuati (cfr. Tav. 2 per la suddivisione dei settori), è indicata nella seguente tabella:

Settore idrogeologico Fonte di Sollevato Sollevato approvvigionamento mc/anno (2005) l/s Pozzi 17.489.861 554,60 Montano Sorgenti 15.549.759 493,08 Derivazioni superficiali 471.599.619 15.457,21 Derivazioni superficiali ad 316.296.303 9.526,80 uso idroelettrico Pozzi 398.732.678 1.264,37 Pedemontano Sorgenti 2.050.861 65,03 Derivazioni superficiali 42.101.767 1.335,04 Derivazioni superficiali ad 6.510.000 206,43 uso idroelettrico Pozzi 77.182.271 2447,43 Pianura Sorgenti 0 0 Derivazioni superficiali 1.487.110.062 47.155,95 Derivazioni superficiali ad 16.018.867.176 507.954,95 uso idroelettrico Tabella 5.3

Indipendentemente dalla falda captata, In Tav. 5 viene illustrata la distribuzione areale del sollevato medio (l/s per kmq), individuando, tramite diversa colorazione, le seguenti 4 classi di distribuzione:

• valori di sollevato medio < 10 l/s per kmq; • valori di sollevato medio tra 10 e 15 l/s per kmq; • valori di sollevato medio tra 15 e 20 l/s per kmq; • valori di sollevato medio > 20 l/s per kmq.

Le aree prive di colorazione si riferiscono a quei comuni per i quali si dispone parzialmente e/o non si dispone di dati di prelievo denunciati.

L’esame della tavola 5 evidenzia che la maggior parte dei comuni di studio è interessato da un sollevato medio areale basso (<10 l/s per kmq); il valore aumenta in corrispondenza di alcuni comuni ubicati nelle porzioni centrali ed orientali del territorio, andando ad interessare prevalentemente comuni del settore pedemontano e di pianura (ambito centro ed est). La situazione è di seguito sinteticamente indicata:

⇒ valori compresi tra 10 e 15 l/s per kmq nei comuni di Arcisate, Besnate, Bregano, Busto Arsizio, Castiglione Olona, Castronno, Fagnano Olona, Luvinate, Malnate, Origgio, Vedano Olona; ⇒ valori compresi tra 15 e 20 l/s per kmq nei comuni di Barasso, Caronno Pertusella, Cuvio, Olgiate Olona, Saronno e Solbiate Olona; ⇒ valori superiori a 20 l/s per kmq nei comuni di Lozza e Castellanza.

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5.2.2 Distribuzione del prelievo in rapporto alla falda captata

Per i pozzi dell’area di studio dotati di schema tecnico-stratigrafico si è operata una classificazione in base all’acquifero captato, ossia distinguendo i pozzi con tratte fenestrate entro l’acquifero superiore (unità idrogeologiche D, C), i pozzi captanti gli acquiferi profondi (unità idrogeologiche B, A), e i pozzi captanti in miscelazione entrambi le strutture acquifere. Tale classificazione fornisce un’indicazione del rischio in termini di vulnerabilità (indice di rischio).

Al fine di differenziare la provenienza dei prelievi rispetto alla falda captata nei comuni caratterizzati da un prelievo medio areale superiore a 10 l/s per kmq, il sollevato da pozzo è stato ripartito sulla base della percentuale di aliquota proveniente dai diversi acquiferi secondo la tabella seguente

Acquifero Profondità % apporto dalla % apporto dalle massima falda superiore falde profonde (indicativa) Superiore 80-100 100 0 Profondo >100 0 100 Miscelato 70 30 Tab. 5.4

Nel computo si è considerato anche il prelievo dalle sorgenti come apporto complessivo dalla falda superiore.

Comuni Sollevato dalla falda Sollevato dalle falde sollevato totale superiore profonde Arcisate 5030602.0 5030602.0 100% Besnate 2455772.0 311893 2767665.0 89% 11% Bregano 635986 635986.0 100% Busto Arsizio 6031796.4 7459605.6 13491402.0 45% 55% Castiglione Olona 2498931.0 2498931.0 Castiglione Olona 100% Castronno 1266589 1266589.0 Castronno 100% Fagnano Olona 3010314.4 146529.6 3156844.0 95% 5% Luvinate 1393868.0 1393868.0 100% Malnate 2423210.2 498724.8 2921935.0 83% 17% Origgio 1639108.2 887995.8 2527104.0 65% 35% Vedano Olona 1447723.2 883967.8 2331691.0

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62% 38% Barasso 2043949 2043949.0 100% Caronno Pertusella 2790845.0 2212923 5003768.0 56% 44% Cuvio 3023199 3023199.0 100% Olgiate Olona 3412388.2 881921.8 4294310.0 79% 21% Saronno 3697694.8 2626047.2 6323742.0 58% 42% Solbiate Olona 1541754.0 790730 2332484.0 66% 34% Castellanza 2544777.0 3491001 6035778.0 42% 58% Lozza 1130683.0 15267 1145950.0 99% 1%

Tab. 5.5

Complessivamente nei comuni caratterizzati da prelievi in atto medi o elevati circa il 70% delle acque captate provengono dagli acquiferi superficiali, con un incremento di utilizzo delle falde profonde nei settori centro orientali del settore di pianura.

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5.3 Analisi delle cause delle crisi acquedottistiche

Nel complesso la causa strutturale di tale crisi è identificata nel decremento generale delle precipitazioni efficaci e quindi della ricarica della falda, verificatisi negli ultimi anni e riguardante l’intero territorio provinciale (vedi capitolo meteorologia).

A questo periodo generale di siccità che, al momento attuale sembra non mostrare segnali di cessazione o comunque di inversione del trend negativo, va aggiunto un generale incremento della richiesta idrica dovuta ad un cambiamento delle abitudini di vita e ad un aumento della popolazione residente.

Anno Anno Anno Anno Anno Anno Anno Anno Var. Var.% 98 99 00 01 02 03 04 05 98-05 Popolazione totale 813917 816506 821522 823576 827933 833818 842197 848703 +34786 +4,3 Provincia di Varese

Tab. 5.6

Un ulteriore fattore scatenante è il peggioramento della qualità delle acque a seguito di contaminazioni puntuali (per i composti organoalogenati) o diffuse (Nitrati), per aumento delle concentrazioni di parametri tipici di condizioni riducenti in falda (Ferro e Manganese), per variazione dei limiti di concentrazione massima ammissibile nelle acque destinate a consumo umano (Arsenico). Infine la cattiva condizione in cui versano talune infrastrutture di distribuzione e di presa (principalmente caselli di sorgente), determinano valori medi di perdite della risorsa captata pari al 30% con punte in alcuni acquedotti comunali che superano il 50%.

Al fine di analizzare le cause della crisi idrica è stato suddiviso il territorio provinciale in ambiti omogenei dal punto di vista idrogeologico-geografico.

Per il SETTORE MONTANO è stato verificato che le crisi hanno principalmente cause locali e non comprensoriali. Infatti è stata constata una notevole variabilità dei fattori determinanti le situazioni di emergenza ovvero: ÷ caratteristiche idrogeologiche e quindi di disponibilità idrica ÷ conformazione del territorio comunale ÷ vocazione turistica del comune (possibile aumento della popolazione nel periodo estivo) ÷ stato di manutenzione dell’acquedotto comunale (rete e opere di presa).

A questo si aggiunge la mancanza di sistemi di distribuzione delle risorse idriche a scala sovracomunale fanno si che ogni singolo acquedotto comunale in crisi idrica evidenzi dei fattori scatenanti differenti e indipendenti dai sistemi acquedottistici limitrofi.

161

Nel settore montano sono presenti tre tipi di sistemi acquiferi:

1. nelle rocce carbonatiche permeabili per fessurazione e carsismo; 2. nella porzione superiore del complesso roccioso cristallino e nei depositi continentali immediatamente sovrastanti; 3. nei depositi alluvionali di fondovalle.

Le maggiori difficoltà di approvvigionamento idrico sono state osservate in quei comuni che si avvalgono principalmente del secondo tipo di risorse. In questi casi, periodi anche piuttosto limitati di assenza di precipitazioni corrispondono ad una riduzione delle disponibilità idriche sotterranee. L’impossibilità a sfruttare acquiferi impostati su altre idrostrutture che risentano in misura minore del periodo di siccità (acquiferi in rocce carbonatiche o alluvionali) fa sì che questi acquedotti comunali siano soggetti a crisi idriche estive, quando si combinano gli effetti delle minor precipitazioni e dell’incremento della richiesta idrica. Ne sono un esempio significativo i comuni di Cuasso al Monte, Montegrino Valtravaglia, Cadegliano, Tronzano e Gemonio le cui fonti di approvvigionamento principali consistono in sorgenti impostate in acquiferi in roccia; in questi casi la situazione è aggravata da tre ulteriori fattori concomitanti: − notevole sviluppo della rete, dovuta ad una vasta estensione del territorio comunale, con conseguente difficoltà nella manutenzione della stessa e quindi nella riduzione delle perdite che risultano estremamente elevate; − conformazione del territorio caratterizzato da forti dislivelli con conseguente difficoltà nel pompare le risorse prodotte in valle nelle frazioni poste in quota; − aumento della popolazione nel periodo estivo con aumento della richiesta idrica, proprio nel periodo di minor disponibilità.

Una situazione a sé stante è rappresentata dall’area dell’alto luinese; in questo contesto si rilevano situazioni di superamento dei limiti di potabilità per concentrazioni elevate di Arsenico di origine naturale (vedi capitolo caratterizzazione idrochimica della falda). Una deroga temporanea dell’A.S.L. permette l’utilizzo a scopo idropotabile di queste acque nonostante valori di concentrazioni di Arsenico superiori al limite ammissibile Attualmente problemi di disponibilità idrica sono relativi a situazioni locali molto limitate(alcune frazioni montane), ma tale situazione permarrà solo fino a quando rimarrà in vigore la deroga.

Il SETTORE PEDEMONTANO può essere suddiviso in cinque aree che mostrano differenti condizioni relativamente alle problematiche qualitative/quantitative:

− Area occidentale da Laveno a Sesto Calende fra il Lago Maggiore e i Laghi di Monate e Comabbio. Non si evidenziano serie problematiche di carenza idrica ad eccezione del Comune di Brebbia. Le cause di tale crisi locale vanno ricercate nella disponibilità idrica locale relativamente limitata e nel notevole incremento della richiesta in conseguenza di una forte espansione urbanistica.

− Settore circostante il Lago di Varese. E’ una zona priva di idrostrutture di notevole potenziale acquedottistico. A questa carenza di disponibilità idrica è associato un aumento della richiesta causata ad un intenso sviluppo urbanistico e industriale. ASPEM ha cercato di mitigare questo stato di crisi recapitando risorse in questa zona attraverso una serie 162

d’interconnessioni con acquedotti comunali dotati di maggiori disponibilità (principalmente dal Comune di Varese) e con il costante utilizzo dell’acquedotto provinciale. Nel comune di Daverio la situazione è aggravata da una compromissione chimica della falda dovuta a sversamento di idrocarburi da un serbatoio di benzina.

− Area dei dossi morenici di Mornago e Sumirago Anche in quest’area si riscontra una limitata disponibilità delle risorse idriche sotterranee. In particolare i pianalti sono quasi privi di acquiferi sfruttabili per la concomitante presenza di substrato impermeabile (prevalentemente Gonfolite) e di depositi superficiali poco permeabili (depositi glaciali). Le disponibilità idriche sono concentrate nelle piane intramoreniche, dove sono ubicati la maggior parte dei pozzi. La concentrazione delle opere di presa determina condizioni di sovrasfruttamento delle falde, rendendo ulteriormente problematica la realizzazione di nuove opere di presa.

− Settore della valle del Torrente Arno. E’ caratterizzata da un’unica idrostruttura a geometria nastriforme (valliva) sviluppata lungo il Torrente Arno e di modeste dimensioni. Tale idrostruttura risulta essere fortemente sfruttata per soddisfare un bacino di utenze civili e industriali, che comprende anche alcuni comuni delle aree limitrofe sterili dal punto di vista idrogeologico. L’entità dei prelievi è tale da rendere necessaria un’approfondita analisi sul bilancio al fine di evitare condizioni di sovrasfruttamento. Una situazione particolarmente critica si riscontra in comune di Brunello dove alla diminuzione della produttività degli acquiferi si associa una compromissione chimica della falda dovuta ad un inquinamento da solventi di origine industriale.

− Settore della valle dell’Olona e della città di Varese. L’acquifero di maggiore importanza è senz’altro individuabile all’interno dell’idrostruttura valliva dell’Olona. Anche in questo caso, similmente alla situazione dell’Area dell’Arno, si riscontra un generale intenso sfruttamento delle risorse idriche disponibili in conseguenza al regime di magra nonché alla notevole richiesta idrica di tale settore pedemontano intensamente urbanizzato. Nel comune di Malnate alle difficoltà quantitative si associano problemi qualitativi che aggravano la situazione a causa di un aumento delle concentrazioni di Fe e Mn dovuto a condizioni riducenti della falda.

Nel SETTORE DI PIANURA, contraddistinto da una struttura idrogeologica arealmente continua con acquiferi sovrapposti di tipo multistrato, non sono riscontrabili condizioni di particolare emergenza idrica. L’acquifero superiore, di tipo libero e localmente semiconfinato, possiede una produttività elevata ma diffusi problemi qualitativi (inquinamenti da Nitrati, Bromacil e Solventi) che, tuttavia, consentono l’emungimento ad uso industriale. Le falde profonde sono tendenzialmente molto produttive (soprattutto nel saronnese) e possiedono generalmente buone caratteristiche qualitative.

Il forte impatto antropico condiziona la qualità delle risorse idriche, in particolar modo, dell’acquifero superficiale contraddistinto da un grado di vulnerabilità da medio ad elevato e sede di contaminazioni chimiche puntuali e diffuse. E’importante sottolineare che fino al momento attuale nonostante un generale grado di compromissione delle acque della falda superficiale, in particolare nel settore orientale, con l’ausilio di impianti di trattamento e il sempre più frequente utilizzo di risorse provenienti da acquiferi più profondi, non si osservano condizioni particolarmente critiche 163

legate alla qualità delle risorse disponibili da individuare situazioni di emergenza idrica.

L’unico acquedotto del settore di pianura che ha manifestato segnali di emergenza idrica è quello del comune di Cislago; le cause non vanno ricercate in problematiche di tipo qualitative- quantitative piuttosto nella pessima situazione in cui versa la rete di distribuzione con perdite delle risorse captate che raggiungono anche valori del 50%.

Un’ ultima considerazione di carattere generale riguarda il periodo di accadimento delle condizioni di emergenza. In generale, a parte casi specifici, le carenze idriche si sono verificate nei mesi estivi, in corrispondenza di incrementi delle richieste degli utenti; tale fenomeno è causato da attività tipicamente estive quali innaffiamento di prati e orti, riempimento piscine e maggior utilizzo dell’acqua a scopi igenico-sanitari. Inoltre si è constatato che molti sistemi acquedottistici comunali sono dotati di serbatoi di accumulo sottodimensionati rispetto allla richiesta delle utenze nelle ore di punta dei mesi estivi. Queste situazioni si amplificano nei comuni caratterizzati da una vocazione turistica nei quali le utenze raddoppiano nei mesi estivi.

164

5.3.1 Reti acquedottistiche che hanno evidenziato problemi di approvvigionamento

Al fine di comprendere proporzioni e localizzazione delle situazioni di emergenza idrica sul territorio provinciale, vengono di seguito elencati gli acquedotti comunali che sono stati colpiti da difficoltà di approvvigionamento negli ultimi cinque anni. Vengono inoltre preliminarmente individuate le cause principali della carenza idrica in seguito ad una valutazione che tiene conto delle condizioni delle strutture acquifere, del bilancio idrogeologico, e dei fattori antropici (incremento delle utenze, stato delle reti di distribuzione) . E’importante ricordare che questo elenco non comprende i Comuni che, seppur lambiti dalla crisi, non hanno mostrato situazioni di conclamata emergenza.

Acquedotto comunale Problemi quantitativi Problemi qualitativi SETTORE MONTANO Impossibile utilizzare le risorse “storiche” a causa Alto Luinese dell’abbassamento della C.M.A. per l’Arsenico Germignaga Inadeguatezza delle opere di presa Si (Fe , Mn, microbiologia) Gemonio Crisi delle sorgenti Brezzo di Bedero Insabbiamento di un pozzo Cadegliano Viconago Crisi delle sorgenti Crisi delle sorgenti che forniscono acqua Cuveglio alla località Cavona Zone alte della rete di distribuzione per Solo sporadiche ed occasionali Viggiù difficoltà di alimentazione bacino di condizioni di non conformità accumulo microbiologica Prosciugamento progressivo delle Cuasso al Monte sorgenti e difficoltà con i pozzi in valle a servire le frazioni più alte In estate diminuzione delle portate delle Montegrino V. sorgenti e afflusso di turisti creano grossi problemi Afflusso di turisti e pessimo stato della Porto Ceresio rete di distribuzione generano situazioni di emergenza nel periodo estivo Tronzano L.M. Crisi delle sorgenti SETTORE PEDEMONTANO Ambito dei Laghi Maggiore, Monate e Comabbio Legati soprattutto alla ridotta Brebbia disponibilità complessiva in relazione ai fabbisogni della popolazione Evidenziate carenza non gravi nel Taino periodo estivo Ambito del Lago di Varese Bodio Lomnago Mancanza di risorse idriche sotterranee Assenza di punti di presa e difficoltà a Galliate L. ricevere acqua dall’acquedotto provinciale nei mesi estivi.

