i Lions ossolani alla propria Terra

Hanno collaborato per i testi:

Tullio Bertamini, Gianfranco Bianchetti, Paolo Bologna, Paola Caretti, Marco Cattin, Umberto Chiaramonte, Cesarina Masini Chieu, Caterina Bensi Chiovenda, Galeazzo Maria Conti, Paolo Crosa Lenz, Alberto De Giuli, Raffaele Fattalini, Germana Fizzotti, Carmine Gaudiano, Sergio Lucchini, Enrico Margaroli, Cesare Melchiorri, Renzo Mortarotti, Rosario Mosello, Gilberto Oneto, Anna Pagani, Angela Travostino Preioni, Mauro Proverbio, Ettore Radici, Pier Antonio Ragozza, Aldo Roggiani, Enrico Rizzi, Franca Paglino Sgarella, Giacomo Zerbini.

Comitato di redazione: Antonio Pagani - Coordinatore generale Paola Caretti - Raffaele Frassetti - Alessandro Grossi - Sergio Lucchini - Giampaolo Prola Consulenti: Tullio Bertamini Fotografie: Carlo Pessina -Agenzia Pessina, Domodossola Copertina: Giampaolo Prola

Il Lions Club Domodossola desidera esprimere la propria gratitudine a tutti coloro che, collaborando o contribuendo, hanno reso possibile la realizzazione di quest’opera

© Lions Club Domodossola - 2005 Tutti i diritti riservati. Riproduzione anche parziale vietata.

Il volume è stato curato dalla Edizioni Grossi - Domodossola

Stampato dalla Tipolitografia Saccardo Carlo & Figli s.n.c. - Ornavasso (VB) Sommario

pag. 15 La Storia ” 17 Dalla preistoria al traforo del Sempione Tullio Bertamini ” 57 La “repubblica” dell’Ossola Paolo Bologna ” 69 L’archeologia Alberto De Giuli ” 75 Ambiente e natura ” 77 Un paesaggio verticale Renzo Mortarotti ” 87 L’acqua e la pietra Aldo G. Roggiani e Marco Cattin ” 103 Acque termali e acque minerali Pier Antonio Ragozza ” 109 Il clima Tullio Bertamini e Rosario Mosello ” 119 La flora Cesarina Masini Chieu ” 135 La fauna Franca Paglino Sgarella ” 149 I parchi e le riserve naturali Paolo Crosa Lenz ” 155 La cultura ” 157 Ossolani illustri Angela Travostino Preioni ” 195 Antonio Rosmini Anna Pagani ” 203 I monumenti e i segni d’arte Gian Franco Bianchetti ” 231 I letterati ossolani Enrico Margaroli

7 pag. 239 “Walser”: gli uomini dell’alta montagna Enrico Rizzi ” 241 L’Ossola e il Sempione nei diari di viaggio Raffaele Fattalini ” 245 Tradizione, folclore e leggende Germana Fizzotti ” 259 Storia dei costumi Caterina Bensi Chiovenda ” 265 Attività umane e tempo libero ” 267 Economia e sviluppo industriale Umberto Chiaramonte e Sergio Lucchini ” 297 L’agricoltura, l’allevamento e i prodotti tipici Giacomo Zerbini ” 305 L’artigianato e il commercio Paola Caretti ” 313 L’energia idroelettrica Ettore Radici ” 319 L’attività estrattiva Mauro Proverbio ” 333 L’architettura tradizionale Galeazzo Maria Conti e Gilberto Oneto ” 341 Il turismo Carmine Gaudiano e Paola Caretti ” 353 Lo sport Cesare Melchiorri

8 erra d’Ossola. Una terra abbracciata dai monti, una terra di acqua e di vento, ora aspra e rustica, ora dolce e Tsontuosa. Silenziosa sotto la coltre di neve, o esuberante quando il verde intenso colora i suoi boschi, la nostra Terra d’Ossola ci riserva ogni giorno un angolo nuovo, inedito. E noi, che come alberi affondiamo le radici in que- sto spaccato di mondo e assorbiamo di giorno in giorno da questo terreno la nostra linfa vitale, abbiamo il dovere di scoprire, di conoscere e tramandare i mille tesori che secoli di storia ossolana ci hanno regalato. Per queste ragioni il Lions Club Domodossola, in occasione del Quarantennale della sua Fondazione, ha voluto raccogliere in un’unica opera, completa ed aggiornata, il pensiero di studiosi che all’Ossola hanno dedicato approfondite ricerche. Sulla scia del successo ottenuto nelle due precedenti edizioni, questo terzo volume di “Terra d’Ossola” intende divenire uno strumento di facile consultazione, soprattutto per gli studenti, che avranno a loro disposizione anche la versione in- formatizzata raccolta in un CD e un DVD. Il volume, che si legge come un lungo racconto della storia antica e mo- derna delle nostre genti di montagna, è dedicato proprio ai giovani. Attraverso la parola scritta, intesa come valore storico da non disperdere come foglie al vento, ci auguriamo che i giovani possano trovare il giusto sentiero che uni- sce passato e futuro, e infondere uno spirito nuovo alla loro terra. Determinante per la realizzazione del libro sono stati i generosi contributi offerti dalla Provincia del Verbano Cusio Ossola e dalla Banca Popolare di Intra, ai qua- li vanno i nostri particolari ringraziamenti. Degno di nota è l’interesse manifestato dai numerosi sostenitori e spon- sor, così come lodevole è l’entusiasmo con cui hanno lavorato i soci del Lions Club che, accogliendo il mio invito, si sono prodigati per la buona riuscita dell’iniziativa. Naturalmente un grazie agli autori, che hanno confermato, con la volontà e il valore dei loro saggi, l’efficacia dell’agire comune per esaltare le virtù della nostra “Terra d’Ossola”.

Gian Luigi Caretti Presidente del Lions Club Domodossola

9 uguro a questa edizione di “Terra d’Ossola”, la terza, la stessa fortuna e successo delle due che l’hanno prece- Aduta, quella del 1984, da tempo esaurita, e la seconda, del 1994, diventata utile e agile strumento per studio- si e studenti di storia ossolana. Il mio augurio, più che esprimere una speranza, esprime una certezza, che deriva dall’alta qualità dei testi redatti da firme note del panorama letterario locale. Ad incrementare le opportunità di successo sicuramente contribuirà la novità proposta, a corredo della carta stam- pata, di un CD multimediale utile come software per gli studenti e un supporto DVD. Mi pare la strada giusta per rendere moderna e all’avanguardia un’opera che ricostruisce e riassume secoli di storia, di arte e di attività umane che tanto hanno contribuito a valorizzare il territorio. “Terra d’Ossola” rappresenta dunque un mezzo importante per conservare le tradizioni locali, anche in funzione di- dattica e, in generale, per tutti coloro che desiderano approfondire la conoscenza del territorio. Altro augurio che mi sento di esprimere, di fronte ad opere di pregio come questa, è che rappresentino anche un momento di riflessione per consolidare le basi su cui poggia il futuro della nostra terra. In altre parole, spero che la comprensibile e giusta tensione verso la salvaguardia delle tradizioni locali non sia sterile sguardo rivolto al passato, ma anche preludio di un nuovo modo di vivere “l’ossolanità”, aprendola al confronto con le altre zone della nostra Provincia. Credo che “Terra d’Ossola” debba essere letto coniugando al futuro quanto si racconta nelle sue pagine. Oggi come non mai l’Ossola deve guardare avanti, i suoi abitanti devono diventare sempre più artefici delle proprie sorti in un positivo e coeso rapporto con quanto vi è oltre i confini ossolani, in primis Verbano e Cusio. Spero che i giovani, a cui l’opera è rivolta in modo particolare, possano più di altri guardare lontano, raccogliendo il testimone degli studiosi e scrittori locali e così trovare nel libro nuovi stimoli per approfondire gli argomenti trat- tati e continuare il prezioso lavoro di ricerca fin qui compiuto.

Paolo Ravaioli Presidente Provincia del Verbano-Cusio-Ossola

10 a quasi novant’anni, Banca Popolare di Intra è presente in Ossola. L’apertura della sede di Domodossola e D della filiale di Villadossola risale infatti al 1919. Pochi anni dopo, nel 1921, è stata invece la volta di Orna- vasso, cui sono seguite negli anni successivi , Pieve Vergonte, Trontano, Domodossola Agenzia di Città, Ba- ceno, e, nel 1998, Varzo. In questo lungo arco di tempo, Banca Popolare di Intra si è posta un obiettivo prioritario: favorire la crescita e lo sviluppo del territorio ossolano. Nei suoi 132 anni di storia, Popolare di Intra ha mantenuto e valorizzato la sua identità di Banca che fa dell’atten- zione al territorio, del rapporto personale con i clienti, della capacità di ascolto e della capacità di proporre con tem- pismo prodotti e servizi innovativi i punti forti della sua azione. Detto altrimenti, ha saputo conservare immutata la propria identità, riuscendo, contemporaneamente, a tenersi al passo con i tempi e a raccogliere le sollecitazioni del mercato mettendone a frutto mutamenti e trasformazioni. Alla luce di tutto questo appare naturale il nostro sostegno alla realizzazione della nuova edizione di Terra d’Ossola che il Lions Club Domodossola pubblica per celebrare il quarantennale della sua fondazione, nella convinzione che la “salvaguardia delle tradizioni abbia senso e valore solo in quanto diventa apertura verso nuove conquiste di valo- ri civili”. Il libro, che vanta già due edizioni, viene ora aggiornato nei contenuti e nello stile e arricchito con un cd multime- diale di carattere didattico e un supporto visivo in dvd con l’obiettivo prioritario di illustrare agli studenti locali la storia, la cultura e le tradizioni ossolane. E’ anche attraverso la partecipazione alla realizzazione di iniziative editoriali come queste che passa la capacità della Banca Popolare di Intra di essere ciò che è: un vero punto di riferimento per tutto il territorio. Territorio rispetto al quale la “Intra” costituisce un motore di crescita e di sviluppo, non solo economico.

Sandro Saini Presidente Banca Popolare di Intra

11 Sponsor ufficiali dell’opera:

Provincia del Verbano Cusio Ossola Banca Popolare di Intra

Hanno contribuito alla realizzazione:

Antigorio s.n.c. - Graniti, Serizzi, Beole Assocave VCO Assograniti VCO Autoservizi Comazzi s.r.l. Gigliola e Giorgio Brizio Davide Campari - Milano S.p.A. - Stabilimento di Crodo Gianluigi Caretti Comunità Montana Antigorio Divedro Formazza Comunità Montana Valle Antrona Comunità Montana Monte Rosa Comunità Montana Valle Ossola Comunità Montana Distretto Turistico dei Laghi Fornaroli dott. Giovanni Fratelli Poscio S.p.A. Frua Cav. Mario S.p.A. Immobiliare Lepontina s.r.l. Impredil s.r.l. - Costruzioni Edili Ingeoart s.r.l. International Chips s.r.l. Libreria Grossi Manifattura di Domodossola Marini Quarries Group s.r.l. Niccioli Ercole Ing. Antonio Pagani Studio Pavan s.r.l. Riserva Naturale Speciale Sacro Monte Calvario di Domodossola Sciovie Lusentino Moncucco s.r.l. Siena Gianluigi - Agenzia RAS - Domodossola Società Subalpina Imprese Ferroviarie S.p.A. Parco Nazionale Val Grande Parco Naturale Veglia Devero VCO Azzurra TV

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“Pro memoria Ossolano”. Pittura su tela cm 100x100, 1979 di Giuliano Crivelli. Propr. Comunità Montana Valle Ossola. La Storia Domodossola, Torretta delle antiche mura (sec. XIV). Dalla Preistoria al traforo del Sempione Tullio Bertamini

II breve schizzo storico qui proposto vuole offrire solo Uberi che abitavano nell’altro versante delle Alpi oltre il qualche indicazione cronologica e qualche riferimento Gottardo. Difficile stabilire quale fosse l’origine dei Le- più specificatamente ossolano, quasi un disegno in rilie- ponzi. Alla loro formazione probabilmente contribui- vo, sulla storia delle regioni più vicine e più vaste come rono sia i discendenti dei popoli che nel Neolitico si la Lombardia, il Piemonte e l’Italia settentrionale, storia erano insediati in queste regioni e successivamente altri che dobbiamo in gran parte supporre a tutti nota o co- provenienti dalla pianura padana (Liguri) e dalle regio- munque facilmente accessibile. Saranno anche trascura- ni transalpine (Celti). Pare che un profondo amalgama ti molti fatti di interesse troppo locale, puntando invece di popoli sia avvenuto in questa regione nel VI secolo su quelli che coinvolgono l’intiera regione ossolana. avanti Cristo quando i Galli calarono in Italia e si scon- trarono con gli Etruschi e poi con i Romani. I Lepon- Dalla preistoria alla fine dell’Impero Romano d’Oc- zi ebbero certamente una propria cultura ed un proprio cidente (sec. V) linguaggio, ma subirono l’influenza degli Etruschi loro L’archeologia ci dice che l’Ossola fu abitata dagli uomi- confinanti a sud, da cui ebbero l’alfabeto. I pochi do- ni fin da epoca immemorabile. I ritrovamenti di utensi- cumenti scritti in lingua lepontica (non ancora perfet- li, armi e suppellettili di pietra, di bronzo, di ferro e di tamente decifrati) sono stati formulati con quell’alfabe- ceramica ci informano che insediamenti umani dovet- to. Solo dopo la conquista romana adotteranno l’alfabe- tero essere già presenti almeno nel Neolitico e successi- to latino. I ritrovamenti tombali ci informano che i Le- vamente nell’età del bronzo e sempre più intensivamen- ponzi erano soprattutto agricoltori e pastori, ma capa- te nell’età del ferro, cioè almeno dal terzo millennio pri- ci anche di fondere il bronzo e lavorare i metalli. Armi ma di Cristo. Cacciatori e raccoglitori di frutti prima e, ed arnesi di lavoro ci parlano di un popolo forte e tena- poi, pastori, agricoltori e ricercatori di minerali, contri- ce nella coltivazione dei campi e nella difesa della pro- buirono a conoscere la regione, dissodarne i campi ed i pria libertà. Furono infatti fieri, come tutti i popoli al- prati e bonificare le zone di pascolo oltre il limite del- pini, della loro indipendenza e perciò si opposero an- la vegetazione arborea. Furono naturalmente scelti per che ai Romani che, dopo aver superato gli Etruschi, si primi i luoghi più sicuri ed a solatio sui pendii delle val- affacciavano alla pianura padana. Perciò dopo la prima li, ricchi di terreno fertile, prossimi alle sorgenti e sicu- guerra punica ci fu uno scontro durissimo fra i Roma- ri dalle fiere e dagli altri nemici. ni ed i popoli della Gallia Cisalpina, Leponzi compre- Gli storiografi che accennano all’Ossola sono molto tar- si. I Romani, vittoriosi, con la disfatta degli Insubri e la divi. Il primo che ce ne dà una indicazione è il geogra- conquista di Milano loro capitale (222 a.C.), imposero fo Tolomeo (II sec. d.C.) il quale ricorda confusamente le colonie militari di Cremona e Piacenza. Quando poi una Oscella Lepontiorum, cioè una regione abitata da Annibale attraversò le Alpi (218 a.C.), i Leponzi si uni- un popolo chiamato dei Leponzi e, probabilmente, la rono a lui e parteciparono alla battaglia del Ticino che, sua capitale (Domodossola). I Leponzi abitavano tutta vinta da Annibale, costrinse i Romani a ripassare il Po. l’Ossola e le regioni vicine del Canton Ticino ed erano Ma dopo la battaglia di Zama i Romani ritornarono ad affratellati con un altro gruppo detto più propriamente occupare la pianura padana, spingendosi probabilmen-

17 te fino al lago Maggiore ed al fiume Sesia (187 a.C.). ga iscrizione, riportataci anche da Plinio il Vecchio, ri- Negli anni seguenti le relazioni fra i Romani ed i Le- corda tutti i popoli alpini sottomessi e pacificati; fra essi ponzi migliorarono. I popoli alpini si avvantaggiarono anche i Leponzi. soprattutto dai commerci che avvenivano attraverso le La pace augustea che ne seguì ebbe felici conseguen- Alpi dei cui passi essi erano i padroni. Ne è segno anche ze anche nell’Ossola, dove aumentò il benessere econo- in Ossola la frequente monetazione romana repubblica- mico e prese avvio la cultura. Oscella fu probabilmen- na. Molti prodotti italici cominciarono ad apparire an- te elevata al grado di municipio e, secondo il De Vit, che nell’Ossola, come attestano i ritrovamenti tombali fu sede del procuratore romano preposto alla provincia di Ornavasso, Gravellona ecc. delle Alpi Atrezziane, provincia che durò fino all’epo- Ma le Alpi, dopo la spericolata traversata di Annibale, ca dell’imperatore Diocleziano (284-305) che l’ascrisse non erano più un baluardo insuperabile alle orde bar- definitivamente all’Italia. Tracce di questo benessere si bariche che cercavano in Italia migliori sedi. I Romani, riscontrano abbondantemente nei reperti tombali. Fu- già padroni della Provenza e del Norico, vigilavano af- rono anche potenziate le vie di comunicazione, in cui finché questo non avvenisse. Ma i Cimbri ed i Teuto- i Romani erano maestri. Oscella era collegata non solo ni, popoli provenienti dal Nord, dopo aver chiesto in- con e Milano, ma anche con Seduno (Sion) e vano a Roma di entrare in Italia ed avere scorazzato per Octoduro lungo quella che poi fu l’asse sempioniana, mezza Europa, ed aver vinto anche alcuni eserciti roma- ma che in quell’epoca utilizzava probabilmente con più ni, ritentarono l’impresa. Essi trovarono in Provenza un frequenza i passi della valle Antigorio, della val Bognan- potente esercito romano comandato da Mario. Allora co e della valle Antrona. Un lungo tratto di strada ro- si divisero in due corpi: i Teutoni cercarono un passag- mana esiste ancora sulla sponda sinistra del Toce, da gio nelle Alpi Marittime ma furono completamente di- Cosasca a Mergozzo, ricordata anche dalla famosa iscri- strutti da Caio Mario alle Aquae Sextiae, i Cimbri risa- zione su roccia di Vogogna che la fa risalire all’interven- lirono il Rodano affrontando probabilmente i passi al- to di un procuratore delle Alpi Atrezziane al tempo di pini ossolani. Frattanto un esercito romano al coman- Settimio Severo (196 d.C.). do di Lutazio Catulo si era attestato nel versante oppo- La romanizzazione si riflette puntualmente anche nei sto costruendo un doppio campo fortificato congiun- nomi di persona e nei cognomi, alcuni dei quali come to da un ponte a cavallo del fiume Toce, che lo storico quello attestatoci dalla ricca tomba di Claro Fuenno a Plutarco chiama Atosis, probabilmente proprio fuori di Domodossola sono in parte romani e in parte ancora Domodossola nel luogo che prese il nome di Castellaz- leponzi. Analogamente avviene per la religione. Assie- zo. Ma i Cimbri, costruita una grossa diga alle forre di me al culto tradizionale delle divinità lepontiche, come Pontemalio, produssero una piena artificiale che mise le Matrone, compare quello delle divinità importate, in gran pericolo il ponte romano e tutto il sistema di- come Silvano, Giove e Iside (ara trovata a Candoglia). fensivo. Il console Lutazio Catulo credette allora oppor- Un tempietto scoperto a Roldo di Montecrestese e ri- tuno mettersi in testa ai suoi soldati in fuga e riparare salente ai primi anni dell’era moderna è tutto ciò che ci nella pianura padana. Poco dopo però, ai Campi Raudii resta degli edifici sacri di quel tempo. Ma nel IV seco- presso Vercelli, le forze romane di Caio Mario distrusse- lo la religione pagana subisce una crisi mortale con l’av- ro completamente le orde dei Cimbri (101 a.C.). vento del Cristianesimo che lentamente, ma inesorabil- Le relazioni fra i Romani ed i Leponzi si guastarono alla mente, sostituisce l’antica religione pagana nelle città e fine del I secolo a.C. quando, pare, le comunicazioni fra poi anche nelle province più lontane dell’Impero. Con i due versanti alpini divennero insicure a causa dei con- Costantino ebbe il diritto all’esistenza e con Teodosio il tinui ladroneggi. Roma intraprese una guerra in piena Cristianesimo divenne religione di Stato (385). In Os- regola e tutti i popoli alpini furono assoggettati al suo sola il Cristianesimo si affermò abbastanza presto, uti- imperio (14 a.C.). Questo successo fu esaltato con un lizzando anche gli edifici religiosi pagani esistenti e ri- monumento a La Turbie (in Francia) su cui una lun- convertendoli al nuovo culto. Grande fu in questo tem-

18 po l’opera di evangelizzazione guidata dal Vescovo Am- Oscella che vide distrutti i suoi palazzi e deserte le sue brogio di Milano che spedì missionari e vescovi in tut- case dalle quali furono dedotti schiavi gli abitanti. I ta la Gallia. municipi che subirono maggiori danni furono Milano, Forse anche Oscella ebbe inizialmente il suo vescovo, Novara e Vercelli. Ennodio, scrittore di quell’epoca, ci ma certamente ebbe un presbiterio o gruppo di sacer- dice però che i vescovi cominciarono a esercitare una doti che cominciarono a interessarsi a questa regione. grande influenza anche nel mondo civile, facendo vale- Il documento più antico che ci parla della presenza del re il prestigio del loro potere religioso al servizio dei po- Cristianesimo in Ossola è una lapide mortuaria rinve- poli. S. Lorenzo vescovo di Milano, Epifanio vescovo di nuta sul colle di Mattarella, dove probabilmente una Pavia, si recarono infatti alla corte del re Gundobaldo chiesa dedicata alla B.V. Maria ricalca un tempio dedi- ottenendo da lui e dal fratello Godiscilo che risiedeva a cato alle Matrone, e che risale all’inizio del VI secolo. Ginevra, la liberazione dei prigionieri che pensiamo sia- Ma anche sul Montorfano di Mergozzo, all’interno del- no ritornati attraverso i passi alpini ossolani. la chiesa di S. Giovanni, è stato ritrovato un fonte bat- Il regno di Teodorico (493-526) fu di relativa stabili- tesimale che può risalire alla stessa epoca. tà e prosperità in Italia, sebbene le popolazioni rura- Le vicende dei secoli seguenti nell’Ossola si possono rias- li fossero state ridotte ad un forte impoverimento, do- sumere nella situazione generale creatasi nell’Italia set- vuto ad una redistribuzione dei beni ed a tasse in favo- tentrionale e specialmente a Novara e Milano fino alla re dei barbari occupanti. La successiva guerra, iniziata caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.). nel 535 e protrattasi per 18 anni, che permise ai gene- rali bizantini Belisario e Narsete di cacciare i Goti e re- Dall’età barbarica al Mille staurare il dominio dell’Impero non fece che aumentare L’indebolimento dell’Impero romano permise a molti le distruzioni ed i disagi dei popoli. Fu probabilmente popoli barbari di superare i confini e penetrare in un sotto il dominio di Teodorico o, al più tardi, sotto quel- territorio coltivato e ricco di prede. lo di Narsete che non solo fu fortificato ulteriormente Cedono le difese della Germania e della Pannonia per- il Castellazzo di Oscella (dove un tempo furono le for- mettendo ai Goti di Alarico di raggiungere e saccheg- tificazioni romane) contro i Burgundi, ma fu anche co- giare Roma (410). Nel contempo (443) i Burgundi struito ex novo il potente castello di Mattarella, dove prendono stabile dimora lungo la Soana ed il Rodano tuttavia si hanno tracce di costruzioni più antiche, di a ridosso dell’arco alpino ossolano. È poi la volta degli epoca romana e tracce di insediamenti preistorici. Ostrogoti di Teodorico il quale vince Odoacre che era Ma il grande colpo che ridusse l’Italia settentrionale allo stato proclamato re (476) da truppe mercenarie germa- stremo e la imbarbarì per parecchi secoli fu quello do- niche al servizio dell’Impero, e fa di Ravenna la sua ca- vuto all’invasione dei Longobardi sotto la guida di Al- pitale. La guerra degli Ostrogoti sotto la guida di Teo- boino, penetrati nel Friuli, e che successivamente con- dorico, iniziata nel 493, coinvolge anche l’Italia occi- quistarono Milano e Pavia nel 572, dove posero la loro dentale e quindi l’Ossola che fu sottoposta alle scorre- capitale. rie dei Burgundi, chiamati forse da Bisanzio in aiuto di La prima parte del dominio longobardo fu durissima, Odoacre. Le scorrerie dei Burgundi causarono la distru- segnata da violenze, espropri, saccheggi, incendi, spo- zione ed il saccheggio di molte città e paesi, dai quali gliazioni di ogni genere, specialmente del clero e del- furono portati via e condotti in schiavitù molti abitan- le chiese, contro le quali i Longobardi, ariani, si accani- ti. Una iscrizione su una roccia, letta dallo storico osso- rono particolarmente. Ciò fu causa di un rapido e dra- lano Giovanni Capis, in località Mizzoccola presso Co- stico regresso della civiltà. La popolazione, già decima- sasca, accennerebbe al passaggio per l’Ossola di un cor- ta dalla fame e dalla peste, si ridusse notevolmente. Le po di spedizione di Burgundi al comando del loro re lettere e le arti decaddero quasi completamente. I Lon- Gundobaldo. gobardi pretendevano di vivere di razzia prelevando i Cominciò dunque in quell’epoca il decadimento di beni prodotti dai popoli soggetti, ma, condotti a mi-

19 glior consiglio dagli insuccessi militari, dovettero an- ed ecclesiastici per loro particolari benemerenze, i qua- ch’essi adattarsi al lavoro e divenire agricoltori come i li vi esercitano il dominio teoricamente alle dipenden- popoli soggetti. ze del re a cui giurano fedeltà, ma di fatto valendosene Dopo un periodo di anarchia, sotto re Autari (584-590) con molta libertà. Vassalli maggiori e minori si legano che sposò la cattolica Teodolinda, figlia del duca di Ba- in una instricabile società che è spesso fortemente sud- viera, le cose mutarono. Con il successore Agilulfo, se- divisa dagli interessi famigliari ed individuali a spese del condo sposo di Teodolinda, e con il concorso del papa popolo minuto, dei servi della gleba e coloni costret- S. Gregorio Magno, inizia la conversione al cattolice- ti ad un duro lavoro nei campi e nei boschi ed alla co- simo dei Longobardi, il che favorisce l’amalgama con struzione dei numerosi castelli che sorgono come fun- i popoli soggetti. Tuttavia mentre questi mantengo- ghi un po’ dappertutto. no la legge romana, i Longobardi con l’Editto di Rota- A questo processo di feudalizzazione è soggetta an- ri (636-652) codificano la loro tradizione vivendo con che l’Ossola, dove alcuni signori hanno vasti territori leggi proprie. Il regno longobardo è in continua espan- e partecipa anche il vescovo di Novara che costruisce a sione nel secolo VII con la creazione di nuovi ducati, Oscella, presso la chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio il ma presenta anche forti sintomi di debolezza dovuti alla suo castello (castrum novum, ricordato nel 1001). Ma il disunione dei duchi. L’Ossola è inclusa nel ducato di S. dominio del vescovo si estende soprattutto sulla città di Giulio d’Orta, sulla cui omonima isola probabilmente Novara, attorno al lago d’Orta ed in moltissime altre lo- il duca si era costruito per maggior sicurezza un castel- calità, dove le chiese possiedono beni immobili. L’Osso- lo. Oscella perde le caratteristiche di capitale dell’Osso- la intanto è governata da un conte palatino, ma il terri- la perché la sede del potere civile e militare longobardo torio si è andato restringendo a causa della crescita dei è nel castello di Mattarella da cui dipendeva il territo- feudi donati dal re ai signori, tanto che viene definita rio sotto forma, probabilmente, di giudicaria, retta da comitatulo quella parte che ancora dipende dalla corte uno sculdascio. Quando, sotto il re Agilulfo irrompono di Mattarella, dopo le riduzioni subite a causa della feu- i Franchi dai passi alpini ossolani e ticinesi il duca Mai- dalizzazione. Ma in Ossola hanno i loro beni monasteri nulfo di S. Giulio d’Orta tradisce il suo re e lascia libe- come quello di S. Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, fondato ro passo ai Franchi. Ma, cacciati questi, Agilulfo si ven- dal re longobardo Liutprando, e chiese anche di diocesi dica facendo tagliare la testa al duca fellone e riducendo diverse da quella di Novara. sotto il suo diretto dominio il ducato. L’Ossola quindi I vescovi di Novara continuando con qualche fortuna dipenderà direttamente dalla Corte di Pavia. In questo l’opera di accrescimento del dominio temporale della tempo grandi territori sono concessi ai milites ed alle Chiesa iniziatosi con la immunità concessa da Ludovico fare arimanniche longobarde nelle Alpi che essi doveva- il Pio (814-840) e progredito con le donazioni e confer- no difendere dalle invasioni nemiche. Gli uomini libe- me di Lotario I, di Carlomanno e di Berengario I (901), ri sono ancora numerosi, ma molti sono anche i servi e si trovarono tuttavia a dover scegliere fra i vari preten- gli aldioni semiliberi e molto sviluppata è la servitù del- denti alla corona d’Italia ed a quella imperiale. Così Be- la gleba in una economia che è solo agricolo-pastorale. rengario II sottrasse alla Chiesa novarese la Riviera di S. Questa situazione non cambia neppure dopo che Car- Giulio e perseguitò il vescovo che non appoggiava la sua lo Magno, con la vittoria sull’ultimo re longobardo De- candidatura alla corona imperiale. Ma Ottone I di Ger- siderio (774), instaura il dominio franco in Italia. L’Os- mania, sconfitto Berengario, restituì al vescovo di No- sola diventa una contea dipendente dal regno italico; il vara (962) la Riviera, l’isola di S. Giulio e la giurisdizio- suo centro amministrativo e militare è sempre il castel- ne su Novara e dintorni. Da questo momento i vescovi lo di Mattarella (Corte di Mattarella). Ma con la venu- di Novara appoggeranno pressoché costantemente i re e ta dei Franchi continua quel processo di feudalizzazio- gli imperatori di Germania, i quali, per questa fedeltà, ne che sottrae praticamente al diretto dominio del re al- saranno generosi di riconoscimenti e di nuove donazio- cuni territori che vengono dati in feudo a signori laici ni. L’occasione più propizia fu colta nella lotta che op-

20 pose Arduino marchese d’Ivrea, pretendente alla coro- giore da due preti nicolaitici su ordine di Oliva, nipo- na d’Italia, ed il re germanico Enrico II. Il vescovo Pie- te dell’arcivescovo Guido di Velate. Il mondo cristia- tro di Novara, schieratosi al momento opportuno con no è frattanto sollecitato a muoversi per opporsi all’a- Enrico II, fu perseguitato da Arduino, per cui dovette vanzata dell’Islamismo divenuto padrone della Palesti- fuggire e subire notevoli danni nei suoi possedimenti. na e pronto ad estendere il suo dominio in Africa ed in Sconfitto Arduino, il vescovo Pietro, recatosi alla corte Europa. Dopo vari tentativi andati a vuoto, finalmen- dell’imperatore Enrico, ebbe in dono, per la sua fedeltà te una Crociata organizzata dai principi cristiani riesce e in risarcimento dei danni subiti, il comitatulo ossola- a riconquistare Gerusalemme e la Palestina, dando ori- no cioè la pars publica dell’antica contea dipendente dal gine ad un regno cristiano (1099), il cui primo re fu il castello di Mattarella. Il solenne diploma concesso alla glorioso Goffredo di Buglione. Chiesa Novarese nel 1014 segna dunque l’inizio del do- Tutti questi eventi produssero effetti sociali importan- minio feudale della medesima nell’Ossola, dominio che ti. Il popolo cominciò a partecipare attivamente alle vi- durerà circa tre secoli. cende politiche e religiose, al movimento della Patarìa ed alle Crociate, organizzandosi in varie corporazioni Cronache dei secoli XI e XII nelle città e liberandosi dalla servitù della gleba nelle La società ed il sistema politico feudale sono al massi- campagne. A Milano nasce il Comune con i suoi con- mo sviluppo nel secolo XI, ma contemporaneamente si soli e magistrature nuove. La nobiltà è costretta a inur- intravvedono i segni di una grave crisi. Il tentativo da barsi e riconoscere l’autorità del Comune. Il movimen- parte degli imperatori di riaffermare il proprio potere su to comunale si estenderà lentamente alle campagne fino una società disgregata e pullulante di mille contraddi- a coinvolgere anche i centri più piccoli. zioni politiche cozza con quello dei signori laici ed ec- Frattanto in Ossola e nel Novarese i signori laici, già clesiastici. L’imperatore poi ha uno scontro diretto con aderenti a re Arduino, cercano di riprendersi quei beni la Chiesa a causa delle investiture ecclesiastiche collega- che gli imperatori Enrico II e Corrado II avevano asse- te con i feudi da esse dipendenti. gnato alla Chiesa novarese. I signori di Pombia, poi de- Nella lotta che ebbe per protagonisti il papa Gregorio nominati Conti di Biandrate, i Conti di Castello, i con- VII ed il re Enrico IV i vescovi di Novara si mantenne- ti di Crusinallo estendono i loro possessi nel Novare- ro dalla parte dell’imperatore e molti di essi ricevette- se, nel Vercellese, attorno al lago Maggiore e nell’Os- ro da lui l’investitura senza essere riconosciuti dal Papa sola. I vescovi novaresi tengono a mala pena il castello e quindi sono spesso ricordati come «invasori della cat- e le terre dipendenti dalla Corte di Mattarella in Osso- tedra di S. Gaudenzio». Grande era anche la decaden- la, ma anche questo feudo viene qua e là occupato da za dei costumi del popolo e del clero, dovuta al fat- quei signori. to che gli ecclesiastici erano più impegnati negli affa- Fortunatamente dopo una serie troppo lunga di vesco- ri politici ed economici che non nel ministero pastora- vi intrusi, risolta almeno in parte la questione delle in- le. Il clero era poi spesso viziato dalla eresia dei Nico- vestiture, sulla sede di S. Gaudenzio di Novara salgono laiti per cui, contravvenendo alla disciplina della Chie- vescovi legittimi, cominciando da Riccardo e seguito da sa cattolica latina, molti preti prendevano moglie. An- Litifredo (1124-1151) con i quali si ha un deciso mi- che su questo punto dobbiamo notare che i vescovi di glioramento religioso e civile. Le lotte precedenti in cui Novara sono fra quelli che, come il vescovo di Vercelli e il clero fu parte attiva avevano infatti molto diminui- l’arcivescovo di Milano, si oppongono alla riforma del to il fervore cristiano del popolo che i preti nicolaitici clero, ostacolando quel movimento popolare detto dei non avevano provveduto a istruire e guidare. Ecco per- Patàri, sorto a Milano, che riuniva tutti gli uomini de- ché, dopo le mirabili chiese con cui si chiude il secolo siderosi di eliminare tale piaga. In questo tempo subi- X, come S. Bartolomeo di Villa e S. Maria di Trontano, sce il martirio il diacono Arialdo di Milano, capo della non sorgono nuovi edifici religiosi se non nel secolo XII Patarìa, che viene ucciso nell’isola Madre del lago Mag- come S. Martino di Masera, S. Maria Maggiore in val

21 Vigezzo, S. Maria di Montecrestese, S. Stefano di Cro- temente non poteva essere intenzione dell’imperatore do ecc. Il vescovo Litifredo ottenne dal papa Innocenzo di dare lo stesso territorio in feudo a due enti diversi. II, nel 1133, una Bolla dalla quale sappiamo che in Os- Si deve quindi ammettere che, data la complessa situa- sola vi sono solo tre pievi o parrocchie: la pieve di Do- zione giurisdizionale del territorio, il comitato ossolano modossola, la pieve di Vergonte e la pieve di Mergozzo. confermato ai conti di Biandrate fosse altra cosa dal co- Da ognuna di queste pievi dipendevano le chiese sussi- mitatulo ossolano dipendente dalla Corte di Mattarel- diarie costruite da tempo in tutte le valli. Con il vescovo la e dal vescovo. Litifredo si avvia, crediamo, il processo di separazione Il Comune di Novara, il suo vescovo ed i potenti signo- delle varie parrocchie dalla pieve-madre che, secondo la ri di Biandrate e di Castello continuarono a mantenersi necessità e le circostanze, condurrà alla situazione pre- fedeli all’imperatore anche in occasione della sua secon- sente. Sono prime a separarsi le parrocchie vallive di val da discesa in Italia nel 1158, e dopo la scomunica che Vigezzo con S. Maria Maggiore, di val Antigorio con S. contro i partigiani di Federico Barbarossa aveva lancia- Stefano di Crodo, di val Divedro con S. Maria di Cre- to il legato del papa Alessandro III nel 1160. vola, di valle Antrona con S. Bartolomeo di Villa, segui- Anzi i Novaresi, e con essi gli Ossolani, parteciparono te da altre. Domodossola riprende intanto il suo ruolo alla presa di Milano ed alla sua distruzione nel 1162. di capitale dell’Ossola superiore, non solo per il merca- Tornato in Italia il Barbarossa nel 1166 trovò però i po- to settimanale del sabato che vi si faceva da epoca im- poli molto malcontenti del governo imperiale. Molte memorabile, ma soprattutto perché centro della vita re- città si distaccano dall’imperatore e fanno lega con Mi- ligiosa della pieve. lano. Anche il Comune di Novara ed il nuovo vesco- La sua chiesa pievana o Duomo sostituirà l’antico nome vo Guglielmo Falletto aderiscono il 15 marzo 1158 alla di Oscella e sarà Duomo di Oscella o Domodossola. Al- Lega. I Conti di Biandrate, i Conti di Castello ed altri l’inizio del secolo XII prende anche il nome di Borgo. signori si mantengono invece fedeli all’imperatore. Infatti numerosi signori vi hanno le loro abitazioni ed il Quando il Barbarossa seppe che Novaresi e Vercellesi vescovo pone alcuni funzionari e uffici nel suo palazzo avevano aderito alla Lega Lombarda fu fortemente ir- in servizio della comunità. ritato contro Vercelli e Novara, ma intanto le milizie L’Ossola inferiore, parte della valle Vigezzo, della val di questi due comuni distruggevano il castello di Bian- Formazza, della val Divedro ed alcuni luoghi attorno drate giurando poi di impedirne sempre la ricostruzio- a Domo, come Vagna, Montecrestese, Caddo e Masera ne. La Lega si perfezionò e ingrandì negli anni seguen- sono di proprietà almeno parziale dei Conti di Castel- ti con l’adesione di altri comuni come Pavia. Lo scon- lo, di Biandrate e di altri signori. tro fra le milizie della Lega Lombarda e quelle imperiali Morto il vescovo Litifredo nel 1151 gli successe Gu- si ebbe nella memorabile giornata del 29 maggio 1176 glielmo Tornielli. Nel 1154 scende in Italia l’imperatore a Legnano in cui il Barbarossa fu vinto ed a stento poté Federico, duca di Svevia, detto il Barbarossa, allo scopo salvare la vita. di sottomettere all’autorità imperiale quei comuni che, Egli dovette poi concedere ai Comuni il privilegio di come Milano, si stavano apertamente emancipando. Il Costanza il 23 giugno 1183, con cui questi ebbero una vescovo Tornielli, essendo l’imperatore a Casale, otten- certa autonomia. I Comuni avrebbero eletto libera- ne un diploma di conferma di tutti i beni e diritti feu- mente i consoli ed altri magistrati e l’imperatore avreb- dali concessi dai re ed imperatori precedenti. be dato ad essi l’investitura. Sulla falsariga dei comuni In questo diploma datato 3 gennaio 1155 è esplicita- maggiori si organizzarono in seguito tutte le comuni- mente ricordato il castello di Mattarella con tutte le sue tà, fatto che riscontriamo puntualmente anche in tut- pertinenze (castrum Mattarellae cum omnibus pertinen- ta l’Ossola. tiis suis). Ma lo stesso imperatore aveva nel 1152 con- fermato i feudi dei conti di Biandrate fra cui il castel- Cronache del secolo XIII lo di Megolo con tutto il comitato dell’Ossola. Eviden- II Comune di Novara nel secolo XIII è proteso a sotto-

22 porre tutto il territorio della diocesi di Novara. È quin- modo da una giurisdizione all’altra. Un secondo censi- di naturale che in questo disegno dovessero essere eli- mento fu necessario all’epoca del vescovo Sigebaldo fra minati tutti i signori feudali che possedevano beni in il 1260 ed il 1267. quel territorio, compreso il vescovo. I Novaresi tentano Nell’Ossola Superiore intanto si verifica un fatto note- anzitutto di ridurre i Conti di Biandrate e di Castello vole. In occasione della discesa in Italia dell’imperatore a riconoscere l’autorità del Comune. Il 19 agosto 1218 Ottone IV, il nobile Guido de Rodis, padrone di mol- Guido fu Raineri Conte di Biandrate fu anzi costretto a ti possessi in val Antigorio e in val Formazza, ne ottie- vendere al Comune di Novara tutti i suoi beni e castel- ne l’investitura con atto solenne del 25 aprile 1210, co- li dell’Ossola e specialmente quello di Megolo e Medo- stituendosi valvassore dell’Impero e quindi indipenden- letto, mantenendo la giurisdizione sui luoghi che però te dalla Corte di Mattarella. In Formazza, a Salecchio, era esercitata in nome del Comune di Novara. Anche i ad Agaro i discendenti di Guido de Rodis, con le varie Conti di Castello dovettero cedere le loro terre ed i ca- denominazioni (de Baceno, de Cristo ecc.) svilupparo- stelli dell’Ossola e della valle Intrasca e sottoporsi al Co- no lo sfruttamento degli alpeggi con notevoli vantaggi mune di Novara. Ma i popoli soggetti non furono affat- economici. In questi luoghi essi avevano probabilmente to contenti di questo cambio di autorità, né tanto meno alcuni servi della gleba a cui si aggiunsero con un con- il vescovo che vedeva lesi molti dei suoi diritti su terre di tratto enfiteutico numerosi nuclei famigliari di origine sua proprietà che venivano arbitrariamente sottoposte walser provenienti dalla vicina Svizzera. Anche i posses- ai consoli del Comune di Novara. Anche con il vesco- si dei Conti di Castello e di Biandrate nelle parti più vo la lotta si fece aspra e fu difficile al vescovo impedi- alte delle valli Anzasca (Macugnaga) e Divedro (Gon- re che i podestà del Comune di Novara esercitassero la do, Sempione) furono sfruttati con questo sistema de- loro giurisdizione anche nelle valli ossolane dipenden- gli insediamenti walser. Un gruppo di essi anzi venne ti dalla Corte di Mattarella. La situazione era molto in- ad abitare anche ad Ornavasso ed a Migiandone invita- garbugliata giacché si ritrova che nella stessa comunità ti dai signori locali. esistevano uomini che dipendevano dal vescovo ed al- Nacquero nell’Ossola, sulla falsariga di quello che av- tri che, essendo stati soggetti ai Conti di Biandrate o di veniva a Novara ed a Milano, i partiti Guelfi e Ghibel- Castello, dovevano sottoporsi alla giurisdizione del Co- lini qui detti degli Spelorci e dei Ferrari rispettivamen- mune di Novara. L’Ossola è come la pelle di un leopar- te. Queste fazioni si combatterono aspramente fino alla do dove vescovo e comune hanno piccoli territori spar- fine del secolo XVI. si e disuniti fra loro. Il vescovo per mantenere il proprio potere era costretto Dopo l’ultima guerra in cui i Conti di Biandrate e di ad appoggiarsi ai signori locali, i De Rodis, i Baceno, i Castello si appoggiarono ai Vercellesi per liberarsi dalle Silva, i Campieno ecc. verso i quali fu generoso di elar- pretese del Comune di Novara, alla quale parteciparo- gizioni e favori, concedendo investiture di decime ec- no anche gli Ossolani ad essi sottoposti, e che si conclu- clesiastiche spettanti alla mensa episcopale. se con la presa e distruzione di Pallanza da parte dei No- Ma tutte le vicende politiche che mutano governo a varesi nel 1223, tutta l’Ossola inferiore cadde nel domi- Milano ed a Novara si riflettono puntualmente anche nio del Comune di Novara, il quale pose i suoi podestà nell’Ossola. Emergono a Milano le potenti famiglie dei nel borgo di Vergonte. In questo tempo i Novaresi co- Della Torre o Torriani e loro consorteria ed allora vedia- struirono anche il borgo di Intra ed elevarono Mergoz- mo che membri di questa famiglia assumono la pode- zo al grado di borgo. Questi borghi tendono a chiudersi steria non solo del Comune di Novara, ma anche della con una cinta muraria. Nel 1233 il Comune di Novara Corte di Mattarella. La caduta dei Torriani ed il preva- ed il vescovo Oldeberto eleggono dei rappresentanti per lere dei Visconti, per opera soprattutto del vescovo Ot- fare un accurato censimento degli uomini e dei beni ap- tone Visconti, costringe anche il vescovo di Novara a partenenti alle due giurisdizioni, fissando anche la rigo- valersi di questi signori per mantenere il suo potere. rosa proibizione che uomini e beni passassero in alcun Molto utile all’Ossola fu la permanenza sulla sede di S.

23 Gaudenzio del vescovo Papiniano della Rovere, dotato l’Ossola subiva dai vicini Vallesani questo trattamento di eminenti qualità politiche ed ecclesiastiche. Egli die- poco amichevole. Ai borghigiani domesi parve necessa- de coraggiosamente inizio ad una riforma civile e reli- rio difendersi meglio cingendo l’abitato di una solida giosa della diocesi e dei suoi domini temporali con un cerchia muraria. L’idea venne condivisa anche dal nuo- Sinodo (1298) di cui rimangono i canoni promulgati. vo vescovo Bartolomeo Quirino (1302-1304) il quale, Provvide anche a difendere il dominio episcopale impe- venuto a Domo, diede inizio al lavoro con la posa del- dendo trapassi di giurisdizione. la prima pietra. Anche il successore Uguccione dei Bor- Meritano anche un cenno alcuni avvenimenti dell’Os- romei parve sulle prime propenso alla realizzazione di sola Inferiore. Il borgo di Pieve Vergonte subì una di- questa importante difesa, ma successivamente, indot- struzione quasi completa per opera del torrente Mar- to nel sospetto che con l’erezione delle mura i Domesi mazza. Fu quindi necessario costruire un altro borgo in si sarebbero ribellati al vescovo conte per erigersi in co- vicinanza e prese il nome di Pietrasanta, dove risiedeva mune autonomo, cercò di far fallire il progetto in par- il Podestà dell’Ossola dipendente dal Comune di Nova- te già realizzato. Per tranquillizzare i Domesi fece un ra. Ma anche questo borgo durò poco giacché subì ripe- accordo con il vescovo di Sion (1306) che incontrò al tute devastazioni da parte del fiume Anza e nel 1328 fu Sempione e il 24 marzo 1307 ordinò esplicitamente la necessario abbandonarlo. Prese allora il titolo e la fun- sospensione dei lavori. Dubitando poi della fedeltà de- zione di borgo l’abitato di Vogogna. gli Ossolani il 27 aprile seguente convocò nella chiesa plebana di Domo una Credenza Generale e tutti i rap- Cronache del secolo XIV presentanti delle comunità ossolane dipendenti dalla Nella lotta fra i partiti guelfo e ghibellino anche l’Osso- Corte di Mattarella gli giurarono fedeltà come signore la ebbe la sua parte nel secolo XIV. Durante la vacanza temporale. Il sospetto del vescovo Uguccione era fonda- della sede episcopale novarese il vescovo di Sion Boni- to. Il partito che anelava e tramava l’indipendenza orga- facio di Challant, ghibellino, scese in Ossola per il passo nizzò una fiera opposizione al vescovo valendosi anche del Sempione nel 1301 e devastò il paese saccheggian- di uomini rissosi e violenti. Nell’estate del 1307, men- do il borgo di Domodossola. Non era la prima volta che tre il vescovo Uguccione dei Borromei era a Domodos-

Quadro votivo. Domesi in processione contro le piene del Bogna (1690).

24 sola, un gruppo di armati guidato dal signor Guglielmo da, si vendicò delle requisizioni fatte dal vescovo e sac- di Pallanzeno, detto il Petrazzano, sorprese in casa il vi- cheggiò molti dei beni episcopali specialmente a Villa. cario o giudice del castellano di Mattarella, assieme al Anche i capi ribelli domesi ripresero le armi e la costru- notaio, il giurisperito Bernando de’ Marsili di Parma, zione delle mura del borgo rimasta sospesa; perciò il ve- Enrico di Olevelo ed il sergente Guglielmo di Cortona scovo il 24 marzo 1317 rinnovò il precetto di sospende- e li uccise. Assalì poi la casa del vescovo, cioè il palazzo re la costruzione. Ma i Domesi si appellarono all’arcive- episcopale, ed Uguccione fu costretto a fuggire nel vi- scovo di Milano come metropolita ottenendo una sen- cino campanile della chiesa dei SS. Gervasio e Protasio, tenza favorevole. Il vescovo Uguccione fu allora costret- dove restò assediato per tre giorni senza che alcuno gli to ad appellarsi al Papa che in quell’epoca risiedeva ad recasse aiuto. Nel contempo il Petrazzano riuscì anche Avignone. Il processo davanti agli uditori pontifici ebbe con uno stratagemma a penetrare nel castello di Matta- inizio il 28 ottobre 1318 e si concluse con un compro- rella e saccheggiarlo. messo negli arbitri Tebaldo Brusati prevosto di Novara Liberato finalmente dalla sua incomoda abitazione, il e Guglielmo Revelli decano di Burlazio della diocesi di vescovo Uguccione, il 21 luglio 1307, lanciò l’interdet- Castro, uditore apostolico, il 27 agosto 1321. to sul borgo di Domo e scomunicò i suoi assalitori, al- La sentenza, dell’11 dicembre successivo, riconobbe i lontanandosi dall’Ossola per cinque anni. Contro i Do- diritti del vescovo e impose ai Domesi l’abbattimento mesi ribelli fu mandato anche un piccolo esercito co- delle mura, la multa di 1600 fiorini e la piena sottomis- mandato da Ottobono Visconti, ma l’esito fu negati- sione al loro signore temporale. Ma Uguccione fu ma- vo. Nel 1310 con la venuta a Novara dell’imperatore gnanimo con i Domesi, permettendo che le mura ri- Enrico VII si ebbe una generale pacificazione dei par- manessero e facendo piena pace con essi. Durante que- titi guelfi e ghibellini ed il vescovo Uguccione ottenne sto periodo di discordie molti furono tuttavia i dispetti, nell’aprile del 1311 un diploma di conferma di tutti i le violenze e i disordini che avvelenarono l’animo degli suoi diritti feudali. Nell’estate seguente un corpo mili- Ossolani. Nel 1331 divenne vescovo di Novara Giovan- tare di 400 uomini guidato da Pietro di Monteformoso, ni Visconti, uomo potente ed astuto, il quale nell’anno castellano di Mattarella, assalì Domodossola, ma i Do- seguente, con uno stratagemma rimasto famoso, si fece mesi con l’aiuto del Petrazzano e della sua banda di faci- riconoscere signore generale di Novara. La strapotenza norosi respinsero l’attacco. In questa piccola guerra sof- dei Visconti costrinse gli Ossolani alla calma. Dal 1342 frirono anche i paesi vicini che avevano accettato di le- al 1354 Giovanni Visconti tenne poi la sede arcivesco- garsi ai Domesi ribelli; Villa fu saccheggiata e subì l’in- vile di Milano, ma mantenne la signoria del Novarese. cendio di 150 case. Ma anche il castellano Pietro da È questo il tempo in cui furono completate le difese di Monteformoso fu respinto verso il Toce dove perdette Vogogna con la costruzione del castello, della rocca e ben 200 uomini. Nel 1312 Uguccione ritornò in Os- del Pretorio. Sulla sede di S. Gaudenzio fu posto inve- sola. Gli animi erano evidentemente cambiati, giacché ce Guglielmo Amidano il quale era uomo di molta reli- il 27 aprile, nel palazzo episcopale posto nel castello di gione e capacità di governo. Egli cercò di sopire le riva- Mattarella davanti a lui compare il Petrazzano che chie- lità fra i partiti e le famiglie nobili ossolane. Ma le fazio- de perdono dei suoi misfatti. Il vescovo gli confiscò tut- ni rispuntarono immediatamente con il successore Ol- ti i beni posti nel territorio della sua giurisdizione tem- drado (1357-1388) di carattere completamente oppo- porale e lo mandò a domicilio coatto a Porto Val Trava- sto. Spelorci e Ferrari si azzuffarono in continuità, fa- glia. Le relazioni con i Domesi migliorarono negli anni voriti dagli avvenimenti succedutisi nella seconda metà seguenti tanto che questi nell’autunno del 1314 si sot- del secolo XIV. tomisero al vescovo chiedendo di essere liberati dall’in- Con la morte dell’arcivescovo Giovanni Visconti di Mi- terdetto. Ma il Petrazzano che aveva frattanto ottenu- lano (1354) i nipoti Barnabò e Galeazzo si divisero il to il permesso di mutare il domicilio coatto fissandolo vasto dominio. A Galeazzo toccò il Novarese e quin- a Trontano, riuniti nel 1315 i compagni della sua ban- di anche l’Ossola Inferiore. Ma essendo sorta una lega

25 contro i Visconti, costituita dagli Estensi, dai Gonza- nerla essi avrebbero anche seguito l’invito del Papa alla ga e dal Marchese di Monferrato, il Novarese fu inva- ribellione ed a questo scopo inviarono ambasciatori se- so e saccheggiato dalle milizie mercenarie al soldo del- greti alla Corte di Avignone. Ma pare che il Papa non la lega, mentre il marchese di Monferrato, per il quale approvasse il progetto dell’indipendenza che avrebbe parteggiava il partito ossolano degli Spelorci, occupava sottratto alla Chiesa novarese il feudo da essa possedu- l’Ossola inferiore e Vogogna. Con la pace dell’8 giugno to. Il Papa spedì molte lettere ai personaggi più in vista 1358 Galeazzo Visconti tornò in possesso del Novarese dell’Ossola affinché la ribellione fosse realizzata al più ed anche dell’Ossola inferiore, dopo un periodo nefasto presto. Al medesimo scopo inviò frate Valentino Mo- di lotte e rapine fra i partiti opposti. Vista la assoluta im- riggia, già guardiano del convento dei Frati Minori di potenza del vescovo conte a tenere a freno i suoi suddi- Domo, per legare insieme i nobili e capi delle varie fa- ti, gli Ossolani della Corte di Mattarella pensarono di zioni e spingerli alla rivolta armata. Capitano fu scelto sottomettersi ai Visconti con alcune condizioni: che pa- il nobile Garbellino di Semonzio di Crevola, la cui fa- gando 1000 fiorini annui fossero liberi da ogni altra tas- miglia prenderà successivamente il nome dei Dal Ponte, sazione e che fossero rimesse tutte le condanne per i de- dopo che, distrutte le sue case nelle lotte di questi tem- litti commessi nella precedente guerra, restituendo tut- pi, il figlio Lorenzo costruì il suo palazzo presso il pon- tavia ai castellani i loro stipendi e tutte le cose rubate. te sulla Diveria a Crevola. Sollecitati dal Papa gli Osso- L’atto fu firmato il 26 agosto 1358. Pare che il vescovo lani di parte Spelorcia si ribellarono ai Visconti, occu- Oldrado non abbia fatto alcuna opposizione a questo pando il borgo di Domo, il castello di Mattarella ed al- atto di dedizione degli Ossolani ai Visconti. tri luoghi, ma la parte ferraria non si mosse e fece fie- Nel 1361 riprende la guerra fra i Visconti ed il marche- ra opposizione. Anzi, una compagnia di milizie spelor- se di Monferrato con tutte le conseguenze luttuose che cie che tentava di giungere a Vercelli per dare aiuto al accompagnano simili eventi. Ci furono distruzioni va- nunzio papale nell’assedio di quella città, fu distrutta stissime, una gravissima carestia e poi la peste, porta- dalla parte ferraria presso Anzola nel 1374. Ma la par- ta dalle famigerate milizie mercenarie inglesi. A Nova- te spelorcia si rivalse saccheggiando ed occupando mo- ra per la peste morirono due terzi della popolazione, mentaneamente Vogogna. Vista la incapacità del vesco- 77000 persone a Milano ed un numero enorme nel- vo Oldrado di attendere ai suoi obblighi e la sua com- le campagne e centri minori. Ad aggiungersi venne nel pleta sottomissione ai Visconti, il Papa lo sospese, man- 1364 il flagello delle cavallette che in forma di grandi dando in Ossola come vicari due canonici di Sion ed un nubi di insetti scendevano sui campi, sui prati e sui bo- nuovo capitano nella persona di Merino de Ulmo, ber- schi per divorare ogni cosa verde. Fu in questo tempo gamasco, per nuove e più vaste operazioni militari. La che, a seguito dei voti dei montanari furono costruite lotta infatti era degenerata nel brigantaggio. Venuta fi- molte cappelle ed oratori dedicati a S. Bernardo di Ao- nalmente la pace, firmata a Samoggia il 19 luglio 1375, sta, protettore dalle infestazioni demoniache e tale pa- il Novarese ritornò in mano di Galeazzo Visconti. reva quella delle cavallette divoratrici. Gli Ossolani, abbandonati a se stessi, continuarono la Intanto contro i Visconti si muove anche il papa Grego- guerra in proprio con ogni sorta di violenza pubblica rio XI che contro di essi bandisce una crociata e li sco- e privata. Alla fine ne furono stanchi e nauseati e non munica. Si costituisce contro i Visconti una nuova lega trovarono di meglio che ritornare a sottomettersi ai Vi- a cui partecipa anche il conte Amedeo VI di Savoia. sconti. Lo fecero comunque con quella dignità e sag- Tutti i popoli sottomessi vengono dal Papa invitati a ri- gezza che permise loro di sentirsi più liberi. L’atto di bellarsi. Gli Ossolani che per due secoli erano stati go- dedizione fu firmato nel refettorio dei Frati Minori di vernati dai vescovi di Novara avevano frattanto, nei po- Domo il 19 marzo 1381 da rappresentanti di Gian Ga- chi anni in cui erano sottoposti ai Visconti, provato la leazzo Visconti, conte di Virtù, i signori Andrea dei Pe- durezza del nuovo regime e quindi rinacque in essi il poli e Pietro di Muralto, ed i procuratori delle Comuni- desiderio, appena sopito, dell’indipendenza. Per otte- tà dell’Ossola superiore. La convenzione del 1381 dava

26 agli Ossolani una certa autonomia amministrativa, li li- Cronache del secolo XV berava mediante lo sborso annuo di 750 fiorini da ogni Alla morte di Gian Galeazzo Visconti si creò nel duca- tassazione, permetteva ad essi il libero commercio del- to di Milano una situazione politica incerta e nell’Os- le granaglie ed altri beni di consumo sui mercati della sola le fazioni degli Spelorci e dei Ferrari ripresero a Lombardia e del Novarese, otteneva la reintegrazione combattersi assoldando spesso anche bande di facino- nei beni di quelli che avevano subito confische duran- rosi. Dalla parte spelorcia è ricordata una vittoria ripor- te il periodo bellico. Il vescovo di Novara Oldrado an- tata sulla parte avversa nel 1406 (21 marzo) che diede cora una volta non si oppose, e solo qualche tentativo origine ad un voto a S. Benedetto. fu fatto più tardi dai suoi successori per tornare in pos- In questa incerta situazione politica il vescovo di No- sesso della Corte di Mattarella e del suo territorio. Ana- vara Capogallo si intromise per pacificare gli Ossolani. logamente, con atto dell’11 aprile 1381, anche l’Osso- Nel 1404 ottenne dal duca di Milano a questo scopo la la inferiore di parte ferraria si accordò con Gian Galeaz- reintegrazione nel dominio temporale dell’Ossola su- zo Visconti. periore. Riuscì nel 1404 a mettere pace in valle Antigo- I Visconti già nel 1379 erano venuti in possesso per rio la quale però esigette il riconoscimento di una cer- compera della terra di Ornavasso che apparteneva ai ta indipendenza ed una parziale separazione dalla Cor- Conti di Crusinallo ed era passata nel secolo XIII in te di Mattarella con l’erezione di una nuova vicaria che mano dei Conti di Castello. Su questa terra avanzava ebbe la sua sede a Crodo e che durerà fino al 1861. pretese anche il vescovo di Sion per certi legami con la Il 10 luglio 1406 anche la valle Vigezzo elegge i suoi famiglia detentrice del feudo che aveva residenza an- procuratori per una pacificazione seguita dal perdono che nel Vallese. Così tutta l’Ossola, eccettuato il picco- generale dato dal vescovo Capogallo il 13 dicembre del lo feudo dei De Rodis-Baceno di Formazza, Agaro e Sa- medesimo anno. Si era nel contempo guastata anche la lecchio, entrò nel dominio visconteo. pace con gli Svizzeri confinanti. Nel 1407 la parte spe- Fu mantenuta in Ossola la divisione fra le due giurisdi- lorcia si riappacificò anche con essi, cioè con i Vallesa- zioni con sedi rispettivamente a Vogogna ed a Domo- ni ed il vescovo di Sion. Si trattò però di una pace pu- dossola, ognuna vivendo secondo le proprie leggi e sta- ramente interlocutoria. I Cantoni svizzeri infatti pre- tuti. In questo periodo però i Visconti giustamente pro- mevano per accedere al versante sud delle Alpi, verso mossero riforme statutarie al fine di uniformare le leg- la Lombardia, che in quell’epoca era una delle regioni gi su tutto il territorio e favorirne l’unità amministrati- più ricche d’Europa. Esportatori di milizie mercenarie, va e civile. Sotto Gian Galeazzo Visconti furono rifor- gli Svizzeri, tenevano in gran conto ogni piccolo sgar- mati gli antichi statuti della Corte di Mattarella e fat- bo per giustificare la loro presenza in Ossola. Prenden- ti molti altri. do dunque motivazione da alcuni sequestri di bestiame Prima di chiudere la cronaca del secolo XIV, ricordia- fatti dai Formazzini a danno dei Leventinesi, in quel mo che il vescovo Pietro Filargo, poi divenuto papa col tempo dominati dai Cantoni svizzeri di Uri e Unter- nome di Alessandro V, rivendicò formalmente il pos- wald, oltre 300 Svizzeri scesero in Ossola venendo dal sesso della Corte di Mattarella e del suo territorio con Gottardo e dal Sempione, occuparono Domodossola un diploma che egli ottenne dall’imperatore Venceslao, esigendo dagli Ossolani il giuramento di fedeltà, del assieme al titolo di duca per Gian Galeazzo Visconti cui valore si può dubitare. Lasciato un presidio in Os- (1395) di cui era grande amico e favoreggiatore. Si pre- sola se ne andarono. Ma poco dopo questo fu cacciato. sume però che a questo atto formale non seguisse alcun Tornarono in maggior numero gli Svizzeri l’anno se- che. Probabilmente Gian Galeazzo Visconti provvide a guente, rioccupando Domo e spingendosi fino a Vogo- tacitare il vescovo di Novara assegnando alla sua mensa gna. Gli Ossolani chiesero segretamente aiuto al con- alcune sicure entrate delle quali si riscontrano le tracce te Amedeo VIII di Savoia che inviò attraverso il Sem- nei secoli seguenti, come i diritti sulle miniere di ferro, pione un robusto corpo di armati sotto la guida del ca- di laugera ed altri. pitano Pietro di Chivron, costringendo verso la fine di

27 maggio del 1411, gli Svizzeri a ritirarsi. Anche Amedeo dovuta al timore delle armi viscontee, quanto piuttosto VIII di Savoia ottenne il giuramento di fedeltà dagli al denaro sborsato dagli emissari ducali ai capitani sviz- Ossolani di parte spelorcia. zeri (1426). Nel 1415 gli Svizzeri discesero nuovamente in Ossola Le continue invasioni svizzere favorirono nel secolo XV sorprendendo le scarse milizie savoiarde poste alla di- in Ossola non solo le lotte fra i partiti dei Ferrari, gene- fesa dell’Ossola. Occuparono Domodossola ed il ca- ralmente fedeli al Duca di Milano, e degli Spelorci, più stello di Mattarella e per tutelarsi ulteriormente invia- propensi all’indipendenza, ma anche la nascita di un rono numerose squadre di Ossolani a distruggerlo, la- consistente partito filosvizzero, rendendo la difesa del- sciandovi un gran cumulo di rovine. Rinforzi mandati l’Ossola ancora più problematica. La pressione svizze- dal Duca di Savoia ottennero il ritiro degli Svizzeri dal- ra infatti continuò, favorita anche dalla litigiosità degli l’Ossola fino al febbraio del 1417, quando un numero- Ossolani sugli alpeggi confinanti, da ruberie di bestia- so gruppo di essi scese dal Gottardo lungo il lago Mag- me, da angherie, incendi e omicidi in val Antrona, in giore e risalì l’Ossola da Sud. Le milizie savoiarde fu- val Bognanco, in val Divedro ed in valle Antigorio. Tut- rono imbottigliate in val Divedro e in gran parte mas- tavia il 1° aprile 1448 fu firmato un compromesso fra il sacrate. Con questa spedizione gli Svizzeri occuparono Vallese e l’Ossola superiore allo scopo di evitare il peg- tutta la regione sulla sponda destra del Toce, da Villa in gioramento della situazione ed un’altra guerra. su fino a Pontemaglio e tutta la valle Antigorio e For- Morto il duca Filippo Maria Visconti (1447), subentrò mazza, ponendo numerosi presidi armati per circa cin- per poco tempo la così detta Repubblica ambrosiana, que anni. Il vescovo di Novara tentò ancora una volta ma il Ducato di Milano cadde quasi subito nelle mani di recuperare il dominio temporale in Ossola promuo- del capitano Francesco Sforza dal quale gli Ossolani ot- vendo un processo contro gli Svizzeri occupanti davan- tennero il 26 marzo 1450 la conferma dei loro privile- ti al Papa. Il processo fu fatto e concluso con la sentenza gi. Con Francesco Sforza si apre un periodo di relati- del 16 dicembre 1420 in cui essi vennero scomunicati va tranquillità in Ossola dove vengono anche rinnova- e condannati, ma l’Ossola rimase nelle loro mani fino ti tutti gli Statuti delle Comunità e si tenta di dare più al 1422, quando milizie scelte ducali, al comando del unità e conformità ai medesimi. La necessità tuttavia di famoso capitano Conte di Carmagnola, inflissero agli ottenere fondi sufficienti per le continue guerre in atto Svizzeri la tremenda sconfitta di Arbedo presso Bellin- costringe i Duchi di Milano a cedere in feudo poco alla zona (30 giugno 1422), costringendoli allo sgombero volta gran parte dell’Ossola, nonostante le rimostranze di tutti i territori occupati. Tre anni dopo, nel 1425, gli degli Ossolani che vantavano il privilegio di essere com- Svizzeri approfittando del fatto che il duca di Milano pletamente esenti da queste infeudazioni. Già il duca Filippo Maria Visconti doveva tener testa ad una coali- Filippo Maria Visconti aveva dato Ornavasso in feu- zione che comprendeva Venezia, Firenze ed il Duca di do ai fratelli Ermes e Lancillotto Visconti, feudo che fu Savoia, ritentarono la conquista dell’Ossola con un pic- eretto in baronia nel 1413. Era un modo di gratificare colo esercito di 500 armati al comando di Peterman Ri- personaggi meritevoli per il Ducato. sigh di Switt che scelse la via del Gottardo e del Gries, In valle Vigezzo già alla fine del 1300 la giustizia era mentre forti gruppi di Vallesani penetravano attraverso amministrata da un vicario sia per la parte dipendente i passi del Sempione, della val Bognanco ed Antrona. dalla Corte di Mattarella che per quella dipendente da I capitani ducali viscontei dovettero ritirarsi nella bas- Vogogna; ma nel 1430 il distacco è definitivo. Nel 1431 sa Ossola, dove si riorganizzarono e si raccolsero sotto il Mergozzo fu unito a Vogogna. Nel 1446 il duca Filip- comando del capitano Piccinino, il quale era giunto in po Maria Visconti diede in feudo a Vitaliano Borromeo Ossola con un buon gruppo di milizie ducali. Gli Sviz- tutta l’Ossola inferiore da Mergozzo a Masera, da Mi- zeri, vista la situazione, si ritirarono non solo dall’Osso- giandone a Pallanzeno e tutta la valle Anzasca, imponen- la, ma anche dalla valle Leventina e da Bellinzona. do il giuramento di fedeltà al feudatario. Si verificarono Alcuni storici svizzeri affermano che tale ritirata non fu forti resistenze all’infeudazione, specie in valle Anzasca,

28 resistenze che vennero superate con accordi stabiliti il 3 zeri avevano fama di soldati imbattibili e la loro traco- agosto 1449 e con l’approvazione degli Statuti presen- tanza diceva che ne erano molto convinti. L’anima di tati dalle comunità soggette. Vogogna fu la capitale del queste spedizioni era il vescovo di Sion, Jost von Silli- feudo dei Borromei. Poco dopo, 5 maggio 1450, anche nen (1482-1494). Già nel 1484, avvisato dal podestà di l’intera valle Vigezzo venne da Francesco Sforza data in Vogogna Bertolino Albasino dei preparativi che si sta- feudo al conte Vitaliano Borromeo. Una costituzione vano facendo al di là delle Alpi, Lodovico il Moro che particolare fu scelta per le comunità di Trontano, Mase- reggeva il ducato di Milano per il duca Giovanni Ga- ra, Beura e Cardezza che in seno al dominio feudale dei leazzo Maria Visconti, rinforzò i corpi militari di guar- Borromeo ebbero una propria vicaria che fu detta delle dia e difesa dell’Ossola, mandandovi come comandan- Quattro Terre. Il dominio feudale dei Borromei esten- te il celebre capitano conte Gian Pietro Bergamino. Il dentesi anche nelle zone limitrofe della valle Cannobi- 28 ottobre 1484 il vescovo di Sion dichiara la guerra al na e sul lago Maggiore cesserà alla fine del secolo XVIII duca di Milano ed invia immediatamente un esercito, con l’abolizione generale dei feudi seguita alla occupa- comandato dal fratello Albino, attraverso il Sempione. zione francese dell’Italia. Occupata momentaneamente la valle Divedro, appena Il 1487 è un anno memorabile per l’Ossola. Gli Sviz- questi si accorge di aver di fronte un grosso contingen- zeri rinnovano infatti il tentativo di occupare l’Ossola. te di armati ducali pronti al combattimento, riporta in I motivi o, meglio, i pretesti per mascherare il loro di- fretta i suoi oltre le Alpi, con grave disappunto del ve- segno antico di arrivare sulle sponde dei laghi subalpi- scovo Jost. Nel 1487, col pretesto di vendicare delle of- ni erano naturalmente sempre gli stessi, del tutto insi- fese fatte ai Vallesani in val Divedro, il vescovo Jost in- gnificanti, sebbene raccolti con molta cura. Gli Sviz- via un altro esercito più numeroso ed agguerrito in Os-

Domodossola, Colle di Mattarella, torre d’angolo del castello (sec. XI - XIV).

29 sola, sempre al comando del fratello. Prima del 18 apri- in salvo le loro robe e dando così appiglio all’accusa di le, giorno in cui fu dichiarata la guerra, già un buon nu- essersi segretamente intesi coi Vallesani. I timori degli mero di armati era stato concentrato dal conte Gilber- Antronesi erano giustificati. Giovan Battista del Pon- to Borromeo a Vogogna, sebbene non riuscisse a con- te scrive il 18 aprile al Duca di Milano: quilli (todeschi) vincere gli uomini dell’Ossola Superiore ad unirsi con quali sono venuti per la valle di Antigorio sono secundo se lui per difendere la val Divedro, forse per l’antico anta- dice gente de la Liga del Bo, et ho inteso che bruxano et gonismo di parte. Fortunatamente il 18 aprile un altro hano bruxato case et quelle gente che trovino de detta val- contingente di truppe al comando del capitano Zenone le, menano tutty per ly terri. De hora in hora aspectamo un de Cropello, con 500 fanti e 50 schioppettieri, giunse a altro assalto per la valle de Bugnanco da quilli frieri (fril- rinforzare la difesa del borgo di Domo. Si aspettava an- li) quali erano nel campo di Saluzo... Aviso V. Excellentia che l’arrivo in Ossola con le sue genti armate del con- como domatina Deo danti me porto da qui et vado in la dottiero ducale Renato Trivulzio, fratello del più famo- valle Antrona et con li homeni de dicta valle che sono a nu- so Gian Giacomo. La mattina del 20 aprile dalla gola mero di circha 600 homini et valenthomini et con certi al- di Crevola si affacciarono i 6000 Vallesani a cui si era- tri homini de questa vostra jurisdictione farò tuto il pode- no aggiunte altre bande di Lucernesi. Questi, dopo aver re mio per andare a bruxare a disfare una valle del Vesco- mandato ad occupare e presidiare la val Antigorio, pun- vo de Valese nominato Valzosia (Saas) quale confinia con tarono sul borgo di Domo. Convinti dalle artiglierie del dicta valle de Antrona et de tutto quello che se farà, ne avi- capitano Zenone e da quelle di Gian Antenore Traver- sarò V. Excellentia. Non pare che il disegno del capitano sa, che in quel tempo comandava il presidio di Domo, Del Ponte sia stato condotto a termine, ma gli uomini girarono al largo e si accamparono sul colle di Matta- di Antrona fecero buona guardia alla loro Valle. rella fra i ruderi del castello, non senza aver devastato i Non ci furono scontri importanti fino al giorno 27 apri- luoghi circostanti. le, tanto che la notte del 25 aprile 2000 Vallesani saliro- Il giorno dopo, il 21 aprile, eccoli a incendiare ed a raz- no in val Vigezzo a far bottino. Giungevano frattanto in ziare da Calice fino a Villa. Il conte Gilberto Borromeo Ossola altri rinforzi ai ducali ed in special modo il conte in una lettera del 20 aprile al Duca, informa che prima Gian Pietro Bergamino con 2000 fanti; così che i ducali ancora di accamparsi a Mattarella questi thodeschi han- potevano schierare in campo circa 3500 uomini. no corso li a cerchio fin appresso a Villa mettendo a focho Il 27 aprile Renato Trivulzio volendo saggiare la consi- e fiama ogni cosa et amazando fin a li puti picoli, per non stenza del nemico avanzò da Vogogna verso Beura con poterli obviarli non havendo altra gente che paesani, qua- 50 balestrieri. La piccola schiera fu avvistata dagli Sviz- li sono voluti restare a casa loro per guardia de le sue cose. zeri dal castello di Mattarella e 500 di essi calarono sul Tornarono gli Svizzeri il giorno seguente (22 aprile) in piano di Calice. Un gruppetto di ducali guidati dal ca- numero di circa 400 per assaltare Villa, ma vi trovaro- pitano Jacopo dal Corte non esitò ad attraversare il Toce no una resistenza accanita da parte della gente del luogo ed attaccare duramente i Vallesani che lasciarono sul in cui aiuto erano accorsi i robusti montanari della val terreno 50 morti e dovettero fuggire. Anzasca. I predatori svizzeri, tornarono a mani vuote, Questo assaggio era stato parecchio amaro per gli Sviz- dopo essersi vendicati bruciando qualche casolare. zeri ed il loro comandante Albino di Sillenen ne tras- In quel medesimo giorno giunse in Ossola il Trivulzio se cattivi auspici. Mandò in fretta a richiamare dalla val col suo esercito e si fece un piano di guerra. Ma gli uo- Vigezzo quelli che erano saliti a bottinare perché si af- mini della valle Anzasca e della valle Antrona che ave- frettassero verso il ponte di Crevola dove anch’egli si vano fatto buona resistenza a Villa, o per timore o per diresse coi suoi, lentamente, per guadagnare l’imbocco calcolo, dubitando forse che qualche gruppo di Vallesa- della val Divedro e non vedersi tagliata la via dai ducali. ni giungesse alle loro spalle, come altre volte, attraver- Mossisi gli Svizzeri da Mattarella verso Preglia, i capi- so i passi del Monscera, di Saas e del monte Moro, non tani Zenone e Traversa che erano in Domo ne manda- vollero partecipare alla battaglia, cercando di mettere rono avviso a Vogogna dove il Trivulzio ed il Bergami-

30 no stavano concertando un piano di guerra. Il capitano ponte dell’Orco. Lungo l’angusta strada che si inerpica Jacopo dal Corte raggiunge Domo e coi suoi balestrie- sul monte furono facile bersaglio delle balestre puntate ri sorprende gli Svizzeri a Preglia. Giunti anche Zeno- su di loro e dei grossi massi rotolati dall’alto. Quelli che ne e Traversa vengono attaccate le retroguardie svizzere non precipitarono nel fiume furono circondati e uccisi e costrette a impegnarsi. Sopraggiunge anche il Trivul- o braccati dai paesani che non mancarono di incrudeli- zio che manda immediatamente un corpo di fanti scel- re su di loro per vendicarsi di tante violenze passate. to per il ripido sentiero che da Preglia porta in val Di- Si dice che almeno 2000 Svizzeri morissero in questa vedro ad occupare il ponte dell’Orco sulla Diveria, nel che fu una delle più gravi sconfitte subite da essi. Gli punto cioè in cui la strada del Sempione salendo da Ossolani in ringraziamento dell’ottenuta vittoria, pro- Crevola passa sulla sponda destra del Diveria, poco pri- prio sul luogo della battaglia al ponte di Crevola, co- ma della frazione S. Giovanni, tagliando così la ritira- struirono un oratorio dedicato a S. Vitale, padre dei ta agli Svizzeri. La battaglia si accende quindi nel piano Santi soldati Gervasio e Protasio, facendo anche voto di fra Preglia e Crevola e nei pressi del ponte. Gli Svizze- visitarlo nel giorno della festa. ri si ritirano lentamente aspettando di congiungersi con Dopo questa battaglia Ludovico il Moro venne in Os- il gruppo dei bottinatori saliti in val Vigezzo. Appena sola, pagò i soldati, visitò la valle ordinando gli oppor- questi furono visti scendere dai colli di Trontano con il tuni restauri al castello di Mattarella ed alle altre torri frutto delle loro razzìe, Jacopo dal Corte con un gruppo di difesa ossolane e gli sbarramenti al Passo di Premia di balestrieri a cavallo lascia Preglia e, passato il Toce, si ed al Passo di Croveo contro possibili invasioni svizze- fa loro incontro. Gli Svizzeri si fermano e si chiudono re. Venne anche riorganizzato il sistema di rapide infor- in difesa, ma pur essendo forniti di molte armi e anche mazioni per mezzo di una rete di segnali che dalle valli di schioppi ebbero notevoli danni dai balestrieri duca- estreme erano rimandati da torre in torre fino a Milano. li. Ma poiché, nonostante i danni subiti si manteneva- La pace fu firmata il 23 maggio 1487 a Domodosso- no chiusi in difesa, Jacopo dal Corte simulando una fu- la e completata con altra firmata a Milano il 9 gennaio ga, riuscì a sparpagliarli sul terreno, caricandoli poi du- 1495. Con questa il vescovo di Sion rinunciava ad ogni ramente così che ne restarono uccisi un migliaio, ab- pretesa sull’Ossola; tuttavia il ducato di Milano e quin- bandonando il bottino ed ogni cosa. Pochi riuscirono di anche l’Ossola perdette definitivamente tutta la zona a ricongiungersi coi loro, mentre la maggior parte degli che da Gondo, dove passa l’attuale confine italo-svizze- scampati fu braccata e trucidata dai montanari di Tron- ro, giunge a Lattinasca, ossia all’attuale Gabi, compren- tano e Masera. dente la val Vaira, detta attualmente Schwitzbergental. La notizia di questo scontro e del risultato, giunta a La pesante lezione della battaglia di Crevola non era Crevola, portò il morale dei ducali alle stelle. Soprag- però stata sufficiente agli Svizzeri. Il vescovo Jost, solle- giunti anche il Bergamino ed il Borromeo con gli uo- citato da Carlo VIII di Francia, rinnova l’attacco al du- mini di armatura pesante, si schierò l’esercito e fu dato cato di Milano cercando di rendersi padrone dell’Osso- l’attacco al ponte di Crevola. La battaglia fu durissima e la. Il 23 marzo 1495, mentre un gruppo di Svizzeri al combattuta con valore da ambo le parti. La sorte per gli comando del famoso capitano Giorgio Supersaxo, che Svizzeri volse in sfavore quando un gruppo di cavalleria tuttavia si era opposto in sede di consiglio a questa spe- ducale riuscì a passare la Diveria e prenderli alle spalle, dizione, evitando Domodossola, scendeva ad occupare cosa che fece anche Jacopo dal Corte giungendo in quel Villa e Piedimulera, il vescovo Jost con un altro gruppo frattempo da Masera per la piana di Montecrestese. Gli puntò su Domodossola sotto le cui mura però fu battu- Svizzeri cominciarono a cedere, lasciando il ponte sot- to e dovette riguadagnare il Sempione. to il quale a centinaia si ammucchiavano i cadaveri ad La val Formazza, stanca del dominio feudale dei De Ro- arrossare le acque del fiume e cercarono la difesa nel- dis-Baceno chiese a Lodovico il Moro di esserne final- le vicine case tentando contemporaneamente di guada- mente liberata e di dipendere direttamente dal Ducato gnare la strada della salvezza. Ma questa era sbarrata al di Milano. Dopo lunghe insistenze, paventando forse

31 che i Formazzini di origine walser decidessero di darsi il conte Francesco Sforza ancora fanciullo. ai vicini Svizzeri, il Duca tolse il feudo ai De Rodis-Ba- Incominciarono così tutte le traversie del Ducato Mila- ceno, né valse una causa da essi fatta contro tal provve- nese conteso entro la fine del 1400 e la metà del 1500 dimento a recuperarlo. Restò comunque ad essi Salec- fra gli Sforza, i Francesi e gli Spagnoli. chio ed Agaro che passò in feudo ai Marini di Crodo e Tutti questi avvenimenti in rapida successione si riflet- successivamente fu comperato dal conte Giulio Mon- tono puntualmente anche nell’Ossola dove prendono ti di Valsassina. nuovamente forza i partiti locali. Tramontati apparen- Gli Ossolani rinnovarono anche la richiesta di confer- temente il guelfismo e ghibellinismo, ossia i partiti de- ma degli antichi privilegi ed il duca Ludovico il Moro gli Spelorci e dei Ferrari, si parteggia per il duca di Mi- la concesse il 28 febbraio 1495. lano o per il re di Francia oppure addirittura per la Lega Un cenno deve essere fatto anche di due avvenimenti Svizzera dei 12 Cantoni. che commossero la devozione degli Ossolani. Nel 1492 I capi delle fazioni sono sempre quei nobili che aveva- un dipinto della Madonna nella chiesa di Cravegna si no scelto di conservare e crescere le loro fortune mili- rigò di sudore e di lacrime. Nel 1494 è l’immagine del- tando sotto le bandiere ducali o francesi, reclutando an- la Beata Vergine dipinta sulla facciata della chiesa di Re che in Ossola quelle milizie di cui avevano bisogno, ed che, percossa dalla sacrilega sassata di Giovanni Zucco- alle quali assegnavano talvolta gli stipendi impegnando ne di Londrago, emana ripetutamente ed alla presenza i propri beni. Favorevoli al Duca di Milano sono i Pon- di persone eminenti del clero, dei magistrati locali ed teschi, facenti capo alla famiglia del Ponte discenden- anche di molto popolo, un fiotto di sangue dalla fron- te da quel capitano Garbellino di Semonzio di Crevo- te colpita. Ambedue questi fatti furono sottoposti a im- la, il cui figlio aveva abbandonato le sue case in Semon- mediata ed attentissima indagine con processi che ne te- zio perché distrutte nelle guerre del secolo XIV per co- stimoniano l’oggettività e storicità, in documenti origi- struirsi una abitazione presso il ponte di Crevola, don- nali ancora esistenti negli archivi e registrati. de il nome. D’altra parte, favorevoli al re di Francia sono i Bren- Cronache del secolo XVI neschi, un ramo dei De Rodis-Baceno ai quali si erano Ludovico il Moro con la sua politica ambiziosa non uniti i Della Silva e De Rido di Crevola. mancò di attirarsi le odiosità dei sudditi e le gelosie Tutte le altre famiglie nobili o particolarmente forni- dei principi che vantavano qualche diritto sul ducato te di censo erano costrette ad entrare nell’una o nell’al- di Milano. Primo fra tutti il nuovo re di Francia Luigi tra delle due consorterie; ma anche i piccoli proprieta- XII, succeduto a Carlo VIII, la cui venuta in Italia aveva ri o fittavoli che tenevano da questi signori gran parte scombussolato l’intera penisola. Vantava il re francese la dei loro beni in enfiteusi o avevano verso di essi obbli- discendenza da Valentina Visconti data in sposa da Gian ghi particolari erano necessitati a seguirli. I partiti ed i Galeazzo nel 1389 a Ludovico duca di Turenna, fratello loro aderenti amavano distinguersi anche esternamen- di Carlo VI e figlio di Carlo V re di Francia. Tutto que- te non solo dai colori delle proprie bandiere, ma an- sto era noto e non mancarono di sorgere numerosi par- che nei vestiti, nelle decorazioni degli ambienti e perfi- tigiani per il dominio francese in Italia e sul ducato mi- no scegliendo posti separati nelle chiese e valendosi di lanese in particolare, indirettamente favoriti dalla poli- porte diverse. tica di Ludovico il Moro che si era creato attorno mol- Impadronitisi i Francesi del Ducato Milanese, furono te inimicizie. Gian Giacomo Trivulzio non esitò a por- mandati commissari anche nell’Ossola ed il 17 otto- si al servizio del re di Francia e a capitanare un eserci- bre 1499 troviamo a Domo in questa funzione il signor to francese che, sceso in Italia nel 1499, costrinse Ludo- Giovanni Domenico dei Rizzi luogotenente di Manfre- vico il Moro a rifugiarsi in Tirolo mentre il re francese do Tornielli governatore dell’Ossola per il re di Francia. Luigi XII, il 23 settembre entrava trionfalmente in Mi- Il 18 novembre seguente il suo posto è preso dal capi- lano, ritornando però subito in Francia portando seco tano Bernardino de Baceno luogotenente del capitano

32 conte Giovanni di Neufchatell. l’aiuto dell’imperatore Massimiliano e della Repubbli- Frattanto una sollevazione di popolo, causata dalla sfre- ca di Venezia, costituisce la Lega Santa (5 ottobre 1511) nata licenza e tracotanza dei soldati francesi, restituisce che al grido di fuori i barbari dovrebbe cacciare i Fran- momentaneamente Milano a Ludovico il Moro che nel cesi dall’Italia. Per realizzare i suoi disegni il Papa si valse febbraio del 1500 rientra a Milano. In aiuto del Duca di Matteo Schinner vescovo di Sion, uomo della taglia erano scesi 6000 Svizzeri fra cui molti del Vallese il cui mentale e del coraggio di Giulio II, abile diplomatico e vescovo Matteo Schinner parteggiava apertamente per capace di guidare, se fosse stato necessario, un esercito il Moro. Queste truppe scendendo dal Sempione co- in battaglia. Lo Schinner fu da Giulio II creato ammini- strinsero i Francesi ad abbandonare Domo. Infatti il stratore perpetuo della diocesi di Novara, dopo la depo- 19 febbraio 1500 riprende il suo posto nella Curia di sizione del cardinale Sanseverino che si era compromes- Mattarella il commissario ducale Giovanni Luchino dei so intervenendo al Conciliabolo di Pisa. Ciò avvenne il Crivelli di Milano che già possedeva questo ufficio pri- 9 febbraio 1511, secondo il Bascapè. Il 10 marzo 1511 ma dell’arrivo dei Francesi. fu fatto cardinale e con bolla papale del 9 gennaio 1512 Ludovico il Moro non riuscì però a riconquistare il Du- nunzio apostolico speciale nell’Italia Superiore, in Ger- cato. Il 3 aprile 1500, fatto prigioniero dai Francesi al- mania e presso i Confederati Svizzeri. Il nuovo vescovo l’assedio di Novara, fu mandato a morire in Francia. di Novara si affrettò con atto del 1° febbraio 1512 ad Pochi giorni dopo i Francesi sono nuovamente in Os- accaparrarsi le simpatie degli Ossolani concedendo, su sola, dove ritorna il governatore e capitano Giovanni di preghiera del conte Lancillotto Borromeo, alle popola- Neufchatell. zioni delle valli Vigezzo, Anzasca e Strona il privilegio Gli Ossolani devono ora prestare il giuramento di fe- dell’uso dei latticini durante la Quaresima, Settimana deltà al re di Francia. Il 13 aprile 1500 c’è una pro- Santa esclusa, privilegio che fu poi esteso a tutta l’Os- cura da parte del notaio Giovanni Muzzeti (i Muzzeti sola. Riuscì allo Schinner di convincere i Confederati sono un ramo dei De Rodis-Baceno) nei signori Barte- Svizzeri a scendere in Italia per cacciare i Francesci, ed lino degli Albasini di Vogogna, Simone degli Albertaz- assoldato un forte esercito di mercenari nel giugno del zi di Vogogna, Filippo di Pontemaglio di Domo e Gio- 1512 costrinse i Francesi a lasciare Milano rimettendo vanni Giacomo della Porta di Domo e Antonio de Ba- nel Ducato Massimiliano Sforza il quale, il 29 dicembre ceno di Domo, tutti notai per giurare fedeltà al cristia- 1512, fece il suo ingresso solenne in Milano. nissimo re dei Francesi. Questa procura, fatta al Ponte I Francesi tennero però i castelli dell’Ossola Superiore di Villa dovette essere il primo atto di sottomissione al ed il borgo di Domo fino all’agosto del 1512. In quel- re francese. l’epoca un grosso contingente di armati svizzeri della In questo periodo deve essere avvenuto anche un fatto Lega di Urania o del Bue vennero per loro conto e col che è riportato dal Bascapè. Antonio Chilino creato dal benestare di molti Ossolani specialmente di quelli che duca Ludovico il Moro castellano di Mattarella, mentre parteggiavano per i Francesi a prendere in consegna i si recava in Ossola per entrare nell’ufficio assegnatogli, castelli ed il borgo di Domo. Anche questi si fecero giu- fu spogliato dei suoi bagagli dai soldati del Conte Bor- rare fedeltà degli Ossolani. Il 10 agosto 1512 giurarono romeo e consegnò poi al Neufchatell il borgo ed il ca- quelli di Villa e della valle Antrona. Il 15 agosto i Fran- stello di Domo colla condizione di riavere il suo baga- cesi fecero la consegna dei castelli e del borgo e attraver- glio e di andar libero. so il Sempione ripassarono le Alpi. Il pontefice Giulio II non sopportava che nell’Italia pre- Sebbene alleati del Duca di Milano, gli Svizzeri tennero dominassero i Francesi e fece ogni sforzo per togliere ad l’Ossola in proprio e non vollero cederla al Duca di Mi- essi il Ducato di Milano e darlo al duca Massimiliano lano, Antonio Zich di Urania era il commissario e capi- Sforza figlio di Ludovico il Moro. A questo scopo, col- tano della Curia di Mattarella per la Lega dei XII Can-

Tipo del Sacro Monte Calvario di Domodossola eseguito dall’arch. Pier Maria Perini nel 1772.

34 toni, ma talvolta vi troviamo suoi luogotenenti quelli meo e l’Ossola Superiore una lite che fu portata davanti stessi che lo avevano aiutato ad entrare nel borgo e che ai capi della Lega dei XII Cantoni. La sentenza costrin- si opponevano alla consegna al Duca di Milano. Vo- se gli uomini dell’Ossola Superiore a restituire le fortez- glio dire il capitano Paolo della Silva rimasto nell’Os- ze e i territori occupati, ma fece obbligo ai Borromeo di sola e che il 5 settembre 1512 è commissario e capita- lasciare libero il passaggio ai grani e vettovaglie. Il lau- no della Corte di Mattarella. Comincia in questo perio- do fu pubblicato a Domo il 3 gennaio 1515 da Ulde- do a prendere forza un partito favorevole agli Svizzeri rico Flauder di Lucerna allora commissario della Cor- e che, dimentico delle antiche e recenti offese, vorreb- te di Mattarella. be l’Ossola confederata con i Cantoni Svizzeri. Il com- Morto Luigi XII senza eredi legittimi, sul trono di Fran- portamento degli Ossolani dell’Ossola Superiore irritò cia salì Francesco I, anch’egli discendente da Valentina specialmente i conti Borromeo i quali, dopo essere stati Visconti, e quindi aspirante al dominio del ducato di partigiani dei Francesi, erano tornati all’ubbidienza del Milano. Massimiliano Sforza gli oppose un esercito di Duca di Milano. Lancillotto Borromeo tentò di prende- mercenari svizzeri, ma non riuscì ad impedire al re fran- re il borgo di Domo, ma fu battuto dagli Ossolani col- cese di scendere in Lombardia. La battaglia decisiva del legati cogli Svizzeri. Si vendicò il Borromeo impedendo 14 settembre a Marignano, in cui perirono 15000 sviz- la libera circolazione delle merci, imponendo gravi dazi zeri e 6000 francesi permise a Francesco I di entrare da sulle importazioni del grano dal Novarese e Milanese, signore in Milano e impadronirsi del Ducato, mentre angariando i mercanti ed impedendo in tutti i modi le il duca Massimiliano, costretto ad abdicare, era spedito comunicazioni fra le due Ossole. Alle rimostranze de- prigioniero in Francia. gli Ossolani rispondeva il Borromeo: «avete voluto stare Dopo questi avvenimenti i capitani della Lega non si cogli Svizzeri piuttosto che con noi? Andate ora da essi sentirono più sicuri in Ossola. Oltre tutto sei squadre o perché vi diano il grano e le vettovaglie! Per conto no- bandiere di Svizzeri, che tornavano dalla sfortunata bat- stro vogliamo assolutamente farvi morire di fame». Fu taglia di Marignano alla loro patria attraverso l’Osso- una dura carestia che fece soffrire soprattutto i più po- la, rubarono e saccheggiarono quando poterono senza veri e che provocò la peste, sempre pronta a comparire risparmiare nulla e nessuno. Ne soffrì soprattutto Vil- in queste occasioni. Il flagello, scoppiato nel 1513, durò la come ricorda il Capis ed i poveri paesani, già prova- da luglio a dicembre e mieté molte vittime. ti dalle precedenti calamità dovettero subire ancora una Il seguente anno, 1514, gli uomini dell’Ossola Superio- volta i saccheggi, gli incendi e le umiliazioni di queste re sotto la guida del capitano Paolo della Silva, che ave- orde scatenate che non risparmiarono neppure le chiese. va sempre mantenuto vicino a Domo un buon grup- Gli Svizzeri si ritirarono dall’Ossola e per un certo tem- po di fedeli armati, coll’aiuto anche di un piccolo cor- po questa regione fu terra di nessuno, tanto che il 23 po di Svizzeri, fecero un’azione di forza puntando diret- settembre gli Ossolani dell’Ossola Superiore, ritenen- tamente su Vogogna. Il borgo cadde subito nelle mani dosi ancora legati alla Lega Svizzera, scrissero condolen- di questi armati esasperati i quali si diedero al saccheg- dosi della sconfitta di Marignano e chiedendo aiuto e gio, distrussero i caselli del dazio e si fecero giurare con consigli. A sostituire il capitano e commissario svizzero atto pubblico che per l’avvenire ogni dazio sarebbe stato Ulderico Flauder di Lucerna, allontanatosi dall’Ossola abolito (17 luglio 1514). I poveri abitanti di Vogogna il 25 giugno 1515, fu mandato Giovanni Stolez di Ba- si salvarono in parte rifugiandosi in val Anzasca. Poco silea del quale trova luogotenente nella Curia di Mat- dopo (27 luglio) analoga spedizione fu fatta a Mergoz- tarella il signor Pietro di Breno, dottore in diritto, fino zo, Omegna e Pallanza dove ugualmente si volle il giu- al 29 settembre 1515. Un esercito francese intanto en- ramento di esenzione da ogni dazio. Gli invasori si riti- trava nell’Ossola, mentre i pochi svizzeri rimasti torna- rarono poi da Vogogna non senza prima aver diroccato vano in patria e l’8 ottobre, se si deve credere al Capis, il castello, ma mantennero alcune fortezze che occupa- un corpo di 500 uomini al comando del capitano Lau- rono a titolo cautelativo. Ne nacque fra il conte Borro- trec occupa Domo, dove i Francesi si abbandonarono

35 ad ogni dissolutezza e violenza. Fortunatamente il capi- Egli spese gran parte delle sue ricchezze nel dare lustro tano Lautrec e la sua compagnia, dietro le lamentele fat- e decoro all’Ossola dove chiamò architetti ed artisti ad te giungere dagli Ossolani direttamente al re di Francia, abbellire il palazzo che andava costruendo a Domo e le furono sostituiti e la piazza di Domo fu tenuta dal capi- chiese di Crevola e Domodossola. tano Predemelges che si fece onore tenendo in discipli- Colla salita di Carlo V al trono di Spagna il dominio na la sua compagnia. del Ducato di Milano viene rimesso in discussione. Il Un altro atto distensivo del re di Francia fu quello con nuovo imperatore ed il Papa appoggiavano Francesco II cui il 10 marzo 1516 tolse all’Ossola Superiore il con- Sforza, fratello di Massimiliano, il quale poté assoldare tributo di 600 lire imperiali dovute alla camera ducale, un esercito di mercenari svizzeri e tedeschi e con que- condonando anche i debiti contratti con la stessa dal- sti il 19 novembre 1521 riprese Milano costringendo i l’epoca di Luigi XII. Francesi a tornare in patria. Nell’Ossola, Benedetto del Col ritorno della pace si stabilisce un modus vivendi Ponte, capitano di milizie ducali, costrinse i Francesi a anche fra i partiti ossolani. Probabilmente anzi ci fu un lasciare il borgo di Domo, cosa che avvenne verso la fine atto di pacificazione giacché vediamo ritornare in Os- di giugno 1522. L’8 luglio seguente i deputati ossolani sola i fratelli Francesco e Benedetto del Ponte che era- si recarono a Milano per giurar fedeltà al Duca. Il se- no stati messi al bando da Luigi XII. Il 26 ottobre 1515 guente anno gli Ossolani inviano al Duca una supplica anzi troviamo Francesco del Ponte per un po’ di tem- per ottenere la pacificazione generale ed il perdono per po luogotenente del commissario della Corte di Matta- tutti quelli che nelle guerre passate avevano parteggiato rella. Ma il personaggio più in vista con la vittoria del- per la Francia, in particolare per il capitano Paolo della le armi francesi è il capitano Paolo della Silva che aveva Silva e suoi luogotenenti banderali, nonché il riconosci- posto la sua spada e la sua compagnia al servizio del re mento degli antichi privilegi. Il 16 giugno 1523 si ebbe francese dal quale era tenuto in grande considerazione. notizia che la supplica era stata accolta.

36 Ma la partita non era ancora finita. Francesco I di Fran- pò Milano. Il capitano Paolo della Silva che si era subi- cia nel settembre del 1523 invia un forte esercito in Ita- to portato al campo del re francese mandò immediata- lia al comando dell’ammiraglio Bonnivet. Ripresero le mente in Ossola dei rappresentanti per far giurare fedel- speranze i fautori della Francia in Ossola, sollecitati dal tà al nuovo padrone. capitano Paolo della Silva, il quale anzi cercò di otte- Paolo della Silva tornò poi in Ossola e vi raccolse una nere subito l’adesione da parte delle comunità ossola- banda di alcune migliaia di armati e si portò a Pavia ne, mandando perfino un suo rappresentante nel borgo dove il re Francesco I stava assediando la città. Questa di Domo per chiedere il giuramento di fedeltà. Il com- banda di Ossolani che il Della Silva pagava coi suoi de- missario ducale Tommaso Morone ed il capitano Bene- nari, combatté nella sfortunata battaglia di Pavia (24 detto del Ponte si meravigliarono di questa richiesta del febbraio 1525), in seguito alla quale Carlo V costrin- Della Silva; anzi uno dei presenti, un certo prete Pietro se il re di Francia a rinunciare definitivamente al Duca- Viscardi di Trontano, non trovò altra risposta che quel- to di Milano. Sfasciatosi l’esercito francese, Paolo del- la di dare un tremendo colpo di spada sulla testa del po- la Silva tornò coi compatrioti superstiti a Domo dove vero ambasciatore che morì all’istante. Saputo di que- giunse poco dopo anche il capitano Benedetto del Pon- sto trattamento, il capitano Paolo della Silva che aveva te a chiedere agli Ossolani il giuramento di fedeltà al con sé un buon contingente di armati raccolti sul posto, duca Francesco Sforza. Gli uomini di Villa, il 18 marzo pose l’assedio a Domo, impedendo l’entrata delle vetto- 1525, deputarono Filippo Filippi e Giacomo Baldana a vaglie e deviando la roggia dei Borghesi. In una scara- fare tale giuramento di fedeltà nelle mani di Giacomo muccia del 14 ottobre 1523 morì Francesco del Ponte, Morone commissario ducale della Curia di Mattarella. fratello di Benedetto e suo luogotenente. L’assedio con- Il giuramento ebbe luogo il 20 marzo seguente. tinuò fino al maggio 1524. Poco dopo il castello di Domo fu tenuto da capitani e Tutti questi sconvolgimenti politici avevano ridotto i soldati spagnoli, resisi subito famosi per la loro crudel- paesani ossolani a non saper più a chi credere e a chi tà ed ingordigia, così da far rimpiangere i francesi. Ci fu affidarsi, giacché tutto si rivolgeva a loro danno. Per- anche una congiura per ammazzare il castellano Fran- ciò vediamo che a Villa non si ha mai difficoltà a giura- cesco Alarçon ed una sollevazione, che questo domò fa- re a questo o a quello a seconda delle circostanze, pur- cendo sparare le artiglierie del castello contro il borgo. ché si potesse sopravvivere a tanto sconquasso. A titoli Poco dopo però il famigerato castellano finì la vita col- di esempio valga il fatto che il 21 marzo 1524 al Ponte pito da una archibugiata sparata da uno sconosciuto. di Villa si riunisce una vicinanza in cui i consoli od i vi- Di questa situazione approfittò il capitano Giovan Pie- cini eleggono Antonio del Gaggio e Giovanni di Basa- tro del Ponte che venne a Domo con 500 soldati ducali luxia come procuratori della comunità a giurare fedel- e ottenne per il duca il giuramento di fedeltà degli Os- tà al duca Francesco Sforza di Milano e far da esso ap- solani (1527). provare certi capitoli. Il giorno seguente (22 marzo) al Frattanto Don Antonio de Leyva generale di Carlo Sasso di S. Maurizio il console di Villa Antonio Casso- V sollecitava ripetutamente gli Ossolani ad abbando- li a nome suo e dell’altro console Antonio Toxelli e con nare il duca di Milano e a riconoscere l’autorità del- essi i due deputati del precedente strumento, prestano l’imperatore Carlo V. Domodossola, difesa dal capita- il giuramento nelle mani del capitano Paolo della Silva no Giovan Pietro del Ponte, resistette fino al gennaio che lo riceve a nome del re di Francia. Tanto erano con- del 1529, all’assedio fatto dal capitano Pietro Gonza- fuse le situazioni in quei tempi! les, dal conte Ludovico Belgioioso e dal capitano Pie- Poco dopo le truppe francesi che erano state battute a tro Maria del Maino a nome di Gian Giacomo Medi- Robecco ritornarono lentamente in patria attraverso il ci marchese di Musso, alle dipendenze di Don Antonio Sempione sotto la protezione del capitano Della Silva. de Leyva. Le capitolazioni del 29 gennaio 1529 libera- Nell’autunno del 1524 Francesco I di Francia con un rono Domo dall’assedio mentre il Del Ponte passò al esercito di 36000 uomini attraversò le Alpi ed occu- servizio del marchese di Musso, con uno stipendio di

37 100 scudi annui (3 gennaio 1530). Nel 1531 Francesco un salutare timore a tutti i delinquenti. Molti altri fini- Sforza recupera il Ducato, ma è completamente in ba- vano sotto il piombo dei birri incaricati del loro stermi- lia di Carlo V. nio o, presi, erano condannati alle galere. L’8 luglio 1531 gli Ossolani ottengono la conferma dei Gravissimi fatti erano accaduti in Ossola per odio di loro privilegi. Morto il duca Francesco Sforza senza pro- parte. Famoso fra tutti l’uccisione dei due fratelli Ga- le (1535), Don Antonio de Leyva generale di Carlo V, spare e Baldassarre de Baceno, figli del capitano Ber- inviava nuovamente in Ossola il capitano Giovan Pie- nardino e cognati del capitano Paolo della Silva, per- tro del Ponte per esigere il giuramento di fedeltà. Il bor- petrata, forse, da sicari del capitano Giovan Pietro del go di Domo lo presta il 26 dicembre 1535 e nei giorni Ponte. seguenti lo fanno gli altri comuni ossolani. Anche contro le fazioni intervennero i governatori spa- Le guerre che quasi ininterrottamente si erano succedu- gnoli. Alcune gride proibivano perfino di parlare di fa- te nell’Ossola, il passaggio di tanti eserciti e di gruppi di zioni sotto pena della vita e confiscazione dei beni. Perdu- sbandati dediti alle rapine ed al saccheggio avevano frat- ra comunque una grave insicurezza ed un’atmosfera di tanto influito gravemente rovinando l’economia ed an- continuo pericolo. Un’ordinanza del 29 luglio 1595 di- che la vita pubblica di questi montanari costretti a subi- sponeva che i muri fiancheggianti le strade fossero più re le violenze e quindi portati essi stessi all’esasperazio- alti di 2 metri o rasi al suolo perché non fossero facile ri- ne della violenza. Le case diventarono dei fortilizi e tutti cetto di banditi ed assassini; così anche i boschi in vici- andavano in giro armati contro ladri e briganti che det- nanza delle strade dovevano essere tagliati e molte case tavano legge. I partiti legati alle potenti famiglie in lot- abbattute o chiuse in modo da non servire da ricettaco- ta fra loro avevano influito a rendere paurosamente abi- lo o rifugio di banditi. Si ha notizia di alcuni paesi o fra- tuale la violenza ed il sopruso, le cui lezioni erano im- zioni sia della valle Antigorio che della val Vigezzo dove partite dai capipartito e dai signori che amavano man- tutti o quasi tutti gli abitanti non disdegnavano l’eser- tenere un gruppo di armati al proprio servizio, e del- cizio del brigantaggio come quello di una professione. la peggiore risma, dai quali erano sempre accompagna- Il ricordo delle loro gesta è ancora vivo nelle tradizioni ti anche quando si recavano in chiesa o nelle pubbliche popolari locali. adunanze. Il banditismo diventa dalla metà del 1500 Si cercò un rimedio a questo stato di cose mediante un fino alla metà del 1600 una piaga dell’Ossola, contro tentativo di pacificazione generale che eliminasse le ra- la quale il governo spagnolo si limita spesso a lanciare dici di tante e sì testarde discordie. Il governatore del- le sue gride e la cui estirpazione sarà occasione di enor- lo Stato di Milano Don Pietro Padillo incaricò di ciò il mi spese da parte delle comunità obbligate a restitui- conte Renato Borromeo dandogli ampi poteri per con- re quanto i mercanti in transito o chiunque perdevano, vocare i capi partito, i faziosi e perfino i briganti famo- essendo esse obbligate a mantenere sicure a proprie spe- si dell’Ossola. se le strade nei propri territori. Spesso a nulla valevano Riuscì al conte dopo molti tentativi di fissare i termi- gli allarmi dati con la campana a martello e l’accorrere ni di una generale conciliazione che venne solennemen- della gente; questi banditi armati di fucili a ruota tene- te giurata il 15 agosto 1595 ad Arona davanti alle por- vano facilmente testa alla gente inerme o armata solo di te della chiesa parrocchiale, ma il fenomeno delle fazio- lance e di falcetti. Antonio Pizzoletto di Crevola, Gio- ni e del brigantaggio, se momentaneamente parve arre- vanni Trivelli di Varzo, Antonio Gelminetto detto Si- starsi, riprese poi con rinnovata violenza. rigon, Giovanni Ruffino, Matteo Allena, Giovanni del Altra piaga sopravvenne nel settembre del 1598 fino Gatto ed altri si resero famosi in val d’Ossola colle loro al gennaio 1599. Dieci compagnie di soldati spagno- rapine, omicidi e violenze. Contro di essi tuonarono le li vennero a stanziarsi in Ossola e, naturalmente a spe- gride del governatore dello Stato di Milano. Ogni tan- se degli Ossolani, gettando le popolazioni nella coster- to qualcuno era preso e impiccato sul gabbio delle for- nazione, nella paura e nella miseria per le loro brutali- che di Domo, all’entrata di porta Castello, per incutere tà, ruberie ed estorsioni. Antonio Giavinelli prevosto

38 Il borgo di Domodossola chiuso a pentagono dalle mura in una stampa del secolo XIX. di Pieve Vergonte e poi parroco di Seppiana, testimone Dopo il Concilio di , per opera di alcuni vesco- oculare, così ricorda: Tutte le parti dell’Ossola Inferiore et vi zelanti, anche la diocesi di Novara e l’Ossola ebbero Superiore... sono rimase con grandissimo danno, et spaven- slanci e fervori nuovi di fede che produssero un note- to, ma più la superiore per essersi affermati tanto, che ap- vole rinnovamento della vita religiosa e civile. Il vesco- pena si ritrovava vittovaglia per pascerli; et li padroni era- vo Carlo Bascapè nella sua permanenza sulla cattedra di no, chi battuti, chi spaventati, chi fuggiti, et chi diventati S. Gaudenzio (1593-1615), diede un grande impulso miserabili. Le ova non si ritrovavano a comperare ne anco alla riforma dei costumi del clero e del popolo, visitan- a duoi soldi l’uno, perché s’avevano ammazzate et mangia- do ripetutamente e minuziosamente la diocesi, infor- te le galline; pure bisognava trovar robba per forza. In fine mandosi di ogni cosa e disponendo secondo le necessi- si misero a far delli assassinamenti per le strade con pigliar tà. Il suo libro Novaria, stampato nel 1612, oltre che il li danari et robba a li poveri viandanti. primo tentativo di una storia della diocesi di Novara, è anche una preziosa miniera di notizie, storielle, artisti- Cronache del secolo XVII che e geografiche dell’Ossola, di cui egli può con pieno Durante il periodo di dominazione spagnola che va dal titolo essere considerato il primo studioso. Il giurecon- 1536 al 1713, 1’Ossola avrebbe potuto godere di un fe- sulto Giovanni Capis se ne valse con somma ammira- licissimo tempo di pace e di benessere, dopo un secolo zione per l’autore nella compilazione della prima opera di disastrose invasioni, di lotte e cambiamenti di gover- storica di carattere prettamente ossolano Memorie della no. Invece non fu così. Corte di Mattarella, ossia del Borgo di Domodossola e sua

39 giurisdizione che egli scrisse nei primi decenni del 1600, le popolazioni ossolane con una martellante pressione. ma che vedrà la luce per le stampe solo nel 1673 a cura Egli si valeva anche di investigatori e delatori autorizza- del figlio Giovanni Matteo Capis. Dopo il Bascapè me- ti i quali con occhi di Argo ricercavano ogni possibilità rita di essere ricordato il vescovo cardinal Taverna, a lui di cavar denaro per il Fisco. La squallida figura di que- immediatamente successo, al quale risalgono molte ini- sti solerti burocrati, dediti a tale odioso mestiere, ci ap- ziative in campo religioso e morale, ma anche in quel- pare dalle infinite querele che gli Ossolani dovettero so- lo della organizzazione e amministrazione delle parroc- stenere con il Fisco. Nei primi decenni del 1600 si rese chie, delle chiese e dei benefici. Egli vagheggiò perfino tristemente famoso in Ossola un certo Francesco Bos- il disegno di istituire un seminario a Domo per me- si con il titolo ufficiale di Delatore, il quale purtroppo glio avviare ed istruire il clero locale; ma non poté rea- non mancò di imitatori. lizzarlo. Un’ordinanza del 9 luglio 1601 da parte del Magistra- Il rinnovamento religioso fu cospicuo in questo perio- to del reddito ordinario dello Stato imponeva alle co- do, ma non si può dire altrettanto di quello politico, ci- munità ossolane il pagamento entro tre mesi del men- vile e amministrativo. Mancò al governo spagnolo una suale o estimo delle merci per il periodo 1559-1601. La vera politica sociale ed economica che si traducesse in somma non era grande, 398 lire e 12 soldi, ma erano un progresso autentico. Lo squilibrio fra i ricchi ed i intanto violati quei privilegi, accordati agli Ossolani dai poveri andò aumentando fino ad apparire non solo in- Visconti e successivamente riconosciuti anche da Carlo giusto, ma insultante. Pochi nobili, ricchi e insensibili V, per i quali essi erano esenti da ogni imposizione. Fu alle miserie del popolo, si preoccupavano di ostentare la quindi necessario che i rappresentanti dell’Ossola soste- loro opulenza e spesso il disprezzo per i diritti sacrosan- nessero le loro ragioni a Milano, ragioni che furono ri- ti dei coloni e dei meno abbienti. Anche in Ossola sono conosciute con sentenza del 23 aprile 1602. essi che costruiscono i loro nuovi pretenziosi palazzot- Poco dopo, su delazione del sopra ricordato Francesco ti dove ogni tanto, al passaggio di qualche personaggio Bossi, l’Ossola è accusata di non aver pagato e non pa- importante, danno ampia ospitalità e fastose imbadi- gare il dazio per la Notaria civile, il dazio del pane, vino, gioni, e vivono serviti da uno stuolo di servi e di arma- carni ed imbottato, la tassa per la stadera comunale ecc. ti. Essi amavano farsi beffe della legge, esimersi da ogni I procuratori dell’Ossola, Olderico Silvetti e Giacomo gravezza, mentre i poveri erano alla mercé del Fisco. Trivelli, sono nuovamente a Milano a sostenere l’esen- La giurisdizione di Domodossola comprendeva tutta zione, sempre fondandosi sui famosi privilegi. Il Magi- l’Ossola Superiore con esclusione della val Vigezzo, del- strato ordinario, con sentenza del 11 agosto 1605, as- le Quattro Terre (Trontano, Masera, Beura e Cardez- solve gli Ossolani. Intanto però queste cause procura- za) e della valle Antigorio. Questa giurisdizione aveva vano ingenti spese alla Comunità che si andava aggra- i suoi Reggenti generali ed il suo Consiglio generale in vando paurosamente di debiti ed era costretta a prende- cui i rappresentanti dei comuni si riunivano alla presen- re denaro a prestito con pesanti interessi. za del pretore di Domo, per ogni decisione importan- La scarsa produttività delle terre ossolane, la pressione te. In casi di necessità tutta l’Ossola Superiore si riuniva esorbitante del Fisco spagnolo, alcune calamità natura- a consiglio per eleggere alcuni deputati onde far valere i li ed una certa imprevidenza amministrativa concorse- propri diritti e interessi presso il Governo. ro ad aumentare la povertà fino a giungere al livello del- Le misere condizioni degli Ossolani in questo tem- la vera carestia. Mancavano nei primi decenni del 1600 po sono per lo più attribuite alla notoria sterilità del- non solo il denaro, ma anche i beni di consumo più le terre, a calamità naturali ricorrenti, al clima partico- necessari. Il Giavinelli che era prevosto a Seppiana, da larmente avverso i cui eccessi distruggevano i già scar- buon testimonio oculare così ci presenta la situazione: si raccolti. Tuttavia il maggiore colpevole di tanta mi- L’anno 1628 fu una grandissima carestia et si vendeva a seria fu il Governo spagnolo che con una fiscalità me- Domo et Vogogna la segla lire due il staro; et li poveri han- todica ed esasperante, ricorrendo a tutti i mezzi afflisse no patito molta fame et l’anno 1629 perseverò la carestia,

40 che non si trovava denari et ne morirono molti di fame. naio 1647 dal parroco Giovanni Bianchetti i fuochi L’anno 1629 poi fu talmente carestia che li poveri faceva- sono solo 80. Si può dunque pensare che anche a Vil- no macinar il colmo et la paglia et le giande de’ fayci per la la popolazione sia stata ridotta alla metà; così come a far farina; et ne morse molti che avevano patito; ed dop- Domo, a Vagna ed altrove dove la peste fece il maggior po venne certi febri che morse molte persone da dette febri. numero di vittime. Il medemo anno venne la neve sopra l’arbori la notte dop- Furono purgate le case con suffumigi di polvere da spa- po Santo Michele et alli dieci di Ottobre neve sino a qua a ro, pece, salnitro, zolfo, incenso e bacche di ginepro; i Seppiana con de’ diluvi d’acqua. L’anno 1629 si è vendu- panni appestati erano inceneriti, gli altri lasciati lungo ta la farina del colmo et paglia fino a lire 4. tempo all’aria, in acqua o sotto terra. Il Capis osserva Sarebbe stato abbastanza facile prevedere che su organi- che questi metodi di disinfestazione erano efficaci seb- smi così denutriti e provati in questi anni di carestia, ol- bene alcuni fossero di diversa opinione, segno che an- tre le solite malattie intestinali ricorrenti, potesse pren- che in Ossola non mancavano i don Ferrante di man- dere il sopravvento la terribile peste bubbonica. E infat- zoniana memoria. ti fu così. La peste già mieteva vittime nel vicino Val- Il secolo XVII fu per l’Ossola uno dei più disastrosi an- lese, ma a causa della stretta sorveglianza ai passi alpini che per le catastrofi naturali verificatesi in quel periodo. non fu di qui che il morbo venne importato in Ossola. Prime fra tutte le alluvioni, già iniziate nel secolo XVI. Venne infatti dal Milanese a Mergozzo e a Domo per Il fiume Bogna che nel secolo XIV era stato portato a opera di alcuni mercanti. Citiamo ancora il Giavinelli scorrere a nord del borgo di Domo, rotti gli argini ven- che il giorno 14 agosto 1630 così annota nelle sue Me- ne nel 1519 a scorrere fra il colle di Mattarella e l’abita- morie: L’anno 1630 circa il principio del mese di giugno si to. Nel secolo XVII cominciò a spingersi direttamente scoperse la peste in Duomo d’Ossola et in Cresto della valle contro le mura del borgo, riempiendo i fossati ed accu- Antrona, al Piaggio di Vila, a Rovescha d’Antrona et di S. mulando molto materiale contro la cinta di difesa fino Pietro (Schieranco) passavano per la strada d’Ovago per a seppellirne quasi le torri e, talvolta, penetrando anche non poter passar per Riviera, Viganella et Cresto, quando nel borgo. I tentativi di impedire la sommersione co- hanno d’andare a pigliar provisione alla Lanca di Pallan- strinsero anche le comunità della giurisdizione a contri- zeno, dove si provvede di guardia continua; et ivi mandia- buire alle ingenti spese, dando origine a numerosi pro- mo a pigliar provisione quando si può avere; et circha li cessi e liti. Il pericolo fu solo scongiurato dopo la gran- dieci di agosto si serrò Vogogna per esser morti alcuni ivi de alluvione del 1642 che decise finalmente il Governo in casa del signor Battista Lossetti, et hora stentiamo ha- a dare fondi sufficienti per riportare il Bogna a nord del ver provisione. Circa al principio d’agosto si è scoperta la borgo. Nella alluvione del 1640 avevano sofferto qua- peste alle Selve (Montescheno), et quelli del Croppo già si tutte le comunità ossolane ed in particolare Villa e la alla fine di luglio erano fuori in Quarantena, et a me non valle Antrona dove il fiume Ovesca distrusse la chiesa manca fastidio in chiesa et fuora per la ministrazione dei parrocchiale di S. Pietro di Schieranco e portò via tutti Sacramenti. Circa il 17 et 20 agosto si scoperse la peste al i ponti. Una grave sventura si abbatté su Antronapiana Boschetto, a Daroncio, La Noga, al Gagio, talché a Vila all’alba del 27 luglio 1642 quando la grande frana del stanno tutte le terre sempre in terrore et retirate più che si monte Pozzoli sbarrò la valle del Troncone formando il può; et la maggior parte si sono retirati nell’Ovago a far lago di Antrona, seppellendo parte del paese ancora nel quarantena. Et il mese di settembre si è scoperta a Zoncha, sonno e causando la morte di oltre 100 persone. a Valleggia, a Progno (Montescheno). Ma gli Ossolani nonostante tutte queste ed altre vicen- Il Capis ricorda che nella valle Antrona morirono di pe- de dolorose vollero esprimersi in atti solenni e genero- ste circa 400 persone et ne morsero 100 nel termine di un si di pietà proponendosi la costruzione del grande com- mese solamente nella terra di Cresto. Ora si sa che nel plesso monumentale dedicato alla passione di Cristo 1613 Villa aveva circa 200 famiglie e fuochi, mentre che è il Sacro Monte Calvario posto sul colle di Matta- dall’inventario della chiesa parrocchiale fatto il 31 gen- rella fino a quel momento occupato dalle rovine del ca-

41 stello. Iniziata nel 1658, con l’approvazione del vesco- ventavano di dover marciare fuori dei confini dell’Os- vo, quest’opera voluta dalla comunità ossolana intiera, sola, la sola patria che avesse per esse un significato au- crebbe rapidamente sotto la direzione di Giovanni Mat- tentico. Il loro avvento fu tuttavia utile all’Ossola, non teo Capis; attorno al 1680 era in gran parte realizzata perché rinfocolò l’antico e tradizionale spirito guerre- con la costruzione della chiesa-santuario, della strada sco, quanto piuttosto perché la presenza di milizie orga- sacra e di alcune cappelle nelle quali il plastificatore mi- nizzate rese più sicure le valli contro i briganti e facino- lanese Dionisio Bussola pose in opera alcuni dei prin- rosi e favorì una maggiore coscienza unitaria fra gruppi cipali misteri della Via Crucis. L’opera sarà però finita spesso antagonisti e disuniti da faide paesane e da anti- nei secoli seguenti. Contemporaneamente la comuni- patie campanilistiche. tà dell’Ossola che aveva provvisto già nel 1616 i Cap- La istituzione delle milizie popolari non fu dunque inu- puccini di un piccolo convento alla Cappuccina, dovet- tile. Se ne ebbe immediato saggio allorché fu necessario te costruire un altro convento per i medesimi Padri sul- difendere i passi alpini da eventuali infiltrazioni nemi- le pendici del colle di Mattarella al fine di sottrarli alla che. Il loro apporto alla guerra degli Spagnoli contro i furia del Bogna (1661-1681). Anche per questa ed al- Francesi e Savoiardi deve essere stato molto limitato. Se tre opere di interesse generale fu dato incarico al giure- si eccettua la difesa di Arona nel 1636 e qualche punta- consulto Giovanni Matteo Capis che fu l’uomo politi- ta fino a Vercelli, non si ricordano fatti d’arme impor- co più importante del secolo XVIII. tanti. Era una milizia dotata di armamento molto leg- II governatore di Milano e capitano generale marchese gero: archibugio a ruota, spade e lance. In valle Antro- di Hinojosa, con ordinanza del 6 febbraio 1614, stabi- na esistevano due diversi distretti su cui erano scelti gli lì che si formassero in questo Stato (di Milano) una mi- uomini addetti a questa milizia. Il primo era quello di lizia de’ i soldati di esso per servitio di Sua Maestà et be- Antronapiana che metteva in assetto un numero limi- neficio e sicurezza loro. Si diedero anche disposizioni af- tato di soldati, ma con l’incombenza specifica di difen- finché tale milizia avesse necessaria istruzione, discipli- dere gli alti passi della valle, uomini dunque ben adat- na ed armamento. Il tutto era naturalmente a carico de- ti al loro compito e perfetti conoscitori del luogo. Il se- gli uomini scelti per tale servizio in numero proporzio- condo comprendeva tutto il resto della valle Antrona e nato alla consistenza della comunità. Ma per lo più l’ar- Villa. Analogamente avveniva in tutte le altre valli os- mamento era a spese della comunità. In cambio gli uf- solane. ficiali erano esenti dall’obbligo di alloggiare nelle pro- In ognuna delle comunità della valle era eletto dagli prie case i soldati a piedi od a cavallo mandati a stazio- stessi soldati un reggente o capitano, un luogotenente, nare sul luogo. Il motivo di questo provvedimento va un alfiere, un sergente ed alcuni caporali. I singoli reg- ricercato nella necessità che aveva il Governo spagno- genti o capitani locali avevano poi funzioni subordinate lo di non lasciare sguarnito il proprio territorio; men- al comando del capitano della valle che era da essi elet- tre le sue truppe erano concentrate ed impegnate nel- to fra i reggenti locali. La nuova compagnia a sua volta la guerra del Monferrato contro i Francesi e Piemonte- era alle dipendenze e sotto il comando di un maestro di si. Questa specie di guardia civica o popolare, istituita campo o capitano generale la cui giurisdizione si esten- in tutta l’Ossola, mantenne a lungo la sua funzione an- deva su tutti i distretti dell’Ossola e spesso comprende- che dopo gli avvenimenti bellici che furono causa del- va anche la zona del Lago Maggiore. Il primo capitano la sua istituzione e perdette decisamente la sua impor- generale in Ossola fu il signor Ottavio Verone di Cre- tanza solo dopo la restaurazione del dominio piemon- vola che aveva già avuto compiti organizzativi di dife- tese in Ossola seguita alla caduta di Napoleone, ma resi- sa. Successivamente ebbe il comando generale di queste ste con un apparato che possiamo ormai dire folklori- milizie popolari il marchese Giovanni Battista Lossetti stico in alcuni luoghi come a Bannio e Calasca in valle di Vogogna e poi i conti Borromeo. Anzasca. Al suo sorgere fu però ostacolata dalle popo- Il capitano di una milizia di tal fatta doveva essere per- lazioni, che si vedevano aggravate da nuove spese e pa- sona accetta a tutti e stimata per la sua prudenza e ca-

42 Vogogna, litografia di James Pattison Cockburn, 1822. pacità di amalgamare elementi che non erano tenuti in- ra fu combattuta in Lombardia con alterne vicende che sieme da una vera disciplina militare; non erano infatti indussero però Vittorio Amedeo II a staccarsi dai suoi soldati di professione. alleati per aderire all’Austria. Questo cambiamento di rotta della politica sabauda irritò gli ex alleati. Gli eser- Cronache del secolo XVIII citi franco spagnoli occuparono la Savoia e parecchie Con la morte di re Carlo II di Spagna (anno 1700), si importanti città del Piemonte, stringendo Torino con ebbero immediati contrasti fra i pretendenti al trono. un potente assedio. Il principe Eugenio di Savoia, co- Filippo d’Angiò, chiamato dal testamento del defunto mandante di milizie imperiali, non poteva portare al- re a cingere la corona di Spagna, si portò subito a Ma- cun aiuto a Vittorio Amedeo, trovandosi sbarrato il pas- drid e fu riconosciuto nei domini spagnoli, prendendo so dalle truppe del generale francese Vendôme, attestate il nome di Filippo V. L’imperatore d’Austria Leopoldo sulle rive dell’Adige. In aiuto delle truppe sabaude ven- I contestava però questa nomina, pretendendo il tro- ne un distaccamento di soldati tedeschi al comando del no di Spagna per il proprio secondogenito Carlo, come maresciallo Staremberg per il Sempione il quale, senza discendente in linea diretta da Ferdinando I, fratello di entrare in Domo, dove il castello era ancora presidiato Carlo V imperatore. da truppe spagnole, si portò verso il lago Maggiore, ma Ne nacque una guerra che allineò da una parte l’Au- non poté collegarsi con le truppe piemontesi, essendo stria, l’Inghilterra e l’Olanda e dall’altra la Spagna, la tutto il Novarese e Milanese in mano ai Francesi. Gli Francia e la Baviera. Vittorio Amedeo II di Savoia si Ossolani però dovettero fornire vettovaglie a queste mi- unì inizialmente alla Francia ed alla Spagna. La guer- lizie tedesche acquartierate ed inviare anche le milizie

43 locali per difendere i castelli di Angera e Arona. Que- i quali si vedevano esautorati. Sebbene anch’essi fosse- ste gravi spese furono ripartite sia sull’Ossola Superio- ro del parere di sottomettersi agli Austriaci, non man- re che Inferiore. Il 19 marzo 1704 il Consiglio Genera- carono con lettera dell’11 ottobre 1706 di avvisare tut- le dell’Ossola è convocato per provvedere alla distribu- te le comunità della Giurisdizione dell’arbitrio del Silva zione delle spese, per attrezzare il castello di Domo alla che pretendeva una rappresentanza che nessuno gli ave- difesa, per eleggere un Reggente Generale e provvede- va mai data, dichiarando che si sarebbero subito recati re alla salvaguardia dei privilegi ossolani. Il 7 gennaio a incontrare il Zumiunghen per il bene della comunità 1705 sono convocati nuovamente tutti i rappresentanti ossolana. Essi poterono di fatto presentarsi al generale, delle comunità ed i Reggenti dell’Ossola Superiore per mercé i buoni uffici del conte Borromeo, ed il 14 otto- far sì che tutte le comunità concorrano al pagamento bre 1706 gli Austriaci entrarono in Domo al comando delle spese straordinarie imposte dalla circostanza. Gli del capitano barone Milben, mentre il piccolo presidio Ossolani, almeno quelli dell’Ossola Superiore, pare non spagnolo con tutti gli onori militari abbandonava il ca- si dichiarino in favore di nessuno dei contendenti, tut- stello. Così l’Oossola entrava a far parte dei domini del- tavia le imposizioni militari bisognava pagarle. Nel ca- l’Austria sotto l’imperatore Giuseppe I, il quale, grato a stello c’era sempre un presidio spagnolo al comando del Vittorio Amedeo II di Savoia dell’aiuto prestato, gli ce- capitano don Giovanni de Soto e la cosa pubblica era deva il Monferrato, la Lomellina, Alessandria, Valenza e diretta dal pretore don Francesco de Miranette Velasco la Valsesia. Morto però l’imperatore di vaiolo nel 1711, pure spagnolo. l’arciduca Carlo che come pretendente al trono di Spa- II duca di Vendôme, lasciato il comando delle truppe gna aveva assunto il nome di Carlo III (di Spagna) ebbe francesi in Lombardia per assumere quello delle truppe il trono del fratello con il titolo di Carlo VI imperatore. stanziate in Fiandra, non trovò alcuna difficoltà a tran- Ma con la pace di Utrecht, in cui i domini spagnoli fu- sitare per l’Ossola per venire al Sempione, il 14-15 lu- rono spartiti, lo Stato di Milano e l’Ossola entrarono a glio 1706, con un seguito di 150 cavalli, segno che que- far parte dei domini imperiali dell’Austria (1713). sta regione non intendeva reagire con proprie iniziative Scrivendo di questo periodo il giureconsulto don Pao- alla situazione. Ma allorché il principe Eugenio di Sa- lo della Silva afferma che gli Ossolani sotto l’Impero Au- voia riuscì a portarsi con il suo esercito sotto le mura di striaco, deposte le armi si sono rivolti ai traffici ed ai litig- Torino assediata e raggiungere il duca Vittorio Amedeo, gi; e quanto giovano i primi per arricchirli, altrettanto ser- riuscendo a sconfiggere i Francesi nella celebre giorna- vono i secondi per impoverirli. ta del 7 settembre 1706, a Domo si fu del parere di pre- Anzitutto fu dibattuta una lunga, ed astiosa e soprat- disporre una resa. Era allora sindaco o procuratore del tutto dispendiosa lite fra il sopra ricordato Marco An- borgo di Domo il nobile Marco Antonio Silva, ex reg- tonio della Silva ed i Reggenti generali della giurisdizio- gente della Giurisdizione, il quale aveva fama di esse- ne, che durò fino al 1713 ed ebbe come unico risultato, re partigiano di Francia. Visto come la guerra si era ri- dissensi, odi e spese. solta, egli prese l’iniziativa di far passare l’Ossola all’ob- Una grida del 26 agosto 1711, emessa dal Governo al bedienza dell’Austria, non sappiamo se per opportuni- fine di danneggiare la Francia, stabiliva che tutte le mer- smo politico o semplicemente per ambizione. Il capita- ci dirette o provenienti da quello stato fossero soggette a no spagnolo ed i borghigiani domesi furono da lui con- dazio al passaggio per Domodossola. I gabellieri, incari- vinti a sottomettersi e chiedere protezione agli Austria- cati della riscossione, estesero però arbitrariamente l’or- ci, invitandoli a venire a Domo. Le iniziative di Mar- dinanza fino ad includere anche quelle merci che erano co Antonio della Silva furono accette al generale Zu- prodotte o consumate in Ossola. Di qui un vibrato ri- miunghen che era venuto ad occupare Arona e la zona corso degli Ossolani richiamandosi agli antichi privilegi. del lago Maggiore, ma irritarono gli altri Ossolani ed in Frattanto si era fatto vivo l’impresario del tabacco che particolare i Reggenti generali della Giurisdizione An- pretendeva l’appartenenza dell’Ossola al suo appalto tonio Grazioli, Andrea Taddei e Carlo Francesco Pellia, e quindi la privativa della vendita. Altro ricorso per il

44 riconoscimento della esenzione. Ma in questo ricorso la si dovrà giungere a 21.000 regolarmente quietanzate gli Ossolani ebbero cura di presentare al re Carlo III, il 1° febbraio 1712. ossia all’imperatore Carlo VI, una formale richiesta di L’imperatore d’Austria Carlo VI nel 1718 incaricò una approvazione o riconoscimento degli antichi privilegi speciale Commissione o Giunta di fare un nuovo e ge- contenuti nei famosi capitoli del 1381. Si riuscì di fat- nerale censimento che potesse poi servire come base di to ad ottenere un rescritto del 3 gennaio 1710, dato da calcolo alle imposte. E poiché l’imposta veniva eleva- Barcellona, ma, come afferma don Paolo della Silva, es- ta sui fondi, sulle persone e sulle merci, il censimento, sendosi nel 1711 presentato questo diploma al Senato per assieme a dati statistici riguardanti la popolazione ed il la di lui interinazione, l’implacabile Fisco Milanese prese commercio, esigeva una misura precisa delle proprietà motivo di muovere al Paese altra ben longa e dispendiosa fondiarie e relative rendite. Si cercò di assoggettare an- lite. Non solo furono riprese le antiche e recenti pretese che l’Ossola a questo generale censimento che sparse del fisco, ma si riparlò della carta da bollo, dei dazi, ecc. dappertutto misuratori e loro aiutanti. Finalmente il 26 gennaio 1712 si ebbe la Dichiarazione Ma gli agrimensori trovarono non poche difficoltà in Magistrale con cui l’Ossola era riconosciuta nel posses- Ossola dove i fondi, a causa della estrema suddivisione, so degli antichi privilegi, notificata poi ai pretori del- sono piccoli, irregolari e numerosissimi. Si dovette allo- l’Ossola con lettera del 25 febbraio 1712. Non si cre- ra ripiegare dividendo semplicemente i territori comu- da però che tutto questo sia avvenuto per pura magna- nali in corpi di ugual superficie, segnando in essi i vari nimità o senso di giustizia da parte del Governo. Le co- proprietari, ma rinunciando alla definizione più preci- munità ossolane dovettero sborsare al fisco per sponta- sa dei fondi appartenenti ai singoli proprietari. Natu- neo sussidio da essi offerto all’Illustrissimo Magistrato Or- ralmente le notifiche si estendevano anche alle abitazio- dinario di questo Stato di Milano, per beneficio di Sua ni, cascine, mulini, ecc. ed i notai vennero obbligati alla Cattolica e Cesarea Maestà, lo sa Iddio con quale spon- denuncia dei contratti di compravendita degli immobi- taneità, la bella somma di 21.000 lire imperiali, di cui li, specificando misure e nomi dei contraenti. Nel 1725 10.212 lire e 4 soldi furono a carico della giurisdizione si tentò anche una stima del valore della proprietà. Ciò di Domo. Leggendo gli atti di queste liti ed i ricorsi de- significava che si era in procinto di estendere anche al- gli Ossolani si sente tutta l’amarezza del popolo di que- l’Ossola un nuovo sistema fiscale che avrebbe spazzato ste montagne per essere sistematicamente beffato dai via tutti i privilegi ed esenzioni a cui fino allora si era propri governanti e, fra le righe, proprio dove si attesta guardato come alla salvaguardia della possibilità di sus- tanto sviscerato ossequio per il padrone, c’è una fredda sistenza. Perciò i rappresentanti dell’Ossola fecero subi- ed impressionante ironia: Riconoscendo la scarsezza in to ricorso perché l’Ossola fosse esentata dal censimento. cui si trova la Real Mensa in tempo di tanto bisogno per la Il voto del fisco del 7 ottobre 1727 fu favorevole all’Os- difesa dell’Adoratissimo Monarca, e che tutte queste novità sola Superiore, ma doveva essere approvato dall’impe- vengono suggerite dalle necessità de mezzi, non già perché ratore. Per sostenerne la causa a Vienna gli Ossolani si la chiara ragione di quel paese temi di comparir nuda, e erano inizialmente affidati ai buoni uffici del vigezzino dubiti di non essere accolta da un tribunale, così retto, che Pietro Andreoli, il quale però nel 1729 se ne volle esi- con viscere di padre riguarda la conservazione de’ sudditi mere. E poiché la cosa stava molto a cuore agli Ossola- di Sua Maestà commessi alla di lui tutela, ma per anco in ni, su proposta dei sindaco generale della Giurisdizione quest’occasione palese alla Maestà Sua, et alle SS. VV. Il- dottor Carlo Ruga Silva, il 13 novembre 1729, venne lustrissime il sviscerato zelo che nodriscono per li vantaggi affidata al giureconsulto Paolo della Silva il quale con- del Padrone e per la causa pubblica, non ricusa con spon- dusse felicemente l’affare in porto ottenendo dall’impe- taneo sagrificio di quel di forze che ancora dura in quel- ratore con diploma del 22 agosto 1731, intimato alla l’ormai esangue Corpo, tributar servitio alla Regia Came- Giunta per il censimento, la bramata esenzione. ra per una volta tanto, (oltre le grandi somme in così po- La guerra per la successione al trono di Polonia (1733- chi anni pagate) di altre lire sei mila, ecc. Poi... da seimi- 1738) ebbe notevoli conseguenze anche in Ossola. Es-

45 sendosi Carlo Emanuele III, re di Sardegna, alleato con di Sardegna si estese a Tortona e Novara. Con il ritor- la Francia con il trattato del 26 settembre 1733, gli eser- no del Milanese all’imperatore Carlo VI, il castello di citi franco-sardi invasero la Lombardia, occupando Mi- Domo fu rioccupato da milizie austriache e per qualche lano nell’ottobre del 1733. Frattanto in Ossola insorse- anno si ebbe un po’ di pace. ro gravi perturbazioni. Il capitano del castello di Domo, Morto nel 1740 l’imperatore Carlo VI si riaccese nuova- Giovanni Antonio Zunica, pretese rifornimenti di mente la guerra per la successione al trono austriaco. In vettovaglie a spese dell’OssoIa. Si opponevano gli Osso- virtù della così detta Prammatica Sanzione su quel tro- lani invocando i soliti privilegi, ma il capitano Zunica no era salita l’arciduchessa Maria Teresa che era osteg- continuava a fare richieste e minacce. Si riuscì anche ad giata da Francia, Spagna, Prussia, Sassonia, Baviera ed ottenere dalla Giunta di Governo lasciata dal conte di anche dal re di Sardegna. Questi però si staccò dagli al- Daun, governatore di Milano, in sua vece, un’ordinan- leati quando si accorse che non erano disposti a cedergli za che proibiva espressamente al castellano di Domo di la Lombardia a cui aspirava. Alleatosi con l’Austria con esigere alcunché dagli Ossolani. Questi però non si ac- il trattato di Worms (13 settembre 1743), Carlo Ema- quietò, anzi si fece sempre più ostile, rivoltando contro nuele III, rinunciò al Milanese, ma in compenso dei il Borgo le artiglierie del castello e facendo sparare alcu- suoi aiuti all’Austria ottenne il Vigevanese, l’Alto Nova- ni colpi intimidatori contro le case di alcuni borghesi. I rese, l’Oltre Po pavese e la città e territorio di Piacenza Domesi sentendosi prigionieri nel borgo che il Zunica fino al Nure. La notifica alle comunità cedute fu data aveva fatto chiudere, fecero suonar le campane a mar- con il manifesto del 25 gennaio 1744 dal principe di tello. Il segnale richiamò dalle valli le milizie locali che Koblovitz ed il giorno seguente il re di Sardegna ne pre- giunte a Domo si limitarono però solamente a riapri- se formalmente possesso. Negli anni 1742-1743 il ca- re il borgo, costringendo i soldati del presidio a ritirar- stello di Domo era per lo più presidiato dalle milizie lo- si nel castello. Riferisce il giureconsulto Paolo della Sil- cali a cui era affidata anche la difesa del Borgo. va che il castello era tenuto sotto sorveglianza dai bor- Unitamente alle vicende di cui abbiamo parlato l’Osso- ghigiani, che un soldato fu ucciso da un colpo di fuci- la in questo secolo soffrì di nuove e gravi difficoltà. le sparato da una guardia appostata sul campanile del- La prima fu quella ricorrente di un’alta mortalità spe- la chiesa di S. Francesco e che lo stesso castellano cor- cialmente infantile dovuta ad epidemie che infieriro- se il pericolo di finire allo stesso modo. Una nota del- no in alcuni anni: la difterite, l’influenza, ed il vaiolo. l’arciprete di Domo dice che la sera del 14 novembre Scorrendo i libri dei morti si rinvengono lunghi elenchi 1733, alcuni soldati del castello fecero una sortita nel di bambini rapidamente mietuti dal morbo. Per parec- borgo sparando alcuni colpi contro i borghigiani arma- chie settimane, ogni giorno numerose culle di bambi- ti; questi risposero uccidendo un soldato di nome Rai- ni attendevano nelle chiese la sepoltura. Le attestazioni mondo Bellandel. Il giureconsulto Paolo della Silva, su che ci sono rimaste sono toccanti. Di tutti il più terri- invito del re di Sardegna e del Senato di Milano, venne bile era il vaiolo che serpeggiava in continuità ricompa- a Domo a parlamentare con il castellano. Questi aven- rendo improvviso e letale nelle valli ossolane. do saputo che ormai tutte le città dello Stato di Mila- Il notaio Cosimo Grossetti di Montescheno annota: no erano in mano dei Franco-Sardi si dichiarò pronto Din di l’anno 1746 fu una gran mortalità di bestie nel alla capitolazione, e le ostilità furono sospese. Venuto in Piemonte, Novarese e Milanese, Pavese e Umelina. Basta Ossola a nome del Re di Sardegna il cavaliere gerosoli- solo dire che nelle terre dove erano mille bestie bovine ne mitano Antonio Grisella, fu sottoscritta la capitolazio- restano solo circa quattro o cinque ed un par di bovi avan- ne; la resa fu fatta con tutti gli onori militari. Il Zuni- zati dal detto male si prezavano cento doppie, cento zec- ca con la sua guarnigione spagnola se ne andò, lascian- chini e cose simili. Nel qual anno 1746 fu ancora una tal do il castello al cavaliere Grisella che lo occupò con po- strepitosa per non dir rabbiosa guerra nello Stato di Mi- chi soldati sardi. lano che il Novarese, Vercellese e parte del Piemonte patì Con la susseguente pace di Vienna del 1738, il regno un gran danno, chiamato quasi la sua somma rovina, non

46 Strada del Sempione, ponte di Crevola. Da una stampa di Lorry. potendosi veder altro di peggio, salvo la peste. Per la qual alcuni poveri qualche tempo senza, ma essendosi messi al- guerra patì qualche spavento e danno ancor l’Ossola facen- cuni mercati di Vigezzo ed anche di Pallanzeno, ne face- dosi delle scorrerie in detta Ossola almeno fino a Vogogna vano venire dalla parte della Svizzera. nel mese di marzo or delli Todeschi or del nostro re parti La epizoozia del bestiame bovino era stata importata in avversarie. Pretendevano sottomissione or l’una or l’altra, Italia da buoi ungheresi venuti in Lombardia per il ri- mettendo in grande affano li habitanti perché se aderivano fornimento delle armate austriache nel 1711 e si sparse o mostravano accoglienza ad una parte come erano sforzi a in tutta l’Europa. Infestò la Francia, la Germania negli dimostrare anche senza genio, gl’era minacciato il saccheg- anni 1742-43, poi l’Italia fino al 1747 giungendo anche gio dall’altra. Basta dire che uno di Vogogna per aver dato nell’Ossola, dove causò danni gravissimi al patrimonio alloggio ad un oficiale spagnolo fu bastonato severamente zootecnico, riapparendo nel 1795. Si calcola che in Eu- ed andò a rischio d’esser impiccato; altri per aver detto ropa dal 1711 al 1776 siano andati perduti per questa Viva a una parte furon bastonati e multati dall’altra; sì pestilenza più di sei milioni di bovini. In Ossola mol- che si può immaginare in qual intrico si trovava la povera te famiglie che perdettero quasi tutto il bestiame e non gente. Di più il detto anno 1746 per essersi i Spagnoli im- poterono rinnovarlo, perché troppo povere, dovettero padroniti di Pavia e di tutto il Milanese ed Umelina, im- emigrare. Alla metà del 1700 un buon terzo dei conta- pedirono il corso del sale che veniva nel Ossola ed in tutto dini allevatori di bestiame cambiò mestiere. il Novarese e Vercellese, sì che tali paesi dovettero patir pe- E poi le intemperie. Ricordiamo il 1740: anno freddis- nuria di sale, per il che molti s’ammalavano, massime nel- simo, in cui non poterono maturare non solo le uve, la Valsesia e Valanzasca, ma nella val Antrona stettero ben ma neppure le castagne; il 1743, particolarmente sicci-

47 toso, in cui si poté raccogliere solo poca segale e scar- Questa prima riforma dell’amministrazione comunale so vino; il 1744 in cui alla Madonna del Rosario (7 otto- fece cadere antiche consuetudini, però indusse nei co- bre) venne una tal innondatione d’acqua che tra Vogogna muni ossolani istituzioni più moderne ed omogenee. e la Pieve (di Vergonte) non si vedeva più terra ma bensì Non si segnalano importanti avvenimenti nella secon- v’era un lago. La Toce a Vogogna andò nelle cantine e lasciò da metà del secolo XVIII in Ossola fino a quando non raso fino su le topie. Alla Pieve un riale essendo saltato fuo- giunsero anche in questa regione le scintille del fuoco ri dal suo canale portò via alcune case con la gente senza innovatore e distruttore della rivoluzione francese che lasciar segno ove eran piante, con danno di molte migliaia nel 1793 rovesciò la monarchia per istituire la repub- di lire alle campagne. Lo Strona portò via il così bel ponte blica, scatenando una reazione a catena di rivoluzioni e di Gravalona ove andò l’acqua nelle case, portò fuor molta guerre in tutta l’Europa. robba, perfino credenze con dentro pane, formaggio ed al- Il re Vittorio Amedeo III, unitosi ad altre potenze eu- tri cibi, bestie ancor attaccate alla presepe. E poi la grande ropee, partecipò alla prima coalizione contro la Repub- e generale alluvione del 14 e 15 ottobre 1755 che deva- blica francese. Lo Stato Sardo si armava in previsione di stò tutta l’Ossola. un periodo di guerra che non si sarebbe potuto evitare. Il re Carlo Emanuele III, nel tentativo di promuove- L’editto dell’arruolamento del 1793 colpì naturalmen- re una migliore e moderna amministrazione dello Stato te anche l’Ossola. Questo obbligava ciascuno dei tre di- promulgò nuove costituzioni e leggi, entrate in vigore il partimenti dell’Ossola, Domodossola, Vogogna e val 16 maggio 1770. All’Ossola ne fu data comunicazione Vigezzo, a fornire ed armare un contingente di soldati. il 30 aprile 1770, dichiarando l’utilità di leggi uniformi Il 20 gennaio 1793 sì riunì a Domo il Consiglio provin- per tutto lo Stato. Gli Ossolani però insistettero presso ciale, il quale, prendendo atto della situazione, con un il Governo per ottenere delle deroghe su alcuni punti. certo slancio patriottico deliberò di difendere colla mag- Queste vennero concesse dal Senato di Torino con de- gior forza questa provincia da ogni invasione che derivar creto del 27 luglio 1771, estendendole sia all’Ossola In- potesse da parte dei Francesi senza ricever verun stipendio feriore che Superiore ed alla val Formazza. dalle Regie Finanze, ma a spese di questa Provincia, e ciò Con le nuove costituzioni scomparve tutto il vecchio in conferma della dichiarazione già fatta nell’anteceden- ordinamento civile e criminale. te Consiglio del 31 ora scorso dicembre (1792), accettan- L’amministrazione della comunità era affidata al consi- do la graziosa offerta fatta da S.M. delle armi, munizioni glio, il quale poteva riunirsi solo con la partecipazione ed attrezzi militari. del pretore, di un suo delegato o di persona di fiducia, Il Consiglio decise di fornire quattro compagnie, corri- detta «castellano». spondendo a ciascun soldato la paga di 30 once di pane. Il pretore di Domo con le R. Patenti dell’11 luglio 1771 Capo ed ispettore delle milizie ossolane fu eletto l’av- ebbe autorità di «intendente». L’intendente, capo della vocato Giuseppe Maria Facini. Il ministro della guerra giurisdizione o pretore, poteva annullare ogni delibera Di Gravanzana con lettera del 30 gennaio 1793 appro- del consiglio, contraria agli interessi del Comune o non vò queste delibere. conforme alle leggi. Consiglieri potevano essere eletti Ci fu in quel momento un notevole senso civile e pa- tutti i capifamiglia, sebbene fossero in numero limitato; triottico, dovuto in parte alle notizie allarmanti prove- ma era ufficio che non si poteva rifiutare. nienti dalla Francia circa i disordini che accompagnava- Il consiglio a sua volta eleggeva il sindaco nella persona no la rivoluzione in atto. del consigliere più anziano, il quale durava in carica sei Si ebbero iniziative particolari a Montecrestese ed in mesi od un anno secondo che il numero dei consiglieri valle Antigorio per formare corpi speciali per la dife- era di almeno quattro o almeno due. Le spese comuna- sa dei confini dell’Ossola. Purtroppo il Facini, divenuto li erano espressamente controllate e in taluni casi vieta- per la sua prepotenza e scarsa sensibilità, odioso al po- te dalla superiore autorità. Ogni consiglio doveva avere polo, fu osteggiato da gran parte delle milizie ossolane, anche un segretario approvato dall’intendente. i cui rappresentanti, riunitisi al ponte di Crevola il 15

48 giugno 1795, stilarono un vibrato ricorso al Re per eso- accelerare i tempi, con la protezione e l’appoggio della nerarlo dalla carica di comandante militare e reggen- Repubblica Cisalpina che fornì armi e direttive, si riu- te. A questa riunione mancarono i rappresentanti di al- nirono in numero di 800 uomini a Varese e fra il 13 e il cune comunità, fra cui quelli di Domo, di Villa e del- 14 aprile 1798, da Laveno attraverso il lago Maggiore, la valle Antrona. Rispose il Re da Moncalieri il 4 agosto giunsero a Intra-Pallanza. Fu prima loro preoccupazio- 1795, delegando il prefetto di Pallanza Bellini, secon- ne di imporre la rivoluzione, piantando l’albero della li- do la richiesta, a presiedere i consigli provinciali. Di ciò bertà, stabilendo una nuova amministrazione e taglieg- informato, il Facini, l’8 agosto annunciava la riunione giando i ricchi e nobili locali. Comandava questi così del consiglio provinciale per il giorno 16 seguente e la detti patrioti il francese Giovanni Battista Leotaud e i sua rinuncia alla carica di reggente e di comandante del- suoi luogotenenti erano il francese Lions ed il savoiar- le milizie. Ma i rappresentanti protestatari la disertaro- do Seras. Da Pallanza vennero ad Ornavasso, dove po- no ed il 30 agosto, sotto la presidenza del prefetto Belli- sero il campo, cercando di suscitare e ottenere l’adesio- ni, si riunirono autonomamente e, dopo aver riprovato ne delle popolazioni ossolane. Queste però non si mo- il comportamento del Facini e sottopostolo al giudizio strarono entusiaste, anche perché le contribuzioni mili- di una commissione amministrativa, elessero un nuovo tari immediatamente imposte risultavano estremamen- reggente e capitano. te sgradite. Un nucleo di partigiani per i Francesi esiste- Con tutto questo non si deve credere che in Ossola i va in verità a Vogogna dove il popolo, sollecitato dal- principi della rivoluzione francese e le idealità che l’ave- l’avvocato Filippo Grolli, da Giuseppe Antonio Cador- vano provocata fossero sconosciuti. La circolazione de- na, Giulio Albertazzi e Angelo Zaretti, accettò la novità gli uomini e delle idee era sempre stata ampia e favori- e ballò la carmagnola attorno all’albero della libertà. ta dalle emigrazioni stagionali o semipermanenti di una Poi un gruppo di armati, guidati dal capitano Ange- elevata percentuale degli uomini più attivi ed intrapren- lo Zaretti, riuscì a penetrare nel borgo di Domo il 20 denti. Fra strati di patente conservatorismo filtravano aprile seguente ed a farsi consegnare il castello. Anche e si muovevano, prima nascostamente, ma poi sempre a Domo si cercò di sollecitare adesioni che furono tut- più palesemente idee riformistiche, impulsi decisamen- tavia piuttosto scarse. Intanto l’Albertazzi si recava con te rivoluzionari e idee politiche repubblicane. I succes- alcuni armati ad incontrare il comandante Fontana che si dei Francesi, legati alle fortune dell’astro napoleoni- con una schiera di sessanta dragoni risaliva la valle Can- co, erano paventati dai conservatori e aspettati ed esal- nobina per raggiungere la valle Vigezzo. Riunitisi a San- tati dai repubblicani. La Repubblica Cisalpina, voluta ta Maria Maggiore anche lì si imposero le solite cerimo- da Napoleone, favoriva la penetrazione delle idee rivo- nie che istituivano la repubblica e la municipalità. Ma luzionarie e fomentava impulsi eversivi anche nell’Os- il popolo, sebben chiamato dagli insoliti tocchi di cam- sola. Un tentativo rivoluzionario fu organizzato a Pal- pana, non si mostrò entusiasta. Del resto giunsero subi- lanza da Giuseppe Antonio Azari. Scoperto il complot- to notizie allarmanti che consigliavano molta prudenza. to, l’Azari fu condannato a morte per impiccagione il Quattromila soldati dei reggimenti di Savoia, della Ma- 29 novembre 1796; il suo corpo fu bruciato e le cene- rina, di Pever Im-Off, di Zimmerman e di Bachman ri sparse al vento. Altre congiure e associazioni rivolu- stavano concentrandosi a Gravellona, inviati dal Re, per zionarie pullulavano in quel periodo negli stati del re di puntare verso Ornavasso dove il Leotaud cercò di orga- Sardegna, fomentate dalla Francia che tentava di pro- nizzare la difesa. vocare il rovesciamento del trono, tenuto allora da Car- Nell’imminenza della battaglia ben pochi degli Ossola- lo Emanuele IV succeduto nel 1796 a Vittorio Amedeo ni che avevano fatto l’atto di adesione accorsero ad Or- III, e l’adesione alla Repubblica Cisalpina o addirittu- navasso. Il 21 aprile 1798 le prime milizie regie aveva- ra alla Francia. no già raggiunto Gravellona ed il giorno seguente erano Alcuni fuoriusciti piemontesi e patrioti cisalpini ed al- pronte alla battaglia. tri elementi rivoluzionari internazionali, allo scopo di Lo scontro avvenne a sud di Ornavasso ed ebbe inizio

49 verso le dieci di mattina. Fu una battaglia in piena re- la necessaria organizzazione. La municipalità di Domo- gola che ebbe alterne vicende, dove alla fine la netta su- dossola comprese tutta l’antica giurisdizione e quindi periorità numerica e tattica dei regi ebbe la meglio sui anche Villa e la valle Antrona. La municipalità era diret- repubblicani. Appena infatti un corpo di sei compagnie ta da un presidente, un commissario nazionale e quat- di granatieri di Savoia e della Marina riuscirono a pas- tro amministratori i quali rispondevano direttamente sare il Toce e prendere alle spalle l’esercizio del Leotaud, all’Amministrazione centrale di Vercelli. la sorte della battaglia fu definita. All’inizio del 1799 fu organizzato un plebiscito allo sco- Nonostante il valore dei repubblicani, 150 moriro- po di ottenere la bramata unione con la Francia, in veri- no con le armi in pugno, 400 furono fatti prigionie- tà bramata solo da pochi fanatici, ma decisa dal Gover- ri ed il resto, completamente sbandato, cercò la salvez- no provvisorio. Con abile propaganda si ottenne l’effet- za sui monti di Premosello e Vogogna, tentando di gua- to desiderato. Anche nell’Ossola molte furono le ade- dagnare luoghi più sicuri. Alcuni morirono di freddo e sioni. Ricordiamo a questo proposito che anche a Villa di stenti nel tentativo di raggiungere la valle Vigezzo, e e in valle Antrona non mancarono i fautori della unio- quelli che vi riuscirono furono fatti prigionieri dalle mi- ne con la Francia. Questo ci sembra almeno dedurre dal lizie locali e tradotti nelle carceri di Domodossola. An- fatto che un certo Cassoletti di Villa è l’autore di un Di- che i capi furono presi. A Domodossola un consiglio scorso tipografico in occasione della generale adesione osso- di guerra pronunciò sentenza capitale contro i rivolto- lana all’unione francese, stampato a Torino nel 1799. si. I giorni 28, 29 e 30 aprile ne furono fucilati 64. Al- Ma l’orizzonte politico era tutt’altro che chiaro. Conti- tri furono poi tradotti a Casale per subire la stessa sor- nuava con alterne vicende la lotta contro la Francia da te. Dei capi lo Zaretti era stato già proditoriamente col- parte delle potenze coalizzate. In una seconda coalizio- pito a morte in val Vigezzo il 24 aprile a S. Maria Mag- ne si unì anche la Russia ed un esercito austro-russo co- giore quando presumeva di essere ormai salvo. Giulio mandato dal generale Suwarow venne in Italia. Mila- Albertazzi fu fucilato a Pallanza il 19 maggio. L’avvo- no fu presa dagli austro-russi il 28 aprile, Novara il 3 cato Grolli, riportato da Casale a Vogogna, fu giustizia- maggio e Torino il 27 maggio 1799. In Ossola si sfaldò to sulla piazza del Pretorio il 30 maggio. Unico si sal- la municipalità stabilita dai repubblicani, si ritornò al vò dei comandanti ossolani il vogognese Giuseppe An- vecchio ordinamento, e si ripeterono le adesioni questa tonio Cadorna che, per merito della coraggiosa moglie, volta al generale Suwarow, grati di essere stati «liberati». ottenne la grazia dal Re. Il Leotaud, fatto prigioniero E naturalmente si rinnovarono le imposizioni di forni- con il Lions fu fucilato a Casale. Le stragi degli infeli- ture di bestiame e servizi, le requisizioni e le angherie. ci prigionieri sarebbero continuate se le proteste della In Ossola, per guardare i passi alpini fu mandato un Francia non avessero costretto il Re a sospendere le ese- corpo di austriaci comandati dal principe Vittorio de cuzioni ed a concedere una amnistia per tutti il 20 giu- Rohan, con il compito di impedire infiltrazioni at- gno di quell’anno 1798. traverso il Sempione. Le truppe dei generali Laudon Il re Carlo Emmanuele IV che con le R. Patenti del 7 e Wuckassovich stazionavano invece presso Arona; di marzo e l’Editto del luglio 1797 aveva abolito il siste- queste un distaccamento russo al comando del colon- ma feudale con tutte le sue implicazioni, dovette ricon- nello Rosales e seimila austriaci del generale Nobile ven- fermare tali leggi con la Patente del 2 marzo 1799 (2 nero a stare in Ossola. Si comprende che con tutta que- ventoso, anno VII della Repubblica Francese secondo il sta massa di soldati da sfamare gli Ossolani si sentissero nuovo calendario). letteralmente in guerra per la sopravvivenza. L’8 dicembre seguente Carlo Emmanuele IV fu costret- Intanto per aprirsi la via a scendere in Italia dalla Svizze- to a dimettersi e venne proclamato il Governo repubbli- ra, il generale Massena al comando di una armata fran- cano. Fu istituito il Dipartimento del Novarese ed isti- cese, inviava verso il Vallese ed il Sempione il genera- tuita la municipalità nelle città e grossi borghi. In Os- le Giacobini con 4.500 uomini. Questi non trovarono sola fu inviato il commissario Giacomo Zuffinetti per molta difficoltà a sloggiare le truppe del Rohan, il qua-