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Eccessivo sfruttamento delle risorse Daverio Sì (Idrocarburi leggeri), Fe e Mn idriche sotterranee Azzate Scarsa disponibilità di risorse idriche Ambito della Valle dell’Arno Legati soprattutto alla ridotta Carnago disponibilità complessiva in relazione ai fabbisogni della popolazione Legati soprattutto alla ridotta Morazzone disponibilità complessiva in relazione ai fabbisogni della popolazione Brunello Scarsa disponibilità di risorse idriche Si (Solventi) Ambito della Valle Olona Difficoltà a garantire le portate richieste Varese a causa dell’uso irriguo privato Legati soprattutto alla ridotta Malnate disponibilità complessiva in relazione ai Sì (Fe, Mn) fabbisogni della popolazione Legati soprattutto alla ridotta Venegono sup. disponibilità complessiva in relazione ai fabbisogni della popolazione Legati al prelievo prevalente dalla falda Tradate idrica superficiale che versa in regime di magra Legati soprattutto alla ridotta Lozza disponibilità complessiva in relazione ai fabbisogni della popolazione Ambito dei dossi morenici di Mornago e Sumirago Diminuzione della produttività dei Sumirago pozzi SETTORE DI PIANURA Legati alla conformazione della rete acquedottistica e allo stato di Cislago conservazione delle tubazioni, non alla carenza di disponibilità teorica da falda. Carenza idrica dovuta a ridotto numero Castellanza e invecchiamento strutturale dei pozzi esistenti Tabella 5.7

166

6 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERESSE ACQUEDOTTISTICO

6.1 Criteri di individuazione

Nel presente capitolo vengono esaminati i principali elementi riconosciuti quali fattori determinanti nell’individuazione delle aree di principale interesse acquedottistico a supporto delle scelte di pianificazione di interesse sovracomunale.

Tali elementi sono fondamentalmente individuati nelle caratteristiche idrogeologiche, idrochimiche, potenzialità, grado di sfruttamento, potenzialità residua e grado di protezione.

In particolare, per aree di interesse acquedottistico si intendono le aree nelle quali si riscontrano e si sommano i fattori sopra elencati in ambiti particolarmente vocati a:

• reperimento di fonti integrative per aree di crisi non altrimenti approvvigionabili con risorse locali; • soddisfacimento dei nuovi fabbisogni tendenziali conseguenti allo sviluppo urbanistico e demografico di determinate aree della Provincia.

Interventi a carattere locale, legati alla necessità di razionalizzazione o riqualificazione delle fonti locali, dovranno ovviamente essere approfonditi in una successiva fase di studio e potranno concorrere alla riduzione del deficit unitamente agli interventi sovracomunali. La condizione teorica auspicabile della fonte di approvvigionamento ideale è rappresentata dalla concomitanza delle seguenti condizioni:

• risorsa riconducibile a riserve idriche intrinsecamente protette da inquinamenti idroveicolati; • ubicazione in ambito a bilancio positivo o in equilibrio documentato quantitativamente; • presenza di acquiferi con produttività unitarie elevate; • presenza di acquiferi con caratteristiche idrochimiche ottimali o con necessità di potabilizzazione con costi di trattamento contenuti.

Allo stato attuale in Provincia di Varese i punti di prelievo di acque sotterranee, ovvero pozzi e caselli di presa delle sorgenti, sono diffusamente distribuiti sul territorio, tranne rare eccezioni.

La ragione di tale distribuzione dipende in parte da esigenze tecniche, in parte dalla storia che ha avuto in Italia la gestione delle acque potabili. In particolare:

1) l’ampia distribuzione dei punti di presa risponde alla necessità di ridurre i costi per le linee di distribuzione, mantenendo vicini i punti di presa alle utenze. Questa tendenza trova particolare giustificazione nel settore montano del territorio varesino, dove la densità di popolazione è bassa, sono numerosi i centri abitati isolati e di piccole dimensioni ed ampia la distribuzione di sorgenti che possono fornire acqua per caduta. 2) Lo sviluppo acquedottistico è storicamente avvenuto su base comunale in funzione della necessità di pervenire all’autonomia di approvvigionamento realizzando i punti di presa all’interno del proprio territorio.

A tale riguardo, costituiscono parziale eccezione alcuni punti di prelievo concentrati talvolta

167

gestiti da consorzi sovracomunali.

Tra questi si citano ad esempio:

• le sorgenti Nord Campo dei Fiori, che forniscono le proprie acque ad una serie di Acquedotti Comunali mediante un Consorzio, avente sede presso il Municipio di Besozzo; • le sorgenti del Campo dei Fiori (Sorgenti di Luvinate e Fontanone di Barasso) gestite da ASPEM e utilizzate per approvvigionare i comuni della sponda Nord del Lago di Varese; • la sorgente del Selurago, captata e gestita dal Consorzio Viclisa; • il campo pozzi della Bevera, gestito da ASPEM, al servizio dell’Acquedotto di Varese e da questo, per interconnessione, agli acquedotti dell’area collinare a Sud di Varese; • il campo pozzi di Barza, di proprietà provinciale, gestito da Sogeiva, che alimenta, tramite una dorsale N-S, numerosi Acquedotti Comunali dell’area collinare e pedemontana; • il campo pozzi di Lonate Pozzolo, in Località Molinello, alimentante l’acquedotto di Lonate Pozzolo e Ferno; • il campo pozzi Officina Gas, gestito da AMSC di Gallarate, alimentante l’Acquedotto di Gallarate; • il campo pozzi Centenate in Besnate, gestito da AMSC di Gallarate, alimentante l’Acquedotto di Besnate; • campo pozzi in Loc. Montonate a Mornago, alimentante gli Acquedotti di Albizzate, Caronno Varesino, Brunello, Sumirago, Crosio della Valle.

Il principale vantaggio indotto dall’uso di punti di presa concentrati è rappresentato dal minor costo della gestione relativamente a numerose voci: telecontrollo, potabilizzazione, centrali di pompaggio, controlli igienico sanitari, gestione delle Zone di Rispetto.

Un’ulteriore condizione favorevole consiste nella possibilità di posizionare i campi pozzi in aree prive di Centri di Pericolo potenziali ed eventualmente di acquistare, da parte della società di gestione, aree a monte flusso per garantire nel tempo la qualità della risorsa idrica; quest’ultima pratica è stata messa in atto, ad esempio, da ASPEM, che ha acquistato numerosi terreni a monte del campo pozzi della Bevera.

Lo svantaggio principale a carico dell’uso di punti di presa concentrati consiste nella necessità di realizzare dorsali di alimentazione, particolarmente onerose nel settore montano e nelle aree intensamente antropizzate (settore di pianura); a questo si aggiungono i costi di corrente elettrica necessaria per il pompaggio, soprattutto relativamente al settore montano.

Al fine di individuare aree idonee e favorevoli per la realizzazione di nuovi punti di captazione sono state valutate le principali caratteristiche delle idrostrutture presenti sul territorio provinciale con particolare riferimento a:

 CARATTERISTICHE PRIMARIE o Idrogeologiche o Idrochimiche 168

CARATTERISTICHE PRIMARIE CRITICITA' POSITIVITA' caratteristiche caratteristiche grado di problematiche potenzialità grado di VALUTAZIONE Denominazione Idrostruttura idrogeologiche idrochimiche potenzialità sfruttamento idrochimiche residue protezione GLOBALE Settore Montano Veddasca Rete acquifera scadenti bassa elevato As naturale no basso -11 Acquifero poroso Palone monostrato discrete media medio acque aggressive no medio -5 Acquifero poroso locali Fe e Mn in profondità Valcuvia monostrato discrete alta medio si basso 6 Monte Nudo Rete acquifera buone bassa elevato assenti no basso -8

Settetermini Rete acquifera discrete bassa elevato Localmente As naturale modeste basso -4 Localmente Fitofarmaci, Fe, Marchirolo Rete acquifera discrete bassa elevato Mn modeste basso -4

Acquifero poroso Presenza di nitrati, Valceresio multistrato discrete alta elevato fitofarmaci e Solventi modeste medio -1 Monte Orsa Rete acquifera buone bassa elevato assenti modeste basso -3 Acquifero poroso Valganna monostrato buone media elevato assenti modeste basso -1 Monte Martica Rete acquifera buone bassa elevato assenti no basso -8 Campo dei Fiori Rete acquifera buone alta elevato assenti no basso -5 Monte Poncione Rete acquifera buone bassa elevato assenti no basso -8 Settore Pedemontano Lago di Lugano acque superficiali discrete elevata basso assenti si basso 9 Laghi Maggiore acque superficiali discrete elevata basso assenti si basso 9 Lago di Monate acque superficiali discrete bassa basso assenti no basso -5 Lago di Comabbio acque superficiali scadenti bassa basso eutrofismo no basso -7 Lago di Varese acque superficiali scadenti bassa basso eutrofismo no basso -7

Presenza di nitrati, Laghi Maggiore, Monate e Comabbio Acquifero poroso fitofarmaci e localmente (ambito occidentale) monostrato discrete media basso solventi modeste medio 2

Acquifero poroso Ambito del Lago di Varese monostrato discrete bassa elevato locali idrocarburi e solventi no basso -9

Dossi morenici di Mornago e Acquifero poroso Localmente solventi e Sumirago monostrato discrete media medio nitrati no medio -5

Acquifero poroso Presenza di nitrati e Valle Torrente Arno monostrato discrete alta elevato fitofarmaci no basso -6

Acquifero poroso Presenza di nitrati e Valle Fiume Olona monostrato discrete media elevato fitofarmaci no basso -7 Acquifero poroso Città di Varese multistrato discrete media elevato solventi e nitrati no medio -7 Settore di pianura

Acquifero poroso da presenza di nitrati, libero a fitofarmaci e localmente Occidentale acquifero superiore semiconfinato discrete elevata medio solventi si basso 7

Occidentale Acquiferi confinati Acquiferi porosi Tracce di Fe, Mn, profondi confinati profondi buone media basso Ammoniaca e H2S si alto 8 Acquifero poroso da libero a solventi, nitrati e Centrale acquifero superiore semiconfinato scadenti elevata elevato antiparassitari no basso -7 Acquiferi porosi Centrale Acquiferi confinati profondi confinati profondi discrete media medio locali solventi si alto 5 Acquifero poroso da libero a solventi, nitrati e Orientale acquifero superiore semiconfinato scadenti elevata elevato antiparassitari no basso -7

Acquiferi porosi da basso ad Orientale Acquiferi confinati profondi confinati profondi discrete alta medio locali solventi si alto 6

Corrispondenza tra aggettivi utilizzati e caratteristiche specifiche caratteristiche idrochimiche PESO

scadenti qualità delle acque generalmente prossima al limite di potabilità o non idonea se non dopo trattamento al consumo umano a causa di fattori naturali e/o artificiali -3 discrete qualità delle acque generalmente idonea al consumo umano con evidenze di alterazione più o meno signifacativa a causa dell'impatto antropico -1 buone qualità delle acque generalmente idonea al consumo umano prive o con ridotte evidenze di alterazione antropica della 0 potenzialità bassa mediamente inferiore a 5l/s per pozzo -1 media compresa tra 5 e 15l/s per pozzo 1 alta compresa tra 15 e 25l/s per pozzo 2 elevata maggiore di 25l/s per pozzo 3 grado di sfruttamento basso molto inferiore alle condizioni di ricarica naturale della falda 2 medio inferiori o prossime alle condizioni di ricarica della falda 0 elevato superiori alle condizioni di ricarica della falda -2 potenzialità residue si acquifero ulteriormente sfruttabile 5 modeste acquifero ulteriormente sfruttabile solo parzialmente 0 no acquifero non ulteriormente sfruttabile -5 valutazione delle caratteristiche specifiche blu condizioni ottimali verde condizioni buone arancio condizioni di allerta rosso condizioni critiche Tab. 6.1 – Criteri di individuazione delle aree di interesse acquedottistico o Potenzialità  CRITICITA’ o Grado di sfruttamento o Problematiche idrochimiche  POSITIVITA’ o Potenzialità residue o Grado di protezione

Nella tabella della pagina seguente vengono riassunte e valutate le caratteristiche specifiche, criticità e fattori positivi (Tab. 6.1) emerse durante lo sviluppo del presente studio.

L’obiettivo della tabella è quello di sintetizzare in modo schematico il percorso di studio e di valutazione compiuto nel presente studio che ha portato alla scelta delle aree dotate di migliori caratteristiche quantitative e qualitative e quindi di potenziale sviluppo acquedottistico.

Al fine di rendere il più possibile oggettiva la valutazione dei fattori analizzati per l’individuazione delle aree di interesse acquedottistico, ad ogni caratteristica specifica dell’idrostruttura (Caratteristiche idrogeologiche, idrochimiche, potenzialità, grado di sfruttamento e potenzialità residua), è stato associato un valore numerico (peso).

Il peso da assegnare ad ogni categoria e ad ogni aggettivo utilizzato è stato valutato in modo da assegnare una diversa rilevanza a seconda dell’impatto che lo stesso rappresenta nei confronti dello sfruttamento della risorsa idrica.

In particolare, si considera quanto segue:

÷ La potenzialità residua rappresenta l’indice di maggior peso, in quanto ogni altra caratteristica positiva decade alla presenza di una ridotta o nulla potenzialità residua; ÷ La potenzialità dell’acquifero è valutata con valore positivo per portate superiori a 5 l/sec per pozzo, con valori crescenti. Al contrario, una portata inferiore a 5 l/sec per pozzo rappresenta un fattore sfavorevole, anche se di peso relativamente ridotto; ÷ Il grado di sfruttamento è considerato come mediamente influente, soprattutto se interpolato con il giudizio di potenzialità. Un grado di sfruttamento medio risulta ininfluente ai fini della valutazione, in quanto lascia spazio ad ulteriori margini pur non costituendo un elemento particolarmente favorevole; ÷ Le caratteristiche idrochimiche buone costituiscono il requisito minimo per lo sfruttamento della falda a scopo idropotabile, non costituendo in sé un elemento positivo discriminante. Al contrario, la qualità discreta è un elemento sfavorevole, anche se non vincolante, in quanto introduce limitazioni più o meno consistenti e/o un margine di incertezza per l’utilizzo futuro. Una qualità scarsa costituisce un elemento fortemente penalizzante, anche se il peso è inferiore rispetto alla potenzialità residua.

La valutazione globale rappresenta la sommatoria dei valori assegnati a ciascuna categoria di valutazione: il valore finale permette di individuare le seguenti categorie:

 Valutazione <0 – Aree non idonee a nuove opere di prelievo a valenza comprensoriale; non si rilevano potenzialità residue e, ove presenti, sono associate ad elevato sfruttamento o qualità idrochimiche scarse; 169

 Valutazione tra 0 e 5 – Aree con presenza potenzialità residue, che presentano tuttavia limitazioni più o meno significative dovute alla qualità delle acque o allo sfruttamento in atto;  Valutazione >5 – Aree di interesse acquedottistico, in quanto presentano buone potenzialità residue a fronte di un’ottima potenzialità e di uno sfruttamento non ancora intensivo; le caratteristiche idrochimiche sono generalmente buone o discrete;

In relazione a quanto sopra e sulla base delle conoscenze idrogeologiche e gestionali disponibili, sono state individuate n. 6 aree di potenziale sviluppo per la realizzazione di nuovi punti di presa concentrati.

Le aree di sviluppo sono sinteticamente riconducibili a due captazioni da lago e quattro captazioni da pozzi/campi pozzi, e sono di seguito descritte:

1) LAGO MAGGIORE - Presa da lago, ubicata nel Lago Maggiore nel tratto compreso tra Maccagno e Germignaga. L’opportunità di questa tipologia di approvvigionamento dipende dalla scarsità di risorse disponibili nel settore più settentrionale della Provincia, determinata dalle condizioni idrogeologiche (assenza di grandi acquiferi porosi e carbonatici) ed idrochimiche (diffusione di Arsenico di origine naturale delle acque sorgive del Complesso metamorfico). ASPEM ha già realizzato alcuni studi in questo senso, identificando due punti di presa potenziali e procedendo al monitoraggio. Le principali problematiche sono connesse alla progettazione del punto di presa, in quanto i fondali sono diffusamente melmosi;

2) LAGO DI LUGANO - Presa da lago, ubicata nel Lago di Lugano, ad Ovest di Porto Ceresio; allo stato attuale l’opera sembra meno urgente della precedente, ma potrebbe contribuire a aumentare la disponibilità idrica degli acquedotti Comunali della Valmarchirolo e della Valceresio;

3) IDROSTRUTTURA DELLA VALCUVIA - Campo pozzi nella Valle del Boesio tra Gemonio e Laveno. In questo settore è presente una struttura idrogeologica molto produttiva (paleoalveo del T.Boesio), alimentata anche dalle perdite in subalveo dei corsi d’acqua superficiali. I pozzi presenti in questa struttura sono caratterizzati da elevata produttività: portate disponibili superiori a 30 l/s, portata specifica nell’ordine di grandezza di 10-1-10-2 m2/s. L’area è discretamente urbanizzata, ma sono ancora presenti porzioni di territorio relativamente naturali;

4) SETTORE DI PIANURA – AMBITO ORIENTALE - Campo pozzi nell’area del Saronnese (ambito est) in una vasta area idrogeologicamente compresa fra Caronno Pertusella, Origgio, Gerenzano, Uboldo e Saronno. I dati attualmente disponibili indicano la presenza di un acquifero protetto, produttivo con portate comprese tra i 15 e 25 l/s, caratterizzato da ottima qualità di base e privo di evidenze di contaminazione;

5) SETTORE DI PIANURA – AMBITO OCCIDENTALE - Campo acquifero nel settore occidentale e sudoccidentale della provincia (tra Sesto Calende e Lonate Pozzolo, in vicinanza di Malpensa). Questa area, indicata come area di riserva dal PTUA, è relativamente poco conosciuto e certamente poco sfruttato dal punto di vista acquedottistico. Il territorio è poco urbanizzato; nel settore meridionale si segnalano localmente valori di concentrazioni dei Nitrati prossimi al limite di potabilità. Nel settore OVEST si individuano 170

potenzialità / qualità interessanti nella porzione della Valle Ticino in Lonate Pozzolo N (loc. Molinelli e zone limitrofe); le zone più ad E (Somma Lombardo) e N (Golasecca) potrebbero essere meritevoli di interventi esplorativi profondi per la caratterizzazione quali- quantitativa di strutture ad oggi non note. Acquiferi superiori e intermedi di interesse in quanto soggette ad impatto antropico contenuto sono individuabili anche in Cardano al Campo W.

6) SETTORE DI PIANURA - La restante porzione del settore di pianura, con particolare riferimento agli sbocchi verso valle del F. Olona e del T. Arno, costituisce un’ulteriore area di interesse acquedottistico, nell’ambito della quale dovranno essere verificate le condizioni locali a carattere idrochimico unitamente alle potenzialità. In tale area sono in genere presenti acquiferi multistrato, spesso discretamente produttivi. L’utilizzo delle falde è tuttavia già intenso e nelle aree più urbanizzate (Busto Arsizio) il bilancio tra apporti e prelievi è approssimativamente all’equilibrio.

6.2 Ulteriori Criteri di sviluppo acquedottistico

Un incremento delle disponibilità idriche ad uso potabile potrebbe dipendere dalla razionalizzazione dei punti di presa e della gestione delle acque derivate soprattutto a scopo industriale, nonché dalla progressiva eliminazione delle fonti di contaminazione e delle vie di trasferimento degli inquinanti agli acquiferi protetti.

Per quest’ultimo fine si rende necessario riorganizzare i prelievi industriali, attualmente attuati anche tramite pozzi multifalda, che mettono in comunicazione l’acquifero superficiale, più contaminato, con quelli inferiori, più protetti.

Tale proposta di riorganizzazione è anche in relazione alla generale diminuzione dei fabbisogni idrici dei moderni impianti produttivi rispetto alle condizioni che hanno reso necessario in passato il ricorso a prelievi idrici autonomi da parte dei singoli insediamenti produttivi.

Non a caso si è assistito negli ultimi anni all’abbandono e alla chiusura definitiva di un certo numero di tali opere, a favore di installazione di opere di ricircolo delle acque o, come nel caso di Busto Arsizio (AGESP), all’allacciamento ad apposite linee di acquedotto industriale con gestione esterna.

Un ulteriore limite alla realizzazione di nuovi punti di presa è rappresentato dalla diffusa presenza di centri di pericolo e di attività vietate o regolamentate all’interno delle Zone di Rispetto.

Per la realizzazione di nuovi pozzi ad uso idropotabile è infatti necessario che, in un intorno significativo dell’opera di presa in progetto, tali centri di pericolo(ed in particolare le reti fognarie) siano assenti o messe in sicurezza.

Nel caso specifico delle reti fognarie urbane, si rende necessaria la realizzazione di sistemi a tenuta stagna delle tubazioni, con conseguenti maggiori costi realizzativi rispetto ai sistemi costruttivi convenzionali.

171

6.3 Localizzazione delle principali dorsali acquedottistiche

In un contesto in cui si individuano aree ad interesse acquedottistico e aree di crisi non approvigionabili con risorse in loco, assume notevole importanza, per la distribuzione delle acque di nuovo reperimento, la conoscenza dell’ubicazione e delle caratteristiche tecniche della rete di distribuzione sovracomunale.

In questa fase dello studio sono state individuate sul territorio provinciale le dorsali principali, le interconnessioni fra acquedotti comunali, in essere e in progetto, e i rispettivi diametri (con conseguente possibilità di stima dei volumi d’acqua trasferibili) e direzionalità di flusso, ove possibile.

Un ruolo d’importanza strategica per la distribuzione delle acque è occupato dall’Acquedotto provinciale che si sviluppa, come unica struttura a livello provinciale d’interesse sovracomunale, nel settore pedemontano attraverso due sistemi di distribuzione distinti: la dorsale di Barza e quella dell’Arnona.

Il primo, che utilizza come punti d’approvvigionamento il campo pozzi di Barza in comune di Ispra e in minore misura il pozzo Vinago in comune di Mornago, si estende nella porzione orientale del territorio con sviluppo principale Ovest-Est.

Il secondo, il cui punto di presa consiste nel campo pozzi Fontanelle in comune di Vedano Olona, si sviluppa nel settore orientale con direzione Nord-Sud lungo la valle dell’Olona. Entrambi i sistemi sono caratterizzati da una dorsale principale costituita da tubazioni in acciaio di diametro minimo di 200mm da cui dipartono gli allacciamenti alle varie rete comunali.

Un sistema di collegamento fra le due dorsali è attualmente in fase di progetto, permettendo quindi di fatto la distribuzione delle risorse idriche attraverso un’ unica rete principale che si sviluppa con andamento EST-OVEST attraverso il settore pedemontana dal limite occidentale rappresentato dal Lago Maggiore a quello orientale costituito dal confine provinciale.

Un’ulteriore dorsale, seppur di minor importanza, è la rete di distribuzione del Consorzio Nord Campo dei Fiori; essa è caratterizzata da una minor disponibilità idrica (sorgenti Nord Campo dei Fiori in territorio di Orino), e da un ridotto bacino di utenze e da una gestione poco accurata.

Tre distinti rami di tubazioni si sviluppano poco a valle dei punti presa e distribuiscono le risorse idriche per caduta secondo lo schema della pagina seguente (Fig. 6.1).

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Sorgenti Nord Campo dei Fiori

Caravate Besozzo Gavirate

Sangiano Brebbia Bardello

Malgesso

Bregano

Biandronno

Figura 6.1 – Schema di distribuzione della rete del Consorzio Nord Campo dei Fiori

Le dorsali di questa rete sono contraddistinte da tubazioni aventi un diametro di 100 mm, ad esclusione del tratto compreso fra le sorgenti e Besozzo, in cui il diametro è di 200 mm.

ASPEM, AMSC, AGESP, SAP, VICLISA e Saronno Servizi gestiscono reti contraddistinte da un’elevata distribuzione areale ed assenza di dorsali principali di estensione a livello provinciale.

La distribuzione delle risorse idriche in questo caso avviene tramite tubazioni d’interconnessione, di diametri più o meno limitati (min 80 mm- max 200 mm), che permettono “scambi” fra i vari acquedotti comunali gestiti appunto dai suddetti soggetti.

Mentre nella rete ASPEM le interconnessioni sono diffuse, nei settori gestiti da AMSC, AGESP, SAP, VICLISA e Saronno Servizi i collegamenti intercomunali risultano essere limitati e riepilogabili attraverso la tabella 2.1 della pagina seguente.

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Numero di Diametro riferimento Comuni interconnessi Direzionalità/Note tubazioni sulla carta Gallarate-Cardano al C.-via Cappuccini 1 80 mm Bidirezionale (AMSC) Gallarate-Cardano al C.-via 2 100 mm Bidirezionale Eupilio(AMSC) 3 Gallarate-Cavaria (AMSC) 100 mm Bidirezionale 4 Gallarate-Cassano M. (AMSC) 200 mm Bidirezionale 5 Cassano-Cairate(AMSC) 100 mm Da Cassano a Cairate

Collegamento fra i pozzi 6 Besnate-Gallarate(AMSC) di Besnate (Centenate) e l’acquedotto di Gallarate

Predisposizione che entra DN 180 in in un 125 via Mascagni 7 Cislago-Mozzate (Saronno Servizi) PE angolo via del Popolo attualmente non attiva Interconnessione con 8 Ferno-Lonate Pozzolo (SAP) Pozzi Molinelli di Lonate Pozzolo Esiste Olgiate Olona – Busto Arsizio 9 un’interconnessione, ma (AGESP) non è utilizzata Interconnessione esistente prima dell’approfondimento dei 10 Uboldo –Saronno (Saronno Servizi) DN 80mm pozzi. Saronno forniva acqua al comune di Uboldo. Attualmente non più attiva 11 Saltrio-Viggiù-Clivio

Tabella 6.2

Per ASPEM l’elevato numero d’interconnessioni determina una situazione abbastanza complessa che può essere riassunta attraverso il seguente lo schema della pagina seguente (Fig. 6.2).

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Fig.6.2

L’analisi dello stato di fatto delle reti ha inoltre evidenziato la presenza di numerose interconnessioni tra acquedotti comunali gestiti in economia soprattutto nell’ambito delle comunità montane.

Tali interconnessioni sono state realizzate come risorsa alternativa ai punti di captazione esistenti per far fronte ad eventuali periodi di emergenza idrica comunale.

Negli ultimi anni, col susseguirsi di periodi di siccità e quindi d’emergenza, si è privilegiata la politica di ricerca e messa in opera di nuovi punti di captazione a scapito dell’utilizzo delle risorse dei comuni limitrofi. Ne è conseguito un generale abbandono delle interconnessioni delle risorse idriche che, in caso di necessità, possono comunque essere riattivate con uno sforzo economico e temporale inferiore rispetto ad una costruzione ex-novo.

Nella seguente tabella sono riassunte le interconnessioni fra acquedotti gestiti in economia e le rispettive caratteristiche tecniche:

Numero di riferimento Comuni interconnessi Caratteristiche note sulla carta Interconnessione fornita solo 36 Biandronno – Brebbia saltuariamente Interconnessione fornita solo 37 Biandronno – Gavirate saltuariamente Venegono Inf. approvvigiona 38 Venegono Inferiore – Tradate Tradate Venegono Inf. approvvigiona Lonate 39 Venegono Inferiore – Lonate Ceppino Ceppino 40 Brunello – Sumirago I pozzi pubblici di Brunello sono 41 Brunello – Mornago ubicati nei comuni limitrofi Interconnessione presente, ma non 42 Brunello – Crosio Dalla Valle attiva Interconnessione con i Pozzi di Sesto 44 Mercallo – Sesto Calende Calende (N. 11/1 – N.11/2) Interconnessione con i pozzi di 45 Mercallo – Golasecca Golasecca (N. 12) Interconnessione con i Pozzi di 46 Oggiona S. Stefano – Cassano Magnago Cassano M. (N. 11/3 – N.11/4) Interconnessione con i Pozzi di 47 Solbiate Arno – CaronnoVaresino Caronno Varesino (N. 1 – N.3) Troppo pieno del bacino comunale 48 Agra-Dumenza serve la frazione Due Cossani di Dumenza (diametro 100 mm). Esiste un’interconnessione, ma 49 Azzio – Orino attualmente non è attiva

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Barasso fornisce acqua al comune di 50 Barasso – Comerio Comerio Interconnessione con Porto Ceresio (diametro 80mm). Attualmente non 51 Besano – Porto Ceresio utilizzata, da usare solo in caso d'emergenza 52 Bisuschio – Cuasso al Monte Interconnessione non più attiva Interconnessione con il comune di 53 Bodio Lomnago – Daverio Daverio 54 Brinzio – Varese Interconnessione bidirezionale Il troppo pieno di fr.Avigno(Cadegliano) serve 55 Cadegliano V. – Cremenaga Cremenaga ma al momento l'acqua non è utilizzata da Cremenaga in quanto non hanno problemi Interconnessione presente, ma non 56 Castelseprio – Carnago attiva (diametro 200) 57 Cugliate F. – Marchirolo Dumenza fornisce acqua a Luino per 58 Dumenza – Luino caduta attraverso alcuni bacini 2/3 dell'acqua proveniente dal bacino della sorgente Turegiun 59 Duno – Cuveglio (Duno)vengono forniti al comune di Cuveglio per caduta Interconnessione con Cadegliano V. 60 Lavena !Ponte Tresa – Cadegliano V. attualmente non attiva (diametro 100 mm) Interconnessione col comune di 61 Leggiuno – Sangiano Sangiano, attualmente non attiva Interconnessione con Germignaga 62 Luino – Germignaga (diametro 200mm) Interconnessione con campo pozzi 63 Angera-Taino Zinesco di Taino Troppo pieni del comune di 64 Veddasca-Maccagno Veddasca forniscono acqua al comune di Maccagno Interconnessione con campo pozzi 65 Dumenza-Luino Palone in comune di Dumenza

Tabella 6.3

176

Al momento attuale sono inoltre in fase di studio/progetto le seguenti interconnessioni:

Numero di riferimento Comuni interconnessi Caratteristiche note sulla carta 66 Brenta – Gemonio Tronzano riceverà acqua dalla rete di 67 Veddasca-Tronzano Veddasca Monvalle riceverà acqua dalla rete di 68 Monvalle-Leggiuno Leggiuno Brebbia riceverà acqua dalla rete di 69 Malgesso-Brebbia Malgesso Collegamento al centro ricerche 70 Brebbia-Ispra Euratom per ricevere acqua da lago ad uso non idropotabile Galliate L-Bodio L. 71 diametro 125 mm

Daverio-Galliate 72 diametro 150 mm

73 Azzate-Castronno diametro 200 mm

74 Caronno V.-Castronno diametro 150 mm

75 Caronno V – Carnago diametro 150 mm

Tabella 6.4

Dall’analisi delle infrastrutture idrauliche atte alla distribuzione a scala sovracomunale delle risorse idriche si osserva che, nel complesso, alla luce dello stato attuale e dei prossimi progetti, la rete non è caratterizzata dalla presenza di dorsali principali, se si eccettua quella dell’acquedotto provinciale gestito da Sogeiva.

In conclusione nella gran parte del territorio provinciale le interconnessioni fra gli acquedotti comunali sono costituite da tubazioni di diametro generalmente inferiore ai 150mm quindi inadeguateper il trasferimento di quantitativ significativi di acqua.

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Di seguito vengono elencati i comuni che, disponendo di risorse idriche superiori alla richiesta delle utenze, sono in grado fornire aiuti agli acquedotti comunali limitrofi caratterizzati da una situazione di deficit idrico, tramite infrastrutture d’interconnessione già esistenti.

Acquedotto con surplus di risorse idriche Acquedotti approvvigionati

Albizzate Jerago con Orago Barasso Comerio Besano Porto Ceresio Besnate Jerago con Orago, Gallarate Biandronno Gavirate, Brebbia Caravate Sangiano Caronno Varesino Morazzone, Solbiate Arno Crosio della Valle Daverio, Brunello Dumenza Luino Gazzada Lozza, Morazzone Golasecca Mercallo Leggiuno Sangiano Mornago Brunello Saronno Uboldo Sesto Calende Mercallo Varese Arcisate, Buguggiate, Azzate, Lozza, Daverio Vedano Olona Malnate Venegono Inferiore Lonate Ceppino, Tradate

Tabella 6.5

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6.4 Progetti di valenza comprensoriale

Sulla base delle conoscenze idrogeologiche e stimati i fabbisogni idrici integrativi alla punta che potrebbero contribuire a risolvere le situazioni di crisi palesatisi negli anni recenti, si sono individuate nel concreto sei aree di interesse prioritarie per lo sviluppo di captazioni di interesse provinciale:

Settore Sud Est – Saronnese Settore Ovest – Ticino-Malpensa Settore centro occidentale – Sbocco Valcuvia Settore settentrionale – Presa da lago tra Luino e Germignaga Settore occidentale – Presa da lago nei pressi di Barza (Ispra) Settore nordorientale – Presa da lago nei pressi di Ponte Tresa (Lago di Lugano)

6.4.1 Acquedotto provinciale di emergenza – Settore Sud-Est – Saronnese

La prima area si colloca nei COMUNI DI SARONNO NORD - UBOLDO NORD - GERENZANO SUD - CARONNO P.SUD -ORIGGIO W, ove il sistema insediativo consenta in prima approssimazione l’assenza di elementi importanti di incompatibilità (centri di pericolo e vincoli indotti sulle attività in essere derivanti dalla presenza di nuove captazioni).

La qualità delle acque oggetto di captazione e’ testimoniata dalla sostanziale stabilità dei parametri chimici caratteristici della qualità di base e degli indicatori di inquinamento. Alcuni dei pozzi di riferimento progettuale sono riportati nella tabella che segue, che evidenziano la rispondenza delle aree e degli acquiferi ai criteri localizzativi sopra enunciati.

Cromo Solventi cond. durezza nitrati bromacil pozzo totale clorurati As (μg/l) (μS/cm) (°F) (mg/l) (μg/l) (μg/l) tot. (μg/l) UBOLDO 2ap Via Mazzini 221 12 7.8 <5 <1 <0.01 - approf. Gerenzano 5 210 6.6 5.8 < 1 0.5 < 0.02 - Isonzo Gerenzano 3ap 188 6.6 4.9 < 1 0.3 < 0.02 - Manzoni Saronno 14 Donati 211 10 7.1 < 5 1 < 0.01 - Saronno 4/2 226 13 17.1 < 5 5 < 0.01 - Novara Caronno Pertusella 229 12.6 16.1 < 10 2 < 0.02 - – Bergamo 5 ap Rovello Porro - 173 7.9 < 11 < 10 < 1 < 0.02 Carcano Rovello Porro – G. 159 7.2 < 11 < 10 < 1 < 0.02 Porro

Tab. 6.6 – Caratteri idrochimici degli acquiferi di interesse provinciale Settore SE

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Sotto il profilo della produttività unitaria, i pozzi della nuova centrale potranno essere progettati per una portata media di 20-25 l/s, in funzione del settore specifico in seno all’area “Saronnese”.

Parimenti alla qualità, i dati di riferimento progettuale sono relativi ai pozzi che seguono:

liv. liv.statico portata data pozzo dinamico (m) (l/s) (m) UBOLDO 2ap 29.8 42.85 35.71 2002 Via Mazzini approf. Gerenzano 5 38.09 48.43 36.36 2004 Isonzo Gerenzano 3ap Manzoni 35.9 43.8 40 2005 Saronno 14 Donati 44.22 54.86 31.25 2002 Saronno 4/2 Novara 29.7 34.6 37 2003 Caronno Pertusella – Bergamo 5 ap 22.11 31.55 55.55 2002 Rovello Porro 2ap Carcano 56.41 69.13 30.33 1994 Rovello Porro 2ap Carcano 56.65 76.48 21.2 2007 Rovello Porro 3 Gen. Porro 57.95 75.92 29.4 1999 Rovello Porro 3 Gen. Porro 58.89 65.05 11.8 2007

Tab. 6.7 – Produttivita’ caratteristiche

La sostenibilità del nuovo prelievo in futuro costituisce ulteriore e determinante elemento per la fattibilità e corretta gestione della nuova opera. I dati piezometrici in condizioni statiche e dinamiche nel tempo risultano ad oggi quanto mai frammentari e mal distribuiti sul territorio. A tal proposito sarà indispensabile sistematizzare i dati gestionali dei pozzi profondi con la collaborazione dei Gestori in modo da creare uno “storico” indispensabile per la successiva pianificazione della risorsa.

Ad oggi, a supporto della scelta, stanno alcuni dati gestionali relativi ai pozzi sopra riportati ed altri al confine E in Provincia di Como, in esercizio da un decennio ed oltre.