50 le ai primi di settembre, pensando di non poter oppor- pe francesi vengono a contatto a Gondo con quelle au- re sufficiente argine all’avanzata nemica, si ritirò a Vo- striache del generale Laudon. Queste però, dopo aver gogna e poi a Ornavasso, dove organizzò la resistenza. I tagliato o fatto saltare i ponti della difficile strada fra Francesi attorno al 20 settembre raggiunsero Piedimu- Gondo ed Iselle, si ritirano dalla val Divedro lasciando lera, ma avendo ricevuto l’ordine di retrocedere, si limi- praticamente libera l’avanzata dei Francesi. tarono, pare, a scopo tattico e intimidatorio ad aggan- Il principe di Rohan, appena si rende conto di correre ciare gli Austriaci impegnandoli in una scaramuccia a il pericolo di essere intrappolato nell’Ossola Superiore, Migiandone e Gravellona (29 settembre 1799) per riti- ordina l’abbandono di Domo e concentra le sue trup- rarsi poi al dì là del Sempione. Con il ritorno delle trup- pe oltre i trinceramenti di Migiandone e Bettola; anzi, pe austriache del Rohan che passarono in Ossola tutto poco dopo, non sentendosi sicuro neppure in quella l’inverno si accrebbero i tormenti delle requisizioni di posizione, si ritira completamente dall’Ossola. Infat- bestiame, foraggio, viveri, legname e soprattutto di la- ti giunge notizia che un grosso contingente di solda- voro coatto per la costruzione di una linea di trincee di- ti, quasi tutti italiani, al comando del generale Lecchi, è fensive fra la punta di Migiandone e Bettola, e relativo prontamente passato dalla val d’Aosta ad Alagna in Val- campo trincerato. sesia e sta per giungere sul lago d’Orta da Varallo. Così Negli ultimi due anni gli Ossolani avevano più volte il 31 maggio l’Ossola è interamente sgombra dagli Au- piantato, strappato e ripiantato il famoso albero della striaci e militarmente occupata dai Francesi. Si ricosti- libertà e giurata obbedienza ripetutamente a questo e tuisce la municipalità, si fanno epurazioni e controepu- a quello, ai Sardi, agli Austriaci, ai Francesi, ai Cisal- razioni, si bruciano i documenti compromettenti. pini ecc., cercando di salvarsi dalle prepotenze di que- Il 14 giugno Napoleone vince la grande e decisiva bat- sto o quel «liberatore», ma la conclusione più ovvia fu taglia di Marengo. Il 20 luglio si ricostituisce la Guar- la miseria non solo della povera gente, ma di tutti. Ri- da nazionale. Il 15 ottobre viene ricostituita la Repub- dotte a zero le finanze locali, il patrimonio zootecnico, blica Cisalpina che nel 1802 prende il nome di Repub- ricostruito con infiniti sforzi, non esisteva più; si fu co- blica d’Italia. stretti a vendere le suppellettili d’oro o d’argento delle Un decreto del 13 ottobre 1800, ma datato dal 7 set- chiese per pagare i contributi imposti dagli occupanti di tembre precedente, annette alla Repubblica Cisalpina turno. Questo stato di cose fu una chiara beffa per tutti, tutta la regione fra la Sesia ed il Ticino, comprendente sia conservatori che rivoluzionari; e furono ben pochi i anche il Novarese e l’Ossola. fanatici che non se ne accorsero. Il decreto sopra citato conteneva anche un grosso parti- colare che interessava l’Ossola direttamente. Si stabiliva Cronache del secolo XIX infatti l’immediata apertura di una nuova strada milita- Nella primavera del 1800 Napoleone prende l’iniziati- re fra il lago Maggiore ed il Vallese attraverso l’Ossola ed va di tornare alla riconquista dell’Italia scendendo attra- il Sempione. Era un progetto già espresso da Napoleo- verso le Alpi in Piemonte ed in Lombardia. Il 9 mag- ne nel 1798 e nelle intenzioni del generale aveva soprat- gio è a Ginevra e punta verso il passo del Gran San Ber- tutto funzione militare. Doveva infatti essere una strada nardo ancora innevato. Gli eserciti austriaci, comanda- capace di sopportare il traino pesante delle artiglierie e ti dal generale Melas, tentano invano di impedire l’im- dei carriaggi militari permettendo agli eserciti francesi e presa. Napoleone riesce, superando difficoltà inimma- dei loro alleati un rapido spostamento attraverso le tan- ginabili, a raggiungere il passo fra il 15 ed il 21 mag- to temute Alpi. Le spese, che sarebbero state sostenu- gio e poco dopo si presenta nella pianura piemonte- te dalla Repubblica Cisalpina e da quella Francese, era- se. Intanto un distaccamento francese, forte di 1000 no preventivate in 50.000 franchi al mese fino a lavoro uomini comandati dal generale Béthencourt, tenta il finito. Il decreto stabiliva anche il dislocamento in Os- non meno difficile passo del Sempione ed il 26 mag- sola di un battaglione di 500 uomini agli ordini del ge- gio, sotto l’incombente pericolo di valanghe, le trup- nerale Turreau, incaricato della esecuzione del proget-

51 to. A Milano questo progetto tanto dispendioso non quelle poche che erano riuscite in qualche modo a so- fu certo visto di buon occhio, ma una volta tanto, seb- pravvivere al decreto precedente. Questa ondata di gia- bene concepito in funzione puramente militare, sareb- cobinismo ebbe in Ossola i suoi fanatici e provocò no- be stato proficuo sia per la Lombardia che per l’Ossola. tevoli fermenti nel popolo che era molto attaccato alla Il progetto fu messo immediatamente in esecuzione e religione ed alle sue istituzioni. Fu in questo periodo portato avanti con incredibile vigoria. Fu naturalmente che in Ossola, come del resto in molte parti d’Italia, il requisito molto lavoro sul luogo e gli Ossolani ebbero fanatismo anti-religioso produsse enormi danni cultu- da sopportare notevoli angherie non solo per il lavoro, rali al patrimonio artistico. A titolo di esempio ricor- ma anche per le provvigioni di bestiame, foraggi e allog- diamo per l’Ossola la distruzione della chiesa duecen- gi agli operai ed alle truppe. La parte italiana fu comple- tesca dei Francescani di Domo, con relativo campani- tata nel 1805 ed una iscrizione scolpita sulla viva roccia le, la trasformazione del convento dei Cappuccini del della galleria di Gondo presso il confine, ricorda que- Sacro Monte Calvario in caserma, la sconsacrazione di st’opera voluta dal genio di Napoleone, ma fatta a spese chiese e cappelle a Vogogna e la dispersione di arredi sa- degli Italiani: AERE ITALO. 1805. NAP. IMP. cri, libri, archivi ed opere d’arte che hanno impoveri- A titolo informativo giova qui dare alcune notizie su to l’Ossola. quest’opera che ai suoi tempi fece enorme impressio- Queste ed altre angherie crearono nel popolo ossolano ne. Vi furono impiegati per la costruzione fino a 3.000 profonde basi di antipatia per le milizie francesi onni- operai al giorno; le rocce furono attaccate con le mine, presenti, in cui troppi erano costretti a marciare per an- consumando oltre 160.000 quintali di polvere da spa- dare a morire nella disastrosa campagna di Russia. Fu- ro. La costruzione costò un enorme capitale e molte vite rono molti in questo tempo coloro che disertarono o si umane. diedero alla macchia, aspettando tempi migliori. Dopo La coscrizione militare obbligatoria, introdotta nel la ritirata di Russia ed il decisivo tramonto della stel- 1802, fu molto mal sopportata dalle popolazioni osso- la napoleonica (1813) con la battaglia di Lipsia (16-18 lane che si sentivano scarsamente invogliate ad accettare ottobre) anche il territorio ossolano visse nella incertez- che i giovani diventassero carne da cannone nell’armata za e si può dire nell’ascolto degli avvenimenti, le cui no- italiana al servizio dell’ambizione di Napoleone. tizie erano riportate in patria dai rari sopravvissuti. Pro- La Repubblica non ebbe lunga durata. Infatti nel 1805, prio nei primi giorni del 1814 numerose compagnie di Napoleone, divenuto imperatore di Francia, cinse an- soldati italiani e francesi stanno rientrando attraverso che la corona del regno d’Italia (23 maggio) dove pose a il Sempione in Italia, stanchi ed abbattuti, sospinti da governare il viceré Eugenio Beauharnais. contingenti austriaci e russi che occupano il Vallese. L’Ossola durante questo periodo amministrativamente A Domodossola in quell’epoca comandava la piazza il dipende dal Dipartimento dell’Agogna, il quale fu di- generale Bertoletti e questi fece qualche tentativo di di- viso inizialmente (decreto del 2 novembre 1800) in 17 fendere il passo del Sempione, ma le truppe non erano distretti, fra cui quelli di Domodossola e di Vogogna, e sufficienti. Ci fu qualche scontro di assaggio a Iselle ed successivamente (decreto del 13 maggio 1801) in cin- a Gondo, ma non una vera battaglia. Il 1° marzo tutta- que distretti fra cui quello di Domodossola che si esten- via una colonna al comando del colonnello Ponti riu- deva a tutta l’Ossola, suddiviso poi (decreto dell’8 giu- scì ad occupare il valico del Sempione ed il giorno dopo gno 1805) in due cantoni (Domo e Vogogna). Domo tentò di scendere fino a Briga. Il Ponti però, creden- fu quindi sede di sottoprefettura. Nel 1806 fu pubbli- do forse di avere dalla sua parte le popolazioni vallesa- cato il Codice Napoleonico ed esteso anche al Regno ne, imprudentemente si lasciò circondare dagli Austria- d’Italia con decreto del 22 marzo 1806. ci forti di 200 cacciatori tirolesi affiancati da almeno Con decreto del 26 maggio 1807 furono abolite le so- 100 Vallesani, e fu fatto prigioniero con la sua truppa. cietà religiose i cui beni furono confiscati dallo Stato; Gli Austriaci si portarono immediatamente attraverso seguì il 25 aprile 1810 un altro decreto che abolì tutte la val Divedro a Crevola verso Domo. Il presidio di vo-

52 lontari abbandonò il castello di Domo ritirandosi nel- fugiati in Ossola e che provenivano in parte dalle vici- la Bassa Ossola. Il 9 marzo 1814 un piccolo esercito ne regioni del lago Maggiore ed Orta, scesero in aper- di 600 uomini, per metà tedeschi e bavaresi e per l’al- ta ribellione contro lo Stato. Riunitisi in bande, assal- tra metà disertori italiani e vallesani, come si ha da una tarono parecchie case municipali dei comuni del lago relazione al Ministro della guerra italiano, occupò sen- Maggiore e circonvicini distruggendo soprattutto le li- za colpo ferire Domodossola e l’Ossola Superiore fino a ste di coscrizione militare, ma spesso mettendo a fuo- Villa e Vogogna. Il 12 marzo a nome del colonnello ba- co interi archivi. rone Seimcheim il capo dei cacciatori vallesani lanciò L’11 aprile 1814 Napoleone abdicò e poco dopo (23 un proclama roboante alle popolazioni ossolane, che, se aprile) anche il viceré Eugenio Beauharnais cedette il sotto alcuni aspetti pare ridicolo, sotto altri ci illumina regno. Gli Austriaci rioccuparono la Lombardia. sulla vera situazione, toccando soprattutto gli equivoci Eliminato con gli editti del 25 aprile ed 11 maggio di certe libertà proclamate e la realtà patente delle mol- 1814 il Dipartimento dell’Agogna, l’Ossola ed il No- te angherie a cui gli Ossolani erano stati sottoposti, pri- varese cessarono di essere uniti a Milano e si ricongiun- ma fra tutte la coscrizione obbligatoria. sero agli Stadi Sardi. Il 20 maggio 1814 il re Vittorio Il generale Mazzucchelli a cui era stato affidato l’incari- Emanuele I è nuovamente, dalla Sardegna, di ritorno in co della difesa dell’Ossola, manteneva la linea di difesa Piemonte per riprendere i suoi domini. a Gravellona, ed un posto avanzato ad Ornavasso. Nel- La caduta di Napoleone per molti Ossolani significava l’Ossola Superiore era invece il generale Luxen che ave- anche il ritorno all’antico ordinamento. Ci si preoccu- va il comando delle truppe austriache, ma pare che non pava ancora della salvaguardia di quei famosi privilegi avesse precise intenzioni di oltrepassare la linea Villa- per i quali erano stato fatte tante lotte e la cui conser- Vogogna. vazione era considerata necessaria per la stessa sopravvi- Il 25 marzo 1814 il generale Mazzucchelli, avendo ot- venza del popolo. tenuto il rinforzo di un distaccamento di 215 uomini La rigida restaurazione voluta dalle potenze vincitrici di fanteria francese ed un altro di dragoni di Napoleo- pareva propizia per questa richiesta ossolana che infatti ne, affrontò gli Austriaci al ponte della Masone dove ci fu accettata. Il 17 marzo 1815 con decreto camerale gli fu una piccola battaglia. Ritiratisi da quel luogo gli Au- Ossolani ottennero la conferma dei loro privilegi. striaci si concentrarono al ponte di Villadossola dove Dal 3 giugno alla fine di luglio l’Ossola è continuamen- pure ci fu uno scontro di fucileria e di artiglieria. Te- te attraversata da numerosi corpi di militari con cariag- mendo però di essere presi alle spalle da un contingente gi e cannoni. Sono ben 75.000 uomini, 10.000 cavalli, inviato dal Mazzucchelli verso Beura e Domo dal ponte 2.000 carri, 1.300 buoi, 180 cannoni e 6.000 ausiliari della Masone, gli Austriaci si ritirarono ordinatamente dell’esercito austriaco. Questo attraversamento non fu in vai Divedro. In quel medesimo giorno ritornò a Do- senza le contribuzioni e le solite requisizioni di fieno, modossola il Viceprefetto e fu ricostruita la vecchia am- bestiame, cibarie ed alloggi a spese degli Ossolani, no- ministrazione. nostante i famosi privilegi tornati in funzione. Fu que- Prendeva intanto il comando delle truppe dell’Ossola sta però l’ultima loro approvazione. II Regio Biglietto il generale Saint Paul il quale però, come appare dalle del 23 giugno diede un colpo a tutta la struttura civi- sue relazioni inviate al Ministro della guerra, non poté le dei comuni ossolani togliendo l’antica distinzione tra contrastare il fenomeno dei molti disertori che si rifu- i vicini e non vicini o appoggiati. Anche questo decre- giavano nelle valli e che non riusciva a intercettare, so- to non incontrò il favore degli Ossolani i quali in qual- prattutto per la protezione e l’omertà delle popolazio- che caso si mostrarono renitenti alla sua osservanza, ma ni locali e perfino delle autorità ormai stanche di tutte le richieste dei non vicini furono tali che dovette essere queste traversie. applicato integralmente. E bisogna riconoscere che, no- In questo periodo i molti scontenti, sbandati, diserto- nostante tutto, era una non piccola riforma ed un pas- ri e insofferenti dell’autorità costituita che si erano ri- so notevole in avanti sulla via dell’ammodernamento

53 dell’Ossola. Il 10 febbraio 1877 il Municipio di Domodossola pre- Con il Regio Editto del 10 novembre 1818 l’Ossola Su- sentò un memoriale al Ministero dei Lavori Pubblici, a periore fu costituita in provincia suddivisa nei manda- seguito del quale il Governo tolse la concessione alla so- menti di Crodo, S. Maria Maggiore, Bannio e Domo- cietà fallita, avocando a sé l’impegno di portare avan- dossola. Al mandamento di Domo furono aggiunte le ti il progetto, inserendolo però nel nuovo disegno che Quattro Terre (Masera, Trontano, Beura e Cardezza) e prevedeva il collegamento Domodossola-Gozzano per Pallanzeno. Il Regio Editto del 28 settembre 1822 isti- Gravellona, Omegna ed il lago d’Orta. Tuttavia anche tuiva a Domodossola il tribunale prefetturale. la realizzazione di questo progetto andava molto a ri- Le Regie Patenti del 10 ottobre 1836 vennero a soppri- lento e pareva che non dovesse mai tradursi in realtà. Il mere la provincia dell’Ossola che fu aggregata a quella 29 luglio 1881 i comuni dell’Alta e Bassa Ossola invia- di Pallanza. Fu però ristabilita con il decreto del re Car- no una «Petizione al Ministro dei Lavori Pubblici» per il lo Alberto (15 nov. 1844). Nel 1861 nasce la provincia sollecito compimento della linea di accesso al Sempio- di Novara e l’Ossola si riduce a sottoprefettura che dura ne, congiungente Gozzano con Domodossola. Ci si la- fino al 1927. I privilegi ossolani restarono almeno for- menta anzitutto che dal 1848 in poi siano stati ad uno malmente in vigore fino al 1848, allorché con la procla- ad uno annullati quei privilegi ossolani che erano giu- mazione dello Statuto furono abolite non solo le Costi- stificati dalla sfortunata situazione geografica della re- tuzioni del 1770, richiamate in vigore al ritorno in Pie- gione. Mercé le enumerate esenzioni che aveva acquistate monte di Vittorio Emanuele I, ma anche tutte le leggi a peso d’oro, l’Ossola fioriva per agiatezza dei suoi abitan- particolari concesse nel periodo anteriore. Essi caddero ti, i quali gradatamente vennero spogliati di tutti i bene- uno dopo l’altro negli anni seguenti senza alcun com- fici, assoggettati a tutte le tasse erariali senza il più lieve penso per gli Ossolani. I progetti per collegare la Lom- compenso, ed oggi corrisponde allo Stato per imposte di di- bardia ed il Piemonte con il Vallese ed i paesi transal- versa natura oltre un milione e mezzo di lire, che, pei sedi- pini nacquero abbastanza presto, cioè già nel 1856; tut- ci anni trascorsi, dal 1865 epoca in cui cessò l’ultima esen- tavia passeranno ancora cinquant’anni prima che di- zione al corrente 1881, sono oltre 24 milioni di lire ver- vengano realtà con il grande traforo del Sempione. sate nelle casse erariali; ed è fuori di dubbio che conquistò Premeva intanto alla regione ossolana un rapido colle- il diritto di reclamare la sua parte di concorso ai benefici gamento con il resto delle regioni subalpine per toglier- che lo Stato con larga mano sparge a migliorare le condi- la dall’isolamento. Anche le diligenze con i cavalli, tan- zioni economiche delle popolazioni; ma non ostante que- to gloriose con l’apertura della strada napoleonica del sti suoi titoli più volte messi in evidenza a chi per lo passa- Sempione, erano ormai sorpassate. La nuova civiltà in- to resse il supremo potere della cosa pubblica, fu lasciata in dustriale era all’insegna del vapore e della locomotiva. tale isolamento ed abbandono che ora le popolazioni devo- Nel 1857 il Parlamento Subalpino con legge del 12 giu- no in maggiori proporzioni emigrare e cercare all’esterno il gno concesse alla società Lavallette la costruzione, sen- pane loro tolto dalle eccezionali gravezze e dalla decaden- za concorso di spese da parte dello Stato, di una ferro- za del commercio un dì fiorentissimo e spostato dal ritro- via da Arona a Domodossola che prevedeva poi il rac- vato dei rapidi mezzi di comunicazione e di trasporto... cordo con le linee svizzere nel Vallese. L’Eccellenza vostra rammenti quanto l’Ossola perdetta ras- La società Lavallette costruì effettivamente da Domo- segnata per il benessere generale della nazione; rammenti dossola fino ad Ornavasso un tratto di massicciata con la necessità imperiosa che le industrie dell’Ossola provano relative opere murarie, ponti ecc. per sistemare il bina- di poter usufruire dei mezzi economici di trasporto mercé rio della progettata linea: in tutto 14 km. A Villadossola i quali potranno ampliarsi, e raddoppiare la loro produ- erano stati a questo scopo rinforzati gli argini dell’Ove- zione con beneficio generale, mentre tantissime altre trove- sca e poste anche le teste del ponte della ferrovia. Ma ranno potente convenienza d’impiantarsi usufruendo del- nel 1865 la società Lavallette fallì e la costruzione fu so- la forza motrice che scorre potente ed inoperosa nei fiumi spesa. Della massicciata se ne impadronirono i rovi. confluenti del Toce.

54 Piazza del Mercato a Domodossola (Samuel Prout, 1839).

Il tratto di ferrovia che collega Novara con Gozzano era Tempi moderni il più facile e fu completato nel 1864. Per raggiungere All’inizio del secolo XX l’Ossola è tutta un cantiere ope- Orta furono necessari altri 20 anni. Il 30 aprile 1887 fu roso e risonante di rumori e di insolite favelle. aperto il tratto Orta-Gravellona. Si lavorava alla costruzione della linea ferroviaria Do- A Domodossola la ferrovia arrivò solo l’8 settembre modossola-Arona ed al tratto Domodossola-Iselle. Si 1888 passando per Ornavasso, Cuzzago, Premosello, sta scavando la galleria del Sempione. Vogogna, Piedimuiera, Pallanzeno e Villadossola. Que- È questo un capitolo di storia ossolana ed internaziona- sta ferrovia fu il primo asse vitale che diede impulso e le che merita una trattazione a parte per la sua impor- vigore all’economia ed alle molteplici attività industriali tanza e per le enormi conseguenze di cui è stata matri- e commerciali dell’Ossola. Villa ne ebbe grandi vantag- ce. Ci limitiamo ad accennarne appena, rimandando a gi; alla fine del secolo ferveva l’industria siderurgica e ci pubblicazioni numerose ed esaurienti riguardanti sia il si avviava allo sfruttamento della nuova fonte di energia lato tecnico che storico della grande impresa. che in Ossola sarà tanto importante. È infatti del 1898 Se ne parlava già da mezzo secolo. Molti i progetti, gli l’entrata in servizio della prima centrale elettrica del- studi preliminari, gli approcci ed i trattati fra gli Sta- l’Ossola che la ditta Pietro Maria Ceretti costruì in val- ti interessati. le Antrona, alla quale fecero seguito impianti sempre Giunse anche, finalmente, il tempo della realizzazione. più grandiosi, talmente che nel secolo seguente l’Osso- Il 1° agosto 1898 a Briga sul versante svizzero si affron- la poté fornire una enorme quantità di energia elettrica ta la dura roccia alpina e si dà inizio alla titanica impre- non solo alle proprie industrie, ma anche a quelle della sa. È una grande ed ordinata battaglia guidata da in- pianura lombarda. gegneri e tecnici e combattuta da schiere di operai che

55 conquistavano il cuore della montagna a colpi di mina. Per la realizzazione del traforo del Sempione vennero in Il 16 agosto si sferra il primo attacco anche sul versante Ossola molti operai da altre regioni italiane; alcuni di italiano a Iselle. Il lavoro è assunto dall’Impresa Brand- essi, a lavoro finito, fissarono in questa regione la loro Brandau che impiega parecchie migliaia di operai, per residenza, inserendosi come elementi attivi nel contesto la maggior parte italiani, e dispone di nuove e potenti ossolano. In occasione dei lavori del traforo del Sempio- perforatrici idrauliche. Ogni chilometro di avanzamen- ne sorsero nuove industrie, mentre altre svilupparono la to è una vittoria della scienza, della tecnica e della civil- loro attività, portandosi ad una efficienza competitiva. tà, ma è largamente pagata dalle fatiche degli uomini e Con l’apertura della linea del Sempione, l’Ossola entrò dalle loro stesse vite. vivacemente nella storia economica, sociale e politica Il 24 febbraio 1905, dopo anni di lavoro ostinato e di- d’Italia. Crebbero le industrie, vennero sfruttate le sor- spendioso, le due gallerie di avanzamento si abboccano genti di energia idraulica per la produzione di elettrici- nel cuore della montagna ed il 2 aprile 1905 due con- tà, si avviò un processo di industrializzazione che richia- vogli imbandierati inaugurano il percorso incontrando- mò lavoratori da ogni parte d’Italia, ma specialmente si festosamente a metà della galleria, dove mons. Abbet veneti, romagnoli e calabresi. Anche l’Ossola subì tutta- vescovo di Sion, benedice il traforo. La galleria misura via i sacrifici della grande guerra mondiale (1915-1918) 19.803,1 metri. Il 19 maggio 1906 il re Vittorio Ema- con un forte contributo di vite umane e visse la crisi nuele III venne in visita nell’Ossola con i rappresentan- post bellica che condusse all’avvento del fascismo e del- ti del governo e, unitamente al Presidente della Confe- la successiva guerra disastrosa a fianco della Germania derazione Elvetica, inaugurò il traforo del Sempione. (1940-1945). Anche nell’Ossola ci furono movimen- Anche le linee di accesso erano state completate. Il 15 ti di liberazione in opposizione alle milizie fasciste e te- gennaio 1905 era stata ufficialmente aperta la linea Do- desche che condussero alla effimera «repubblica» del- modossola-Iselle. Attraverso l’Ossola cominciava così a l’Ossola; quindi la liberazione dell’Italia per opera degli scorrere una delle più importanti correnti del traffico Americani e dei loro alleati, ci portò alle soglie dei tem- internazionale europeo. pi più recenti.

56 La “repubblica” dell’Ossola Paolo Bologna

La “repubblica” dell’Ossola è certamente la più nota e pesante rastrellamento condotto da numerose truppe prestigiosa delle 18 “zone libere” partigiane che ebbe- tedesche e fasciste nel comprensorio montano della Val ro vita tra estate e autunno 1944 in piena occupazione Grande avesse inferto un duro colpo alle formazioni ivi tedesca1. L’esperienza ossolana prese l’avvio con la resa insediate, la “Valdossola” di Dionigi Superti e le meno dei presidi nazifascisti2 alle forze partigiane, conclusa numerose “Giovane Italia” e “Cesare Battisti”. Su poco nel tardo pomeriggio del 9 settembre 1944 al Crop- meno di 500 partigiani impegnati dagli attaccanti, qua- po di Trontano all’immediata periferia di Domodosso- si 300 erano caduti in combattimento o nelle allucinan- la. La trattativa tra ufficiali partigiani (delle formazio- ti fucilazioni (quasi sempre precedute, in questa e in al- ni “Valdossola” e “Valtoce”), tedeschi e della Milizia fa- tre occasioni, da sevizie inferte ai prigionieri) seguite al scista, fu abilmente mediata dai parroci di Masera, don rastrellamento. In dieci giorni, dal 17 al 27 giugno e in Severino Baldoni, e di Domodossola don Luigi Pellan- nove località diverse i fucilati furono circa un centinaio da. Questi seppero ben rappresentare alla delegazione tra cui, il giorno 20, le quarantadue vittime di Fondo- tedesco-fascista la convenienza di venire a un rapido ac- toce. Un 43° prigioniero compreso fra i morituri, il di- cordo con le due formazioni “autonome”, considerate ciottenne Carlo Suzzi di Busto Arsizio riuscì a salvar- moderate, approfittando dell’assenza dei più temibili si benché ferito, uscendo nottetempo dall’ammasso dei “garibaldini”. Tali argomenti e una voluta esagerazione cadaveri dei compagni. del potenziale in uomini e armi dei partigiani risultaro- Contrariamente alle previsioni dei nazifascisti, dopo no convincenti evitando così la contrapposizione arma- quel sanguinoso rastrellamento le forze partigiane ave- ta tra gli opposti schieramenti, prospettiva che non en- vano ripreso vigore. La ricostituita “Valdossola”, con tusiasmava nessuno. circa 150 uomini, si era insediata sulle alture sovrastanti Così la delegazione partigiana consentì sbrigativamen- Premosello e controllava la sinistra orografica del Toce te che gli ufficiali tedeschi conservassero l’arma indi- da Beura sino a Mergozzo. Nell’Intrese operavano i ga- viduale, che la loro truppa si tenesse anche le armi di ribaldini della 85a Brigata “Valgrande martire” (nata da accompagnamento di fabbricazione germanica purché una scissione con la formazione di Superti) comanda- tutti abbandonassero la zona. In mano partigiana, gari- ta da Mario Muneghina. Tra Intra e Cannero e la re- baldini esclusi, cadde comunque un prezioso quantita- trostante Valle Cannobina agivano la “Cesare Battisti” tivo di armi e munizioni. di Armando Calzavara (Arca) con circa 80 uomini e la Le condizioni della resa vennero poi criticate dagli irri- “Generale Perotti”4 di Filippo Frassati (Pippo) con cir- tati garibaldini e successivamente anche dal colonnel- ca 60. Dall’unione operativa di queste due formazioni lo Giuseppe Curreno della Maddalena (Delle Torri) del nacque nell’agosto la Brigata “Piave”. Sulla destra del “Comando Unico zona Ossola” in una sua relazione al Toce era presente la “Valtoce” di Alfredo Di Dio che C.V.L. 3. aveva le sue basi operative sopra Ornavasso. La liberazione del settembre coronava un periodo di Verso il Cusio era tradizionalmente insediata la “Fi- particolare vivacità e combattività delle forze partigia- lippo Beltrami” al comando di Bruno Rutto, che ave- ne della zona, malgrado che nel giugno precedente un va raccolto l’eredità dell’omegnese capitano Beltrami,

57 caduto a Mégolo nel febbraio precedente. I garibaldini rinchiusi dalla Milizia; l’esecuzione venne messa in re- dal canto loro tenevano da tempo i passi alpini di Ba- lazione col recente ferimento del comandante del presi- ranca e del Turlo che dalla Valle Anzasca mettevano in dio germanico. Ancora, in quegli ultimi convulsi gior- comunicazione con la Val Sesia dove era il comando di ni, un operaio padre di tre figli venne colpito a morte tali formazioni, tenuto da Eraldo Gastone (Ciro) e da da due giovanissimi militi in una via della città, un par- Vincenzo Moscatelli (Cino). Dalla Val Sesia i loro re- tigiano vigezzino tratto di prigione e ucciso. Il suo cor- parti si erano spinti per l’Anzasca nelle Valli di Antrona, po massacrato (frequente il ricorso, da parte dei militi di Bognanco, di Antigorio e assorbiranno poi il batta- fascisti, all’orrendo vilipendio dei cadaveri) venne ab- glione autonomo “Fabbri” organizzato dai fratelli Ugo e bandonato sulle rive del Toce. Infine a Premosello l’ul- Ottavio Scrittori di Villadossola dando vita alla 83a Bri- timo sanguinoso colpo di coda di fine agosto. Il 29, in gata garibaldina “Comolli”.Con l’aumento degli orga- risposta alla cattura di un loro motociclista, numero- nici poco prima della liberazione dell’Ossola, venne co- si tedeschi giunsero in paese e uccisero a fucilate e pu- stituita la 2a Divisione Garibaldi “Redi”5. gnalate un partigiano e quattro innocenti anziani (di Tra l’alta Valle Isorno e le valli Antigorio e Vigezzo era cui due donne), incendiarono alcune case e prelevarono infine presente un’altra formazione autonoma di Pie- una cinquantina di ostaggi. tro Carlo Viglio; diventerà poi la “Brigata Matteotti”. Ma nei giorni successivi dal 2 all’8 settembre in rapide In totale le forze partigiane alla vigilia della liberazione sequenze si strinse infine il cerchio attorno a Domodos- dell’Ossola assommavano a 1500 uomini o poco più, sola. Alcune fortunate azioni forzarono le chiavi di vol- non tutti armati. ta della difesa nazifascista ponendo così le premesse per Nell’agosto si intensificò la pressione dei partigiani sui la resa, benchè in città si fosse concentrata una ancor ri- presidi nazifascisti, sempre più in difficoltà nel contra- spettabile forza di almeno 600 uomini, costretti dun- stare gli antagonisti delle varie formazioni, che compi- que ad alzare bandiera bianca. II 2 settembre la “Piave” vano frequenti colpi di mano, controllavano con im- riuscì a liberare Cannobio sul Lago Maggiore mentre provvisi blocchi le strade delle valli e la nazionale del i garibaldini della “Valgrande Martire” impegnavano a Sempione, interrompevano le comunicazioni ferrovia- scopo diversivo il munito presidio di Intra, poi il nemi- rie e spesso l’erogazione di energia elettrica prodotta co dovette evacuare Oggebbio e quindi tutta la fascia nell’Ossola e diretta alle industrie. Occupanti e fascisti rivierasca dal confine di Piaggio Valmara sino alle porte si sentirono sempre più isolati, scollegati dai comandi, di Intra. Ancora la “Piave” dalla Cannobina per il Pas- costretti a rinchiudersi a difesa nei loro alloggiamenti. so di Finero e per la Valle Vigezzo scese nell’Ossola li- I tedeschi incorporavano oltre a un contingente di ef- berando Malesco, raggiungendo da qui il valico di Pon- ficiente polizia militare, parecchi uomini con notevo- te Ribellasca da un lato, Santa Maria Maggiore e Druo- le anzianità di servizio (la Germania era in guerra da 5 gno dall’altro e assediando il giorno successivo Masera anni) di truppa confinaria-doganale, addirittura alcuni dove impegnò combattimento. reparti di ex prigionieri di guerra dei Paesi dell’Est. La L’8 i garibaldini, che avevano già sloggiato tedeschi e truppa fascista era composta da un coacervo di Milizia milizia dalle altre valli entrarono a Varzo (i tedeschi del Confinaria e ordinaria raggruppate nella G.N.R.6, dal- presidio ebbero via libera per la vicina Svizzera) e a Cre- la neonata “Brigata Nera” istituita in luglio, da coscritti voladossola, mentre “Valtoce” e “Valdossola” attaccaro- dell’esercito regolare con compiti ausiliari. In comples- no e dispersero il presidio di Piedimulera forte di oltre so, un campionario militare che proprio sul finire di 100 uomini fra tedeschi (che alle prime avvisaglie ab- quella calda estate accusò rese e diserzioni, individuali e bandonarono il campo) e fascisti, che sostennero il peso di gruppo, ma ancora capace di pericolose reazioni, che dell’attacco lasciando sul terreno alcuni morti. purtroppo si verificarono. Il capoluogo ossolano fu così completamente isolato e Il 26 agosto un picchetto tedesco passò per le armi nel si giunse alla resa del Croppo mentre i partigiani perse- carcere di Domodossola tre giovani che vi erano stati ro Cannobio sul lago Maggiore, rioccupata agevolmen-

58 te da un forte contingente di fascisti (paracadutisti del- La liberazione dell’Ossola costituì in pratica il corona- l’Aeronautica e allievi ufficiali della G.N.R.) appoggiati mento di un progetto abbozzato e discusso nei mesi da tedeschi e da artiglieria. Dovette quindi venire arre- precedenti tra il capo della Missione inglese a Lugano trato al ponte di Falmenta a circa metà della stretta Val- (Special Operation’s Service), Mc Caffery ed esponenti le Cannobina il confine della zona libera; e non riuscì del C.L.N.A.I.7 che ipotizzava lo sgombero del territo- poi il tentativo di allargarla sino all’importante e stra- rio ossolano per trasformarlo in una testa di ponte, ca- tegico crocevia di Gravellona Toce, obiettivo di un az- pace di ricevere anche aviosbarchi alleati, per un attac- zardato attacco, dopo che il 12 settembre “Garibaldi” e co alla pianura padana. L’iniziativa era caldeggiata dal- “Beltrami” erano riuscite a occupare temporaneamente lo stesso Ettore Tibaldi, noto antifascista e primario del- Omegna. Nei furiosi combattimenti protrattisi per due l’ospedale di Domodossola che dopo l’insurrezione di giorni i partigiani subirono perdite dolorose e dovette- Villadossola dell’8 novembre 1943 si era rifugiato a Lu- ro infine desistere. Come Cannobio, anche Gravellona gano. Dal canto suo il comandante garibaldino Ciro rimase così in mano fascista. (Gastone) aveva proposto l’istituzione di un comando Il territorio della zona liberata comprendeva tutta la unico per tutte le formazioni partigiane della fascia al- vallata dell’Ossola, con l’appendice della Cannobina pina del Biellese, Valsesia, Ossola e Verbano, come pas- gravitante sul Lago Maggiore. I centri principali del- saggio operativo necessario per giungere alla liberazione la regione in mano partigiana oltre alla stessa Domo- delle suddette vallate. Se il progetto alleato non venne dossola erano Villadossola, Ornavasso e Mergozzo. In ulteriormente approfondito i garibaldini dalla Val Sesia mano nemica restava il lato inferiore del grosso trian- spinsero però la loro penetrazione nelle valli dell’Ossola. golo che configura l’Ossola cioè la fascia rivierasca del A Domodossola la nascita ufficiale della “repubblica”8 Lago Maggiore dal confine italo-svizzero di Piaggio Val- fu annunciata il 10 settembre da un manifesto, che or- mara sino a Verbania-Fondotoce e al nodo stradale di dinava la costituzione di una Giunta provvisoria ammi- Gravellona Toce. nistrativa per la città di Domodossola e territori circostan-

Domodossola, settembre 1944, durante i funerali dei fratelli Vigorelli e di altri caduti partigiani.

59 partigiane. Fra le attribuzioni del Presidente c’era anche quella dei rapporti con l’Estero e ciò provocò una pron- ta lagnanza della delegazione luganese del C.L.N.A.I. che ritenne inammissibile un ministero degli Esteri così come censurò l’ordine di costituzione emanato dal Su- perti dichiarandolo nullo e privo di effetto perché di competenza del C.L.N. e non dei comandanti milita- ri del C.V.L. Gli scogli furono superati (abbiamo provveduto a met- tere le cose a posto scriveva la delegazione luganese del C.L.N.A.I. il 18 settembre) con buon senso ma nel ri- spetto della legalità. La nomina della Giunta venne rati- ficata non appena il verbale di costituzione e di insedia- mento dell’11 settembre giunse a Lugano, mentre per i contatti con l’estero (in pratica con la Svizzera) il con- flitto venne composto con la nomina di un rappresen- tante della Giunta nella persona dell’on. Cipriano Fac- chinetti residente a Lugano. Tramite la Legazione d’Ita-

Cippo a ricordo del confine della “Repubblica dell’Ossola”. lia a Berna la Giunta prese contatto col legittimo gover- no nazionale di Roma ricevendone un entusiastico te- ti. Capo indiscusso della Giunta fu il socialista Tibal- legramma a firma di Bonomi (un secondo messaggio di che all’atto di lasciare Lugano per rientrare in Osso- venne inviato al comando partigiano) con assicurazioni la si preoccupò di intrattenere gli Alleati sollecitandone e promesse che poi il precipitare degli avvenimenti va- l’aiuto. Affiancavano il Tibaldi il sacerdote Luigi Zop- nificò completamente. petti, il comunista Giacomo Roberti (nei giorni succes- Intanto in città si ricostituiva il C.L.N., composto dal sivi vennero sostituiti rispettivamente da don Gauden- liberale avv. Tito Chiovenda, dal socialista avv. Ugo zio Cabalà e da “Oreste Filopanti”, il ferroviere Emilio Porzio Giovanola, dall’azionista prof. Gianfranco Con- Colombo), l’indipendente ing. Giorgio Ballarini e il dr. tini, dal comunista Giuseppe Marchioni e dal sacerdo- Alberto Nobili, liberale. te prof. Luigi Zoppetti per la D.C. Si formava la Giun- La Giunta rifletteva nella sua composizione le diverse ta comunale con cinque membri (sindaco il socialista forze politiche impegnate nella lotta di liberazione. Nei geom. Carlo Lightowler) e anche negli altri comuni del- giorni successivi, anche su suggerimento del C.L.N.A.I. la zona nascevano i C.L.N. e si nominavano sindaci in che desiderava una maggiore articolazione e rappresen- sostituzione dei destituiti podestà. tatività dei Partiti, vennero cooptati altri commissari: A breve distanza dall’entrata dei partigiani nel capoluo- il socialista prof. Mario Bonfantini, l’azionista ing. Se- go gli organismi civili si dettero così una struttura ope- verino Cristofoli, il democristiano avv. Natale Menot- rativa. Nel clima di entusiasmo che aveva pervaso gli os- ti e la comunista Gisella Floreanini. In aiuto al segreta- solani si organizzarono il Fronte della Gioventù a Do- rio avv. Oreste Barbieri, un funzionario a riposo del Co- modossola, Villadossola e Varzo, l’Unione Donne Ita- mune di Domodossola, venne nominato un “aggiunto” liane col Gruppo difesa Donne, le Camere del Lavoro nella persona di Umberto Terracini. a Domodossola e a Villadossola. Si elessero commissio- Ogni membro si occupava di diversi settori della vita ni interne di fabbrica destituendo quelle nominate du- amministrativa, dalle finanze ai trasporti, dal lavoro al- rante il fascismo. Risorsero i sindacati liberi che chiese- l’istruzione sino ai collegamenti col C.L.N. e con l’au- ro, come prima rivendicazione, un miglioramento sala- torità militare di occupazione (sic), cioè le formazioni riale di 3 lire giornaliere e aumenti di stipendi per i di-

60 pendenti del pubblico impiego. Furono tenuti vari co- zione di vie e piazze dedicate a personaggi o avvenimen- mizi e la stampa ebbe un eccezionale sviluppo. A cura ti fascisti, approvò la stampigliatura dei francobolli cor- della Giunta uscirono quattro numeri del settimanale renti istruendo regolare pratica con l’U.P.U. (Unione Liberazione e parecchi numeri del Bollettino di informa- Postale Universale) di Ginevra. Vennero anche istituite zione. I garibaldini pubblicarono Unità e libertà. L’Uni- la commissione di epurazione per esaminare la posizio- tà e L’Avanti! uscirono con un numero speciale, la for- ne di iscritti al P.R.F.9, militi fascisti, collaborazionisti mazione di Di Dio dette alle stampe Valtoce e la “Mat- ecc. rimasti in zona e rinchiusi nelle carceri cittadine, teotti” di recente costituzione pubblicò un numero de poi, rivelatesi queste insufficienti, nel teatro “Galletti” Il Patriota. L’installazione di una emittente radiofonica e infine trasferiti nel più ampio campo di concentra- (se ne erano occupati l’ing. Bruno Zamproni di Domo- mento istituito a Druogno nella “colonia estiva” del- dossola e il radiotecnico Benvenuto Trischetti) dovette la località. La sorveglianza dei detenuti, il cui numero arrestarsi alle prove tecniche per la sopravvenuta rioccu- salì in pochi giorni a più di 250, era affidata alla “Guar- pazione nazifascista della zona. dia Nazionale”, un organismo di polizia costituito nel- Nelle dodici sedute tenute nel capoluogo ossolano e nel- la seduta del 14 settembre, che raggruppava gli elemen- la 13a ed ultima a Premia quando Domodossola era già ti già appartenenti a Carabinieri, Finanza, Pubblica Si- stata evacuata, la Giunta deliberò in materia di econo- curezza, Forestale oltre a volontari locali. Il nuovo Cor- mia e di finanza, sociale e assistenziale, valutaria, in me- po era agli ordini del colonnello Attilio Moneta e do- rito all’approvvigionamento dei viveri necessari alla po- veva, tra l’altro, evitare interferenze e iniziative delle va- polazione civile e ai reparti armati; si occupò della topo- rie polizie militari delle singole formazioni, che in quei nomastica cittadina per il cambiamento di denomina- giorni agirono senza coordinamento, causando lagnan-

Militari svizzeri e partigiani ossolani alla frontiera Iselle - Gondo.

61 rarono con il commissario all’istruzione alla stesura di un progetto di riforma della scuola. L’ordinamento pro- posto prevedeva una scuola unica di tre anni, detta gin- nasio inferiore, valida per l’ammissione a tutte le scuole medio - superiori (ginnasio superiore di 2 anni, liceo di 3, istituto magistrale di 4). Le scuole professionali do- vevano essere strutturate su corsi biennali di avviamen- to, su una scuola triennale di avviamento professionale industriale, sull’avviamento professionale commerciale di tre anni e sulla scuola tecnica industriale di due anni. La commissione proponeva anche l’abolizione dei libri di testo improntati allo spirito del passato regime e pone- va le basi per impedire che la scuola fosse esclusivamen- te classica o aristocratica. A cura di Mario Bonfantini si iniziarono anche i cor- si di una “università popolare” sulla storia dell’Europa moderna. Dirigenti e operai delle industrie locali det- tero entusiasticamente la loro opera progettando e ap- prontando rudimentali bombe a mano, un carro blin- dato, alcuni lanciafiamme e il carburante occorrente al- l’autoparco civile e militare con ingredienti disponibi- li in loco. ze che la Giunta fece proprie e cui cercò di porre rime- Il grave problema dell’approvvigionamento alimenta- dio. L’amministrazione della giustizia fu affidata all’av- re della popolazione civile e delle formazioni partigia- vocato milanese Ezio Vigorelli, socialista, con l’incari- ne venne affrontato mediante accordi commerciali con co di consulente legale e giudice straordinario. Vigorelli, la Svizzera, avviati da Gigino Battisti. Si ottenne subito i cui due giovani figli Bruno e Adolfo nel giugno pre- una cessione di 20 tonn. giornaliere di patate attraver- cedente erano morti nel rastrellamento della Val Gran- so la Croce Rossa Svizzera e si concordò con il gover- de, dette prova di serena prudenza giuridica e di onestà no di Berna un sistema di compensazioni per ottene- personale. I reggitori della “repubblica” non consentiro- re dal Paese confinante forniture alimentari contro pro- no vendette né ordinarono alcuna esecuzione, anche se dotti industriali degli stabilimenti ossolani che avevano nell’arco temporale della liberazione ossolana i tribuna- in giacenza partite interessanti l’economia elvetica qua- li delle formazioni partigiane (sottratti alla giurisdizione li pirite, acido solforico, abrasivi, cloro liquido, eccete- del giudice straordinario) eseguirono alcune fucilazioni. ra. Il crollo della “repubblica” anche in questo caso im- Vigorelli non fu il solo consulente esterno cui la Giun- pedì il perfezionamento delle trattative. ta si rivolse nel suo esperimento di libero governo: in al- Le cure della Giunta provvisoria dovettero anche rivol- tri campi dettero la loro collaborazione oltre al già ci- gersi alle questioni militari connesse alla difesa del terri- tato Facchinetti, Luigi (Gigino) Battisti, figlio dell’eroe torio. Il 18 settembre si decise di dare vita a un coman- trentino, che curava i rapporti economici con la Svizze- do militare unico con compiti di coordinamento fra ra e che tentò inutilmente di ottenere dal governo elve- le varie formazioni. La responsabilità di tale comando tico una partita di armi, i commercialisti Mario Malve- venne affidata al colonnello Federici (avv. Giov. Battista stiti e Luigi Padoin per l’amministrazione della Giun- Stucchi di Monza). Alla costituzione formale si giunse ta e la formazione del bilancio, il prof. Carlo Calcater- solo dopo diverse trattative che videro spesso posizioni ra e il direttore didattico locale Alcide Bara che collabo- di netto contrasto fra i capi partigiani, gelosi delle pro-

62 prie prerogative e condizionati dalle differenti colloca- nuta verso fine settembre nel Verbano affondando, e zioni politiche. Anche se il comando unico non riuscì a provocando vittime, tre battelli in navigazione: il “To- svolgere i compiti che si era prefisso, tanto che lo stesso rino”, il “Milano”, carico di truppa fascista e il “Geno- Federici lo definì una barca che fa acqua da tutte le parti, va”, con truppa e passeggeri civili. Questa azione servì, costituì comunque un momento di unità politicamen- nei giorni successivi, a intimorire i giovani militari dei te interessante e la formula verrà ripresa e migliorata al- Corpi neofascisti impegnati nella riconquista dell’Os- l’inizio del 1945, negli ultimi mesi di lotta. sola, che avanzarono con la costante preoccupazione di Già nei primi giorni di ottobre si era saputo che i na- venire attaccati dall’aviazione alleata, cosa che non av- zifascisti stavano organizzando la riconquista dell’Os- venne. sola convogliando a ridosso del “confine” truppe e ar- I comandanti avevano intanto consolidato lo schiera- mamenti. La notizia dell’attacco che si stava delinean- mento che le formazioni avevano assunto sin dai pri- do servì quanto meno a smussare attriti e rivalità tra i mi giorni della liberazione mantenendo in pratica il comandanti partigiani che ritrovarono univoca volontà controllo delle zone del vecchio insediamento prece- di reazione che si trasmise ai reparti dove i motivi di sfi- dente alla resa. Alla difesa erano interessate anche la ducia non mancavano. Fonte di rammarico e di critica “Beltrami” sul Cusio e la la e 2a “Garibaldi”, quest’ul- fu soprattutto l’atteggiamento degli Alleati, che non so- tima prevalentemente in riserva a disposizione del Co- stennero i difensori dell’Ossola, dove erano stati predi- mando unico. sposti due campi per i lanci di materiale bellico, uno a La riconquista fascista dell’Ossola fu affidata, dal ge- S. Maria Maggiore in Valle Vigezzo e l’altro alla perife- nerale tedesco Willy Tensfeld che da Monza dirige- ria di Domodossola. va le operazioni contro i ribelli nel settore “Oberita- Gli Alleati effettuarono due unici lanci di armi alla sola lien-West”, al ten. col. Ludwig Buch comandante del “Valtoce”. La loro aviazione leggera era anche interve- 15° SS-Polizei-Regiment il cui piano aveva l’obiettivo

Frontiera Iselle - Gondo.

63 Domodossola, Comizio del comandante Garibaldino Cino Moscatelli in Piazza Mercato. di stroncare la resistenza con pronto impiego di tutte le tamente di intensità su tre direttrici: verso la Valle Can- armi e di impossessarsi delle centrali elettriche e della nobina, difesa dalla “Piave”, la Valle Strona (“Beltra- linea internazionale del Sempione. Il corpo di spedizio- mi”) e infine lungo l’asse principale della valle del Toce, ne, con una forza complessiva valutabile in circa 5.000 tenuto dalla “Valdossola” e dalla ”Valtoce” con qualche armati era articolato in 5 gruppi d’attacco, ognuno con reparto garibaldino. compiti e itinerari ben precisi e tutti guidati da ufficia- L’attacco nazifascista riuscì ad avere ben presto ragione li tedeschi. La truppa era composta di tedeschi (in pre- della “Piave”. Il giorno 12 alla galleria di Finero caddero valenza della polizia militare SS) e di italiani di diversi sotto il fuoco delle avanguardie avversarie due prestigio- Corpi: SS italiane, paracadutisti dell’Aeronautica e della si capi partigiani: i comandanti della “Valtoce” Alfre- G.N.R., X Mas, Milizia “Venezia Giulia” e altri reparti. do Di Dio, e della “Guardia nazionale” Attilio Mone- Le armi di accompagnamento erano numerose: canno- ta. L’affacciarsi della colonna nemica al Passo di Finero ni di vario calibro, mitragliere pesanti; le fanterie erano mise in crisi tutto il dispositivo di difesa, scardinato nel inoltre appoggiate da carri armati medi, da autoblinde, suo fianco sinistro. Lo schieramento della bassa Osso- da un treno blindato in retrovia e da (scarsa, ma temi- la a cavallo della linea Mergozzo-Ornavasso cedette ver- bile) aviazione. so il tramonto del giorno 13, anche per lo scarso muni- L’attacco iniziò il 9 ottobre e fu accompagnato sino alla zionamento dei reparti partigiani che peraltro oppose- sua conclusione da una gelida pioggia autunnale che ro fiera resistenza, rinunciando poi ad attestarsi su una mise in evidenza la sommarietà dell’equipaggiamento linea arretrata di difesa fra Anzola e Vogogna. Il saba- dei partigiani, alcuni completamente sprovvisti di in- to 14 gli ultimi difensori abbandonarono Domodosso- dumenti pesanti. La pressione nemica aumentò grada- la che venne rioccupata nel pomeriggio di quel giorno

64 dalle avanguardie avversarie (SS tedesche e italiane, pa- bruscamente annunciando la soppressione dell’Istituto racadutisti della G.N.R. e militi del “Venezia Giulia”) e la contemporanea apertura di corsi statali. Una setti- tutti al comando dell’Hauptmann Fritz Noweck. mana dopo il superiore generale dei Rosminiani, sacer- Per i partigiani, sfuggiti alla “tenaglia” prevista dal pia- dote Giuseppe Bozzetti, venne incarcerato a Novara e no tedesco, non restava che cercare la salvezza nella vi- ivi trattenuto pretestuosamente sino al Natale. cina Svizzera. Con loro anche i membri del governo at- Mentre le colonne di rastrellamento rioccupavano le traverso il Passo di San Giacomo abbondantemente in- vallate laterali, spesso impegnate in scontri a fuoco con nevato il 22 ottobre ripararono nel Ticino preceduti da le retroguardie partigiane (a Bagni di , a Go- una cinquantina di prigionieri fascisti e da una ventina glio, a Cimamulera, Ceppomorelli e Macugnaga), che di militi del “Folgore”, tra cui una donna, catturati dal- causarono altre numerose vittime, si concludeva la bre- le retroguardie partigiane negli ultimi disperati combat- ve esistenza della “repubblica” ossolana. timenti di qualche giorno prima. L’esigenza di costituire e difendere un vero e proprio Un buon numero di garibaldini (tra essi Gisella Flo- “fronte” convertendo mentalità e modi di impiego di reanini che aveva fatto parte della Giunta di governo), combattenti abituati alla guerriglia, per di più con ar- meno provati dalla battaglia di sfondamento perché te- mamento inadeguato, portò inevitabilmente all’impos- nuti prevalentemente di riserva, e alcune squadre del- sibilità di conservare con operazioni militari il territorio la “Valtoce”, rifiutarono di espatriare e con una lunga liberato. Come si è visto, mancò l’aiuto degli Alleati che marcia per erti passi alpini si portarono penosamente avrebbero potuto forse mutare le sorti della “repubbli- verso il Cusio e la bassa Val Sesia, dove vennero riorga- ca” sia pure a prezzo di una costosa e rischiosa operazio- nizzati. Oltre ai partigiani e alla Giunta una vera folla di ne basata su costanti e cospicui rifornimenti aerei. Ma abitanti dell’Ossola cercò scampo oltre confine. Alcuni ciò non era più evidentemente nei propositi dei loro avevano preso parte in diverso modo alle vicende del- Comandi, la cui attenzione era rivolta ad altre opera- la “repubblica”, altri avevano congiunti tra i partigiani, zioni sullo scacchiere europeo, né vi era concordanza tra altri infine fuggivano semplicemente davanti alla rioc- Inglesi e Americani sul ruolo della Resistenza italiana. cupazione fascista e al timore di rappresaglie che il pre- L’esperienza ossolana fu una battaglia decisamente per- fetto di Novara Enrico Vezzalini aveva preannunciato e sa per il governo di Salò e la sua immagine, fu e re- che si conobbero in Ossola. sta altamente apprezzabile per la sua specificità che le Numerosi treni speciali delle due linee internazionali venne riconosciuta subito, grazie alla vicinanza con la — Sempione e Centovalli — portarono in salvo gli Svizzera che servì a proiettarne positivamente l’immagi- esuli preceduti dai numerosi feriti che trovarono assi- ne nel mondo libero. I “quaranta giorni della repubbli- stenza negli ospedali d’oltre confine e da circa 2500 ca di Domodossola” vennero seguiti dalla stampa d’ol- bambini ospitati dalla Croce Rossa svizzera presso fa- tre confine, specialmente del Ticino più vicino alle cose miglie elvetiche. Quell’esodo impressionante (una fon- italiane per lingua e tradizioni, che si mobilitò a favo- te svizzera ufficiosa valuta, addirittura, in circa 30.000 re dell’Ossola, per cui la vicenda assunse un valore alta- gli ingressi di quei giorni, tra combattenti e civili) svuo- mente significativo per la democrazia ancora soffocata, tò la zona presentando al prefetto, che volle entrare tra i in quell’autunno 1944, da nazismo e fascismo. primi in Domodossola nel tardo pomeriggio del 14 ot- Pure fra gli inevitabili dissensi e contrasti ideologici, tobre, una città deserta. la Giunta operò in modo tale da costituire un positi- I fascisti furono così costretti a tenere un atteggiamen- vo esempio di governo democratico. Ognuno si sforzò to prudente, rinunciando a rappresaglie, anche se non di compiere il proprio lavoro al meglio e con notevole mancarono di sfogare il loro livore nei confronti del- apertura. Per la prima volta nella storia recente del no- l’antico Ginnasio-Liceo tenuto dai Padri Rosminiani. Il stro Paese una donna (la Floreanini) ebbe su piano pa- 23 ottobre, mentre era in corso la cerimonia di apertu- ritario responsabilità di governo. I membri del governo, ra dell’anno scolastico, lo stesso Vezzalini la interruppe oltre al normale e gravoso lavoro amministrativo sep-

65 pero dibattere e risolvere, anche se talvolta solo in par- co. Ciò nondimeno, anche per la personalità dei mem- te, argomenti di grande incisività politica che servirono bri del Governo, segnatamente del presidente Tibaldi a coinvolgere la popolazione particolarmente attenta e e del segretario Terracini, i dissidi restarono contenu- quanto si andava svolgendo sotto i propri occhi. ti. Ognuno fece il suo dovere e “il banco di prova” del- Ovviamente non mancarono attriti, polemiche, pre- l’esperienza ossolana resse all’avversa fortuna e al tem- se di posizione. Come i garibaldini, e quindi i dirigen- po. In proposito, giova riportare il lucido sintetico giu- ti comunisti, lamentarono di essere stati ignorati all’at- dizio che, a distanza di anni (1989) ne dette il nostro to della resa tedesca, anche i democristiani si sentirono massimo filologo e critico letterario, il domese Gian- penalizzati nella composizione iniziale della GPG, tan- franco Contini: La Resistenza Ossolana è stata un movi- to che a rappresentare il loro partito solo in un secon- mento di popolo, sia nei momenti della clandestinità, sia do tempo entrò al governo un loro esponente (l’avvoca- in quello palese della collaborazione al Governo provviso- to Menotti). Così vi furono contrasti tra i comandanti rio. La misura della partecipazione pubblica, in cui ognu- militari, pronti a criticare e contestare di volta in volta i no ebbe qualcosa da pagare o da perdere (e poi da non re- colleghi stessi, il governo e la Guardia Nazionale e a ri- clamare), fu un fatto civile di rara e non abbastanza sot- tardare in definitiva la costituzione del Comando uni- tolineata rilevanza.

Note 1 Le “zone libere” che ebbero vita nel 1944 oltre all’Ossola furono, piemontese venne catturato a Torino il 30-3-1944 e dopo un som- cronologicamente: Val Ceno (alto Parmense) dal 10-6 all’11-7; Val- mario processo fucilato con altri membri del Comitato, il 5 aprile sesia da 11-6 a 10-7; Val d’Enza e Val Parma, giugno e luglio; Val successivo al poligono di tiro del Martinetto. Taro (fra Parma e La Spezia) dal 15-6 al 24-7; Montefiorino (Mo- 5 Redi era il nome di battaglia, o di copertura, dell’avv. Gianni Cit- dena) dal 17-6 all’1-8; Val Maira e Val Varaita (CN), fine giugno - terio (Monza, 1908, Pieve Vergonte 1944), caduto a Megolo di Pie- 21.8; Valli di Lanzo, dal 25-6 a fine settembre; Friuli Orientale, 30- ve Vergonte col capitano Filippo Beltrami e altri partigiani il 13-2- 6 - fine settembre; Bobbio (Piacenza) dal 7-7 al 27-8; Torriglia (Li- 1944, nel corso di un combattimento sostenuto contro forze tede- guria) primi di luglio - fine agosto; Carnia metà luglio-metà otto- sche e di milizia fascista. bre; Cansiglio (Belluno) luglio - settembre; Imperia, fine agosto - 6 G.N.R. La “Guardia nazionale repubblicana” istituita dalla Re- metà ottobre; Alba, dal 10 ottobre al 2 novembre; Alto Monferrato, pubblica sociale italiana di Mussolini raggruppava le forze di poli- settembre - 2-12; Varzi fine settembre - 29-11; Alto Tortonese, set- zia, i carabinieri e le varie “Milizie”: confinaria, forestale, ferrovia- tembre - dicembre. ria ecc. 2 Col termine “nazifascisti” si intendono comunemente e comples- 7 C.L.N. (A.I.) Comitato di Liberazione Nazionale (Alta Italia) co- sivamente le truppe tedesche e italiane, queste organizzate dalla Re- stituito a Roma dai partiti antifascisti all’indomani dell’armistizio pubblica sociale (fascista) vissuta tra il settembre 1943 e il 25-4- dell’8-9-1943, fu in pratica l’ente di collegamento fra il governo le- 1945. Tanto la Germania di Hitler quanto la Repubblica di Mus- gittimo rimasto nell’Italia meridionale, non toccato, per l’andamen- solini, rette con un sistema totalitario, ammettevano un partito po- to delle operazioni belliche degli Alleati, dall’occupazione tedesca e litico unico: il nazionalsocialista in Germania, abbreviato in “nazi- i territori dell’Italia settentrionale. Il C.L.N. assunse anche autori- smo” e quello fascista in Italia. Da qui, riduttivamente, la voce “na- tà e rappresentatività ufficiale nelle province italiane del Nord man zifascista” per indicare organismi o truppe, operanti congiuntamen- mano liberate dall’avanzata alleata. te, dei due Stati. 8 Ma più propriamente “territorio liberato” dell’Ossola cioè consi- 3 Corpo (dei) Volontari (della) Libertà, cioè l’insieme delle Bande o derato come facente parte dello Stato italiano il cui governo legitti- formazioni partigiane che agivano bellicosamente nel territorio oc- mo era a Roma, anche se forzatamente con soluzione di continuità cupato dai tedeschi e sottoposto all’autorità della Repubblica socia- territoriale. In pratica una situazione simile all’enclave di Campio- le italiana di Mussolini. Gli appartenenti (“patrioti” o più comu- ne, comune italiano a tutti gli effetti anche se completamente inse- nemente “partigiani”) non erano tutelati dalla Convenzione di Gi- rito in territorio svizzero. nevra come i militari degli eserciti regolari belligeranti, essendo con- 9 Partito Repubblicano Fascista, che sostituiva il P.N.F. (Partito Na- siderati “franchi tiratori”. zionale Fascista) cessato il 25-7-1943. La nascita del nuovo P.R.F., 4 II generale di Brigata del Genio Giuseppe Perotti (Torino 1895, ivi la cui direzione venne assunta da Mussolini, fu da questi annuncia- 1944) componente del primo “comitato militare” della Resistenza ta da Radio Monaco (Germania) il 18-9-1943.

66 Cenni biografici in s.p.e., comandante della «Guardia nazionale». Morto al Sasso di Finero (Malesco) il 12 ottobre. ANIASI ALDO, Iso. Palmanova (UD) 1921. Comandante della 2a Gari- MOSCATELLI VINCENZO, Cino. Novara 1908 - Borgosesia 1981. Com- baldi «Redi» subentrando a Muneghina. Poi sindaco di Milano, par- missario politico delle formazioni «Garibaldi». Poi sindaco di Nova- lamentare, ministro, presidente F.I.A.P. (Federazione Italiana Asso- ra, deputato al Parlamento, senatore e infine presidente dell’Istituto ciazioni Partigiane). Vive a Milano. storico della Resistenza di Borgosesia. CALZAVARA ARMANDO, Arca, Istrana (TV) 1919 – Roma 2000. Uf- MUNEGHINA MARIO, capitano Mario. Cuneo 1900 - Verbania 1987. ficiale dei Bersaglieri, comandante della «Battisti». Laurea in lin- Impiegato tecnico. Comandante della «Valgrande martire», poi del- gue estere. la 2a Divis. Garibaldi «Redi» che lasciò entrando con la sua Brigata CEFIS EUGENIO, Alberto, Cividale del Friuli 1921 – Milano 2004. Uf- nella divisione «Flaim» che operava nell’Intrese. ficiale dei Granatieri in s.p.e., comandante della «Valtoce» alla mor- RUTTO BRUNO, Omegna 1921 - ivi 1986. Impiegato tecnico. Ufficia- te di Di Dio. Laurea in legge, cav. del lavoro, imprenditore. le degli Alpini, comandante della divisione alpina «F. Beltrami». CURRENO DELLA SANTA MADDALENA GIUSEPPE, colonnello Delle Torri. SCRITTORI UGO, Mirko. Lusigny (Francia) 1912 – Villadossola 1996. Carrù (Cn) 1894 - Torino 1964. Colonnello di Cavalleria in s.p.e. Operaio. Soldato del Corpo Automobilistico, comandante del Btg. (poi generale), laurea in legge. Capo di stato maggiore del «Coman- autonomo “Fabbri” trasformatosi poi nella 83a Brig. garibaldina do unico di zona Ossola». Un suo giovanissimo figlio, Giacomino «Comolli». di 16 anni, partigiano nelle Langhe venne catturato e fucilato dai fa- SUPERTI DIONIGI. Napoli 1902 - Madrid 1968. Comandante della scisti nel marzo 1945. «Valdossola». Le sue spoglie nel 1988 vennero traslate da Madrid al DI DIO ALFREDO EMMA, Marco, Palermo 1920 - Malesco 1944. Uf- cimitero di Premosello Chiovenda, località di origine della forma- ficiale dei Carristi in s.p.e., comandante della «Valtoce», morto al zione da lui comandata. Sasso di Finero (Malesco) il 12-10-44. Il fratello ANTONIO (Palermo STUCCHI GIOV. BATTISTA, colonnello Federici, Monza 1899 - ivi 1980. Uf- 1922 - Pieve Vergonte 1944) era caduto assieme al capitano Beltra- ficiale degli Alpini, avvocato. Resse il «Comando Unico zona Ossola». mi nel febbraio precedente a Megolo. La tomba di famiglia del Bel- VIGLIO PIETRO CARLO, Novara 1919 - Milano 1995. Laurea in scien- trami a Cireggio di Omegna conserva anche le spoglie dei due sfor- ze economiche. Comandante brig. «Matteotti». tunati fratelli. TIBALDI ETTORE, Bornasco (PV) 1887 - Certosa (PV) 1968. Volon- FLOREANINI GISELLA, Milano 1906 - ivi 1993. Col nome di copertu- tario nella 1a guerra mondiale, medico. Nel 1926 abbandona Pa- ra di Amelia Valli partecipò nell’autunno 1944 al governo dell’Os- via per attività antifascista evitando il «confino» grazie alla ferita sola quale commissario all’assistenza, in rappresentanza del Parti- di guerra. Prende servizio all’Ospedale di Domodossola divenendo- to comunista cui aveva aderito nel 1941 dopo una prima giovanile ne primario medico. Profugo in Svizzera verso la fine del 1943. Pre- militanza nel Partito socialista clandestino. Alla caduta della «repub- sidente della Giunta provvisoria di governo dell’Ossola libera. Poi blica» ossolana seguì i garibaldini in Val Sesia. Nel dopoguerra ven- primo sindaco eletto di Domodossola (1946); eletto al Senato nel ne nominata presidente del C.L.N. di Novara liberata, poi consi- 1953 e riconfermato nelle legislature successive. gliere comunale a Domodossola e successivamente a Milano, infine VEZZALINI ENRICO, Ceneselli (RO) 1904 - Novara 1945. Avvocato, eletta al Parlamento nelle due prime legislature repubblicane. Rive- prefetto di Novara dal 22.7.1944 al 15.1.1945, condannato dalla stì poi ancora numerose cariche di prestigio sino alla morte. Per suo Corte straordinaria delle Assisi di Novara alla pena capitale median- espresso desiderio, è sepolta a Domodossola, la città che La fece ri- te fucilazione alla schiena, eseguita il 23.9.1945. cordare come la prima “donna-ministro” nella storia d’Italia. FRASSATI FILIPPO, Pippo. Pistoia 1920 - ivi 1992. Ufficiale di Fanteria Bibliografia in s.p.e., comandante della brigata «Perotti». Nel dopoguerra elet- to al consiglio comunale di Verbania, docente di storia militare al- Anita Azzari “L’Ossola nella Resistenza italiana”, 2a ed., Ornavas- l’Università di Pisa. Per suo espresso desiderio è sepolto a Canno- so 2004. bio, la città che lo vide protagonista di significativi fatti d’arme nel Hubertus Bergwitz. “Una libera Repubblica nell’Ossola partigiana”, periodo della Resistenza. Milano 1979. GASTONE ERALDO, Ciro. Torino 1913 - Novara 1986. Ufficiale di Mario Giarda e Guido Maggia. “Il governo dell’Ossola”, 2a ed., S. Aviazione in s.p.e., comandante del Raggruppamento Divisio- Pietro Mosezzo 1989. ni «Garibaldi» del Biellese, Valsesia, Alto Novarese. Poi deputato Guido Maggia (a cura di). “I giornali dell’Ossola libera”, Novara al Parlamento, senatore e presidente dell’Istituto storico della Resi- 1974. stenza di Novara. Ettore Tibaldi. “L’opera della Giunta Provvisoria di Governo nell’Os- MONETA ATTILIO, Malesco 1893 - ivi 1944. Colonnello di Cavalleria sola liberata dall’8 settembre al 22 ottobre 1944”, Domodossola 1945.

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Archeologia Alberto De Giuli

Le tracce del passato Le grandi migrazioni di popoli da oriente a occidente, L’Ossola, situata nel gruppo delle Alpi Lepontine, con avvenute all’inizio dell’età del rame, trovano una sugge- le sue sette valli laterali è una delle maggiori vallate a stiva eco nei miti greci di Cadmo, Eracle, Giasone e gli sud dell’arco alpino. Essa è stata interessata da tutte le Argonauti e dei loro grandi itinerari alla ricerca del pre- glaciazioni, che l’hanno sagomata nella tipica forma ad zioso metallo. U delle valli glaciali, spianando terrazzi, levigando pie- Rare citazioni di autori di epoca greco-romana traman- tre e ghiaie, cancellando però le eventuali tracce della dano per la prima volta il nome dei Leponzi quali abi- presenza umana nel paleolitico. tanti della Valle Ossola in età repubblicana, senza però Dopo l’ultima glaciazione, con la modifica del clima, la fornire altre notizie sulla loro entità etnico-politica. valle si è ricoperta di vegetazione, determinandosi così Va ricordato che l’età del ferro fu il periodo delle inva- l’ambiente che ha favorito la comparsa degli anima- sioni galliche, quindi un momento di ulteriore mesco- li provenienti dalla pianura e, conseguentemente, sul- lamento di popoli e culture; è forse in questa epoca che le loro tracce, la presenza di gruppi di cacciatori duran- avvennero le maggiori infiltrazioni nelle vallate a quote te le stagioni favorevoli alla caccia; a partire presumibil- più elevate da parte di coloro che cercavano riparo dal- mente dal neolitico, come è documentato anche per al- le scorrerie celtiche. tre vallate a sud e nord delle Alpi, l’uomo vi si insediò Un dato certo sulla presenza dei Leponzi nella nostra stabilmente. terra è quello riportato dal trofeo delle Alpi di La Turbie, I primi abitanti della Val d’Ossola provenivano, con fatto innalzare nel 7-6 a.C. dal senato e dal popolo ro- ogni probabilità, dalla vicina pianura Padana che, come mano per celebrare la vittoria di Augusto sui popoli al- dice Rittatore, fu un crogiolo di popoli antichi. Un so- pini e il cui testo è stato riportato per intero da Plinio il strato mesolitico fu gradualmente modificato da influs- Vecchio: in esso i Leponzi sono ufficialmente nomina- si culturali neolitici, che portarono innovazioni deci- ti fra le ...gentes alpinae devictae, cioè tutte le popolazio- samente determinanti, pur restando molto importante ni alpine sottomesse dagli eserciti dell’imperatore, elen- l’economia venatoria. cate da est a ovest. Con l’avvento dell’età dei metalli, nell’arco alpino e Altri autori accennano seppure scarsamente ai Leponzi: sensibilmente anche nell’Ossola, si avverte un notevo- Polibio poco chiaramente; Cesare, nel suo De bello gal- le cambiamento, segnato in particolare, oltre che dalla lico, colloca il loro territorio alle sorgenti del Reno; Si- importante innovazione tecnologica della metallurgia, lio Italico, nel suo poema epico Punica, cita un lepon- anche dall’introduzione dell’aratro, del carro trainato zio che combatte a fianco di Annibale disceso dalle Alpi da animali e, per quanto riguarda l’industria litica, dalla contro i Romani; Tolomeo poi, nel II secolo d.C. in- presenza di asce a martello e di pietre da lancio. dicherà in Oscela Lepontiorum, l’odierna Domodosso- Tali novità furono portate probabilmente da popolazio- la, la capitale di questo popolo e della provincia roma- ni di stirpe ligure e quindi originarie del vicino oriente. na delle Alpi Atrezziane, ricordata poi ancora dall’Ano-

Montecrestese, frazione Roldo: tempietto lepontico (sec. I d.C.) sopraelevato in torre.

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giudizi né sull’epoca, né sui motivi della loro esecuzio- ne. Del 1986 è la scoperta fatta all’ Alpe Veglia, in co- mune di Varzo, di manufatti litici rivelanti stanziamen- ti stagionali di cacciatori dell’epipaleolitico (IX-VI mil- lennio a.C.), tuttavia tracce di insediamenti preistorici più o meno antichi sono documentate un po’ dovun- que nella Valle Ossola. Reperti molto interessanti sono quelli provenienti da Mergozzo; si tratta di ceramica ad impasto grossolano non lavorata al tornio e di manufat- ti litici in selce e, in minor quantità, in quarzo: geome- trici, denticolati, grattatoi, raschiatoi, becchi, lame, pu- gnali, cuspidi di freccia e molte altre tipologie di attrez- zi, nonché molti scarti di lavorazione, a testimoniare il fatto che la lavorazione della pietra avveniva sul posto. Si sono pure rinvenute un’ascia in pietra levigata ed una con foro passante per l’immanicatura, del tipo di quel- la proveniente dall’alpe Pontigei, in comune di Baceno. Tutto questo materiale si può far risalire ad un periodo che va dal neolitico all’età del bronzo. Altri manufatti in selce rinvenuti a Gravellona Toce, a Pedemonte ed a Montecrestese risalgono perlomeno al- l’età del bronzo, mentre attribuibili al bronzo medio Ara dedicata a Giove, ritrovata a Candoglia. sono il pugnale e l’ascia a paletta in bronzo rinvenuti ri- spettivamente sull’ Arbola ed a Folsogno in VaI Vigezzo. nimo ravennate con altre città dell’Italia settentrionale, Della prima età del ferro sono alcuni frammenti fitti- come Oxilia, e con grafia lievemente diversa da Guido- li rinvenuti in località Motto a Gravellona Toce, come ne: Ossilla. pure alcune tombe della necropoli di Pedemonte e una Per sapere di più dobbiamo quindi affidarci ai ritrova- sepoltura venuta alla luce a Montecrestese che contene- menti archeologici che da poco più di un secolo a que- vano ceramica della fase finale della cultura di Golasec- sta parte sono stati effettuati grazie ad appassionati stu- ca, detta Golasecca IIIA (V-IV sec. a.C.). diosi locali, i quali hanno contribuito e contribuiscono Lo sviluppo maggiore della zona ossolana avvenne in alla scoperta, al recupero o alla segnalazione delle testi- età gallo-romana, tra la fine dell’epoca repubblicana ed monianze venute alla luce, testimonianze riferibili nella il primo secolo dell’impero. maggior parte a corredi tombali, forse perché i più faci- Con la romanizzazione si verificò una uniformità cultu- li a individuarsi, e databili per la quasi totalità all’epo- rale e linguistica che prima non esisteva e che andò au- ca romana. mentando sempre più in epoca imperiale; ciò è testimo- Più recenti sono state le scoperte di materiali attribui- niato da ritrovamenti, quasi esclusivamente provenienti bili al mesolitico, al neolitico, all’eneolitico, all’età del da necropoli o da contesti tombali, che vanno da quelli bronzo e alla prima età del ferro e l’individuazione di copiosi di Ornavasso, Gravellona Toce, Mergozzo, Ban- incisioni rupestri, costituite per lo più, ad eccezione de- nio Anzino, Masera, Malesco, ad altri meno abbondan- gli affilatoi sul colle di Mattarella, della pietra del Mer- ti, ma comunque significativi come quelli di Baceno e leri e della roccia della fecondità in Valle Antrona, da Rivera, al punto da poter affermare, osservando sulla coppelle che, mancando di un preciso contesto archeo- carta topografica la loro distribuzione, che gli abitati at- logico, non permettono di esprimere per ora dei sicuri tuali erano già quasi tutti esistenti duemila anni fa.

71 Importanti sono anche alcuni ritrovamenti relativi al- Nell’Ottocento, emergono per importanza le scoperte l’epoca tardo-romana e paleocristiana: in particola- archeologiche di Masera, dovute ai cavalieri Francesco re, a Candoglia, nel sagrato dell’oratorio romanico di e Felice Mellerio, relative agli anni dal 1853 al 1893 e San Graziano, oltre ad un’ara dedicata a Giove, venne- già segnalate dal Bazetta e dal Pollini. Nel Novecento si ro messe in luce diverse sepolture ed un edificio a pian- segnalano come importanti ritrovamenti casuali la sco- ta rettangolare, distrutto nel IV secolo d. C., mentre a perta della necropoli di Bannio Anzino, segnalata nel San Giovanni in Montorfano furono reperiti un batti- 1937 e fatta oggetto di ulteriori indagini tra il 1953 e il stero paleocristiano (V-VI d.C.) e le fondamenta di una 1956, da Michele Bionda, contenente materiali databi- chiesa triabsidata di epoca carolingia. li tra la prima metà del I sec. a. C. e la prima metà del I d. C. e la scoperta, avvenuta nel 1966 da parte di Da- Storia dei ritrovamenti e degli scavi in Ossola rio Zani, del pugnale dell’Arbola, in alta Val Formazza, L’interesse per le testimonianze del mondo antico in attribuibile all’età del bronzo medio. Ossola si può far risalire almeno al 1600. Sono di quel- Solo con Enrico Bianchetti, alla fine del 1800, avvenne l’epoca infatti le prime segnalazioni di documenti epi- il primo scavo sistematico, condotto con metodologie grafici, considerabili come reperti archeologici: si tratta che si possono considerare scientifiche per quei tempi: dell’epigrafe del ponte dell’Orco di Crevoladossola, ci- si tratta delle note necropoli di Ornavasso, denomina- tata dal Morigia e dal Bescapè e di quella del ponte alla te di “San Bernardo” e “In Persona”, attribuibili al pe- Masone di Vogogna, citata dal Borri. riodo dal II sec. a. C. alla prima età imperiale, di cui fu- A partire dall’Ottocento, si ebbero le prime segnalazio- rono individuati dal Bianchetti 165 nuclei tombali cia- ni di ritrovamenti archeologici, per la maggior parte og- scuna. La necropoli di S. Bernardo fu oggetto, nel 1941 getti riferibili a corredi tombali, segnalazioni general- e nel 1952, di ulteriori indagini di scavo da parte del- mente riportate in studi monografici su paesi, come ad la Sovrintendenza; gli archeologi Carducci e Lo Porto esempio, quelle relative a Malesco, riportate dal Polli- riportarono in luce rispettivamente 7 e 9 sepolture. Il ni nel 1896, riferite a sepolture rinvenute tra il 1829 e materiale è conservato presso il Museo del Paesaggio di il 1881. Tra il 1800 e il 1900, in diverse località ossola- Verbania. Sempre alla fine dell’Ottocento, a Mergozzo, ne furono segnalati ritrovamenti, che andarono sempre Egisto Galloni scavava la necropoli de “La Cappella”, aumentando, fino a rappresentare, in una mappa terri- portando alla luce 32 tombe. Seguirono i ritrovamenti toriale, quasi tutti gli attuali centri abitativi; tutti i ritro- casuali nel 1934 e nel 1968 di altre tre tombe, mentre vamenti fino al 1993 sono stati riuniti in un volume da nel 1970 il Gruppo Archeologico Mergozzo (G.A.M.), Pierangelo Caramella e Alberto De Giuli. diretto da Alberto De Giuli, completò lo scavo della

Vasellame in vetro dalle necropoli di Mergozzo (I-II secolo d. C.). Olpi di terracotta da corredo funerario.