Sono stati appunto inseriti nei riferimenti 2 pozzi della vicina Provincia di COMO, captanti acquiferi analoghi (in zone a produttività lievemente minore e che quindi rappresentano dati prudenziali) in quanto dispongono di significativi dati che confrontano la situazione al collaudo con quella attuale.

Operate le doverose premesse, la portata complessiva reperibile nell’area in oggetto, può arrivare a 200 l/s tramite la costruzione di pozzi profondi e captanti esclusivamente acquiferi protetti e di buona qualità senza trattamento.

L’interconnessione dei nuovi pozzi, come detto da verificare sulle base di diverse ipotesi di tracciato e di efficacia idraulica al punto di consegna, e’ individuabile in Località CAIRATE F. OLONA ove si rende disponibile una condotta di 200 mm in acciaio, per stimati 15 Km di rete.

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6.4.2 Acquedotto provinciale di emergenza – Settore Ovest – Ticino - Malpensa

La seconda area si colloca nei COMUNI DI LONATE POZZOLO W- FERNO W - SOMMA LOMBARDO SW - CARDANO AL CAMPO W, anche in questo caso ove il sistema insediativo consenta in prima approssimazione l’assenza di elementi importanti di incompatibilità (centri di pericolo e vincoli indotti sulle attività in essere derivanti dalla presenza di nuove captazioni).

La qualità delle acque oggetto di captazione e’ testimoniata dalla sostanziale stabilità dei parametri chimici caratteristici della qualità di base e degli indicatori di inquinamento.

Alcuni dei pozzi di riferimento progettuale sono riportati nella tabella che segue, che evidenziano la rispondenza delle aree e degli acquiferi ai criteri localizzativi sopra enunciati.

Cromo Solventi cond. durezza nitrati totale clorurati bromacil As pozzo (mS/cm) (°F) (mg/l) (mg/l) tot. (mg/l) (mg/l) (mg/l) Cardano al Campo 5/2 Brughiera prof. 147 8 1 < 5 < 1 0. 5 Cardano al Campo 6/1 Verona sup. 320 16.09 11.03 < 1 < 1 4. 6 Cardano al Campo 6/2 Verona prof. 229 12 4 < 5 < 1 0. 2 Lonate Pozzolo 11/1 85 mg/l Molinelli prof 250 CaCO3 16.01 < 5 1.03 < 0.02 2. 1 Lonate Pozzolo 11/2 197 mg/l Molinelli sup. 340 CaCO3 20.09 < 1 2 < 0.02 2 Lonate Pozzolo 11/4 Molinelli sup. 2 Lonate Pozzolo 11/5 Molinelli prof. 1.6

Tab. 6.8 - Caratteri idrochimici degli acquiferi di interesse provinciale Settore W

Sotto il profilo della produttività unitaria, i pozzi della nuova centrale potranno essere progettati per una portata media di 20l/s, in funzione del settore specifico in seno all’area “Ticino”.

181

Parimenti alla qualità, i dati di riferimento progettuale sono relativi ai pozzi che seguono:

liv. liv.statico portata data pozzo dinamico (m) (l/s) (m) Cardano al Campo 5/2 46.41 65.0 38 2001 Brughiera prof. Cardano al Campo 6/1 53.48 64.98 16 2002 Verona sup. Cardano al Campo 6/2 52.21 65.71 40 2002 Verona prof. Lonate Pozzolo 11/1 47.54 57.85 28.6 1988 Molinelli prof Lonate Pozzolo 11/1 53.10 57.84 21.5 2006 Molinelli prof Lonate Pozzolo 11/2 49.23 51.6 21.6 1989 Molinelli sup. Lonate Pozzolo 11/3 49.60 1989 Molinelli prof. 2003 Lonate Pozzolo 11/3 53.00 78.04 5,49 (schiacciato e Molinelli prof. ritubato) Lonate Pozzolo 11/3 54.71 59.65(?) 5 2006 Molinelli prof. Lonate Pozzolo 11/4 50.12 1989 Molinelli sup. Lonate Pozzolo 11/5 47.20 1989 Molinelli prof. Lonate Pozzolo 11/5 2003 dopo 53.48 60.22 26.32 Molinelli prof. ritubaggio Lonate Pozzolo 11/5 55.81 68.47 21.5 2006 Molinelli prof. Lonate Pozzolo 11/7 50.10 1989 Molinelli prof. Lonate Pozzolo 11/7 55.74 61.40 21.5 2006 Molinelli prof.

Tab. 6.9 – Produttività caratteristiche

Restando ferme le esigenze di approfondimento progettuale e sperimentali, ancor più importanti data la carenza di dati gestionali ben distribuiti sull’area, elemento distintivo e’ qui la minore pressione antropica sull’acquifero superiore che in alcuni settori, quelli più prossimi alla Valle del Ticino, può essere oggetto di captazione selettiva (eventuali pozzi a due colonne).

Anche in questo caso, mancando la sistematicità e storicità dei dati gestionali di riferimento, per la sostenibilità del prelievo a lungo termine e’ possibile riferirsi al funzionamento della Centrale Molinelli che, dal 1989, garantisce pressoché integralmente i fabbisogni idrici di Lonate Pozzolo e Ferno per un totale di oltre 16.000 abitanti residenti cui si aggiungono la popolazione non residente, fluttuante e l’uso produttivo soddisfatto da acquedotto, per un totale alla punta di oltre 120 l/s.

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Secondo la distribuzione delle nuove captazioni preliminarmente indicata in Tav. 6, ovviamente precedute dalle indispensabili sperimentazioni, la portata complessiva reperibile nell’area in oggetto, può arrivare quindi a 150 l/s tramite la costruzione di pozzi profondi e captanti selettivamente acquiferi superiori e protetti, tutti di buona qualità senza trattamento.

L’interconnessione dei nuovi pozzi, come detto da verificare sulle base di diverse ipotesi di tracciato e di efficacia al punto di consegna, e’ individuabile in LOC. VINAGO ove disponibile una condotta di 200 mm in acciaio, per stimati 18 Km di rete.

6.4.3 Acquedotto provinciale – Settore centro-occidentale – sbocco Valcuvia

L’area di interesse si colloca lungo la valle del Torrente Boesio, nei comuni di Gemonio, Caravate e Cittiglio Lungo il T. Boesio, a valle del M.Scirlago, è presente una serie di pozzi caratterizzati da elevata produttività: portate comprese tra 20 e 50 l/s, portate specifiche dell’ordine di grandezza di 10-1 - 10- 2 m2/s. Le stratigrafie dei pozzi e dei sondaggi eseguiti nell’area evidenziano la presenza di una paleovalle, profonda 50-100 dal p.c., riempita prevalentemente da ghiaie e sabbie localmente molto cementate; in un caso (pozzo Caravate 6) i conglomerati compartimentano in senso orizzontale il sistema acquifero. La paleovalle è scavata direttamente nel substrato, rappresentato dalla serie carbonatica giurassico – cretacica. In alcuni casi, grazie ad una rete di sondaggi, il limite della paleovalle è ben individuabile: si osserva infatti una rapida risalita del substrato roccioso, che si attesta a 10-20 m dal p.c. Non sono invece noti con precisioni i limiti dell’idrostruttura verso monte flusso e verso valle flusso.

• Verso monte l’idrostruttura produttiva sembra terminare in corrispondenza del campo pozzi di Caravate (ex-centro di compostaggio di Gemonio), ovvero in corrispondenza della stretta del M.Scirlago: a monte di tale struttura i pozzi realizzati lungo il T.Boesio raggiungono il substrato a 10-40 m dal p.c. e la produttività diminuisce a 5-10 l/s per ciascun pozzo. • A valle, verso Laveno, le informazioni sono lacunose: l’ultimo pozzo produttivo e’ il n.3 della Provincia di Varese, realizzato nel 1981 ma mai messo in rete, che al collaudo forniva una portata di 100 l/s con un abbassamento del livello di 1.4 m (dati forniti dall’impresa di perforazione F.lli Costa, mai verificati in seguito). A valle di questo pozzo aumentano in superficie i depositi a componente fine prevalente, ma mancano dati significativi di sottosuolo fino all’abitato di Laveno.

Il sistema acquifero è alimentato dalle precipitazioni e dalle perdite in subalveo dei corsi d’acqua superficiali, rappresentati principalmente dal T.Boesio e dai suoi affluenti di destra; essi scorrono in alvei in genere sospesi rispetto alla superficie piezometrica e costituiti da deposti grossolani. In un caso (T.Boesio verso campo pozzi dell’Acquedotto Comunale di Caravate) l’alimentazione dell’acquifero da parte del corso d’acqua superficiale è stato accertato mediante test con traccianti artificiali. Sono inoltre probabili, anche se non accertati, travasi dalle idrostrutture carbonatiche che delimitano l’acquifero poroso, in particolare dal M.Nudo e dal Sasso del Ferro: i bilanci 183

idrogeologici di tali idrostrutture sono infatti negativi e la disposizione geometrica delle unità idrogeologiche indica un probabile travaso verso l’acquifero poroso.

Allo stato attuale questa risorsa viene sfruttata dai pozzi dell’A.C. di Caravate e dell’A.C. di Cittiglio, entrambi gesti da ASPEM. In particolare nell’area di Gemonio, sono presenti 4 pozzi, di cui due attivi (A.C. di Caravate) e due dismessi nell’ambito delle operazioni necessarie per attivare il Centro di compostaggio di Gemonio. La potenzialità di questo campo pozzi, se riattivato, è nell’ordine dei 100 l/s.

liv. liv.statico portata data pozzo dinamico (m) (l/s) (m) Cittiglio 1 21.9 21.9 19 2001 Municipio Cittiglio 2 21.5 21.7 20 2006 Via Roma Caravate 2 11.6 28.8 23 2006 Caravate 4 7.3 7.7 28.6 2001 Caravate 5 7.1 45 2001 Caravate 6 8.4 10.0 2006

Tab. 6.10 – Produttività caratteristiche

I dati idrochimici disponibili indicano buona qualità delle acque sotterranee relativamente ai parametri di base (in particolare, si segnalano bassi tenori di Nitrati) ed agli inquinanti specifici ricercati nelle analisi di routine (principalmente metalli). Di seguito vengono mostrati i valori più significativi misurati nel luglio 2006 da ASPEM.

cond. durezza Cloruri. Solfati nitrati Pb Cromo VI pozzo (mS/cm) (°F) (mg/l) (mg/l) (mg/l) (mg/l) (mg/l)

Cittiglio serbatoio di raccolta 523 28.7 22.9 22.6 16.8 <1 < 1 Caravate serbatoio di raccolta 417 23.5 8.8 13.7 11.8 < 1 < 1

Tab. 6.11 - Caratteri idrochimici

In base ai dati disponibili si delineano le seguenti possibilità di sviluppo:

1) Riattivazione del campo pozzi dell’A.C di Caravate mediante il ripristino o la riperforazione dei pozzi 4 e 5 di Caravate. La portata estratta, sommata a quella dei pozzi 2 e 6 di Caravate, potrebbe superare di 70 l/s le esigenze idriche dell’A.C. di Caravate, peraltro interconnesso ed alimentante quello di Sangiano. Per effettuare questa operazione è indispensabile una variazione della destinazione d’uso dell’area dell’ex-compostaggio che, previa, acquisizione, potrebbe essere destinata a centrale idrica per lo sviluppo 184

acquedottistico dell’area. Sono quindi indispensabili le seguenti azioni: • Acquisizione dell’area dell’ex compostaggio • Effettuazione di studi per la verifica della effettiva disponibilità idrica, delle caratteristiche idrochimiche e della vulnerabilità della risorsa • Riattivazione dei pozzi • Realizzazione della centrale

2) Effettuazione di indagini idrogeologiche alle estremità dell’idrostruttura, ovvero a N del Monte Scirlago (Comune di Cittiglio). Tali indagini hanno la funzione di definire i limiti dell’idrostruttura e di verificare la possibilità di individuare nuove aree di sviluppo delle opere di presa, che potrebbero aumentare la potenzialità della centrale di cui al punto precedente. Si ritengono necessarie le seguenti azioni: • effettuazione di campagne geofisiche per la ricostruzione delle geometrie dell’acquifero; • sviluppo di studi per la mappatura della vulnerabilità intrinseca e dei centri di pericolo con produzione di carta della vulnerabilità integrata; • esecuzione di indagini geognostiche (perforazione di piezometri esplorativi) • eventuale perforazione di nuovi pozzi

L’eventuale realizzazione delle opere sopra descritte avrebbe in prima analisi la funzione di integrare le disponibilità degli acquedotti dei seguenti comuni dell’area:

• Caravate, proprietario dei pozzi • Cittiglio, con pozzi in grado di soddisfare le richieste delle utenze ma con problematicità relative alle Z.R. • Gemonio • Sangiano • Brenta

Nel caso di accertata disponibilità potranno essere valutate tre ipotesi di sviluppo acquedottistico:

• realizzazione di una dorsale di raccordo con quella dell’Acquedotto di Barza (distante circa 12 km in linea d’aria) • raccordo con la dorsale dell’acquedotto Nord campo dei Fiori (previa verifica delle sue caratteristiche) • realizzazione di dorsale lungo la Valcuvia per l’integrazione degli acquedotti comunali dell’area.

185

6.4.4 Acquedotto provinciale – Settore settentrionale: presa da lago, tra Luino e Germignaga

Il settore settentrionale della Provincia di Varese è un’area con modeste disponibilità di risorse idriche sotterranee idonee al consumo umano. Questa situazione è causata da tre fattori:

• modesto sviluppo di acquiferi porosi, in genere considerati i più produttivi • ampia distribuzione del Complesso delle metamorfiti, caratterizzato da bassa permeabilità: nel territorio considerato sono presenti numerose sorgenti, ma in genere di portata modesta (inferiore a 1 l/s) • diffusa presenza di Arsenico nelle acque sotterranee, spesso in concentrazioni eccedenti i limiti di idoneità al consumo umano

A causa dei fattori sopra esposti le disponibilità idriche degli acquedotti comunali sono in equilibrio precario rispetto alle richieste e anche minime diminuzioni della disponibilità o aumento della popolazione residente (fenomeno tipicamente estivo) possono mettere in crisi il sistema.

Le indagini effettuati da ASPEM non hanno individuato risorse idriche sotterranee alternative, ad eccezione del settore della conoide di Maccagno, dove sta per essere perforato un nuovo pozzo. Anche l’utilizzo di acque superficiali prelevata dai corsi d’acqua appare problematica per motivi di qualità (presenza di Arsenico) e di quantità (necessità di prelievi a monte dei centri di pericolo, dove però non sono garantite portate minime annue). Le indagini ASPEM hanno quindi individuato come possibilità prioritaria la realizzazione di un’opera di presa nel Lago Maggiore. Gli studi preliminari hanno indicato due settori maggiormente indicati al caso, ovvero due tratti di costa immediatamente a Nord di Luino e a Sud di Germignaga. Essi sono stati individuati principalmente in funzione della distribuzione dei centri di pericolo, tenendo conto anche delle rilevazioni effettuate e pubblicate annualmente dalla Commissione Italo svizzera per le acque superficiali.

Grazie anche ai primi studi e monitoraggi effettuati da ASPEM, è possibile delineare la seguente situazione:

1) La qualità delle acque del settore settentrionale del Lago Maggiore è relativamente buona, anche se si segnala comunque eccesso di apporto di nutrienti dalla sponda varesina. I dati raccolti durante il monitoraggio indicano che i campioni raccolti a frequenza mensile hanno caratteristiche di idoneità al consumo umano (A1 All.2 – D.lgs.152/06) 2) Il fenomeno di inquinamento da DDT e altri microinquinanti, che ha coinvolto le acque del Lago, è in progressivo regresso; non sono comunque mai state rilevate concentrazioni superiori alle C.M.A. per acque destinate a consumo umano. 3) Viene segnalato un problema relativo a microalghe (Anabaena Lemmermannti), che si manifesta in genere nei mesi tardo primaverili presso l’impianto di presa ubicato a Leggiuno, circa 20 km più a sud. 4) Il termoclino, ovvero la superficie ideale di separazione tra acque lacustri superficiali e profonde, oscilla tra 5 e 15 m. L’opera di presa andrebbe ubicata al di sotto del termoclino; nel caso specifico, viene ipotizzata una profondità di sicurezza di 30-40 m

186

5) Il fondale discende con una pendenza variabile il 15 ed il 30%: l’eventuale opera di presa , nell’ipotesi di un posizionamento a -40 m, sarebbe situata tra 100 e 230 m dalla linea di costa 6) I fondali sono di natura argillosa: ovunque è stato rilevato uno strato di fango liquido, che oppone una resistenza quasi nulla alla punta utilizzata per le indagini relative allo stato di addensamento dei sedimenti. Lo spessore di tale strato è ignoto, ma si suppone nell’ordine di qualche metro in base agli esiti di un’indagine geognostica diretta effettuata presso il porto di Leggiuno. Le informazioni raccolte presso i subacquei che frequentano il Lago Maggiore indicano che questa situazione è molto diffusa e costituiscono eccezione solo le aree con fondali molto acclivi. La natura dei fondali è un problema tecnico da risolvere in fase di progettazione dell’opera di presa.

Si avanzano le seguenti proposte operative:

• Acquisizione di dati e delle ricerche ASPEM • Prosecuzione delle campagne di monitoraggio in essere nei potenziali punti di presa • Individuazione dell’area di presa sulla base degli esiti delle indagini, della disponibilità di spazi nell’entroterra per realizzare gli impianti di trattamento e pompaggio, e della facilità di allacciamento alle reti acquedottistiche esistenti. • Progettazione ed esecuzione dell’opera, mantenendo in essere nel frattempo il monitoraggio della qualità delle acque alla profondità dell’opera di presa

L’opera di presa ipotizzata avrà le seguenti funzioni:

• Approvvigionamento dell’Acquedotto di Luino, diminuendone anche la dipendenza dalle risorse attualmente sfruttate al limite delle loro potenzialità (sorgenti settore alto luinese. Campo pozzi Palone) situate in contesti vulnerabili (pozzi all’interno dell’abitato di Luino) • Approvvigionamento dell’Acquedotto di Germignaga, attualmente in crisi con pozzi ad elevata vulnerabilità e problemi idrochimici, integrato dall’Acquedotto di Luino • Eventuale sviluppo di dorsali o interconnessioni verso la Valcuvia o lungo il Lago Maggiore.

6.4.5 Acquedotto provinciale – Settore occidentale: presa da lago nei pressi di Barza (Ispra)

L’ipotesi progettuale di sviluppo acquedottistico di Sogeiva, ovvero l’incremento della fornitura idrica alla dorsale occidentale della Provincia (ora servita quasi esclusivamente dal campo pozzi di Barza) è nel suo complesso condivisa. Secondo i piani di Sogeiva tale incremento potrebbe essere realizzato tramite un’opera di presa nel Lago Maggiore nel tratto di costa prospiciente la centrale di Barza, ovvero nel golfo di Quassa, a Nord di Ispra, ad una distanza inferiore a 2 km.

Allo stato attuale non è stato sviluppato alcun studio specifico. Le informazioni generali, ricavabili principalmente dai rapporti della Commissione italoelevetica per le acque superficiali, indicano che:

1) Per quanto riguarda la qualità, lo stato trofico del Lago Maggiore negli ultimi anni è stato 187

sostanzialmente soddisfacente, con valori discreti di ossigeno ipolimnico (favorito anche dalla completa circolazione delle acque del 1999), buona trasparenza e livelli complessivi di Fosforo totale ipolimnico (principale elemento influente per l’instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione nei laghi subalpini) relativamente limitati. 2) Per quanto riguarda i fondali si osserva che nella zona compresa tra Ispra e Ranco l’acclività è particolarmente modesta: il fondo raggiunge profondità massime di 40-50 m a 1 km dalla costa, con pendii piuttosto regolari.

Nel complesso si ritiene che sussistano le condizioni generali per la captazione di acque dal Lago Maggiore, anche se la situazione è meno favorevole rispetto a quanto riscontrato nel settore settentrionale del Verbano.

Si rendono necessari i seguenti approfondimenti:

• Aggiornamento periodico dei dati relativi allo stato qualitativo del Lago mediante consultazione degli esiti degli studi promossi dalla Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere, con particolare riferimento alle problematiche relative a DDT, PCB, metalli, microalghe (Anabaena Lemmermannti) • Studio preliminare con raccolta ed organizzazione dei dati disponibili, mappatura dei centri di pericolo, realizzazione di campagne batimetriche. Tale studio indicherà i settori ritenuti più idonei per l’avvio degli studi di approfondimento e di monitoraggio. Questa fase di indagine assume particolare rilevanza in relazione alla locale morfologia dei fondali • Studio dettagliato riferito alle aree più idonee, comprendente batimetrie di dettaglio, ispezione subacquea diretta, monitoraggio chimico fisico e campagne mensili di prelievi ed analisi alla profondità di presa per la durata di almeno un anno • Scelta definitiva dell’area di presa • Progettazione e realizzazione delle opere di presa e di trattamento delle acque prima della messa in rete.

6.4.6 Acquedotto provinciale – Settore nordorientale: opera di presa nel Lago di Lugano

La possibilità di derivare acque anche in condizioni di siccità rende interessante l’ipotesi di progettare e realizzare un’opera di prese relativa al Lago di Lugano. Entro tale bacino, nel territorio della Provincia di Varese, è già presente un’opera di presa a servizio dell’A.C. di Ponte Tresa; è inoltre nota la presenza di analoghi impianti nel Cantone Ticino e, in progetto, nel settore comasco (opera di presa a servizio dell’Acquedotto consortile della Valle d’Intelvi).

Il Lago di Lugano è suddiviso in tre bacini: settentrionale, meridionale e di Ponte Tresa. Il bacino settentrionale è più profondo e più adeguato, sotto il profilo batimetrico e chimico- fisico, alla realizzazione di opere di presa. Il bacino intermedio, ovvero quello prospiciente la costa varesina, risulta meno adeguato per la minore profondità (massimo 95 m) e tempo di ricambio (1.4 anni). In questo bacino esiste un’opera di presa di recente realizzazione (A.C. di Ponte Tresa, emungimento fino a 50 l/s), rispetto ala quale si segnala un problema dovuto alla presenza di alghe, analogo a quanto registrato presso il punto di prelievo di Leggiuno.

188

Il bacino di Ponte Tresa è di minori dimensioni, limitata profondità e modesto tempo di ricambio; si ritiene che esso sia inadeguato alla realizzazione di nuove opere di presa.

Per sviluppare un progetto di presa da lago si rendono necessari i seguenti approfondimenti

• Monitoraggio dell’opera di presa in essere presso Ponte Tresa, con valutazione dell’ipotesi di aumentarne la potenzialità • Studio preliminare con raccolta ed organizzazione dei dati disponibili, mappatura dei centri di pericolo, realizzazione di campagne batimetriche. Tale studio indicherà i settori ritenuti più idonei per l’avvio degli studi di approfondimento e di monitoraggio • Studio dettagliato riferito alle aree più idonee, comprendente batimetrie di dettaglio, ispezione subacquea diretta, monitoraggio chimico fisico e campagne mensili di prelievi ed analisi alla profondità di presa per la durata di almeno un anno • Scelta definitiva dell’area di presa • Progettazione e realizzazione delle opere di presa e di trattamento delle acque prima della messa in rete.

Allo stato attuale non esistono nell’area dorsali acquedottistiche di interesse sovracomunale a cui allacciare l’eventuale opera di presa. L’interesse strategico della sua realizzazione risiede principalmente nell’opportunità di differenziare le risorse dell’acquedotto provinciale, riducendone la vulnerabilità.

189

6.5 Progetti di interesse locale

L’attuazione di progetti a valenza locale può determinare condizioni per l’ottimizzazione delle risorse e delle infrastrutture acquedottistiche già esistenti e confermate.

I contenuti tecnici ed economici di tali progetti hanno differente stato di attuazione e dettaglio e dovranno essere validati ed eventualmente emendati in relazione alla loro compatibilità idrogeologica; in termini pratici dovranno essere verificati rispetto alla distribuzione delle aree di crisi, alla intensità dei prelievi già in atto, alla possibilità di soluzioni alternative in aree limitrofe.

Tali progetti, indicati da Gestori e Comuni come necessari per un migliore servizio all’utenza in termini qualitativi e quantitativi, dovranno contribuire a mitigare o risolvere situazioni di deficit locale, riducendo quindi le necessità di integrazione con le reti consortili; inoltre, l’uso di risorse locali determina in genere minori costi di produzione, in particolare quelli energetici.

COMUNE / PROGETTO FINALITA' FONTE

Soluzione alla maggior richiesta idrica in seguito Costruzione di nuovo pozzo a AMSC allo sviluppo dell'area cargo di Malpensa situata Vizzola Ticino sul territorio comunale

AMSC Costruzione pozzo pilota a Ranco Verifica delle disponibilità idriche AMSC Risistemazione rete a Golasecca Ottimizzazione reti distributive Potenziamento della portata dei ANGERA Minor dipendenza dall'acquedotto provinciale pozzi fino ad un valore di 20 l/s Installazione impianti di AGRA Recupero qualitativo risorsa disponibile dearsenificazione 3 Nuovi pozzi in comune di Potenziamento disponibilità idriche della città di ASPEM Varese Varese 3 Nuovi pozzi in comune di ASPEM Recupero quantitativo Malnate Nuovo pozzo in comune di ASPEM Soluzione carenza idrica Daverio Nuovo pozzo in comune di ASPEM Soluzione carenza idrica Carnago Realizzazione impianto ASPEM trattamento Fe-Mn in comune di Recupero qualitativo Malnate Realizzazione centrale di ASPEM Ottimizzazione servizio acquedottistico sollevamento a Varese Segue

190

COMUNE / PROGETTO FINALITA' FONTE Ampliamento della rete di Malnate, collegamento pozzi ASPEM Ottimizzazione servizio acquedottistico nuovi-rete esistente (diametri minimo 150 massimo 250) Realizzazione collegamento ASPEM Castronno-Azzate (diametro 200 Soluzione carenza idrica mm) Realizzazione collegamento ASPEM Daverio-Azzate (diametro 150 Soluzione carenza idrica mm) Realizzazione collegamento ASPEM Daverio-Galliate L. (diametro 150 Soluzione carenza idrica mm) Realizzazione collegamento Bodio ASPEM Soluzione carenza idrica L.-Galliate L. (diametro 125 mm) Realizzazione collegamento ASPEM Castronno-Caronno V.. (diametro Soluzione carenza idrica 150 mm) Realizzazione collegamento ASPEM Carnago-Caronno V.. (diametro Soluzione carenza idrica 150 mm) Realizzazione allacciamento alla Potenziamento disponibilità idriche della città di BARASSO centrale di Luvinate Varese Interconnessione con il comune di BREBBIA Soluzione carenza idrica Malgesso Attuazione campagna di ricerca BREBBIA Ottimizzazione reti distributive perdite e risistemazione della rete Allacciamento alla rete di Euratom BREBBIA Utilizzo di acqua da lago a scopi industriali che utilizza acqua da lago BREBBIA Realizzazione nuovo pozzo Soluzione carenza idrica Interconnessione con il comune di BRENTA Recupero quantitativo ed ottimizzazione servizio Gemonio BREZZO DI Costruzione di nuovo pozzo Sostituzione di pozzo insabbiato BEDERO BRINZIO Costruzione di nuovo pozzo Ottimizzazione servizio BRINZIO Realizzazione nuovo bacino Ottimizzazione servizio BRISSAGO Risistemazione rete Ottimizzazione reti distributive VALTRAVAGLIA Nuovo pozzo in comune di BRUNELLO Soluzione carenza idrica Mornago Segue

191

COMUNE / PROGETTO FINALITA' FONTE

Pozzo Rimembranze - Impianto di BUSTO ARSIZIO Recupero qualitativo risorsa disponibile potabilizzazione a carboni attivi

Pozzo Magenta - Impianto di BUSTO ARSIZIO Recupero qualitativo risorsa disponibile potabilizzazione a carboni attivi Realizzazione impianto CADEGLIANO debatterizzante presso il bacino di Recupero qualitativo risorsa disponibile VICONAGO Avigno Potenziamento dorsale principale CARNAGO che collega i pozzi al centro Ottimizzazione reti distributive abitato Recupero qualitativo e messa in sicurezza pozzi esistenti - Pozzi CARONNO Recupero qualitativo risorsa disponibile; tutela Vittoria- Fermi-XXV Aprile- PERTUSELLA risorse profonde protette (riserva strategica) Olona; Chiusura di 3 pozzi dismessi Ampliamento della rete CARONNO distributiva in previsione della Ottimizzazione reti distributive VARESINO futura espansione urbanistica CASALZUIGNO Costruzione di nuovo pozzo Soluzione carenza idrica Riqualifica delle sorgenti e Soluzione carenza idrica e ottimizzazione CASALZUIGNO sistemazione della rete di distribuzione distribuzione Completamento ed equipaggiamento pozzo S. Giulio e CASTELLANZA Recupero qualitativo e quantitativo Approfondimento Pozzo Rimembranze CASTIGLIONE Riattivazione del Pozzo Milani 1 a Recupero quantitativo OLONA scopi idropotabili CASTIGLIONE Risistemazione rete distributiva Ottimizzazione reti distributive OLONA

CASTRONNO Studio idrogeologico Ricerca di nuove risorse idriche

Costruzione nuovo pozzo Zona Soluzione carenza idrica e ottimizzazione CISLAGO Nord/Ottimizzazione distribuzione interconnessioni e compensi CROSIO DELLA Ampliamento della rete Ottimizzazione reti distributive VALLE distributiva CUASSO AL Costruzione nuovo pozzo nel Soluzione carenza idrica MONTE comune di Porto Ceresio CUASSO AL Costruzione nuovo pozzo in Soluzione carenza idrica MONTE località Cuasso al Piano Segue

192

COMUNE / PROGETTO FINALITA' FONTE Costruzione nuovo pozzo CUGLIATE intercomunale Recupero quantitativo ed ottimizzazione servizio FABIASCO (Cunardo,Marchirolo, Cugliate F.) CURIGLIA Realizzazione impianto di Recupero qualitativo MONTEVIASCO dearsenificazione Costruzione nuovo pozzo in CUVEGLIO Soluzione carenza idrica località Cavona Sfruttamento di una sorgente CUVIO Recupero quantitativo attualmente non captata DAVERIO Costruzione nuovo pozzo Soluzione carenza idrica Realizzazione impianto di DUMENZA Recupero qualitativo dearsenificazione

FERRERA Costruzione nuovo pozzo Recupero quantitativo ed ottimizzazione servizio

Costruzione nuovo pozzo in GALLARATE Recupero quantitativo località Crenna

Ampliamento della rete Ottimizzazione della rete in previsione di un futuro GALLARATE distributiva sviluppo urbanistico

GALLIATE Nuovo pozzo intercomunale Soluzione carenza idrica LOMBARDO (Daverio,Galliate L.) GEMONIO 2 Nuovi pozzi Soluzione carenza idrica Approfondimento Pozzo I Maggio GERENZANO Recupero qualitativo e quantitativo e costruzione nuovo pozzo LAVENA PONTE Risistemazione rete distributiva Ottimizzazione reti distributive TRESA LAVENA PONTE Riqualifica delle sorgenti Recupero quantitativo TRESA LAVENA PONTE Riattivazione presa da lago dopo Recupero quantitativo TRESA interventi di messa in sicurezza Riqualifica dell'impianto di presa LEGGIUNO Recupero qualitativo da lago Potenziamento acquedotto intercomunale tramite 2 LONATE approfondimenti POZZOLO - Recupero qualitativo e quantitativo (Tornavento+Matteotti), un nuovo FERNO pozzo e chiusura di 4 pozzi dismessi Realizzazione impianto di LUINO Recupero qualitativo dearsenificazione LUINO Riqualifica delle sorgenti Recupero quantitativo LUINO Sistemazione della rete distributiva Ottimizzazione reti distributive Pozzo Marconi - Adeguamento FERNO Recupero qualitativo risorsa disponibile Impianto di potabilizzazione Segue 193

COMUNE / PROGETTO FINALITA' FONTE MACCAGNO Costruzione nuovo pozzo Recupero quantitativo MARCHIROLO Rivitalizzazione dei pozzi Recupero quantitativo MARCHIROLO Risanamento della rete distributiva Ottimizzazione reti distributive Pozzi Kennedy e S.Carlo - MARNATE Recupero qualitativo risorsa disponibile Impianto di potabilizzazione

MERCALLO DEI Costruzione di un pozzo di scorta Recupero quantitativo ed ottimizzazione servizio SASSI e/o interconnessione di emergenza

Nuovo pozzo intercomunale in MONTEGRINO Valtravaglia (Montegrino Soluzione carenza idrica VALTRAVAGLIA V.,Germignaga,Brissago V.)

Soluzione carenza idrica tramite aumento capacita' MONTEGRINO Adeguamento del bacino di di compenso per i fabbisogni di punta e stagioni VALTRAVAGLIA Bonera siccitose

Realizzazione interconnessione MONVALLE Recupero quantitativo con Leggiuno MORAZZONE Riattivazione del Pozzo 2 Soluzione carenza idrica MORAZZONE Studio idrogeologico Ricerca di nuove risorse idriche

ORIGGIO Costruzione di un nuovo pozzo Recupero quantitativo ed ottimizzazione servizio PINO S.S.D.L.M. Rivitalizzazione pozzo comunale Recupero quantitativo Riattivazione delle sorgenti Ca' del PORTO CERESIO Soluzione carenza idrica Monte Costruzione di nuovi pozzi (Varese-Bocciodromo); Soluzione carenza idrica e tutela risorse profonde SARONNO approfondimento o sostituzione protette (riserva strategica) Pozzo Porta e Parini Costruzione nuovo pozzo in Soluzione carenza SUMIRAGO prossimità del Pozzo 2 - Quinzano Rivitalizzazione Pozzo San TERNATE Recupero quantitativo Sepolcro TERNATE Costruzione Nuovo Pozzo Recupero quantitativo TRAVEDONA Risistemazione della rete Ottimizzazione reti distributive MONATE distributiva Soluzione carenza idrica tramite aumento capacita' TRONZANO L.M. Realizzazione nuovo serbatoio di compenso per i fabbisogni di punta e stagioni siccitose TRONZANO L.M. Installazione contatori Ottimizzazione servizio Segue

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COMUNE / PROGETTO FINALITA' FONTE Allacciamento alla rete di TRONZANO L.M. Soluzione carenza idrica Veddasca Nuovo pozzo e ampliamento della VALGANNA Soluzione all'ampliamento urbanistico previsto rete Installazione lampade UV nei VEDDASCA Recupero qualitativo bacini

Soluzione carenza idrica tramite nuove fonti e VENEGONO Costruzione di nuovo pozzo aumento capacita' di compenso per i fabbisogni di SUPERIORE abbinato a serbatoio di accumulo punta e stagioni siccitose

Costruzione di nuovo pozzo a Soluzione carenza idrica tramite nuove fonti e VENEGONO supporto della carenza qualitativa aumento capacita' di compenso per i fabbisogni di INFERIORE del pozzo Ferrarin (idrocarburi) e punta e stagioni siccitose Chiesa (nitrati e bromacil)

Tab. 6.12

6.5.1 Criteri di valutazione

Al pari dei progetti di livello comprensoriale, gli interventi a carattere locale dovranno avere i requisiti di compatibilità idrogeologica con particolare riferimento a:

• garanzia della sostenibilità sul medio lungo periodo, sul prelievo medio e di punta (prove e monitoraggi preventivi e post – operam) • garanzia di qualità, possibilmente senza trattamento, verificando ipotesi alternative in tal senso ed effettuando prove in avanzamento della perforazione • collocazione favorevole rispetto a Centri di Pericolo potenziali o con possibilità di mitigazione degli stessi a costi sostenibili per la collettività • privilegio di soluzioni atte a mantenere, ripristinare o migliorare la protezione degli acquiferi profondi garantendo da ogni miscelazione di acquiferi sovrapposti, soprattutto in aree di riserva strategica • abbinamento delle nuove fonti al potenziamento di opere accumulo e compenso nelle aree ove il prelievo di punta oraria e stagionale non e’ sostenibile con prelievo diretto dai pozzi.