72 zona orientale della necropoli, con il ritrovamento di ulteriori 5 sepolture, per un totale di 40; si ipotizza uno sviluppo della necropoli in un terreno sito ad occidente. I ritrovamenti fino ad ora reperiti sono databili ai pri- mi due secoli dell’era volgare. Ancora a Mergozzo, negli anni 1939 - 1940, Giovanni Braganti riportò alla luce 49 nuclei tombali appartenenti ad una più vasta ne- cropoli, denominata di “Praviaccio”, databile al periodo compreso tra il I e il III sec. d. C. Nel 1969, il G.A.M. scavò ulteriori 7 nuclei tombali. Parte del materiale del- le necropoli di Mergozzo è conservato presso l’Antiqua- rium, il Civico Museo Archeologico di Mergozzo. Negli anni dal 1954 al 1959, a Gravellona Toce, furono rinvenuti una necropoli di complessivi 128 nuclei tom- bali databili dal V sec. a. C. al IV d. C. e le fondamenta di vari edifici di epoca romana imperiale. Il ritrovamen- to è da attribuirsi a Felice Pattaroni, che ricevette dalla Sovrintendenza l’incarico di seguire e coordinare le atti- vità di scavo. Il materiale è conservato presso la Sovrin- tendenza ai Beni Archeologici di Torino; recentemen- te una parte ha trovato esposizione presso il Museo Ar- cheologico di Torino. Nell’anno 1967, Alberto De Giu- li scoprì in località Rubianco di Mergozzo i resti di una fornace per laterizi di epoca romana imperiale; lo sca- vo sistematico, che durò fino al 1972, fu condotto dal Chiesa romanica di San Giovanni in Montorfano. G.A.M. su autorizzazione della Sovrintendenza. Presso la chiesa di San Graziano a Candoglia, furono rinvenu- tistero paleocristiano. Gli scavi vennero continuati dal ti in anni diversi tra il 1903 e il 1965, alcuni importan- G.A.M. a partire dal 1980 e ultimati nel 1983 dalla So- ti reperti fra i quali primeggia un’ara dedicata a Giove, vrintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte. Il re- di epoca romana imperiale, recante l’iscrizione IS DEI sti delle murature del battistero e della chiesa preroma- IOVI AEDEM, scoperta da don Gamallero nel 1964. nica sono tuttora visibili. In occasione di lavori di scavo Nel 1968, fu eseguito, nel sagrato della medesima chie- o di sterro che, per ragioni diverse e in varie località, fu- sa, uno scavo che mise in luce un edificio a pianta ret- rono effettuati nel territorio di Mergozzo, si verificaro- tangolare dalle dimensioni interne di metri 20 x 11, di- no frequenti ritrovamenti casuali e sporadici di elemen- viso in vari ambienti, distrutto da un incendio non più ti in selce, che indussero Alberto De Giuli ad ipotizza- tardi della prima metà del IV sec. d.C. L’edificio, di cui re un insediamento umano stabile in epoca preistorica. furono eseguiti i rilievi, non è più visibile; i materiali ed Il sito ideale venne individuato in località Ronco, per la i disegni relativi allo scavo sono conservati presso l’An- sua privilegiata posizione in luogo soleggiato ed ameno tiquarium di Mergozzo. poco discosto dal lago. Nel 1970 il G.A.M. promosse il restauro della Chiesa di Qui il De Giuli eseguì sopralluoghi frequenti e sistema- San Giovanni in Montorfano; nel corso dei lavori furo- tici, fino a ritrovare, nell’inverno del 1972 alcuni ma- no effettuati dei sondaggi che permisero di individua- nufatti litici e frammenti di ceramica ad impasto gros- re, nel 1972, all’esterno i resti di una precedente chie- solano. Con l’autorizzazione della Sovrintendenza, il sa triabsidata di epoca preromanica, all’interno un bat- G.A.M. nel 1973, eseguì un sondaggio che confermò

73 la possibilità di un insediamento databile a partire dal gamma di manufatti litici, tali da rivelare la presenza di Neolitico. I numerosi manufatti litici reperiti sono con- uno stanziamento stagionale di cacciatori che frequen- servati ed esposti presso l’Antiquarium di Mergozzo. tarono la zona nell’ultimo periodo glaciale, vale a dire A Craveggia, dove già nell’Ottocento erano stati rinve- nel Mesolitico (IX- VI millennio a. C.). nuti reperti di epoca romana imperiale, negli anni 1980 Ulteriori sondaggi sono stati effettuati in altre zone del- e seguenti, la Soprintendenza eseguì in diverse riprese l’Alpe, precisamente al Balm della Vardaiola, che hanno scavi sistematici in località Marlé, dove nel 1978 erano rivelato presenze umane anche dell’età del ferro. venuti alla luce casualmente alcune sepolture delimita- te da lastre di pietra, ma prive di corredo. I ritrovamen- Bibliografia ti di Craveggia consistono in una discreta necropoli di epoca romana imperiale, protrattasi sino al VI e VII sec. Caramella P.- De Giuli A., Archeologia dell’Alto Novarese, Mergoz- zo, 1993. d.C. All’Alpe Veglia, in comune di Varzo, sono stati ef- fettuati degli scavi condotti dal prof. Ghiretti dell’Uni- Copiatti F., De Giuli A., Priuli A., Incisioni rupestri e megalitismo nel versità di Ferrara che hanno riportato in luce un’ampia Verbano Cusio Ossola, Domodossola, 2003

Vogogna: la Rocca Superiore (sec. XIV).

74 Ambiente e Natura

Un paesaggio verticale Renzo Mortarotti

L’Ossola è un’unità geografica dalle regioni confinanti: la Val Strona e poi la Val Sesia L’Ossola è una regione tipicamente montana; le sue ca- dal Monte Massone fino al Monte Rosa; il Canton Val- tene di monti, emerse dal mare in epoche remote, ne lese dal Monte Rosa al Passo del Gries; il Canton Tici- formano interamente lo scheletro, possente e solidissi- no dal Passo del Gries alle rocce del Gridone (Vigezzo); mo. Tra catena e catena si aprono le valli laterali strette e da ultimo la selvaggia Val Grande, separata dall’Ossola tortuose, che confluiscono tutte nell’ampio e basso fon- da un’aspra catena che dal Monte Laurasca, in territo- dovalle ossolano, percorso dal Toce e dove si addensa la rio di Malesco, corre fino al Monte Faié, in territorio di maggior parte della popolazione. L’Ossola ha confini Mergozzo. L’Ossola forma così una meravigliosa unità e ben tracciati, che seguono quasi ovunque i crinali e le un tutto organico, pur nella sua estrema varietà di ter- cime dei monti, e che perciò la delimitano in modo pre- reni, di rocce, di climi e di piante. ciso e rigoroso. Essa occupa una posizione molto im- portante nella regione alpina; nell’Ossola infatti, e pre- Un paesaggio verticale cisamente al Passo del Sempione, la muraglia gigantesca Se si eccettua il tratto pianeggiante da Crevoladossola a e quasi invalicabile delle Alpi Pennine si incontra con Mergozzo, il paesaggio dell’Ossola è tipicamente alpe- la catena delle Alpi Lepontine, più bassa e meno ardi- stre: esso si arrampica ripidamente, con qualche breve ta e perciò ricca di facili valichi: Passi del Sempione (m sosta su ripiani e terrazzi, e ci porta in breve tratto dal 2096), dell’Arbola (m 2409), del Gries (m 2463), di S. piatto fondovalle ossolano alle altezze vertiginose del- Giacomo (m 2313). la grande catena alpina. Quanto erta sia questa arram- Aperta a sud verso la dolce regione dei laghi, l’Ossola è picata lo si può capire se si considera che Domodosso- percorsa da importanti vie di comunicazione che, attra- la, a soli 272 metri sul mare, non dista più di 17 km dai verso le sue valli laterali, conducono nella vicina Sviz- 4023 metri della Weissmies e che Piedimulera a 247 zera e che perciò hanno sempre avuto una grande im- metri di altezza è a circa 25 km dalla vetta del Monte portanza nella storia secolare della nostra regione, sia in Rosa (m 4637). campo economico quanto sul piano politico e milita- In questo paesaggio, movendoci dall’alto verso il basso, re. La sua forma vagamente triangolare ha suscitato nel- distinguiamo tre fasce. La prima, priva di vegetazione e le fantasie le immagini più diverse: di un cuneo pianta- dai caratteri aspri dell’alta montagna, è il dominio del- to verso nord in territorio svizzero; di una foglia d’edera le nevi eterne, di ghiacci, delle pietraie, dei dirupi preci- con sette nervature, che formano le valli laterali; di un pitosi, delle piccole e azzurre conche lacustri. La secon- albero col ceppo nel Monte Orfano, all’imbocco del- da fascia è quella rivestita di pascoli e boschi: gli alti pa- l’Ossola, e col tronco che stende i suoi rami più ver- scoli alpini danno il loro prodotto di erbe aromatiche so occidente che verso oriente, e poi si assottiglia fino a e saporite senza che oggi l’uomo vi impieghi più il suo terminare con la punta nel Passo del Gries. lavoro di bonifica da sassi e sterpaglie. Anche i boschi, La linea di confine dell’Ossola è piatta e comoda sol- che succedono ai pascoli, crescono per lo più da sé, qua- tanto a sud verso il Verbano e il Cusio; per il resto corre si abbandonati alla forza della natura: fino ai 1500 me- quasi sempre alta e impervia sui crinali che la separano tri prevalgono le latifoglie (roveri, aceri, betulle e faggi);

77 poi succedono le aghifoglie (abeti e larici), che si spin- no nel piano i loro detriti formando ammassi di mate- gono fino ai 2000 metri. La terza fascia, quella dei pra- riale, che per la loro forma prendono il nome di coni di ti e dei campi, è la più ridotta in estensione, ma anche deiezione. Così Ornavasso, costruito sul cono di deie- la più redditizia e la più curata dalla mano dell’uomo, zione del torrente S. Carlo, così Pieve Vergonte su quel- soprattutto nei tempi passati, quando produceva tutto lo del Marmazza, così Domo su quello del Bogna, così quanto serviva alla povera alimentazione del montana- Premosello su quello del Riale, così Villa che dalle fra- ro ossolano. zioni primitive addossate alla montagna è venuta via via E quale immenso e faticosissimo lavoro ha fatto l’uo- occupando tutto il cono di deiezione dell’Ovesca con mo per rendere coltivabili i pendii delle nostre monta- officine e case di abitazione. E l’elenco potrebbe con- gne! Osservate un po’ come esse sono intagliate a gradi- tinuare, comprendendo anche Crodo in Val Antigorio, ni, con muretti di pietra che sostengono tanti terrazzet- disteso sul cono dell’Alfenza. ti artificiali, messi uno sopra l’altro fino ad altezze in- Tutte le vecchie dimore ossolane, comprese le baite di credibili. Ebbene, queste gradinate le hanno fatte i no- montagna, sono costruite in pietra. Nell’Ossola la ma- stri antenati, che hanno riplasmato la montagna per ri- teria prima, con cui l’uomo ha ricreato l’ambiente su cavarne praticelli e campetti, dove coltivare la vigna e la sua misura, è la pietra. Di pietra sono i muri delle case segale. Oggi queste terrazzature sono in gran parte brul- e delle chiese, i tetti di grigie piode, le scale, i balconi, i le o coperte di boscaglie, che hanno preso il sopravven- campanili, i selciati e i lastricati delle case, i muretti di to sull’opera dell’uomo. confine, gli abbeveratoi per il bestiame, le fontane, i la- I monti più alti delle valli ossolane sono il Blinnenhorn vatoi ecc. La vecchia Ossola è tutta di pietra, eccetto le (m 3375) in Formazza, l’Arbola (m 3235) in Val Deve- case dei Walser di Macugnaga e di Formazza, che dal ro, il Monte Leone (m 3552) in Val Divedro, lo Straciu- natio Vallese hanno portato con sé la tecnica del legno. go (m 2712) in Val Bognanco, l’Andolla (m 3656) in Coll’arrivo delle strade e delle ferrovie arriveranno an- Val Antrona, il Monte Rosa (m 4637) in Val Anzasca, la che i mattoni, le tegole in cotto e il cemento, che pian Scheggia (m 2466) in Val Vigezzo, il Pizzo del Lago Ge- piano trasformeranno il vecchio paesaggio ossolano. lato (m 2614) nella spopolata valle dell’Isorno. Le acque sono la fortuna e il castigo dell’Ossola Gli insediamenti umani II fiume che attraversa 1’Ossola nel suo bel mezzo pren- Un tempo la gente dell’Ossola viveva raggruppata in de il nome di Toce a Riale di Formazza, dove conflui- piccoli centri abitati, che soprattutto nelle vallate, dove scono i suoi rami sorgentiferi: i torrenti Hohsand, Gries più intensa ferveva la vita agricola e pastorale, erano di e Roni. È lungo circa 80 km e a Candoglia registra una norma piccoli o piccolissimi; magari solo un pugno di portata media di 68 m3 al secondo, una massima di m3 case. Rarissime le abitazioni isolate. Questi insediamen- 1400 e una minima invernale di m3 13. Il primo tratto, ti sono sorti dove minore era il danno al terreno pro- che va dalla sorgente alla forra di Pontemaglio, è spesso duttivo: le case stavano addossate le une alle altre e ta- incassato in gole profonde e ha carattere torrentizio, con lora spuntavano dalla roccia, proprio per risparmiare il una pendenza media del 5,6%. Il secondo tratto, che va più possibile la scarsa quantità di terreno agricolo. da Pontemaglio a Vogogna, con una pendenza media La maggior parte di questi villaggi li vediamo ancor dello 0,50%, non ha più l’irruenza del torrente mon- oggi punteggiare di bianco i pendii delle nostre mon- tano, ma neppure la tranquillità del fiume di pianura. tagne. Altri sono costruiti nei fondovalle pianeggian- In questo tratto, modestamente inclinato, scaricano le ti, come la lunga serie dei villaggi formazzini oppure la loro acque nel Toce i suoi principali affluenti: sulla de- successione dei grossi paesi distesi sull’altopiano vigez- stra la Diveria, il Bogna, l’Ovesca e l’Anza; sulla sini- zino: Malesco, Santa Maria Maggiore, Druogno. Nel- stra l’Isorno e il Melezzo. Tutti questi corsi di acqua du- la Val d’Ossola i paesi più importanti invece sorgono rante le piene si avventano con grande furia nel piano allo sbocco delle valli laterali, là dove i torrenti scarica- dell’Ossola, trascinando una massa enorme di materia-

78 Monte Rosa, il ghiacciaio del Belvedere. le solido (sassi e ciottoli), che ha inghiaiato e sopraele- Ma le acque non sono solo una maledizione per l’Osso- vato questo tratto di valle; guardando dall’alto si ha l’im- la durante le terribili alluvioni: esse servono per irrigare pressione che il piano dell’Ossola Superiore sia com- i campi; imbottigliate a Crodo e a Bognanco, per il loro pleto dominio dei torrenti. Il terzo e ultimo tratto del ottimo grado di mineralizzazione, compaiono su tutte Toce si sviluppa da Vogogna al Lago Maggiore, con una le mense italiane; incanalate nelle condotte forzate de- pendenza media del solo 0,12%; qui il Toce è un vero gli impianti idroelettrici muovono le turbine di pode- fiume che serpeggia nella pianura dell’Ossola Inferiore, rose centrali, che forniscono grande quantità di energia. scorrendo in un letto abbastanza regolare di ghiaie mi- Ricordiamo infine che nel passato il Toce era navigabi- nute e di sabbie. le fino a Beura e che, in mancanza di strade efficienti e

79 sicure, è stato per secoli la principale via di comunica- Verso il confine svizzero si incontra Re col suo monu- zione per l’Ossola. mentale santuario dedicato alla Madonna del Sangue. A Pontemaglio comincia un’altra lunga valle percorsa L’Ossola a volo d’uccello dal Toce, che nella prima parte prende il nome di Anti- Ed ora compiamo un veloce viaggio nelle valli ossola- gorio e assume poi quello di Formazza a Foppiano sot- ne, partendo dal Monteorfano, quell’isola granitica che to l’alto gradino delle Casse. Percorrendola, incontria- sembra sbarrare l’ingresso dell’Ossola, là dove la bassa mo per primo Crodo, celebre per le sue acque, poi Ba- valle si spalanca sul Verbano e sul Cusio. Sulla sinistra ceno, dominato da quel monumento d’arte che è la sua del Toce il primo paese ossolano a darci il saluto è Mer- ricchissima chiesa, quindi Premia, sparsa in tante pic- gozzo, a specchio del suo bel lago ovale. Seguono Cuz- cole ridenti frazioni, infine la tedesca Formazza, ricca di zago e Premosello, poi Vogogna, già capitale dell’Osso- pascoli, di fiori multicolori, di laghetti alpini, di centra- la Inferiore (la rocca e il castello viscontei sono lì per ri- li e di impianti idroelettrici. cordarcelo), infine Beura, il centro più importante del- Da Crevola, attraverso una magnifica forra scavalcata la lavorazione della pietra chiamata beola dal nome del da un ponte arditissimo, ci infiliamo nella Val Divedro, paese. Sulla destra del Toce ci viene incontro per primo in compagnia della ferrovia internazionale del Sempio- l’industre Ornavasso, vecchio paese di origine tedesca; ne e della grande strada costruita per volere di Napoleo- poi Anzola d’Ossola e il vecchio centro chimico di Pie- ne tra l’Italia e la Svizzera attraverso il colle del Sempio- ve Vergonte; seguono Piedimulera allo sbocco della val ne. Prima di arrivare alla sbarra di confine a Gondo tro- Anzasca, poi Pallanzeno e Villadossola, dove sono ac- viamo sul percorso il grosso paese di Varzo allo sbocco centrate le più grosse industrie della regione. della valle che scende dalla splendida Alpe Veglia, e poi Il fondovalle ossolano, che abbiamo percorso in questa Iselle, la stazione di confine dove il treno entra in galle- prima parte del viaggio, mette capo in un’ampia conca ria (m 19.803). quasi circolare, dove confluisce un ventaglio di valli. Al- A Domodossola sbocca la più breve delle valli ossola- l’intorno, disposte per lo più sulle ultime pendici di un ne, la Val Bognanco, che una volta aveva un’intensissima vasto cerchio di montagne, occhieggiano le numerose vita agricola e pastorale. Ora tutti la conoscono perché frazioni di Trontano, Masera, Montecrestese, Cisore e Bognanco Fonti ospita un complesso termale con alber- Vagna. Al centro del bacino siede Domodossola, capita- ghi e pensioni. La più appartata e tranquilla tra le valli le dell’Ossola, che, da piccolo borgo tranquillo con non ossolane, ma non per questo meno bella delle altre, è la più di mille abitanti sulla fine del Settecento, è diventa- Val Antrona, che sbocca nel piano presso Villadossola. ta ora un centro pulsante di vita, dove si accentra gran Già famosa per le miniere di oro e di ferro, ora lo è per parte della popolazione ossolana (circa 19.000 abitan- le sue bellezze naturali e i suoi bacini idroelettrici, tra i ti). Di notevole: il Monte Calvario, il Collegio Rosmi- quali ricordiamo il Lago di Antrona, formato da un’an- ni, il Palazzo Silva, l’ex chiesa di S. Francesco, la Col- tica frana che seppellì un intero villaggio e, sbarrando le legiata, piazza Mercato e la torretta delle mura trecen- acque del torrente Troncone, diede origine al lago. tesche. La più meridionale delle valli ossolane è anche la più ri- Ad oriente di Domo si apre la Val Vigezzo, una valle tra- nomata, perché alla sua testata si dispiega in tutta la sua sversale che si snoda per 25 km fino al confine italo- grandiosità l’anfiteatro del Monte Rosa, un massiccio di svizzero della Ribellasca. La parte centrale della valle so- ghiacci e di rocce, secondo solo al Monte Bianco in Eu- miglia ad un lungo altopiano, costellato di paesi così fit- ropa: la Val Anzasca. Dal suo sbocco a Piedimulera fino ti e lindi che la fanno sembrare una città-giardino. Cra- a Macugnaga la valle si sviluppa stretta e tortuosa, ma veggia, , Buttogno stanno al limitare del bosco punteggiata di paesi puliti e ridenti: Castiglione, spar- su un ridente terrazzo pieno di sole, che domina dall’al- so in molte frazioni alpestri; Calasca con la sua splen- to il verde fondovalle dove spiccano le macchie bianco- dida chiesa definita la «Cattedrale fra i boschi»; Bannio grigie di Malesco, Santa Maria Maggiore e Druogno. l’antica capitale della valle e sede di una necropoli celti-

80 ad est del Monte Rosa e mette in comunicazione Macu- gnaga con la valle tedesco-vallesana di Saas. Sull’itinera- rio del Moro si vedono ancora i resti di un’antica stra- da lastricata, segno evidente che in passato il colle era frequentato e adattato al passaggio dei muli e del be- stiame. Nel secolo XIII attraverso il Moro trasmigraro- no le popolazioni walser che fondarono la maggior par- te delle colonie tedesche attorno al massiccio del Mon- te Rosa, prima fra tutte Macugnaga. Un po’ più a nord del Passo del Moro si apre il Passo di Antrona (m 2839). Questi due valichi superano in al- tezza tutti gli altri passi dell’Ossola, onde risulta chiaro che attraverso essi non potevano esistere traffico e tran- sito regolari, poiché erano percorsi soltanto durante i pochi mesi della stagione estiva. La vecchia mulattie- ra partendo da Antronapiana s’arrampica con cammi- no difficoltoso fino al colle per scendere poi ad Alma- gell nella Valle di Saas, dove si congiunge con quella del Moro e prosegue per Visp. Rimangono ancora oggi i re- sti lastricati dell’antica mulattiera, che ricordano i tem- pi della sua floridezza. Abbiamo visto come i valichi del Monte Moro e di An- trona si aprono nelle Alpi Pennine ad altissima quota e perciò sono difficilmente praticabili ad un traffico di Alpe Veglia, lago delle Streghe. ampie proporzioni. Ma, là dove terminano le Pennine e ca; Vanzone con San Carlo, noto per le acque arsenica- cominciano le meno elevate Alpi Lepontine, la grande li; Ceppomorelli e infine Macugnaga, la regina del Rosa catena alpina s’assottiglia e si abbassa in una larga e co- e sede di una colonia tedesca che va spegnendosi. moda sella, che fa da cerniera tra queste due sezioni del- le Alpi: è il Passo del Sempione (m 2006), la principale Comunicazioni e trasporti nell’antichità porta di comunicazione tra l’Ossola e il Vallese. In età Una volta l’Ossola era priva di grandi vie di comuni- romana e specialmente nell’Alto Medioevo abbiamo te- cazione. I villaggi alpini erano allacciati tra loro e coi stimonianze che non depongono a favore d’una strada centri più importanti del fondovalle da una fitta rete di grande transito sul nostro colle. Prospettive d’impor- di mulattiere e di sentieri, quelli che oggi frequentiamo tanza europea per il Passo del Sempione si aprirono sol- ancora come «scorciatoie» durante le nostre gite. I tra- tanto a partire dal secolo XII, dal tempo cioè delle Cro- sporti erano fatti a spalla con la scivera (gerla) e con la ciate. Il Sempione diventò allora una strada mercantile caula per la legna. Pochissimi gli asini e i muli, perché di primo ordine e un passaggio obbligato tra le città ita- i poveri montanari non potevano mantenere bestie da liane e le piazze commerciali dell’Europa occidentale. soma, e tutto il foraggio era destinato agli animali più Furono aperte al transito le gole di Gondo, fino a quel utili: bovini, ovini, caprini. tempo impraticabili, mentre le grandi società commer- Le principali vie di comunicazione attraverso le valli ciali lombarde concludevano trattati col Vallese per il li- portavano ai valichi alpini, aperti tra l’Ossola da una bero passaggio delle merci e, coi pedaggi, contribuiva- parte e il Vallese e il Ticino dall’altra. Il passo più meri- no in modo determinante al mantenimento della stra- dionale è quello del Monte Moro (m 2868) che si apre da, dei ponti e delle soste, dove tenevano depositi e ma-

81 gazzini per le mercanzie. Lunghe file di muli, carichi di L’ultimo valico, che dall’Ossola porta nell’Alto Valle- fardelli, percorrevano la strada e davano lavoro ai condu- se, è quello del Gries (m 2463), senza dubbio il più im- centi ossolani e vallesani. Più tardi, in seguito alle lot- portante dopo il Sempione. Da Formazza la mulattie- te tra il Vallese e l’Ossola, il Sempione venne quasi del ra, superando tre successivi gradini, raggiunge il passo tutto abbandonato dai mercanti, finché verso il 1630 e scende poi nella valle del Rodano a Ulrichen; di qui riacquistò la sua importanza internazionale di strada si dirama la strada che raggiunge il Passo del Grimsel commerciale per merito del gran signore vallesano Ka- (m 2164), aperto sulla regione di Berna. La strada del spar Iodok von Stockalper. La morte dello Stockalper Gries non avrebbe di per sé che un’importanza locale, (1691) segnò la decadenza del Sempione come via di ma il suo prolungamento attraverso il Grimsel ne fa un transito internazionale, sebbene gli interessi congiunti itinerario di notevole valore commerciale. L’uso di que- di Ginevra e di Milano non permisero il totale abban- sto valico si perde nella notte dei tempi. Il primo pas- dono di questa via. saggio che storicamente conosciamo, però, è quello del- Nel 1800 il Sempione doveva risorgere a nuova vita. In le popolazioni vallesane che nei primissimi anni del se- quell’anno infatti Napoleone emanava l’ordine di dare colo XIII fondarono la colonia tedesca di Formazza. La immediata esecuzione alla costruzione d’una grande costruzione della ferrovia del Gottardo nel 1882 assestò strada carrozzabile che doveva avere tutte le qualità per a questo passo, già calato d’importanza dopo l’apertura rispondere alle esigenze militari del tempo, anzitutto di della strada del Sempione, il colpo mortale. rendere possibile il passaggio delle artiglierie. Due era- Un altro valico meritevole di menzione è il Passo di S. no le condizioni vantaggiose che avevano fatto cadere la Giacomo (m 2313), ad oriente del Gries. Esso, è vero, scelta sul Sempione in confronto ad altri valichi alpini: non porta a nord delle Alpi, ma mette in comunicazio- la maggior brevità del percorso tra Milano e Parigi e la ne la Formazza con Airolo nell’Alto Ticino, là dove co- relativa bassezza del colle. Il 25 settembre 1805 la nuo- mincia la salita del passo importantissimo del S. Gottar- va strada era transitabile. Sul percorso di 62 km tra Bri- do; ma appunto attraverso quest’ultimo valico dall’Os- ga e Domo erano stati eretti in totale 64 ponti tra gran- sola si potevano raggiungere, al di là del grande spar- di e piccoli e scavate sette gallerie per una lunghezza to- tiacque alpino, le alte valli del Reuss e del Reno e così tale di 525 metri con 250 tonnellate d’esplosivo. Il co- entrare nella rete stradale della Svizzera centro-occiden- sto complessivo di questa arditissima opera ammontò, tale. L’ultima strada, collegante anch’essa l’Ossola con il tra Ginevra ed Arona, a circa 18 milioni di franchi, in Canton Ticino, attraversa la Val Vigezzo e le successive gran parte pagati con denaro italiano. Centovalli, portando al Lago Maggiore e a Locarno. Ad oriente del Sempione, tra le opposte valli di Binn e del Devero si apre il Passo d’Arbola (m 2409), l’Al- Le vie di comunicazione nei tempi moderni brunpass dei Vallesani. A Baceno la mulattiera si dira- La prima grande strada carrozzabile, che tolse l’Osso- ma dalla strada di Formazza, tocca il valico, discende a la dal suo secolare isolamento, fu portata a termine, Binn senza grossi ostacoli e sbocca nella valle dell’alto come abbiamo detto, nel 1805 per volontà di Napoleo- Rodano a Grengiols. ne: essa doveva unire Milano a Parigi e prese il nome di Questa strada, che conserva ancor oggi qualche tratto strada del Sempione dal valico che mette in comunica- lastricato, pare non sia servita gran che al grosso traffi- zione l’Ossola con la Svizzera. co commerciale, ma fu sempre utilizzata da Ossolani e In seguito all’apertura della strada del Sempione le val- Vallesani per lo scambio dei loro prodotti, nonchè per li ossolane, una dopo l’altra, provvidero con gravissime operazioni di guerra, fino all’apertura della carrozzabi- spese ad allacciarsi per mezzo di strade, costruite di sana le del Sempione. Che fosse già anticamente frequentata pianta, all’arteria principale, che diventò così la spina ne è prova la colonizzazione dell’Alta Val Devero (Aga- dorsale della rete stradale dell’Ossola. Con le nuove vie ro, Ausone) da parte di pastori vallesani, venuti da Binn i trasporti a spalla sulle lunghe distanze cedettero il po- nella seconda metà del secolo XIII. sto ai trasporti su carro con gran sollievo dei montanari

82 e notevole riduzione dei prezzi: le merci circolarono più giamenti il 19 maggio 1906. Se, come abbiamo detto facilmente; i prodotti locali, soprattutto i boschi, trova- gli ingenti mezzi finanziari (78 milioni di franchi sviz- rono più facile smercio; il servizio postale diventò più zeri) provennero da oltralpe, i lavoratori addetti a que- regolare e più veloce; i viaggiatori stranieri e i primi tu- st’opera colossale, che superò tutte le precedenti per ar- risti cominciarono a visitare l’Ossola e sorsero alberghi e ditezza e grandiosità di concezione, furono esclusiva- locande. Era un gran passo avanti certamente. mente italiani. Ma intanto erano già state costruite in Piemonte molte Provenivano da tutte le regioni d’Italia e per sette anni ferrovie e l’Ossola ne era rimasta priva. Tutti gli Ossola- alloggiarono alla bell’e meglio nelle vicinanze dei due ni ne sentivano la mancanza. Finalmente nel 1888 ven- imbocchi del traforo, presso Briga da un lato e pres- ne portata a termine la ferrovia di Novara e l’Ossola fu so Iselle dall’altro. Come tutte le grandi opere anche così allacciata alla rete ferroviaria italiana. Nel 1905 ca- il traforo del Sempione ebbe le sue vittime. Ed in pro- deva anche l’ultimo diaframma di roccia al traforo del porzione alla grandiosità dell’opera e ai mezzi d’allo- Sempione e l’anno dopo i treni internazionali correva- ra furono poche, sebbene la morte tendesse agguati di no sulla nuova linea ferroviaria che collega Milano a Gi- ogni genere; mine esplose anzi tempo, massi franati dal- nevra e Parigi. la volta delle gallerie, schegge proiettate di fianco, car- Alla costruzione del traforo del Sempione furono par- ri usciti dai binari, membra schiacciate dai propulsori ticolarmente interessate la Svizzera, l’Ossola e le cit- o tagliate dalle ruote, scoppi di tubazioni, schizzi di ac- tà di Milano e di Genova, mentre il Governo italiano qua compressa, gas velenosi ed asfissianti. Sessanta vit- non mostrò grande sollecitudine per quest’opera. Quasi time, una ogni 333 metri di galleria, tutte italiane, dal unica sua preoccupazione fu che la galleria avesse il suo figlio di Pizzo di Calabria, «robusto come un orso e bel- sbocco meridionale in territorio italiano, a parecchi chi- lo come un bambino», al minatore piemontese, vetera- lometri di distanza dal confine italo-svizzero. Gli osta- no dei trafori del Cenisio e del Gottardo. coli finanziari vennero al fine superati dalla Compagnia L’Ossola, e in particolare il suo capoluogo, trasse van- concessionaria, la Jura-Simplon, proprietaria di circa un taggi enormi dall’entrata in esercizio della ferrovia del terzo delle linee ferroviarie svizzere e grandemente inte- Sempione, che costituisce, per così dire, l’atto di nascita ressata alla pronta esecuzione del traforo. Appoggiata della Domodossola moderna. Il vecchio borgo ottocen- da potentissime banche germaniche, essa ebbe l’onore, tesco, pigro e sonnacchioso, divenne un enorme cantie- dopo tanti sforzi, di portare finalmente a compimento re di lavoro. la grande opera. La città s’ingrandì in pochi anni come mai s’era ingran- Nei quarant’anni di preparazione i progetti s’erano sus- dita nella sua storia secolare e divenne prosperosa di in- seguiti numerosi e multiformi, per incarico di cinque dustrie e di commerci. Altro passo avanti fece l’Osso- diverse Società concessionarie e tutti erano caduti per la nel 1923, allorché fu inaugurata la ferrovia vigezzina una ragione o per l’altra. Questi vari progetti, 32 com- tra Domodossola e Locarno, che metteva in diretta co- plessivamente, si possono dividere in tre gruppi, secon- municazione i cantoni occidentali della Confederazio- do l’altitudine del punto culminante del tunnel: galle- ne Elvetica col Canton Ticino e toglieva la Val Vigezzo rie di base, gallerie a medio livello e gallerie di sommità. dal suo isolamento. Prevalse alfine il progetto, preparato dall’ingegnere Du- Nel corso degli anni Ottanta la stazione ferroviaria in- mur, di una galleria di base della lunghezza di 19.770 ternazionale di Domodossola è stata dotata, a Beura metri, molto costosa e tecnicamente difficile, ma rapi- Cardezza, di un’ampia struttura (Domodue), che an- damente percorribile e perciò più adatta di altre ad un cora non riesce a decollare per vari motivi, nonostante intenso traffico internazionale. L’impresa appaltatrice, i cospicui investimenti effettuati. Vi è poi la superstra- la ditta germanica Brandt-Brandau, diede inizio ai la- da di scorrimento veloce, che abbrevia le comunicazio- vori nel 1898 e li portò a compimento nel 1905, men- ni tra l’Ossola e il Lago Maggiore, a rinforzo della ormai tre la cerimonia inaugurale si svolse con grandi festeg- vecchia strada del Sempione.

83 Baceno: la nevicata evidenzia i terrazzamenti ricavati sulle pendici del monte.

Gli uomini abbandonano la montagna continuo aumento della popolazione. Un solo esempio: e s’addensano nei fondovalle Villa contava 1035 abitanti nel 1848, nel 1995 ne con- Nelle nostre escursioni in montagna avremo trovato tan- tava 7469. Anche la popolazione dell’Ossola andò cre- te vecchie case in rovina e tanti piccoli centri montani scendo di censimento in censimento, dopo essere rima- quasi o del tutto abbandonati. Cosa vuol dire? Vuol dire sta quasi costante per tanti secoli. Dai 47.632 abitanti che nell’Ossola una volta la montagna era molto popo- nel 1848 era salita a 56.013 nel 1921; nel 1995 gli Os- lata, più popolata degli stessi fondovalle, dove adesso solani erano in totale poco meno di 70.000. vediamo concentrata quasi tutta la popolazione. I mon- La densità non è omogenea. Ci sono veri vuoti umani tanari allevavano molto bestiame e coltivavano innu- nelle zone di alta montagna, regno di ghiacci, nevi e roc- merevoli piccoli campi, oggi ingoiati dal bosco, e per- ce, dove la vita è impossibile. La popolazione vive sulle ciò vivevano sparsi sulla montagna per meglio accudi- più basse pendici dei monti e nel fondo delle valli, ma re al loro lavoro. Ma già nel secolo scorso, e più ancora soprattutto nella valle del Toce da Crevola a Mergozzo. nel Novecento, una serie di cause obbligò molti monta- nari a lasciare i loro casolari e ad emigrare all’estero op- L’ambiente naturale si trasforma e si degrada pure a trasferirsi nei centri di fondovalle. Quali furono II prezzo che l’Ossola ha dovuto pagare al progresso e queste cause? La perdita di antichi privilegi, l’aumento al miglioramento delle condizioni di vita è salatissimo. generale delle tasse, le condizioni difficilissime di vita, Oggi godiamo di un benessere che i nostri antenati non il basso reddito soprattutto, inferiore a quello di qua- conoscevano, ma viviamo in un ambiente degradato e lunque salariato. Mentre la montagna si spopolava, il inquinato. Anche nei secoli passati sono avvenute del- fondovalle dell’Ossola si industrializzava e registrava un le trasformazioni nel paesaggio: basti pensare al lonta-

84 no disboscamento delle foreste primitive, da cui l’uomo ora la maggior parte dei nostri ruscelli e torrenti sono ha ricavato prati e campi, oppure al terrazzamento delle ridotti a squallide sassaie, mentre si sono inaridite molte montagne, del quale abbiamo parlato poc’anzi. sorgenti, perché l’acqua viene presa e condotta in cana- Ma questi interventi umani rimanevano sempre in un li di derivazione che alimentano le centrali. Ogni vena ordine «naturale»: in altre parole l’uomo modificava, sì, di acqua è stata così catturata, sconvolgendo l’equilibrio la natura ma senza farle violenza; se mai l’assecondava idrico naturale delle nostre vallate. La stessa Cascata del e, per così dire, la perfezionava con interventi sapienti e Toce è oggi regolabile col contagocce. Dighe enormi rispettosi dell’ordine naturale preesistente. Infatti i ma- hanno sopraelevato di decine di metri il livello di vecchi teriali usati per gran parte di queste trasformazioni era- bellissimi laghi (es. Codelago) o hanno trasformato in no quelli stessi che la natura offriva: la pietra e il legno. bacini artificiali magnifici pianori alpini (es. Morasco), Con l’industrializzazione l’uomo ha trasformato il pae- col risultato che le rive di questi serbatoi per molti mesi saggio naturale in un paesaggio che potremmo defini- all’anno altro non sono che depositi di fanghiglia. re «tecnico», perché costruito dall’uomo spesso in di- Alcune valli, in seguito allo sfruttamento turistico, sono saccordo stridente con la natura. L’ambiente così è stato state invase dal cemento a tal segno che non si ricono- degradato ed inquinato e noi uomini ne siamo le prime scono più. Le cave, che si aprono sempre più numerose, vittime. Facciamo solo qualche esempio per intender- danno lavoro, è vero, ma sbriciolano le montagne e vi ci. Una volta il cielo dell’Ossola era quello terso e pu- producono squarci e ferite che non si potranno più ri- rissimo di montagna; oggi spesso è ricoperto da un velo marginare. Molte specie di mammiferi e di uccelli sono di fumo e di esalazioni gassose provenienti dagli stabili- scomparse o in via d’estinzione per l’inquinamento del- menti industriali. Un tempo le montagne ossolane era- l’atmosfera, dell’acqua e del suolo. E l’elenco potrebbe no ricche di acque limpidissime scorrenti in superficie; continuare.

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L’acqua e la pietra Aldo G. Roggiani e Marco Cattin

“..Sai tu Giovannino, dove si trova la più grande casca- che accomoda colle stesse sue mani sul carro degli ap- ta delle Alpi?...precisamente in Italia”. ”Possibile!” esclamo’ pestati il corpo della figlioletta, faranno sempre mag- Giovannino. ”Di qual cascata intendi parlare? ” giore impressione di tutte le più belle descrizioni del- ”Oh bella! della italianissima cascata della Toce. l’Universo.” Essa mi richiama uno dei più deliziosi viaggetti alpini ch’io L’ambiente ossolano è laboratorio naturale dove le rocce m’abbia mai fatti; e se volete che ve ne intrattenga... ” che affiorano sono prevalentemente gneiss2 meglio co- ”Si, si”; dissero in coro gli astanti, ed anche Giovannino si nosciute come beole3 e serizzi4: le prime sono disposte pose in silenzio ad ascoltare. (A. Stoppani,1914) in strati verticalizzati e le seconde in strati variamente inclinati5; meno diffusi sul territorio sono i marmi6 ed L’acqua e la pietra rappresentano un binomio indisso- i graniti7, rocce pregiate utilizzate per edifici di interes- lubile per il territorio ossolano, elementi costitutivi del se storico artistico. paesaggio, da cui il naturalista trae spunti di riflessione Le rocce appartengono alle falde di ricoprimento8, pie- e che rappresentano allo stesso tempo risorse sfruttabi- ghe a grande scala9, formatesi nel corso dell’orogenesi al- li per gli abitanti. pina10 che hanno influenzato la morfologia delle valli11. Difficile dire quale sia la più importante ed a quale di esse si debba la progenitura dell’impronta ossolana dato L’altro elemento caratterizzante il nostro territorio, che in tempi geologici l’una ha prevalso sull’altra con l’acqua, allo stato solido mediante i ghiacciai ha scava- alterne vicende. to la roccia sino a metterne in luce gli strati più anti- L’acqua che costituiva il magma originario poi cristalliz- chi e precedenti all’orogenesi alpina.12 L’erosione ha in- zato in granito e successivamente divenuto gneiss1 op- ciso sul fondo vallivo salti morfologici con notevoli di- pure la roccia che i ghiacciai modellarono nel Quater- slivelli che percepiamo se solo percorriamo la val De- nario? vero13 e la val Formazza14; ciò a testimonianza delle so- Cerchiamo insieme, guardandoci attorno, i segni del- ste che si sono susseguite alle fasi di ritiro dei ghiac- l’acqua e della pietra descritti minuziosamente da atten- ciai, e mirabilmente sottolineato dalle cascate, fra tutte ti osservatori quali Stoppani. quella del Toce così ben descritta nel racconto seguen- La preoccupazione del nostro era di sublimare la scien- te15: “La scena ha qualche cosa di solenne. Un immenso za e farla apparire di pari bellezza della poesia; ciò d’al- anfiteatro di rupi nere si spiega davanti all’attonito sguar- tro canto traspare da queste righe: “...Un libro che ab- do. Le pareti ignude di granito nero ond’è formato, spar- bia per oggetto la cognizione del mondo fisico non ca- se di vaste chiazze di gialliccio e di bianco, sono sormonta- verà una lagrima, non farà perdere un minuto di son- te a destra e a sinistra da due montagne ignude ugualmen- no. Tutti gli incanti della natura non valgono un affet- te e nere, ma rotte, irte, dentate. L’arena di quell’anfitea- to; tutta la scienza non vale un atto generoso. Una Lu- tro, coperta d’un gran tappeto verde, è sparsa di migliaia cia inginocchiata ai piedi dell’Innominato; una madre di massi, di rupi prismatiche, a spigoli vivi, strappate dai

Formazza: Cascata della Toce.

87 secoli alle montagne d’intorno, e buttate a giacere alla rin- avuta la formazione di zone di terrazzi panoramici con fusa. Il circo di fronte presenta, in coincidenza colla casca- gli insediamenti popolosi16 o ameni alpeggi frequentati ta, quasi una specie di grande scollatura, per cui l’occhio nel periodo estivo17. s’inoltra liberamente verso lo sfondo della valle. Ove quello Analoghi aspetti e fenomeni morfologici risultato di sfondo si apre, una serie di rupi a dorso di montone s’avan- azioni erosive, caratterizzano le valli degli affluenti mi- za per gradi sulla destra della valle, a modo di scena, e si nori, alcune di queste sono sospese rispetto alla prin- arresta a breve distanza della sinistra. Qui un’altra rupe, cipale, dove è avvenuta una più intensa attività erosiva: ugualmente arrotondata, le fa riscontro. Al suo piede sor- infatti nelle zone di confluenza tra valle principale e se- ge l’albergo, edificato sull’orlo dell’abisso. Un vano, un’in- condaria si ergono ripidi gradini lungo i quali spumeg- taccatura, quasi un canale aperto da umano scalpello, in giano pittoresche cascate.18 seno a quella barriera di rupi, apre l’unica via alla Toce, che giunta d’un tratto sull’abisso, vi si precipita senza fre- L’erosione del ghiaccio a scala minore ha prodotto inol- no, orribilmente muggendo, con un salto di 142 metri, tre le rocce montonate, gobbe rocciose sagomate se- formando una nappa della larghezza di 26 metri, e chi sa condo la direzione del movimento glaciale, arrotonda- quanto larga nelle piene maggiori. La rupe, da cui si preci- te sopra e sul lato rivolto a monte, scabre sul lato a val- pita il torrente, non è propriamente a picco, ma forma una le19 dove spesso l’operazione di levigatura pone in rilie- parete un pò inclinata, e ripartita in molti scaglioni, quasi vo minerali di dimensione pluricentimetrica sulla mas- ciclopica scalea, sui fianchi della quale cresce qualche scar- sa rocciosa più erodibile. so filare di abeti. Il torrente, già diviso in più cascate dove il salto incomincia, si suddivide, scendendo, in mille sva- Le valli ossolane scavate dai ghiacciai hanno notoria- riatissime cascatelle. Quale batte la rupe in forma di bian- mente il profilo trasversale ad U, dovuto all’erosione co fiocco e rimbalza, divisa in un nembo di spruzzi; qua- lungo tutta la sezione del ghiacciaio, avente forma se- le si lascia sdrucciolare giù giù, lieve lieve, sulla roccia levi- micircolare determinata dal minore attrito durante lo gata, come un filo di bambagia, o come nastro ondeggian- scorrimento della massa di ghiaccio20. te di seta bianca; quale si sparpaglia, disegnando una rete La successiva erosione fluviale ha ulteriormente scavato a maglie d’argento, o cento tessuti diversi che di continuo valli strette ed incise dette forre21, spesso favorite dalla si scompongono e si rifanno. Grado grado scendendo, spin- presenza di fratture, zone di alternanza di strettoie22 e di te ora a destra ora a sinistra, s’incontrano, si azzuffano, si larghe valli a U. accapigliano. Ma la cascata è una; e a vederla svolgersi, e rimutarsi sul fondo nero o bigio di quella fantastica sca- L’associazione di acqua e ciottoli, lungo i corsi d’acqua, lea, la non si potrebbe paragonare che a una gran chioma in vorticosi mulinelli ha invece modellato fori di va- bianca, disciolta e agitata dal vento. Una nebbia leggiera, ria grandezza, circolari o a sezione ellittica ricavati nella a guisa di aureola perenne, si leva sull’abisso; e quando il roccia viva sino ad una profondità di 10 metri ed anche sole dardeggia, l’iride vi si posa tranquilla, immobile, vero più laddove sono presenti rocce erodibili o fratturate, si simbolo di pace in tanta guerra.” tratta delle marmitte dei giganti.23

L’erosione ha anche prodotto valli trasversali che si dira- Simili a marmitte ma di origine mista glaciofluviale mano dal fondo vallivo del Toce in direzione Est Ovest, sono i celeberrimi orridi di Uriezzo formatisi in un dove dalle spianate e dai più dolci pendii degli ampi settore vallivo dove copiosamente si raccoglievano le ac- bacini superiori esse vanno restringendosi sempre più que di scioglimento dei ghiacci che si distribuivano sul- verso il basso facendosi via via anguste. Il risultato sono l’imponente salto morfologico tra Premia e Verampio. salti morfologici che conferiscono il tipico profilo, tra- sversale alla valle, a cannocchiale, che ha favorito la suc- L’acqua, oltre a scavare la roccia, svolge anche un’azio- cessiva deposizione di morene. In conseguenza a ciò si è ne solubile sulle rocce carbonatiche24, sia in superficie25

88 che in profondità26 determinando i fenomeni carsici.27 anche ingenti di materiali (morene e massi erratici) e gli Tali formazioni sono pressoché sconosciute, sia perché agenti atmosferici degradano in continuazione la superifi- sul territorio ossolano sono presenti prevalentemente cie mentre il fondovalle si va progressivamente innalzan- rocce silicatiche, sia perché localizzate in zone difficil- do sempre più (risulta da documenti certi, ad esempio, che mente accessibili; sono comunque ampiamente studia- il suolo di Domodossola (conoide di deiezione del torren- te da alcuni gruppi speleologici28. te Bogna) si è innalzato, ad opera di quel corso d’acqua, di ben quattro metri dal 1627 in poi), l’Ossola va, in defi- Consideriamo ancora che in Ossola abbondano i depo- nitiva, lentamente assumendo l’aspetto attuale.”31 Ghiac- siti morenici, risultato della deposizione finale di mas- ciai di estensione minore ormai estinti, hanno deposi- se glaciali ancora attive29, che hanno subito arretramen- ti di materiale che vengono lentamente colonizzati dalla ti consistenti negli ultimi quarant’anni. Flussi e riflussi vegetazione ed antropizzati32; difficile riconoscere l’an- come veniva osservato un tempo: “I ghiacciai del Mon- tico passaggio della massa glaciale. te Bianco e del Monte Rosa, i quali verso il 1811, si era- no ritirati in angusti confini, progredirono rapidamente Solitari testimoni di antichi sfarzi glaciali sono i mas- fra il 1812 ed il 1818. Un sensibile regresso si manife- si erratici33, tra di essi i più conosciuti erano quelli del stò nel 1824, seguito da una fase in cui rimasero staziona- Passo che hanno rappresentato il singolare ed obbliga- ri, poi da un movimento in senso inverso nel 1836 e nel to passaggio per accedere alla valle Formazza, dando il 1837. Un nuovo regresso fu segnalato dal 1839 al 1842; nome alla frazione, finché sono stati rimossi per l’allar- poi avanzamento irregolare fino al 1854, che corrisponde gamento della strada. In altri casi gli erratici sono ad- al massimo sviluppo raggiunto da tali ghiacciai. D’allora dossati ai versanti e correlabili a frane postglaciali34; di in poi vi fu una generale retrocessione, la quale durò fin tale fenomeno si ha ampia testimonianza in numerose verso il 1878, per accentuarsi negli anni successivi. Siffat- località35 dove le case sono spesso costruite tra un masso te variazioni non si verificarono simultaneamente in cia- ciclopico e l’altro in perfetto mimetismo. scuno, ma a breve intervallo. Certo è che nel 1890 ben 55 “Tra i luoghi più celebri, come esempi della rovina meteo- ghiacciai della Svizzera e tutti quelli del Monte Bianco e rica, non esito a porre la valle del Toce, specialmente nel del Monte Rosa erano in aumento.”30 tratto da Pontemanlio a Foppiano (Valle Antigorio). I fianchi della valle, quasi a picco per centinaia di metri “Quattro le glaciazioni che si sono succedute nei tempi più e sorgenti da gigantesche scarpe di detrito, rinchiudono la recenti (Era Quaternaria); l’ultima (Wurm, della durata pianura alluvionale del Toce, dalla quale, sul fondo ver- di 90.000 anni ed intervenuta 560.000 anni or sono) la- deggiante, si spiccano enormi monoliti di forme prismati- scia il passo alle potenti fiumane che, deposta allo sbocco che, e in tanta quantità, che destano lo stupore del vian- delle valli la violenza propria del corso montano, si ada- dante. Alcuni fra questi sono di origine glaciale, ossia mas- giano nel piano dando inizio alla pianura alluvionale co- si erratici, ma la maggior parte ruinarono dalle pareti la- struita dalla Toce e dai suoi affluenti e che si estende piat- terali, come lo dimostra l’eguaglianza mineralogica della ta ed uniforme sino al bacino del lago Maggiore. Con la roccia in posto. Molti di cotali massi hanno più di mille scomparsa graduale dei ghiacciai si attiva in particolare la metri cubi di volume. Uno torreggia fra gli altri, che por- costruzione della piana dell’Ossola. L’aspetto assunto dal- ta al di sopra gli avanzi di una vecchia costruzione, forse la regione è del tutto nuovo: lisciate le irregolarità dei fian- una torre per segnalazioni ottiche; un altro si erge acumi- chi montuosi, conservano i loro aspri contorni solo le cime nato di fianco alla via, e mi preme di qui notarlo, perché che emergono dalla distesa ghiacciata mentre continuo è lo credetti altra volta di origine erratica.”36 il deposito di sedimenti alluvionali operato dalla Toce; i Accumuli di altra origine sono da porre in relazione con ghiacciai hanno edificato ed abbandonato cumuli talora l’azione incessante del gelo e disgelo che opera una di-

Valle Antigorio, gli orridi di Uriezzo.

90 struzione lenta ma incessante, come si può osservare per lati insediamenti ossolani sono localizzati sulle conoidi, il monte Cistella, la cui vetta è formata da un affastel- evitando così il fondovalle frequentemente oggetto di lamento caotico di massi di gneiss. inondazione, e scartando la possibilità di insediarsi nel- le aree montane i cui versanti sono spesso molto acclivi. Gli accumuli37, conseguenza di eventi franosi, hanno “Sulla potenza della coltre alluvionale, senza dubbio note- anche sbarrato i corsi d’acqua con formazione di spec- vole anche nelle parti più ristrette della valle, sarà oppor- chi lacustri antichi38 o recenti così come documentato: tuno ricordare che gli schemi stratigrafici che si riferisco- “Frequenti sono in montagna gli esempi di laghi formati- no ad una serie di pozzi trivellati in questi ultimi decenni si in seguito a sbarramento della valle. Nella Val d’Ossola per la ricerca e la cattura delle acque da utilizzare a sco- è celebre il Lago di Antronapiana, determinato il 27 lu- po industriale, ci hanno fornito dati del massimo interesse: glio 1642 da una spaventosa frana, che, staccatasi dal vi- uno di essi, aperto in territorio di Villadossola in materia- cino Monte Pozzoli, si gittò con orrendo fracasso attraver- le depositato alla confluenza Ovesca-Toce, ha oltrepassato so la valle, rimontandola in parte dal lato opposto. In po- i duecento metri di profondità senza raggiungere la roccia chi minuti fu seppellito quasi tutto il paese di Antrona- di fondovalle.43” piana, con l’eccidio di 150 persone e di numerosi armen- ti. Impedito così il passo al torrente Troncone, le acque si Abbiamo sin qui osservato quale sia il contributo del- accumularono sino al sommo della nuova diga, forman- l’acqua nella morfologia del nostro territorio. Frequen- do un bacino quasi circolare di circa tre chilometri di cir- temente tale azione avviene al disotto della superficie cuito, nel quale ogni tanto ancor precipitano nuovi massi, terrestre poiché l’acqua segue un percorso nascosto e che si distaccano dalla cicatrice del Monte Pozzoli, ancora non risolvibile, verso le profondità della terra. così fresca e ben visibile che non si direbbe vecchia di 257 anni! La massa franata è tanta che richiede per attraver- A causa di questa circolazione gli elementi utili si con- sarla una buona mezz’ora di rapido cammino tra larici ed centrano a costituire risorse minerarie economicamen- abeti secolari, sporgenti fra i macigni accatastati. E’ da no- te sfruttabili. Infatti l’Ossola fu in passato luogo pri- tare però che una parte di questo detrito appartiene a de- mario per le coltivazioni minerarie con l’estrazione di positi morenici preesistenti. Analoga è l’origine del piccolo minerali auriferi ed argentiferi. Di questa consuetudi- e poetico Lago d’Andromia, sotto la vetta del Pizzo d’Al- ne sono testimonianza i nomi delle compagnie minera- bione, pure in Val d’Ossola.” 39. rie dai suoni inglesi44 pronti a ricordare epopee estratti- Alcuni di essi sono ormai estinti40: ne sono testimo- ve che ebbero luogo al di là dell’Oceano in giacimenti nianza le torbiere o gli orizzonti carboniosi o metani- ben più estesi, in quanto quelli ossolani rappresentaro- feri che caratterizzano gli alpeggi di Veglia o Devero. I no un laboratorio di prova. resti fossili quali pollini, semi, foglie certamente lega- La nostra zona viene compresa nella “provincia Aurifera ti a deposizioni lacustri di breve durata nel tempo, han- delle Alpi Occidentali”45, areale molto esteso che deno- no registrato le caratteristiche dell’ambiente circostante ta un fenomeno imponente che ha interessato le Alpi e ed erano reperibili sul greto del fiume Melezzo Orien- che si è sviluppato indipendentemente dalle formazioni tale in valle Vigezzo41. rocciose che racchiudono i filoni.46

Anche l’acqua dei fiumi ha contribuito alla formazione La storia più recente è comunque a sua volta caratteriz- di numerosi accumuli fluviali in forma conoidale42, poi zata da ritrovamenti che hanno contraddistinto e reso con il tempo completamente urbanizzati. Gli insedia- assai significativo il territorio ossolano per precise e par- menti, posti allo sbocco dei torrenti con la pianura, sto- ticolari scoperte mineralogiche. In particolare va segna- ricamente risultarono vulnerati dalle piene; le arginatu- lata la presenza di minerali delle terre rare47 da sempre re sono chiari esempi di tentativi da parte dell’uomo di ritenuti assai poco frequenti, se non di eccezionale ri- opporsi alle forze della natura. D’altronde i più popo- trovabilità: alcuni sono presenti in pegmatiti come la

91 Valle Anzasca: la miniera d’oro della Guia. tanteuxenite, euxenite, tapiolite, aeschynite, vigezzi- rate, con rocce di varia genesi e composizione, le acque te, fersmite od anche in fessure come monazite, xeno- si arricchiscono in sali minerali e tornano a giorno in timo, sinchisite, gadolinite, allanite. polle sorgive.51 Da evidenziare anche specie rare come la roggianite48, Le acque minerali, rappresentano ab illo tempore una la taramellite e la wenkite, queste ultime contenenti ba- ricchezza più duratura di quella dei giacimenti auriferi rio, presenti nella Cava di Candoglia fornitrice del mar- cui spesso sono geneticamente strettamente correlate52. mo utilizzato per la costruzione del Duomo di Mila- La conoscenza delle acque minerali e delle loro proprie- no. Interesse assai considerevole ha assunto la zona del tà curative risale alla seconda metà dell’Ottocento, pe- Monte Cervandone (Valle Antigorio – Formazza) dove riodo in cui maturò la convinzione presso gli industria- si scoprono con discreta continuità minerali di fessura li che le acque oltre al valore curativo potevano costitui- ad alto contenuto di arsenico49. Essi hanno nomi come re fonte di reddito53. Solo dopo il 1906, anno dell’aper- asbecasite, cafarsite, chernovite, agardite, strashimi- tura del Sempione, avvenne un salto qualitativo anche rite, gasparite, cervandonite, fetiasite, paraniite – in questo campo. (Y)50. Di tutti i minerali sinora citati alcuni sono nuo- Venivano ad esempio utilizzate acque arsenicali presso vi ritrovamenti assoluti, che rendono unica la nostra re- le miniere aurifere dei Cani54, sorgenti con caratteri- gione. Minerali di interesse sono stati estratti durante i stiche idrochimiche differenziate, alcune delle quali pre- lavori di scavo del traforo del Sempione, completando sentano una forte acidità ed elevata mineralizzazione, l’ampia panoramica offerta. con presenza d’arsenico, ferro e numerosi altri metal- li. Queste acque confluiscono in un unico rio, il Crotto In questa lenta percolazione attraversando zone frattu- Rosso, il cui greto è coperto da un deposito ocraceo for-

92 matosi a seguito della deposizione degli ossidi idrati di lia, come acque da tavola e medicinali. Esse sgorgano da alcuni metalli in soluzione, in particolare ferro. un vivo masso di gneis micaceo, sorgente quasi isolato nel Il dato più evidente che emerge dalle analisi effettuate letto del fiume. Alcuni anni fa non si conosceva che un’uni- nel marzo 1993 dal Laboratorio Provinciale di Igiene e ca sorgente; ma per mezzo di scavi praticati sapientemente, Profilassi di Novara è il valore di pH (2,42 unità), che fra gli abbondanti stillicidi che irrorano la roccia e la tin- mette in evidenza una fortissima acidità minerale. gono di chiazze gialle e rugginose, si riuscì ad aumentare Tale valore determina una forte capacità di mineralizza- l’efflusso della prima e a trovarne parecchie altre dotate di zione delle acque, a spese delle rocce con le quali ven- diverse proprietà. Le principali sono quattro, coi nomi di gono in contatto, e determinano la dissoluzione di me- Luigia, Ausonia, S. Lorenzo e Adelaide, le quali distanti talli quali alluminio, ferro, manganese, zinco, che costi- di solo pochi metri l’una dall’altra, contengono tutte qua- tuiscono la parte più importante dello spettro cationi- si gli stessi sali, ma in dosatura assai diversa. Questo fat- co. Sono da sottolineare le concentrazioni molto eleva- to, unito a quello di una temperatura fresca (da 5 gradi a te raggiunte da questi metalli in soluzione, sino a 700 11 gradi C.) farebbe supporre che la mineralizzazione del- mg l-1 per il ferro e 140 mg l-1 per l’alluminio che, uni- le sorgenti non avvenga ad una grande distanza dal loro ti alla forte acidità dell’acqua, rendono necessaria la sua sbocco, ovvero che durante il loro percorso sotterraneo, spri- somministrazione secondo precise prescrizioni medi- gionandosi in parte quel gran solvente che è l’acido carbo- che. Sono presenti inoltre molti metalli in concentra- nico (che nelle fonti di Bognanco è straordinariamente ab- zione minore, quali arsenico, piombo, nichel. La con- bondante) alcuni sali si depongano qua e là parzialmente, ducibilità risulta di 4150 µS cm-1, pressoché interamen- ed altri totalmente” 56. te dovuta ai solfati, mentre fra i cationi prevalgono ferro e alluminio, seguiti da calcio e magnesio. Le cause del- Le sorgenti che costituiscono le Terme di Crodo sono la forte acidificazione e mineralizzazione delle acque è ubicate sul fianco destro dell’alta Valle del Toce, nella stata identificata in uno studio55 finalizzato alla valuta- zona di radice dei grandi ricoprimenti alpini. Risulta- zione delle possibilità di utilizzo terapeutico dell’acqua, no quattro sorgenti denominate Fonte di Valle d’Oro57, nell’azione di dissoluzione delle acque sotterranee sul- Cistella58, Lisiel59 e Cesa60. Le prime due sgorgano entro le arsenopiriti presenti nelle rocce, che fanno parte del il Parco delle Terme; la terza all’estremità settentriona- complesso dei minerali auriferi estratti dalla miniera. In le del parco, al piede dell’ampia conoide alluvionale del particolare la forte acidità è determinata dal processo Rio Alfenza e la quarta sgorga nei depositi morenici a di ossidazione dei solfuri, uno dei costituenti principa- grossi blocchi che fasciano il fianco sinistro del Rio Emo. li delle piriti, a solfati.

Iniziò così lo sfruttamento di queste acque che veni- vano captate ed, opportunamente diluite, imbottigliate per cure orali e per anemie; inoltre si effettuarono bagni per cure dermatologiche con ottimi risultati, mentre di pari passo analisi chimiche effettuate presso centri uni- versitari documentavano le proprietà terapeutiche della sorgente. Con grande soddisfazione gli amministratori locali possono finalmente captare l’acqua della sorgen- te arsenicale e convogliare mediante fanghidotto a valle per sviluppare un centro di cure termali.

Così pure si racconta che: “Le acque minerali di Bognan- co (Val d’Ossola), da parecchi anni fatte conoscere in Ita- Cristallo di quarzo.

93 Non solo acque minerali in Ossola ma termalismo, fatti l’acqua sgorga ad una temperatura che va dai 42,3 considerato nel suo corretto significato quindi acquae Co ai 42,5 Co. L’acqua è stata sottoposta alle analisi pre- calidae, che vennero ritrovate anche durante il perforo viste dalle normative vigenti, in base alle quali è stata ri- della galleria del Sempione e furono di ostacolo alla rea- conosciuta batteriologicamente pura con caratteristiche lizzazione dell’opera. Ne dà notizia il Malladra: “Que- ipertermali, ricca di sali minerali, solfato calcica. Il co- st’acqua venne scoperta durante lo scavo del traforo del mune di Premia per valorizzare questa risorsa natura- Sempione. Attorno alla progressiva 4410 dello scavo, dal le sta realizzando un centro termale dove poter sfrut- versante italiano, in un tratto lungo solo 170 metri si con- tare gli effetti terapeutici di queste acque. Dalle anali- tarono ben 40 sorgenti di diversa portata, di varia natu- si eseguite risulta infatti utilizzabile con metodiche di ra, di diseguale temperatura e regime che crearono notevo- balneoterapia e fangoterapia, per la cura di patologie di li problemi rallentando i lavori. Un’ ulteriore difficoltà fu pertinenza reumatologica, ortopedica, traumatologica e dovuta al fatto che queste acque erano ad altissima pressio- dermatologica63. ne. La prima venuta d’acqua nel tunnel si verificò il gior- no 1 settembre 1902 quando lo scavo stava attraversando Sempre l’acqua grande risorsa ossolana è stata ogget- un banco di calcare saccaroide. Altre sorgenti furono in- to dai primi decenni del Novecento di sfruttamento contrate ai 9110 m. di avanzamento e avevano una tem- per scopi idroelettrici mediante la realizzazione di in- peratura superiore ai 40° C; ed altre ancora furono inter- frastrutture quali dighe per lo più realizzate su bacini cettate dal fronte d’attacco nord, quello sul versante sviz- lacustri preesistenti, in zone di alta montagna. Si trat- zero e furono tali da dover interrompere l’avanzamento. ta di zone di circo glaciale quindi di ampi bacini su- Gli scavi seppur con difficoltà si conclusero ma restava da periori delle valli che come si è già detto in preceden- capire da dove provenisse tutta quest’acqua. Si eseguiro- za vanno restringendosi sempre più verso il basso fa- no così prove con la fluorescenza, una sostanza che colora cendosi via via anguste e dove sono state posate con- l’acqua e permette di seguirne il percorso. La sostanza fu dotte forzate e canali di derivazione. Tutto ciò ha de- messa nel lago d’Avino, nel torrente Diveria e nel Caira- terminato il cambiamento dell’aspetto di molte vallate. sca, dando però esito negativo, non era da questi che l’ac- La ricca documentazione fotografica raccolta nel libro qua si infiltrava fino a raggiungere il tunnel. Un’altra ipo- “Girola-un’impresa sulle Alpi”64 descrive più di qual- tesi era che l’acqua penetrasse nel terreno dalle aree che so- siasi altra cosa quello che fu il fermento di quegli anni vrastavano la galleria, una zona quella del lago d’Avino, dell’idroelettrica italiana. Per la società dell’ingegnere della valle Vallè, del Passo delle Possette simile alla regio- Ettore Conti65, l’impresa Girola e l’arch. Piero Porta- ne del Carso con profonde incisioni, imbuti, avvallamen- luppi costruiscono le centrali di Verampio, Crego, Val- ti e depressioni” 61. do, Sottofrua, Cadarese e Crevoladossola. Conti e Por- Ed ancora ai Bagni di Craveggia62 di cui si dice: “La taluppi intesero fin dall’inizio questa rete di splendide sorgente termo-minerale detta dei bagni di Craveggia, centrali elettriche come gioielli che esprimevano lumi- che sgorga da rupi di gneiss fondamentale in Valle Onser- nosamente l’energia in loro accumulata. none, e segna un punto di confine fra l’Ossola e il Canton Dalla valle Antigorio Formazza lo sfruttamento idroe- Ticino. L’efflusso è di 12 litri al minuto, e la sua tempera- lettrico si è esteso ad altre valli che presentano confor- tura si mantiene costantemente a 30° C., benchè a 1000 mazione morfologica analoga e si possono individuare metri circa sul livello del mare. Era nota sino dal 1406, dei sistemi idroelettrici omogenei anche in valle De- sotto il nome di flumen acquae calidae; l’Amoretti la de- vero, val Bognanco, valle Antrona, val Divedro, Cre- scrisse sul finire del secolo scorso.” 63 vola-Domodossola-Pallanzeno-Piedimulera-Ornavas- Ed ai giorni nostri a Cadarese di Premia è stata rinve- so, valle Anzasca. nuta una sorgente di acqua calda durante un sondaggio Di realizzazione recente sono altri impianti quali quel- geotecnico eseguito dall’ENEL nel 1992. E’ la tempe- lo di Pieve Vergonte con derivazione dall’Anza a Battig- ratura la caratteristica sorprendente di questa fonte, in- gio e centrale in caverna a Fomarco di Pieve Vergonte,

94 Alta Valle Formazza: i laghi Kastel e Toggia. e quello di Varzo con presa sul Diveria a Paglino e cen- ore di minore richiesta, in genere quelle notturne e fe- trale in caverna a Varzo. stive, per restituirla nei momenti di maggiore domanda elettrica. Purtroppo sembra che non verrà realizzato per Negli anni 90 venne anche presa in considerazione mancanza di fondi. l’ipotesi di costruire nel comune di Premia, in locali- tà Piedilago un impianto per la produzione di energia Sempre relativamente allo sfruttamento dell’acqua idroelettrica del tipo ad accumulazione mediante pom- come forza motrice in Ossola esisteva una rete di opifi- paggio a ciclo giornaliero. Il progetto prevedeva la pre- ci66 e strutture produttive “andanti ad acqua” come mu- senza di due serbatoi, quello superiore esistente (bacino lini, molinetti67, segherie68, ferriere. di Agaro), mentre quello di valle un bacino artificiale L’uso dell’energia idraulica per mettere in moto “ruote ricavato mediante scavi ed arginature realizzate in sini- ad acqua” che potevano azionare macine, magli ed altri stra orografica del fiume Toce, nella Piana di Pissaro. La meccanismi semplici destinati alla trasformazione e la- particolarità di questo impianto sarebbe stata la possibi- vorazione dei prodotti, risale ad epoche molto antiche, lità di accumulare energia (costituita da volumi d’acqua ma la effettiva diffusione di tali strutture si fa risalire al trasferiti dal serbatoio inferiore a quello superiore) nelle periodo medievale.

95 ticale in grado di trasmettere il moto alle macine di pie- tra poste superiormente.

La presenza dell’acqua è stata determinante per lo svi- luppo degli insediamenti umani infatti oltre a essere fondamentale per l’approvvigionamento idrico, la vici- nanza di corsi d’acqua poteva avere funzioni difensive e favorire lo sviluppo delle comunicazioni e dei com- merci. D’altro canto, alluvioni e scoscendimenti parte- ciparono a rimodellare nel corso dei secoli la mappatu- ra degli insediamenti, trasformando il paesaggio e co- stringendo l’uomo a escogitare tecniche per proteggere le abitazioni e le zone coltivate.

Anticamente le tecniche d’approvvigionamento idri- co erano concentrate in pochi punti e l’accesso all’ac- qua potabile era assicurato da pozzi a carrucola e da ci- sterne d’acqua piovana soprattutto in zone di monta- gna lontane da corsi d’acqua72. Quando la gestione del- l’acqua divenne un compito dei comuni essi si dotaro- no di condotte che rifornivano fontane e lavatoi pub- blici e privati. Sistemi di approvvigionamento idrico moderni furono

Valle Antigorio, località Maiesso: le erosioni del fiume Toce. realizzati nei centri maggiori nella seconda metà del XIX secolo e con qualche ritardo sorsero anche canaliz- Il mulino ad acqua69, è stato per lunghissimo arco di zazioni per lo smaltimento delle acque di scarico spes- tempo, una struttura di vitale importanza per la popo- so realizzate in pietra ollare chiamata anche localmen- lazione; di piccole dimensioni, posto in vicinanza di te con il termine di laughera73 o laveggio ed attualmen- fiumi, rii e torrenti, di cui captava le acque median- te utilizzata per realizzare piastre per riscaldare e cuoce- te canalizzazione scavata direttamente in roccia o in le- re le vivande. La nostra pietra era molto conosciuta: “In gno, macinava70 segale, castagne71, e assicurando le ri- Piemonte nella val d’Ossola a Vagna (e in val Bognan- sorse alimentari alle popolazioni che ne usufruivano. co) si ha una serpentina detta ollare di colore variabile dal Si possono distinguere due tipi fondamentali di muli- plumbeo al verde cupo, è facilmente lavorabile al tornio ni, a seconda della posizione della ruota idraulica che li e suscettibile di lastratura: se ne fanno tubi per fumo, per azionava; il mulino orizzontale, con ruota motrice oriz- cessi e per condutture d’acqua, come le condutture di Pal- zontale, adatta a sfruttare portate d’acqua limitate, pro- lanza, Acqui e S. Remo. A tali usi serve pure la serpenti- prie dei regimi idraulici torrentizi, e il mulino “vertica- na d’Oira (Nonio) sul lago d’Orta, detta impropriamente le”, con ruota motrice verticale mossa dalla caduta del- marmo d’Oira. I tubi di serpentina di Vagna possono ave- l’acqua, presente sui corsi d’acqua a portata costante e re lunghezza di m. 1.20, con diametro interno da 0.035 a copiosa. Nelle valli ossolane, visto il regime torrentizio 0.28, e collo spessore delle pareti da 0.015 a 0.03. La va- dei diversi corsi d’acqua, si è sempre preferito il mulino rietà d’Oira è alquanto inferiore a quella di Vagna perchè con ruota orizzontale formata da 14-16 pale a cucchiaio trovandosi intersecata da numerose vene di quarzo è otte- realizzate in legno di quercia e saldate ad un albero ver- nibile solo in pezzi di limitate dimensioni.” 74

96 Le canalizzazioni a cielo aperto non sono così diffuse verificati una serie di fenomeni di carattere torrentizio nel nostro territorio come nel vicino cantone Vallese lungo le linee di impluvio secondarie, i quali hanno de- povero di precipitazioni dove si svilupparono fin alme- terminato sia la riattivazione delle attività erosive che no dal Medioevo complessi sistemi d’irrigazione chia- fenomeni di trasporti in massa in alveo; lo sviluppo di mati “bisses” in francese, “suonen” in tedesco. tali attività ha indotto dapprima la parziale occlusione di diverse tombinature delle sedi viarie vallive e, succes- Le “bisses” vallesane sono documentate fin dall’XI se- sivamente, l’invasione di alcuni tratti di arteria viaria da colo, altri sistemi d’irrigazione medievali sono stati sco- parte di materiali solidi e portate liquide. perti nei Grigioni e in Ticino. Nelle regioni più ricche Nel contempo, l’incremento di deflusso nei collettori di precipitazioni, i sistemi d’irrigazione servivano inve- principali, favorito anche dallo scioglimento delle nevi ce a fertilizzare prati e campi di grano. in quota, ha innescato i fenomeni di dissesto che han- no interessato le sponde sia naturali che artificiali, de- Le precipitazioni in Ossola sono invece complessiva- terminando erosioni di sponda diffuse con inondazione mente abbondanti, se confrontate con i valori medi na- ad alta e bassa energia. Tali fenomeni sono stati favoriti zionali, perché i suoi monti, ed in particolare quelli che sia dal trasporto in massa che, soprattutto, dalla presen- segnano la linea spartiacque con il Canton Ticino ed il za in alveo di abbondate materiale alluvionale e flottan- Verbano, costituiscono, insieme ai rilievi della val Stro- te di natura vegetale. na e del bacino del Lago d’Orta, i primi ostacoli che Sempre nell’ottobre 2000 si sono verificati gravi danni le masse d’aria umide provenienti dal Mediterraneo in- alle infrastrutture viarie, con cedimenti delle carreggia- contrano, dopo aver attraversato la Pianura Padana, ri- te, asportazione delle porzioni più a rischio (tornanti), scaldandosi e raccogliendo inquinanti atmosferici. scalzamenti al piede, sifonamenti del sottofondo con L’incontro con il rilievo alpino, non mitigato dalla pre- cedimenti del manto bituminoso. senza delle prealpi, determina un innalzamento e raf- L’azione combinata tra le precipitazioni meteoriche, freddamento delle masse d’aria, con conseguenti pre- i fenomeni di ruscellamento diffuso ed incanalato, la cipitazioni, di intensità variabile a seconda della per- saturazione dei corpi detritici ha infine innescato una turbazione a determinare spesso piogge intense e pro- serie di fenomeni gravitativi delle coperture, i quali si lungate. sono materializzati con scivolamenti e di colata.

Questi fenomeni si verificano durante i massimi pri- Note tecniche maverile ed autunnale; le precipitazioni di massima in- 3 Le beole petrograficamente vengono chiamate orto- tensità e breve durata possono essere sia episodi isola- gneiss della falda Monte Rosa che ha la sua zona di ti di carattere temporalesco, sia momenti di particola- radice nella piana ossolana. I litotipi sono localizzabi- re intensità durante eventi piovosi di durata prolunga- li a Beura, Cardezza, Villadossola, Pallanzeno, alta valle ta. In questo caso possono essere particolarmente peri- Antrona. Le cave sono situate nel nucleo della larga an- colosi perché possono provocare la saturazione di terre- tiforme della zona Monte Rosa, che ha un piano assiale ni aventi un già alto contenuto d’acqua con decremento subverticale con direzione E-W. Tale zona ha subito una delle caratteristiche di resistenza e creazione di fenome- notevolissima deformazione che ha formato rocce con ni di dissesto, numerosi in passato75 e purtroppo sem- tessitura scistosa planare e fortissima lineazione, dove i pre più frequenti come nel mese di ottobre 2000 che componenti chiari formano matite lunghe una spanna hanno colpito la rete idrografica sia principale che mi- con diametro di uno o due centimetri. A Ceppo Morel- nore, manifestando importanti portate di piena dei tri- li si coltivano invece ortogneiss grossolani ghiando- butati principali (T. Diveria, T. Bogna, T. Ovesca, T. ni (Serizzo Monte Rosa) che hanno conservato qua- Anza,) e inducendo un incremento significativo del li- si perfettamente l’aspetto dell’originario granito a gra- vello del Fiume Toce. Contemporaneamente si sono na grossa. Le colorazioni sono variabili a seconda. del-

97 la grana della roccia e del contenuto in miche, si pas- co con sottili e brevi livelletti di biotite, localmente an- sa dalle beole grigie alla cosidetta pietra argentea con che solo aggregati puntiformi, detta grigio chiaro; l’al- molta muscovite. I materiali coltivati nelle vicinanze del tra con più abbondante e diffusa biotite che scurisce la Monte Calvario ed in valle Vigezzo sono ortogneiss ta- roccia, è detta grigio scuro sono coltivati come beole. bulari il cui granito originario era a grana fine, si trat- Dalla val Formazza (Serizzo Formazza), gneiss grani- ta di orizzonti verticalizzati aventi caratteristiche simili toide a grana fine con scistosità rada e poco marcata a quelli delle beole ma con minori caratteristiche esteti- biotite presente in debole quantità, roccia a fondo bian- che. Analoghi alle beole sono gli gneiss del Monte Leo- co con leggera macchiettatura nera. Viene chiamato an- ne, macroscopicamente sono molto simili alle beole più che serizzo bianco, si tratta di un bell’ortogneiss bioti- muscovitiche (beola Isorno e Favalle). tico, a tessitura generalmente occhiadina uniforme, più La quarzite di Vogogna: si tratta di una quarzite per- scuro delle beole tipiche. mocarbonifera quindi non è una vera quarzite di de- rivazione sedimentaria (derivante da arenaria molto 6 Il marmo rosa di Candoglia viene tuttora utilizzato quarzosa metamorfosata) come quella cavata a Barge per il restauro del Duomo di Milano. Nella zona di Can- Sanfront (“bargioline”). Ma si tratta di ortogneiss la- doglia è presente il banco di calcare cristallino disposto minati molto fissili, tipo beola, con colorazione verdina verticalmente nelle rocce gneissiche che limitano a Sud data dalla fengite, mentre le varietà più grigie conten- la formazione diorito-kinzigitica. La colorazione rosata gono muscovite. Chiamata degli “scisti di Fobello e Ri- del marmo è imputabile alla presenza di ossido di fer- mella” ha infatti subito un elevata deformazione essen- ro diffuso nella roccia. Purtroppo una notevole percen- do al contatto con la linea Insubrica. tuale del marmo non può essere utilizzata per la presen- za di solfuri di ferro, diffusi in piccoli noduli o in sciami 4 I serizzi petrograficamente sono noti come orto- di minutissime inclusioni; queste inclusioni alla super- gneiss della falda d’Antigorio che affiora con grande ficie delle lastre in opera negli esterni, a contatto con le estensione in valle Antigorio Formazza ed in valle Di- acque meteoriche, danno un colore rugginoso con gra- vedro. Essa è rovesciata verso verso Nord Ovest con un ve deturpazione cromatica. fronte arrotondato avente spessore massimo di 1 Km e Il marmo di Ornavasso o marmo grigio Boden. E’ si- nella zona di radice (a meridione) si assottiglia. Le buo- tuato sul versante destro idrografico della val d’Ossola, ne condizioni di affioramento sono legate al fatto che le nei pressi di Ornavasso, di fronte a Candoglia e rappre- valli tagliano la falda. La roccia è di tipo gneissico con senta la prosecuzione delle grandi lenti di calcare cri- scistosità non tanto efficace da impedirne l’uso come i stallino. materiali granitoidi cioè con taglio e successiva lucida- Il marmo di Crevola. Si tratta di marmi dolomitici fa- tura. “Serizzo” è un termine tecnico per indicare litoti- centi parte di un intercalazione metamorfica mesozoica pi che provengono da zone settentrionali della val d’Os- della falda Lebendun posta tra la falda Antigorio (inf.) sola. A seconda di dove è posizionata la cava all’inter- e la falda Monte Leone superiormente dolomie cristal- no della falda si estraggono litotipi diversi: quelli me- line saccaroidi viene estratta a Crevola in val d’Ossola ridionali presentano una foliazione più fitta. I litotipi e commerciata con il nome di “marmo di Crevola”. La tipo beola sono nella zona di radice oppure vicino al roccia è di colore fondamentalmente bianco grigiastro margine della falda a contatto con le falde sottostanti o contiene diffusi letti di mica flogopite di colore mar- sovrastanti. I materiali estratti provengono: da Crodo rone violaceo, e viene cavata in due tipi fondamentali (Serizzo Antigorio), ortogneiss a grana media con tes- a fondo grigio ed a fondo bianco; in ambedue i tipi la situra occhiadina, talora porfirica, ricco di biotite vie- presenza della mica flogopite variamente distribuita vie- ne anche detto serizzo scuro; da Varzo e dintorni, in ne a creare un interessante effetto cromatico d’assieme. val Divedro (Serizzo Sempione o “Granito” di Varzo). La dolomia di Crevola d’Ossola, in confronto ai calca- Si possono considerare due varietà una a fondo bian- ri saccaroidi, presenta una maggiore resistenza all’azio-

98 ne chimica degli agenti atmosferici oggi particolarmen- sio, vene allungate di granito a struttura grossolana con te aggressivi nelle grandi città industriali. In dolomia di grandi lamine di mica biotite, “catene” che terminano Crevola è stato realizzato il rivestimento dell’Arco del- assottigliandosi nella massa del granito. Il granito di la Pace a Milano. Montorfano di colore nettamente bianco punteggiato di nero per la presenza della mica biotite. L’omogeneità 7 Il granito di Baveno affiora con un complesso roc- della roccia è rotta dalla presenza di zone ricche di quar- cioso largo circa tre chilometri, sviluppato in direzione zo o di feldspato; si trovano numerose inclusioni di pic- NE-S0 per circa 10 km sulla riva piemontese del Lago coli frammenti di rocce metamorfiche scistoso-cristalli- Maggiore. La massa granitica è compresa tra gli gneiss ne che conservano ancora i loro caratteri originari. e gli scisti della cosidetta “serie dei Laghi” a Nord, si Il granito verde di Mergozzo appartiene alle rocce dio- trova circoscritta dalle alluvioni quaternarie dei fiumi ritiche, affiora sulle pendici nord-occidentali del Mon- Toce e Strona. Il granito di Baveno si presenta in due torfano. E’utilizzato per scopi decorativi; le macchioli- colorazioni diverse: rosa e bianco. La roccia graniti- ne verdi diffuse sono dovute a clorite; i granuletti viola- ca di Baveno ha una granulazione media ed uniforme, cei, meno frequenti, sono costituiti da quarzo. Il “gra- ed è caratterizzata da una elevata compattezza, in alcu- nito” nero di Anzola, è classificato come granulite me- ne zone l’omogeneità della roccia è interrotta dalla pre- tamorfica di colore nerastro; veniva cavato presso Anzo- senza di geodi che raggiungono anche parecchi decime- la ed apprezzato per le notevoli qualità tecniche ed este- tri di diametro, ricoperte di eleganti e ricche cristallizza- tiche tuttavia la presenza di inclusioni diffuse di solfuri zioni di varia natura. Nella massa granitica sono presen- portavano alla formazione di ossidi di ferro che in for- ti anche concentrazioni di minerali di ferro e magne- ma di macchie gialle deturpavano le superfici lucidate.

Lo scoglio granitico del Montorfano arrotondato dai ghiacciai.

99 Note 1 con il metamorfismo durante la formazione delle Alpi 21 Diveria, Silogno, Antolina, Arvera, Balmasurda, Pontepertus, 2 “La tessitura gneissica (da un nome in uso presso i minatori di Freiberg, Morghen (gneiss o gneuss denominavano colà i minatori la roccia incassante 22 dove le strettoie corripondono a soglie rocciose tra un bacino e di vene argentifere. Questo vocabolo si pronuncia gnaiss, non nieis), l’altro incise dai torrenti. è dovuta, come la scistosa, ad una sorta di stratificazione, di orien- 23 Oira, Croveo, Majesso (questo sito si presenta variegato a causa tazione comune degli elementi.” vedi Gneiss di Beura nell’Osso- dei fenomeni erosivi determinati dalla formazione di rapide, vorti- la”. ISSEL A. Compendio di Geologia, 1896, parte prima p.336 ci ad asse sub-verticale che hanno trascinato ciottoli e sabbia. Inol- 3 vedi nota tecnica tre la roccia crea effetti cromatici per la presenza di ferro che si è os- 4 vedi nota tecnica sidato. L’area si sviluppa a più livelli determinando un palcosceni- 5 appartenenti a pieghe a grande scala, influenti sulla morfologia di co di rara bellezza); rio Cianciavero; caratteristiche sono quelle nelle intere vallate, rocce verdi all’alpe Campo o del torrente Quarazza. 6 vedi nota tecnica 24 Calcari e dolomie metamorfiche 7 vedi nota tecnica 25 Monte Teggiolo, lago Kastel 8 Nelle catene di tipo alpino, durante le formazioni plastiche con- 26 Pojala, Candoglia nesse all’orogenesi, si formano delle grandi pieghe coricate. Le con- 27 Non si tratta sempre di fenomeni carsici in senso stretto cioè di tinue deformazioni tendono sempre più ad assottigliare la piega, che dissoluzioni in rocce carbonatiche ma anche di fratture in rocce si- viene man mano sradicata dal suo luogo di formazione e spinta in licee. Nel “Censimento dei Biotopi della Provincia del Verbano Cu- avanti. Si ha così una falda di ricoprimento, unità tettonica che è alla sio Ossola” (1999) effettuato da Cattin M. e altri, vengono segnala- base della struttura delle Alpi. te numerose località. 9 ben visibile la piega ripiegata esposta nella parete orientale del 28 la speleologia in val d’Ossola ha avuto sviluppo grazie a Pietro Sil- Monte Leone vestri studioso locale che ha valorizzato l’area del lago Kastel in alta 10 proprio in Ossola gli studiosi verificarono la corretta interpreta- valle Formazza. Attualmente il Gruppo Grotte Novara (www.grup- zione della teoria geologica sulla formazione delle Alpi trovando, pogrottenovara.it) e il Gruppo Speleologico Biellese sono impegna- durante la realizzazione del traforo del Sempione, conferme e smen- ti in campagne di rilevamento. tite alle ipotesi fatte. Il percorso denominato “geotraversa del Verba- 29 morene mediane, laterali: Belvedere, Gries, Hosand, Monte Leone no-Ossola-Formazza” rappresenta un’escursione classica per le Uni- 30 Issel A. ,1896, Compendio di geologia, parte prima p.186 versità italiane ed estere. In particolare si effettuano degli stop a Fon- 31 Aldo G. Roggiani, “Sull’origine delle Alpi, quindi dell’Ossola” in dotoce Montorfano, Albo di Mergozzo, Nibbio, Loro, Villadossola, Terra d’Ossola Edizione Lions Club 1984 Pontemaglio-Oira, Verampio Centrale Bovera, Baceno, Premia 32 Cresta di Premia esempio evidentissimo di morena mediana. 11 in molti casi ben accessibili dal versante a franapoggio e quasi 33 massi isolati di dimensioni ciclopiche inaccessibili da quello a reggipoggio. Di ciò si hanno mirabili esem- 34 esse sono conseguenza del ritiro delle masse glaciali che hanno li- pi nel piano del Teggiolo o alla Pioda di Crana, esempio di lembo di berato dal loro peso ammassi rocciosi già evidentemente fratturati sovrascorrimento isolato. ed hanno le stesse caratteristiche petrografiche della roccia in posto. 12 a Verampio è visibile la finestra tettonica dove affiorano strati del 35 Croveo, Ceppo Morelli, Cagiogno di Premia. basamento roccioso antico, precedente alle Alpi, messo alla luce dal- 36 A. Malladra, 1894, Scene e paesaggi dell’Ossola antichissima, l’erosione glaciale del Toce e del Devero pag.45, Milano 13 tra Pian Buscagna-Devero, Crampiolo-Devero, Devero-Goglio, 37 “Nel ramo ormai molto più breve di nord-est, l’interrimento pro- Croveo-Baceno, Baceno-Verampio o meno evidenti in altri punti dotto dalle alluvioni riesce, per così dire, ancor più manifesto, colla quali Goglio-Croveo, Codelago-Crampiolo netta separazione del Lago di Mergozzo, tagliato fuori dal grosso del 14 tra Lago Sabbione-Piano Camosci, Bettelmat-Riale, val Toggia- Lago Maggiore per opera del Toce. Questo tranquillo laghetto, in- Riale, Frua-Sotto Frua, Fondovalle-Foppiano, Uriezzo-Verampio, corniciato fra le rudi pareti del Montorfano ed i morbidi pendii del Pontemaglio-Oira. Faie`, apparteneva ancora al gran lago al tempo di Polibio, che vis- 15 dal “BELPAESE” Serata VII di A. Stoppani 1914 se nel II secolo a.C., e forse gli appartenne ancora per molti secoli 16 Mozzio, Viceno, Cravegna, Bannio e Anzino, Trontano, Cardez- dopo. Infatti, il Macagno nella sua corografia, pubblicata nel 1490, za, Montecrestese, Cimamulera. lo designa semplicemente col nome di Sinus Mergotianus. E’ anzi 17 Agua, Coipo, Pescia, Colmine di Crevola opinione di alcuni che il Lago Maggiore, anche in tempi storici, si 18 Agaro, Alba, val Bianca, val Quarazza, Mondelli, Dagliano inoltrasse sino ad Ornavasso; avanzo di questa passata grandezza del 19 Antillone, San Rocco, Sasso di Premia lago sarebbe il Lancone, fra Ornavasso e Gravellona, anticamen- 20 mirabile esempio è rappresentato dalla forra di Balmafredda, rag- te assai più sviluppato. (Vedi De Vit, Il Lago Maggiore, ecc., Vol. I, giungibile dalla frazione Centro di Premia, seguendo la strada che pag. 23 e segg.; Prato, tip. Alberghetti, 1875)” in Stoppani A.,1900- scende in circa dieci minuti in un’ampia conca prativa, per poi ad- 1903-1904, Corso di Geologia terza edizione con note aggiunte a dentrarsi tra due pareti rocciose di mirabile effetto. E’ legata ai pia- cura di A. Malladra (tre volumi) , Milano, vol.I p 217 ni di frattura orientati NE-SW. 38 In età postglaciale, come al di sopra del gradino glaciale di Fondo-

100 valle, chiamato delle “Casse”, come conseguenza di una frana cadu- 49 Viene sottolineata la primaria importanza della zona del Cervan- ta, da una cima sovrastante, in epoca postglaciale. done, nella quale sono stati rinvenuti numerosi minerali in pre- 39 Stoppani A.,1900-1903-1904,(op. cit.) p.161. valenza arseniati come cafarsite, asbecasite, chernovite, cloroti- 40 Gli specchi lacustri sono stati i primi ad essere liberati dai ghiac- lo-mixite, gasparite. La loro genesi è conseguente a processi di ri- ci ed i fenomeni di interrimento hanno avuto tempo sufficiente per mozione di un antico (Ercinico) deposito minerario di Cu-As che trasformarsi in palude e poi prato. durante il metamorfismo alpino è stato rimobilizzato da soluzioni 41 Durante le ultime glaciazioni, masse moreniche presenti ad Est idrotermali. Tale ipotesi è stata sostenuta dal Prof. Stefan Graeser di Re costituirono un importante sbarramento cosicchè si formò in contrasto con le teorie precedenti che avevano utilizzato in prece- un bacino lacustre in cui si deposero rilevanti quantità di sedimen- denza per spiegare la presenza di solfosali (solfoarseniuiri di Pb, Cu, ti limosi in strati di colore chiaro (nel periodo estivo) e scuro (nel Ag) nelle rocce dolomitiche più a Nord (Lengenbach, Binntal). Ciò periodo invernale) per la presenza di sostanza organica. Successiva- è confermato dalla presenza della sorgente arsenifera dell’Alpe Ve- mente lo sbarramento morenico fu demolito dalle acque del tor- glia che rappresenta un trasporto di arsenico attraverso gli gneiss che rente Melezzo con conseguente vistoso rimaneggiamento e terrazza- continua ai giorni nostri. 50 mento dei retrostanti depositi lacustri, ovviamente questo fenome- minerale scoperto recentemente avente formula chimica Ca2 no morfologico si è verificato in più cicli con fasi analoghe di de- Y(AsO4)(WO4)2 la cui caratterizzazione è stata effettuata presso posizione e demolizione con tale regolarità da permetterne una da- l’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Chimica Strut- tazione relativa. turistica. Si tratta di un minerale di colore giallastro di 2 mm ritro- 42 Alfenza, Anza, Anzuno, Bogna, Ogliana, Diveria, Ovesca, Isor- vato sul versante Est del Monte Cervandone no, Melezzo. 51 favorite ancora da presenza di fratture nelle rocce o dalla differen- 43 A.G. Roggiani, 1984 op.cit. te permeabilità tra le rocce e la copertura detritica. 44 The Pestarena Gold Mining Co. Limited, Antrona Gold Mining 52 per Crodo vedi A. Del Boca, (1993) “L’oro della valle Antigorio. Co. Limited, Anglo Italian Co. Limited Le acque minerali di Crodo fra realtà e leggenda” Edizioni Centro 45 Giacimenti primari ma anche secondari (nelle alluvioni dei corsi Studi “Piero Ginocchi” Crodo. d’acqua) chiamati “placers”. 53 vedi Chiaramonte U., 1985, “Industrializzazione e movimento 46 Le località ossolane segnalate sono le seguenti: Crodo (Alfenza, operaio in val d’Ossola”, Franco Angeli Editore Faella), Gondo (Svizzera), valle Antrona (Mottone, Mee), val Bian- 54 in Comune di Vanzone con San Carlo in valle Anzasca ca (Cani-Agarè), Pestarena-Lavanchetto, val Quarazza (Quarazzo- 55 Quaranta E. & R. Mosello. 1995. Le acque arsenicali-ferruginose la, Col Badile), Vogogna, Val Toppa, Vallaccia, val Segnara, Mon- di Vanzone (val Anzasca, Novara). Studi recenti finalizzati all’utiliz- te Capezzone zo terapeutico. Oscellana, 25: 230-237. 47 Gli elementi delle terre rare sono poco conosciuti dall’uomo co- 56 Stoppani A.,1900-1903-1904, (op. cit.) pp. 407-409 mune e per molti decenni hanno costituito un grosso problema per 57 La forte mineralizzazione, che risulta sensibilmente più elevata di i chimici. Il loro nome deriva dal fatto che erano ritenuti un tem- quella delle altre tre sorgenti vicine (Lisiel, Cesa, Cistella), è deter- po particolarmente rari. Essi sono utilizzati per diversi scopi: il lan- minata prevalentemente dai solfati fra gli anioni e da calcio e ma- tanio nella costruzione di speciali obiettivi fotografici, il samario gnesio fra i cationi. per la costruzione di magneti permanenti, l’europio ed il samario 58 Le sperimentazioni cliniche e farmacologiche indicano che le come costituenti essenziali del materiale luminescente dei tubi ca- acque della sorgente Cistella come già indicato per la Fonte Val- todici per televisori a colori, il neodimio è usato per vetri di bel co- le d’Oro sono indicate particolarmente nelle dispepsie e nelle en- lore violetto, il gadolinio in alcune imitazioni del diamante. Alcuni terocoliti. di tali minerali sono esclusivi dell’Ossola (nelle Alpi): ossidi (ceria- 59 Le acque della sorgente Lisiel sono particolarmente indicate nelle nite, tanteuxenite, fersmite, vigezzite, cervandonite, pirocloro-Ce), manifestazioni cliniche consensuali a ipocinesi e a ipocrinia gastrica fosfati (monazite-Nd) arseniati (gasparite, chernovite), silicati (ca- ed in generale nelle dispepsie funzionali gastroduodenali. Quest’ac- scandite, jervisite). qua è particolarmente indicata per le diete povere di sodio, può ave- 48 La roggianite deve essere classificata come zeolite, essa è l’unica re effetti diuretici, favorire l’eliminazione dell’acido urico e stimola che presenta berillio come costituente fondamentale, inoltre presen- la funzionalità gastrica facilitando la digestione. ta altre caratteristiche che la rendono molto singolare. La prima de- 60 Le acque della sorgente Cesa sono indicate nel trattamento delle terminazione è stata fatta da Passaglia (1969) che l’ha descritta come malattie del rene e delle vie urinarie, delle dispepsie gastroduodena- allumosilicato di calcio idrato usando i metodi analitici disponibi- li e intestinali e delle colecistopatie. li a quel tempo: gravimetrico, spettrofotometrico ad emissione, vo- 61 Alessandro Malladra, 1902, “L’acqua del Traforo del Sempione”, lumetrico complessimetrico e colorimetrico. Nel 1985 venne fatto Milano Tipografia Cogliati; 1905 “Il Traforo del Sempione”, Mila- un riesame cristallochimico completo usando tecniche più moder- no Tipografia Cogliati ne: microsonda elettronica, spettrofotometro ad assorbimento ato- 62 Negri B., Roveri M. e R. Mosello, 1989. “Le acque termali ossola- mico, TG, diffrattometro a raggi X. L’esatta determinazione si è resa ne 2. I bagni di Craveggia”, Oscellana, 19: 225 - 243. necessaria poiché Voloshini et alii (1985) proposero la ginzburgite 63 Stoppani A.,1900-1903-1904, (op. cit.) pp.402-403 come nuovo minerale avente caratteristiche simili alla roggianite. 64 M. Jakob, U. Stahel, “Girola-un’impresa sulle Alpi” con foto di A.

101 Paletti Fotomuseum Winterthur Scheidegger & Spiess 1998 Il legname che giungeva veniva portato all’interno dell’edificio at- 65 fondatore nel 1901 della Società per Imprese Elettriche Conti e C. traverso un sistema di pulegge. 66 La Roggia dei Borghesi di Domodossola, ha origini antichissime 69 Castiglione “Ul mulin dul Gabriel” in “Il Rosa” n.2, 1999 di ed è certamente anteriore alla costruzione delle mura del 1300 e del Sonzogni M. relativo fossato il quale era peraltro privo d’acqua. Già negli statuti 70 La macinazione si effettuava due volte l’anno in concomitanza del 1425 alcune prescrizioni riguardano la roggia che doveva essere con le precipitazioni primaverili ed autunnali, in cui era presente protetta con graticci e non doveva essere inquinata nelle ore diurne. sufficiente acqua per mettere in moto le pale. Interessante a Salec- Analoghe prescrizioni sono contenuti nei Bandi politici della città chio Inferiore un vecchio edificio che come altri 4-5 nelle vicinanze di Domodossola del 1830. Lungo il suo percorso erano attivi nume- servivano per la macinatura della farina. rosi mulini. Cfr. Bologna P., F. Ferraris, 1985, “D…come Domo- 71 La macinazione delle castagne produceva farina per polenta dossola”. Ed. Eco Risveglio 72 Interessanti opere di captazione che andrebbero recuperate negli 67 “Nel gruppo del M. Rosa la maniera di giacimento dell’oro (in pi- alpeggi della Colmine di Crevoladossola riti) non permette il trattamento idraulico; si usano invece dei moli- 73 Termine dialettale ossolano per intendere una roccia al confine di ni speciali costituiti da due macine sovrapposte e chiuse in una cassa ammassi di serpentinoscisti e serpentiniti, con composizione talcosa cilindrica. La macina inferiore è fissa e lascia passare a sfregamento e cloritica facilmente lavorabile al tornio ed alla lama di acciaio pre- dolce un asse che porta da una parte la macina superiore e dall’altra sente in valle Antrona (Montescheno) in valle Vigezzo, val Bognan- una ruota idraulica orizzontale. Fra le due macine si pone il minera- co, Isorno. Questo litotipo attualmente estratto da blocchi isolati in le già rotto in pezzi insieme ad un po’ di Hg col quale poi si amal- valle Isorno viene lavorato per ricavarne pentolame, recipienti rusti- gama l’oro separato dalla polverizzazione. Quest’amalgama si sepa- ci, lavelli, vasi ornamentali, piastre per cottura di vivande. In pas- ra dalle goccioline liquide che ancor rimangono premendo il tut- sato veniva utilizzato per tubature e come elemento architettonico. to in una pelle di camoscio. Una distillazione separa poi il Hg dal- La serpentina di Cisore: si tratta di una potente massa serpentinosa, l’amalgama dall’oro. All’esposizione di Milano quest’industria figu- caratteristica per struttura e composizione (olivina, enstatite, talco, rava degnamente dimostrando di essere in fiore. Se le piriti conten- serpentino), detta di Cisore e posta all’imbocco della valle Bognan- gono Sb od As allora l’estrazione dell’oro diventa complessa e so- co, ebbe una certa notorietà nella seconda metà dello scorso secolo vente non economica, perchè possono formarsi composti di Au che ed al principio del presente. sono volatili” Jonghi & Landriani, Nozioni di Mineralogia descrit- Compatta, scagliosa, bruno-violaceo-nerastra, tenera, ma tenace e tiva in Sunti di Geologia e Mineralogia p.6 con aspetto grasso ed untuoso, venne sottoposta a lavorazione e, 68 Interessante è la segheria idraulica di Salecchio Superiore: si tratta mediante seghe e torni azionati da forza idraulica, se ne ottenne- di un edificio in legname e pietrame utilizzato come segheria a forza ro tubi di ogni calibro e per i più disparati usi. Precedentemente la motrice idraulica trasmessa dalla rotazione della ruota esterna ad un serpentina di Cisore era stata largamente usata per ricavarne men- sistema di trasmissione interamente in legno alla sega. L’edificio è in sole, stufe e camini nelle case, statuette ed opere d’arte e colonne, ottime condizioni di manutenzione ed il piano superiore è occupato capitelli e rivestimenti di facciate come in quella dell’antica chiesa dalla segheria con la slitta di avanzamento dei tronchi mentre il pia- dei Minori Conventuali di San Francesco in Domodossola sui cui no inferiore è occupato dal sistema di trasmissione della forza dal- muri perimetrali venne innalzato il Palazzo di San Francesco. Fac- l’albero collegato alla ruota al movimento della sega. ciata tuttora mirabile per l’elegante assieme della dolomia di Cre- Anche a Osso di Croveo è da vedere un edificio in legname e pietra- voladossola bianco-paglierina alternata a corsi della serpentina ver- me utilizzato come segheria e falegnameria fino al 1988. Un canale de scura di Cisore. conduceva l’acqua a mezzo di un tombino. L’acqua faceva girare le 74 Jonghi C., Landriani C. 1887-1888- Sunti di Geologia e Mine- pale collegate ad un albero presente al pian terreno della costruzio- ralogia R. Scuola d’applicazione per gli ingegneri Torino Litogra- ne. Attraverso due cinghie il movimento dell’albero viene trasmesso fia G. Baccelli ad un altro albero motore e poi ad una biella che muove la sega ver- 75 Si veda Bertamini T. 1975, Storia delle alluvioni nell’Ossola. Ri- ticale. La velocità del processo poteva essere regolata da grosse leve. vista “Oscellana”

102 Acque termali e acque minerali Pier Antonio Ragozza

Se l’acqua è sempre stata per l’Ossola una fortuna ed un commesso delle Regie poste e proprietario del terreno castigo1, certamente una buona parte della sua fortuna dove sgorgava la “fonte Rossa”, il primo tentativo di av- è quella legata all’esistenza sul suo territorio di fonti di viare ricerche su tali acque, affidando le analisi al chi- acque minerali e di acque minerali termali. mico e farmacista di Domodossola Giovanni Antonio Sono chiamate acque minerali quelle acque sorgive che Bianchetti. contengono sciolte diverse sostanze e, fra di esse, una o L’avvio dell’attività termale ed alberghiera, favorita an- più in quantità tali da conferire al liquido uno spiccato che dall’apertura della carrozzabile con Domodossola e sapore e delle proprietà terapeutiche. da ulteriori analisi delle acque di Crodo che ne confer- Con la dizione di acque termali, si intendono invece marono le doti terapeutiche, si ebbe ad opera del Gio- quelle acque minerali che sgorgano alla superficie ad vanninetti, che fu poi affiancato e sostituito da altri im- una temperatura superiore a quella dell’ambiente. prenditori come l’avvocato Carlo Francioni di Domo- Fra le acque minerali più note vi sono quelle di Cro- dossola, a cui si deve la costruzione dell’Albergo dei Ba- do e di Bognanco, ma pure in passato le sorgenti della gni e successivamente da Giacomo Della Macchia e, miniera dei Cani di Vanzone e di Veglia, a cui se ne ag- dopo un periodo di sostanziale abbandono, da Bernar- giungono altre minori sfruttate per la produzione e la do Del Boca e poi dal figlio di questi, Giacomo, che ge- commercializzazione di acque da tavola imbottigliate. stirono le fonti per circa mezzo secolo favorendone il ri- Due invece le fonti termali più conosciute, la prima dei lancio. Bagni di Craveggia e utilizzata da antica data, la secon- Le due fonti originarie dell’acqua minerale di Crodo da della Longia di Premia, scoperta nel 1992. sono denominate “Valle d’Oro” e “Cistella”, a cui si è poi aggiunta dal 1955 la fonte “Lisiel” e in tempi mol- Per quanto riguarda le diverse acque minerali ossola- to più recenti la “Crodo Nova” che sgorga dalla sorgen- ne, alcune di esse sono assurte a notorietà sia per il loro te Cesa a 505 metri di quota. sfruttamento a fini terapeutici e conseguentemente L’etichetta dell’acqua minerale “Valle d’Oro” – che dando avvio ad una connessa industria turistica, sia per come la “Cistella” è di tipo solfato-bicarbonato-calcica il loro utilizzo come acque da tavola e dunque imbotti- – la dava come “Indicatissima nella terapia delle dispepsie gliate e commercializzate in ambito anche nazionale. e nelle enterocoliti ecc.”, mentre su quella della “Lisiel”, La prima citazione relativa alle acque minerali di Crodo definita acqua mediominerale solfato-bicarbonato-alca- appare sul “Dizionario geografico” del Casalis, edito nel lino-ferrosa, si legge che “Può avere effetti diuretici e fa- 1838, anche se una leggenda locale – priva però di qual- vorire l’eliminazione dell’acido urico”. siasi riferimento storico certo – vuole che dopo il Mille Nel 1920 venne sperimentato l’imbottigliamento arti- un esausto Crociato proveniente da Gerusalemme tro- gianale dell’acqua di Crodo, mentre si progettava la rea- vasse ristoro e forza, così come la sua altrettanto stan- lizzazione di uno stabilimento per tale attività, oltre ad ca cavalcatura, bevendo ad una sorgente che sgorgava in un nuovo albergo e di una kurhaus. località Salecchio di Crodo. Il progetto rimase tale anche per il cambio di proprietà Si deve in realtà a Giuseppe Gaetano Giovanninetti, delle fonti, che dopo alcuni passaggi nel 1928 andarono

103 alla neocostituita “Società Anonima Terme di Crodo” la Dal 1888, con l’apertura della strada carrozzabile per quale, fra alterne vicende, negli anni successivi svilup- Bognanco, l’area delle fonti venne chiusa e introdotto il pò le diverse attività, commercializzando anche una bi- biglietto a pagamento per accedervi, mentre il vero lan- bita e specialità chimico-farmaceutiche come le magne- cio di Bognanco come stazione termale lo si deve all’av- sie ed i “Sali di Crodo”, sotto la guida di Piero Ginoc- vocato pavese Emilio Cavallini che, avendo trovato be- chi, divenuto in seguito amministratore unico della so- neficio con le acque bognanchesi, rilevò la “Tichelli & cietà e protagonista del successo delle acque antigoriane C.” e si attivò per creare una elegante kurhaus che ri- e poi pure del “Crodino”. chiamò nel centro ossolano per “passare le acque” la mi- Degli anni Ottanta è invece il passaggio della “S.p.A. glior borghesia italiana d’inizio Novecento. Terme di Crodo” ad una multinazionale, il Gruppo Nel 1906 venne costituita la “Società Anonima Acque Bols, che l’ha in seguito ceduta alla Campari S.p.A. e Terme di Bognanco”, dando avvio alla commercializ- mentre nell’agosto del 1987 un nubifragio ha distrutto zazione su scala nazionale delle acque da tavola e favo- il parco delle Terme – ricostruito solo successivamente rendo lo sviluppo turistico della Val Bognanco, con una – danneggiando la sorgente della “Lisiel”, poi immedia- notorietà come stazione termale culminata negli anni tamente ripristinata. Trenta, ma apprezzata anche nei primi decenni succes- Sempre in Valle Antigorio, fra le acque minerali com- sivi alla Seconda guerra mondiale. mercializzate è da citare quella della sorgente Uresso in Numerosi i passaggi di proprietà delle terme bognan- comune di Baceno, la cui vendita era stata autorizzata chesi nel dopoguerra, sino all’arrivo nel 2003 dell’im- con Decreto del Ministero Sanità nel 1959, gestita dal- prenditore greco Haralabos Melenos, amministratore la Fonti di Baceno s.r.l., poi divenuta S.p.A, e che fu in unico della “Società Bognanco Acque Minerali”, pro- commercio almeno sino ai primi anni Ottanta. spettando un rilancio del centro termale. Sgorgante a 720 metri di quota, sulla base dei dati ana- Attualmente a Bognanco sono prodotti e commercia- litici l’acqua della sorgente Uresso era definita solfato- lizzati tre tipi di acque minerali, ovvero la minerale San calcica-magnesiaca o solfato-alcalino-terrosa. Lorenzo, la mediominerale Ausonia e l’oligominerale L’altra famosissima acqua minerale ossolana è quella di Gaudenziana. Bognanco, la cui scoperta risale all’Ottocento ad opera L’acqua della fonte di San Lorenzo ha proprietà purga- di una ragazza – la cui identità è incerta fra Anna Ma- tive e diuretiche ed è gradevole al gusto, caratterizzata ria Possetti o Felicita Pellanda – che per il pizzicore del- dall’abbondanza di anidride carbonica libera che la ren- l’acqua che sgorgava dalla sorgente la scambiò addirit- de fresca e frizzante. tura per acquavite. L’Ausonia è invece un’acqua mediominerale che ha la Se Giovanni Pellanda, proprietario del terreno con la caratteristica di stimolare la secrezione gastrica favo- sorgente, ne sottovalutò le potenzialità, non così fece il rendo i processi digestivi, mentre l’acqua oligominera- sacerdote e appassionato naturalista bognanchese Fede- le Gaudenziana può essere impiegata allo scopo di pro- le Tichelli, il quale intuite le proprietà terapeutiche del- muovere la diuresi ed è perciò indicata nella cura delle l’acqua fece effettuare dal chimico elvetico H. Brauns affezioni renali e delle vie urinarie. di Sion le opportune analisi, riportate in una precisa re- Minor fortuna ha invece avuto l’acqua minerale dell’Al- lazione datata 1° dicembre 1863 e confermate sei anni pe Veglia, la cui scoperta avvenne nel 1875 ad opera di dopo dal dottor Albasini. Don Tichelli acquistò intanto due alpini ossolani, Falcetta Ratti di Mozzio e Savia di la sorgente e insieme ad alcuni soci costituì la “Tichelli Piedimulera, che trovarono la sorgente di acqua ferru- & C.” per raccogliere, imbottigliare e commercializza- ginosa nei pressi del rio Mottiscia. re quella che veniva poi venduta come “Acqua gazosa di Le prime analisi chimiche furono effettuate nel 1879 Bognanco”, non senza qualche problema per il traspor- dal prof. Cossa di Torino e quattro anni dopo il comu- to a Domodossola delle bottiglie – che sovente si rom- ne di Varzo concedeva a titolo oneroso alla ditta torine- pevano – entro gerle portate a spalle. se Costanzo e Paissa l’autorizzazione alla raccolta, tra-

104 Alpe Veglia, la sorgente di acqua ferruginosa. sporto e commercio dell’acqua ferruginosa, mentre sor- ra invece una sorgente arsenicale-ferruginosa nei pres- gevano i primi insediamenti alberghieri data l’affluenza si delle miniere aurifere dei Cani, a 1473 metri di quo- di persone che volevano usufruire delle proprietà tera- ta sopra San Carlo di Vanzone. peutiche della sorgente di Veglia. L’acqua minerale “Vanzonis”, come era denominata, L’esigenza, più volte manifestata da parte di potenzia- pur nota da epoca antica, è stata fatta oggetto di analisi li gestori della risorsa idrica, di incanalare l’acqua della solo a partire dall’Ottocento, a cominciare da quelle di sorgente ferruginosa non venne mai soddisfatta per di- Giovanni Albasini nel 1820 il quale rilevò la presenza verse ragioni e nel 1981 si ebbe pure una temporanea di notevoli quantitativi di arsenico e dunque la possibi- scomparsa della fonte a seguito di un movimento tellu- lità di un suo impiego a scopo terapeutico. rico con epicentro al Veglia. Fu invece il locale medico condotto, dottor Attilio Collocata sul territorio del Parco naturale di Veglia-De- Bianchi, che fece effettuare una serie di studi su tali ac- vero, la sorgente di acqua bicarbonato-calcica-ferrugi- que, esaminate non solo dal punto di vista chimico, ma nosa sgorga a 1813 metri di quota ad una temperatura anche idrogeologico ed igienico-biologico. di 7° C. e dal De Maurizi era definita come “la seconda Costituita la “Società Anonima Miniere e Acque arseni- sorgente minerale più alta d’Europa, dopo quella di Penti- cali”, il dottor Bianchi ne divenne direttore, dando alle cosa nei Pirenei spagnoli”2. stampe nel 1907 un opuscolo dedicato a queste acque Il lungo periodo di innevamento del Veglia, la portata in cui se ne indicavano le proprietà terapeutiche. limitata e le difficoltà di trasporto hanno di fatto impe- L’acqua della miniera dei Cani era commercializzata in dito uno sfruttamento commerciale di questa sorgente bottigliette per cure a domicilio, la cui etichetta ne rac- di acqua ferruginosa ossolana. La Valle Anzasca annove- comandava l’uso per la cura delle malattie cutanee e

105 gano-ferruginosa. In Valle Vigezzo a Malesco sorge lo stabilimento di im- bottigliamento della Acque e Terme Vigezzo S.p.A. che già dagli anni Sessanta commercializza l’acqua minera- le Alpia, definita in etichetta come “Indicata nelle diete povere di sodio. Può avere effetti diuretici”. La sorgente – ora collocata all’interno del territorio del Parco Nazionale della Val Grande, istituito ufficialmen- te con il D.M. 2 marzo 1992 – è posta in località Pezzi- di a 875 metri di quota sulle pendici settentrionali del- la Costa Orsera ed è già citata dal Pollini3 nel suo lavo- ro pubblicato nel 1896. Utilizzata sin dal 1895 per alimentare l’acquedotto di Malesco, la sorgente dai primi anni Sessanta destò l’in- teresse di un gruppo di imprenditori ossolani che die- dero vita alla “Società Terme Vigezzo s.n.c.”, la quale ha provveduto a garantire al Comune una valida sosti- tuzione di tale risorsa idrica – attingendo ad una ricca falda d’acqua a 65 metri di profondità – e dando così il via all’attività di imbottigliamento e commercializ- zazione dell’acqua vigezzina, oggi distribuita nell’Italia settentrionale, in Svizzera e Germania oltre che, occa- sionalmente, anche in altri Paesi europei. nervose e per una serie di altre numerose patologie. Sempre in Valle Vigezzo sono da citare a Craveggia la Nel 1916 l’acqua della sorgente arsenicale-ferruginosa sorgente perenne acidulo-ferruginosa situata sulla de- veniva trasportata a mezzo teleferica in appositi conte- stra del Rio della Vasca a circa 150 metri dalla stra- nitori di vetro e legno sino a Vanzone, dove era poi im- da ed a Re la sorgente ferruginosa posta sulla riva de- piegata per le cure che si effettuavano presso l’Albergo stra del Melezzo. “Regina”, ma il proseguire del primo conflitto mondia- Nella bassa Ossola, ad Anzola, vi è la sorgente detta del- le portò allo scioglimento della società. la Buvera, la cui acqua minerale è stata imbottigliata e Una iniziativa volta a riprendere lo sfruttamento del- venduta, con autorizzazione rilasciata dal Ministero Sa- l’acqua arsenicale-ferruginosa venne avviata nel 1961 nità nel 1971, per diversi anni e sino a quando lo stabi- da parte della “Terme del Monterosa s.p.a.”, nata dalla limento ha cessato la sua attività nel 1996. volontà del Consiglio della Valle Anzasca, ma per una L’acqua della Buvera di Anzola d’Ossola, definita oligo- serie di concause, tra cui la morte del dott. Piero Fa- minerale, era in etichetta indicata per le diete povere di bris che sosteneva fortemente il progetto, non poté ave- sodio e con la possibilità di avere effetti diuretici. re seguito. In tempi recenti l’Amministrazione comunale di Van- L’utilizzo di acque termali a scopo terapeutico in Ossola zone con San Carlo ha avviato iniziative concrete per è da secoli collegato alla sorgente dei Bagni di Craveg- una valorizzazione e sfruttamento della fonte arsenica- gia, situata sulla testata italiana della Valle Onsernone, le-ferruginosa della miniera dei Cani, ottenendo i fon- vallata che ricade per il resto sotto la sovranità svizzera e di necessari, e già nel 2003 la Regione Piemonte ha au- posta oltre lo spartiacque della Vigezzo. torizzato la realizzazione di attraversamenti di alcuni rii, L’archivio comunale di Toceno conserva un atto di ven- con tubazioni per il trasporto dell’acqua arsenico-man- dita del 1299 in cui è già citata la sorgente termale detta

106 Crodo, storica catena d’imbottigliamento.

“flumen de aqua calida”4, anche se il primo vero e pro- sino a Comologno e poi di qui a piedi sulla mulattiera prio sfruttamento delle risorse termali dei Bagni di Cra- per quattro chilometri, con bagagli al seguito. veggia si è avuto solo a partire dal 1770. Scrive infatti lo storico Angelo Del Boca, il cui nonno A seguito delle analisi effettuate nel 1816 e dei positivi Bernardo gestì albergo e stabilimento sino al 1879, pri- risultati delle stesse, due anni dopo il Comune di Cra- ma di trasferirsi a Crodo dove assunse la gestione delle veggia deliberò la costruzione di uno stabilimento ter- fonti locali, che ai Bagni di Craveggia la clientela non male su quattro piani e con sedici bagni a piano terra. era composta da “…ospiti qualunque, gitanti o amanti Con l’edificazione nel 1823 dell’albergo e stabilimen- della quiete e della natura. Erano degli ammalati, alcu- to termale di proprietà del comune, la località diven- ni dei quali giudicati inguaribili dai medici. Al “flumen ne nota per le sue acque salutari che venivano impie- aquae calidae”, giungevano con la speranza di essere mira- gate mediante cure fatte prevalentemente sotto forma colati, esattamente come a Lourdes”5. di bagni. L’albergo fu poi gravemente danneggiato nel 1881 da I frequentatori dei Bagni di Craveggia dovevano esse- un incendio e successivamente ricostruito, continuan- re persone con problemi di salute notevoli, in partico- do ad operare come stabilimento termale nonostante le lare della pelle, se non si facevano scoraggiare dal lungo citate difficoltà di accesso sino al 1925, quando venne e scomodo tragitto per raggiungere la località, dovendo definitivamente chiuso. fare più di quattro ore a piedi o a dorso di mulo e var- L’edificio fu poi travolto da una valanga nel nevoso in- cando ad oltre 1800 metri di quota la Bocchetta di San- verno del 1951 e di esso rimangono oggi solo dei rude- t’Antonio, oppure da Locarno con otto ore di diligenza ri, mentre la tragica alluvione dell’agosto 1978 ha ulte-

107 riormente danneggiato la zona, compromettendone le Nel 1999 la Regione Piemonte ha concesso per un ven- residue possibilità di sfruttamento. tennio lo sfruttamento delle acque termali della sor- L’acqua termominerale dei Bagni di Craveggia sgorga in gente Longia ed il Comune di Premia ha dato avvio, regione Fondo Monfracchio a quota 998 metri s.l.m., previa acquisizione di una vasta area di terreno, alla rea- sulla destra orografica del torrente Onsernone, ad una lizzazione di un moderno centro termale dotato di una temperatura media di circa 30°, risulta untuosa al tat- piscina terapeutica coperta con vasca di metri 25 x 14 to, emana odore di idrocarburi ed ha gusto sgradevole, riempita di acqua termale proveniente da apposito poz- ma se lasciata raffreddare all’aria diventa inodore, lim- zo, oltre che di altri servizi e strutture complementari. pida e bevibile. L’apertura di una prima parte del centro termale del- In tempi più recenti, nel corso di sondaggio geotecnico la sorgente Longia in Comune di Premia, è prevista nel eseguito dall’E.N.E.L. nel 1992, è stata invece scoperta 2005. una nuova sorgente termale, in località Longia nel Co- mune di Premia, in Valle Antigorio, caratterizzata fra Bibliografia l’altro dalla temperatura che supera di poco i 42°. L’esistenza di fonti di acqua calda in tale area è peraltro AA.VV. – Raccolta di studi sull’acqua minerale Uresso – Domo- dossola s.d. storicamente accertata da diversi secoli ed a circa mezzo Anonimo – Valle Antigorio-Formazza, nuove occasioni di sviluppo chilometro a sud dalla sorgente della Longia sgorga un – L’acqua calda di Cadarese in comune di Premia – s.d. Bologna Paolo – Bognanco, il paese delle cento cascate – Bresso rivo con temperatura costante di 15°, detto “dell’acqua 1976 calda di Piedilago”, già citato nel 1556 in un documen- Borgna Aldo – L’acqua medicinale dei Bagni di Craveggia in “La to papale, mentre un almanacco ossolano del 1846 de- voce onsernonese” – Locarno ottobre 1982 CCIAA Novara – Le acque minerali in provincia di Novara – No- scrive le acque di Baceno, segnalate un decennio prima vara 1977 dal chimico e farmacista Giovanni Antonio Bianchetti De Maurizi Giovanni - L’Ossola e le sue valli – Domodossola 1931 Del Boca Angelo (a cura di) - L’oro della Valle Antigorio – Le acque per le loro proprietà terapeutiche, ma a quell’epoca uti- minerali di Crodo fra realtà e leggenda – Bari 1993 lizzate solo dalle lavandaie locali perché “…trovano tie- Fabris Piero – Breve richiamo sulle acque ferroso mangano arsenica- pida la sorgente e perché le sostanze alcaline che vi si rin- li di Vanzone Ossola – Varese 1960 Matzig – Richard – I Bagni radioattivi di Craveggia in “Almanacco chiudono fanno risparmiare sapone”. ticinese 1939” – Bellinzona 1939 A seguito di approfondite analisi fatte effettuare dal Co- Mortarotti Renzo - L’Ossola nell’età moderna – Domodossola 1985 mune di Premia, l’acqua della sorgente della Longia è Norsa Paolo (a cura di) - Invito alla Valle Vigezzo – Domodosso- risultata avere caratteristiche ipertermali, ricca di sali la 1970 minerali, solfato-calcica, oltre che riconosciuta come Pollini Giacomo – Notizie storiche, statuti antichi, documenti di Malesco – Torino 1896 batteriologicamente pura. Date le sue proprietà terapeutiche, due Decreti Mini- Una ricchissima bibliografia sino al 1967 di carattere generale e poi steriali del 1998 ne hanno consentito l’utilizzo sia per la specificatamente riguardante le singole acque minerali e termali del- l’Ossola, è contenuta nel notevole lavoro di Federici P.C., Saccani F., terapia inalatoria che per la balneofangoterapia. Parietti P. – Le acque salutari della Val d’Ossola – Parma 1967.

Note 1 Mortarotti Renzo “L’Ossola nell’età moderna” pag. 39. 4 Norsa Paolo (a cura di) “Invito alla Valle Vigezzo” pag. 134. 2 De Maurizi Giovanni “L’Ossola e le sue valli” pag. 235. 5 Del Boca Angelo - La Gestione Del Boca: un rilancio a metà. in 3 Pollini Giacomo “Malesco” pag. 141. “L’oro della Valle Antigorio” pag. 29.

108 Il clima Tullio Bertamini e Rosario Mosello

Considerazioni generali no del Toce, ma scendendo fino al ponte della Ribella- Il clima dell’Ossola è anzitutto determinato dalla posi- sca incorpora una fetta del bacino imbrifero ticinese. Il zione geografica e dalla morfologia del territorio. Essa confine risale poi il Monte Gridone e, correndo sul cri- infatti è compresa fra i 45°55’ e i 46°28’ di latitudine ed nale che divide la valle percorsa dal Toce dalla val Gran- è quindi inserita in quella fascia che normalmente corri- de, va a terminare sulle alture che delimitano il lago di sponde ad un clima fondamentalmente determinato da Mergozzo. una insolazione e quindi da una certa quantità di calore L’Ossola, chiusa fra alti monti, è costretta ad assorbirne solare che la pone nelle regioni temperate. È anche qua- il clima. Ma anche altri fattori importanti intervengo- si completamente racchiusa da potenti ed elevati grup- no a definirlo più precisamente. I potenti ghiacciai del- pi di monti, ed essa stessa è una regione eminentemen- la catena Monte Rosa-Griess e quelli del vicino Vallese, te montuosa e quindi le altezze variano rapidamente da distanti solo qualche decina di chilometri, contribui- luogo a luogo. È percorsa in tutta la sua lunghezza dal scono in vario modo a rendere il clima più rigido. Da fiume Toce che scende da Nord verso Sud fino a Vogo- questi monti spira regolarmente un vento fresco e tal- gna, per poi piegarsi verso Sud-Est e, dopo un viaggio volta gelido sotto forma di brezza notturna. Queste ca- di circa 80 km, si getta nel Lago Maggiore. tene elevate a loro volta, obbligando l’aria umida pro- L’Ossola è chiusa a Sud da una catena di monti che veniente dall’Oceano Atlantico a sollevarsi ed a scari- partendo dal Massone (m 2162) si innalza sempre più care grande quantità di pioggia o neve sui versanti op- fino al Monte Rosa (m 4637). Da quel punto una di- posti all’Ossola, contribuiscono al fenomeno del ven- ramazione diretta del Monte Rosa la chiude ad Ovest to favonico (Foehn). Questo vento caldo ci giunge dai con una serie di cime elevate: Andolla (m 3656), Weiss- quadranti nord-occidentali e, anche in pieno inverno, miess (m 4023) Laquinhorn (m 4005), Fletschorn (m porta temperature insolitamente elevate nelle valli os- 3996) fino al Passo del Sempione, in territorio svizze- solane, sciogliendo grandi quantità di neve. Con ana- ro. Qui la catena, comprendente il Monte Leone (m logo processo le stesse alte catene di monti costringo- 3552), il Cervandone (m 3211), la Punta d’Arbola (m no le grandi masse di aria umida proveniente dai qua- 3235) e l’Hosandhorn o Punta del Sabbione (m 3183), dranti meridionali a sollevarsi ed a scaricare sull’Osso- muta leggermente direzione fino a toccare il passo di S. la enormi quantità di precipitazioni per dare poi origi- Giacomo (m 2313), che è il punto più settentrionale ne a vento favonico nelle vallate del versante settentrio- della regione ossolana. Proseguendo il confine dell’Os- nale delle Alpi. sola abbandona il grande spartiacque alpino e corren- Importantissima risulta inoltre per il clima dell’Ossola do sulla linea di displuvio tra il Toce ed il Ticino, in di- la sua vicinanza alla regione dei laghi prealpini ed alla rezione Nord-Sud, viene a formare col tratto preceden- pianura padana. L’Ossola infatti termina sul lago Mag- te quasi un cuneo nel territorio svizzero. Questa catena giore, con il quale comunica anche mediante la valle orientale perde quota fino a deprimersi nel gran solco Cannobina e Centovalli. Le masse di aria umida che si della valle Vigezzo. Qui l’idrografia appare incerta ed il formano sulla pianura padana e nella zona lacuale sono confine ossolano non si identifica con quello del baci- facilmente indotte a risalire le pendici delle Alpi dando

109 luogo a intense precipitazioni e, in alcune situazioni, ad Eliofania e radiazione solare eventi alluvionali, che contribuiscono a farne una delle Principale responsabile del clima è il sole che dà alla ter- regioni più piovose d’Italia . ra il calore sottoforma di radiazione. Le valli ossolane sono in generale, fortemente incise, La eliofania, cioè il tempo in cui i raggi solari colpisco- nella parte più bassa e percorse da fiumi e torrenti im- no direttamente il suolo, è un elemento molto variabi- petuosi, le cui acque continuano l’opera di scavo e de- le, legato all’altitudine, alla posizione ed alla nebulosi- molizione iniziatasi molti millenni fa. tà. Limitandoci solamente ai dati medi stagionali si può Data la natura del terreno ossolano, molto permeabile affermare che a Domodossola l’eliofania misurata in ore alle acque, e la ripidità delle pendici dei monti, l’opera di sole risulta dalla Tab. 1. L’energia data dal sole distri- di demolizione delle acque meteoriche e di quelle cor- buita nelle stagioni misurata in calorie per cm2 è indi- renti è stata sempre imponente e nei periodi di lun- cata nella Tab. 2. ghe e intense precipitazioni (büzze), anche fortemen- Tab. 1 – Eliofania a Domodossola (ore) te distruttiva. Le alluvioni sono infatti una delle piaghe Primavera 433 più frequenti dell’Ossola colpendo ora questa ora quel- Estate 603 la parte del territorio. L’ultima che ha modificato pro- Autunno 370 fondamente le valli Antrona e Anzasca e soprattutto la Inverno 260 Anno 1666 val Vigezzo risale al 1978, ma se ne conosce una lunga e paurosa serie. Tab. 2 – Energia del sole secondo le stagioni a Domodossola (calorie/cm2). Contribuisce tuttavia ad ammorbidire il clima dell’Os- Primavera 35530 sola ed a renderlo molto salubre la presenza di grandi Estate 50427 Autunno 24468 estensioni di boschi, che aiutano a mantenere una umi- Inverno 12982 dità quasi ideale nei mesi estivi e si oppongono all’azio- Anno 123407 ne delle acque diluviali che tentano di corrodere le pen- dici dei monti. Temperatura E’ comunque chiaro che ogni luogo dell’Ossola ha un La temperatura raggiunge in ogni luogo un valore mas- suo clima che dipende da fattori generali, ma spesso e simo ed un valore minimo, in base ai quali si può sta- soprattutto da fattori locali, come l’altitudine, l’esposi- bilire il valore medio. I dati medi mensili relativi a Do- zione al sole ed ai venti, ecc. modossola nei vari mesi dell’anno: temperatura massi- Guardiamo infatti le valli ossolane e consideriamo dove ma (Tx), temperatura minima (Tn), temperatura me- insorgono gli insediamenti abitati più antichi. dia (Tm) misurata in gradi centigradi (°C) risultano Li troviamo nelle zone a solatio e possibilmente non dalla Tab. 3. esposte alle alluvioni dei torrenti, sui balzi delle valli, Tab. 3 – Temperature massime, minime e medie a Domodossola per mese dove, anche in inverno, c’è molto sole e non ristagna Tx Tn Tm l’aria fredda che invece rende più rigido l’inverno del Gennaio 6.0 -2.2 1.4 fondovalle. Febbraio 8.6 -1.1 3.3 Marzo 12.7 2.7 6.9 Aprile 16.6 6.3 11.3 Il clima di Domodossola Maggio 20.7 9.7 15.0 A Domodossola per circa un secolo è stato in funzione Giugno 24.7 13.6 19.2 Luglio 27.3 15.9 21.7 un Osservatorio Meteorologico presso il Collegio Ro- Agosto 26.5 15.4 20.7 smini ed i dati ottenuti in tanti anni ci permettono di Settembre 22.4 12.2 16.9 definire con buona approssimazione il clima della capi- Ottobre 16.2 7.1 11.3 Novembre 10.4 2.0 5.7 tale ossolana e dei dintorni. Lo confronteremo poi per Dicembre 6.4 -1.2 2.3 quanto ci è possibile con quello delle vallate ossolane. Anno 16.5 6.7 11.3

110 La temperatura minima assoluta a Domodossola non Tab. 4 – Temperature del sottosuolo a Domodossola per mese ha mai raggiunto i -17 °C, né la massima assoluta ha su- a 40 cm a 60 cm a 80 cm Gelo Brina perato i 40 °C. Il clima di Domodossola è quindi tem- Gennaio 2.0 2.1 2.8 23 14 perato anche se variabile come ogni clima alpino. Febbraio 2.6 2.8 3.1 17 11 Intimamente legate allo sviluppo vegetativo sono le Marzo 5.8 5.2 5.0 7 6 Aprile 9.5 8.7 8.3 1 1 temperature in °C del sottosuolo che sono rilevate a va- Maggio 12.7 12.0 11.6 - - rie profondità, come pure il numero di giorni di brina Giugno 16.3 15.9 15.3 - - di gelo che offriamo nella Tab. 4. Conviene ricordare Luglio 18.7 18.2 17.8 - - che il gelo non scende mai al di sotto dei 20 cm e che a Agosto 19.3 19.1 18.9 - - 2 m di profondità nell’estate il suolo raggiunge i 17 °C. Settembre 17.0 17.2 17.6 - - Lo sviluppo vegetativo inizia quando (generalmente nel Ottobre 13.0 13.3 14.1 1 2 Novembre 7.9 8.6 9.4 8 11 mese di marzo) si verifica una inversione delle tempe- Dicembre 3.9 4.3 5.2 20 12 rature del sottosuolo, mentre la seconda inversione (nel Anno 10.7 10.6 10.9 77 57 mese di ottobre) segna il suo cessare.

Tab. 5 – Umidità assoluta e relativa in Ossola per mese Umidità Tensione di vapore Umidità relativa L’umidità assoluta, misurata mediante la tensione di va- Acqueo in mm Hg in % pore acqueo in mm di Hg, e l’umidità relativa, misurata Gennaio 4.0 70 in % rispetto ai valori di saturazione, sono abbastanza Febbraio 4.0 63 variabili nell’Ossola. Ovviamente i massimi si registra- Marzo 4.7 58 Aprile 6.2 58 no durante i periodi di pioggia; i minimi invece si regi- Maggio 8.4 61 strano quando spira il vento favonico dal Nord. In que- Giugno 11.2 62 ste occasioni sono frequentemente raggiunti valori mi- Luglio 12.5 60 nimi dell’umidità relativi prossimi al 2%. Ma guardan- Agosto 12.5 60 do i valori medi mensili e annuali, presentati nella Tab. Settembre 10.9 71 5, si può osservare che il clima ossolano non è né troppo Ottobre 8.3 76 Novembre 5.4 72 secco né troppo umido, quindi ottimo per chi ci abita. Dicembre 4.2 71 Anno 7.7 66 Stato del cielo Può essere utile conoscere i valori della nebulosità me- dia mensile misurata in decimi di cielo coperto e classi- Tab. 6 – Nebulosità (decimi di cielo coperti) e numero di giorni sereni, misti o coperti in Ossola. ficando i giorni in sereni, misti e coperti (Tab .6). Nebulosità Sereni Misti Coperti Gennaio 4 16 10 5 Ventilazione Febbraio 4 15 9 4 I venti predominanti in Ossola corrono lungo le valli. È Marzo 5 14 10 7 predominante quello da Sud seguito da quello da Nord Aprile 5 10 12 8 e da Nord-Ovest. I mesi più ventosi sono novembre, di- Maggio 5 9 13 9 cembre, gennaio e febbraio. Il vento è abbastanza for- Giugno 4 10 14 6 te in circa 50 giorni, moderato in 100 giorni e in 200 Luglio 4 13 13 5 Agosto 5 15 12 5 giorni si segnala calma. Normalmente nella notte spi- Settembre 5 12 11 7 ra il vento fresco dalla montagna verso la valle, mentre Ottobre 5 12 10 9 verso mezzogiorno e nel pomeriggio spira la brezza pro- Novembre 5 13 10 7 veniente dal Lago Maggiore verso la montagna. Dicembre 4 16 9 6 I venti più forti sono sempre quelli favonici da Nord e Anno 5 155 133 78

111 Nord-Ovest con velocità che superano facilmente i 100 Notizie sul clima delle vallate ossolane km/ora e talvolta raggiungono i 150 km/ora. Le notizie sul clima di Domodossola sono estensibili solo in parte al resto della vallata principale ed alle al- Precipitazioni tre valli laterali. Le numerose stazioni sparse nell’Osso- I valori medi mensili delle precipitazioni, l’altezza me- la permetterebbero di stabilire con buona approssima- dia della neve ed il numero di giorni di precipitazio- zione i dati termometrici ed udometrici cioè le tempe- ni in forma di pioggia, neve, e temporali sono ripor- rature e le precipitazioni mensili medie; ma su di esse tati nella Tab. 7. Le precipitazioni in forma di piog- vogliamo essere piuttosto brevi. Partendo da Domo- gia sono abbondanti in Ossola con netta preferenza nei dossola (m 272) e scendendo lungo la valle le tempe- mesi primaverili ed autunnali. Il mese più piovoso è ot- rature medie mensili ed annuali aumentano leggermen- tobre seguito da maggio. Nell’inverno le precipitazioni te con differenza di qualche decimo di grado centigra- sono scarse. Anche la neve non è abbondante a Domo- do. Al contrario, le medie trentennali (1971-2000) del- dossola e presenta una notevole variabilità interannua- le stazioni gestite dall’ENEL (Fig. 1), dati regolarmente le. La nebbia è abbastanza rara durante l’intero arco del- pubblicati sulla rivista Oscellana, evidenziano che con l’anno. Non sono infrequenti in Ossola periodi di piog- l’aumento della quota si verifica una diminuzione del- ge intense e continue, che si registrano ogni volta che le temperature medie annuali (Fig. 2), con un valore cospicue masse di aria umida provenienti dall’Oceano di circa 0,54 °C per ogni cento metri di aumento della Atlantico aggirano le Alpi raggiungendo il Mediterra- quota sul livello del mare. neo, quindi si dirigono verso il Nord attraversando la Pianura Padana fino a raggiungere le Alpi da Sud. Sono queste situazioni meteorologiche a determinare i perio- di di büzza, che spesso danno origine a disastrose allu- vioni. In queste occasioni non è raro che cadano in un giorno e talvolta in poche ore anche 100 e 200 e ol- tre 300 mm di pioggia. La siccità invece è rara; ma se la pioggia non cade per un mese nel periodo primave- rile o estivo ne comincia a soffrire la vegetazione, giac- ché il terreno siliceo ossolano subisce una rapida disi- dratazione ed ha bisogno di essere frequentemente ri- fornito di acqua.

Tab. 7 – Valori medi mensili delle precipitazioni in Ossola

Precipit. Neve Giorni Giorni in mm in cm piovosi nevosi Temporali Gennaio 71 20 3 3 - Febbraio 63 29 4 3 - Fig. 1 – Val d’Ossola e collocazione delle principali stazioni meteorolo- Marzo 127 13 7 2 - giche citate nel testo. Aprile 161 6 11 - 1 Maggio 169 6 13 - 2 Le precipitazioni invece crescono rapidamente passan- Giugno 125 - 12 - 4 Luglio 111 - 12 - 4 do dai 1492 mm annuali di Domodossola a quelle di Agosto 117 - 10 - 6 circa 1600 mm di Pallanzeno e Piedimulera ed a 2600 Settembre 122 - 9 - 2 mm ad Ornavasso. La bassa Ossola infatti entra nel- Ottobre 216 - 11 - - Novembre 125 7 6 1 - l’area delle massime piovosità alpine. Ma è utile ripe- Dicembre 85 15 6 2 - tere che i fattori locali sono sempre molto importanti. Anno 1492 90 102 10 20 Così il clima di Megolo, Anzola e Migiandone è molto

112 più rigido di quello di Vogogna, Premosello, Cuzzago La valle Antrona e Mergozzo, essendo questi ultimi paesi bene esposti al Salendo da Villadossola verso Antronapiana il clima sole mentre i primi ne sono assolutamente privi per un si irrigidisce a causa dell’aumento di altitudine. Tut- lungo tratto dell’inverno. tavia tutti i paesi posti sulla sinistra del fiume Ovesca (Montescheno, Seppiana, Viganella e Schieranco) han- no temperature medie superiori a quelle dei paesi posti T max sulla destra del fiume i quali, specialmente nei mesi in-

T medie vernali, non vedono il sole per molti giorni. La tempe- ratura media annuale è di circa 10 °C, con minime in- T min vernali che raggiungono i –15 °C. A Rovesca (m 867) la temperatura media annuale scende a 9 °C ed è uguale a quella di Antronapiana. Salendo ancora lungo la valle verso le stazioni più elevate riscontriamo 7 °C a Cam- pliccioli (m 1355), 6 °C a Cheggio (m 1497), l,2 °C al Cingino (m 2255). Le precipitazioni decrescono gene- ralmente salendo da Villadossola verso Antronapiana. Fig. 2 – Medie (1971-2002) delle temperature minime, medie e mas- Il totale annuale è di circa 1500 mm a Villadossola ed sime in alcune stazioni ossolane in relazione alla quota e relative ret- a Montescheno, scendendo a circa 1400 mm a Rove- te di regressione. I dati si riferiscono, da sinistra a destra, alle stazio- ni di Pallanzeno, Domodossola Rosmini, Crevoladossola, Rovesca, Pon- sca (m 867) ed a Campliccioli (m 1355) ed a circa 1300 te di Formazza, Campliccioli, Alpe Cavalli, Agaro, Codelago, Vanni- mm a Camposecco (m 2331). La neve cade soprattutto no, Toggia, Camposecco, Sabbioni (dati raccolti da ENEL Produzio- nella parte più alta della valle, da Antronapiana in su, ne di Domodossola). dove il manto nevoso nei mesi invernali arriva anche a 3 metri di altezza e dove precipitano numerose valanghe, alcune delle quali, come quella di Schieranco, scendo- no fino a fondovalle. I venti dominanti spirano in dire- La valle Anzasca zione del solco vallivo da e verso Nord-Ovest. Il clima della valle Anzasca va gradatamente irrigiden- dosi da Piedimulera (m 247) fino a Macugnaga (Pecet- La valle Bognanco to m 1362). La temperatura media annuale a Piedimu- Anche per la valle Bognanco si possono fare considera- lera è di circa 11 °C mentre quella di Macugnaga scen- zioni analoghe a quelle fatte per la valle Antrona, che de a 5.5 °C con temperature minime invernali che rag- ha lo stesso orientamento. La temperatura media an- giungono facilmente i –15 °C e talvolta i –20 °C. Il cli- nuale va diminuendo con l’altezza, ma i paesi posti sul- ma dunque si irrigidisce salendo da Piedimulera a Ma- la sponda sinistra del fiume Bogna (Cisore, Monteos- cugnaga. Le precipitazioni sono piuttosto rilevanti in solano, le alte frazioni di Bognanco-Dentro) hanno un tutta la valle Anzasca: Piedimulera 1600 mm, Anzino clima meno rigido di quelli posti sulla sponda destra, 1700 mm, Macugnaga 1400 mm, Macugnaga Belve- come S. Marco, o nel fondovalle come Bognanco Fonti. dere 1700 mm, Passo del Moro 1700 mm. Le preci- Le minime assolute invernali possono raggiungere i –20 pitazioni nevose sono abbondanti nella parte superio- °C. Le precipitazioni sono di circa 1400 mm all’anno re della valle. La neve cade da novembre a marzo nel- con i massimi primaverili (maggio) ed autunnale (otto- la parte mediana della valle (Calasca, Bannio, Vanzo- bre). Sugli alti monti cade abbondante la neve da no- ne, Ceppomorelli) e da ottobre ad aprile a Macugna- vembre a maggio ed il manto nevoso raggiunge spesso i ga dove il manto nevoso normale ha uno spessore me- 3 metri di spessore. Cadono anche numerose valanghe dio di un metro. che talvolta scendono a lambire le frazioni più elevate.

113 La valle Divedro le precipitazioni nevose sono in generale molto abbon- La valle Divedro è fortemente incassata fra alte monta- danti e durano facilmente da novembre fino alla fine gne e quindi ha un clima molto rigido. Di fatto il paese di maggio. Anche le valanghe sono frequenti nei luo- di Iselle non ha sole nei mesi invernali e di conseguenza ghi più ripidi, causando talvolta anche gravi danni ai la temperatura media è molto al di sotto di quella che boschi. Grandiosa quella del 1951 all’Alpe Veglia che competerebbe alla sua altitudine. In migliore condizio- abbatté cascine e migliaia di larici. Nella valle Divedro ne sono Varzo e Trasquera situati, non a caso, in posi- non sono infrequenti le alluvioni, accompagnate anche zione solatia. Influisce sul clima della valle anche la vi- da grandiosi franamenti come quelli del Monte Mar- cinanza dei potenti ghiacciai delle Alpi Pennine che su- ghino che ha sbarrato il fiume e interrotto ripetutamen- perano i 4000 metri. te la ferrovia del Sempione nel 1951 e nel 1958. La temperatura media annuale a Varzo (m 568) è di cir- ca 8 °C, mentre scende a 5 °C a Gebbo (m 1060), ed La valle Antigorio-Formazza a -0,5 °C al lago d’Avino (m 2246). Le precipitazio- La valle Antigorio-Formazza è percorsa dal Toce che ni vanno generalmente diminuendo man mano che si ha le sue sorgenti nei ghiacciai terminali della valle allo sale verso le zone più elevate. A Varzo cadono in media spartiacque alpino. Entrando dal fondovalle, dopo Pon- 1700 mm annui, 1400 a Iselle ed a Trasquera. Nella val- temaglio, nella valle Antigorio il clima si irrigidisce len- le del torrente Cairasca la stazione di Gebbo segna una tamente con il crescere dell’altitudine per diventare precipitazione media annuale di circa 1400 mm e quel- molto rigido nella valle Formazza, al di sopra del gradi- la del lago d’Avino di 1600 mm. Nella parte alta della no delle “Casse”. A Crodo la temperatura media annua- valle, verso il Sempione, l’Alpe Veglia ed il lago d’Avino, le è di circa 10 °C, ma a Mozzio, Viceno e Cravegna,

114 nonostante l’aumentata altitudine, è pressochè uguale. da Est, a seconda della situazione meteorologica gene- La temperatura decresce da Baceno in su sia nel baci- rale. Anche in val Vigezzo è frequente il vento favonico no del Devero che in quello del Toce. È di circa 6 °C a in inverno ed in primavera. Goglio (m 1133), 5 °C ad Agaro (m 1600), 4 °C a De- Le precipitazioni cadono molto abbondanti in valle Vi- vero (1631 m). A Cadarese di Premia la temperatura è gezzo. Le medie annue sono infatti di oltre 2000 mm. di circa 7 °C, ma scende a 6 °C a Ponte di Formazza Sono molto frequenti i temporali estivi accompagnati (m 1280), a 1 °C al Vannino (m 2182), a 0 °C in Val- solitamente da grossi rovesci di pioggia. La valle Vigez- toggia (m 2200) ed a -2,5 °C al Sabbione (m 2466); zo è molto soggetta alle alluvioni; disastrosa quella del- questa ultima stazione è prossima al ghiacciaio dell’Ho- l’agosto 1978 che recò enormi danni a tutta la valle. Re- sand. Queste valli sono dominate dai venti impetuo- lativamente abbondante la neve. si che spirano lungo il loro asse e risentono fortemen- Il clima della valle Vigezzo è tuttavia da considerarsi te anche delle perturbazioni che giungono dai quadran- molto buono e salubre sia nei mesi estivi che nei mesi ti settentrionali. invernali, non eccessivamente rigido, ma ammorbidito Gli stessi venti favonici, secchi e caldi, che nei mesi in- da una certa variabilità che in generale si fa apprezzare vernali giungono a Domodossola sono invece freddi anche dai turisti. nella valle Formazza e portano neve e nevischio in tut- ta la valle Antigorio. Le precipitazioni risentono di que- E’ cambiato il clima ossolano? sta situazione e quindi sono in generale piuttosto di- Quasi ogni giorno i mezzi di informazione parlano del- verse che a Domodossola. Anche in questo caso tutta- le variazioni climatiche e delle relative conseguenze che via i totali annuali in generale decrescono con l’altitu- queste hanno o potrebbero avere sull’ambiente e sulle dine: 1350 mm a Crodo, 1330 mm a Cadarese, 1200 nostre attività quotidiane. Cosa si può dire, sulla base mm a Ponte di Formazza, 1100 mm a Vannino e Val- di misure sperimentali, di quanto è avvenuto ed è in toggia, 900 a Sabbione. In Val Devero si passa da cir- evoluzione in Val d’Ossola? Risposte, sia pur parziali, ca 1500 mm a Goglio, a 1400 mm ad Agaro ed a 1700 sono possibili grazie alla serie ultrasecolare di misure mm a Codelago. La neve cade abbondante in tutta la effettuate dall’Osservatorio Meteorologico del Collegio valle e specialmente nelle zone elevate dello spartiac- “Mellerio Rosmini”, collocato alla periferia di Domo- que alpino, restando al suolo per molti mesi, da ottobre dossola, ad una quota di 295 m s.l.m. Le osservazioni a maggio. Cadono anche numerose valanghe, in gene- iniziarono nel 1872, grazie alla disponibilità dei Padri rale nei luoghi ben conosciuti dagli alpigiani. Sono rari Rosminiani e all’interessamento del Club Alpino Italia- i temporali in estate, mentre sono frequenti in inverno no, impegnato in quegli anni ad impostare una rete di le tempeste di neve. osservatori sulle Alpi e nell’area subalpina. L’osservatorio è stato ufficialmente inserito nella rete La valle Vigezzo meteorologica italiana dal 1872 al 1973; i suoi dati Il solco vallivo che congiunge la valle percorsa dal Toce sono stati regolarmente pubblicati su riviste ufficia- con quella del Ticino sale da Domodossola fino a Druo- li quali gli “Annali Idrologici del Ministero dei Lavori gno (m 836) per poi discendere verso il territorio sviz- Pubblici”. Le misure eseguite riguardavano: temperatu- zero. Questa valle, orientata da Est verso Ovest, risen- ra dell’aria, precipitazioni, pressione barometrica, dire- te fortemente della diversità di insolazione sui due ver- zione ed intensità del vento, copertura di nubi del cie- santi. Per tal motivo la maggior parte dei paesi è posta lo; per periodi più brevi sono state eseguite anche misu- sul versante esposto al sole, dove le temperature sono re geofisiche, quali il rilievo di scosse sismiche, la tem- meno rigide d’inverno. La temperatura media annua- peratura a diverse profondità del suolo, la radioattivi- le è di circa 9 °C a Malesco, 8 °C a S. Maria Maggiore tà delle deposizioni atmosferiche. Negli anni successivi e di 10 °C a Craveggia. Il vento predominante è quel- al 1973 le misure di temperatura e precipitazione sono lo che spira lungo l’asse della valle da Ovest e poi quello continuate, mentre si sono interrotti gli altri rilievi. In-

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Fig. 3 – Serie delle temperature di Domodossola con media mobile di ����฀�฀�฀�����฀�������������฀��฀�����������฀���฀���Fig. 4 – Serie pluviometrica di Domodossola��฀������฀��฀������฀��฀�฀�����฀��฀��������฀��� con media mobile di ordi- ordine 25 e con linea di tendenza (da Oscellana 32 (1), 2002) ne 25���������฀��฀����฀������ e linea di tendenza (da Oscellana 32 (2), 2002).

fine, dal 2001, la stazione è gestita dall’Istituto per lo ciai, con la completa scomparsa di quelli di dimensio- Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle ni minori, alle quote minori. Il fenomeno non è esen- Ricerche di Verbania. te da rischi idrogeologici, quando la conformazione dei Recentemente le serie ultrasecolari dei dati di tempera- versanti crea le condizioni per la formazione di sacche tura dell’aria e precipitazioni sono state analizzate per di acque di scioglimento in situazioni di instabilità. Un evidenziarne tendenze statisticamente significative. I ri- esempio si è avuto qualche anno fa in Val Anzasca con sultati hanno confermato le tendenze a livello regiona- il “Lago Effimero”, formatosi sui ghiacciai del Monte le e nazionale evidenziate in altri lavori. Le temperatu- Rosa, che ha mobilitato esperti e tecnici del soccorso ci- re mostrano un aumento medio annuo di 0,61±0.14 °C vile, per il potenziale pericolo di un brusco e disastroso in 100 anni (Fig. 3), con un aumento massimo in inver- deflusso delle acque a valle. no (1,05±0.28 °C in 100 anni), una variazione non si- Come per le temperature, anche i risultati dell’analisi gnificativa in estate (0,19±0,23 °C in 100 anni) e valo- sulla quantità e sul regime delle precipitazioni rilevate ri intermedi in primavera ed autunno (rispettivamente all’osservatorio Rosmini di Domodossola appaiono in 0,53±0,23 e 0,63±0,21 °C in 100 anni). linea con altre osservazioni eseguite nel Nord Italia. La Questi valori risultano leggermente più elevati di quel- quantità globale di precipitazione (Fig. 4) non ha evi- li indicati nel 2002 da Maugeri e Mazzucchelli come denziato un trend significativo nel periodo considerato, medie per il Nord Italia (T minime e massime annue presentando una media di 1398 mm, con una deviazio- 0,27±0,07 e 0,44±0,10 °C in 100 anni) e prossimi a ne standard di 351 mm, ed estremi di 768 e 2918 mm quelli indicati dall’Intergovernamental Panel on Clima- (rispettivamente negli anni 1893 e 1872). te Change (IPCC), organismo fondato nel 1988 dal- A fronte di questo risultato, è stata evidenziata una ten- l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, che forni- denza alla diminuzione del numero di giorni di precipi- sce un incremento di temperatura a livello globale per tazione per anno, passati da 100-110 negli ultimi anni il XX secolo di 0,6±0.20 °C. L’aspetto più preoccupan- del 1800 a 85-90 negli ultimi venti anni (Fig. 5). te deriva dal fatto che l’aumento sembra decisamente L’evoluzione di queste due componenti della distri- accentuarsi negli ultimi 10-15 anni, quando più volte buzione delle precipitazioni indica quindi chiaramen- sono stati superati i massimi storici secolari in termini te un aumento della intensità di precipitazione, defini- di temperature e eventi di precipitazione. ta come rapporto tra quantità e frequenza di precipita- Una conseguenza ambientale legata all’innalzamento zione; l’analisi su base stagionale mette inoltre in luce delle temperature, rilevante per l’arco alpino in gene- una variazione più accentuata in autunno e, seconda- rale e quindi anche per l’Ossola, è il regresso dei ghiac- riamente, in primavera ed estate. Aumentano così gli

116 eventi estremi di precipitazione, con un conseguente aumento del rischio idrogeologico. E’ superfluo ricor- dare che il flagello delle alluvioni costituisce una com- ponente storica della realtà ossolana e che gli eventi del- l’ultimo decennio (anni 1993, 1994, 2000) sono stati fra i più catastrofici. L’incremento della intensità delle precipitazioni osservato a Domodossola trova ampio ri- scontro nelle osservazioni di altre stazioni del Nord Ita- lia e, più in generale, questo aspetto sembra riflettere una tendenza globale, associata ad una maggiore “viva- cità” del ciclo dell’acqua connesso con l’aumento del- Fig. 5 – Numero di giorni di precipitazione per anno a Domodosso- la con media mobile di ordine 25 e linea di tendenza (da Oscellana la temperatura. 32 (2), 2002).

Poesia della natura: la galaverna.

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La flora Cesarina Masini Chieu

Le condizioni altimetriche e morfologiche dell’Osso- considerazione nella gastronomia locale, tanto da veni- la, il suo clima di tipo continentale temperato, offrono re perfino festeggiata a Montecrestese con una sagra po- all’osservatore una successione di zone di vegetazione, polare che si tiene in autunno. giustificata via via dall’altitudine, dall’esposizione dei versanti, dall’insolazione, dal vento, dall’umidità, dal- Erano altri tempi quelli in cui veniva coltivata la Cana- le precipitazioni nevose, dalle condizioni fisiche, chimi- pa, Cannabis sativa, per ottenere una buona fibra da cui che e biotiche del suolo. si ricavava la preziosa “tela da ca’”, prodotto artigianale I paesaggi tanto diversi di cui si compone la fisionomia a livello domestico adatto a soddisfare le esigenze fami- dell’Ossola sono improntati da forme caratteristiche di liari di indumenti e biancheria; ora Canapa, Tabacco e vegetazione: alberi, boschi, fiori, erbe e prati, ora edu- Frumento non si coltivano più . cati sapientemente dalla mano dell’ uomo, ora lasciati crescere in selvaggia libertà, ad arricchire di bellezza e di Particolare fu in tutti i tempi addirittura da millenni, colori le prospettive del piano, dei colli, delle cime. la cura dedicata alla Vite, Vitis vinifera, una Vitacea Al piano basale fino a 400 m. di altitudine apparten- coltivata dal piano alle pendici solatie dei monti, an- gono terreni ricchi di seminativi e di colture agricole, che su terrazzamenti, realizzati con muretti di sostegno come vari cereali, alberi da frutta e pingui prati. Fra i fino verso i 1000 m.. La pianta che si adatta facilmente cereali soprattutto la Segale, Secale Cereale, una Grami- alle difficoltà del clima, richiede un terreno abbastanza nacea la cui coltivazione era diffusa in tutta l’ Ossola , profondo e una buona esposizione al sole per matura- da sempre cibo delle popolazioni più povere e isolate; la re un frutto ricco di zuccheri in modo da ottenere poi pianta rustica per il suo grande adattamento alle avver- un buon vino, e in seguito, dall’attività dell’ alambicco, sità climatiche e alla povertà dei terreni, può essere col- una profumata grappa. tivata fino a 1300 - 1500 m. di altitudine. Quando nel paesaggio alpino si alternavano come in una scacchie- Un’essenza preziosa che l’uomo ha da sempre coltivata ra il verde dei prati e il giallo delle spighe alte e bionde, per goderne tutte le parti: corteccia, legno, foglie, mallo erano tempi in cui nei piccoli “campi” gli Ossolani ba- e seme, è il Noce, Juglans Regia famiglia delle Juglanda- savano la loro economia su una agricoltura che potesse cee. Si trovano anche Noci cresciuti lontani dalle abita- assicurare le necessità primarie come il Pane. Tuttora a zioni, non piantati dall’ uomo, ma disseminati da cor- Coimo, in Valle Vigezzo, si fa un buon pane di “seila”, vi, gazze, ghiandaie, e da roditori come scoiattoli e topi, oggi oggetto di tradizione. infatti la riproduzione avviene per seme . Il Noce ha esi- Segale e patate furono la ricchezza del montanaro, an- genze di terreno morbido e fresco, profondo per affon- che in tempi di guerra e di carestie. La Patata Solanum dare il suo robusto apparato radicale, abbisogna di mol- Tuberosum una Solanacea che giunse sulle mense osso- to spazio disponibile per sviluppare una folta chioma di lane solamente dopo il 1770, il tubero dal grande valo- ampie foglie lucide. E’ una pianta dioica che fiorisce in re nutritivo, si adatta ad ogni tipo di clima e fruttifica primavera, a giugno mostra il frutto verde e a ottobre lo anche fino a 1500 m. di altitudine, è tenuta in grande regala maturo, ricco di sostanze grasse e zuccherine.