Per quanto attiene la realizzazione di nuove opere di presa di acque sorgive, dovranno essere tenuti in considerazione anche i seguenti fattori:

• ubicazione delle opere di presa rispetto alla posizione delle utenze • valutazione di incidenza per opere di prese all’interno o prossime ai S.I.C. (Siti di Importanza Comunitaria).

195

7 MODALITA’ DI ACQUISIZIONE E COMPLETAMENTO DELLE CONOSCENZE IDROGEOLOGICHE

7.1 Rete di monitoraggio piezometrico e chimico a scala Provinciale

Alla luce del quadro emerso nel presente studio, in cui si evidenzia negli ultimi anni un preoccupante abbassamento del livello piezometrico delle falde provinciali e di un generale peggioramento della qualità delle acque, si ritiene necessaria la realizzazione di una rete di monitoraggio al fine di salvaguardare e conservare le risorse idriche sotterranee.

La fase di monitoraggio è importante per proseguire l’attività di studio/gestione e determinante per pervenire alla definizione del comportamento delle falde sotterranee e conseguentemente alla proposizione di eventuali soluzioni alle sopraccitate problematiche. Specifico interesse dovrà essere rivolto alla determinazione delle tendenze naturali dell’acquifero indipendentemente dalle pressioni esterne imposte dalle attività antropiche; a tale scopo si renderà necessaria l’instaurazione di una rete piezometrica le cui modalità costruttive- esecutive sono descritte nei successivi paragrafi.

7.1.1 Reti di monitoraggio esistenti

Rete Arpa

L’unica rete di monitoraggio attiva sul territorio provinciale è gestita da ARPA. Essa è stata istituita nel 2001 come programma regionale per il monitoraggio dei corpi idrici superficiali e sotterranei della Regione Lombardia sulla base di quanto previsto da DLgs 152/99. La rete regionale è composta da oltre trecento pozzi nei quali vengono effettuate le misure dei livelli piezometrici mensilmente e campionamenti due volte all’anno. Trentasei di questi punti (prevalentemente pozzi e alcuni piezometri) si trovano sul territorio della Provincia di Varese. I dati acquisiti sono trasmessi alla Regione, la quale si occupa di rendere pubblici gli esiti del monitoraggio tramite la redazione del “Piano Regionale della Tutela delle Acque”. La rete regionale non è ritenuta sufficiente per un’attività di monitoraggio a fini acquedottistici a scala di dettaglio e non consente un’elaborazione dei dati statisticamente significativa per i seguenti motivi:

• numero dei punti di controllo troppo basso in rapporto all’estensione del territorio da monitorare • distribuzione dei punti disomogenea con aree prive di punti di monitoraggio • utilizzo prevalente di pozzi ad uso idropotabile con conseguente carenza di misure dei livelli statici delle falde a causa delle difficoltà di interrompere l’attività di pompaggio

Vengono di seguito elencati i punti di monitoraggio appartenenti a questa rete (il posizionamento viene evidenziato in Tav 7) 196

Prof. N. Comune Proprietario Pozzo Coord X Coord Y Acquifero monitorato pozzo (m)

ALBIZZATE 6 COMUNE ALBIZZATE 53,00 1485112 5065070 Valle Arno (1° acquifero)

ALBIZZATE 8 COMUNE ALBIZZATE 48,50 1485027 5065342 Valle Arno (1° acquifero)

ARCISATE 1 COMUNE ARCISATE 35,88 1489682 5078702 Valceresio (1° acquifero)

ARCISATE 18 COMUNE ARCISATE 150,00 1490605 5075209 Valceresio (Misto 1°-2° acquifero)

Settore centrale di pianura (1° BUSTO A 23 A.GE.S.P. BUSTO A. 100,00 1486687 5048439 acquifero) Settore centrale di pianura (2° BUSTO A. 21 A.GE.S.P. BUSTO A. 125,00 1486927 5048652 acquifero) Settore centrale di pianura (1° BUSTO A. 24 A.GE.S.P. BUSTO A. 102,00 1486406 5048281 acquifero)

CANTELLO 26 F.LLI VALLI 66,00 1491651 5076313 Valceresio (1° acquifero)

COMUNE CASALE CASALE LITTA 2 41,00 1479228 5065176 Valceresio (1° acquifero) LITTA COMUNE CASALE CASALE LITTA 3 60,50 1479383 5065166 Valceresio (1° acquifero) LITTA Settore orientale di pianura CISLAGO 4 COMUNE CISLAGO 284,00 1497086 5054892 (1°-2 acquifero 2 colonne separate) non Settore orientale di pianura (1° CISLAGO 27/3 GEORISORSE disponibil 1495413 5054852 acquifero) e

CITTIGLIO 1 COMUNE CITTIGLIO 55,50 1473654 5082481 Valcuvia (1° acquifero)

COMUNE CASSANO Settore centrale di pianura FAGNANO.O 12 130,00 1488452 5055841 MAGNAGO (1° acquifero) Settore occidentale di pianura FERNO 3 COMUNE DI FERNO 101,50 1481227 5051038 (Misto 1°-2° acquifero) Settore centrale di pianura GALLARATE 22 A.M.S.C. GALLARATE 183,00 1482365 5058166 (Misto 1-2° acquifero) COTONIFICIO Settore centrale di pianura (1° GALLARATE 85/1 28,00 1483717 5055206 BONOMI S.P.A. acquifero) Settore centrale di pianura (1° GALLARATE 7/1 A.M.S.C. GALLARATE 65,00 1482436 5056442 acquifero) COMUNE Settore orientale di pianura (1° GERENZANO C-5* 62,00 1498267 5052552 GERENZANO acquifero) non Settore orientale di pianura (1° GORLA MINORE 39/2 HOLCIM disponibil 1494783 5054474 acquifero) e

GORNATE O 21/2 PREMAZZI 25,00 1490209 5063671 Valle Olona (1° acquifero)

Settore occidentale di pianura (1° LONATE P. 9/2 COMUNE LONATE P. 82,60 1477809 5050226 acquifero) Settore occidentale di pianura LONATE P. 9/1 COMUNE LONATE P. 235,00 1477933 5050228 (Misto 1°-2° acquifero) Settore occidentale di pianura LONATE P 34/2 ROSSETTI 82,00 1479760 5047130 (Misto 1°-2°acquifero) segue

197

Prof. N. Comune Proprietario Pozzo Coord X Coord Y Acquifero monitorato pozzo (m)

USSL 1 – OSPEDALE LUINO 21 70,00 1480327 5093603 Valcuvia (1°acquifero) LUINO Settore dossi morenici di MORNAGO 15/4 COMUNE SUMIRAGO 36,00 1481714 5065240 Sumirago-Mornago (1°acquifero) Settore orientale di pianura (1° ORIGGIO 5/B COMUNE ORIGGIO 100,00 1501819 5049682 acquifero) Settore centrale di pianura (1° SAMARATE 5 COMUNE SAMARATE80,00 1481065 5052903 acquifero) Settore orientale di pianura SARONNO 11 COMUNE SARONNO 92,00 1502861 5052055 (1° acquifero) COMUNE SESTO Settore Laghi Maggiore, Monate, SESTO C. 2 151,30 1471393 5064264 CALENDE Comabbio (1°acquifero) Settore Laghi Maggiore, Monate, SOMMA L.DO 20/07* CISR 55,00 1477040 5060857 Comabbio (1°acquifero) Settore orientale di pianura UBOLDO 23° CAVA FUSI 40.00? 1498119 5048779 (1°acquifero)

VALGANNA 3 COMUNE VALGANNA65,00 1486844 5082312 Valganna (1° acquifero)

VARANO COMUNE VARANO Settore Laghi Maggiore, Monate, 3 33,00 1477379 5069227 BORGHI BORGHI Comabbio (1°acquifero) Pianalto Tradate-Settore Valle COMUNE VENEGONO I. 1 109,00 1492367 5064975 Olona VENEGONO I. ( Misto 1°-2°acquifero) * Piezometri Tabella 7.1 – Rete di monitoraggio A.R.P.A.

Rete Provincia di Varese

La Provincia di Varese sta valutando la possibilità di riattivare, sempre a scopi di monitoraggio, la rete di pozzi utilizzata fino al 1999 per il monitoraggio dei livelli piezometrici delle principali falde presenti sul territorio; è in corso una fase di analisi e di valutazione per l’individuazione dei pozzi che presentino al momento attuale caratteristiche idonee per un utilizzo ai fini di monitoraggio quantitativo (misurazione dei livelli piezometrici) e qualitativo (analisi chimiche). Va sottolineato che alcuni pozzi appartenenti alla rete provinciale sono tuttora utilizzati da ARPA per l’attività di monitoraggio. Allo stato attuale i pozzi e i piezometri relativi a cave attive vengono monitorati con misure mensili di soggiacenza. I dati vengono consegnati all’Ufficio Cave della Provincia di Varese.

Vengono di seguito elencati i punti di monitoraggio appartenenti alla rete provinciale (il posizionamento è evidenziato in Tav 7)

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Prof. N. Comune Proprietario Pozzo Coord X Coord Y Acquifero monitorato Pozzo (m)

*ALBIZZATE 8 COMUNE ALBIZZATE 48,50 1485030 5065340 Valle Arno (1° acquifero)

*ARCISATE 1 COMUNE ARCISATE 35,88 1489675 5078705 Valceresio (1° acquifero)

ARCISATE 4 COMUNE ARCISATE 82,00 1491190 5077340 Valceresio (Misto 1°-2° acquifero)

AZZIO 13 COMUNE BRENTA 27,00 1477050 5082360 Valcuvia (1° acquifero)

BESANO 1 COMUNE BESANO 49,00 1491460 5080570 Valceresio (2° acquifero)

Settore dossi morenici di BESNATE 2 COMUNE BESNATE 126,00 1482170 5060310 Sumirago-Mornago (Misto 1°- 2°acquifero) Settore Laghi Maggiore, Monate, BESOZZO 5 COMUNE BESOZZO 54,00 1475165 5076505 Comabbio (1°acquifero)

BISUSCHIO 1 COMUNE BISUSCHIO 62,00 1490250 5080240 Valceresio (1° acquifero)

CONCERIA Valcuvia BRENTA 22 FRASCHINI S.r.l. e 33,50 1475310 5082005 (Misto 1°-2°acquifero; 2°acquifero ACQUATECH S.r.l. nel substrato) AGESP BUSTO Settore centrale di pianura (1°-2° BUSTO ARSIZIO 5 228,40 1488900 5053755 ARSIZIO acquifero) MALPENSA Settore centrale di pianura (1° BUSTO ARSIZIO 44 67,00 1488230 5052650 CENTRALE S.r.l. acquifero) MONDOPLASTICO Settore centrale di pianura (1° BUSTO ARSIZIO 94 80,00 1490040 5050100 S.p.A. acquifero) TISTAMP DI Settore centrale di pianura (1° BUSTO ARSIZIO 46 65,00 1487945 5049550 CIPOLLETTA A. acquifero) Settore centrale di pianura (1° CAIRATE 8 COMUNE CAIRATE 90.50 1488825 5059360 acquifero) Settore Laghi Maggiore, Monate, CARAVATE 2 COMUNE CARAVATE 34,00 1474145 5081040 Comabbio (1°acquifero) CONSORZIO Settore orientale di pianura CARBONATE 4 186,50 MO.LO.CA 1495061 5058365 (Misto1-2° acquifero) CARONNO COMUNE CARONNO Settore orientale di pianura 5 168,00 1503030 5049020 PERTUSELLA PERTUSELLA (Misto 1-2° acquifero) CARONNO COMUNE CARONNO Settore orientale di pianura 6 155,00 1503390 5049745 PERTUSELLA PERTUSELLA (Misto 1-2° acquifero) CARONNO COMUNE CARONNO 1 62,00 1485665 5064420 Valle Arno (1° acquifero) VARESINO VARESINO Settore dossi morenici di *CASALE LITTA 2 COMUNE CASALE L. 41,00 1479228 5065176 Sumirago-Mornago (1°acquifero)

CASALZUIGNO 24 MASCIONI S.p.A. 51,00 1478160 5083315 Valcuvia (1° acquifero)

CASSANO AZ.AGR.CAVALLINO 22 15,00 1482700 5086620 Valcuvia (1° acquifero) VALCUVIA BIANCO Settore orientale di pianura (Misto CASTELLANZA 23.5 GE.TE.CA. S.p.A. 140,00 1490100 5049420 1°-2° acquifero)

IMMOB.BUSTESE CASTELLANZA 40 71,00 1492121 5051382 Settore orientale di pianura NUOTO (1°acquifero) Segue

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Prof. N. Comune Proprietario Pozzo Coord X Coord Y Acquifero monitorato Pozzo (m) COMUNE CASTELSEPRIO 3 108,00 1489040 5061680 Valle Olona (Misto 1°-2° acquifero) CASTELSEPRIO COMUNE CASTIGLIONE Valle Olona 3 CASTIGLIONE 20,00 1489838 5067590 OLONA (1° acquifero) OLONA

CASTRONNO 12 COMUNE AZZATE 36,00 1485160 5066930 Valle Arno (1° acquifero)

COMUNE CASTRONNO 3 58,50 1485180 5067820 Valle Arno (1° acquifero) CASTRONNO CAVARIA CON Settore centrale di pianura (Misto 4 COMUNE CAVARIA P. 148,00 1481005 5057735 PREMEZZO 1-2° acquifero) CERIANO COMUNE CERIANO Settore orientale di pianura (1° 2 100,00 LAGHETTO L. 1505290 5052610 acquifero) Settore orientale di pianura (Misto CISLAGO 2 COMUNE CISLAGO 200,00 1498110 5056550 1-2° acquifero)

CITTIGLIO 2 COMUNE CITTIGLIO 45,00 1474310 5082435 Valcuvia (1° acquifero)

*CITTIGLIO 1 COMUNE CITTIGLIO 55,50 1473665 5082480 Valcuvia (1° acquifero)

CUASSO AL COMUNE CUASSO 3 21,20 1491550 5083000 Valceresio (1° acquifero) MONTE AL MONTE Valcuvia CUVEGLIO 3 COMUNE CUVEGLIO 135,50 1479841 5083205 (Misto 1°-2° acquifero, 2° acquifero : substrato)

CUVIO 27 MASCIONI S.p.A. 70,70 1478615 5082735 Valcuvia (1° acquifero)

Settore Lago di Varese DAVERIO 2 COMUNE DAVERIO 40,00 (Misto 1°-2° acquifero; 2° acquifero: substrato) FAGNANO COMUNE FAGNANO Settore centrale di pianura (1° 4 132,00 1490680 5056740 OLONA OLONA acquifero) SERVIZI ACQUA Settore centrale di pianura (Misto *FERNO 3 101,50 1481227 5051038 POTABILE 1-2° acquifero) Settore centrale di pianura (Misto GALLARATE 6 A.M.S.C. GALLARATE 82,00 1485250 5054620 1°-2° acquifero) Settore centrale di pianura GALLARATE 9 A.M.S.C. GALLARATE 73,50 1484410 5057290 (1° acquifero) Settore centrale di pianura (1° GALLARATE 3 A.M.S.C. GALLARATE 68,00 1485220 5054190 acquifero) Settore centrale di pianura (1° GALLARATE 15 A.M.S.C. GALLARATE 47,50 1484280 5059340 acquifero) Settore centrale di pianura GALLARATE 12 A.M.S.C. GALLARATE 270,00 1482500 5057105 (2° acquifero) Settore centrale di pianura (Misto GALLARATE 16 A.M.S.C. GALLARATE 123,00 1484808 5054982 1-2° acquifero) Settore centrale di pianura (1° GALLARATE 11 A.M.S.C. GALLARATE 131,00 1483140 5055620 acquifero) Valcuvia GEMONIO 11 COMUNE CARAVATE 63,50 1474410 5081745 (Misto 1°-2° acquifero; 2° acquifero: substrato) Segue

200

Prof. N. Comune Proprietario Pozzo Coord X Coord Y Acquifero monitorato Pozzo (m)

GERMIGNAGA 23 PASTORI GIORDANO 50,00 1480170 5092010 Valcuvia (1° acquifero)

COMUNE Settore occidentale di pianura (1° GOLASECCA 1 43,50 1473265 5061200 GOLASECCA acquifero) GORLA COMUNE GORLA Settore orientale di pianura (1°-2° 3 165,50 1491940 5058230 MAGGIORE MAGGIORE acquifero) Settore centrale di pianura (1° GORLA MINORE 23.1 FORONI S.p.A. 55,00 1494830 5054740 acquifero)

GRANTOLA 1 COMUNE GRANTOLA 41,50 1482360 5088450 Valcuvia (1° acquifero)

INDUNO OLONA 3 COMUNE INDUNO O. 93,70 1488820 5078165 Valle Olona (1° acquifero)

Settore orientale di pianura (1° LAINATE 4 C.A.P. 80 1501551 5046506 acquifero) LAVENO 4 COMUNE LAVENO M. 32,50 1471482 5083399 Valcuvia (1° acquifero) MOMBELLO CONSORZIO LOCATE V. 2 201,50 Valle Olona (1-2° acquifero) MO.LO.CA 1494920 5060493

*LUINO 21 U.S.S.L. 1 - Ospedale 70,00 1480320 5093625 Valcuvia (1° acquifero)

MALNATE 7 COMUNE MALNATE 225,00 1490980 5071110 Valle Olona (Misto 1-2° acquifero)

MALNATE 6 COMUNE MALNATE 185,00 1490285 5070280 Valle Olona (Misto 1-2° acquifero)