119 Fino agli 800 m. è la zona detta fascia submontana, gantemente spioventi amico dell’acqua e del fresco, che propria delle caducifoglie, o latifolie eliofile, piante cioè già in marzo mette le foglie e le lascia cadere per ultimo, a riposo invernale, con foglie a lamina larga, adatte a vi- nel tardo autunno. Ancor prima delle foglie compaiono vere in ambiente ad elevata luminosità, quali l’Acero, la le infiorescenze, amenti diritti, setosi a cui viene dato il Betulla, il Frassino, il Salice, il Sambuco, la Robinia, il nome di “gattini” : all’impollinazione provvedono gli Nespolo. Grandi, altissimi alberi distendono i loro rami insetti come calabroni e certe farfalle come la Vanes- nel cielo e sprofondano le radici nel terreno, accanto ad sa Antiopae, la Nymphalis Antiopa, la Catocala Electa arbusti, piante, pianticelle, erbe, che si nascondono nel- con abitudini notturne; alla dispersione dei minuscoli l’umido, e all’ ombra delle grandi e dell’ ombra e con semi, provvisti ciascuno di un ciuffo di peli, provvede- l’ombra vivono. rà il vento. Nella corteccia, nelle foglie, negli amenti, è presente un glucoside, la salicina, da cui per idrolisi si L’ Acero più diffuso è il Campestre, una Aceracea pre- ottiene acido salicilico, lo stesso che si trova nell’ “aspi- sente dalla pianura alla collina, alla bassa montagna, rina”, dalle proprietà analgesiche e febbrifughe, che fu- dove non supera i 1500 m. di altitudine; ma il grande rono note anche agli antichi. Per le condizioni ambien- albero che arriva anche ad una altezza di 30 m., è l’Ace- tali favorevoli, sono presenti in Ossola 18 specie, lungo ro Montano, che si spinge fino quasi a 2000 m. nella i torrenti nelle valli Vigezzo, Anzasca, Divedro, nei luo- zona del Faggio e dell’ Abete, il più longevo, la cui vita ghi umidi fino ai dintorni di Macugnaga, e al Sempio- può arrivare fino a 150 –200 anni. Essenza preziosa in ne; la specie detta “Retusa” dal portamento striscian- silvicoltura per la formazione dell’ humus forestale dol- te arriva fino al limite dei ghiacciai. Appartengono tut- ce e poroso, in quanto le sue foglie sono ricche di azo- te alla famiglia delle Salicacee. to e povere di cellulosa, sbocciano in maggio numero- si fiori riuniti in grappoli, che attirano gli insetti a cui è Pianta altrettanto comune è il Sambuco, una Caprifo- affidata l’impollinazione, singolare per i suoi frutti ala- gliacea a forma di cespuglio o piccolo albero, dai rami ti detti “samare”, che contengono due semi ciascuna e ricadenti e dalle vistose profumate ombrelle di piccoli che il vento d’autunno porterà lontano favorendo così fiori che in agosto- settembre si trasformano in bacche la disseminazione. di colore nero rossastro, piene di succo zuccherino, avi- damente ricercate dagli uccelli soprattutto dai merli, re- Fiorisce fra maggio e giugno dal piano fin a 1000 m. sponsabili poi della disseminazione. di altitudine la Robinia Pseudoacacia albero delle Le- guminose dai rami un po’ tortuosi, dalla bella chio- Spontaneo sotto forma di arbusto o di alberello alto da ma ricca di foglie che sono appetite dai conigli selva- 2 a 3 m., dove sono i boschi radi, non oltre i 1000 di tici e dai cervi; i grappoli di fiori bianchi profumatis- altitudine, cresce molto lentamente il Nespolo Mespi- simi bottinati dalle api che hanno funzione di insetti lus Germanica che appartiene alla famiglia delle Rosa- impollinatori, ai fiori succedono i frutti , legumi lun- cee. Il fusto legnoso ha un andamento tortuoso con nu- ghi 5-8 cm., pendenti, bruno nerastri che contengo- merosi rami e le foglie ovali lunghe fino a 12 cm. ; fiori- no 4 - 11 semi neri, tossici per l’uomo, che cadranno sce da maggio a giugno con grandi fiori bianchi solitari, alla fine dell’inverno. Oltre ad essere una pianta pio- preziosa fonte di polline per le api; il frutto è una bacca niera, consolidante del suolo, presenta fra le sue radi- verde- bruna che maturando acquista una consistenza ci dei tubercoli dovuti a un batterio che fissa nel terre- pastosa e un sapore asprigno, ma gradevolmente zuc- no l’azoto atmosferico rendendolo più fertile. La Ro- cherino. Il frutto una volta tolto dalla pianta nel tardo binia è una delle sedi prescelte dal Vischio, ma sof- autunno, deve essere riposto nella paglia dove subisce fre di questa forma di parassitismo, fino a morirne. un processo di fermentazione: modo di maturare det- to “ ammezzire”. I frutti più grossi e succosi si raccol- Quando si dice Salice si pensa a un albero dai rami ele- gono sui pendii assolati di Montecrestse e Oira in Valle

120 Raro rododendro bianco.

Antigorio. La Quercia, è la Cupolifera millenaria com- ri succhiatori un semiparassita, il Vischio, una Loranta- pagna dell’uomo, è uno degli alberi più robusti maesto- cea, che essendo priva di radici si rifornisce di acqua e di si per il portamento: è alto da 30 a 40 m. molto ramifi- sali minerali sfruttando la linfa delle piante ospiti, men- cato, ha grande espansione della chioma, il tronco ca- tre ha la sua funzione clorofilliana per la presenza di nu- ratteristico per la corteccia bruno - nerastra screpola- merose piccole foglie verdi con le quali può sintetizza- ta, le foglie verdi scure e lucide sopra, ovali, con bordi re gli idrati di carbonio. Quando la pianta ospite perde a festoni arrotondati. E’ una pianta dioica in primave- le foglie, il Vischio diventa evidente, un piccolo arbusto ra compaiono gli amenti maschili giallastri, penduli,e a forma di ciuffo rotondo sempreverde orientato verso quelli femminili a squame; il frutto sarà una ghianda nord perché è igrofilo, cioè ha bisogno di molta umidità ovale con la cupola a scaglie. Offre all’uomo la sua om- per la germinazione dei suoi semi. I fiori compaiono in bra, il legno pesante e duro, adatto a molti usi, la scor- primavera, poco vistosi, alla fine dell’autunno compaio- za per il contenuto in tannino, le foglie e le ghiande per no i frutti, bacche sferiche, bianche traslucide che con- il nutrimento degli animali; cresce lentamente, molto tengono un grosso seme immerso in una sostanza visci- tempo deve trascorrere prima che maturino i frutti, ma da, collosa e gelatinosa. Tordi, merli, cinciallegre si nu- è pianta longeva e raggiunge i 2000 anni. Sono presenti trono di questi frutti e inconsapevolmente, o pulendosi in Ossola la Quercus Robur o Farnia, che supera rara- il becco, o con gli escrementi, favoriscono la dissemina- mente i 1000 m., la Rossa o Rubra che cresce in un vi- zione della pianta, in quanto i semi rivestiti del liquido vaio della Guardia Forestale nei pressi del Lusentino, la appiccicoso, si attaccano ai tronchi degli alberi e il ci- Sessiliflora o Rovere, la più diffusa, presente fino a 1500 clo ricomincia. La pianta è molto tossica per l’uomo e la m. su terreno soffice e leggero. Il nome dialettale gene- sua tossicità varia a seconda della specie arborea parassi- rico è “Rugul”. tata, cresce generalmente sugli alberi da frutto, ma an- che su Pioppi, Olmi, Betulle, Salici e Castagno, se cre- Cresce sulla Quercia affondando nel tronco i suoi austo- sce sulla Quercia, o sul Pero, è più ricca di principi at-

121 penduli e quelli femminili riuniti in spighe compaiono in febbraio, sarà il vento a provocare l’ impollinazione. In autunno prima della caduta delle foglie, maturano i frutti, secchi e chiusi, di solito riuniti a gruppi da una a quattro. Le nocciole sono protette da un guscio legnoso liscio e duro e da grandi brattee verdi, contengono un unico seme dalla polpa bianca e dolce, di elevato pote- re nutritivo. Roditori come scoiattoli, ghiri e topi cam- pagnoli, uccelli come le ghiandaie sono ghiotti consu- matori di questi frutti, quelli che non verranno raccol- ti, caduti a terra germineranno in primavera e daranno origine ad altre piante.

L’ habitat del Biancospino, Crataegus Oxyacantha, libe- ro e selvaggio è la macchia, la siepe, la scarpata dal pia- no fino a 1600 m., in un sottobosco luminoso dove fra aprile e giugno compaiono i suoi bianchi e profuma-

L’Edelweiss o Stella alpina. ti corimbi e in seguito le drupe rosse, ovali, velenose. Spesso in comune con la Rosa selvatica o Rosa di mac- tivi, quindi più tossica; la corteccia della Quercia è tan- chia, è presente in tutte le valli dal piano fino 1800 m. to consistente che anche se parassitata dal Vischio, non in parecchie varietà. Il fungo che lo parassita è l’ Entolo- ne viene danneggiata. ma clipeato che vive sugli alberi da frutta della famiglia delle Rosacee, lo visitano farfalle come la Aporia Cra- Nel sottobosco del Querceto crescono numerose pian- taegi e la Iphiclides Podalirius. te legnose e arbustive, con esigenze meno eliofile, come il Ciliegio selvatico, la “cerisa”, una Rosacea che in pri- Trovano qui il loro ambiente nel sottobosco ricco di mavera, quando le altre piante dormono ancora, mo- humus e umido il Rovo, l’Agrifoglio con i frutti globo- stra grappoli fitti di fiori candidi, ancor prima dello svi- si color rosso vivo e le foglie di un verde lucente, il Li- luppo delle foglie. In Val Vigezzo quelli risparmiati dal- gustro dai fiori bianchi e profumati, il Maggiociondolo le alluvioni crescono in riva al torrente Melezzo e in Val con i fiori riuniti in grappoli dorati. Le bacche, i frut- Anzasca si spingono fino a Macugnaga. Sugli alberi da ti di molti arbusti, provvidenziale e sostanzioso nutri- frutta e in modo particolare sul Ciliegio, vive il fun- mento invernale per molti uccelli, che essendo refratta- go Pholiota squarrosa che parassita la pianta fino a far- ri alle sostanze tossiche presenti, se ne nutrono favoren- la morire. do in seguito la disseminazione, sono per l’uomo insi- diosi veleni. Un’altra pianta Cupolifera, pioniera, molto diffusa fino Perché i veleni? Quale la loro funzione nella pianta? I a 1800 m. di altitudine, è il Nocciolo Corylus Avella- veleni vegetali consistono generalmente in alcaloidi e in na, altro antico tenace amico dell’uomo che trova nutri- glucosidi ad elevato potere tossico. Gli alcaloidi sono mento nel suo frutto, utilità nel suo legno, sollievo dal- composti organici azotati di natura basica, prodotti ed le sue proprietà medicinali. L’arbusto non di grande ta- elaborati da piante dicotiledoni, originati nelle radici glia è alto da 2 a 6 m., con la chioma che si allarga per i ed accumulati nelle altre parti, come foglie, frutti, semi. molti polloni che partono da un’unica ceppaia, con nu- Escrezioni o secrezioni? Secrezioni, cioè sostanze elabo- merosi rami flessibili, la pianta è monoica: gli amen- rate da particolari ghiandole, o escrezioni, cioè sostan- ti maschili presenti già nell’autunno, sono giallastri e ze che una volta elaborate vengono espulse, oppure so-

122 stanze aventi funzione di difesa? Diversi chimicamente senza di principi attivi amari, sotto forma di glucosidi . sono i glucosidi, composti costituiti da uno zucchero, Il prof. Rossi naturalista botanico ha elencato 17 varietà solitamente il glucosio legato a sostanze di varia natura di Genziane presenti nelle Valli Ossolane, il loro habi- che si scindono per idrolisi per azione di enzimi, solita- tat e l’epoca di fioritura ; fra queste le più comuni sono mente già presenti nello stesso tessuto vegetale in cui si la G. Acaulis cosidetta per il fusto brevissimo, dall’in- trova il glucoside. Quale la funzione fisiologica del glu- tenso azzurro delle corolle tubulose, con riflessi metalli- coside? Da alcuni autori è considerato materiale nutri- ci; la G. Verna o genziana di primavera fiorisce da mar- tivo di riserva giustificato dalla presenza dello zucche- zo ad agosto nei prati umidi della Val Formazza e alle ro, secondo altri si tratterebbe di un prodotto finale del falde del Monte Rosa da 800 fino a 3500 m. di altitu- metabolismo della pianta. dine dove i piccoli fiori dall’azzurro intenso e brillante riuniti a chiazze spiccano sui pascoli ancora rinsecchi- Le chiome degli alberi formano una volta protettiva che ti dal gelo. regola la penetrazione della luce e dell’acqua piovana e poiché durante l’inverno le latifoglie sono nude, gran- E’ ancora questo l’orizzonte di una profumata Liliacea de è la quantità di luce che giunge al suolo e permette la il Mughetto, messaggero della primavera. Con la bianca vita di molte piante erbacee ora umili, ora appariscenti, e profumata fioritura abbellisce il sottobosco nelle Val- che caratterizzano questo tipo di bosco. li Vigezzo, Anzasca, Antigorio e Bognanco; i glucosidi Ecco le Primule, precoci e gentili annunciatrici della presenti, ad azione cardioattiva sono mortalmente vele- primavera, le varie specie di Viole a fiori più o meno nosi per l’uomo. violacei e bianchi, il Geranio sanguigno dai grandi fio- ri rosso scuri, la precocissima Anemone epatica: le sue Nel sottobosco fresco e ombreggiato a volte anche nel corolle azzurre costellano le foglie morte del sottobo- prato soleggiato e scoperto, su terreno calcareo, ricco di sco non ancora rinverdito, nel periodo da febbraio ad aprile; il velenoso Elleboro o Rosa di Natale, che ancora nel freddo inverno apre i grandi fiori bianchi; Orchidee selvatiche dalle spighe bianche, rosse e gialle, come le Sambucine, leggermente profumate di Sambuco, fiori- te da maggio a giugno. A queste si accompagnano mol- to di frequente le Campanelline di primavera, e il Den- te di cane; qui sparge il suo grato profumo il rosso fiore velenoso della Daphne mezereum e fioriscono le corolle azzurrissime delle Genziane, rappresentanti di una flo- ra tipicamente alpina.

Propria dei grandi spazi, nella solitudine selvaggia dei pascoli, si erge austera con la sua fioritura solare colora- ta di giallo intenso la Genziana Lutea o Maggiore: una rappresentante della famiglia delle Genzianacee. Arbu- steti dal substrato calcareo, luoghi solitari e franosi, ric- chi di torba, bene esposti al sole, sono il suo habitat, fra gli 800 e 2500 m. di altitudine: frequente nei boschi di Rosereccio in Valle Anzasca e sui pendii del Moncucco. Il suo rizoma cilindrico, lungo e grosso dal colore bru- no giallastro, è la parte apprezzata dall’uomo, per la pre- Gli alti boschi ai piedi del Monte Cistella.

123 humus fino ad un’altitudine da 300 a 2200 m. in tut- Tiglio, Tilia Cordata. Albero alto, dalla chioma note- te le Valli Ossolane trova il suo habitat una Primulacea volmente espansa, a crescita lenta, assai longevo, fino il Ciclamino, Cjclamen purpurescens, dal solitario fio- a 1000 anni di età. Giugno è il suo mese: pendono dai re rosso violaceo, profumato, presente da giungo a ot- rami i fiori di colore giallastro, riuniti in radi corimbi, tobre; nel tubero sta il suo veleno , il glucoside detto ci- intensamente profumati per la presenza una essenza, il clamina e alcune saponine, il tutto è tossico e fortemen- farnesolo che attira le api, che oltre a bottinare polli- te anemizzante. ne in abbondanza, svolgono anche funzione pronuba. Del Tiglio è prezioso il legno tenero usato per utensi- Dal piano fino a 2000 m. cresce la Betulla, Betula Alba, li e la corteccia da cui si separa una fibra per funi rusti- famiglia delle Betulacee dalla caratteristica corteccia che e resistenti. bianco argentea e dalla chioma rada e luminosa, for- mata da giovani rami flessibili, e da fogliame leggero e Ancora l’orizzonte sub montano è la sede del Castagne- brillante. In primavera compaiono i fiori maschili sot- to: bosco luminoso, con le fronde chiare e, nel perio- to forma di lunghi amenti gialli tremuli e ricadenti, che do della fioritura, a giugno, con le chiome dorate degli differiscono dai femminili, più corti con gli stigmi ros- amenti. Il Castagno è una Cupolifera, «l’arbul» quan- si, il frutto sarà un piccolo achenio alato do è da frutto, «ul salvag» quando è ceduo, per la pro- Presente nell’Ossola nelle sue tre varietà: B. alba, B. pu- duzione del legname, è maestoso, raggiunge anche i 30 bescens, e B.verrucosa, è pianta adatta ad insediarsi an- m di altezza e può vivere secoli; è moderatamente ter- che in terreni inospitali e poveri, a resistere alle oscilla- mofilo, legato ad un terreno acido. Prezioso alleato del- zioni di temperatura e di umidità, al congelamento del l’uomo nella lotta per l’esistenza, produce buoni frutti, suolo: è una pianta pioniera, anche perché ha grandi legname ottimo e robusto, foglie per lettiera nella stal- capacità di disseminazione e di riproduzione. Sulle vec- la, ombra tenue e riposante che ospita un ottimo pasco- chie Betulle ammalate vive un fungo Poliporo, il Pipto- lo ed una buona produzione di funghi: Boletus edulis porus betulinus, che ne favorisce il disfacimento, fungo o porcino, il Cantharellus cibarius o gallinaccio, Rus- parassita annuale che necessita della linfa della Betul- sula Vesca che, intimamente legati agli alberi, sviluppa- la per sopravvivere, e scompare alle prime gelate. Altri no il loro micelio fino a contatto delle giovani radici vi- funghi compagni della Betulla sono il Boletus albidus e vendo in simbiosi detta micorrizica; di funghi si nutro- il Paxillus involutus, il Cortinarius armillato. no piccoli animali micofagi, come lumache, chioccio- Molteplici sono gli usi dei prodotti di questa essenza: le, insetti. Quale la funzione del fungo nel sottobosco? dalla corteccia come combustibile ed isolante, alla lin- E nell’equilibrio della natura? Il suo ruolo in collabo- fa per ricavarne zuccheri e bevande, dal legname nell’in- razione con Batteri, è quello di decomporre gran par- dustria dei compensati, o per piccole attività artigiana- te della materia organica distruggendo residui vegetali li, al tannino che si estrae dai suoi tessuti. e restituendo alla terra cellulosa, lignina, cheratina per trasformarla in Humus ed elementi e minerali semplici E’ questo l’habitat anche di una Cupolifera dal medio che saranno riutilizzati dai vegetali superiori. portamento, il Carpino, che ama terreni silicei anche Il Fungo che vediamo spuntare fuoriterra è solamente aridi. Si presenta con un tronco dalla corteccia grigia e il corpo fruttifero che ha funzione di diffondere le spo- liscia, la chioma folta, le radici superficiali, fiori maschi- re per la riproduzione, il corpo vegetativo vive nel ter- li e femminili, il frutto è un achenio con un seme pro- reno o nel legno sotto forma di filamenti sottili, le Ife tetto da una membrana. E’ un’essenza di interesse fo- che con il loro intreccio costituiscono il Micelio. Il Fun- restale. go è un vegetale eterotrofo che mancando di clorofil- la è incapace di fare la fotosintesi ed è destinato a pro- Abbastanza diffusa nei piani collinari, fino a 1000 m, curarsi il nutrimento sotto forma di composti organici non avendo predilezioni di terreno, è una Tiliacea, il già sintetizzati da piante superiori, se le sostanze sono

124 assunte direttamente da altri organismi viventi, siamo in presenza di Funghi parassiti, che forniti di ramifica- zioni dette “ austori “ penetrano nelle cellule dell’ospi- te per sottrarne le sostanze, causando alterazioni, malat- tie ed anche morte. Se il nutrimento è fornito da sub- strati morti, i Funghi si dicono saprofiti, sono invece simbionti quelli in rapporti mutualistici con gli esse- ri da cui ricavano il nutrimento. La riproduzione può avvenire per frammentazione del Micelio, e viene detta vegetativa; la riproduzione sessuata avviene per mezzo delle spore, formazioni leggerissime della misura di mil- lesimi di millimetro, che portate dal vento, una di sesso maschile e una femminile e germinando accanto, trove- ranno le condizioni necessarie per lo sviluppo di un mi- celio. Le spore sono situate sotto il cappello del Fungo Della famiglia delle Leguminose è la Ginestra, Spar- o fra le lamelle,o in piccolissimi tubuli. tium Junceum, la pianta pioniera per la grande capacità di colonizzazione su substrati poveri e aridi, sulle scar- Nell’ambiente fresco e umido del castagneto il sottobo- pate degradate dove cresce come arbusto dai grandi fio- sco non è tipico, ma varia a seconda della luminosità, ri gialli, alti sui rami, da cui prendono origine i frutti, delle caratteristiche del suolo, dell’altitudine, dell’espo- legumi di colore nero che contengono 12- 18 semi luci- sizione. Si incontrano cespi di Felci, zolle di Paglietta di, marroni, velenosi, ma tutta la pianta , anche cortec- odorosa; tappeti di Muschi, come il Politrico; grami- cia e radice è velenosa, per la presenza di un alcaloide nacee come la Festuca ovina, la Betonica officinale, ar- tossico, la citisina. Simile è la Ginestra detta dei carbo- busti di Ginestra e di Brugo e nelle zone più fresche il nai, Citisus Scoparium dalla cui sommità fiorita si rica- Mirtillo nero. va la sparteina alcaloide ad azione cardioattiva. Si nutrono dei suoi nettari farfalle come la Callistege Non si può pensare a un bosco di montagna senza pen- mi, la Callophryis rubi. sare alle Felci. Delle Felci, Crittogame prive di fiori, di frutti e di semi, sporgono dal suolo solamente le fron- Il Brugo è il nome celtico dell’Erica, Calluna Vulga- de verdi che hanno la duplice funzione, la clorofilliana ris, che dà il nome alla sua famiglia: Ericacee. Tipica e la riproduttiva; vive nel terreno un rizoma orizzontale dei terreni acidi, piccola pianta molto ramificata, dal- da cui partono numerose radichette. Il segreto della ri- le foglioline persistenti, spesso simili a scaglie e fiorelli- produzione sta infatti sulla pagina inferiore delle fron- ni bianchi o rosei molto ricercati dalle api e dalla farfal- de, su cui al momento opportuno, cioè verso la metà la Argo, Plebeius argo. Nelle Brughiere, su terreno sili- dell’ estate, compaiono piccole sfere di color ruggine, ceo crescono funghi come il Cortinarius armillato e la i sori nel cui interno stanno i minuscoli sporangi che Calvatia Utriformis o Vescia di lupo, saprofita che vive a loro volta contengono le spore che verranno lanciate a spese di resti organici. lontano anche portate dal vento e cadendo su un terre- no sufficientemente umido produrranno una piccolissi- Sempre nel sottobosco del Castagneto il Mirtillo Nero, ma lamina di colore verde detta protallo su cui si svilup- Vaccinium Myrtillus, piccolo arbusto che copre intere peranno gli organi sessuali, gli anteridi e gli archegoni: aree fresche dei boschi anche di Conifere e Faggi, fiori- quando saranno maturi sarà indispensabile una goccia sce a maggio giugno con piccoli fiori penduli rosa ver- d’acqua perché elementi maschili e femminili si unisca- dastri che forniscono un ottimo banchetto di nettare no per dare origine a una nuova pianta. per insetti dalla lunga proboscide, come le api, men-

125 tre larve di svariate farfalle si nutrono delle foglie. In to di molte specie vegetali, è migliore invece dove il bo- autunno le dolci bacche nere dalle delicate pruine blu- sco è misto. grigie, ricche di vitamine e zuccheri offrono un ricco Fra gli arbusti si trovano il Maggiociondolo; i cespu- raccolto all’uomo e agli uccelli. Nel passato dal suo suc- gli di Brugo, di Mirtillo, l’Erba Ginestrina. Fra le pian- co si ricavava il colore viola da usare per tingere carta te erbacee l’Acetosella dai fiori bianco rosati, l’Asperu- e tessuti. Cresce sotto gli arbusti di Mirtilli un Fungo, la dorata o Stellina odorosa, la Viola silvestre non pro- l’Amanita Virosa che ama terreni silicei. fumata e pallida, l’Anemone epatica. Soffici tappeti di Invece su terreno di preferenza calcareo cresce il Sorbo Muschi tappezzano le radici che affiorano ed emergono Selvatico o Sorbus Aucuparia, famiglia delle Rosacee, dallo strame di foglie morte, ed in autunno, al limitare alberello dai fiori bianchi, riuniti in corimbi e da frutti del bosco di Faggio, abbondano i Funghi come il gusto- vistosi di colore rosso scarlatto appetiti dagli uccelli che so Boleto, l’Agarico saponaceo e quello viscoso, il Plu- diffondono poi i semi nelle località più impensate a vol- teo Cervino in gruppi numerosi sulle ceppaie, il Can- te anche inaccessibili. tharellus cinereus che vive in gruppi più o meno fitti esclusivamente sotto i Faggi, le Colombine, le Rossole, Superata la zona delle Querce e del Castagno, nella fa- le velenose Amanite, l’ marzuolus, la tos- scia detta montana, dove l’ambiente acquista carattere sica Inocybe. un po’ più alpino e si incontrano i primi boschi di Fag- gio, Fagus Silvatica, famiglia delle Cupolifere. Nel verde del bosco, da aprile a giugno spiccano i grap- La Faggeta esposta solitamente sul versante nord è la ve- poli dorati dei fiori del Maggiociondolo, o Cjtisus La- getazione caratteristica di un ambiente ben definito tra burnum famiglia delle Leguminose che cresce fino ad i 900 e 1500 m con condizioni climatiche equilibrate; un’altitudine di 2000 m. meglio su terreno calcareo. E’ con oscillazioni di temperatura poco accentuate, eleva- un arbusto alto da 5 a 7 m., la sua chioma consta so- ta umidità, poco ventilato, suolo a carattere sciolto per- lamente di pochi rami eretti e di numerosi getti latera- meabile e fresco, quando la Faggeta cresce indisturba- li molto corti che terminano con un ciuffo di foglie da ta per lungo tempo, diventa per la sua maestosità una cui fra aprile e giugno partirà l’infiorescenza spioven- tra le più belle foreste del mondo, anche ultrasecola- te, a forma di grappolo, composto da 10 a 30 fiori dalla ri; può essere pura, cioè costituita esclusivamente da al- corolla papilionacea, nettariferi, visitati da insetti pro- beri di Faggio, o mista, per la presenza di Abete Bian- nubi. Dai fiori prenderanno origine i frutti, maturi in co e Rosso. ottobre, legumi di colore bruno, lunghi 5-6 cm. conte- Il Faggio è un albero imponente che raggiunge anche nenti 7 semi scuri, duri e molto tossici, che se ingeriti 30 – 40 m di altezza, il fusto è diritto, la corteccia è causano vomito violento con presenza di sangue. Men- grigia, spesso con macchie scure dovute a fitte colonie tre conigli, pecore e capre si cibano impunemente delle di Licheni o di Muschi lungo il lato più umido, le fo- foglie, tutta la pianta è pericolosa per l’uomo per la pre- glie ovali, ondulate, rossastre. In primavera compaio- senza di citisina, alcaloide fortemente neurotossico che no i fiori maschili, amenti biancastri e quelli femmini- dà effetti simili a quelli della stricnina, prima eccitanti, li eretti protetti da un involucro; il frutto sarà la faggio- poi paralizzanti. la, racchiusa in una cupola coriacea spinosa. Molto uti- le all’uomo per il legname usato come combustibile ed Salendo fino al limite di 2000 m. ci si trova nelle Pinete, anche in falegnameria, per le foglie che servono per il boschi ora bui, ora luminosi, sempre profumati di resi- bestiame come lettiera, per il frutto, prezioso alimento na: qui l’essenza principale è il Pino Silvestre, uno degli di animali selvatici, per il seme da cui si estrae un olio alberi più comuni e familiari presente in tutta l’Ossola, utile per la fabbricazione dei saponi. dove crescono le più belle fustaie del Piemonte. Men- Il sottobosco non è molto ricco perché dove la fagge- tre il Faggio cresce sul versante nord, alla stessa altitudi- ta è rigogliosa e fitta, l’ombra impedisce l’insediamen- ne, sul versante sud, cresce il Pino, anche su terreni de-

126 nudati e rupestri, resistente ai venti dissecanti e ai geli ne arborea, resistentissimo ai climi freddi e ventosi delle tardivi. La Conifera dalla caratteristica chioma conica, località di alta quota, fino a 2500 m. di altitudine, dove dal tronco diritto, dalla corteccia squamosa bruno ros- in condizioni quasi estreme di vita, il cespuglio assume sastra da giovane, poi color cenere, ha una poderosa ra- forma prostrata. E’ anch’esso una Conifera dalle fitte dice a fittone e le laterali molto allungate, apparato ra- foglie aghiformi dioica con fiori su piante maschili di- dicale così espanso che lo rende resistente all’impeto dei verse da quelle femminili che impollinati assumeranno venti. Diventa alto fino a 40 m., e tanto longevo che l’aspetto sferico di un pisello e matureranno dopo due può superare 5 secoli di età. Le foglie aghiformi brevi, anni delle pseudo-bacche dette coccole, sugose, di colo- persistenti per 2- 3 anni sono appaiate a due a due, le re verde bluastro ghiotto cibo per gli uccelli come tor- infiorescenze maschili assomigliano a piccole pannoc- di e gallocedroni che provvederanno così alla dispersio- chie di stami gialli che per mezzo del vento diffondo- ne dei semi. Uccelli, lepri, insetti, i mille deboli del bo- no abbondante polline, che si poserà sui fiori femmini- sco trovano fra i cespugli asilo e cibo. li. Nella primavera successiva il piccolo cono femminile Nell’intrigo del bosco vive anche il Juniperus Sabina: fecondato crescerà assumendo la forma di pigna, dap- la pianta è velenosa in tutte le sue parti, è un Ginepro prima verde, poi dopo il secondo inverno le squame di- che differisce dagli altri per le foglie squamiformi, pic- venteranno scure e infine legnose; quando la pigna sarà colissime, appiattite e per i frutti detti galbuli, di colo- matura le squame si apriranno per liberare i semi che il re nero bluastro. vento porterà lontano: disseminazione anemofila. E’ il più prezioso dei Pini, ricco di olii essenziali, dal- Ad un’altitudine di 1400 m. ambientato fin quasi a le screpolature della corteccia o da incisioni, cola una 2000. Sempre sul versante nord, cresce una Conifera oleo-resina da cui si ricava la trementina poi per distilla- maestosa, l’ Abete Bianco, dal tronco diritto, zione si ottiene l’acquaragia. Nelle Pinete il sottobosco cupola conica con rami quasi orizzontali, aghi semplici, può assumere aspetto quasi di steppa con piante fruga- di colore verde scuro, persistenti da 8 a 11 anni; fiorisce lissime adatte all’aridità dell’ambiente, come Gramina- in aprile-maggio con amenti maschili gialli e coni fem- cee Cespitose: tappeti di Festuca ovina, buona forag- minili verdastri, da cui origineranno pigne erette lun- giera da pascolo, l’Erica carnea, cespugli di Ononide, ghe fino a 16 cm. che si distinguono per questo da quel- una leguminosa infestante dai fiori rosati e fusti spinosi, le pendule dell’ Abete rosso. La pianta è longeva, ha le Muschi, e tra i Funghi il Boletus luteus, l’Agarico det- esigenze climatiche simili a quelle del Faggio e può vi- to color di terra, il Cantharellus cibarius o Gallinaccio vere fino a 800 anni, raggiungendo 50 m. di altezza. Gli dal dolce profumo e dalla polpa soda e saporita, l’Hy- estesi fittissimi boschi della Valle Vigezzo sono formati grophorus pustulatus, Russole e Amanite, l ’Agarico ru- da Abete Bianco; nel suo sottobosco, detto Pecceta, cre- tilante esclusivo sui vecchi ceppi di Conifere che colo- scono piante ombrivaghe come il Poliporo o Spugnola, nizza contribuendo alla loro decomposizione. l’Amanita Phalloide , la specie più pericolosa di tutta la Il micelio di tutti i Boleti vive in simbiosi con le radi- flora fungina, l’Amanita Panterina, il Lactarius Rufus. ci degli alberi, ragione per cui essi spuntano solamen- te nei boschi o al loro margine. Dove è più puro e più Una specie ancora più montana è l’Abete rosso Picea caratteristico, questo bosco ospita la Rosa Canina con i Abies, conifera propria della fascia subalpina, sul ver- rossi Cinnorodi; il Crespino Berberis Vulgaris, arbusto sante nord fra 1400 e 2300 m. di altitudine. Pur essen- con fiori gialli a grappoli, frutti a forma di bacca bislun- do una pianta mesofila, resiste anche ad una siccità mo- ga, ricco di alcaloidi. derata, tollera basse temperature invernali, gelate pri- maverili. Il suo nome deriva dal colore rosso bruno del- Il Ginepro, Juniperus Communis, è l’arbusto pioniere la corteccia; una delle sue caratteristiche è la chioma proprio dei prati incolti, dei pascoli secchi, delle radu- conica costituita da rami lunghi interamente coperti di re e delle brughiere fino anche al limite della vegetazio- piccoli aghi verde scuro e da cui pendono pigne affuso-

127 late lunghe circa 10 cm. I semi alati sono affidati al ven- momento del loro insediamento sul substrato roccioso. to, e per questo l’ albero si diffonde con facilità. Il tron- co è diritto e solido come una colonna; i rami spesso ri- Il sottobosco è talora quasi desertico solo ricoperto da uno cadenti si caricano di Licheni dalle lunghe barbe, grigi, strato di aghi secchi, oppure dallo spesso e soffice tappe- neri, e gialli: barbe di Usnea o barba di bosco, ciocche to di aghi spuntano, dove penetra il sole, il Mirtillo nero, di Alectoria jubata, sui tronchi cespuglietti di Evernia il Mirtillo rosso, il Rododendro, il Lampone, il Rovo. grigia e gialla, e di Pseudoevernia furfuracea. Il Mirtillo rosso, Vaccinium Vitis Idaea, famiglia delle L’Abete rosso è l’albero più longevo nell’altitudine com- Ericacee è un piccolo arbusto alto da 10 a 20 cm. che presa fra 800 e 1800 m ed anche il più produttivo per vive su terreni poveri, meglio se acidi, nel sottobosco il suo pregevole legname. Riunito in boschi, le Peccete, delle conifere fino a 3000 di altitudine formando tap- forma uno degli ambienti più caratteristici e suggestivi peti anche molto estesi di colore verde cupo. Dai fio- del paesaggio vegetale alpino. ri bianchi e rosei riuniti in piccoli mazzi all’apice del ramo, prenderanno origine i frutti, bacche rosse dal sa- I Licheni, famiglia delle Parmeliacee, Crittogame stri- pore acidulo. Volano sulle piantine di Mirtillo due spe- scianti, senza rami, né fusto, né foglie, né fiori, con il cie di farfalle, la Lasiocampa Quercus e la Zigaena Exu- corpo vegetativo formato da un’Alga e da un Fungo in lanas che hanno effetto pronubo. perfetta simbiosi, cioè in una convivenza stretta di or- ganismi diversi che traggono entrambi un vantaggio. In Il Rododendro, Rhododendron ferrugineum, famiglia questo caso le ife del Fungo si localizzano fra le cellule delle Ericacee, è molto frequente su terreni acidi, nei dell’Alga, all’Alga verde il compito della fotosintesi clo- pascoli ricchi di humus e anche su rocce, su burroni rofilliana e la formazione di carboidrati, al Fungo quel- sassosi, purchè ben soleggiati, sono gli arbusti contor- lo di fornire all’Alga l’ambiente umido e l’assunzione di ti tipici del piano subalpino e della fascia alpina in ver- acqua e di sali minerali disciolti: è così che il Lichene santi con nevi abbastanza persistenti, che invadono ve- vive dove Alga e Fungo isolati non vivrebbero. locemente anche i pascoli abbandonati. La pianta è le- Diversi nell’aspetto per colore e per forma e per habi- gnosa a forma di cespuglio, con pochi rami e robuste tat, pionieri per eccellenza, si insediano anche sulle roc- radici, piccole foglie coriacee resistenti, di colore verde ce più impervie e con la presenza di enzimi provocano cupo nella pagina superiore, e color ruggine sotto. In il disfacimento superficiale delle rocce iniziando così la estate compaiono i fiori di colore roseo tendente al ros- formazione dell’humus che permetterà in seguito l’in- so, riuniti in un corimbo alla sommità dei rami; dai fio- sediamento di piante più esigenti. La riproduzione può ri prenderà origine il frutto, una capsula allungata con- avvenire in tre modi: o per via vegetativa per distacco tenente numerosi piccoli semi. La pianta è velenosa in di parti del tallo, o conidiale, per la presenza sul tallo di tutte le sue parti e in modo particolare lo sono le fo- picnidi nel cui interno si formano microconidi. glie, con azione narcotica. Gli acidi speciali che produ- Importanti nell’economia del bosco perché rappresen- ce rendono impossibile lo sviluppo alle erbacee circo- tano il cibo per molti animali, dai piccolissimi inverte- stanti, è invece chiamata “balsamo alpino” per la ric- brati, fino alle renne, caribù, alci nei paesaggi artici. chezza delle sostanze volatili contenute nelle sue foglie, A causa della longevità e crescita assai lenta alcuni Li- e anche “rosa delle Alpi” per la bellezza della sua fiori- cheni possono servire a datare i substrati su cui cresco- tura. Sulle foglie possono essere presenti le Galle, secre- no, il più indicato a questa indagine è un Lichene rupi- zioni rotondeggianti che si formano in seguito ad una colo che cresce cioè su un substrato roccioso il Lichene azione irritante provocata da un fungo, l’Exobasibium detto Geografico, il Rhizocarpum Geographicum, ca- Rhododendri, o da parassiti; sono formazioni danno- ratteristico per il colore giallo, con il tallo che cresce di se per la pianta. mezzo millimetro all’anno in forma circolare: misuran- Chiamati dagli Ossolani “ratagin” i Rododendri sono do il diametro dei talli si può risalire alla loro età e al molto comuni fino a coprire vaste zone di praterie alpi-

128 Una varietà di sassifraga. ne come al Passo del Sempione, sulle sponde del lago di Fra le scarse piante erbacee è ospite una graziosa fragile Codelago in Alpe Devero, o su quelle del lago formato pianticella fiorita di campanelline rosate che per la sua dalla diga di Cheggio in Valle Antrona, rodoreti in Val diffusione assai notevole nelle selve della Svezia, fu de- Vigezzo all’alpe Campra, in Valle Anzasca all’Alpe Rau- dicata al botanico Linneo: la Linnea Borealis. (Linneo sa, in Valle Antigorio i “Rater” della Colmine , in Val naturalista svedese 1707-1778). Bognanco i “Ratagin” dell’Alpe San Bernardo. Il prof. Rossi nel suo studio sulla Flora ossolana cita la presenza La Pecceta con il terreno ombreggiato e ricco di humus di due specie: il R: Hirsutum presente i Val Divedro e è il paradiso delle Crittogame: assumono grande im- qualche esemplare alla Cascata del Toce e il R. Ferrugi- portanza la copertura di Muschi e la presenza di nume- neum il più frequente, legato al substrato siliceo. Mol- rose specie di Funghi a terra o sulla corteccia, che vivo- to più rara è la varietà Albiflora presente sul Sempione no in simbiosi con le piante forestali: qui il Cortinarius e in Devero. Si nutre sul Rododendro una farfalla diur- Traganus, la Psalliota Silvatica o Agarico dei boschi, lo na, la Zigaena Exulans che può vivere fino a 3000 m. Strobilus esculenta sulle pigne interrate dell’ Abete ros- di altitudine. so, l’Amanita Muscaria.

Abbastanza comune sono il Rovo, Rubus Fruticosus, I Muschi sono tallofite che per la presenza di piccole fo- e il Lampone, Rubus Idaeus, famiglia delle Rosacee. glie verdi sono autotrofe, e compiendo la funzione clo- Sono arbusti con stoloni serpeggianti e rami flessuosi e rofilliana, non sono mai dei parassiti, ma quando ri- ricadenti, spinosi, che formano dei grovigli: dopo la fio- coprono il suolo con fitto intreccio diventano danno- ritura estiva compaiono abbondanti i frutti: rosso vivo, si alle piante erbacee e quando vivono sui tronchi degli un po’ pelose le drupeole del Lampone, dal delizioso alberi, recano danno perché ricoprono le lenticelle del- profumo e dal dolce sapore; rosso-brunastre e acidule le la corteccia ostacolando il ricambio di aria e di umidi- more del Rovo pronte da cogliere da luglio a settembre. tà. Il loro ambiente è il sottobosco, dove hanno la loro

129 importanza nell’economia della natura, talora piccolis- to al terreno, con le radici spesso insinuate nelle fessure simi, talora alti fino a 10 cm. più o meno muniti di ri- della roccia. zoidi che hanno funzioni simili a quelli delle radici del- È l’unica Conifera che perde le foglie in autunno, di- le piante superiori, e di minuscole foglie, essi assorbo- fendendosi così dalla perdita di acqua per traspirazione no acqua in tutto corpo, trattenendone fino a 6-7 vol- fogliare e resistendo ad inverni freddissimi e prolungati, te il loro peso secco e limitano così i dilavamenti dovuti ma tollerando bene anche temperature estive abbastan- alle impetuose piogge. Costituiscono un microcosmo za elevate. Quasi fiabesco è l’aspetto autunnale dei lari- cui si collegano fauna e flora microscopiche, sono dif- ci, che appaiono soffusi di un tenue colore giallo e tutto fusi con una infinità di forme, fino alle regioni glaciali, il sottobosco si copre di uno strato soffice e fine di aghi comprendono circa 12000 specie, dagli Sfagni che vi- dorati; forse per queste note di colore il Larice è stato vono in estesissime formazioni e costituiscono le torbe, chiamato il «sorriso della montagna». ad altri come il Polytricum che formano nelle zone ar- Caratteristico per le sue esigenze di luce, raggiunge 40 tiche le immense distese delle tundre. Ogni tipo di sub- m di altezza e due metri di diametro; ha chioma pira- strato e di roccia ha i propri Muschi che funzionano an- midale leggera e rada, tra il cui verde tenero spiccano in che come indicatori dell’acidità del substrato. La ripro- primavera i giovani coni femminili, rossi. A settembre duzione avviene o per via vegetativa per distacco di vari sono mature piccole pigne diritte, marroni, con squame rametti o di frammenti di fusto su cui si formano pic- circolari che custodiscono due semi tondi alati. Cresce cole gemme che produrranno nuove piante, oppure per sulla corteccia la Letharia vulpina, un Lichene velenoso, spore che raccolte nel sacco sporigeno vengono dissemi- di colore fra il giallo intenso e il verde. Essenza molto nate da movimenti igroscopici. utile all’uomo come valido riparo per le valanghe, il suo legname viene usato anche per la travatura delle baite. Rara nell’Ossola è la presenza del Pino Cembro Pinus La luce che penetra calda e riposante fra le chiome, per- cembra sul versante sud della fascia subalpina, ma esem- mette e ravviva un ricco sottobosco erbaceo, utilizzato plari si trovano fino ai ghiacciai del Sempione, in Valle per il pascolo; la Festuca, il Nardo, il Trifolium mon- Anzasca, in Val Formazza, nei luoghi più aspri dove non tanum con fiori bianco giallastri, il Trifolium alpinum crescono altre specie. con fiori odorosi rosso porporini, ottimo foraggio ricer- Infatti questa conifera non teme né le altitudini, né i ri- cato dai camosci, mentre le marmotte si nutrono volen- gori dell’inverno, cresce lentamente con radici profon- tieri delle grosse radici dal sapore dolce di liquirizia. Fra de e vigorose, tronco diritto o contorto, alto fino a 20 gli arbusti a cespuglio: la Rosa pendulina dalle rosse co- m, porta strobili eretti, grossi alla sommità dei rami. La rolle prive di spine, il Lampone, la Clematide alpina dai gazza nocciolaia è il valido agente disseminatore: na- grandi fiori cerulei, la Dafne striata con rossi mazzetti, sconde i pinoli per cibarsene ed alcuni, nel frattempo, Mirtilli, Rododendri, Erica carnea, molti Muschi e Li- germinano. cheni o corticicoli o pendenti dai rami. Se la Cembreta è insediata su terreno calcareo, nel suo Numerose le piante erbacee fiorite: risaltano con parti- sottobosco prevalgono i Ginepri, i Rododendri irsuti, colare evidenza le Genziane, gialle, punteggiate, rosse, la Vitalba o Clematide alpina, l’Erica carnea, la Dafne porporine, azzurre, il Giglio martagone, con l’eleganza Striata, il dorato Eliantemo, cespuglio delle Cistacee dai dei suoi fiori, l’Arnica dorata, che pur se velenosa trova fiori gialli disposti a grappolo. molte applicazioni nella medicina popolare. Il suolo ricco di humus ospita funghi: varie specie di Ma l’albero alpino per eccellenza è il Larice, Abies La- Boleti, Lattari, l’Hygrophorus lucorum, sulle cortecce rix, una Conifera che raggiunge le più elevate altitudi- l’Agarico bianco. ni, fino a 2500 m, sopportando inverni rigidi e prolun- gati. Amante della grande luce e degli spazi incontrasta- Con un graduale diradarsi di alberi, i boschi lasciano il ti, cresce proteso verso il cielo e solidamente abbarbica- posto alla fascia alpina, tipica di vegetazione detta delle

130 piante legnose contorte, in cui la boscaglia si riduce ad esiste sulle rupi e sui detriti e sulle più aspre pietraie, e ai arbusti, ad una vegetazione ipsofila, amante cioè dell’al- margini dei nevai perenni come le Stelle Alpine e le Ar- titudine, che può giungere fino a 3000 m. temisie del Ginepì, Artemisia Spicata e Artemisia Laxa, E’ questa la zona del Pino montano di cui si trovano Semprevivi e Sassifraghe, Papaveri Alpini, Primule Al- esemplari al Sempione. È la conifera più differenzia- pine come la Hirsuta, Miosotide nana, e il Ranunculus ta nel comportamento, infatti dalle forme arboree alte Glacialis detto Erba dei Camosci, che può giungere alla fino a 25 m si passa alla forma cespugliosa ed alla for- massima altitudine di m. 4272 (per curiosità: nelle Alpi ma strisciante e tortuosa, a significare la lotta incessante Bernesi). Sulle rocce nude si trovano le Crittogame, mi- contro le impetuose avversità del clima. Nel sottobosco croscopiche Alghe azzurre, Licheni crostosi, tappeti di dense compagini di Erica carnea, di Juniperus sabina piccolissimi Muschi. e Juniperus nana con foglie rigide e pungenti e bacche Sono vegetali che hanno trovato sistemi di difesa abilis- aromatiche, crescono nelle zone più soleggiate, dove le simi: gli arbusti si fanno striscianti, con rami contorti nevi sono meno persistenti appiattendosi al suolo per seguono le asperità del suolo, con robuste radici si sal- raccogliere il calore irradiato dalla roccia del substrato. vano dalla furia del vento, si ricoprono frettolosamente di neve per proteggersi dai geli invernali, protezione che Altro tipico bosco in miniatura è quello dovuto all’On- ottengono anche aumentando la quantità di zuccheri tano, Alnus Glutinosa, una Betulacee. presenti nelle cellule in modo che, con la densità, subi- Alto circa 150 cm con folti rami e foglie che spuntano scano più difficilmente il congelamento: così ad esem- presto, al primo sciogliersi delle nevi, ama molto l’umi- pio la Silene Acaule che vive anche a 15° sotto zero, la dità e si insidia preferibilmente sulle ripide pendici si- Genziana Brachyphilla e alcune Androsacee che tollera- licee, soprattutto sui versanti a nord, dove scendono le no anche i meno 30°. acque dei ghiacciai e nevai disciolti. Cresce lungo canaloni, su detriti scoperti, su greti di Un’altra difficoltà è rappresentata dalla scarsità di acqua torrenti, con funzione pioniera, proteggendo ed arre- che d’inverno è solidificata sotto forma di ghiaccio, e in stando i detriti, non teme infatti la caduta di slavine, estate evapora rapidamente sulle rocce roventi o si dis- perché i suoi rami elastici si piegano, poi risorgono in- seca per il vento, in questo caso la difesa consiste nel ri- denni. E’ una essenza monoica con amenti maschili e durre la traspirazione rimpicciolendo le foglie, renden- femminili sulla medesima pianta; le sue radici presenta- dole impermeabili con cuticole o con lanuggini, imma- no delle nodosità prodotte da uno schizomicete, l’Acti- gazzinando liquidi in speciali organi di riserva. nomyces alni batterio che permette all’albero di fissare Sotto la neve vengono preparate le gemme fiorali, per- direttamente l’azoto atmosferico. Il tronco è diritto con ché l’estate sarà breve, e i fiori avranno colori molto vi- corteccia grigiastra, screpolata, grande espansione del- stosi per richiamare i pochi insetti pronubi presenti, sa- la chioma verde fino all’autunno. Dopo l’impollinazio- ranno i colori azzurri a difendere dalla intensità dei rag- ne le infiorescenze femminili si ingrossano rapidamen- gi ultravioletti, e le superfici lucide a riflettere i raggi del te originando coni tozzi, verdi, di 6 mm. di diametro, sole. Durerà poco un fiore, sarà sufficiente un acquazzo- che in autunno diverranno scuri e duri, con rigide sca- ne o una gelida pioggia a distruggerlo per cui non sem- glie che si apriranno per disperdere i semi. Il sottobosco pre il ciclo riproduttivo si compirà, anche perché i semi ha caratteri di provvisorietà con alte erbe: Lattuga alpi- potranno venire dispersi dal vento o dalle tempeste. na ispida fiorita intensamente di azzurro, Aconito Na- pello dal decorativo elevato racemo fiorifero color inda- E più in alto nulla? co cupo, e dalla sua pericolosa velenosità, la rara Aqui- Finisce qui la vita vegetale appariscente, ma vivono sul- legia Alpina. le nevi numerose Alghe microscopiche come Diatomee Una vegetazione frugale, altamente specializzata, inca- e Cloroficee che costituiscono il “Crioplancton” o Plan- pace di vivere fuori di questo ambiente di isolamento, cton dei ghiacciai.

131 Per la vegetazione così impoverita, la quota massima il Mjosotis di cui si trovano fiorite varie specie, a secon- raggiungibile dipende dalla resistenza propria della sin- da delle altitudini, nei campi incolti e nei pascoli o sulle gola specie e dalla possibilità e fortuna di trovare una rive dei ruscelli, nei prati più freschi la Viola tricolore, nicchia accogliente, dalla capacità di sopravvivere e ri- Carota selvatica, Cerfoglio, Tarassaco dalla bella fioritu- prodursi al di sopra del limite delle nevi perenni, che il ra gialla di cui si raccolgono le giovani foglie e le tene- sole estivo non riesce a disciogliere. Trovano la più ec- re radici e con i semi sono dispersi dal vento, Campa- celsa e gelida dimora a queste altitudini specie simili o nule dalle corolle violette od azzurrine, Pratoline, Mar- addirittura le stesse delle terre polari artiche: delle 47 gherite maggiori. Fanerogame segnalate alla Capanna Vincent sul Mon- te Rosa (m. 3158), 10 sono comuni allo Spitzberg, ar- Nei prati e pascoli dove, dopo la fienagione, il bestia- cipelago del Mar Glaciale Artico, 14 alla Lapponia; alla me pascola dopo il secondo taglio del fieno, tra i corti Punta Gnifetti (m.4559) persistono ancora 12 specie di monconi e la più modesta vegetazione autunnale, com- Licheni, e alla Dufour (4630), ancora 6 specie, fra cui pare la malinconica fioritura rossoviolacea dei veleno- il Rhizocarpum Geograficum. si Colchici. (Queste ultime notizie sono tratte dal volume: Conosci Dove il prato è più prossimo al bosco fresco ed ombro- l’Italia : La Flora. T.C.I.) so, si vedono varietà più montane: ecco il Ranuncolo di montagna con fiori gialli dorati, la Potentilla gran- I prati diflora, la Campanula barbata, la Centaurea montana Sul fondo delle vallate, seguendo il corso dei fiumi e dei con capolini azzurri simili al Fiordaliso, i Gerani vio- torrenti si estendono paesaggi aperti e luminosi, gioio- lacei, i Carici simili alle Graminacee perchè i riuniti in samente ricchi di fiori: le praterie che, a seconda dell’al- spighette. titudine, dell’umidità, della natura e della coerenza del Nei luoghi più soleggiati, con suolo meno ricco di hu- substrato, presentano profonde differenze, di aspetto, mus, cresce l’Erba viperina con foglie e fusti ispidi e fio- di composizione, di valore economico. Infatti servono ri rossastro azzurrini, l’Assenzio profumatissimo ed aro- all’uomo essenzialmente per la nutrizione del bestiame, matico, che cresce fino a 3500 m, la pungente Carlina, secondo le esigenze, le stagioni, le consuetudini locali, i cuscinetti profumati di Timo, la Camomilla, il Men- le specie di animali presenti. tastro. Si può quindi considerare il prato come una particola- Nei prati più umidi ed acquitrinosi: l’Arnica gialla con re associazione condizionata dall’intervento periodico o le sue proprietà medicinali, la Coda cavallina, l’Agrosti- costante dell’uomo che nel corso dei secoli ha sottrat- de, gli Eriofori dai fiocchetti serico argentei; comincia- to ampie superfici alla vegetazione naturale, eliminan- no ad abbondare i muschi. do piante infestanti e favorendo la crescita di foraggie- A queste altitudini, fino ai 1200 m esistono ancora in- re in una grande varietà di specie: prato che vai, erbe e sediamenti umani con giardini, campi di segale, di pa- fiori che trovi… tate. Sui muretti delle mulattiere si arrampicano il Ca- La composizione di un prato è quanto mai eteroge- prifoglio, la Clematide, l’Edera con le sue radici avven- nea. Piante diverse si associano: alle Graminacee, si ac- tizie, la Pervinca e nei luoghi più umidi cresce la Ruta compagnano Leguminose, Ranuncolacee, Composite: dei muri, il falso Capelvenere, la Felce dolce o liquirizia Avena elatior, Erba mazzolina, Paleino odoroso, Coda montana, la Veronica persica o scarpetta della Madon- di topo con lunghe spighe cilindriche, Coda di volpe, na, la Linarja alpina. Piantaggine, Gramigna dei prati, Loglierello, Erba del L’arrivo della primavera è annunciato da fugaci fioritu- cucco o Silene inflata dai fiori bianchi e foglie eduli, Tri- re: ai margini delle nevi fondenti sbuca impaziente la foglio pratense che si espande arrossando tutto il pra- Soldanella Alpina per affermare la ripresa della vita ve- to, Ranuncolacee tutte velenose od irritanti, che dan- getale, le fa seguito il Croco, fiorito da febbraio a mag- no una gialla nota festosa. Sono presenti la Vulneraria, gio dai 500 ai 2700 m. Nella fioritura estiva innume-

132 ta di miele. Le vaste praterie naturali, che si estendono oltre il limite superiore del bosco, sono i pascoli alpi- ni utilizzati dal bestiame transumante: a questi alpeggi il bestiame sale dal piano e vi permane durante i mesi estivi per sfruttare il fieno selvatico. Dove gli animali sostano a lungo durante la notte, avviene che i liquidi organici si accumulino sul terreno modificandolo pro- fondamente e determinando condizioni adatte all’inse- diamento di piante nitrofile, o flora ammoniacale, che sottrae aree al pascolo, in quanto rifiutata dal bestiame; così: il Rumex alpinus, il Cardo lanoso, il Cirsio spine- scente, l’Urtica dioica. Questi pascoli sono l’ambiente di Funghi saprofiti e parassiti, sparsi tra le erbe ed i fiori, Cuscini floreali fra le rocce. o nascosti fra Rododendri e Salici nani: le Vescie, l’Igro- foro, l’Agarico laccato. revoli specie dai colori più vivi fanno dei prati veri e Nei fondovalle pianeggianti le acque glaciali rallenta- propri giardini dagli aspetti molto diversi a seconda del no il loro corso, formano laghetti o pozze che ospita- predominare di una specie o di un’altra che si impone no una vegetazione acquatica: Sassifraghe, Linarie, An- con i suoi colori: ora è il profumato Narciso che salen- drosacee. do dal basso trova il suo luogo ottimale fra 600 e 2000 Se le acque ristagnano a lungo si determina la formazio- m per allietare con le sue corolle stellate i prati monta- ne di acquitrini paludosi che col tempo si trasformano ni e freschi; ora è il Botton d’oro o Trollius europeus, di in torbiere dal suolo inzuppato e traballante. Qui fra i notevole bellezza per i suoi grossi fiori gialli lievemente Carici e i Giunchi, affiorano distese di leggeri piumini odorosi, fioriti da maggio ad agosto, velenosi per il be- dell’Erioforo, cresce l’Utricularia, singolare erba filifor- stiame, ma più raramente, il Tulipa australis nei prati me con foglie adatte a catturare e digerire piccoli inset- umidi, in val Divedro ed Antigorio. ti, e la Drosera con le sue minute papille protese ad at- I fiori propri di questi prati sono le varie specie di Ane- tendere la minuscola preda. moni (1000-2700 m), decorativi annunciatori della bella stagione con le delicate corolle, anche l’Aquilegia Questa in sintesi molto succinta la descrizione della flo- dalla collina fino a 2000 m, i Garofanini, la Nigritella ra ossolana dalla pianura alle vette più alte. Una visio- nigra o vaniglia di montagna dal persistente profumo di vaniglia, i piccoli gigli di monte, Paradisea liliastrum candidi ed eleganti. Nei prati più freschi attorno agli acquitrini si alternano i bianchi piumini dell’Erioforo, le Primule farinose, la Calta dorata; presso i ruscelli i vari tipi di Orchidee, le spighe dense e rosee della Poligonum bistorta. Intorno a quota 2000, ove sui prati si posano le baite degli alpeggi, la flora alpina si fa particolarmente pre- giata, ricca di fiori e di piante aromatiche e medicina- li: l’Aconito, gli Anemoni, le Viole, le Campanule, l’Ar- nica, il Ranunculus Pjreneus, le Genziane, l’Achillea, la Pinguicola, la Stella alpina da sempre simbolo della montagna, l’Aster alpinus, la Viola calcarata profuma- Sottobosco.

133 ne simbolica di questa ricchezza, che la natura regala è un dramma esclusivo del poeta o del botanico. Ogni spe- all’uomo, si ha visitando l’Alpe Veglia, l’Alpe Devero, cie è un anello della lunghissima catena di forme viventi l’alta Val Formazza, il Sempione, la selvaggia Valgrande, che nel suo insieme costituisce un ambiente. L’evoluzione veri giardini alpini spontanei di notevole valore scienti- ha impiegato milioni di anni per creare ognuna di queste fico, dove si concentrano le più belle essenze. specie. Ogni estinzione che non rientri nel processo evoluti- E’ meraviglioso scoprire come là dove il clima rigido vo naturale è un atto di violenza. rende impossibile l’esistenza dell’Uomo, la vita conti- …ogni filo d’erba ha la sua storia da raccontare. nui in forme splendide di una flora che, quando viene Sembra che una delle piante che non vedremo più sia la raggiunta, incanta. Stella Alpina, il Leontopodium Alpinum: avviciniamo- Secondo un censimento effettuato da ricercatori del la in punta di piedi, con conoscenza e rispetto: W.W.F., in Italia circa 480 piante superiori, 276 meno Nella neve la sua vita, evolute come i Licheni, 367 piante di Muschi, 129 spe- Nel vento la sua canzone, cie di Epatiche, sono vicine all’estinzione. Nella solitudine il suo mistero, Scrive Piero Bianucci: Non si tratta di un danno sempli- Breve desolato canto d’amore di cui solo le stelle cono- cemente estetico o culturale. La perdita di una specie non scono il segreto.

134 La fauna Franca Paglino Sgarella

Io sono molto affezionato all’Ossola. Ci torno ogni mune rondine, ho breve collo, corte e brutte zampe ma anno, a primavera inoltrata, quando laggiù, oltre il robusti artiglietti e sono tutto ali. Nere, ricurve a falce, mare, nel paese delle sconfinate distese di sabbia, il mio lunghe una volta e mezzo il mio corpo. Sono queste che orologio interno comincia a trillare. mi fanno pregustare la libertà dello spazio nel senso più Allora so che devo tornare qui. Di muta intesa con altri ampio della parola. miei compagni, dopo esserci data una lustratina alle ali Dall’istante in cui mi tuffo nell’aria non ho bisogno e un’affilata ai becchi, decolliamo. La nostra parata ae- di rimbalzi per lanciarmi in una traiettoria perforan- rea è molto eccitante. In pochi istanti, con un’impen- te come quella di un missile, poi buttarmi in picchia- nata a velocità folle, foriamo le nubi e dritto, senza esi- ta come se mi sfracellassi al suolo, raddrizzare all’ultimo tazioni, puntiamo qui. istante la rotta e andarmene via liscio, sfiorando la cima Il balzo, dalle Piramidi alle Alpi, vien fatto d’un sol fia- di un campanile, la superficie di un lago alpino, un pra- to, senza scali e con rifornimenti aerei che noi stessi ci to in fiore corteggiato da mille insetti. procuriamo aprendo semplicemente il becco e ingollan- Dico tutto questo per spiegare il perché abbia deciso di do un’infinità di piccoli insetti. È come dire che voltate redigere un giornale di bordo, un diario di questo viag- le ali ad un accecante mare di sabbia, non planiamo se gio annuale nella mia amata Ossola. Perciò questa vol- non in vista di un’altrettanto abbagliante distesa, ma di ta non andrò direttamente a casa, in quel nido nella fes- neve questa volta. Le Alpi. sura della roccia, che ritrovo ogni anno puntualmente, Perché io sono un Rondone e precisamente di quelli lassù, in montagna. che un tale Linneo, fra gli uomini, ha soprannominato Ho fatto sapere ai miei compagni di viaggio che quando Apus melba. Rondone sì, ma alpino. sarà il momento, mentre loro proseguiranno, io me la Sento un orgoglio di razza che non posso tacere. Quel- prenderò comoda, una volatina qua, una sosta là, occhi li della mia famiglia sono ritenuti all’unanimità (atten- e orecchi pronti a registrare frammenti della mia terra. zione) gli animali più veloci del mondo. Sissignori. Nel- Farò l’osservatore ossolano. l’aria, nel mio elemento cioè, schizzo avanti di molte lunghezze al falco pellegrino e alla superba aquila reale; Il momento è giunto, il lago Maggiore è in vista, faccio nell’acqua, il pesce vela e il tonno, che sono tra i più ra- segno di rallentare, mi stacco dal gruppo, mi abbasso di pidi sottomarini, non sono in grado di intaccare il mio quota e disegno nell’aria un arrivederci. primato; sulla terra ferma, sorpasso, anzi sorvolo con Ecco il Toce. Sono sopra alle sue acque grevi e verdastre, largo distacco il veloce giaguaro e l’agile gazzella. là dove vanno a perdersi nel lago. Per noi uccelli migra- Ho uno scatto di 90 metri al secondo, una velocità di tori le vie d’acqua sono un importante punto di riferi- crociera di 200 km all’ora, ma la prerogativa maggiore è mento, il più importante direi, dopo il sole e le mon- la mia resistenza a fendere l’aria. Posso volare per ore ed tagne di giorno, le stelle di notte e i profumi e gli odo- ore e stando così sospeso riesco a mangiare, a bere, per- ri che ci lambiscono dal basso. Il Toce poi è proprio la sino a dormire. Mi sento una creatura dell’aria e a ben grossa arteria dell’Ossola e noi non lo perdiamo mai di guardarmi si capisce perché. Sono più grande di una co- vista, riflettente di giorno, argenteo di notte. I suoi biz-

135 zarri torrentelli che trabalzano giù dalle valli, sono la Ragionandoci un po’ sopra trovo che molti animali che nostra indispensabile rete segnaletica. Vado in cerca di vedo in pianura sono «ubiquisti» intendendo che li os- un luogo prominente, un poco solitario e selvaggio che servo tanto qui che in montagna. Per esempio la volpe, faccia al caso mio. Mi va bene questa torre sopra Pra- il fringuello, il tasso, lo scoiattolo, il ghiro, la donnola, la ta, un avamposto di guardia, una delle numerose torri faina. Di contro, altri invece hanno preferenze «monta- per segnalazioni, ora in disuso e un poco sbrecciata. Ho ne», anche se vivono bene alle basse e medie altitudini. sentito dire che aveva una specie di garitta che serviva Parlo della beccaccia, del ciuffolotto, delle tordele e infine da piccionaia per il lancio di colombi viaggiatori. di un mammifero importante, la martora. Nella mag- Mi guardo in giro e con la mia ottima vista posso esami- gioranza costoro sembrano di gran lunga preferire la fo- nare quasi nei particolari la pianura ossolana, poi alzo resta montana al bosco di pianura. lo sguardo sulla cornice dei monti e osservo l’imponen- Anche se il mio volo è saettante e io sono abituato agli za dei primi piani e la dissolvenza degli ultimi nella lon- spazi aperti per le mie acrobazie, pure mi capita, passan- tananza. Ossola di pietra. Non soltanto. Anche verde e do e ripassando sopra il medesimo punto, di sorprende- viva. Ho sotto gli occhi ben rappresentati tutti e tre i re- re i miei compaesani nelle loro «animazioni». gni della natura: minerale, vegetale, animale. Io faccio parte di quest’ultimo che nella mia piccola mente ho È primavera o no? A ben pensarci tutto comincia con il diviso in tre categorie. Gli uomini propriamente det- profumo dei fiori e del bosco, con le uova e le crisalidi ti, i loro animali domestici e noi, i selvaggi, l’eteroge- degli insetti che si schiudono, le tane che si aprono e i neo gruppo che vive alla macchia. Ci chiamano fretto- nidi che si riempiono. Ai profumi si abbinano i suoni e losamente «fauna». È di questi che intendo raccontare, subito è sinfonia, sinfonia pastorale. degli individui come me, autonomi, indipendenti, che In primavera nasce la maggior parte degli animali sel- devono in ogni modo arrangiarsi da soli, finora senza vatici ed è facile capirlo. È proprio dai fiori e dalle erbe protezione alcuna. Anzi. Ci chiamano anche pompo- che si forma il primo anello della catena alimentare di samente res nullius che in gergo umano vuoi dire «roba cui è congegnata la Natura. Dapprima l’erbivoro e l’in- di nessuno», e a questo proposito loro, gli uomini, stan- settivoro, poi il carnivoro. Il ciclo è perfetto e non fa no ancora blaterando se siamo alla mercé del rispetto di una grinza. Interrompo le mie argomentazioni per de- ognuno oppure dello sfruttamento di tutti. scrivere il primo fotogramma che ho scattato in volo. Per fortuna ho le mie ali che valgono tant’oro quan- Là, ai bordi della radura, ho avuto la fortuna di sorpren- to pesano e la statura ridotta che mi fa meno vistoso dere un insettivoro timido e benefico: il riccio. È inten- di altri volatori più famosi di me. Che fine hanno fat- to a cercare insetti, larve, rettili e al primo segnale di al- to quelli! Dove sono finiti l’aquila, la poiana, l’astore, il larme a rinchiudersi nella sua corazza di spine come in gufo? Proprio intorno a questa torre dove sono abbarbi- una camera di sicurezza. Nella stessa posizione rimane cato adesso, tutti questi uccelli una volta vivevano qui, nascosto nella tana in inverno, sprofondato in un son- felici e imboscati. Avevano cibo e quiete, poi un cer- no pesante fino alla primavera, quando appunto ricom- to malcostume li scacciò e li eliminò. Qualcuno di loro paiono insetti e larve. Più in là vedo l’imboccatura di un riuscì a raggiungere la montagna e faticosamente rico- rifugio più grande. Mi par di intravedere appena affac- minciò da capo. È per questo che è solo nell’alta Ossola ciati un paio di musi con teste striate in bianco e nero. che trovo selvatici importanti e di grande mole. Una famiglia di tassi, grandi dormiglioni anche loro, Come gli uccelli, così pure i mammiferi si sono rifugia- ma in modo diverso. Dormono come l’orso e lo scoiat- ti nel luogo che hanno ritenuto inaccessibile al preda- tolo, sono falsi ibernanti, ogni tanto si svegliano, esco- tore, cioè lassù dove il clima è, sì, severo, le pendici ma- no a fare un giretto e poi si riaddormentano. Per osser- gari inospitali, ma dove finalmente possono eludere la varli bene dovrei appostarmi di notte, quando, caracol- loro presenza nella solitudine di un ambiente grandioso lando sulle corte zampe, li sentirei avanzare grugnendo e di difficile accesso. e frugando nel sottobosco.

136 La marmotta. L’aquila reale.

Una volta mi è capitato di assistere ad una scena curio- primere delle sillabe scandirei degli altissimi urrah! Si- sa, in uno dei miei rapidi spostamenti avevo sconfinato mili a me nella povertà dei vocalizzi sono la rondine e il in valle Vigezzo, in un’alpe ai piedi della Pioda, quando balestruccio, miei lontani parenti, anche loro gran viag- scendendo a fendente sul prato per acchiappare i miei giatori del cielo. insetti preferiti, ho visto una volpe rossa, di quelle che battono la pianura e la montagna, curiosare sulla soglia Mi sono incagliato in divagazioni su noi animali alati e di una tana. Indi l’astuta ladrona depose tranquillamen- tanto vale che vada alla conclusione. Qui in pianura mi te i suoi escrementi proprio lì, all’entrata. Feci qualche è capitato di vedere un uccello strano e bello, colorato arabesco nel ciclo, poi ritornai più volte accostando la di arancione e con una cresta in testa. È l’upupa, antico traiettoria del mio volo al punto di osservazione. Il mio abitante della steppa, che credevo di gusti raffinati, fino sospetto risultò fondato. La volpe se n’era andata ed era al giorno in cui ho scoperto che si nutre degli insetti del spuntato il legittimo proprietario, un tasso, il quale, da concime animale. quell’animale pulito e riservato qual’è, vedendo il lor- Tanti altri volatili potrei nominare, ma come spiegato dume fece dietro front e si allontanò. Ancora una volta prima, molti di loro li troverò alle più alte quote, dove e senza fatica alcuna, quella spregiudicata aveva ottenu- risulteranno impreziositi nello sconfinato isolamento. to l’illegale esproprio di una tana tra le più confortevoli, Sto dunque per decidere di spiccare il volo e non aven- costata giorni e giorni di lavoro ad unghioni altrui. Lì, do zampe adatte a saltellare in terra come i passeri, mi lei avrebbe partorito, allevato, educato la sua irrequieta butto da questa torre antica che mi è servita da davan- prole di tre, anche otto volpacchiotti. zale. Prima di lasciare la conca ossolana e dirigermi sul- Udendo ad un tratto il canto del merlo, mi sovviene che le sue valli, voglio sorvolare a volo d’angelo le anse del non so cantare. La siringe, quell’organo che nella gola Toce dove il fiume si impigrisce in larghi meandri. Pie- di noi uccelli produce note melodiose, a me fa uscire ve Vergonte, Piedimulera, poi Villadossola. Sfioro la su- una specie di fischio che lacera l’aria mentre mi sposto perficie dell’acqua, ne prelevo una sorsata, mi specchio come un fulmine. Vorrei saper cantare, non dico come di sfuggita. Ho una sagoma a forma d’arco, la gola e il l’usignolo, il fringuello, il pettirosso, la tordela, che odo ventre bianchi, separati da una banda bruna, il corpo gorgheggiare nei pressi di questa torre, ma anche solo affusolato come quello di un aereo a reazione. Mi ine- come un monotono lui o un cuculo. Vorrei essere come brio di velocità. Passo come un bolide sulle dune della il tordo, che emette suoni flautati e sa imitare con arran- riva, afferro a volo una boccata di insetti e, di colpo, mi giamenti personali il canto di altri uccelli. Invece non so ricordo una vecchia storia. che prorompere in questo strido quando le mie ali lassù Queste rive ora deserte, un secolo fa, si racconta fra noi, vibrano all’impazzata, ma vi assicuro che se potessi im- sono state visitate da un grosso stormo di cicogne bian-

137 che. Una perturbazione meteorologica aveva dirottato Così, tra i rovi, vicino ad un ceppo marcescente, nell’in- il volo di queste esperte viaggiatrici dirette al nord e treccio di sterpi ed erbe, vedo un grande occhio aper- le aveva fatte scendere alla fermata sbagliata. E quan- to, un bell’occhio nero che mi pare immenso. Concen- to lo fosse, lo capirono dopo, quando vennero fredda- tro lo sguardo e scopro anche un becco lungo, un petto mente accolte dai domesi, nel senso che furono davve- di piume, tutti fermi nella più assoluta immobilità. Una ro freddate a colpi di fucile e decimate. Non ricomparve- beccaccia! la regina del mimetismo e della riservatezza ro mai più. sta covando le sue tre-quattro uova giallastre picchietta- Mi abbasso ad accarezzare l’erba dei prati, mi diverto a te di rosso, ben fiduciosa che il suo piumaggio color fo- seminare il fuggi fuggi fra variopinte farfalle, ancora un glie morte le assicura una protezione assoluta. fischio e via in montagna. Subito l’aria si rinfresca, le ra- Un grido dissonante esplode non lontano e ferisce i diazioni solari si fanno più penetranti, cambia la topo- miei sensibili timpani. Guardo dalla parte del suono e grafia sottostante. Sorvolo foreste, radure, torrenti; alt, mi vedo venire incontro un uccello grande come un mi fermo in quota. Prima di impennarmi sopra i mille piccione, ma con testa e becco più robusti, che mi ol- metri non mi dimentico di fare ogni anno una capatina trepassa in una volata per niente aggraziata. Ho fatto fino a quel prato di Bugliaga per ammirare anche que- appena in tempo ad intravedere i colori brillanti rosso, st’anno la grande fioritura tutta d’oro del mio piccolo, bianco, nero e sulle ali pennellate di blu, ma ho ricono- speciale tulipano, quello che gli uomini chiamano Tuli- sciuto egualmente la ghiandaia e so che questa strom- pa australis. Son qui, sono sul prato dorato, mi azzardo bazzata è il suo grido d’allarme, il suo volo disordinato, in spericolate volute a sfiorare le corolle del piccolo tu- una fuga davanti ad un perturbatore. Forse ha alle co- lipano di montagna. È la mia carezza alla bellezza e alla stole lo sparviero o l’astore, oppure ha sentito i passi del- primavera: ciao, tulipa! la volpe, del cane randagio, del gatto selvatico. Ha drizza- Adesso devo scegliere un campione di una delle sette to il ciuffo sul capo lanciando le note stonate e ora tutto valli ossolane. il bosco è all’erta. Costei è un tipo imprevedibile e non Potrebbe essere l’alta val Vigezzo, il fondo valle di For- finisce mai di stupirmi. L’ho sentita imitare alla perfe- mazza, che dico, i dintorni di Macugnaga, oppure il zione il miagolio della poiana, il verso del gufo comu- trampolino di lancio della valle Antigorio, ultima tap- ne e persino quello della voce umana. In famiglia hanno pa prima del mio capolinea, quella parete di roccia, in tutti la mania di nascondere le prede, siano esse ghiande quell’alpe, vicino a quel torrente, nella conca di Devero. o cavallette o altri insetti, nelle fessure della scorsa degli Sorvolo un bosco misto di conifere e latifoglie. La natu- alberi, sotto il fogliame o in qualsiasi altro posto, per ri- ra vegetale è assai generosa: lamponi e fragole, mirtilli e trovarle puntualmente qualche tempo dopo. rovi; qua e là, le piccole lance verde tenero delle felci. In Ma che cosa è questo strano rintocco che all’improvvi- questo regno di muschi e cortecce marcescenti, dove si so echeggia nella foresta? Ora è cessato, no, ora ripren- alternano abeti, faggi, ontani, noccioli, ritrovo gli amici de. È un crepitio, un tambureggiamento. Sono distur- della bassa. Odo il solfeggio del tordo dalla cima di un bato dagli echi, impiego un po’ di tempo a localizza- abete, il trillo del solitario pettirosso, le note incerte del- re. È lassù, alla cima di quell’abete colpito dal fulmine, la passera scopaiola. quell’uccello bianco e nero, grosso come un merlo, ma Mi apposto su una prominenza e ingaggio tutti i miei con del rosso sotto la coda, che se ne sta lì aggrappato. sensi per registrare. Sono fortunato a sorprendere in È lui che mitraglia, lo so, ma voglio accertarmi. Rico- pieno giorno un tasso intento a scavare un formicaio, mincia la raffica, lui si puntella con la coda e martella lui nottambolo e schivo. Per mantenere i suoi 20 kg di il tronco con il becco appuntito, tenendo rigidi collo e peso deve mangiare una quantità di insetti, molluschi, capo. Non poteva chiamarsi se non picchio, e questo, in uova, radici, bacche e funghi. particolare, è quello rosso maggiore. Non sta scavando il La mia vista si sta abituando alla penombra del sottobo- nido, ma marcando il proprio territorio con segnali che sco e l’orecchio si presta al più lieve stormir di fronda. in questo caso sono piccole incisioni. Per il nido scende

138 più sotto la cima, dove il tronco è più largo, e ci ricava abeti, betulle, con una soleggiata radura ai bordi. un orifizio ovale anche di 60 cm di profondità. Questo è un bosco prezioso. Io so per certo che molti uccelli trovano comodo que- Un giorno che temerariamente e contro le mie abitu- sti nidi abbandonati. Ho visto insediarvisi civette, cin- dini zigzagavo tra i tronchi, ebbi modo di cogliere pre- ce, picchi muratori. senze singolari. Al mio primo passaggio, vidi dapprima Per finirla con i picchi, quello rosso maggiore non è muoversi su un albero qualcosa che sembrava far par- l’unico, anche se il più comune, in montagna, e il più te dell’albero stesso. Passai e ripassai curioso. Allora sco- costante nel martellamento. prii rannicchiato contro il tronco, la testa infossata fra Suoi congeneri sono il picchio nero, il più grosso dei pic- le spalle, perfetto nella sua omocrimia, il più forestale e chi, che sale oltre gli ultimi faggi perché predilige le misterioso dei tetraonidi, il francolino di monte, il pol- grandi abetaie di abete bianco e rosso; il picchio verde e lo dei noccioli. quello cinerino, più piccolo e meno alpino. Le voci del bosco, sommesse, parvero ad un tratto so- Infine altri due picchi, che si possono confondere per praffatte da un suono rauco, come un singhiozzo che si il nome ma non per i colori della livrea e il comporta- arrotava, accelerava e finiva con un sonoro kop! Mi spo- mento. stai quasi al limite della radura e fu lì che vidi un uc- Sono il muratore e il muraiolo. Il primo è un eccellen- cello, grande come un gallo, scalpicciare, becco aper- te ginnasta, un virtuoso dei saliscendi sui tronchi. Ag- to, collo teso verso l’alto, fare, come un gallo, la ruo- grappato a testa in giù, corre in tutti i sensi sulla cortec- ta. Le sue penne mandavano superbi riflessi blu verdi cia degli alberi, con il solo aiuto delle dita robuste arma- sul petto, mentre le ali erano marroni, il collo grigio ac- te di potenti unghioni. Non scava nicchie, usa, se può, ciaio, rosso il sopracciglio delle creste. Un gallo cedrone quelle degli altri picchi, del rosso, del nero, del verde. in amore che chiamava a sé le femmine. Ci apporta solo una variante, una rifinitura di lusso, Davanti a quell’esibizione cromatica di grande effetto rimpicciolendo l’entrata con palline di terra impastate mi sentii un piccolo spazzacamino e ricordai, per asso- di saliva. Non per niente è muratore. Non si nutre solo ciazione d’idee, quell’altra volta di qualche anno pri- di insetti che trova nelle fessure delle cortecce, ma spe- ma, quando sorvolando Agaro nel punto dove il bosco cie in autunno ricerca golosamente i semi delle conife- si apre in uno spiazzo di mirtilli, ginepri e rododendri, re e dei noccioli. vidi due volatili grossi come polli che sul terreno, an- Ma di tutti i picchi quello veramente che mi lascia a cora in parte coperto di neve, con movimenti nervo- bocca aperta è il muraiolo. Io, rondone alpino, sono un si e convulsi giravano in cerchio, le ali cascanti, la coda abitatore delle rupi, ma lui è lo scalatore delle pareti spiegata a forma di lira. Li sentivo fischiare con rabbia e rocciose a strapiombo sugli abissi. soffiare, poi al colmo dell’eccitazione si erano avventati Quante volte sfiorando nei miei voli di ricognizione con violenza l’un contro l’altro. le creste di granito che incidono arditamente il cielo, Alle solite, due fagiani di monte nelle loro folcloristiche le rocce fessurate che stillano rivoli d’acqua, ho notato danze d’amore e di guerra. Sul candore della neve risal- come un topino grigio che fa il sesto grado sui lastroni tava il colore lucente blu scuro dei loro corpi, il bianco rocciosi, ora correndo ora spiccando piccoli salti. Poi la delle remiganti delle ali e della sorprendente coda. sorpresa. Il topo grigio e nero si alza in volo e si trasfor- Mi ricordo che allora feci una considerazione. Come ma in una grande farfalla dalle ali rosso carminio im- nel gallo cedrone, anche nel fagiano di monte solo il perlate di candidi fiocchi. maschio è detentore di una così esplosiva livrea. Le fem- Lo chiamano «ticodromo» che vuoi dire «colui che cor- mine di entrambi hanno colori così mimetici e dimessi re rapidamente sul muro», ma il muro, nei cui interstizi da sembrare appartenenti ad un’altra specie. ricerca gli insetti, è una parete anche a 4.000 metri! Con il pensiero sono volato troppo in alto, mentre fisi- Mi accorgo che in tutti questi anni, pur fermandomi camente sono sempre qui ad esplorare il bosco di faggi, solo la primavera e l’estate, ho accumulato tanti ricordi

139 Il cervo. della mia Ossola che, a raccontarli per esteso, non ba- sto ecco ricrescere su un germoglio calloso le nuove cor- sterebbe la mia breve vita. Il tempo incalzante mi spin- na, più belle e ramificate. ge a sintetizzare e ad apportare tagli al mio lungome- Quante volte ho visto lo scoiattolo e la volpe rosicchia- traggio. re nel bosco queste reliquie di osso compatto, cadute a Sto per spostarmi verso il torrente che, laggiù in fon- questi animali, inconfondibili per la ramificazione e la do, scende a balzelloni dalla montagna, quando sotto la grandezza. Quelle del capriolo arrivano al massimo a cupola del bosco un galoppo serrato segue ad un grido tre-quattro punte, quelle del cervo sono palchi pesanti singolare. Faccio appena in tempo a scorgere una sago- con otto-nove ramificazioni. ma dalle perfette proporzioni lanciata in corsa su quat- La foresta è il vero regno di questi cervidi, il luogo che tro zampe incredibilmente sottili. Per un attimo vedo lo all’epoca degli amori risuona di eccitati bramiti e di ru- specchio, la macchia di pelo bianca sul posteriore, pri- morose lotte per la conquista delle femmine. ma che il bosco si rinchiuda sulla fugace apparizione. Allora si assiste a grandi raduni disordinati, dove questi Indovino che è il capriolo che, insieme al cervo, da pochi individui, ubriachi d’amore, diventano nervosi ed at- anni è comparso in Ossola. A quest’epoca il suo capo, se taccabrighe. Infine i maschi adulti se ne vanno per i fat- è un maschio, inalbera le corna con il velluto, una specie ti loro e restano insieme i gruppi famigliari delle fem- di astuccio di pelle grigia, ricca di vasi sanguigni, che fra mine e dei giovani. poco disseccherà e mostrerà le corna nuove di zecca. Ma torniamo al capriolo che mi è passato sotto il naso, Il medesimo fenomeno tocca anche al cervo. Entrambi lanciato in una pazza corsa agli ostacoli. Per un attimo hanno corna piene e caduche che ad una certa epoca, in ho creduto di vedere le gazzelle delle calde regioni che autunno per il capriolo, in marzo per il cervo, si stacca- sorvolo nei miei inverni. Il cervo, invece è molto più no dal capo lasciandolo curiosamente sguarnito. Ma to- grande del capriolo e l’ho veduto rare volte qui in Os-

140 sola. Ha l’imponenza di un piccolo cavallo e il mio oc- di, riaffiora su un sasso con una larva in becco, scuote chio di rondone non crede di sbagliare se gli dà il peso il suo bel petto bianco e si presenta asciutto come pri- di 200 kg, mentre il capriolo rimane sui 40 chili. Coin- ma. Che campione! volto dalle mie divagazioni mi accorgo solo ora dello La mia incondizionata ammirazione in fondo va ad un scompiglio che il fischio e la corsa sfrenata del caprio- altro uccello, il più piccolo insieme al regolo, che abi- lo hanno sollevato nel bosco. Si sono interrotti il can- ti la montagna. Confesso che il mio interesse è intessu- to del pettirosso e del lucarino, il rampichino alpestre ha to d’invidia per quello che sa fare questa pallina di piu- smesso per un attimo di fare il topino degli abeti, su e me rossastre con la coda sempre alzata. Il suo nome è giù per i tronchi a cercare insetti nelle fessure; si è alza- scricciolo. to in volo il più piccolo degli uccelli, il regolo, dal capi- Non solo è un poligamo, un dongiovanni impenitente no a strisce. e furbo, ma anche un gran patriarca. Ai primi di mag- Anche la bellissima martora da qualche parte ha sospeso gio, scegliendo scarpate di torrenti e canaloni rivestiti di l’inseguimento accanito allo scoiattolo, che saltato acro- rododendri, costruisce diversi nidi di muschio, intrecci baticamente su un albero vicino sarà lì con il cuore in sferici con un’apertura centrale. Appena una scricciola è gola. Per sua grande fortuna il feroce mustelide non sa in vista, lui le si fa incontro, garrulo e svolazzante, e la saltare, perciò se il piccolo tarzan del bosco non cade a induce a visitare il nido, convincendola a sistemarsi. terra è in netto vantaggio sull’inseguitrice. Ma le emo- Il piccolo infedele ripete la scena parecchie volte con al- zioni dello scoiattolo non sono finite. Un passo falso e tre femmine, fino a collocazione completa di tutti i suoi l’aquila, che sta setacciando il bosco con sguardo pene- nidi. Ma, e qui gli concedo tutto il mio rispetto, egli trante, può ghermirlo di colpo, oppure la volpe, appo- non abbandona affatto le componenti del suo evolu- stata pazientemente, lo avrà come premio di consola- to harem, ma assumendosi, per giorni e giorni, il ruolo zione per la sua costanza. massacrante del pendolare, le assiste tutte con sollecitu- Si riposerà in inverno, ben protetto nella tana del cavo dine durante la cova. di un tronco, dove potrà finalmente rilassarsi e cadere A questo punto uno di maggior corporatura della sua in un sonno intermittente come quello del tasso. sarebbe sfinito, ma lui è di tempra speciale e sostiene per molto tempo la sua famiglia allargata. Appena i pic- È meglio che mi tolga da questa posizione che non mi è affatto confacente. So per esperienza che questi boschi misti, che si trasformano in abetaie e lariceti man mano che si arrampicano sulle pendici, sono visitati spesso e volentieri dallo sparviero e dall’astore, che si spostano dalla pianura alla montagna proprio al seguito di noi uccelli migratori. Se devo concludere in bellezza la mia carriera di inviato speciale, non posso espormi in prima linea, perciò m’in- volo al torrente per dissetarmi e procurarmi boccate di insetti svolazzanti. Lancio solo un’occhiata fuggevole alla trota, che an- cheggia nell’acqua limpida e mi piacerebbe aspetta- re qui la venuta della ballerina bianca e di quella gial- la, che sembrano danzare, oscillando la coda avanti e indietro, ma soprattutto assistere ancora una volta allo spettacolo del merlo acquaiolo che, dopo essersi tuffa- to nell’acqua gelida, fa il sub per interminabili secon- Il lupo.