COMUNE MERCALLO Settore Laghi Maggiore, Monate, MERCALLO 2 40,00 1474521 5065331 S. Comabbio (1°acquifero) COMUNE MORAZZONE 3 54,20 1485659 5067812 Valle Arno (Misto 1-2° acquifero) MORAZZONE Settore dossi morenici di MORNAGO 14 COMUNE BRUNELLO 40,00 1482232 5066744 Sumirago-Mornago (1°acquifero) Settore dossi morenici di GABEL INDUSTRIA MORNAGO 27 100,50 1479025 5063881 Sumirago-Mornago (Misto 1°- TESSILE S.p.A. 2°acquifero) CONSORZIO Settore orientale di pianura (Misto MOZZATE 5 194,30 1495948 5058049 MO.LO.CA 1-2° acquifero) CONSORZIO Settore orientale di pianura (Misto MOZZATE 6 209,00 MO.LO.CA 1496897 5059174 1-2° acquifero) COMUNE OLGIATE Settore orientale di pianura (Misto OLGIATE OLONA 3 136,00 1490338 5051960 O. 1°-2° acquifero) COMUNE OLGIATE Settore orientale di pianura (Misto OLGIATE OLONA 4 135,00 1490240 5052730 O. 1°-2° acquifero) COMUNE OLGIATE Settore orientale di pianura (Misto OLGIATE OLONA 5 149,50 1490240 5052730 O. 1°-2° acquifero) Settore orientale di pianura (2° ORIGGIO 3 COMUNE ORIGGIO 180,80 1501780 5049350 acquifero) Settore centrale di pianura *SAMARATE 5 COMUNE SAMARATE80,00 1481085 5052910 (1° acquifero) Settore orientale di pianura (2° SARONNO 12 COMUNE SARONNO 92,00 1502850 5052050 acquifero) Segue

201

Prof. N. Comune Proprietario Pozzo Coord X Coord Y Acquifero monitorato Pozzo (m) SOMMA LSG SKY CHEFS Settore occidentale di pianura (1° 25 101,00 1477325 5054560 LOMBARDO S.p.A. acquifero) Settore dossi morenici di SUMIRAGO 2 COMUNE SUMIRAGO 36,00 1481343 5063534 Sumirago-Mornago (1°acquifero) Settore Laghi Maggiore, Monate, TAINO 3 COMUNE TAINO 32,00 1471084 5067357 Comabbio (1°acquifero) Settore Valle Olona (Misto 1°-2° TRADATE 3 COMUNE TRADATE 103,00 1491910 5062810 acquifero) Settore Valle Olona (Misto 1°- TRADATE 4 COMUNE TRADATE 122,00 1492657 5061230 2°acquifero) Settore Valle Olona (Misto 1°-2° TRADATE 5 COMUNE TRADATE 249,00 1493575 506336 acquifero) Settore Valle Olona (Misto 1°-2° TRADATE 7 COMUNE TRADATE- 135,00 1493440 5060230 acquifero) Settore occidentale di pianura VANZAGHELLO 2 C.A.P. 94,00 1483217 5047287 (Misto 1°-2° acquifero)

VEDANO OLONA 3 COMUNE VEDANO O. 260,00 1490455 5069850 Valle Olona (Misto 1°-2° acquifero)

VENEGONO 11 COMUNE CARNAGO 60,00 1492370 5064980 Valle Olona (1°acquifero) INFERIORE COMUNE VENEGONO 3 VENEGONO 90,00 1490590 5063720 Valle Olona (Misto 1°-2° acquifero) INFERIORE INFERIORE COMUNE *VENEGONO 1 VENEGONO 109,00 1491470 5064330 Valle Olona (Misto 1°-2° acquifero) INFERIORE INFERIORE VENEGONO 21 AERMACCHI S.p.A. 115,00 1490975 5065420 Valle Olona (1°acquifero) SUPERIORE Settore Laghi Maggiore, Monate, VERGIATE 1 COMUNE VERGIATE 12,00 1478510 5063200 Comabbio (1°acquifero) * Punti di monitoraggio appartenenti alla rete Arpa

Tabella 7.2 - Rete Provincia di Varese utilizzata fino al 1999

7.1.2 Criteri d’impostazione della nuova rete di monitoraggio

Per la progettazione e l’ottimizzazione della nuova rete di monitoraggio sono stati presi in considerazione i seguenti fattori:

1. E’ fondamentale che i punti di monitoraggio siano distribuiti il più uniformemente possibile su tutto il territorio.

2. Sulla base del modello individuato nel presente studio è necessario infittire i punti di misura in corrispondenza dei principali acquiferi, in particolare in corrispondenza delle aree individuate come di possibile sviluppo acquedottistico. E’ Inoltre necessario aumentare il numero di punti di monitoraggio dove la conoscenza della superficie piezometrica è frammentaria.

3. E’ opportuno posizionare punti di controllo in corrispondenza di aree che presentino problematiche di tipo idrochimico di origine naturale (ad esempio contaminazione da 202

Arsenico nel Luinese) e di tipo antropico (aree ad elevata urbanizzazione e limitrofe a siti di stoccaggio rifiuti).

4. Ove possibile, potranno essere utilizzati piezometri già esistenti; in questo caso saranno necessari opportuni accordi con i proprietari sulle modalità e sui tempi delle attività di monitoraggio da svolgersi presso questi punti.

5. L’utilizzo di piezometri in luogo di pozzi per un’attività di monitoraggio rappresenta la soluzione migliore per i seguenti motivi:

• presentano caratteristiche di miglior accessibilità; inoltre molti pozzi sono dotati di flange di chiusura che impediscono la discesa della strumentazione necessaria all’attività di monitoraggio. • permettono la misurazione del livello statico; differentemente, i pozzi in funzione permanente (la maggior parte dei pozzi a scopi idropotabili) richiedono per tale scopo lo spegnimento con conseguenti difficoltà tecniche e amministrative. • possono permettere, posizionando trasduttori di pressione abbinati a data logger (locali o remote), l’ acquisizione di dati in maniera continua, anche per prolungati periodi di tempo.

6. Nel settore di pianura, contraddistinto da un acquifero multifalda, ogni punto di monitoraggio dovrà essere contraddistinto da due piezometri limitrofi e non comunicanti che permettano di monitorare la prima e la seconda falda senza pericoli di contaminazione della falda profonda.

7. Qualora la profondità dei punti di controllo sia maggiore di 120-130 m sarà necessario valutare l’ipotesi di eseguire pozzi pilota in quanto le tecniche classiche di perforazione dei piezometri non sono appropriate.

7.1.3 Rete di monitoraggio proposta

In virtù delle considerazioni sopra esposte e della presenza di reti esistenti gestite da ARPA e dalla Provincia di Varese, si ritiene opportuno che la futura rete di monitoraggio a scala provinciale sia impostata tenendo conto dei seguenti elementi:

1. Utilizzo delle reti ARPA e Provincia di Varese, costituite per la quasi totalità da pozzi, per un monitoraggio di tipo qualitativo (analisi chimiche) e per una misurazione dei livelli dinamici delle falde. Dovranno essere valutate le condizioni tecniche e amministrative dei pozzi appartenenti alla rete provinciale in quanto non utilizzati per le attività di monitoraggio da otto anni. La misurazione dei livelli statici presso pozzi attivi dovrà prevedere lo spegnimento degli stessi previo accordo con i rispettivi proprietari.

2. Utilizzo di piezometri esistenti (con caratteristiche idonee) e di nuova realizzazione come integrazione delle reti sopraccitate con le seguenti finalità: 203

• misura continua dei livelli statici delle falde; • monitoraggio di dettaglio delle aree d’interesse acquedottistico individuate nel presente studio; • copertura di aree prive o comunque carenti di punti di controllo; • monitoraggio specifico degli acquiferi profondi;

3. Realizzazione di sistemi di telecontrollo presso alcuni piezometri campione per un monitoraggio in tempo reale del comportamento naturale delle falde.

4. Il monitoraggio degli acquiferi fratturati sarà compiuto presso alcune sorgenti campione (vedi tabella sorgenti); misure di portata e analisi chimiche saranno effettuate presso i caselli di presa di tali sorgenti.

5. Presso i piezometri non dotati di sistema di telecontrollo sarà necessario incaricare personale competente per le operazioni di acquisizione dati, che dovranno essere compiute almeno a cadenza mensile. La raccolta dati presso i pozzi sarà a carico dei proprietari e dovrà essere effettuata a cadenza trimestrale

Nella seguente tabella viene formulata una proposta a carattere preliminare per la realizzazione di una rete di piezometri di monitoraggio evidenziati graficamente nella Tav 7.

N° Prof. N° Coord. Coord. Acquifero Comune sulla Proprietario Piez. Piez. X Y monitorato carta (m) DUMENZA* ? A 148359 509455 ASPEM ? Piana del Palone

PZ COMUNE DI CASALZUIGNO B 75,00 Valcuvia (1° acquifero) PILOTA 147803 508317 CASALZUIGNO PARCO CAMPO VALGANNA S3 C 20,00 Valganna (1° acquifero) 148577 508316 DEI FIORI PZ Settore Laghi Maggiore, COMUNE DI BREBBIA MONTE D 40,00 Monate e Comabbio (1° 147323 507550 BREBBIA NERO acquifero) Valle Olona VARESE PZM E ASPEM 13,00 148761 507450 (1°acquifero) COMUNE DI Valle Olona (1° GORNATE OL. TORBA 2 F 35,00 149006 506412 GORNATE OL. acquifero) Settore Lago di Varese DAVERIO DAV 11 G ASPEM 40,00 148224 506855 (1°acquifero) Settore Laghi Maggiore, VERGIATE PZ 9 H 147677 506050 CISR 72,00 Monate, Comabbio (1°acquifero) * il piezometro proposto andrà realizzato da ASPEM a seguito delle prescrizioni della Provincia di Varese emerse nell’ambito del rilascio della concessione dell’uso delle acque sotterranee della Piana del Palone

Tabella 7.3 - Piezometri esistenti

204

N° Prof. Coord. Comune sulla Coord.X Piez. Acquifero monitorato Y carta (m) ARCISATE I 1490797 5075463 70,00 Valceresio (1°acquifero)

ARCISATE L 1491099 5075458 150,00 Valceresio (2°acquifero)

ARCISATE M 1491534 5073750 40,00 Valceresio (1°acquifero)

ARSAGO SEPRIO N 1479159 5061076 100,00 Settore dossi morenici di Sumirago-Mornago (1°acquifero)

ARSAGO SEPRIO O 1479578 5061021 160,00 Settore dossi morenici di Sumirago-Mornago (2°acquifero)

CADREZZATE P 1471585 5071020 60,00 Settore Laghi Maggiore, Monate, Comabbio (1°acquifero)

CANTELLO Q 1491535 5073751 40,00 Valceresio (1°acquifero)

CARDANO AL Settore occidentale di pianura 50,00 CAMPO R 1480160 5054615 (1° acquifero) CARDANO AL Settore occidentale di pianura 100,00 CAMPO S 1480593 5054723 (2° acquifero)

CARNAGO T 1487541 5061940 40,00 Valle Arno (1°acquifero)

CASSANO Settore centrale di pianura 70,00 MAGNAGO U 1486773 5057986 (1° acquifero) CASSANO Settore centrale di pianura 120,00 MAGNAGO V 1487197 5057907 (2° acquifero)

CASTRONNO X 1485382 5066153 40,00 Valle Arno (1°acquifero)

CAVARIA CON 70,00 Valle Arno (1°acquifero) PREMEZZO Y 1484732 5060974 CUASSO AL 55,00 Valceresio (1°acquifero) MONTE Z 1491526 5082477 Settore orientale di pianura GERENZANO 80,00 AA 1500609 5054587 (1° acquifero) Settore orientale di pianura GERENZANO 180,00 AB 1501032 5054437 (2° acquifero)

GERMIGNAGA AC 1480733 5091036 30,00 Valcuvia (1°acquifero)

ISPRA AD 1471479 5072955 70,00 Settore Laghi Maggiore, Monate, Comabbio (1°acquifero)

LAVENO M. AE 1472109 5082292 40,00 Valcuvia (1°acquifero)

MORNAGO AF 1480695 5065947 40,00 Settore dossi morenici di Sumirago-Mornago (1°acquifero)

MORNAGO AG 1480393 5062605 40,00 Settore dossi morenici di Sumirago-Mornago (1°acquifero)

RANCO AH 1468735 5071206 40,00 Settore Laghi Maggiore, Monate, Comabbio (1°acquifero)

Settore centrale di pianura SAMARATE 80,00 AI 1484749 5051622 (1° acquifero) Settore centrale di pianura SAMARATE 130,00 AL 1485232 5051612 (2° acquifero) segue

205

N° Prof. Coord. Comune sulla Coord.X Piez. Acquifero monitorato Y carta (m) Settore occidentale di pianura SESTO CALENDE 150,00 AM 1472940 5063238 (1° acquifero)

SOLBIATE ARNO AN 1485586 5062176 40,00 Valle Arno (1°acquifero)

Settore occidentale di pianura SOMMA L.DO 100,00 AO 1477296 5057203 (1° acquifero) Settore occidentale di pianura SOMMA L.DO 150,00 AP 1477303 5056688 (2° acquifero)

TAINO AQ 1471365 5066405 40,00 Settore Laghi Maggiore, Monate, Comabbio (1°acquifero)

TAINO AR 1469652 5069690 40,00 Settore Laghi Maggiore, Monate, Comabbio (1°acquifero)

TRADATE AS 1491850 5061125 75,00 Pianalto Tradate-Settore Valle Olona(1°acquifero)

Settore orientale di pianura UBOLDO 90,00 AT 1499866 5051213 (1° acquifero) Settore orientale di pianura UBOLDO 180,00 AU 1500246 5051213 (2° acquifero)

VEDANO OLONA AV 1490194 5069195 50,00 Valle Olona (1° acquifero)

VEDANO OLONA AX 1490519 5069205 200,00 Valle Olona (2° acquifero)

Settore occidentale di pianura VIZZOLA TICINO 80,00 AY 1476385 5052025 (1° acquifero) Settore occidentale di pianura VIZZOLA TICINO 150,00 AZ 1476919 5051998 (2° acquifero)

Tabella 7.4 - Piezometri di nuova realizzazione

Le posizioni proposte hanno valore indicativo e vanno verificate con approfondimenti specifici che dovranno prendere in considerazione i seguenti fattori:

• situazione idrogeologica locale • disponibilità di aree adatte per la perforazione • disponibilità dei proprietari • accessibilità • disponibilità di energia elettrica

Sono inoltre state selezionate tre sorgenti campione considerate rappresentative del comportamento e dell’evoluzione idrodinamica delle principali tipologie di acquiferi fratturati produttivi, ovvero:

• acquiferi carsici (sviluppati nel complesso carbonatico intermedio) • acquiferi fratturati in rocce carbonatiche (sviluppati principalmente entro la dolomia del complesso carbonatico inferiore) • acquiferi fratturati in rocce cristalline (sviluppati principalmente nel complesso delle metamorfiti)

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N°sulla Coord. Acquifero Comune Coord.X Nome sorgente Proprietario carta Y monitorato Acquifero carsico- BARASSO SA 1481241 5075881 Luvinate - 1 ASPEM Idrostruttura Campo dei Fiori Acquifero carbonatico- VARESE SB 1484585 5079127 Rasa-Sesnivi - 1 ASPEM Idrostruttura Campo dei Fiori Sopra Due Cossani - Acquifero cristallino – DUMENZA SC ASPEM 1483270 5097571 12 Idrostruttura Veddasca Tabella 7.5 – Sorgenti campione

Le proposte relative alla scelta delle sorgenti campione ha valore indicativo; operativamente si renderà necessario accertare le disponibilità del concessionario a modificare le opere di presa e di adduzione per permettere il monitoraggio delle portate, l’immagazzinamento dei dati e l’eventuale trasmissione.

7.1.4 MODALITA’ DI ESECUZIONE DEI PUNTI DI MONITORAGGIO DI NUOVA REALIZZAZIONE

Piezometri Vengono di seguito riportate le specifiche tecniche di massima, strumentazione e prove necessarie alla realizzazione e messa in esecuzione dei nuovi piezometri.

Specifiche tecniche – Piezometri fino a 50 m di profondità: • perforazione a carotaggio continuo; per completezza d’informazioni sarà opportuno attraversare completamente l’unità acquifera e spingere la perforazione qualche metro entro il livello impermeabile di base dell’acquifero. • Rivestimento provvisorio del foro con diam. 178 mm finale • diametro di perforazione 146 mm finale • utilizzo di tubazioni definitive in PVC atossiche, specifiche per l’utilizzo nel campo dei pozzi ad uso idropotabile, del diametro interno di 127 mm • Il formato delle fenestrature dei tubi piezometrici verrà stabilito sulla base della caratterizzazione granulometrica dell’acquifero

completamento del foro con: • tappo bentonitico posto in sommità tra perforo e tubazione definitiva, spesso almeno 1 m, atto ad impedire l’ingresso facilitato delle acque superficiali in falda • manto drenante, costituito da ghaia fine silicea selezionata della granulometria idonea posata in corrispondenza degli orizzonti acquiferi • tappo a tenuta stagna e chiusino fuori terra in lamiera metallica dotato di lucchetto, fissato mediante la cementazione della base.

Specifiche tecniche – Piezometri superiori a 50 m di profondità: • perforazione a carotaggio continuo con diametro finale minimo pari a 101 mm; per completezza d’informazioni sarà opportuno attraversare completamente l’unità acquifera e spingere la perforazione qualche metro entro il livello impermeabile di base dell’acquifero • Rialesatura del foro di carotaggio con impiego di martello a fondo foro o scalpello triconico con diametro finale 216 – 280 mm in funzione della profondità 207

• utilizzo di tubazioni definitive in acciaio del diametro interno di 127 mm • Il formato delle fenestrature dei tubi piezometrici verrà stabilito sulla base della caratterizzazione granulometrica dell’acquifero

completamento del foro con: • tappo bentonitico posto in sommità tra perforo e tubazione definitiva, spesso almeno 1 m, atto ad impedire l’ingresso facilitato delle acque superficiali in falda. • manto drenante, costituito da ghaia fine silicea selezionata della granulometria idonea posata in corrispondenza degli orizzonti acquiferi • tappo a tenuta stagna e chiusino fuori terra in lamiera metallica dotato di lucchetto, fissato mediante la cementazione della base.