141 coli sono in grado di volare, alla sera li raduna e se li che è il sito delle rupi subalpine. Questo è il contraffor- porta in giro a svolazzare allegramente nella luce del tra- te delle ultime foreste fino al limite degli alberi, è il gran monto. Dopo di che li consegna puntualmente ai loro piedistallo del piano alpino propriamente detto. dormitori. Qui, con i miei compagni, qualche anno fa abbiamo de- Sotto quei nove grammi di piume batte davvero un ciso di costruire i nidi. Le innumerevoli fenditure nel- grande cuore. la roccia ci hanno offerto abbondanza di buche, e noi non abbiamo avuto difficoltà a scegliere cavità grandi Sono pronto per il balzo finale. Lascio i boschetti misti e asciutte. e con forti colpi d’ala mi alzo a volo remato fino a rag- Tutto ciò che ci serve per costruire il nido a forma di giungere le radure e le rupi subalpine. Poi tenendo le ali ciotola noi, è il caso di dirlo, lo acchiappiamo al volo. immobili mi lascio scivolare, e in questa maniera per- Steli, fuscelli, foglie secche, peli e penne portate in alto lustro per un largo raggio le foreste superiori fino al li- dal vento, vengono da noi ammucchiati e cementati mite degli alberi. con la nostra portentosa saliva che si rapprende all’aria La fauna diventa sempre più interessante e specializzata come un mastice. Con la stessa saliva, sempre in volo, e, per le difficoltà climatiche, si fa più pressante la lot- inglobiamo le nostre piccole prede alate e ne facciamo ta per la sopravvivenza. Nelle radure vedo le arvicole, la palline per imboccare i nostri pulcini. campestre e l’agreste, intente a scavare le loro gallerie, qui Ma tant’è, sto divagando un po’ troppo avanti, la mia dove ha inizio il dominio dei piccoli e grandi rapaci. compagna è lì a riassettare la nostra vecchia dimora, mi Alcuni stanziano ai bordi delle radure, altri nidificano resta poco tempo per guardarmi intorno. sulle rupi. Più in là, sulla stessa parete rocciosa, l’anno scorso ho Anch’io abito qui, gomito a gomito, con questi predo- visto un nido di un grande corvo imperiale. Udivo il suo ni. Infatti, anche se so che è la poiana quella che vola a rauco rok rok ed erano talmente potenti i suoi battiti larghi giri in ciclo, che è lei che miagola come un gatto, d’ala che li sentivo fendere l’aria, vip vip vip! Come era che è specializzata alla caccia al marasso, che si ciba di nero. Molto più grande della solita cornacchia e diver- topi e talpe come l’astore, pure mi tengo lontano. so anche il grido, una figura alata più imponente e vi- Come quando vedo profilarsi lunghe ali triangolari, gorosa. Faccio fatica a pensarlo strettamente imparen- tese come una balestra, so bene che è un falco in rico- tato con uccelli piccolissimi come le bigiarelle, le cince, gnizione, pronto a buttarsi in picchiata per artigliare in i regoli. volo piccioni, ghiandaie, cornacchie, tordi. Devo confessare che senza farmi accorgere l’ho osserva- Mi chiedo se sono abbastanza grosso per lui. Ad ogni to a lungo nelle sue acrobazie aeree, tentando di imitar- buon conto mi affido alla velocità delle mie ali che, è lo soprattutto in una: quando in volo planato, all’im- provato, è di un soffio maggiore della sua, ma faccio at- provviso si rigira su se stesso, e pancia all’aria scivola via tenzione a non cadere in qualche attacco di sorpresa. So così, come su un’amaca volante. pertanto che l’Ossola non pullula di falchi, c’è il pelle- Per questo becchino del bosco, in abito nero pece, noi grino, il lodolaio (il più pericoloso per me) e l’altro, il tutti proviamo del gran rispetto perché è l’alato più lon- pecchiaiolo, goloso soprattutto delle larve delle vespe. gevo, potendo vivere oltre i cento anni, ma la mia per- Ma, bando alle paure, mi conforta questo tac tac alle- sonale ammirazione va al coraggio di un altro uccello gro, scandito dalla cima di un larice. Ciao, stiaccino. Il ben più piccolo ma temerario alla follia. suo verso singolare lo sento anche laggiù, in Africa, per- Il gheppio. È un falchetto fulvo, grande come una torto- ché l’uccello dal petto fulvo e il sopracciglio bianco è un ra, ma se un’aquila, dico, un’aquila entra nel suo terri- emigrante stagionale come me. Le sue uova di un bel torio, è capace, con l’appoggio di qualche compagno, di turchese sono tra le più belle che mi capita di vedere. affrontarla a viso aperto, di rintuzzarla e alla fine stan- carla a tal punto che la signora dell’aria decide di rien- Intanto volando e pensando mi ritrovo nei miei paraggi trare nei suoi confini. Alla fine non riesco a capire come

142 La vipera aspis. Camosci al pascolo. faccia a fare così bene lo «spirito santo», stare cioè libra- lontani. Lei rimane lì, nel suo grande nido a piattafor- to in aria senza spostarsi, mantenendo le ali aperte e la ma, quasi a cielo aperto, nei gelidi silenzi lacerati dal- coda allargata. Qualche volta mi son detto: ma quello lo schianto della valanga. È il più forte e grande uccello li è legato ad un filo! Invece ecco ad un tratto che il filo dei nostri monti e le sue prede, per sfamare la famigliola si rompe e lui, il gheppio, precipita come un meteori- di uno o due pulcini, devono per forza essere consisten- te, le ali strette ai fianchi, fino al momento in cui, a po- ti. Dalla lepre, alla volpe, alla marmotta, allo scoiatto- chi passi dal suolo, gli vedo fare la grande frenata con le lo, fino ai piccoli degli ungulati, camoscio, stambecco, remiganti e protendere gli artigli. La sua calda preda è cervo, capriolo. L’aquila è un predatore ma per la sua su- un’arvicola che lui preleva e si porta via. premazia e le sue abitudini svolge questo ruolo soltanto Prima di salire al piano alpino dove l’esistenza di ani- di giorno. Ora io sono a conoscenza di operatori specia- mali e piante ha un eccezionale salto di qualità, voglio lizzati che questo mestiere lo fanno di notte. tentare anch’io di librarmi sospeso, di ondeggiare te- Quando ero più giovane e non ancora coniugato, al ca- nendo distese le ali. Con la mia vista acuta posso ispe- lar della sera mi riunivo con i miei compagni in stormi zionare a piacimento le rocce circostanti e giù, gli ulti- numerosi e ci divertivamo ad inseguirci a velocità paz- mi larici e abeti e il torrente incassato che spumeggia in za, lanciando schiamazzi a non finire. In questi giochi quella forra. a nascondino, approfittavo delle scorciatoie infilando- Il cielo è immenso, il più vasto pascolo che esista, ma mi arditamente nei canaloni e negli stretti passaggi tra quando vedo, come ora, profilarsi dal costone del- due pareti di roccia. la montagna due enormi ali, con le remiganti allargate Ed è lì che li ho scoperti. Gli occhi, voglio dire. In que- come le dita di una mano umana, lo spazio aereo sem- gli anfratti ombrosi in cui l’ultima luce del tramonto se bra circoscritto da quella sagoma scura. II suo volo è n’era dipartita da un pezzo, lì, ad ogni mio passaggio maestoso, le spirali larghe, le virate lente, la sua ombra vedevo pulsare piccole luci gialle, arancione, rosse. Sen- propaga sconcerto agli animali dell’aria e apprensione a tivo poi dei versi rauchi, tipo lamenti buhu buhu, poi quelli di terra. brontolii, soffi e richiami nasali. Roba da pelle d’oca se Mi faccio da parte scendendo di quota, con un occhio non fossi un rondone e non mi avessero acculturato cir- là, alla indiscussa sovrana del cielo, l’aquila. È il sim- ca le civette, gli assioli, i gufi comuni e i gufi reali. bolo delle altitudini alpine, insieme al camoscio e allo Gran mangiatori di topi e di insetti, oltre a quegli occhi stambecco, perché al pari di loro non abbandona mai speciali per la visione notturna, quelli hanno un udito la montagna, neppure in inverno, quando non solo le fuori del normale che li mette in grado di sentire stor- cime ma anche le pendici sono prigioniere delle calot- mire una foglia a parecchi metri di distanza. te nevose e noi animali migratori siamo mille miglia Noto con sollievo che un’invisibile corrente aerea deve

143 aver convinto la superba aquila a veleggiare lontano se ama starsene in un pascolo di ginepro tutto suo, o oltre le nebbie. Adesso posso riprendere il mio volo in cima ad una conifera, da dove modula il famoso ri- d’esplorazione, un passo e ripasso sopra gli ultimi avam- tornello. posti del bosco. E lì, sullo stesso albero, forse ci sta il nido non di un al- Ritrovo vecchie conoscenze della bassa e della media tro volatile ma di un piccolo roditore arboricolo, il topo montagna. Saltellano le cince chiacchierone, intravedo quercino. È un topo speciale e merita una breve menzio- tra i rami di un abete il nido di un ciuffolotto con le uova ne. Ha il muso buffo, orecchie a sventola, occhi promi- blu pallido, ai margini del bosco si drizza per un istan- nenti e cerchiati di scuro. La coda è lunga come il corpo te una lepre comune ma subito scompare con pochi bal- ma il tutto ha un peso oscillante tra il mezzo etto e l’et- zi dentro un cespuglio. Sopra un formicaio di formiche to a seconda della stagione. Perché come il suo stretto rosse un picchio verde, l’unico tra i picchi che non tam- parente ghiro (che non ho mai visto sopra i 1.000 metri) bureggia i tronchi, estroflette la lingua ricoperta da una quando è ben pasciuto, all’inizio dell’inverno, scivola in sostanza viscosa e accalappia formiche. un sonno profondo e talmente desiderato da provvede- Queste fustaie di abeti, larici, cirmoli, sono l’ultimo re da sè medesimo a saldarsi le palpebre con uno specia- campo base per alcuni animali, un rifugio invernale per le muco. «Prego non disturbare». altri, una meta solamente estiva per altri ancora. Mi chiedo. Sarà comodo dormire quando non si ha da Ghiotte di pinoli, le nocciolaie, grandi come gazze e gri- mangiare e non si hanno i mezzi per migrare come fac- giastre, e i crocieri, simili a variopinti fringuelli, fruga- ciamo noi, ma se non si è ben protetti dentro un nido no instancabili tra le pigne delle conifere. La nocciolaia con sportello, come lo scoiattolo, o in tane murate come soprattutto ne fa una copiosa incetta riuscendo ad in- la marmotta, si è anche alla mercé dei terroristi del bo- gozzare un centinaio di pinoli alla volta. Dopo di che, sco, come la faina, la donnola, la martora, e quell’altra previdente, li rigurgita e li nasconde nelle fessure del- taccheggiatrice, la più imprevedibile e astuta che cono- le rocce ben riparate dalla neve, o anche nel suolo sotto sca, la volpe. grandi radici o ai piedi dei tronchi. Potrei stare giorni e giorni a parlare di lei senza riusci- Una cosa è certa: lei ha bene in mente la mappa del suo re a dire tutto quello che so sul suo conto. Forse questo tesoro e saprà ritrovarlo anche a 50 cm sotto la neve, episodio è significativo. se... C’è sempre l’imprevisto e in questo caso neppure Un giorno che me ne andavo a spigolare i miei inset- molto raro. Può capitare infatti che tra i rami di un abe- ti con volo distensivo sulle rive torbose di uno stagno te uno scoiattolo goloso abbia spiato la scena o che un’ar- alpino, vidi una volpe entrare in acqua con un ramo in vicola, scorazzando nei suoi labirinti sotterranei, incap- bocca. Incuriosito dall’insolito bagnante, mi impennai pi per caso nella camera del tesoro. Ma la nocciolaia in leggere evoluzioni per restare sul posto e vidi la volpe non dà a vedere di disperarsi per queste appropriazioni nuotare a coccodrillo, con solo il naso fuori per respira- indebite (non ha forse provveduto a diversi nascondi- re. Capii dopo, quando abbandonato il ramo che ave- gli?) e poi in natura è permessa la legge del pioniere: va in bocca, raggiunse la riva e si scrollò a lungo. Aveva quello che trovo è mio e me lo tengo. escogitato il metodo più rapido e indolore per disinfe- Mi diverto un mondo ad assistere a queste, diciamo, re- starsi dai parassiti che si erano messi in salvo sul ramo! lazioni sociali fra i miei conterranei; io non scendo in Accarezzo con lo sguardo questo bosco di larici e abe- lizza con loro perché, come spiegherò, altri sono i miei ti, sussurrante di vita, profumato di resina e ho la net- appetiti. ta sensazione che sarà l’ultimo agglomerato arboreo che Sonori dak dak interrompono il filo dei miei pensieri. troverò. A questa altitudine sfiorante i 2.000 metri, c’è Senza guardare so già chi è che fruga il terreno in cer- tra i componenti il paesaggio, una rarefazione e un ridi- ca di lombrichi. Un merlo in frak, con lo sparato bian- mensionamento in vista. co bene in vista, un merlo dal collare. Diffidente e cau- Il larice si fa solitario; sui cespi di rododendro, sui pic- to non disdegna i dintorni delle baite solitarie, anche coli abeti arricciati, sui ciuffi di pino mugo, prendono il

144 sopravvento il ginepro, il salice rampicante, i cuscinetti se questa la maniera per farsi perdonare la sventatezza di di silene, le sassifraghe di ogni specie. Mentre l’organet- deporre le sue uova nei nidi degli ingenui codirossi spaz- to, passerotto con la cuffia rossa in testa, mi supera con zacamino, delle passere scopaiole e degli spioncelli? il suo tiu tiu tirr, mi accorgo di volare verso l’ultima sta- Su quel sasso piatto e ben esposto al sole, la vipera aspis zione terrestre: il piano alpino fino alle nevi eterne. (che insieme al marasso sale a queste altezze) è lì acciam- bellata a riscaldarsi al sole e per un attimo erige il capo Eccomi allo scoperto sopra una solitudine fatta di lan- e protende il corpo ad arco. Forse soffia e sibila al mio de, di pascoli, di piccoli laghi, di ghiaioni e di pietraie. indirizzo, scambiandomi per un piccolo falco. Non vor- La vita, o meglio la sopravvivenza, qui si svolge al co- rei essere una rana o un’arvicola nelle sue vicinanze, nel spetto delle forti radiazioni solari, dell’impeto del vento qual caso avrei un’esperienza, a dir poco, fulminante del e degli sbalzi di temperatura. Gli eletti, quelli che qui ci suo gelido sguardo e dei due dentacci velenosi. vivono, devono fare i conti con questi esigenti gabella- Mentre ammiro i bei disegni a zig zag del corpo flessuo- tori, perciò, lo dico già fin d’ora, essi sono organismi al- so ne noto il turgore. Deve essere in procinto di parto- tamente perfezionati. rire una dozzina di viperini già tutti pronti a strisciare Alcuni sono scesi a necessari compromessi. L’ibernazio- con il pieno di veleno, e lei, il rettile ovoviviparo, si sta ne, il mimetismo e il rinforzo delle strutture naturali comportando come una incubatrice mobile. sono le soluzioni ai problemi per chi in montagna resta Un fischio acuto e limpido proviene dalle pietraie fram- comunque e non migra durante il periodo invernale. miste ad erba su quel crinale baciato dal sole. Subito al- La mia piccola ombra che si proietta oscillante sul verde tri fischi si incrociano e l’eco li rimbalza lontano. La pendio sta suscitando allarmi ingiustificati. Per un atti- marmotta di vedetta ha segnalato, le altre hanno cap- mo il cuculo sospende il suo monotono verso e la ricer- tato. Volpe, aquila, essere umano o semplice esercita- ca dei bruchi pelosi disdegnati da tutti gli uccelli. È for- zione?

Femmina di stambecco con il suo piccolo.

145 I bei gattoni marrone chiaro smettono di brucare e camosci ha scelto lo stesso rifugio. Li osservo da vicino. scompaiono nelle tane. I loro incisivi pronunciati, così Sembrano capre ma di un rango superiore. come gli unghioni, sono armi pacifiche per le faccende Maschi, femmine, piccoli, hanno tutti le corna, che quotidiane. Unica loro difesa restano quei complicati come quelle degli stambecchi non cadono mai, sono tunnel sotterranei con uscite di sicurezza, dove dall’ini- cave, non composte da sostanza ossea ma di cheratina. zio dell’inverno e fino a maggio, piombano in un son- Nelle mie trasvolate ossolane ho sempre visto molti ca- no profondo come un coma. mosci, pochi stambecchi, cervi, caprioli. Mentre sto librando ad ali aperte come un aliante, av- Questo camoscio rupicapra dalle corna ad uncino è il verto in tutto il corpo una sensazione ben nota, un im- simbolo delle nostre montagne perché ne è il più antico pulso elettrico che mi serpeggia da capo a coda. Pun- abitante. In estate sale alle alte quote fin dove l’erba cre- to lo sguardo all’orizzonte e vedo addensarsi nuvoloni sce ai margini dei nevai e solo in inverno scende nei bo- neri. Per questo la marmotta ha fischiato! schi per ripararsi e foraggiarsi. Trovo superbo il porta- Noi animali selvatici sentiamo in anticipo le pertur- mento della testa e nobile il muso con la singolare ma- bazioni atmosferiche, il temporale è per noi un trau- scherina bianca e nera. ma fisiologico e ci diamo da fare per superarlo inden- Osservo gli esemplari qui vicino a me e noto che i loro ni. Scommetto che lo scoiattolo si è già tappato in casa, spessi mantelli di pelo sono in piena muta e ne vedo dei vedo l’arvicola delle nevi che ritira in tutta fretta i funghi brandelli contro la parete rocciosa. Il pelo scuro sta la- e le foglie messi a seccare davanti alla tana, una coturnice sciando il posto a quello estivo più leggero e chiaro. fa un volo basso e breve lungo il dorso della montagna Se il camoscio, per me rondone alpino, è la più elegan- e poi sparisce velocemente fra le rocce. I gracchi, quello te e agile capra della montagna, un’altra capra selvatica, alpino e quello corallino con becco e zampe rosse, smet- lo stambecco, detiene il primato della robustezza e del- tono di volare in formazione e si raggruppano in gran- la resistenza. di fessure della roccia. La massiccia figura del maschio, dalle grandi corna ad Mi abbasso in cerca di un tetto roccioso e faccio a tem- arco e la barbetta sotto il mento, stagliato su uno stra- po a vedere scivolare tra i massi della grossolana mo- piombo da capogiro, non è una visione insolita per me. rena l’ermellino: il più famoso dei mustelidi ha già la Lui è il signore degli speroni rocciosi e dei picchi, e non livrea estiva marrone chiaro e la macchia bianca sulla ama la copertura del bosco. Durante l’epoca degli amo- gola. Insieme alla lepre variabile e alla pernice delle nevi ri che cade all’inizio dell’inverno, tanto per i camosci ha adottato un metodo straordinario per annullarsi nel- quanto per gli stambecchi, mi hanno detto che l’eco l’ambiente circostante. propaga rumori di giostre furiose per giorni e giorni. Comincia a cadere la prima neve? Sui loro corpi com- Immerso nei miei pensieri, non mi sono accorto che il paiono macchie bianche che si fanno sempre più lar- temporale ha esaurito, con gli ultimi brontolii, il con- ghe fino a che in pieno inverno, nel candore generale, le tingente di acqua, tuoni e fulmini. Tutti gli esseri viven- loro candide figure passano inosservate. Si sciolgono le ti si sentono ora rinfrancati, l’arcobaleno solca il cie- nevi e arriva l’estate? Spariscono a poco a poco le mac- lo, la montagna, rocce e pascoli, brilla imperlata. Il tor- chie bianche e i peli e le piume assumono il colore mi- rente si è ingrossato, gli stagni si sono riempiti, nuo- metico delle rocce. In questo modo essi rifiutano il le- ve pozze si sono formate. A festeggiare la presenza del- targo invernale e hanno la preoccupazione di un diffi- l’acqua si fanno avanti quei singolari individui che han- cile sostentamento. no la doppia vita, terrestre ed acquatica. Chi potrebbe Non sono i soli. Sono in compagnia dei più grossi mam- pensare che anche qui sopra i 2.500 m esistano esem- miferi di alta montagna, i camosci e gli stambecchi. plari di anfibi? Il temporale mette a segno i primi lampi e tuoni e mi Eppure proprio dopo un temporale sto a guardare stri- convince ad una ritirata strategica. Mi avvinghio alla sciare sul sentiero la salamandra nera, l’andatura goffa, parete di una grotta e mi accorgo che una famiglia di il corpo, con due file di tubercoli, nero lucente da sem-

146 brare laccato. La sua vita deve essere talmente irta di fine mi danno la maniera di sopravvivere. difficoltà, che non depone le uova come la salamandra Dirò subito che le mie prede alate sono di piccola taglia pezzata, ma ogni due tre anni mette al mondo due figli e appartenenti in gran parte agli ordini dei ditteri, dei già completamente metamorfosati. coleotteri, degli imenotteri. Vale a dire rispettivamente Chi invece non si allontana mai dallo stagno è il tritone mosche e zanzare; scarabei e cetonie; api e vespe. Quando alpino che per il portamento confondo con la salaman- il tempo è bello, fa caldo e il vento solleva questi inset- dra, se non fosse per il ventre colorato di rosso vivo e la ti fino a centinaia di metri di altezza dal suolo, noi ron- cresta dorsale nera e gialla. doni ci raduniamo in stormi a cacciare. Con il tempo Intorno allo stagno dove crescono gli equiseti e i giun- cattivo, scendiamo negli strati più bassi dell’atmosfera e chi, vedo per un momento sospesa in aria la libellula al- sorvoliamo terreni paludosi, praterie, boschi. pina, troppo grande per me, dal momento che le sue ali Ci cibiamo anche di ragni, di cavallette e piccole far- misurano cinque centimetri. falle che abitano gli alti pascoli e che fanno da corolla- Uno spioncello canta la sua gioia di vivere salendo conti- rio agli insediamenti dei branchi di mammiferi selvati- nuamente verso il cielo e scendendo a paracadute, e per ci e domestici. qualche istante distoglie la mia attenzione dalla pozza Indipendentemente dal mio fabbisogno alimentare, d’acqua. posso dichiarare che gli insetti più belli e spettacolari Vengo richiamato da un gracidio gutturale gru gru e restano, anche in montagna, le farfalle, i lepidotteri. pluf, vedo tuffarsi rane brunastre. Sono le rane tempo- Ce ne sono di diverse specie, piccole e grandi, di media rarie, così chiamate dalla macchia temporale scura, che o alta montagna. Alcune sono migratrici, altre ibernano osservo anche in pianura, ma che qui a queste altezze sotto i tetti delle baite o all’interno delle stalle, altre an- formano dei clan esclusivi. cora superano l’inverno trasformandosi in crisalidi. Mi Quando in primavera ammassi di neve ricoprono anco- è permesso citare solo i nomi più importanti. ra gli acquitrini, loro sono lì che nuotano nell’acqua ge- Una delle prime farfalle che vedo svolazzare in primave- lida e depongono grappoli di uova. Sono i batraci che ra lungo i sentieri delle radure e dei pascoli è la vanessa si spingono alle più alte quote e li sorprendo a saltellare dell’ortica, seguita dopo poche settimane dalla splendida anche lontano dai luoghi umidi. pavonia minore notturna. Se salgo più in alto e vedo ali Una leggera brezza ha spazzato le ultime nubi e il sole bianche lucenti con magnifici ocelli rossi e punti neri, torna a scaldare. Mi si presenta l’opportunità di vede- so di certo che quella farfalla è un apollo. La sua specie re il rettile che sale più in alto di tutti, la lucertola vivi- vola anche a 2.500 m. A questa altezza, durante la bella para, dal ventre arancione punteggiato di nero. Ha la stagione e in pieno sole, mi capita di vedere una specie coda più corta della lucertola muraiola, se la cava ot- migratrice di grande effetto, lo splendido macaone. timamente nel nuoto e in caso di pericolo non esita a Nei prati di alta quota, circondati da abeti e larici, fino buttarsi in acqua. È a detta di tutti il rettile più resi- alle regioni nivali, volano le erebie, piccole farfalle mar- stente alle variazioni della temperatura tanto da spin- rone scuro, mentre il lepidottero più diffuso, dalla pia- gersi non solo alle altezze di 3.000 m sulle montagne, nura alla montagna, è certamente la melitea aranciata. ma anche alla latitudini del circolo polare artico. Per Mano a mano che salgono di quota, questi insetti di- questo la sua specie è predisposta a far nascere ogni vol- minuiscono di grandezza, variano di colore e hanno la ta 5-7 piccoli completamente atti ad affrontare i disa- tendenza a ridurre le ali. Questo per motivi climatici: gi di tale particolare esistenza. Da lontano un fringuel- il freddo, il vento, le radiazioni solari. Così sui fiori di lo alpino sciorinante la sua strofa interrogativa e, più vi- cardo e di scabiosa aleggiano le piccole zigene, dalle ali cino nella desolata pietraia, il canto sonoro del sordone, macchiettate di rosso e nero bluastro, mentre sulle pa- mi riportano alla realtà che mi sono prefisso. reti rocciose e sui ghiaioni al di sopra dei 2.000 m. sono Il tempo a mia disposizione sta per scadere e io voglio attirato dai colori tenui della piccola eneide dei ghiacciai. solo accennare al mondo degli insetti, quelli che alla Quello degli insetti è un mondo non solo misterioso

147 ma popolato di esseri tenaci. Sulle cime, oltre i 4.000 to. Le sue zanne sono erpici che rivoltano qualsiasi suo- m, dove solo il vento può recare granelli di polvere or- lo, prato, pascolo, orto. Già lo incolpano di devastare i ganica, ho visto coi miei occhi saltellare una pulce, la campi, aiutato in questo dalla ruspante prole che si fa pulce dei ghiacciai. più numerosa ad ogni stagione. Per il secondo, il lupo, la faccenda è più delicata. D’accordo che non attacca Ancora qualche colpo d’ala e il mio capolinea è in vista. 1’uomo, sopratutto se è armato di bastone, ma le vit- Ma prima che il mio attimo fuggente si consumi vo- time designate sono le povere pecore e capre, libere sui glio ricordare con rispetto quei selvatici che fino a qual- pascoli alti. Prevedo il riaccendersi dell’antico conflit- che secolo fa vivevano qui e che ora sono chiamati «gli to dove armi tonanti e micidiali trappole opereranno lo estinti». Grossi conflitti di interessi erano sorti fra loro sterminio di queste due specie scomode che hanno per- e gli uomini per via dell’occupazione territoriale, e le so il loro spazio vitale in questa nostra Valle ormai den- disfide, ad armi impari, si conclusero con una radicale samente antropizzata. Dall’alto dei miei voli di ricogni- soppressione dei presenti sul campo. Parlo dell’orso, del zione vedo chiaramente tutto questo e me ne dolgo per lupo e della lince. Tuttavia in riferimento a quest’ultima questi miei lontanissimi parenti e mi consola il fatto devo raccontare un episodio accadutomi l’anno scorso. che almeno il mio spazio, quello aereo, è ancora vivibi- Mentre volavo a bassa quota, per diporto, facendo l’al- le, senza alcuna limitazione. talena sui passi dell’Alpe Veglia, mi era parso di vede- re mollemente sdraiato al sole, su una piattaforma roc- Ora il mio tempo è davvero scaduto. A chiusura di que- ciosa, un grosso gattone dal pelo maculato. Ripassai più sto reportage chiedo una breve licenza, pochi istanti per volte sull’obiettivo. Più che mai immobile, notai lun- sgranchirmi le ali in quest’aria frizzante. Salgo di get- ghi ciuffi sulle orecchie, una coda corta, e incuriosito to, su su nel cielo azzurro e infinito. «M’illumino d’im- gli sfrecciai sopra con un grido acuto per attirare la sua menso» come dice un poeta. Stop, rientro in picchiata attenzione. Il gattone allora alzò il capo e mi fece segno e scendo di quota in vista del mio nido. La mia com- di un lungo sguardo di valutazione: no, non gli interes- pagna lo ha già riassettato e mi sollecita impaziente. Ci savo come preda. Io, però, ebbi il tempo di osservare i aspetta un’estate piena zeppa di impegni alimentari e suoi grandi occhi, il suo sguardo penetrante e dorato e faticose trasferte ma anche di soddisfazioni. A settem- dedussi che quel morbido gattone altri non poteva esse- bre, quando i nebbioni scendendo più in basso faran- re che una lince. Da allora sentii insistentemente vocife- no intirizzire le ali agli insetti e li scacceranno, sarà tem- rare che qualche esemplare era venuto fra noi dalla vici- po di migrare. na Svizzera, dove è stato immesso da quelli che si chia- Allora anch’io me ne andrò nel paese dove il sole è a mano scienziati ecologici, quelli che sono convinti che picco sulle nostre teste e l’aria è densa di insetti ron- questo grosso felino facendo piazza pulita degli anima- zanti. Ma una cosa sia chiara: ovunque andrò mi sen- li deboli o ammalati, stronchi sul nascere le grandi epi- tirò uno sfollato, perché il mio cuore resterà qui, dove demie. Chissà se anche quest’anno mi capiterà di ritro- sono le mie radici, dove sono nato e nascono i figli e i varlo là tra cielo e roccia! figli dei miei figli. Sono pienamente consapevole che questo mio resocon- A proposito di certe nuove interpretazioni e variazioni to sia per molti versi incompleto. «Tempus fugit» anche sul riassetto ecologico, ho sentito dire che stanno speri- per noi, creature del cielo e poi è per via di quella frene- mentando un innesto artificiale di due specie i cui rap- sia che ho nelle ali. A mia discolpa dirò che, se mi sarà presentanti non si vedevano più da molto tempo da data l’opportunità, ci riproverò meglio la prossima vol- queste parti: il cinghiale e il lupo. ta. Intanto prego di considerare due fatti. Primo che ho Il primo è un suino ingrandito e rinforzato con zan- cercato di mettercela tutta, secondo che, alla fine, sono ne, grifo e setole e con una propulsione da carro arma- soltanto un rondone alpino.

148 I parchi e le riserve naturali Paolo Crosa Lenz

Dai fondovalle densamente abitati alle vette delle mon- delle risorse e di armonia con l’ambiente. tagne coperte di ghiacci. Tra questi estremi incontriamo La Valgrande e Veglia-Devero (i due pilastri del sistema il verde di grandi foreste, le distese d’erba delle praterie di aree protette dell’Ossola) rappresentano due dimen- alpine, le grandi pareti di roccia che si innalzano al cie- sioni differenti di una stessa realtà: la Valgrande (cupa, lo. Effervescenza di colori in una natura ancora in lar- incassata, opprimente, che si libera solo sulle creste in ga parte incorrotta. ampi sguardi lontani) rappresenta la fatica di penetrare E’ un mondo in equilibrio tra l’ambiente dolce dei laghi una natura selvaggia, misteriosa, inafferrabile; Veglia e prealpini e le grandi montagne delle Alpi (innanzitutto Devero (estese praterie alpine d’alta quota, pascoli rigo- il Monte Rosa, la seconda montagna d’Europa, poi una gliosi, immense giogaie battute dal vento) rappresenta- catena ininterrotta di vette dalle Pennine alle Leponti- no l’integrazione di natura e cultura. ne). Dai limoni che crescono rigogliosi sulle sponde dei La storia delle sei aree naturali protette dell’Ossola co- laghi (e dagli uliveti del Monte Rosso fra Intra e Pallan- mincia da lontano, oltre vent’anni prima che lo Stato si za) ai ghiacciai dell’Ossola: lago, collina e montagna. dotasse, nel 1991, della legge quadro sui Parchi. Sono due i valori ambientali dell’Ossola: la multiforme Nel 1969 l’allora Ministero dell’Agricoltura istituì l’Oa- varietà di habitat coesistenti in un’area ristretta e la pre- si Faunistica di Macugnaga, su un’area di 27,5 kmq nel- senza di molte aree in cui questi hanno conservato un l’ampio anfiteatro montuoso del versante orientale del equilibrio antico tra uomo e natura. Grandi respiri di Monte Rosa. armonia in una zona antropizzata da millenni. L’Oasi Faunistica, la prima area naturale protetta del- In questi ultimi quarant’anni anni l’istituzione di aree l’Ossola, nacque anche grazie al sostegno delle associa- naturali protette ha contribuito a definire e consolida- zioni venatorie locali, al fine di favorire la reintroduzio- re un sistema di parchi che costituiscono una carta im- ne dello stambecco, ormai quasi scomparso sulle Alpi. portante nel disegno futuro di un modello di sviluppo Gli esemplari liberati nell’arco di più anni provenivano del territorio. dalla Valsavaranche, nel Parco del Gran Paradiso, dove Non è solo la quantità di territorio tutelato, ma soprat- viveva una delle ultime colonie delle Alpi. Trovando tutto la qualità di esso che definisce l’importanza del- idonee condizioni ambientali, gli stambecchi si sono in l’Ossola nell’ambito del sistema nazionale delle aree seguito riprodotti colonizzando l’alta Valle Anzasca e la protette. E la qualità è data dal Parco Nazionale del- Valle Antrona. Attualmente si stimano circa 120 esem- la Valgrande, l’area wilderness più estesa d’Italia e una plari solo a Macugnaga. delle maggiori in Europa, e dal Parco Naturale dell’alpe Nel 1978 la Regione Piemonte istituisce il Parco Natu- Veglia e dell’Alpe Devero, due gioielli delle Alpi in cui rale dell’alpe Veglia. E’ il primo parco regionale istitui- si riconoscono un’armonia assoluta tra il secolare lavo- to in Piemonte. ro dell’uomo-montanaro e un ambiente naturale intat- L’alpe Veglia, alla testata della Val Cairasca, è una con- to. Se la Valgrande è il selvaggio, la foresta che ripren- ca alpina di origine glaciale circondata da una catena de un dominio assoluto sulla montagna, Veglia e Deve- di monti che costituiscono il lembo occidentale delle ro sono l’equilibrio, un modello di uso ecocompatibile Alpi Lepontine (il Monte Leone 3553 m ne è la vetta

149 maggiore; nel suo grembo corre il tunnel ferroviario del sta piana erbosa, detta Vaccareccio, si distribuiscono sei Sempione). L’alpe Veglia è anche luogo di insediamenti nuclei di abitazioni: Cianciavero, Aione, Ponte, Isola, antichissimi. Recenti scavi archeologici hanno scoper- Cornù e, leggermente discosto alle pendici del Pian Sta- to i resti di un accampamento di cacciatori nomadi del laregno, La Balma. I gruppi di casolari, armonicamen- Mesolitico, risalente all’VIII Millennio a.C. te inseriti nell’ambiente, sono posti su un’unica curva L’ambiente dell’alpe Veglia è quello tipico dell’alta mon- di livello con il fronte rivolto al pascolo. La grigia pie- tagna, sebbene il fondo pianeggiante della conca rien- tra locale è il materiale costruttivo dominante per cui le tri ancora entro il limite della vegetazione arborea. I bo- baite e le stalle si confondono con i massi erratici, i di- schi, radi e con sottobosco di rododendri e mirtilli, che rupi e le grandi pareti delle montagne. Tutto attorno è si sviluppano attorno alla piana dell’alpe si spingono il verde dei pascoli. con le frange superiori fino a 2200 metri di quota e Pascoli e praterie alpine in cui i naturalisti hanno ri- sono costituiti da larici, con rari esempi di pino unci- conosciuto 319 specie botaniche, di cui il 22 % consi- nato e abete rosso. derate rare e quattro (Gentiana brachyphylla, Astragalus È tuttavia il pascolo l’elemento dominante il paesaggio leontinus, Kobrenia simpliciscula e Arabis) vengono con- di Veglia. La grande piana del Vaccareccio e i pascoli di siderate rarissime. Pian Stalaregno (con le baite e le stalle di Cà d’Argnai) e Nel 1990 la Regione Piemonte istituisce il Parco Natu- Pian di Scricc sono destinati ai bovini. In Veglia vengo- rale dell’Alpe Devero, contiguo a quello di Veglia. no monticati essenzialmente bovini di razza bruna par- L’alpe Devero si trova alla testata dell’omonima valle ticolarmente adatti ai pascoli d’alta quota in quanto di che scende, quasi parallela ma con uno sviluppo mino- notevole rusticità e con attitudine da carne e da latte. re della Val Cairasca, ad innestarsi nel tronco della Val- Frutto di un’attività dell’uomo durata millenni e che ha le Antigorio all’altezza di Baceno. strappato ai lariceti e agli arbusteti la piana basale, i pa- La valle percorsa dal torrente Devero è molto interes- scoli sono la ricchezza e la fortuna di Veglia. Il loro va- sante dal punto di vista morfologico per le profonde lore paesaggistico ed economico (nei secoli scorsi veni- forre di incisione fluvio-glaciale e per la presenza dei vano caricati oltre mille bovini) è dovuto ad un uso ra- valloni laterali pensili (Bondolero, Buscagna, Codelago zionale della pastorizia che ha saputo realizzare un com- ed Agaro). Tutta la valle è uno stupendo libro aperto plesso e sapiente equilibrio con l’ambiente naturale. Ve- scritto dalla natura per raccontarci la storia delle Alpi e glia, così com’è, è il risultato del lavoro dell’uomo, del- illustrato dai colori di un ambiente mai monotono. la fatica di generazioni infinite di montanari che han- L’alluvium, il terreno di riporto che forma la base di pa- no spietrato e irrigato i pascoli, canalizzato le acque, re- scoli e praterie, è diffuso e costituisce il fondo della con- golato la crescita del bosco, costruito sentieri ed edifi- ca di Devero, di Buscagna, di Codelago (oggi ricoperta cato baite e stalle. In Veglia tuttavia l’azione antropica dalle acque del bacino artificiale) e di Agaro. L’ambien- è stata nel complesso ridotta: le forze della natura sono te è quello dell’alta montagna: boschi di larici e abeti state sempre prevalenti ed hanno fatto di questo terri- con sottobosco di mirtilli e rododendri, pascoli e alpeg- torio un paradiso della natura in cui hanno vissuto de- gi, praterie alpine fino contro le rocce, immense sassaie, gli uomini. picchi arditi e creste affilate. Le difficili condizioni ambientali e l’accesso impervio Come Veglia, Devero è sempre stato un alpeggio (alp hanno sempre limitato l’insediamento umano al perio- nel dialetto locale). In piena estate vi avveniva uno sfal- do estivo. Veglia è sempre rimasto un “alpe” nel senso cio d’erba mentre le mandrie pascolavano sui pascoli tradizionale del termine, cioè una sede temporanea e alti di Buscagna, di Sangiatto, dei Forni. terminale nel complesso itinerario di transumanza dai A differenza di Veglia, aperta nella conca vastissima e centri di fondovalle ai pascoli alti. Ai bordi della va- racchiusa da un ampio circolo di montagne che non

Dal rifugio della Bocchetta di Campo in Val Grande al Monte Rosa.

151 Domodossola, la Riserva Naturale del Sacro Monte Calvario. conservano segreti, Devero appare più contenuto e qua- minerali, tra cui sette nuove specie rinvenute qui per la si schiacciato dai grandi monti che sovrastano l’alpe. prima volta in natura. Sul solido e compatto serpenti- La sua morfologia, molto più articolata e complessa di no della Rossa e del Crampiolo si è sviluppata la mo- quella di Veglia, nasconde tuttavia ampi spazi e grandi derna arrampicata in Ossola e ancora oggi queste mon- distese d’erba nelle valli laterali e sui piani alti. Se Ve- tagne costituiscono uno straordinario terreno di gioco glia suscita lo stupore di chi scopre per la prima volta la per l’alpinismo classico. vastità del suo Vaccareccio, Devero rivela in alto la sua Nel 1995 i due Parchi vengono riuniti sotto un uni- grandezza: nell’asprezza delle sue montagne, dominio co ente di gestione: il Parco Naturale Veglia Devero. Il incontrastato del camoscio; nelle distese verdi dei pa- Parco, nelle Alpi Lepontine occidentali al confine tra scoli sparsi sulle innumerevoli balconate; nelle praterie Italia e Svizzera, tutela una superficie di 86 kmq (più alpine che salgono al cielo e ospitano cospicue colonie 22,5 kmq di “zona di salvaguardia” in Devero). Il terri- di marmotte; nelle grandi distanze su cui corrono i sen- torio è tipicamente alpino con un’altitudine tra i 1600 tieri (è il regno del grande escursionismo); negli specchi e i 3500 m. Il territorio tutelato è compreso nei comuni raccolti dei suoi laghetti in cui vivono il tritone alpestre di Baceno, Crodo, Varzo e Trasquera. Compiti princi- e la rana temporaria. pali del Parco Naturale sono la conservazione della bio- Le praterie alpine in estate offrono un’occasione uni- diversità e la promozione di uno sviluppo sostenibile ca per conoscere un quadro completo della flora alpina delle comunità locali. Questa azione avviene in rete con occidentale. Il Monte Cervandone (m 3211) è il cuore le altre 280 aree protette delle Alpi. di un distretto mineralogico tra i più ricchi d’Italia. Sui Nel 1991 la Regione Piemonte istituisce la Riserva Na- monti di Devero sono conosciute 127 specie diverse di turale Speciale del Sacro Monte Calvario di Domodos-

152 sola su una superficie di 25 ettari. Il complesso devozio- nistro (la Valgrande vera e propria) più grande del de- nale sorge sul colle di Mattarella, un’altura sovrastante stro (la Val Pogallo). la città di Domodossola, dove in origine sorgeva un ca- Il valore wilderness del parco, cioè la sua natura selvag- stello con origini anteriori all’anno Mille, distrutto nel gia, nasce dall’assenza, a partire dagli anni ‘50, di ogni 1415 dalle truppe vellesane scese a conquistare l’Osso- attività antropica sul suo territorio. Dopo secoli di in- la. Su proposta di due frati del convento cappuccino tenso sfruttamento da parte di boscaioli, carbonai e al- di Domodossola nel 1657 iniziarono i lavori di edifi- pigiani, questi ultimi cinquant’anni hanno visto il si- cazione del Santuario del Santissimo Crocifisso e della lenzio tornare nella valle. E la natura riprendere libera- Via Crucis, dedicata alla passione di Cristo e costituita mente il suo corso, riappropriandosi del territorio. E la da quindici stazioni, di cui tre contenute nel Santuario. foresta, le “immense foreste piantate da Adamo”, copri- Al Calvario di Domodossola, considerato dagli studio- re tutto: sentieri e mulattiere, pascoli e casère, teleferi- si come “il complesso architettonico e plastico più im- che e aie carbonili. Qua e là, sommersi da rovi e lam- portante di tutta l’Ossola”, hanno lavorato grandi artisti poni o ingoiati dal bosco, riemergono i segni di quella tra cui gli statuari Dionisio Bussola e Giuseppe Rusnati civiltà montanara che per secoli è cresciuta in simbiosi e i pittori Giovanni Sanpietro e Lorenzo Peracino. L’ar- con un ambiente tanto aspro e impervio. rivo al Calvario domese di Antonio Rosmini (febbraio L’importanza del parco è anche in questo. La Valgrande 1828) determinò un rifiorire della devozione popolare. è un’idea: l’idea del selvaggio, di una natura incorrotta Nel 1863 vi si stabilì l’istituto religioso rosminiano che e libera di seguire le sue leggi. E’ una presenza ancestra- fece diventare l’edificio eretto nel 1700 accanto al san- le, sopita in ognuno di noi, che riafferma prepotente la tuario un centro di formazione e di spiritualità. sua esistenza. “Un’isola sopravvissuta all’incalzare della Sulla montagna sovrastante il Calvario sono situati an- civiltà” per dirla con Franco Zunino. tichi borghi rurali oggi abbandonati che si inseriscono Proprio qui, nel 1967, su un’area di 973 ettari, fu isti- armonicamente nei boschi misti di latifoglie a predomi- tuita la “riserva naturale integrale del Pedum”, la pri- nanza di castagno. Un sentiero natura (“La via dei tor- ma delle Alpi. chi e dei mulini”) permette visite autoguidate per la co- Completano il panorama delle aree protette dell’Ossola noscenza di questa dimensione della civiltà rurale mon- le Oasi Naturali del Bosco Tenso e di Pian dei Sali. tana dell’Ossola. L’oasi naturale didattica del Bosco Tenso, istituita nel Il Parco Nazionale della Valgrande, inserito nella leg- 1990 dal comune di Premosello Chiovenda con la col- ge quadro sui parchi nazionali del 1991, è stato istitui- laborazione della sezione di Verbania del WWF, tute- to con decreto del Ministero dell’Ambiente nel mar- la l’ultimo residuo del bosco planiziale della valle del zo 1992 su una superficie di 11733 ettari. È il secon- Toce. E’ un tipico bosco igrofilo (querco carpineto), re- do parco nazionale del Piemonte (dopo quello storico siduo dei grandi boschi che un tempo occupavano l’Os- del Gran Paradiso) ed è il riconoscimento, da parte del sola, abbattuti per far posto alle coltivazioni già a parti- Parlamento, che la Valgrande è un bene di grande valo- re dal XII secolo. L’area acquista rilievo naturalistico per re per tutta l’Italia (e per l’Europa). Il territorio del par- la presenza di una ricca avifauna (40 specie nidificanti e co nazionale comprende i bacini idrografici del Rio Val- 127 svernanti o di passo). grande e del Rio Pogallo, confluenti a valle di Cicogna Il Bosco Tenso era “tensato”, cioè soggetto a vincoli già nel torrente San Bernardino che sfocia nel Lago Mag- nel 1572 (Statuti di Premosello). Essendo sulla riva del giore a Intra. E’ una valle chiusa, circondata da monta- Toce, salvava le coltivazioni dalle piene del fiume. An- gne non alte (la vetta più alta è il Togano, m 2301) che che nei bandi comunali del 1833 il Bosco Tenso era trova il suo unico sbocco nella grande forra a sud di Ci- protetto, anche perchè il comune potesse approvvigio- cogna. Racchiusa e definita tra Ossola, Vigezzo e Can- narsi di legna con cui riscaldare la scuola e il municipio. nobina e il bacino del Lago Maggiore a sud, può essere Scopo dell’Oasi è di proteggere l’ambiente naturale con immaginata come un grande cuore con il ventricolo si- una gestione che mantenga, migliori e rinnovi il patri-

153 Immagini del Parco Naturale Veglia - Devero. monio boschivo, consentendone un utilizzo didattico bienti umidi e si spinge anche fino a 2500 metri e più di lungo sentieri attrezzati con pannelli esplicativi. altitudine. Ecco l’Ossola verde. Un territorio dove il re- spiro della natura è ancora presente e vitale e dove si co- L’Oasi Naturale del Pian dei Sali, istituita nel 1998 dai niugano armonicamente la civiltà antica e sapiente del- comuni di Malesco e Villette e dal WWF Verbania, tu- l’uomo-montanaro con il rispetto dell’ambiente. Que- tela un tipico ambiente umido di montagna. L’anfibio sto ambiente che, con la funzione propositiva e di spe- più diffuso è sicuramente la Rana temporaria, di colore rimentazione gestionale del “sistema” dei parchi, può bruno-arancione macchiata di scuro. E’ tipica degli am- dare molto agli uomini di oggi.

154 La Cultura

Ossolani illustri Angela Preioni Travostino

ADORNA FRANCESCO SAVERIO, aeronauta di Domo difese i diritti del Capitolo ed i privilegi osso- Villette 1744 - Bordeaux 1821 lani; giornalista battagliero e instancabile, diresse L’Os- Figlio di Giacomo e di Margherita Piffero. Emigrò ra- solano fra il 1845 e il 1848, scrisse di politica con spirito gazzino all’estero in cerca di lavoro e più tardi, attrat- di parte, ma anche di religione e di storia. Nei suoi ul- to dalle scienze fisiche e dalle novità del tempo, si dedi- timi anni lasciò Domo e l’attività giornalìstica per fare cò allo studio della nascente aeronautica. Pare che nel il parroco a Montescheno, in valle Antrona, costrettovi 1780, prima dei fratelli Montgolfier, avesse costruito a da disposizione vescovile. Strasburgo un grosso pallone aerostatico con cui poi si levò su alcune città europee. Stabilitosi a Bordeaux non ALVAZZI DEL FRATE COSTANTINO, medico dimenticò il paese nativo al quale donò la casa paterna Varzo 1850 - ivi 1920 perché vi fossero ospitate le scuole elementari, ed alla Figlio del geom. Benedetto e di Monica Rigacci. Stu- parrocchia un ostensorio con inciso il proprio nome. di classici in Collegi Rosminiani e laurea in medicina nel 1873. Esercitò la professione a Domo, a Torino e ALBERTAZZI GIACOMO ANTONIO, dal 1893 diresse l’Ospedale Civico di Sanremo. Scrisse scrittore didascalico, giureconsulto una monografia sulla cura dei lebbrosi e L’acqua mine- Vogogna 1736 - ivi 1793 rale dell’Alpe Veglia, studio ricco di dati scientifici per la Figlio del giureconsulto Giulio Maria e di Anna Rome- valorizzazione delle acque minerali ossolane. rio, studiò a Milano nelle scuole Palatine di Brera let- tere, filosofia e diritto. Tornato a Vogogna fu Luogote- ANTONIETTI MARIA GIOVANNA, religiosa nente del Podestà ed esercitò il pubblico patrocinio. Es- Baceno 1809 - Borgomanero 1872 sendo l’Ossola passata al Regno di Sardegna si perfezio- Figlia di Martino e di Angela Scavini. Per vocazione re- nò nello studio delle leggi sabaude ottenendo la laurea ligiosa si rivolse all’abate Rosmini che la inviò a studiare all’Università di Torino. Seguì interessi culturali di ge- e a fare il noviziato a Locamo, destinandola poi a diri- nere scientifico-didascalico che espresse ne Il Padre di gere l’asilo di Biella. Per le doti eccezionali di prudenza, famiglia in sette libri dedicati alla coltura della terra, alla umiltà, fortezza cristiana e sagacia amministrativa di- farmacopea domestica, alla caccia e alla pesca e alla pace mostrate, il Rosmini la nominò Superiora Generale del- in famiglia. L’opera fu pubblicata a Vercelli nel 1789 e l’Ordine delle Suore della Provvidenza da lui fondato. ristampata a Milano nel 1829. ARCARDINI ALESSANDRO, avvocato ALLEGRANZA PIETRO, giornalista, canonico Piedimulera 1895 - Domodossola 1992 Vagna 1800 - Montescheno 1874 Figlio di Rocco e di M. Luigia Coursi, vallesana. Stu- Figlio del notaio Giuseppe Maria e di Rosalia Giuppa. di classici al Mellerio Rosmini e laurea in giurispruden- Compiuti gli studi classici e teologici in seminario, fu za a Torino. Ufficiale del genio e aviatore nella 1a guer- ordinato sacerdote e insegnò lettere nei seminari della ra mondiale, ottenne la croce di guerra ed il distintivo diocesi di Novara. Studioso di cose ossolane, compilò d’onore. Durante la brillante carriera forense a Torino, una storia che restò inedita. Canonico della Collegiata nel 1944 difese gli avvocati Brosio e Fusi che, con abili-

157 tà dialettica, sottrasse alla pena capitale richiesta dal Tri- ospedaletto nel quale raccolse derelitti e mendicanti. bunale fascista e toccata invece agli sfortunati eroi fuci- BALLARINI GIORGIO, ingegnere, giornalista lati al Martinetto. Dal 1945 continuò la professione a Livorno 1903 - Domodossola 1987 Domodossola e accettò con grande disponibilità la ca- Figlio dell’ing. Giovanni e di Clori Solari. Dome- rica di presidente della Fondazione Galletti, dell’Azien- se d’adozione essendovi giunto fin dal 1928, diresse la da Autonoma di Bognanco, della Pro Domo e della 2a Ferrovia Vigezzina per un quarantennio. Negli anni del Esposizione italo-svizzera del 1950. Fu anche sosteni- conflitto bellico si accostò al Partito Socialista e duran- tore del rilancio del Sempione mediante il collegamen- te i «quaranta giorni di libertà» fu membro della Giunta to stradale con Genova (autostrada Voltri-Sempione). Provvisoria di Governo con il compito di far funziona- Collaborò al buon andamento di enti morali e cultura- re i trasporti interni all’Ossola e particolarmente quel- li con competenza e attiva partecipazione. Per i disinte- li internazionali diretti nel Vallese e nel Canton Ticino. ressati incarichi umanitari fu nominato grand’ufficiale Nel 1945 rientrato dalla Svizzera, dove si era rifugiato della Repubblica. dopo la rioccupazione tedesca, fu eletto dal C.L.N. sin- AZZARI GIUSEPPE ANTONIO, patriota daco di Domodossola, carica che tenne fino alle prime Re 1767 - Bicocca di Novara 1796 elezioni. Continuò l’impegno politico fondando e di- Figlio dei vigezzini Giuseppe Antonio di Re e di M. rigendo il giornale settimanale Il Risveglio Ossolano, e Anna Ravelli di Albogno. Studi classici e laurea in giu- scrivendo gli articoli di prima pagina in favore di bat- risprudenza a Pavia, ove abbracciò ideali repubblicani taglie sociali. Colto, amante dell’arte, visitò tutti i con- che propagandò a Pallanza, luogo di residenza della fa- tinenti per conoscerne anche gli aspetti politici, socia- miglia, da anni dedita a fruttuosi commerci, e in Val- li e organizzativi. le Vigezzo fra parenti e amici. Con il nome di Giunio BALZARDI ANGELO, scultore Bruto fu a capo di un movimento rivoluzionario che, Antrona 1892 - Torino 1974 nell’autunno 1796 tentò l’insurrezione antimonarchica. Studi artistici a Torino conclusi nel 1922 con diploma Catturato dalle forze regie per delazione, fu condannato del Corso superiore di scultura. Partecipò con succes- a morte e impiccato a Novara nei pressi della Bicocca. so alla XIX Biennale di Venezia e alle Quadriennali di BAGNOLINI ATTILIO, Roma. Fu titolare della Cattedra di plastica ornamen- Medaglia d’oro al valore militare tale all’Accademia Albertina. Sue opere di rinomanza: Villadossola 1913 - Mai Ceu (Etiopia) 1936 il monumento al fante a Torino; fontana per i giardi- Alpino del btg. Intra del IV Reggimento, combatten- ni pubblici e sacrario dei caduti di Alessandria, edico- te in Africa Orientale durante la guerra italo-etiopi- le e monumenti funerari in vari campisanti, busto del ca (1935-36), difese da ferito la postazione di Passo contadino piemontese e la Medusa per il campo spor- Macan, nella battaglia cruciale di Mai Ceu o del lago tivo di Domo. Ascianghi, poi con sacrificio della vita sventò il tentati- BARATTA GIOVAN BATTISTA, vo di accerchiamento dell’esiguo gruppo dei compagni ufficiale medico, oculista d’armi. In Villadossola è ricordato con l’intitolazione Orcesco di Druogno 1778 - Milano 1851 della Scuola Media e con un monumento. Un sommer- Emigrato in Francia con i genitori originari della valle gibile della Marina Militare porta il suo nome. Vigezzo, a Parigi si laureò in medicina e rientrò in Ita- BALCONE GIOVAN BATTISTA, benefattore lia con l’armata del gen. Bonaparte, ottenne il grado di S. Maria Maggiore 1703 - ivi 1750 ufficiale medico del 1° Reggimento Ussari della Repub- Sacerdote presso la Parrocchia di Zornasco, ricco, bril- blica Cisalpina e passò in seguito alla Divisione Victor. lante e di scarsa pratica religiosa. Mutò condotta e si ri- Nel 1805 a Pavia si specializzò in chirurgia e a Mila- dusse a vivere poveramente e in penitenza. Eresse un no fu nominato dirigente del servizio sanitario presso il

158 Collegio Militare. Lasciò numerose pubblicazioni: Me- la scuola di belle arti Rossetti Valentini. Dopo aver par- moria e osservazione sopra una pupilla artificiale (1809), tecipato alla 1a guerra mondiale si perfezionò nella pit- comparsa su L’incoraggiamento di Genova, e l’opera in tura a Torino e a Roma. Tornato in valle Vigezzo, ini- due volumi Osservazioni pratiche sulle principali malat- ziò l’attività pittorica acquistando consensi..Dapprima tie degli occhi tradotta in tedesco a Lipsia (1848). Fu «divisionista», il suo stile si fece più libero e personale membro delle Società mediche di Vienna e Lipsia. e tradusse in colori stati d’animo e la poesia della natu- ra circostante. BARBETTA VENANZIO GIUSEPPE, letterato Baceno 1869 - Quinto (GE) 1910 BELLI GIOVANNI, deputato, benefattore Figlio di Venanzio e di Domenica Bracchi. Studi clas- Stradella 1812 - Calasca 1904 sici al Mellerio Rosmini e laurea in lettere all’Universi- Figlio di Antonio e di Marianna Tojetti di Calasca, re- tà di Torino. Insegnante per qualche anno, biblioteca- sidenti a Stradella poi a Pavia commercianti di uve e di rio a Milano, poi giornalista, critico apprezzabile, scrit- vini dell’Oltrepò pavese. Si laureò in fisica matemati- tore purtroppo ignorato per la sua ritrosia e modestia. ca in quell’Ateneo dove lo zio paterno era illustre catte- Le sue opere, pervase di pessimismo esistenziale, vide- dratico. Sindaco di Calasca, fu eletto Deputato subalpi- ro la luce tra il 1888 e il 1903. Ammalato, cercò inuti- no dal 1852 al 1861 e Consigliere provinciale. Benefi- le sollievo in Liguria. cò le società operaie dell’Ossola, l’asilo infantile di Pie- BARONIO ANTONIO, pittore dimulera, l’Ospedale San Biagio di Domo e soprattut- Vogogna 1869 - Vogogna 1918 to il Comune di Calasca a cui lasciò proprietà e dena- Figlio di Francesco e di Domenica Moro. Dopo gli stu- ro per l’istruzione, l’igiene e la viabilità patrocinando la di classici a Domo si iscrisse al Politecnico di Torino strada fino a Macugnaga. che lasciò per l’Accademia Albertina. La sua produzio- BELLI GIUSEPPE, ne pittorica molto apprezzata dai contemporanei ebbe fisico, professore universitario spesso per soggetto il paesaggio ossolano. Calasca 1791 - Pavia 1860 BAZZETTA GIOVANNI (NINO), storico, giornalista Laureato a pieni voti in fisica matematica all’Università Novara 1880 - ivi 1951 di Pavia, nel 1843 ottenne la cattedra che fu già di Ales- Figlio del col. Giulio, che fu militare a Domo e beneme- sandro Volta presso l’Ateneo pavese. Fu il più illustre rito della Fondazione Galletti, e di Fanny Lampugnani. rappresentante delle scienze fisiche in Italia fra il 1845 e Studi classici al Mellerio Rosmini e laurea in giurispru- il 1860. Un ricordo marmoreo è collocato sotto i porti- denza a Pavia. Nel 1901 esordì come giornalista nel fo- ci dell’Università di Pavia. glio domese L’Indipendente. Nel 1905 fondò La libertà, BELLI SAVERIO, botanico e fu poi redattore de Il Popolo dell’Ossola (1910) e cor- Domodossola 1852 -Torino 1919 rispondente di altri giornali, segretario alla Sottoprefet- Figlio di Carlo che fu Deputato al Parlamento subalpi- tura di Domo dal 1912 al 1922, combattente valoroso no, Sindaco di Domo e capo divisione al Ministero del- nella grande guerra, segretario di Prefettura a Novara ed le Finanze, e di Giuditta Silvetti di Pallanzeno, nacque in seguito al Ministero del Tesoro a Roma. Appassiona- e crebbe nel Palazzo Belli (ex chiesa di San Francesco). to di ricerche storiche, dedicò ai domesi la Storia di Do- Compiuti gli studi classici al Collegio Mellerio Rosmi- modossola e dell’Ossola Superiore (1910) frutto di decen- ni, frequentò a Torino dapprima la facoltà di medici- nale fatica. Trattò altri argomenti storici ossolani e pub- na poi quella di scienze naturali laureandosi a pieni voti blicò le storie di Omegna e di Novara. nel 1887. Libero docente nel 1894, direttore dell’or- BELCASTRO ALFREDO, pittore to botanico e poi Ordinario all’Università di Cagliari. Omegna 1893 - S. M. Maggiore 1961 Compì e pubblicò studi botanici sulle crittogame e fa- Da genitori omegnesi albergatori in Vigezzo, frequentò nerogane. Fu membro di accademie scientifiche.

159 BIANCHETTI CARLO, medico, agronomo terapica a Parma. Esercitò a Domo e curò gratuitamen- Ornavasso 1788 - ivi 1840 te i carcerati. Fu sindaco del Borgo e dal 1849 Deputato Studi classici, laurea in medicina a Pavia nel 1810. Me- al Parlamento subalpino per tre legislature. dico condotto al paese nativo, scrisse sull’uso del solfato BIANCHI GENNARO, politico, teologo e letterato di chinino e sulle cure del gozzo. Studiò e scrisse anche Domodossola 1748 - ivi 1825 sulla coltivazione dei gelsi, sulla viticoltura, sulle talpe Appartenente a ricca famiglia borghese, figlio di Gio- e sui bachi da seta. Perché i parroci potessero aiutare i vanni Battista e di Fiorenza Bossi. «Doctor utriusque parrocchiani al corretto uso agricolo, dedicò loro il trat- iuris», insegnante di retorica nel Seminario di Como. tato Delle utilità di unire lo studio scientifico dell’agricol- Fu collega e strinse amicizia con Alessandro Volta che tura alle discipline ecclesiastiche. ospitò due volte in Domodossola quando, già famoso BIANCHETTI ENRICO, storico, archeologo docente di fisica sperimentale a Pavia, era diretto a Gi- Domodossola 1834 - Ornavasso 1894 nevra nel 1787 e a Parigi nel 1801. Aderì alle idee in- Figlio di Giovanni medico e deputato al Parlamento Su- novatrici e fu a capo della Municipalità di Domo du- balpino e di Maria Mantellini di Varzo. Studi classici, rante la 1° Repubblica Cisalpina, poi commissario del studente a Torino alla facoltà di Giurisprudenza, ma non Governo Italico nell’Ossola e Delegato revisore della si laureò per dedicarsi a studi letterari, artistici, storici ap- Cassa pagamenti della costruenda strada del Sempio- profonditi con ricerche d’archivio. Diede alle stampe la ne. Dopo la caduta di Napoleone si ritirò a vita privata. pregevolissima Storia dell’Ossola inferiore in due volumi, uscita a Torino nel 1878. Scoprì, studiò e scrisse sulla ne- BINDA ATTILIO, colonnello, medaglia d’argento cropoli gallo romana di Ornavasso e ordinò nella propria Domodossola 09.02.1894 – Russia 20.01.1943 abitazione una preziosa raccolta archeologica (ora al Mu- Osservatore militare dell’aeronautica nelle due grandi seo di Pallanza per decisione degli eredi). Si occupò an- guerre mondiali. Salvò un gruppo di alpini sul Don at- che di meteorologia, agricoltura e fotografia. Fu in corri- tirando su di sé il fuoco nemico. Gli vennero conferite spondenza con studiosi di storia suoi contemporanei ed due medaglie d’argento. ebbe riconoscimenti ed onorificenze. Sposò una cugina BOITI ANTONIO, chirurgo di Quintino Sella con il quale ebbe rapporti culturali. Roma 1776 - Firenze 1827 BIANCHETTI GIOVANNI ANTONIO, chimico Figlio di Bartolomeo e di Domenica Novaria Todesco Ornavasso 1785 - Domodossola 1854 entrambi di Calasca emigrati a Roma. Come altri an- Figlio di Giovanni e di Margherita Viola. Dopo gli stu- zaschini studiò grazie agli aiuti finanziari dell’archiatra di classici conseguì a Pavia la laurea in chimica farma- Giavina di Domo che lo volle con sé come aiuto chi- ceutica nel 1806. Arruolatosi volontario nella Guardia rurgo all’Arcispedale di S. Spirito in Roma. Nel 1803 d’onore del Regno Italico ebbe decorazione dal Principe fu chiamato a Salisburgo da Ferdinando III di Lorena a Eugenio di Beauharnais. Nel 1813 fu farmacista mag- prestare l’opera di chirurgo ostetrico. Dopo il Congres- giore dell’Ospedale di Venezia. Con la caduta di Napo- so di Vienna seguì a Firenze il Granduca con la carica leone tornò in Ossola e riprese gli studi di chimica la- di capo chirurgo di Corte. Scrisse note di medicina sul sciando dotte dissertazioni pubblicate dalla Società dei Giornale dei Letterati di Pisa. farmacisti del Regno di Sardegna. BOITI PAOLO, benefattore BIANCHETTI GIOVANNI, medico, politico Sec. XVIII (2a metà) – Calasca 1836 Granerolo 1809 - Ornavasso 1890 Figlio di Bartolomeo e di Domenica Novaria Todesco, Figlio del chimico Giovanni Antonio e di Margherita sacerdote, contribuì con il proprio patrimonio alla co- Galli. Dopo gli studi classici conseguì a Torino la laurea stituzione del «Monte di pietà» di Calasca. Fondò una in medicina e una specializzazione in chimica medica e scuola per insegnare alle figliole dagli anni cinque ai do-

160 dici a leggere, scrivere e imparare la Dottrina Cristiana, BORGNIS GIUSEPPE ANTONIO, a cucire e a fare calzette. professore universitario Craveggia 1781 - Monza 1863 BONARDI BERNARDINO, scenografo, benefattore Figlio di Giovanni banchiere a Parigi e di Maria Ros- Coimo 1834 - Domodossola 1923 setti. Dedicatosi agli studi scientifici si laureò in inge- Figlio di Giovanni e di Rosalia Pattaroni. Studiò dise- gneria prestando poi servizio presso la Marina a Venezia gno sotto la guida di pittori vigezzini poi si recò a Pari- dove uscì una sua pubblicazione di meccanica. Insegnò gi da una zia cameriera dello scenografo Ferri da cui ap- matematica applicata all’Università di Pavia divenen- prese l’arte della scenografia. Insieme lavorarono per il done nel 1843 Rettore Magnifico. Propugnò la costru- teatro Regio di Torino. Nel 1857 il Bonardi si trasferì in zione della carrozzabile Vigezzo-Domo e di una dira- Spagna dove fu attivo presso i principali teatri finché fu mazione verso la Svizzera e il lago Maggiore. Fu mem- assunto al R. Teatro di Madrid. Nel 1890 si stabilì de- bro effettivo del Regio Istituto Lombardo di Scienze, finitivamente a Domo. Regalò al teatro Galletti il sipa- lettere e arti. rio riproducente la piazza Mercato e i costumi caratteri- stici delle valli ossolane, conservato nel palazzo S. Fran- BORGNIS GIUSEPPE MATTIA, pittore cesco. Lasciò una somma all’Ospedale S. Biagio per la Craveggia 1701 - West Wycombe (Inghilterra) 1761 cura agli ammalati di Coimo. Figlio di Giovanni e di Antonia Borgnis. Ricevuti i pri- mi rudimenti del disegno in Valle, imparò l’affresco e la BONARDI GIUSEPPE, benefattore pittura a olio a Bologna e a Venezia. Nel 1719 in Vigez- Coimo 1822 - Parigi 1906 zo iniziò l’attività, notevole per livello artistico e per nu- Figlio di Giovanni Andrea e di Domenica Cuccioni, mero di committenze, durata un trentennio. Lasciò pit- fece fortuna a Parigi dopo essere stato apprendista fu- ture sacre e profane in chiese e case della Valle, dell’Os- mista. Fu tra i primi a introdurre il riscaldamento con sola, del Canton Ticino fra cui s’impongono gli affreschi caloriferi ad aria, ottenendo grandi profitti economi- delle chiese parrocchiali di S. Maria Maggiore, Craveg- ci. Legò a Coimo una rendita annua per pagare cure e gia e dell’Oratorio della Madonna della Vita di Moz- medicine ai poveri, uno stipendio ai maestri elementa- zio. Nel 1752 si trasferì in Inghilterra (West Wycombe) ri, una dotazione di fontanelle pubbliche e buona parte dove propose nello stile «augusteo» molte opere classi- della strada fra il suo paese e la statale di val Vigezzo. che della pittura italiana componendone variamente il BONO PIETRO, benefattore contesto. Morì cadendo da un’impalcatura. Varzo 1815 - Parigi 1887 BOSSONE CARLO, pittore Figlio di Domenico e di Maria Mazzurri. Dopo le elemen- Savona 1904 - S. Carlo di Vanzone 1991 tari raggiunse il padre emigrato a Valence sur la Drône e Figlio di Raimondo e di Ines Rosa della valle Anzasca. con impegno e volontà si affermò nel commercio, apren- Allievo del pittore ottocentista Vittorio Cavalieri a To- do a Parigi una casa di materiale ottico e fotografico con rino, seguì contemporaneamente corsi serali di figura succursale a Buenos Aires. Fu generoso pittore lasciando all’Accademia Albertina e fu assiduo frequentatore di vistosa somma per la costruzione dell’ospedale di Varzo e musei e gallerie. I soggiorni in valle Anzasca gli fecero aiuti finanziari alla Pia Opera di S. Paolo di Valence. amare e conoscere la montagna e la vita che la circonda, BORGNIS DOMENICO AGOSTINO, benefattore che espresse nella sua pittura con scelta di forme, luci Craveggia 1799 – ivi 1843 e colori non disgiunti dal sentimento. Mostre persona- Arricchitosi con il commercio, lasciò una considerevole li negli anni Trenta a Torino, Milano, Novara, Parigi e somma al suo paese per l’istituzione di una scuola post- centri del lago Maggiore lo incoraggiarono a prosegui- elementare che funzionò per oltre un decennio. re. Lavorò come analista in miniera e poi partì per l’Ar-

161 Balcone Giovan Battista, benefattore Belli Giuseppe, fisico e professore universitario S. Maria Maggiore 1703 - ivi 1750 Calasca 1791 - Pavia 1860

Borgnis Giuseppe Antonio, professore universitario Borgnis Giuseppe Mattia, pittore Craveggia 1781 - Monza 1863 Craveggia 1701 - West Wycombe 1761 gentina (1944). Dipinse con successo a Buenos Aires e macchia e poi si rifugiò in Svizzera nel giugno 1944. nelle principali città argentine, ispirandosi all’immensi- Rimpatriò il 10 settembre per assumere l’incarico di tà degli scenari sudamericani. Tornò nel 1949 e si stabi- Commissario all’Istruzione nella Giunta Provvisoria lì a S. Carlo di Vanzone, rinunciando a buone prospet- di Governo, curò l’invio di circa 500 bambini ossolani tive torinesi. Insegnò privatamente la pittura a molti al- in Svizzera. Alla caduta della Repubblica partigiana ac- lievi e tenne mostre fino al 1990. compagnò a Briga due convogli di fuggiaschi e di feriti. Dopo il 25 aprile riprese l’incarico di cappellano al S. BOTTI GIUSEPPE, egittologo Biagio fino alla fine dei suoi giorni, avvenuta in seguito Vanzone 1889 - Firenze 1968 a incidente automobilistico. Figlio di Bartolomeo e di Maria Gorini. Laureato al- l’Università di Torino in lettere classiche, si specializzò CALCATERRA CARLO senjor, medico, scrittore in egittologia studiando i papiri della collezione Dro- Bellinzago 1843 – Gignese 1894 vetti sotto la guida dell’illustre prof. Schiaparelli. Fu Medico condotto in valle Antigorio dal 1874, abitò a sovrintendente del museo archeologico di Firenze (se- Premia per vent’anni, zelante e infaticabile nel presta- zione egizia) e docente di egittologia all’Università di re la propria opera nei vari disagiati paesetti. Praticò Roma. Le sue pubblicazioni superano la settantina. Ul- le vaccinazioni antivaiolose vincendo i pregiudizi della tima fatica due volumi su L’archivio demotico con i qua- popolazione e di qualche collega. Amò l’Ossola e la sua li inizia il catalogo del Museo Egizio di Torino. L’ope- storia millenaria e fu autore di racconti storici, tra cui ra consiste nella trascrizione, traduzione, commento di La bella ossolana (1884). papiri inediti scritti in lingua demotica di cui fu fra i maggiori esperti. Aveva anche intrapreso la traduzione CALCATERRA CARLO JUNIOR, di papiri conservati nel Museo Gregoriano del Vatica- docente universitario, critico no. Altra opera importantissima e nota agli studiosi di Premia 1884 - S. Maria Maggiore 1952 tutto il mondo la traduzione dei papiri in lingua ieratica Figlio di Carlo, medico condotto di valle Antigorio e di e demotica provenienti dagli scavi di Umm el Breighat. Carolina Giovanelli di Cannero, allievo apprezzatissi- mo di Arturo Graf, conseguì brillantemente la laurea in BOZZO ANGELO, benefattore lettere nell’Università di Torino presso la quale fu libero Vanzone 1838 -ivi 1912 docente dopo aver combattuto nella 1a guerra mondia- Figlio di Giovan Battista e di Maddalena Bozzo, emi- le. Nel 1927 vinse la cattedra di letteratura italiana al- grò in Francia con la famiglia. Diventato ricco gestendo l’Università Cattolica di Milano e due anni dopo fondò con altri parenti una gioielleria, lasciò notevoli somme la rivista Convivium e firmò gli articoli con lo pseudoni- all’asilo infantile del paese nativo, alla Congregazione di mo Carlo da Premia in ricordo del paese nativo. carità per pagare medicine ai poveri, all’ospedale di No- Dal 1935 all’anno della scomparsa fu titolare della pre- vara per assicurare le cure agli indigenti di valle Anzasca stigiosa cattedra di letteratura italiana nell’ateneo di Bo- e alla parrocchia per opere di bene. logna. Sfollato con la famiglia a Druogno (1943), du- CABALA’ DON GAUDENZIO, sacerdote, partigiano rante la «repubblica» dell’Ossola (1944), con Contini e Gravellona 1890 – Domodossola 1961 Bonfantini si impegnò a redigere un piano di riforma Coadiutore della parrocchia di Domo fin dal 1921, poi scolastica. Fu presidente del Centro nazionale di studi cappellano dell’ospedale S. Biagio, fu tra i primi a de- Alfieriani, curò numerose edizioni e scrisse opere di cri- dicarsi alla Resistenza procurando mezzi ai primi nu- tica fra le quali primeggiano: II Parnaso in rivolta; Ba- clei armati e aiutando i giovani a sottrarsi ai bandi e rocco e Antibarocco nella poesia italiana; II Barocco in Ar- alla cattura da parte di neofascisti e tedeschi. Scoperto cadia e altri studi sul Settecento; II nostro imminente Ri- unitamente al fratello e alla sorella esercenti in Domo sorgimento; Con Guido Gozzano e altri poeti e Della lin- il “Caffè Cabalà” che collaboravano con lui, stette alla gua di Gozzano; Alma mater studiorum; Poesia e canto.