Nel Sud della Provincia, dove sono presenti due acquiferi sovrapposti, i piezometri dovranno essere realizzati avendo cura di evitare misure miste e contaminazioni della falda profonda. Sarà quindi opportuna la realizzazione di due piezometri, uno superficiale e uno profondo, adiacenti e distinti. Il piezometro intestato nell’acquifero profondo andrà realizzato escludendo la falda superficiale. Tale operazione verrà effettuata prevedendo una tubazione cieca al di sopra dell’acquifero d’interesse; l’intercapedine verrà riempita con materiale isolante (bentonite, compactonite o argilla di cava) in corrispondenza di tratti ciechi e di ghiaietto in corrispondenza di quelli fenestrati.

Strumentazione e prove tecniche

La perforazione dei piezometri di controllo andrà preceduta dalla progettazione esecutiva degli stessi e dall’ottenimento di idonee autorizzazioni da parte della Provincia. Durante l’esecuzione andrà prevista un’assistenza geologica di cantiere. Una volta concluse le opere di realizzazione dei piezometri dovranno seguire: • attività di spurgo fino a completa chiarificazione delle acque. • prove di pompaggio a gradini e a portata costante per la caratterizzazione idrogeologica dell’ acquifero. • prove di pompaggio presso i piezometri di falda profonda con l’ausilio di un piezometro superficiale adiacente, ed eventualmente di prove con traccianti, per la verifica dell’isolamento della seconda falda. • posizionamento di misuratori in continuo (diver) dei livelli statici di falda, ove previsto. • posizionamento di strumentazione gsm, ove richiesto, per l’invio dei dati acquisiti alla centrale operativa di controllo. • l’intorno del piezometro dovrà possibilmente essere messo in sicurezza e ben segnalato tramite utilizzo di opportuni manufatti e delimitazioni ; la strumentazione gsm per la trasmissione dati dovrà essere collocata in posizione di sicurezza e dotata di manufatti adatti ad evitare manipolazione o atti vandalici.

Sorgenti Per quanto riguarda le sorgenti si constata che, al momento attuale, con eccezione delle Sorgenti di Luvinate, i caselli di presa non sono dotati di strumenti in grado misurare le portate

208

effettive. Per fini pratici i gestori provvedono esclusivamente alla misura delle portate d’acqua immesse nella rete acquedottistica, spesso relative a più sorgenti (all’uscita dei bacini di accumulo) trascurando quelle rilasciate attraverso i “troppo pieni”. I valori così ottenuti possono essere significativi nei periodi di magra, quando non ci sono esuberi, ma non lo sono in condizioni di piena. Per l’attività di monitoraggio degli acquiferi fratturati sarà, quindi, necessaria la realizzazione di stramazzi dotati di idrometrografi oppure di flussimetri a monte delle vasche di troppo pieno e dei bacini di accumulo. In alternativa andranno predisposti doppia strumentazione di misura relativa all’immissione in rete ed al troppo pieno. La scelta definitiva delle sorgenti campione andrà accompagnata da studi idrogeologici di dettaglio dei punti prescelti, comprensivi di caratterizzazione idrogeologica del bacino, bilancio, idrogeochimica ed eventuali test con traccianti. Si ritiene importante sottolineare che l’impostazione della rete di monitoraggio e le direttive tecniche esecutive qui proposte rappresentano la fase preliminare di uno studio di maggior dettaglio da compiersi in una fase successiva, necessario alla completa definizione delle caratteristiche tecnico-costruttive della rete di monitoraggio definitiva. I dati raccolti andranno interpretati mensilmente, con frequenza maggiore in casi di crisi idrica, al fine anche di avere un valore predittivo in caso di assenza di precipitazioni. La rete di monitoraggio delle acque sotterranee andrà, se possibile, implementata coordinandola con quelle meteorologica (per la quantificazione degli apporti e dell’evotraspirazione) e delle acque superficiali.

209

7.2 Individuazione delle aree di interesse ai fini della modellizzazione dell’acquifero

La caratterizzazione idrogeologica della Provincia di Varese condotta nell’ambito della presente indagine ha consentito di identificare le principali idrostrutture presenti nei depositi alluvionali. Su tali idrostrutture, ed in particolare su quelle di interesse acquedottistico a scala comunale e sovracomunale attualmente oggetto di sfruttamento e/o di futura captazione, si ritiene necessario implementare uno o più modelli idrogeologici finalizzati a • approfondire le conoscenze circa il bilancio idrogeologico dei singoli acquiferi • valutare l’attuale condizione di sfruttamento della risorsa ai fini della corretta gestione e pianificazione dell’utilizzo della stessa • definire le aree caratterizzate da disponibilità idriche residue e quantificare le riserve ai fini di una loro tutela ed utilizzo per la risoluzione delle problematiche di approvvigionamento potabile.

Nei paragrafi seguenti verranno pertanto identificate e descritte le strutture idrogeologiche che potranno essere oggetto di futura modellizzazione e ne verranno sommariamente identificati i limiti al contorno.

Le principali strutture idrogeologiche che prioritariamente dovranno essere oggetto di futura modellazione saranno le seguenti:

A. Idrostruttura della Valcuvia B. Idrostruttura della Val Ceresio C. Idrostruttura della valle del T. Arno D. Idrostruttura della valle del F. Olona E. Idrostruttura del settore di Pianura

Risultano escluse dalla modellizzazione le seguenti idrostrutture:

• dei dossi morenici di Mornago e Sumirago (F), in quanto di scarso interesse ai fini acquedottistici; • lungo il Lago Maggiore (G) in quanto i dati idrogeologici disponibili per tali acquiferi sono attualmente scarsissimi. • Idrostruttura della Val Ceresio – Valle della Bevera (H), in quanto la sua particolare geometria, i rapporti stratigrafici incerti (con presenza di profondi paleoalvei in conglomerato) e le notevoli difficoltà nella ricostruzione della superficie piezometrica rendono estremamente complessa la sua modellazione idrogeologica.

Per tali strutture, solo a seguito di una prima acquisizione di dati da una rete di monitoraggio appositamente istituita, potrà essere valutata l’applicabilità di un modello matematico.

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7.2.1 Identificazione delle aree del modello

L’analisi idrogeologica effettuata e le future finalità del modello hanno condotto alla definizione nelle tre dimensioni dei limiti dei sistemi idrogeologici da modellizzare.

Nel modello di simulazione l’assegnazione delle condizioni al contorno è indipendente dal reticolo di discretizzazione spaziale adottato e dai passi temporali di integrazione utilizzati.

Definito il contorno del modello, occorre individuare i sottotratti in cui è possibile assegnare a scelta le seguenti condizioni al contorno:

• limite impermeabile; • carico imposto (condizione di Dirichlet); • flusso imposto in ingresso/uscita (condizione di Neumann); • flusso funzione di un carico idraulico assegnato in ingresso/uscita (condizione di Fourier, applicata ad es. nell’interscambio fiume-falda).

Le condizioni di livello e di flusso imposto possono essere costanti o variabili nel tempo ed essere assegnate anche in punti interni al modello e in corrispondenza di qualunque livello di discretizzazione verticale.

Di seguito, per ogni idrostruttura di interesse, sono sommariamente descritte caratteristiche ed i limiti idrogeologici che potrebbero essere utilizzati per la modellizzazione. Quanto segue potrà essere utilizzato come base di partenza per la modellazione e verrà comunque assoggettato a verifica ed eventuale revisione, anche a seguito dell’attivazione della rete di monitoraggio dell’AATO.

Idrostruttura della Valcuvia LIMITI ORIZZONTALI Limite N e S - flusso nullo in corrispondenza delle aree di emersione del substrato roccioso Limite W – da definirsi ( forte eteropia con passaggio da acquifero libero a confinato e parziale scarico in corso d’acqua superficiale) Limite E - a carico costante o a flusso imposto LIMITI VERTICALI L’acquifero da modellizzare è monostrato e di tipo libero, passante verso valle a confinato. La sua base è identificata a E dal substrato roccioso, ad W da sequenze argillose realmente continue.

Idrostruttura della Val Ceresio LIMITI ORIZZONTALI Limite W e E - flusso nullo in corrispondenza delle aree di emersione del substrato roccioso Limite N – tipo lake Limite S - a carico costante o a flusso imposto LIMITI VERTICALI L’acquifero da modellizzare è multistrato (2 livelli) un primo superiore di tipo libero, uno profondo da semiconfinato a confinato. La sua base è identificata a E dal substrato roccioso, ad W da sequenze argillose realmente continue. 211

Idrostruttura della valle del T. Arno Limite W e E - flusso nullo in corrispondenza delle aree di affioramento dei depositi glaciali e fluvioglaciali antichi e di emersione del substrato roccioso Limite N – a flusso imposto (ricarica dalle aree di affioramento dei depositi glaciali) Limite S - a carico costante o a flusso imposto (limite coincidente con quello degli acquiferi di pianura) LIMITI VERTICALI L’acquifero da modellizzare è monostrato da semiconfinato a confinato contenuto in depositi ghiaioso e conglomeratici Verso S diventa multistrato da semiconfinato a confinato. La sua base è identificata a N dal substrato roccioso, a S da sequenze argillose realmente continue.

Idrostruttura della valle del F. Olona Limite W e E - flusso nullo in corrispondenza delle aree di affioramento dei depositi glaciali e fluvioglaciali antichi e di emersione del substrato roccioso Limite N – a carico costante o a flusso imposto Limite S - a carico costante o a flusso imposto (limite coincidente con quello degli acquiferi di pianura) LIMITI VERTICALI L’acquifero da modellizzare è multistrato distinto in un acquifero superiore da libero a semiconfinato in depositi ghiaioso-conglomeratici ed in uno confinato profondo.

Idrostruttura del settore di Pianura Limite N – a flusso imposto (entrate dalle idrostrutture confinanti (Arno,Valle Olona, aree collinari)). Limite S - a carico costante o a flusso imposto (in corrispondenza di una linea isopiezometrica di valle ) Limite W e E - flusso nullo in corrispondenza di spartiacque idrogeologici e/o di linee di flusso) LIMITI VERTICALI L’acquifero da modellizzare è multistrato distinto in un acquifero superiore da libero a semiconfinato in depositi ghiaioso saggiasi e conglomeratici (Gruppo acquifero A e B secondo la classificazione della regione Lombardia) ed in uno confinato profondo (Gruppo acquifero C e D).

Per alcuni settori si evidenzia sulla base dei dati fin d’ora disponibili la rilevanza degli interscambi tra l’acquifero “tradizionale” (complesso freatico e complesso semiconfinato) e il sottostante sistema multifalda in pressione.

In relazione alla rilevanza almeno locale degli interscambi, in alcuni settori sarà comunque necessario modellizzare la presenza del complesso multifalda in pressione, attraverso le seguenti opzioni alternative:

a - simulazione del complesso acquifero in quanto tale, inserendo nel modello geometrie dei livelli acquiferi e semipermeabili, carichi idraulici, parametri idrodinamici; b - simulazione attraverso l’inserimento nel modello di uno strato acquifero “fittizio” con rapporti di drenanza da e verso l’acquifero tradizionale. 212

In quest’ultimo caso la calibrazione non riguarderà come nell’opzione a le variabili idrodinamiche dell’acquifero profondo (geometrie degli strati acquiferi/semipermeabili, carichi idraulici, conducibilità idraulica e storage dei singoli livelli), ma un unico parametro ovvero l’entità del leakage. in funzione degli effetti sulla piezometria dell’acquifero tradizionale, fino alla migliore rispondenza tra calcolato ed osservato.

La scelta dell’una o dell’altra opzione modellistica dipenderà sostanzialmente dalla disponibilità di dati idrogeologici, limitando la prima agli specifici settori dove risulti del tutto esaustiva la caratterizzazione del complesso profondo e dell’aquitardo di separazione.

La simulazione del complesso multifalda profondo, dove significativa, rappresenterà in ogni caso un’evoluzione del modello successiva all’implementazione e alla prima calibrazione dello stesso. In una prima fase non verrà considerato alcun leakage dall’acquifero confinato, nella ricerca di uno schema modellistico semplice, tale da evitare l’inserimento in fase iniziale di variabili aleatorie non calibrabili su dati reali.

7.2.2 Definizione della discretizzazione spaziale e temporale del modello

Per l’elaborazione del modello idrogeologico sarà necessario acquisire una serie di dati di base necessari alla calibrazione del modello stesso (vedi tabella); i dati raccolti e validati saranno inseriti in ingresso al modello di simulazione con il migliore grado di discretizzazione spaziale possibile, in funzione del grado di dettaglio offerto dai dati di base disponibili.

Tipologie di dati diversi potranno avere discretizzazione spaziale e temporale diverse. Nel contempo, zone di maggiore interesse potranno essere caratterizzate da un grado di dettaglio nei dati di discretizzazione spaziale e temporale molto più esteso che in altre zone di minore interesse o marginali.

La discretizzazione spaziale di calcolo del modello (compresa quella sulla verticale dell’acquifero), del tutto indipendente da quella caratterizzante la geometria dell’acquifero, le condizioni iniziali e al contorno, le forzanti esterne ecc., sarà definita solo dopo aver inserito tutti i dati nel modello, prima dell’esecuzione degli scenari di simulazione.

Con riferimento alla situazione di eterogeneità della struttura idrogeologica ed in particolare della disponibilità dei dati dovrà essere condivisa, con i tecnici di AATO e Provincia, la scelta delle dimensioni delle maglie di lavoro (ad integrazione di quanto sopra previsto) in funzione alla densità dei dati, alle caratteristiche strutturali del corpo acquifero da modellare.

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CLASSE SOTTOCLASSE TIPOLOGIA FREQUENZA/SPECIFICA FINALITA' precipitazioni mensile infiltrazione efficace da meteo, elaborato Meteo come contour del dato puntuale temperatura mensile incrociato con uso suolo e pedologia localizzazione media stag, colmo evento di piena di portata rif, durata eventi, altezza idrologica idrografia naturale condizioni al contorno. entrate /uscite dal permeabilita' (fiumi, torrenti) sistema idrogeologico. altezza idro mensile aree esondate geometria Idrologia localizzazione differenziazione tratti tombinati idrografia media mensile/stagionale, durata in combinazione con uso suolo per la artificale (rogge, portata periodi di attivia' stima della ricarica da pratica agricola fontanili, canali) natura alveo naturale/cementato bacini irrigui localizzazione specchi d'acqua condizioni al contorno. entrate /uscite dal (laghi e cave ) altezza idro mensile sistema idrogeologico. geometria verde impermeabile in combinazione con idrografia art. per la uso suolo coltivato stima della ricarica da pratica agricola e distribuzione colture dato puntuale e/o statistiche con meteo per la ric. da precipitazione Suolo in combinazione con idrografia art. per la Pedologia stima della ricarica da pratica agricola e classi di permeabilita' con meteo per la ric. da precipitazione reti acquedottistiche infiltrazione artificiale in aree urbane reti fognatura Sottoservizi Sottosuolo tracciati linee viabilita' in sotterranea barriere impermeabili ricostruzione e parametrizzazione Geologia classi di permeabilita' acquiferi ed aquitardi identificazione unita' unita'

idrogeologiche litologia stratigrafie geometria sezioni permeabilita' parametrizzazione porosita' eff interpretaz. prove pompaggio coeff. immagazzinam localizzazione Sottosuolo profondita' saturo posiz. filtri annuo, medio sul periodi di pozzi uscite dal sistema consumi funzionamento tipo derivazione durata periodo di funzionam. anno inizio deriv stratigrafia pozzi pubblici condizione iniziale, validazione modello piezometria cave e scenari di riferimento siti contaminati Tabella 7.6 – Tipologia di dato da acquisire

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Nel modello potranno essere utilizzate serie temporali in ingresso a passo qualunque (orarie, giornaliere, settimanali, mensili ecc.), per cui sarà preferibile introdurre direttamente le serie storiche di misura con il passo temporale originario, previa ovviamente un’analisi di affidabilità della stessa.

8 DOCUMENTAZIONE TECNICA ESAMINATA (BIBLIOGRAFIA)

Per la natura della documentazione tecnica esaminata può essere improprio il termine bibliografia in quanto non si è trattato di esaminare documentazione editoriale ufficialmente pubblicata quanto piuttosto elaborati tecnici e banche dati disponibili presso gli Enti interessati.

Tuttavia si è ritenuto utile elencare in forma sintetica le principali fonti dei dati che costituiscono la base del presente studio.

Provincia di Varese:

Piano Cave della Provincia di Varese (Varese 2003)

Database delle fonti di approvvigionamento idrico soggette a concessione demaniale di piccola derivazione

Database dei quantitativi idrici prelevati da pozzi pubblici e privati

Archivio cartaceo dei dati stratigrafici dei pozzi per acqua del territorio provinciale (da Lombardia Risorse)

ARPA Dipartimento provinciale di Varese:

Database delle analisi chimico fisiche e microbiologiche effettuate su campioni d’acqua di pozzo

Database delle misure piezometriche della falda idrica effettuate sui pozzi della rete di controllo regionale

Comuni della Provincia di Varese e Enti gestori:

Dati relativi all’ubicazione e all’anagrafica dei pozzi per acqua Dati relativi ai quantitativi idrici prelevati e distribuiti dal pubblico acquedotto Dati tecnici generali, dorsali acquedottistiche e fognarie Dati relativi a eventuali crisi idriche, inquinamenti delle acque e problematiche sulla rete acquedottistica

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Enti esterni al territorio provinciale:

Dati analoghi relativi al territorio dei comuni contermini

Fonti dati e pubblicazioni consultate per il capitolo “Caratteri meteoclimatici”:

Fonti dati

Centro Meteo Lombardo – www.centrometeolombardo.com

SCIA – Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale – www.scia.sinanet.apat.it

ARPA – Servizio meteorologico regionale – www.arpalombardia.it/meteo/meteo.asp

Pubblicazioni consultate

Rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Lombardia 2001 – ARPA Lombardia

I° programma regionale di previsione e prevenzione, Meteorologia e Clima – ERSAL Servizio Meteorologico Regionale (1998)

Profilo climatico dell'Italia – S. Petrarca, F. Spinelli, E. Cogliani, M. Mancini (1999)

Carta delle precipitazioni medie, massime e minime annue del territorio alpino della Regione Lombardia (registrate nel periodo 1891 – 1990) – Ceriani M., Carelli M. – Regione Lombardia

Rainfall fluctuations over Italy and their association with solar activity – Mazzarella A., Palumbo F. (1992)

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