163 CALPINI STEFANO, politico lui l’idea di tramandare ai posteri una storia dell’Ossola, Domodossola 1849 – ivi 1902 quella appunto da lui compilata e finita nel 1631 e poi Figlio di Francesco e Maria Burla. Avvocato di succes- fatta stampare dal figlio Giovan Matteo nel 1673 sot- so nella sua città, si occupò con passione di agricoltu- to il titolo di Memorie della corte di Mattarella. L’ope- ra e diede utili consigli ai concittadini. Scrisse Memorie ra, di notevole interesse e importanza, ebbe una ristam- sulle condizioni dell’agricoltura del Circondario dell’Osso- pa nel 1968. la pubblicato nel 1901, premiato con medaglia d’argen- CASETTI ANTONIO, benefattore to. Fu deputato per quattro legislature nella lista liberal- Caddo 1841 - ivi 1888 democratica, attivo consigliere della Società Operaia e Figlio di Giovanni e di Maria Cesconi, fece fortuna a della Fondazione Galletti. Parigi, dove si era recato undicenne, con attività com- CAPIS GIOVAN MATTEO, giureconsulto merciali e industriali. Fu amministratore della Società Domodossola 1617 – ivi 1681 di Beneficenza Italiana a Parigi e Consigliere della Ca- Figlio dello storico e giureconsulto Giovanni e di Lau- mera di Commercio. Rientrato in Ossola ideò la stra- ra Ferrari, studiò leggi a Pavia dove si laureò. Tornato da Cisore-Caddo-Preglia alla cui realizzazione destinò a Domo accettò la carica di sindaco della Giurisdizio- vistosa somma. Provvide anche alla costruzione della ne, che tenne per molti anni occupandosi di far costrui- scuola elementare di Preglia. La scuola media di Preglia re ripari al Bogna, e dell’amministrazione dell’ospeda- è dedicata a lui ed al fratello Giovanni. le S. Biagio. Curò la stampa dell’opera storica del pa- dre, si adoperò per la costruzione del nuovo conven- CASETTI GIOVANNI ANDREA, astronomo, astrologo to dei Cappuccini, della chiesa e delle cappelle della via Vogogna 1568 - ivi 1628 Crucis del Sacro Monte Calvario. A quest’ultima ope- Di antica famiglia patrizia, si dedicò allo studio delle ra si dedicò con zelo e pietà destando fervore religio- scienze naturali e dell’astronomia che poi insegnò a Mi- so tra gli Ossolani che lo secondarono in tale grandiosa lano. Pubblicò annuali effemeridi in cui sono trattati opera con sovvenzioni e aiuti di ogni genere. Morendo argomenti cosmici, meteorologici e astrologici. L’effe- lasciò il suo patrimonio all’istituzione del Sacro Mon- meride del 1596 dedicata alla contessa Tornielli reca os- te Calvario. servazioni sulla luna, sull’epatta e su elementi riguar- danti il calendario ecclesiastico e solare. In quella del CAPIS GIOVANNI, giureconsulto, storico 1612 augura all’Ossola che la peste non infierisca. In un Domodossola 1582 - ivi 1632 manoscritto dedicato al cardinale Federico Borromeo, Figlio del conte Matteo e di Elisabetta Borgnis com- conservato all’Ambrosiana di Milano, tratta di prono- pì gli studi classici a Milano, presso i Gesuiti di Brera, stici sul tempo in relazione all’aspetto degli astri, de- poi a Pavia si laureò in diritto civile ed ecclesiastico nel sunti anche dalla tradizione classica (Plinio, Aristotele) 1605. In quell’epoca compilò un dizionarietto etimolo- e dalla propria esperienza di osservatore. Nel 1603 pub- gico del dialetto lombardo con traduzione in volgare to- blicò in Milano presso l’editore Giacomo M. Meda Il scano noto come Varon milanes. Dopo aver fatto prati- presagio infallibile sopra la mutazione de’ tempi, Indispo- ca legale a Milano, in seguito alla morte del padre nel sizione dei corpi calcolato al meridiano della città di Mi- 1608 rientrò a Domo per esercitarvi la professione. Fu lano e altre città d’Italia. anche titolare delle massime cariche elettive della Co- munità per cui si vide costretto a provvedere alle neces- CASETTI GIOVAN PIETRO, benefattore sità gravi del suo tempo quali la peste, le disastrose pie- Caddo 1846 – ivi 1918 ne del Bogna. Ma soprattutto lottò in difesa dei privi- Emigrato a Parigi, lavorò col fratello Antonio nel mo- legi dell’Ossola contro l’esosità del fisco spagnolo. In bilificio dello zio e per la rara abilità e perspicacia in- questa ultima occasione, dovendo ricercare e riordina- grandì notevolmente l’azienda in cui assumeva preferi- re grande quantità di documenti del passato, nacque in bilmente operai italiani. Rifiutò la cittadinanza francese

164 sentendosi legato alla Patria e destinò agli Italiani e agli attività, insegnando saltuariamente alla Scuola Rossetti- Ossolani in Francia molto denaro in beneficenza. Lasci- Valentini. Le sue opere sono disperse in città della Fran- ti cospicui andarono a Preglia. cia, in Piemonte e in Lombardia. Un certo numero di suoi quadri si trovano alla Galleria Giannoni di Novara CAVALLI CARLO MARIA, giurista, statista, marchese e in valle Vigezzo. Merita un posto di rilievo fra i pittori 1684 - Milano 1765 italiani della seconda metà dell’Ottocento. Figlio di Giovanni e di Maria Tomasina, emigrati in Lombardia, laureato a Pavia il 3 agosto 1705 in utroque CAVALLI GIOVANNI ANTONIO, iure, percorse a Milano tutti i gradi della magistratura: chirurgo, amministratore pubblico Vicario Pretorio della Corte Senatoria di Pavia (1708), Finero 1779 - Malesco 1866 avvocato del Foro Milanese (1710), Vicario generale Crebbe a Vienna presso uno zio e là compì gli studi del Dominio Milanese (1726), Membro della Giunta fino alla laurea in chirurgia conseguita nel luglio 1799. di Governo (1733). Carlo VI lo nominò Reggente del Entrato nell’esercito austriaco come sanitario, combatté Supremo Consiglio d’Italia (1737) presso il governo di e cadde prigioniero nella battaglia di Marengo (1800). Vienna e il 1° giugno 1739 lo creò Marchese col feudo Liberato rientrò a Vienna e si perfezionò in ostetricia. di Ceranova nella campagna di Pavia. Nel 1750 si ritirò Nel 1816 rimpatriò ed esercitò la professione in valle a vita privata col privilegio di partecipare alle attività del Vigezzo con patente del Governo Piemontese, fissando Senato a suo piacimento. Ebbe come sostituto al Sena- a Malesco la residenza. Accettò varie cariche sociali no- to il consultore Paolo della Silva. Il fratello Domenico, nostante l’impegno della professione; da sindaco pro- Vicario Generale a Milano del cardinale Pozzo-Bonelli pugnò la scuola femminile e la costruzione della strada e Regio Imperiale Economo di Maria Teresa, morì a 57 carrozzabile Vigezzo-Domodossola. Uno dei figli, Do- anni nel 1750 e fu sepolto in Duomo a Milano. menico, rosminiano nel Collegio di Newport (Inghil- terra) fu stimato da cattolici e protestanti. CAVALLI CARLO, medico, storico Santa Maria Maggiore 1799 - ivi 1860 CAVALLINI GIOVANNI BATTISTA, Studi classici e laurea in medicina e chirurgia presso giureconsulto, scrittore l’Università di Pavia e di Torino. Fu medico condotto in Coimo metà del sec. XVI – Milano primo decennio del val Vigezzo e corrispondente del Giornale delle scienze sec. XVII mediche, sindaco di Santa Maria Maggiore, presidente Come tanti vigezzini si trasferì a Milano con i genito- del Consiglio provinciale dell’Ossola, deputato al Parla- ri. Conseguì la laurea in giurisprudenza e si dedicò alla mento Subalpino e fautore della carrozzabile val Vigez- riforma della procedura, compilò un formulario gui- zo-Domo. Va ricordato soprattutto per i Cenni statisti- da per la stesura degli atti notarili, stampato a Milano co-storici della Val Vigezzo in tre volumi editi a Torino nel 1581 presso l’editore Piscaia. Scrisse L’Attuario del- nel 1845, primo lavoro accurato e fondamentale sulla la pratica civile e L’Attuario della pratica criminale, usci- storia generale della Valle, che gli ottenne onorificenze e ti nel 1587 e nel 1593. Fece stampare il Trattato sui se- l’iscrizione a varie accademie italiane e straniere. questri, dedicato al cardinale Federico Borromeo. Da lui attinsero i patrocinatori successivi. CAVALLI ENRICO, pittore Santa Maria Maggiore 1849 - ivi 1919 CAZZINI GIOVANNI ANTONIO, benefattore Dal padre Carlo Giuseppe, ritrattista, apprese i primi Toceno 1804 - ivi 1859 rudimenti. Trasferitasi la famiglia a Lione, là frequen- Figlio di Francesco e di M. Caterina Francini, da ragaz- tò l’Accademia di belle arti, poi fece la spola tra Parigi zo fece lo spazzacamino poi si trasferì a Berna da suoi e Marsiglia avendo contatti con artisti del suo tempo e congiunti in qualità di garzone. Frequentò una scuola dipingendo ritratti che mandò alle esposizioni di Parigi serale, ma da autodidatta si formò una cultura notevole. e di Torino. In Francia e nella sua Valle continuò la sua Trasferitosi nel Würtemberg ebbe successo economico.

165 Tornato definitivamente a Toceno, si occupò del Co- e altri celebri intellettuali fra cui la latinista Lidia Sto- mune del quale fu sindaco e al quale lasciò una notevole roni Mazzolari. Amò trascorrere lunghi soggiorni nel- somma per l’erezione dell’asilo d’infanzia e della Scuola la casa di Premosello, dove radunava i collaboratori del- femminile, che presero il suo nome. Di fede mazzinia- la rivista Oscellana che tenne a battesimo e che arricchì na fondò «La società degli amici del progresso» mante- di suoi studi dal 1971 al 1998, su pittori che operaro- nendo rapporti amichevoli con il Brofferio. no nell’Ossola e nel Cusio. Dedicò particolare impegno allo studio dell’ambone nell’isola di San Giulio, lavo- CERETTI PIETRO MARIA, ro pubblicato nel 1955 che riscosse numerosi consen- mercante in ferro, industriale si. Collaborò alla mostra dei pittori Baciccio e Gaulli. Intra 1735 - Villadossola 1801 Amante della montagna fu la prima donna a scalare il Formò nel 1796 la prima società per lo sfruttamento Monte Rosa nell’estate del 1922. Lasciò al Comune di del ferro a Viganella in valle Antrona. Per varie vicende Premosello la casa avita. non ebbe successo economico. Continuatore fortunato fu il figlio sacerdote padre Ignazio che, per soppressio- CHIOVENDA EMILIO, botanico ne dei conventi rientrato in famiglia fu tutore dei fratel- Roma 1871 - Bologna 1941 li minori dopo la morte dei genitori. Ebbe l’avvedutezza Da famiglia di Premosello, figlio di Andrea. Studi clas- di trasferire la fonderia a Villa presso l’Ovesca e il porto sici al Mellerio Rosmini e laurea in scienze con specia- del Toce (1804). Da quel momento la Ditta Ceretti si lizzazione in botanica. Titolare di cattedra universita- ingrandì; con i successori divenne la maggiore del No- ria, per incarico governativo studiò la flora dell’Eritrea varese e per prima costruì un impianto idroelettrico. e della Somalia. Accademico dei Lincei e d’Italia. Il suo erbario monumentale, di grande rinomanza, è custodi- CHIOSSI GlOVAN BATTISTA, generale to all’Università di Bari. Domodossola 1863 - ivi 1926 Figlio di Giuseppe e di Natalia Silvetti. Studi classici al CHIOVENDA GIUSEPPE, giurista Mellerio Rosmini, accademia militare di Modena, cor- Premosello 1872 - ivi 1937 so di perfezionamento a Parma, insegnò storia dell’ar- Figlio dell’avv. Pietro e di Leopolda Moglino. Dopo te militare a Modena e fu studioso di R. Montecucco- brillanti studi classici al Mellerio Rosmini si laureò a li. Combattente decorato nelle guerre coloniali, nella 1a pieni voti in giurisprudenza a Roma e in quell’Ateneo guerra mondiale raggiunse il grado di generale coman- insegnò diritto processuale civile. I suoi studi giuridi- dante la 22a divisione sul Piave. Condusse a termine ci sono fondamentali in Italia e nelle legislazioni stra- due missioni diplomatiche con il Sultano di Alia in So- niere. Per la sua profonda dottrina fu consultato per la malia e con Enver Bey al campo dei Turchi per l’esecu- riforma dei codici. Dotato anche di talento letterario, zione del Trattato di Losanna (1912). Congedatosi nel scrisse una tragedia, Corradino di Svevia, a soli quindi- 1920 fu sindaco di Domo fino alla morte. ci anni e lasciò raccolte di versi intitolate Agave e Poesie. Nel 1925 sottoscrisse il manifesto antifascista di Bene- CHIOVENDA CANESTRO BEATRICE, letterata detto Croce. Fu uomo di molto prestigio per la dirittu- Roma 1901 – ivi 2002 ra morale e la grande conoscenza giuridica. Per onorar- Figlia dell’illustre giurista prof. Giuseppe Chiovenda e lo, nel 1959 Premosello assunse il suo cognome con de- di Lina Gotelli. Dopo gli studi classici e universitari alla creto presidenziale. facoltà di lettere di Roma dove si laureò con Adolfo Venturi, si specializzò in Storia dell’Arte che fu per tutta CHIOVENDA TITO, diplomatico la vita il centro dei suoi interessi e la sua grande passio- Premosello 1877 - Domodossola 1949 ne. Frequentò l’ambiente culturale della Roma del se- Figlio dell’avv. Pietro e di Leopolda Moglino. Dopo gli condo dopoguerra e in particolare i Bellonci, che la vol- studi classici al Mellerio Rosmini e la laurea in giuri- lero membro della giuria del Premio Strega, Mario Praz sprudenza entrò nella carriera consolare ed ebbe l’inca-

166 rico di ministro plenipotenziario. Nel 1929 console ge- Dante e altri scritti, rivelatori del suo talento. Presente nerale a Francoforte, non essendo iscritto al P.N.F., do- in Ossola nel 1944, durante i «quaranta giorni di liber- vette ritirarsi a vita privata. Ebbe l’incarico della «Lectu- tà» partecipò quale rappresentante del Partito d’Azione ra Dantis» alle Università di Basilea e di Francoforte. Fu alle sedute del C.L.N, per la costituzione della Giun- anche brillante saggista, autore di versi dal titolo Mirtil- ta e insieme con Carlo Calcaterra studiò una riforma li; amante della montagna, si rivelò provetto alpinista. scolastica. Nel dopoguerra ebbe cattedra di filologia ro- manza nelle Università di Firenze e di Pisa, docente in- CICOLETTI GIOVANNI, medico, benefattore dimenticabile e affascinante per i discepoli, consiglie- Pieve Vergonte 1811 - ivi 1883 re per gli editori. Pubblicò, tra l’altro, Poeti del Duecen- Dopo gli studi classici e la laurea in medicina visse agia- to, l’Opera in versi di Montale e studi fondamentali su tamente beneficando i poveri, le istituzioni scolastiche Dante, Petrarca, Boccaccio nonché Il Breviario di Ecdo- e la Chiesa. Ai poveri del Comune lasciò la sua vistosa tica, Altri Esercizi, Ultimi Esercizi ed Elzeviri, La lettera- sostanza col nome di «Fondazione Cicoletti». tura dell’Italia Unita. Filologo di conclamata rinoman- CIOIA GIACOMO, diplomatico za internazionale, seppe congiungere la filologia con la Malesco 1704 - Parigi 1758 critica letteraria mediante la critica delle varianti e rela- Di Francesco e Caterina Jacca. Studiò e visse a Parigi tivi principii e implicazioni. Ritornò ad abitare a Do- dove il padre e gli zii erano banchieri. Divenne agen- modossola in seguito a grave malattia che non gli im- te di fiducia del Duca Francesco III di Modena che lo pedì di continuare l’attività intellettuale e gli studi sino nominò poi ministro plenipotenziario presso il Re di al termine della sua vita. Fece pubblicare nei Rendiconti Francia e suo rappresentante al congresso di Aquisgrana dell’Accademia Nazionale dei Lincei gli Statuti quattro- (1748). Con abilità e fine diplomazia ottenne al Duca centeschi dei «disciplinati» del nostro borgo, scritti in un la restituzione di rendite, beni e Stato da parte dell’im- volgare, che definì «illustre». Con l’occasione catalogò i peratrice Maria Teresa. dialetti dell’Ossola definiti “un complesso lombardo-alpi- Divenne allora Gentiluomo di Camera, Consigliere di no su fondale di isoglosse piemontesi”. Stato e conte di Monzone e d’Acquaviva. CUROTTI SlLVESTRO, CIOLINA GIOVANNI BATTISTA, pittore medaglia d’oro al valor militare Toceno 1870 - ivi 1955 Vagna (Domodossola) 1920 - Oira di Nonio 1944 Allievo della scuola di belle arti e del Cavalli si dedicò Figlio di Amedeo e di Maria Bellardoni, imbianchino a con successo a svariati generi di pittura e fu anche ap- Domodossola, nel 1940 artigliere alpino combattente prezzato acquafortista. Dopo essere stato a Lione per sul fronte occidentale. Dopo l’8 settembre 1943 rientrò conoscere le espressioni dell’arte moderna fu presente in Ossola e fece parte dei primi raggruppamenti parti- alla Triennale di Milano. È noto specialmente per i suoi giani, poi passò nella formazione «Beltrami» operante paesaggi e i ritratti conservati in collezioni private. sul lago d’Orta. Sorpreso ad Oira e circondato da forze tedesche, resistette solo dentro una casa del paesetto per CONTINI GIANFRANCO, filologo, critico letterario, oltre quattro ore e non si arrese, ma quando vide esauri- italianista te le munizioni, serbò per sé l’ultima pallottola. Domodossola 1912 - ivi 1990 Figlio di Riccardo e di Maria Cernuscoli. Dopo brillan- DAVIA GIOVANNI ANTONIO, cardinale ti studi classici presso il Mellerio Rosmini di Domodos- Bologna 1661 - Roma 1740 sola, si laureò con lode all’Università di Pavia. Specia- Da genitori vicenesi nacque a Bologna nella prima metà lizzatosi in filologia a Torino e a Parigi, già nel 1938 in- del secolo XVII. Fu internunzio a Bruxelles, nunzio in Po- segnò filologia romanza nell’Università di Friburgo in lonia ed a Colonia, arcivescovo di Tebe, vescovo di Rimi- Svizzera e diede alle stampe un commento alle Rime di ni nel 1698 ed infine creato cardinale da Clemente XI.

167 Davia Giovanni Antonio, Cardinale Della Silva Paolo jr., consultore, statista, storico e letterato Bologna 1661 - Roma 1740 Crevola 1691 - Milano 1789

Facchinetti Giov. Antonio, Papa Innocenzo IX Fantonetti Giovan Battista, medico Bologna 1519 - Roma 1591 Pavia 1791 - Piedimulera 1861 DE ALBERTIS ALBERTO VITALE ANDREA, Figlio di Giacomo Antonio e di Antonietta Mazzetta. armatore, benefattore La sua attività artistica iniziò intorno al 1630 e fino al Vanzone 1703 - Arbon (Costanza) 1782 1664 tenne bottega e scuola di intaglio a Domo in via Figlio di Bartolomeo e di Domenica Falcini. Trasferito- Briona; poi forse si trasferì nei Vallese dove la sua pre- si con i genitori a Genova, da mozzo divenne proprieta- senza è attestata da suoi lavori. Fra le sue opere di mag- rio di navi per il trasporto di merci dalle Indie, con pro- gior pregio ci sono l’altare ligneo e lo splendido arma- fitti enormi. Fu consigliere commerciale del Vescovo di dio di sacrestia della parrocchiale di Seppiana, il grande Costanza e lasciò alla confraternita della SS. Annunzia- crocifisso della collegiata di Domo, le porte della chiesa ta di Vanzone case, terreni e una notevole somma per i di Croveo e di Seppiana. poveri e per l’istruzione religiosa. DE GIORGI GIUSEPPE, pittore e fotografo DE ANTONIS GIUSEPPE, Ceppo Morelli 1870 – Vanzone 1946 avvocato, pubblico amministratore, benefattore Emigrato a Bordeaux presso la sorella, seguendo l’incli- Domodossola 1868 - ivi 1945 nazione partecipò a un corso di preparazione all’arte de- Figlio del geom. Luigi De Antonis. Studi classici al Mel- corativa secondo modelli proposti nelle Accademie, ma lerio Rosmini e laurea in legge a Torino, avvocato pe- soprattutto fu autodidatta. Rientrato in Italia manten- nalista, sindaco di Domo, militante socialista al tem- ne contatti con la Francia e particolarmente con l’Al- po di Turati, collaboratore del giornale L’indipendente. ta Savoia dove lavorò nel decennio 1920-30. Preceden- Presidente della Fondazione Galletti, ne arricchì il pa- temente aveva realizzato alcune tele per chiese e oratori trimonio numismatico e artistico. Durante la la guer- della sua valle Anzasca, dell’Ossola e del Novarese. Ver- ra mondiale presiedette l’opera di assistenza ai profughi so gli inizi del 1930 aprì bottega a Macugnaga attuando dalle terre invase. Lasciò in beneficenza alla Parrocchia la il legame tra pittura e fotografia e stringendo rapporti sua casa e ai Padri Rosminiani la sua villa di Mattarella. con pittori della valle e frequentatori di essa, alcuni dei quali specialisti in arte sacra. Attinse appunti dai gran- DE AUGUSTINIS ENRICO AGOSTINO, di maestri del passato riproponendoli nelle volte delle politico, marchese chiese di Vanzone, Piedimulera e poi Vogogna. Duran- Pecetto di Macugnaga 1737 - Vallese 1823 te il periodo della sua attività si avvalse della fotografia Dopo gli studi entrò in diplomazia e fu membro del per procurarsi modelli di abitanti della valle, da utiliz- corpo diplomatico di Carlo III di Spagna poi membro zare nelle figure di personaggi biblici e figure allegori- della Dieta Generale e Presidente del Consiglio di Stato che. In seguito dipinse paesaggi montani e scattò foto- del Canton Vallese e per due volte Gran Balivo. Inau- grafie di luoghi pittoreschi che furono oggetto di carto- gurò la strada del Sempione nel 1805, in rappresentan- line e stampe, fotografie di persone, base di ritratti su za dei Vallesani. tela emulsionata. DE BACENO GASPARE e BALDASSARRE, DELL’ANGELO GIOVANNI BATTISTA, condottieri di milizie ossolane naturalista, benefattore Figli di Bernardino valvassore di valle Formazza vissu- Parigi 1834 – Craveggia 1911 ti fra i secoli XV-XVI. Durante la contesa tra Francesco Figlio di Gian Giacomo e di Maria Cottini residenti in I e Carlo V parteggiarono per i Francesi come il cogna- Francia per attività commerciali. Ricco per eredità pa- to Paolo della Silva e furono valorosi combattenti a Pa- terna, si dedicò allo studio delle scienze naturali e di- via e alla Rocca di Arona. In Ossola furono fieri avver- venne raccoglitore di fossili e minerali di pregio cui ag- sari di Benedetto e Francesco Del Ponte sostenitori de- giunse una sezione di ornitologia. Donò alla Fondazio- gli Spagnoli. ne Galletti il tutto, da lui scientificamente catalogato DE BERNARDIS GIORGIO, scultore perché servisse agli studiosi ossolani. Compilò anche un Buttogno 1606 circa - sconosciuta la data di morte catalogo delle famiglie craveggesi con la loro genealo-

169 gia. Beneficò l’Asilo infantile e lasciò una borsa di stu- zione di quella del Capis e la storia della sua famiglia, dio per il migliore alunno delle elementari del paese. opere tutte inedite. Fece costruire una fontana pubblica e collaborò al pro- getto della realizzazione della ferrovia Vigezzina. DEL LONGO BRAGGIO IDA, cronista, benemerita CRI DELLA SILVA PAOLO, condottiero Domodossola 1879 - ivi 1965 Crevola 1476 - ivi 1536 Insegnò in scuole elementari dell’Ossola poi economia Figlio di Giovanni Antonio e di Dorotea Morone, en- domestica alla professionale «Galletti». Animatrice e trò giovanissimo nella milizia del condottiero G. Trivul- promotrice di iniziative sociali, nel 1919 ebbe la meda- zio al servizio del Re di Francia e prese parte alle guerre glia d’oro dal Comune di Domo per aver diretto l’uf- contro la Spagna per il possesso del ducato di Milano. ficio notizie e ricerche di militari prigionieri durante la Dopo la battaglia di Marignano, fu custode della piaz- guerra 1915-18 e dal Ministro della Guerra quella d’ar- zaforte di Cremona e il 14 maggio 1516 fu nominato gento con uguale motivazione. Nel 1935 fondò il grup- cittadino onorario di quella città. Nel 1518 lo fu di Mi- po domese Crocerossine volontarie. Fu anche cronista lano e di Pavia. Morto il Trivulzio (1518) e nonostante per un cinquantennio di ogni episodio lieto e triste del- la sconfitta dei Francesi (1525) egli difese l’Ossola da- la vita cittadina e ossolana e inoltre custode delle tradi- gli Spagnoli e poi riparò a Parigi. Nel 1526 fece parte zioni e parte attiva in ogni comitato benefico, madri- della spedizione francese a Roma in difesa di Clemen- na degli alpini dell’Ossola. Nel 1944 collaborò con la te VII il quale lo creò Conte Palatino e Barone Roma- Giunta Provvisoria di Governo in campo assistenziale. no. Tornato a vivere nel castello di Crevola si dedicò a Il volumetto Piccolo mondo Ossolano raccoglie il meglio opere di beneficenza e di fede facendo affrescare la chie- della sua attività giornalistica. sa parrocchiale di Crevola e la Madonna della Neve di Domodossola. Diede avvio alla costruzione del palaz- DELL’ORO ARTURO, medaglia d’oro al valor militare zo Silva (su area di famiglia nel borgo di Domo) in sti- Vallenar di Atocama (Cile) 1896 - Belluno 1917 le rinascimentale. Figlio di Alessandro. Studiò in Italia diplomandosi al- l’Istituto Feltrinelli di Milano. Volontario in aeronauti- DELLA SILVA PAOLO JUNIOR, ca nel 1915 ottenne il brevetto di pilota e partecipò ad consultore, statista, storico e letterato azioni belliche nel Trentino, nel Tirolo, a Vipacco gua- Crevola 1691 - Milano 1789 dagnando la medaglia d’argento (1916). Nel 1917 con- Figlio del nobile Marc’Antonio e di Elena Denti. Stu- seguì il brevetto su apparecchi da caccia e dopo molte di classici a Milano e laurea in giurisprudenza a Pavia. audaci imprese si lanciò contro un velivolo nemico che Ricusata la carriera militare, tradizionale in famiglia, fu abbatté urtandolo con il proprio e precipitando a sua avvocato pubblico della città di Milano e libero pro- volta, consapevole del sacrificio. fessionista, difensore dei privilegi dell’Ossola che venne esentata da tasse catastali. Nel 1755 Capitano di Giusti- DE MAURIZI GIOVANNI BATTISTA, zia a Cremona, nel 1760 Presidente del Supremo Con- storico dell’Ossola, sacerdote siglio di Giustizia a Mantova e Capo della Giunta del Re 1875 - Premia 1939 Vice Governo. Nel 1760 Consigliere intimo di Stato Figlio di Antonio e di Maria Giovanna Cerioli. Pastore- di Maria Teresa, che lo incaricò di trattare con Venezia contadino entrò in seminario diciottenne. Ordinato sa- un’annosa questione sull’uso delle acque di risorgiva ai cerdote nel 1908, coadiutore a S. Maria Maggiore iniziò confini dei due Stati. Nel 1763 fu Consultore del Go- subito le sue ricerche storiche negli archivi della Valle e verno Generale di Lombardia. Scrisse in latino trattati l’anno dopo pubblicò una storia documentata sul mi- di giurisprudenza, la storia dei fatti e del costume della racolo di Re e le vicende del santuario fino ai suoi gior- Milano dei suoi tempi, la storia dell’Ossola a continua- ni. Nel 1910 pubblicò Appunti di storia vigezzina segui-

170 ti da La valle Vigezzo corredate da biografie vigezzine zi della nobiltà (Pallavicino). Personaggi illustri e amba- di dieci illustri personaggi. La Guida della valle Vigez- sciatori stranieri durante i loro soggiorni romani furono zo (1911) lo fece conoscere per le notizie storiche, ar- suoi committenti di quadri e incisioni. Invitato in In- tistiche, scientifiche e di interesse turistico. Negli anni ghilterra non accettò. Fu ammirato per l’armonia delle della Grande Guerra fu soprattutto vicino alle famiglie grandi composizioni e la soavità delle figure femminili. con figli al fronte. Resse poi le parrocchie di Trontano DE REGIBUS LUCA, professore universitario e quella di Montescheno in valle Antrona. Nel 1919 Vogogna 1895 – Genova 1969 scrisse la storia di Montescheno comprendente gli sta- Figlio di Pio e di Angiolina Innocenti. Studi classici e tuiti e gli ordinamenti (1519) di quella comunità. Sug- laurea in lettere a Torino con specializzazione in filolo- geritore e fautore di enti associativi e mutue per il bene gia classica; dopo la parentesi militare, nel 1922 si lau- dei parrocchiani, si interessò anche delle miniere d’oro, reò anche in legge. Preside del Ginnasio-Liceo a Nova- argento, ferro di valle Antrona che descrisse in un arti- ra. Tra il 1934-1936 fu Consigliere Nazionale, nel 1940 colo per il bollettino del C. A. I. (1923). Nel 1924, par- divenne titolare di storia romana a Genova e poi Preside roco a Premia, avviò studi sui De Rodis Baceno e sugli della facoltà di lettere e filosofia. Lasciò numerose pub- statuti di quella comunità. Nel 1927 pubblicò Le val- blicazioni di storia romana in parte a cura dell’Ateneo li Antigorio e Formazza e fra il 1928 e il 1931 S. Maria genovese. Il fratello maggiore don Adalgiso, sacerdote Maggiore e Crana, II nuovo Comune di Craveggia, Butto- laureato in lettere, preside del liceo classico a Novara e gno in valle Vigezzo. Preparò uno studio su Villadossola dell’Istituto Magistrale di Bobbio di Val Trebbia, rac- (manoscritto) e collaborò al Bollettino storico per la Pro- colse notizie di storia vogognese e pubblicò brevi cenni vincia di Novara, all’Archivio storico della Svizzera Italia- sui fatti del 1798. na e accettò l’incarico della S.E.O. di scrivere l’apprez- zatissima guida L’Ossola e le sue valli. Fu membro del- DE RODIS GUIDO, feudatario di Premia, benefattore la Regia Accademia delle Scienze di Torino ma, privo di Nel 1250 fece costruire a proprie spese la chiesa di S. contributi economici, non pubblicò le numerosissime Michele di Premia e all’interno il sepolcreto di famiglia. notizie che aveva continuato a raccogliere e che in par- Di lui resta il ritratto in un medaglione incastonato nel- te fortunatamente finirono nell’archivio di «Oscellana». la parete in cornu epistulae.

DEL PONTE BENEDETTO, DI SALVATORE NINO, condottiero di milizie ossolane artista, maestro del design italiano Domodossola 1430 - ivi 1537 Verbania Pallanza 1924 – Milano 2001 Figlio del conte palatino Giovanni Battista. Studiò let- Frequenta il liceo artistico a Milano ma è affettivamen- tere e giurisprudenza ma preferì fare il condottiero di te legato a Domodossola dove vivono i suoi genitori e milizie per conto degli Sforza e degli Spagnoli. Dopo al- dove torna sempre. Studia i capolavori dell’arte e nel terne vicende, in seguito alla vittoria di Carlo V, fu no- 1948 approda all’astrattismo. Nel 1949 apre una scuo- minato luogotenente del conte Borromeo per l’Ossola la di belle arti a Domodossola alla quale fa seguito quel- e responsabile della Banca Civile e Criminale, carica lu- la di Novara. Introduce materie nuove quali ‘psicologia crosa e ambita. della forma’ e ‘filosofia dell’estetica’. Aderisce al MAC, il movimento di arte concreta che ha come esponen- DE PIETRI (DE PETRIS) PIETRO, pittore ti Munari, Soldati, Dorfles e altri maestri. Nel 1954 si S. Rocco di Premia 1663 - Roma 1716 trasferisce a Milano dove apre con felice intuito la pri- Figlio di Giovanni Antonio e di Caterina Pezetta. Ado- ma scuola di design industriale da lui diretta con mae- lescente emigrò a Roma dove si dedicò al disegno e là strìa fino al 1998. Ad essa si iscrissero in numero gran- divenne pittore di fama ottenendo la protezione di Cle- dissimo studenti italiani e stranieri ai quali egli insegnò mente XI Albani che gli commissionò alcuni dipinti fisiologia e scienza della visione, affidando a rinomati (noto un affresco in S. Clemente). Decorò anche palaz- maestri le altre materie nuove. La sua scuola ottenne la

171 Medaglia d’oro della X Triennale Internazionale di Mi- FACINI BENEDETTO, medico, benefattore lano, il Compasso d’oro dell’Adi. Si distinse per la ricer- Domodossola 1741 - ivi 1826 ca di nuove sperimentazioni, coltivò la pittura astratto- Figlio del giureconsulto Martino e di Teresa Cairati, geometrica con successo, espose sue opere alla Biennale laureato in medicina presso l’Università di Pavia eserci- di Venezia, alla Triennale di Milano e al Moma di New tò a Domo la professione medica. Sopraintendente alla York, commentate con favore da critici italiani e stra- sanità e medico dell’Ospedale S. Biagio fino al 1809, nieri, citato nei testi di storia dell’arte moderna. Sono dove ebbe in cura i militari napoleonici e italici. La- da ricordare le sue felici intuizioni nel rapporto tra geo- sciò le proprie cospicue sostanze e quelle avute dal fra- metria, pittura e musica. Sul finire degli anni Novanta tello Giuseppe (1739-1805 già Capitano delle milizie “La Fabbrica” di Villadossola ospitò una mostra antolo- paesane e giudice-pretore di S. Maria Maggiore) per la gica delle opere del Maestro che volle essere presente a costruzione del ricovero di vecchiaia e mendicità e al spiegare e illustrare il significato della sua ricerca pitto- Comune di Domo una notevole somma per pagare un rica ai molti visitatori accorsi. maestro elementare.

ERBA GIUSEPPE BARTOLOMEO, FALCIONI ALFREDO, Senatore, ministro matematico, benefattore Cuzzego (Beura Cardezza) 1868 - Ghiffa 1936 Domodossola 1819 - Torino 1895 Figlio di Giovanni e di Giuditta Moro. Studi classici Figlio del banchiere Giuseppe e di Maria Azzari figlia e laurea in legge a Torino, avvocato a Domo, deputa- dello sfortunato cospiratore Giuseppe Antoni. Dopo gli to al Parlamento dal 1900, Sottosegretario agli Interni, studi classici nelle scuole melleriane si laureò nel 1841 membro della delegazione internazionale del Sempio- al Politecnico di Torino con il plauso del celebre ma- ne a Berna, Ministro dell’agricoltura, Ministro di Gra- tematico Plana e nello stesso anno conseguì il diploma zia e Giustizia, Presidente della Commissione Interna- di architetto. Nel 1848 fece parte della Guardia Nazio- zionale degli stupefacenti. Nel 1925 si ritirò a vita pri- nale a capo degli Ossolani residenti nella capitale pie- vata e fu nominato consigliere delegato della Edison e montese. Nel 1850 ebbe nell’Ateneo Torinese la catte- della Gondrand. Nel 1929 fu eletto senatore per nomi- dra di calcolo infinitesimale. Nel 1857 passò alla catte- na regia. Diresse con il fratello avvocato Ernesto il gior- dra di Meccanica razionale che tenne fino al 1891 e per nale L’Ossola. qualche tempo fu Rettore Magnifico. Progettò palazzi FALCIONI GIOVANNI, avvocato, politico (Palazzo Mogni in Domodossola e Villa Franzi in Pal- Domodossola 1916 – ivi 2003 lanza) e chiese. Profuse ingenti somme in beneficenza Figlio dell’avvocato Ernesto e di Maria Rapetti. ma volle mantenere l’anonimato. Brillanti studi classici al Mellerio Rosmini e universi- FACCHINETTI GIOV. ANTONIO, tari a Milano conclusi lodevolmente con laurea in giu- Papa Innocenzo IX risprudenza. Praticante presso lo studio legale pater- Bologna 1519 – Roma 1591 no, nel 1942 come Ufficiale del Commissariato mili- Dopo studi ecclesiastici e giuridici brillanti, fu segreta- tare prese parte alla campagna di Russia nell’ARMIR – rio del Papa Paolo III Farnese che lo promosse gover- Divisione Ravenna. Durante la Repubblica dell’Ossola natore di Parma. Partecipò al Concilio di Trento, di là fu assessore nella giunta cittadina, di nomina del CLN, il Papa Pio V Ghislieri lo mandò ambasciatore a Vene- quale esponente del P.L.I. Coadiuvò il giudice straor- zia per porre le basi di quella alleanza fra Stati Cristiani dinario avv. Vigorelli nella sorveglianza del campo di che vinse a Lepanto la flotta dei Turchi. Creato Cardi- concentramento di Druogno. Membro responsabile del nale, portò a termine delicati incarichi diplomatici. Nel partito liberale provinciale, fu sindaco di Domodosso- 1591 fu eletto Papa e scelse il nome di Innocenzo IX. la negli anni Sessanta. Svolse l’attività professionale con Non riuscì ad effettuare le riforme che aveva progettato pieno successo e fu per un decennio presidente stimato perché morì dopo due soli mesi di pontificato. e capace della Banca Popolare di Intra.

172 FALCIONI GIOVANNI BATTISTA, ingegnere la casa comunale, di un oratorio a Crana, di una scuo- Cuzzego (Beura Cardezza) 1839 - Udine 1899 la per i ragazzi del paese. Trasmise la formula dell’ac- Figlio di Giuseppe e Linda Porazzi. Studi classici al Col- qua di colonia ai conterranei Giovanni Antonio e Gio- legio Mellerio Rosmini di Domodossola, laurea in in- van Maria Farina. gegneria al Politecnico di Torino nel 1865. Nel 1866 il FERINO PIETRO MARIA, generale ministro Quintino Sella gli affidò la cattedra di mecca- Craveggia 1747 - Parigi 1816 nica all’Istituto tecnico di Udine, città da poco entrata a Avviato al commercio dal padre uomo d’affari a Parigi, far parte del Regno d’Italia. Esercitò anche la libera pro- preferì scegliere la carriera militare. Combatté valorosa- fessione progettando asili, chiese, scuole, officine per il mente al servizio della Francia repubblicana e poi nel- Friuli e diresse la Esposizione Friuliana nel 1883. Pub- l’esercito imperiale di Napoleone che lo promosse gene- blicò opere di divulgazione scientifica. rale e Grand’Ufficiale della Legion d’onore. Anche Lui- FANTONETTI GIOVAN BATTISTA, medico gi XVIII lo onorò con pari grado. Pavia 1791 – Piedimulera 1861 FERRARI BALDASSARRE, cavaliere di Malta Da genitori di valle Anzasca, laureato in medicina e chi- Sec. XVI rurgia all’Università di Pavia vi insegnò patologia e chi- Appartenente alla illustre famiglia domese dei Ferrari. mica. Trasferitosi a Milano esercitò la professione me- Il 14 aprile 1580 venne iscritto nel ruolo generale dei dica con successo. Nel 1836 pubblicò le Effemeridi del- Cavalieri italiani dell’Ordine di Malta presso il Gran le scienze mediche che lo fecero stimare anche all’estero. Priorato di Lombardia e assegnato alla casa generalizia. Diresse a Venezia un’importante pubblicazione medi- Rimpatriò nel 1586 con speciale licenza del Gran Mae- ca e tradusse e commentò opere mediche straniere. Fu stro Ugo Daubex De Verdala per gravi motivi di fami- membro di accademie europee. Tornato in Ossola ed glia. Fu caro a Papa Innocenzo IX che gli rivolse lette- eletto presidente del Consiglio Provinciale, promosse lo re amichevoli (in particolare quella dell’11-2-1589). In sfruttamento delle miniere aurifere. Lasciò la propria Domo il cav. Ferrari aveva una sua Corte con uomini biblioteca alla città di Domodossola. d’armi pronti a intervenire a difesa della giusta causa e FARINA GIOVANNI MARIA, industriale della chiesa, ma non per conflitti politici. Invitato dal Santa Maria Maggiore 1685 - Colonia 1766 Podestà di Mattarella a intervenire nelle lotte politiche, Emigrato a Colonia presso congiunti produsse e diffu- oppose netto rifiuto. Promosse con i fratelli e i con- se l’«acqua admirabilis» usando la formula, avuta dal vi- sanguinei l’erezione di una confraternita (del S. Cordo- gezzino Feminis con il nome Johan Maria Farina ge- ne) a scopi benefici presso la chiesa di S. Francesco di genüber dem Julichsplatz-Koeln. Nel 1742 comparve sul- Domo nella quale era il sepolcreto dei Ferrari indicato le confezioni la dicitura in francese Eau de Cologne e la con otto F. (Fratres Ferrarii Franciscanae Fraternitatis diffusione in tutto il mondo procurò fama e ricchezza a Familiae Ferrariae Fecerunt Fieri). lui, ai suoi successori, e dal 1877 alla casa Roger et Gal- FERRARIS ADOLFO SEBASTIANO, storico let di Parigi che ne acquistò i diritti. Pontemaglio di Crevola 1901 - Domodossola 1954 FEMINIS GIOVANNI PAOLO, Figlio di Giulio e di Maria Ferraris, studi classici al Mel- inventore dell’acqua di Colonia, benefattore lerio Rosmini e laurea in lettere e filosofia all’Università Crana 1670 circa - Colonia 1736 di Torino. Insegnò per qualche anno; scelta la carriera Emigrato presso parenti a Magonza, imparò l’arte del- amministrativa, fu titolare della segreteria dell’ospedale l’erborista e a Colonia fabbricò un’acqua odorosa chia- S. Biagio di Domo. Coltivò gli studi storici e con pro- mata «aqua admirabilis» che mise in commercio dal fonda competenza portò a termine la Bibliografia Osso- 1727. Contribuì con ingenti somme alla costruzione lana, opera indispensabile, frutto di ricerche impegna- della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maggiore, del- tive. Collaborò al Bollettino storico per la Provincia di

173 Feminis Giovanni Paolo, inventore dell’acqua di Colonia e benefattore Ferino Pietro Maria, Generale Crana 1670 (circa) - Colonia 1736 Craveggia 1747 - Parigi 1816

Ferrari Baldassarre, Cavaliere di Malta Guattani Carlo, chirurgo e archiatra pontificio secolo XIV Pontegrande 1709 - Roma 1773 Novara e ai giornali locali con argomenti vari. Pubblicò Innocenzo X che lo creò Conte Palatino. Desideroso Novelle e leggende ossolane (1927), L’Ospedale di S. Bia- di rendersi utile verso i suoi conterranei di valle Anza- gio con appendice di pergamene inedite (1935), e La sca assicurò vitto, alloggio e lavoro a quanti si recasse- Società di Mutuo soccorso e istruzione fra Operai di Domo ro in cerca di occupazione nella città eterna affidandoli (1937). Usò Io pseudonimo Adolfo da Pontemaglio. alla Confraternita della S.S. Trinità. La discendenza del Fornari “romani” si estinse nel 1875 dopo aver tenuto FIZZOTTI GERMANA, giornalista, scrittrice per alcune generazioni la custodia e la cura dei giardi- Parigi 1911 – Domodossola 2003 ni vaticani. Trasferitasi con i genitori a Domodossola, fu impiega- ta di buon livello in una casa di spedizioni. Iscritta al- FRADELIZIO GIOVANNI BATTISTA, benefattore l’albo dei giornalisti dal 1947, acquistò notorietà come Trontano 1793 - Parigi 1859 collaboratrice del Risveglio Ossolano e di alcune riviste Figlio di Leonardo e di Domenica Bariletta, lavorò a con saggi e novelle. Coltivò amicizie con persone di cul- Parigi nella fumisteria dello zio di cui fu l’erede. Per la tura fra le quali Virginia Galante Garrone (sorella dei sua intraprendenza divenne fumista esclusivo dei Ca- più noti Alessandro e Carlo) che scrisse la prefazione stelli reali di Fontainebleu e di S. Claud e impresario ge- del suo romanzo autobiografico La casa del buon Dio nerale di tutte le caserme di Parigi, con enorme vantag- stampato nel 1985. Nel 1978 era già uscito il suo testo gio economico. Non dimenticò il suo paese dove tor- di accompagnamento ai disegni di Remy Paggi, raccol- nava volentieri. Alla sua generosità si devono la scuo- te nel volume Dal Sempione al Lago Maggiore, mentre la femminile, le fontane d’acqua potabile e buona par- nel 1983 aveva dato alle stampe Valle Anzasca nel passa- te della prima strada carrozzabile fra Trontano e la pia- to e nel presente. Con il suo ultimo lavoro Centonovan- na di Domodossola. tatré cassette del 1990 ricorda scene del passato e il fra- GALLETTI GIAN GIACOMO, tello Piero. finanziere, benefattore FORNARA CARLO, pittore Bognanco 1789 - Parigi 1873 Prestinone di Craveggia 1871 – ivi 1968 Figlio di Giacomo e di Domenica Giovangrande, ma- Figlio di Giuseppe Antonio e di Anna M. Nicolai, fu al- novale poco più che dodicenne nella costruenda stra- lievo del Cavalli che lo accostò alla grande pittura ve- da napoleonica del Sempione; merciaio ambulante in neta e fiamminga e alla moderna maniera degli Impres- Svizzera, affermato commerciante a Milano, infine ban- sionisti francesi. Ventenne mandò un suo quadro, La chiere a Parigi e socio dei Rothschild. Lasciò le pro- bottega del calderaio, alla Triennale di Milano e otten- prie enormi sostanze ai comuni di Domo e di Bognan- ne successo. Incontrò Segantini e come lui usò la tecni- co e ancora vivente diede un considerevole anticipo alla ca divisionista. Soggiornò e lavorò a Parigi e dal 1922 Fondazione a lui intestata (1869). A sue spese furono si stabilì a Prestinone per dipingere in solitudine, sen- costruiti la strada Domo-Bognanco, il teatro Galletti, za più partecipare a esposizioni nonostante i molti rico- edifici scolastici a Bognanco. Procurò inoltre l’assisten- noscimenti. Lasciò una vasta e ammirata produzione. za medica gratuita per i suoi compaesani. Con i suoi la- La luce è protagonista dei suoi dipinti dedicati alla valle sciti furono comprati il palazzo S. Francesco e il palaz- nativa studiata in ogni aspetto, in ogni stagione, in ogni zo Silva, terreni al Gibellino ed edificata e finanziata la ora del giorno e realizzata con rara magistrale efficacia. scuola per artigiani a lui intitolata. Gli Ossolani lo eles- sero deputato al Parlamento nel 1872. FORNARI GIOVANNI ANTONIO, giardiniere, benefattore GENNARI LUCIANO, Bannio, inizio sec. XVII - Roma, fine sec. XVII letterato, amministratore pubblico Emigrato a Roma come tanti compaesani, divenne capo Parigi 1892 - Lanzo Torinese 1979 giardiniere del Vaticano e poi maestro di Casa del Papa Figlio di Giovanni Battista e di Annetta Zanni, vigez-

175 zini proprietari a Parigi della nota Casa Ponti-Gennari. zione di barattoli in latta battendo la concorrenza stra- Studiò lettere alla Sorbona, insegnò letteratura francese niera. Fornì all’esercito scatole per carne, con notevole a Milano e a Parigi tenne un corso sul romanzo italiano guadagno. Lasciò un generoso legato alla Congregazio- dell’Ottocento. Fondò e diresse in Italia la rivista Arte e ne di carità di Ceppo Morelli. Vita. Fece parte del movimento cattolico francese, ami- GIROLA UMBERTO, co di Maritain e di Claudel. Drammaturgo, critico e impresario, benefattore saggista sulla lingua italiana e francese, scrisse Il roman- Milano 1887 - ivi 1940 zo di una Valle dedicato anche alle celebrità vigezzine, Ossolano d’adozione, sposò un’ossolana, a Domo fis- alla parentesi della guerra partigiana e a sue vicende per- sò la residenza ed ebbe l’Ossola come campo delle sue sonali. Si interessò alla vita della val Vigezzo come con- prime attività (centrali di Formazza, serbatoi del Kastel sigliere comunale di Santa Maria Maggiore e come pre- e del Toggia, galleria dei condotti della centrale di Ca- sidente di opere altamente benefiche per la Valle, sul- lice). L’impresa Girola da ossolana e nazionale divenne l’esempio dei molti emigrati vigezzini. internazionale dando lavoro principalmente a genera- GENTINETTA GIOVANNI, politico zioni di Ossolani. Fu generoso benefattore dell’Ospe- Vagna 1817 - Domodossola 1900 dale S. Biagio. Figlio di Giovanni e di Maria Lorenzetti, studiò nel Col- GROLLI FILIPPO, avvocato, politico legio Mellerio di Domo poi, dedicatosi al commercio, Vogogna 1741 – ivi 1798 guadagnò un’ingente fortuna. Promotore della Socie- Figlio del dottore in legge Pietro e di Angela M. In- tà Operaia procurò lavoro ai concittadini facendo dis- nocenti. Laurea in giurisprudenza a Pavia. In Vogo- sodare vasti terreni incolti alla Siberia, alle Nosere e sul gna esercitò la professione legale con successo. Sposò versante sud del colle di Mattarella favorendo la frutti- Giovanna Pizzardi ved. Zaretti, i cui figli aderirono alle coltura e la piscicoltura. Sindaco di Domo dal 1867 al nuove idee venute dalla Francia sull’esempio del patri- 1871, consigliere provinciale e poi deputato al Parla- gno Filippo. Uomo di notevole ascendente politico, mento dal 1873 al 1890. Ispiratore ed esecutore del te- nella primavera del 1798 fu proclamato capo dei de- stamento di G.G. Galletti, amico dello statista france- mocratici repubblicani del borgo. Durante l’occupazio- se Leon Gambetta, fin da giovane fu iscritto al partito ne da parte degli insorti piemontesi e dei militari della mazziniano. Cisalpina della sponda occidentale del lago Maggiore, GIAVINA PIETRO MARIA, e poi dell’Ossola, primo passo verso la proclamazione archiatra pontificio, benefattore della repubblica in Piemonte, fu presidente della Muni- Domodossola 1722 - Roma 1779 cipalità vogognese e Commissario interinale delle due Figlio del chirurgo Francesco e di Antonia Grazioli. Ossole. Dopo la sconfitta dei “giacobini” nella batta- Esercitò la professione del chirurgo presso l’Ospedale glia di Ornavasso (22 aprile 1798), non adeguatamen- di S. Spirito in Roma pertanto fu promosso di archia- te sostenuti dalla Repubblica Cisalpina per intrighi po- tra di Clemente XIII e di Pio VI che gli fece erigere nel- litici, il Grolli fu catturato in seguito a delazione e, per la chiesa di S. Spirito un monumento funerario. Lasciò sentenza emessa a Casale Monferrato dal regio tribuna- i suoi beni in Ossola all’Ospedale S. Biagio e quelli ro- le militare, ed eseguita in Vogogna il 30 aprile median- mani all’Ospedale di S. Spirito. te fucilazione a esempio e ammonimento ai suoi con- cittadini. La repressione costò la vita ad altri 64 insor- GIOIA GIACOMO, industriale, benefattore ti, fucilati a Domodossola il 28-29-30 aprile 1798 e al Ceppo Morelli 1842 - Firenze 1907 vogognese Giulio Albertazzi fucilato a Pallanza. Così si Figlio di Giuseppe e di Maria Piccoli, garzone a Firenze, concluse il moto insurrezionale che mirava all’annulla- poi proprietario di una bottega di lattoniere. Per primo mento dei privilegi feudali e a maggiori libertà per la introdusse in Italia macchinari appositi per la fabbrica- borghesia.

176 GUALIO GIULIO, scultore gante lingua latina, un trattato di idrostatica e Della na- Antronapiana 1632 - ivi 1712 tura dei fiumi, opera che ebbe varie ristampe per l’utili- Allievo del maestro De Bernardis con laboratorio in tà e la profondità del contenuto. via Briona, attivo nell’Ossola e in Valsesia, fu autore di IACCHINI BARTOLOMEO, pittore splendide opere lignee di carattere religioso. Macugnaga 1695 - ivi 1747 GUATTANI CARLO, chirurgo, archiatra pontificio Figlio del nobile notaio Bartolomeo e di Cristina Cre- Pontegrande di Bannio Anzino 1709 - Roma 1773 da, fu abile e ammirato pittore di soggetto religioso. Di Studi classici e poi di medicina e chirurgia a Roma. Pri- lui rimangono quattro quadri nelle chiese di Macugna- mario negli Ospedali di S. Spirito e S. Gallicano (1741), ga e la volta della parrocchiale. Sue opere incomplete nel 1751 fu nominato archiatra pontificio da Benedet- furono ultimate dal Borgnis vigezzino. to XIV. In Francia approfondì i suoi studi di chirurgia e divenne abile nell’eseguire l’esofagotomia, che descris- INNOCENTI PIETRO MASSIMO, se in latino. Si recò per studi in Inghilterra e in Germa- magistrato, senatore nia e al rientro in Italia soggiornò a Bannio. Fu medi- Vogogna 1792 - ivi 1860 co di fiducia di Clemente XIII e Clemente XIV e socio Figlio del dr. Gerolamo e di Giuseppina Albertazzi. Fu delle Accademie di Parigi. Roma lo onorò con un mo- militare nell’esercito napoleonico; si laureò in giurispru- numento. denza ed entrato in magistratura divenne Consigliere di Corte d’appello. Fu senatore del Regno di Sardegna. GUBETTA GIACOMO, medico, storico Parigi 1823 - Craveggia 1893 INNOCENZO IX (Giovanni Antonio Nocetti), Figlio di Carlo Bartolomeo e di Antonia Mozzanino. Sommo Pontefice Dopo gli studi classici a Domo e a Pavia ritornò a Pari- Bologna 1519 - Roma 1591 gi dove nel 1847 conseguì la laurea in medicina, conva- Figlio di Antonio e di Francesca Cini entrambi di Cra- lidata dall’Università di Torino. Esercitò la professione vegna in valle Antigorio. Il padre, gerente un’agenzia di medica nella sua valle Vigezzo, fu consigliere provincia- trasporti, era conosciuto come Facchinetto da cui il co- le e scrisse Le memorie antiche e moderne di Craveggia. gnome Facchinetti dato alla famiglia. Dopo l’ordinazio- ne sacerdotale conseguì la laurea in diritto civile e cano- GUGLIELMI FRANCESCO E PASQUALE, nico. Fu vicario in Avignone, governatore di Parma, ve- benefattori scovo di Nicastro, patriarca di Gerusalemme, Cardina- Francesco: Crodo 1793 - ivi 1864 le e poi Papa il 29 ottobre 1591. Il suo pontificato durò Figlio di Giuseppe e di Maria Amodei, divenne sacer- pochissimo tempo. dote e visse a Crodo beneficando i poveri, le patrie isti- tuzioni e la chiesa parrocchiale. IONGHI LAVARINI CESARE, ingegnere, erudito Pasquale: Crodo 1801 - ivi 1866 Ornavasso 1864 - ivi 1934 Fratello del precedente. A sua volta beneficò il comune Studi classici a Domo, laurea in ingegneria a Torino. di Crodo, di cui fu sindaco, facendo erigere una scuola Scrisse: Ornavasso nella sua storia sacra e civile, Nova- per l’istruzione delle fanciulle. ra, 1934 (con biografia completa di Enrico Bianchet- ti e della sua attività storiografica); Origine della colonia GUGLIELMINI DOMENICO, tedesco-vallesana; Dizionarietto dei vocaboli ornavassesi e professore di idraulica, fisico-matematico della toponomastica locale. Bologna 1655 - Padova 1710 Di genitori di Cravegna (Crodo) studiò fisica, mate- LANTI PIETRO ANTONIO, intagliatore, scultore matica, idraulica e idrometria ed ebbe cattedra a Bolo- Macugnaga 1679 – ivi 1729 gna dal 1694. Successivamente si trasferì a Padova per Figlio di Giacomo Antonio, ebbe contatti sia con gli insegnare matematica in quell’Ateneo. Pubblicò, in ele- artisti vallesani che con quelli ossolani e fu egli stesso

177 maestro di altri intagliatori. La sua opera è volta soprat- tifica della sezione ottico-mineralogica, e costruì un mi- tutto alla decorazione di altari che elaborò con ricchez- croscopio ancora oggi in uso per ricerche mineralogi- za di invenzione e di effetto nello stile dell’arte baroc- che e petrografiche. A Torino nel 1909 conseguì la libe- ca. Le opere più note sono gli altari lignei della chiesa ra docenza. Insegnò mineralogia e geologia nelle Uni- di Macugnaga, dell’oratorio della Madonna della Neve versità di Cagliari, di Modena e di Genova dove diresse di Borca, e numerose statue di soggetto religioso. Inol- anche l’Istituto di mineralogia e litologia. Scrisse Della tre intagliò per molte chiese nell’Ossola splendidi reli- autunite della Lurisia che lo rivelò pioniere in Italia del- quiari in forma di busti con decorazioni dorate e dipin- la ricerca dell’uranio. te di grande effetto. LORETTI GIOVANNI GIUSEPPE, pittore LEONI GIOVANNI (TOROTOTELA), Bognanco 1816 – Mocogna 1879 poeta dialettale Figlio di Giuseppe e Maria Traveletti, preparatosi con Domodossola 1846 – Mozzio 1920 maestri vigezzini al disegno, si rivelò presto valente ri- Figlio di Giuseppe e di Lucia Burla, interruppe gli stu- trattista. Lavorò per parecchi anni a Ginevra ottenendo di al Liceo Mellerio Rosmini ricongiungendosi alla fa- rinomanza e poi in Domodossola, dove fu anche pri- miglia residente a Ferrara per commercio e là ebbe pri- mo presidente della Società Operaia sorta il 21 ottobre mo impiego. Si trasferì a Genova poi emigrò a Monte- 1855 per opera dell’avv. Trabucchi e del dr. Benedetto video (1870) dove aprì un negozio di tessuti. Con intui- Burla. Caldeggiò anche la creazione di una cassa pen- to e iniziativa amministrò alcune case di commercio di sione per gli operai anziani e invalidi che fu realizzata altri e sue ed il successo economico gli consentì di rien- dopo la sua morte. trare in patria nel 1886. Alternò il suo soggiorno inver- LOSSETTI GIOVAN BATTISTA, marchese, militare nale fra Torino e Domo, mentre Mozzio fu l’amata sede Vogogna 1600 circa - ivi 1663 della villeggiatura. Uomo colto, poté dedicarsi alla let- Figlio del giureconsulto Giuseppe. Dedicatosi alla vita teratura ed ebbe in Carlo Porta il suo poeta ideale a cui militare, nel 1636 fu nominato Capitano Generale del- si ispirò quando si decise a scrivere in apprezzabili rime l’Ossola dal Governo Spagnolo di Milano per difendere dialettali le sue osservazioni pungenti e satiriche sul co- i confini dai Francesi. Filippo IV di Spagna lo creò mar- stume e sui personaggi del suo tempo. Le Rime Ossola- chese di Busto Garolfo per i servigi resigli. Divenne an- ne uscite postume nel 1929 a Udine, a cura dei cugi- che feudatario di Dairago e Briga Novarese. In seguito ni Boni con prefazione di Ida Braggio, raccolgono solo a rovesci di fortuna dovette alienare il suo patrimonio, una parte della poesia del «Torototela», pseudonimo del ma Filippo IV lo risarcì con il Marchesato di Inveruno. Leoni. Durante l’ultima traversata per Montevideo, ef- fettuata nel 1902, scrisse Sull’Atlantico-Diario di viag- LOSSETTI LUCA, magistrato, diplomatico gio, pagine di critica sociale in accordo con il suo senti- Vogogna inizio sec. XVI - Madrid 1574 re di ispirazione liberal-socialista-anticlericale. Figlio di Michele podestà di Asso e Valassina e luogote- nente a Vogogna di Lodovico il Moro. Dal 1547 in poi LINCIO GABRIELE, trattò gli affari civili del Ducato Lombardo a Madrid professore universitario, mineralogo presso Carlo V e Filippo II. Nel 1557 fu fiscale genera- Varzo 1874 - ivi 1938 le in tutto lo Stato di Milano. Figlio di Domenico e di Giuditta Alvazzi. Studiò chi- mica e mineralogia all’Università di Torino, frequentò LOSSETTI LUCA, medico l’Istituto mineralogico dell’Università di Monaco di Ba- Vogogna 1799 - ivi 1874 viera ottenendo la libera docenza. Si perfezionò in cri- Figlio del giureconsulto Giacomo Giuseppe e di Fran- stallografia ad Heidelberg conseguendo il dottorato a cesca Zardetti di Piedimulera. Laureato a Pavia in me- Marburg. Nel 1905 fu addetto all’Ufficio geologico di dicina, nominato medico primario all’Ospedale Mag- Roma. Tornato in Germania assunse la direzione scien- giore di Milano, scrisse negli Annali Universali di Me-

178 dicina sulla varicella e sul vaiolo, sulla sifilide e sulle ac- in particolare all’intaglio e alla plastica. Al termine dei que minerali. corsi inizia la sua attività di scultore. Nel 1901 si tra- sferisce a Domodossola perché incaricato dell’insegna- LOSSETTI MANDELLI GABRIELE, mento della plastica e dell’intaglio presso la scuola gesti- storico, benefattore ta dalla Fondazione Galletti e non lascerà più la città di- Vogogna 1821 - ivi 1886 venendo ossolano d’adozione. Stimato per le sue capa- Figlio di don Pietro e di donna Giuseppina Marino- cità artistiche, ricevette l’incarico di eseguire delle for- ni. Dopo gli studi classici a Milano conseguì la laurea melle per la chiesa della Madonna della Neve, il Cristo in giurisprudenza a Pavia (25.4.1845). Fece pratica le- con i fanciulli per il frontone dell’edificio dell’asilo te- gale a Milano e nel 1848 fece parte della Guardia civi- nuto dalla suore Rosminiane, il medaglione con l’effigie ca (2° btg. S. Babila). Sposò in quell’estate donna Elisa di Giuseppe Belli per Calasca e quello di Giorgio Spe- Melzi d’Eril e in seguito al rientro a Milano degli Au- zia, collocato nella casa natale di Piedimulera, e inoltre striaci ritornò a Vogogna definitivamente. Fu sindaco le effigi del conte Giacomo Mellerio e dell’abate Rosmi- del borgo per circa vent’anni e contribuì con il proprio ni, poste sulla facciata del palazzo melleriano. Degna di denaro all’erezione delle scuole elementari, della nuova nota anche la produzione funeraria. chiesa con campanile, dell’asilo infantile, della stazione ferroviaria e all’ingrandimento di piazze e vie e affran- MELLERIO FRANCESCO, gioielliere, benefattore cò i Vogognesi dalle decime dovute alla Parrocchia. La- Craveggia 1772 - ivi 1848 sciò considerevole somma per l’ospedale e per restauri Figlio di Giovanni Francesco e di M. Caterina Borgnis, del teatro. Dedicatosi con passione alle ricerche stori- seguì il padre e lo zio, rivenditori di gioielli a Parigi. che, scrisse la biografia dei vogognesi avv. Filippo Grol- Scoppiata la Rivoluzione, mentre il padre rimpatriava li e Angelo Zaretti, Notizie sui fatti del 1798, Cenno sto- con oltre duecento vigezzini, egli, seppure giovanissi- rico sui Settari di Cimamulera, Note sulla lapide romana mo, continuò l’attività, ma nel 1793 con la fuga dalla della via del Sempione e La Cronaca del borgo di Vogogna capitale evitò la ghigliottina e per salvarsi si arruolò nel- dall’anno 1751 al 1885, pubblicata nel 1926 dalla figlia l’armata francese del Nord. Nel 1795 rientrò a Craveg- Pia. Per suo merito molte notizie su fatti e famiglie del gia e nel 1796 lavorò a Milano per i Francesi della Ci- passato sono giunte a noi. salpina. Ritornato a Parigi ingrandì il negozio ed ebbe LUPETTI CARLO GAUDENZIO, pittore come clienti la moglie di Napoleone e molti membri Prestinone di Craveggia 1827 - Nantes 1862 della Corte imperiale. La gioielleria Mellerio di Rue de Figlio del geom. Bartolomeo e di M. Domenica Fuc- la Paix è ancora oggi fra le più rinomate della capitale cio. Allievo a Torino dell’Accademia Albertina tornò di- francese. Generoso di offerte alla val Vigezzo, pagò la plomato con medaglie nella sua Valle e vi eseguì lavori costruzione del ponte fra Craveggia e Vocogno. a fresco. Nel 1853 frequentò a Parigi lo studio del pit- tore Cogniet allora in auge e l’anno successivo mandò MELLERIO GIACOMO SENIOR, fermiere, conte alla «Promotrice» di Torino La zingara e i suoi animali, Malesco 1711 - Milano 1782 riscuotendo grande consenso. Per parecchi anni fu uno Figlio del medico Giovanni Battista e di Giovanna dei pochi pittori di animali e rientrato a Prestinone re- Cioja, crebbe con gli zii Cioja, negozianti e banchieri a stò fedele a quei soggetti pur dedicandosi anche alla ri- Milano e per far pratica nel commercio. Messosi a lavo- trattistica. Stabilitosi definitivamente a Nantes vi lavo- rare in proprio accumulò grandi ricchezze con fornitu- rò con successo. re agli eserciti di Maria Teresa e poi con la ferma gene- rale (appalti generali) per il Milanese e per il Mantova- LUSARDI ANTONIO, scultore no. Ritiratosi a vita privata ottenne cariche onorifiche e Varallo Sesia 1860 – Domodossola 1926 il titolo di conte di Albiate e Agliate (1776). Beneficò i A Torino frequenta l’Accademia Albertina dedicandosi poveri di Milano e Malesco.

179 Guglielmini Domenico, professore di idraulica, fisico - matematico Balcone Giovan Battista, benefattore Bologna 1655 - Padova 1710 S. Maria Maggiore 1703 - ivi 1750

Lossetti Giovan Battista, marchese, militare Palletta Giovan Battista, chirurgo emerito, filantropo Vogogna 1600(ca.) - ivi 1663 Montecrestese 1748 - Milano 1832 MELLERIO GIACOMO, statista, benefattore lano presso il cugino Giacomo Mellerio e fu suo brac- Domodossola 1777 – Milano 1847 cio destro e socio nell’attività di fermiere, occupando- Figlio del giureconsulto Carlo Giuseppe e di Rosa Sba- si degli appalti generali per il Governo austriaco nel ter- raglini di Oira (Crodo), orfano di padre fu chiamato a ritorio di Mantova dove, nel 1771 fu eletto regio con- Milano presso il ricchissimo zio paterno Giovanni Batti- sigliere del Magistrato Camerale. Erede delle sostanze sta, già fermiere di Maria Teresa d’Austria e da lei creato del cugino Giacomo, che si aggiunsero al suo già con- conte per censo. Studiò nel Collegio Tolomei di Siena, sistente patrimonio, fu considerato uno dei più ricchi poi viaggiò in Europa per istruzione. Sposò la contes- milanesi. Con il cugino Giacomo affidò all’architetto sa Elisabetta Castelbarco Visconti e condusse vita bril- Cantoni l’ampliamento del palazzo acquistato a Mila- lante nella Milano capitale del Regno Italico fino alla no e la sistemazione della villa «II Gernetto» nei pressi morte prematura della moglie e di tre figlioletti. Ca- di Monza, diventata di loro proprietà. Ebbe il titolo di duto Napoleone, parteggiò per il ritorno in Lombardia Conte con sovrano attestato del 1783. Lasciò una ren- degli Austriaci (1814) dai quali fu nominato vice Reg- dita annua ai poveri di Malesco e una notevole somma gente, e consigliere intimo di Sua Maestà. Nel 1817 di- all’Ospedale Maggiore di Milano. venne Cancelliere del Lombardo Veneto, carica che ten- ne fino al 1819. Non avendo ottenuto quell’autonomia MELLERIO GOTTARDO, professore di lettere classiche amministrativa auspicata dai Lombardi, lasciò Vienna e Santa Maria Maggiore 1884 - Novara 1943 si ridusse a vita privata. Mortagli la figlia superstite tro- Figlio di Matrobio, maniscalco della Valle Vigezzo e di vò conforto nella religione e nello studio. Uomo coltis- Annamaria Nicolai. Dopo studi classici e laurea in let- simo fu mecenate e collezionista di opere d’arte ospita- tere a Torino si dedicò all’insegnamento, intervallato a te nella grande villa in Brianza. Beneficò Domodosso- dalla partecipazione alla 1 Guerra Mondiale. Si stabi- la con l’istituzione delle scuole superiori classiche che lì a Novara, titolare di cattedra al Ginnasio e trascor- ospitò nel palazzo da lui fatto costruire appositamente se le estati nella sua Valle Vigezzo con la famiglia, tradu- (1818) e la cui direzione affidò successivamente all’ami- cendo classici, compilando una grammatica latina, col- co Rosmini, fondatore dell’Istituto della Carità (1828) laborando anche a giornali francesi, scrivendo un ro- al Calvario e l’insegnamento ai padri rosminiani. Prov- manzo inedito II palanchino della Madonna ambientato vide inoltre all’istruzione femminile acquistando i lo- a S. Maria Maggiore, giudicato «preziosa testimonian- cale delle ex monache Orsoline e insediandovi le figlie za storica e di costume» della Vallata. Socialista, iscritto della Carità, ordine monastico fondato dall’abate Ro- alla Massoneria ebbe contrasti politici ma non rinunciò smini. Con testamento (1847) il Mellerio lasciò al Co- alle proprie convinzioni. Fu amico dei pittori vigezzi- mune di Domo i fabbricati nel borgo, proprietà terrie- ni Cavalli, Fornara, Peretti e del mecenate Michele Bar- re nel Lodigiano, una somma per l’ospedale S. Biagio e bieri di Crana e con essi propugnò le conquiste socia- altri legati per la continuità degli studi liceali. Non di- li della amata Valle e diede vita a un foglio satirico ora menticò il Comune di Malesco, luogo di origine del- introvabile. la famiglia. Con il suo lascito fu pagata la costruzione MELLERIO Famiglia (ramo di Craveggia) a fine Ottocento della grande porta centrale in bron- FRANCESCO (1772-1834), fondatore della celeberri- zo per il Duomo di Milano, opera insigne dello sculto- ma «gioielleria Mellerio dits Meller» di Rue de la Paix re Pogliaghi. a Parigi; GIANFRANCESCO (1815-1886), fornitore MELLERIO GIOVANNI BATTISTA, della corte di Francia e di altre corti europee, fondato- fermiere, benefattore, conte re della succursale di Madrid, autore di famosi gioielli Domodossola 1725 - Milano 1809 per regine, chiese e gemme per il Santuario di Montes; Figlio del medico vigezzino Giovanni Giacomo e di MICHELE, benefico verso i poveri, gli ammalati, il co- Anna Tichelli di Vagna, fece pratica di commercio a Mi- mune e la chiesa dell’amata Craveggia; FELICE (1831-

181 1905) benefattore di Craveggia e particolarmente di partigiane e il C.L.N. di Lugano, tenne il collegamen- Masera dove pagò gran parte della strada per Rivoria, to fra i reparti armati dell’Ossola e la missione alleata in fece costruire l’asilo infantile e restaurare la parrocchia- Svizzera. Nel settembre 1944 disciplinò la resa dei Te- le; DOMENICO, munifico verso il comune di Mase- deschi in val Cannobina e organizzò la difesa in Vigez- ra a cui donò un grande stabile e terreno per le scuole zo. Essendo la Repubblica dell’Ossola in pericolo, il 12 elementari con annesso alloggio per le maestre e terreni ottobre con Alfredo di Dio e l’ufficiale alleato Patterson per l’asilo; FRANCESCO fu Giangiacomo, deputato al uscì in avanscoperta sotto Finero per conoscere la posi- Parlamento per la XIV legislatura e benefattore. zione nemica, ma cadde in una imboscata colpito mor- talmente con il Di Dio. MERZAGORA GIOVANNI ANDREA, scultore Craveggia sec. XVI - ivi 1603 MONTI ENRICO, architetto, arredatore, benefattore Autore dello splendido coro ligneo della Madonna di Anzola d’Ossola 1873-1949 Campagna a Pallanza, dell’ancona dell’altare di S. Bar- Frequentò scuole serali all’Accademia di Brera a Mila- tolomeo a Villadossola. Altre opere sono sparse nel Val- no poi a prezzo di sacrifici conseguì la laurea in archi- lese, nell’Ossola, nella Valsesia. tettura. Si specializzò nella produzione di mobili e ar- redamenti di lusso a Milano (sale Biblioteca Ambrosia- MOALLI MARIA, titolare e direttrice di azienda na, studio di Toscanini) con filiali in altre città, impie- Vergiate (VA) 1891 - Domodossola 1960 gando oltre seicento operai. Arredò il palazzo di Mon- Diresse con fermezza e abilità la Società Corriere Moalli tecitorio a Roma, i Parlamenti di Buenos Aires e Mon- e annessa officina; fu Crocerossina volontaria in Africa tevideo, il palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra, Orientale durante il conflitto Italo-Etiopico del 1935- un’aula del palazzo reale di Amsterdam. Tra il 1920-30 36. La torretta di via Montegrappa, di sua proprietà, fu si dedicò agli arredamenti navali (Rex e Roma) e allestì regalata al Comune per desiderio suo e dei fratelli e da i padiglioni italiani delle Grandi Esposizioni all’estero. allora è diventata emblema cittadino. Già nel 1914 ebbe la nomina a Cavaliere del Lavoro. Fu MOLINARI GIACOMO, rosminiano socio onorario di molte Accademie. Beneficò il suo pae- Domodossola 1807 - Sacra di S. Michele 1864 se, di cui fu sindaco, costruendo a proprie spese la pas- Ordinato sacerdote a Novara, nel 1830 entrò nell’Isti- serella sul Toce e impiegò le medaglie d’oro di beneme- tuto della Carità da poco fondato dall’abate Rosmini. renza per far decorare la chiesa parrocchiale. Rettore del Calvario e del Collegio Melleriano, fu poi MONTI PAOLO, uomo di cultura, fotografo arciprete a San Zeno di Verona da cui fu allontanato Novara 1908 - Milano 1982 perché non gradito alla polizia austriaca. Nel febbraio Figlio di Romeo da Anzola d’Ossola. Laurea in econo- 1861 Cavour personalmente lo inviò a Roma, latore di mia politica, dirigente industriale a Venezia. Appassio- carte e lettere riservate al diplomatico Rappresentan- nato di fotografia, fondò un gruppo d’avanguardia per te dell’appena proclamato Regno d’Italia, destinate alle il rinnovamento dell’arte fotografica. Nel 1953 lasciò la prime trattative con la Santa Sede. carriera di dirigente e a Milano divenne esponente si- MONETA ATTILIO, gnificativo della cultura legata alla fotografia, collaborò colonnello, medaglia d’oro al valor militare alle principali riviste di architettura e si dedicò alla foto- Malesco 1893 - Finero 1944 grafia d’arte e ambienti e al censimento dei centri stori- Lasciati gli studi al Rosmini, scelse la carriera militare ci di molte città italiane. Insegnante di tecnica ed esteti- e frequentò la scuola d’equitazione a Pinerolo. Dopo la ca dell’immagine all’Università di Bologna, promosse e 1a guerra mondiale fu ufficiale del Centro rifornimento diffuse il restauro conservativo delle città italiane. Ese- quadrupedi di Grosseto, di cui divenne Colonnello Di- guì il censimento fotografico dell’architettura e dell’am- rettore. Con l’8 settembre 1943 rientrò a Malesco por- biente del Lago d’Orta e della Bassa Ossola. La morte tando armi e, preso contatto con le prime formazioni gli impedì di estendere il lavoro all’Alta Ossola.

182 MORGANTINI GIOVANNI, benefattore vita, fu la sua vera patria. Crevoladossola 1841 - ivi 1889 ORSI MOSÈ, imprenditore, pubblico amministratore Figlio di Giovanni e di Domenica Zanoni. Emigrò a Beura 1849 - Domodossola 1918 Parigi e da imbianchino-garzone divenne impresario- Figlio di Antonio e di Caterina Mancini. Prima dell’av- decoratore con appalto di lavori per il governo (1870). vento delle ferrovie, organizzò il trasporto dei passegge- Membro della Società di beneficenza e consigliere del- ri e dei primi turisti da e per il Sempione e nelle nostre la camera di Commercio d’Italia a Parigi, aiutò i conna- valli, essendo state aperte da poco tempo le carrozzabili zionali e i bisognosi. Fondò a Crevola un asilo infantile dell’Ossola. Erano al suo servizio molti vetturali, tren- e donò arredi e denaro alla chiesa. ta cavalli per il traino di carrozze, diligenze e slitte, ed MORIGIA VALENTINO il suo albergo accolse anche ospiti di riguardo. Consi- (Frate Francesco da Domodossola), vescovo, politico gliere comunale e sindaco stimato e amato di Beura e di Domodossola 1340? - 1409? Domodossola, diede lavoro e aiuto a molti ossolani. Entrò nel convento dei frati minori francescani di PALLETTA GIOVAN BATTISTA, Domo e ivi compì gli studi per il sacerdozio. Per le sue chirurgo emerito, filantropo doti e capacità diplomatiche, nobili ed ecclesiastici os- Montecrestese 1748 - Milano 1832 solani lo inviarono dal Papa ad Avignone, nell’inver- Figlio di Giacomo e di Maria Leonardi. Dopo gli stu- no 1373-74, a dichiarare la loro disponibilità alla ribel- di classici a Briga nel Vallese presso i Gesuiti, si iscrisse lione ai Visconti signori dell’Ossola. Rientrato in Os- a Milano a una scuola di giurisprudenza che lasciò per sola con lettere papali di credito e un «breve» rivolto entrare nel collegio degli allievi chirurghi dell’Ospeda- agli Ossolani, si impegnò nella propaganda antiviscon- le Maggiore. Avendolo frequentato con intelligenza e tea suscitando la lotta dell’Ossola Superiore guidata da- passione gli fu consigliata l’iscrizione al corso di anato- gli Spelorci contro i Ferrari della Bassa Ossola, fedeli ai mia e patologia dell’Università di Padova dove nel 1773 Visconti. Ci fu guerra e poi pace in Ossola con nuo- conseguì la laurea «summa cum laude». Nel 1777 a Mi- va dedizione ai Visconti, ma frate Francesco Valentino lano fu nominato assistente chirurgo e nel 1780 a Pa- Morigia lasciò il convento di Domo per quello più im- via conseguì la specializzazione in chirurgia tanto che portante di Vercelli. Nel 1396 Bonifacio IX lo elesse Ve- nel 1787 ebbe l’incarico di capo chirurgo, cioè prima- scovo di Sarda (Schurda) in Albania, però, in effetti fu rio della Ca’ Granda. In questi anni scrisse trattati di ausiliare del Vescovo di Novara e verso il 1408 di quel- grande valore scientifico i quali gli valsero onorificen- lo di Costanza con l’incarico di fondare chiese anche in ze da parte di istituzioni accademiche italiane e stranie- Ossola (Craveggia, Formazza). re che lo vollero membro effettivo. Sostenne il metodo MORTAROTTI RENZO, studioso dell’Ossola sperimentale, espressione del positivismo del suo tem- Torino 1920 - Domodossola 1988 po. Per le sue grandi capacità diagnostiche e terapeuti- Religioso rosminiano, laureato in lettere classiche nel- che Napoleone lo consultò e lo insignì del cavalierato la Università Cattolica di Milano; titolare ordinario di della «Corona ferrea». Con la Restaurazione fu Retto- lettere nel Ginnasio del Collegio Mellerio Rosmini di re della facoltà di chirurgia e medicina ed ebbe ricono- Domodossola. Profondo conoscitore dell’Ossola, a cui scimenti anche dall’imperatore d’Austria. Nel 1816 or- dedicò numerose ricerche, pubblicate nelle riviste Illu- ganizzò i primi ambulatori. Durante una lunga degenza strazione Ossolana e Oscellana, fu autore di pregevoli li- in seguito alla rottura del femore scrisse in latino il suo bri dal titolo:Il Traforo del Sempione nel Cinquantena- ultimo lavoro in due volumi dal titolo Exercitationes pa- rio (1956); I Walser nella Val d’Ossola (1979); L’Ossola tologicae (1820). nell’età moderna dall’annessione al Piemonte al Fascismo PANIGHETTI GIOVANNI ANTONIO, calzolaio (1743-1922) (1985); G.R.- Grazia Ricevuta (1987). Varzo 1739 - Moncalieri 1785 Domodossola, dove trascorse la maggior parte della sua Figlio di Giorgio e di Giacomina Borri. Orfano di pa-

183 dre, emigrò in Piemonte e dopo aver trascorso folle- PERETTI BERNARDINO, pittore mente la prima giovinezza si ravvide dandosi a opere Buttogno 1828 - ivi 1889 di carità e di umiltà. È noto come «il santo calzolaio Figlio del pittore Lorenzo, si perfezionò all’Accademia di Moncalieri» ed è sepolto nella parrocchiale di quel- di Belle Arti di Lione. Partecipò alle Esposizioni di To- la città. rino del 1867, 1868, 1870 e 1871 e tornò in Italia nel 1872. Lasciò molti quadri ad olio e buoni affreschi in PARNISARI ARRIGO, pittore Francia e nelle chiese ossolane. Stresa 1926 – Domodossola 1975 Figlio di Ottorino e Letizia Molinari. A Domodosso- PERETTI GIACOMO, generale, benefattore la apprende i primi rudimenti della pittura e negli anni Santa Maria Maggiore 1838 - ivi 1912 1945-46 a Milano frequenta il liceo artistico di Brera, Figlio dell’avv. Giovan Battista e di Giacomina Sbara- abbandonato presto per insofferenza ai metodi e ai pro- glini di Oira. Dopo gli studi classici a Domodossola fre- grammi di quella scuola. Nel 1947 si trasferisce a Fi- quentò la facoltà di matematica all’Università di Torino renze dove partecipa al movimento Arte d’oggi, di cui poi l’Accademia militare. Combatté nel 1866 a Custo- condivide il linguaggio post-cubista. In seguito prende za. Fu insegnante alla Scuola militare di Pinerolo. Con- contatti con il Movimento d’arte concreta che sta vivaciz- cluse la carriera col grado di generale e, ritiratosi a San- zando l’ambiente artistico milanese e fonda con altri ar- ta Maria Maggiore, ricoprì cariche pubbliche portando tisti la rivista Base e numero. Nel 1951 rientra forzata- a termine alcune iniziative. mente a Domodossola per curare un forte esaurimento, PERETTI LORENZO, pittore ma inefficaci terapie non riescono a liberarlo da fobie e Buttogno 1774 - ivi 1851 frustrazioni. Lasciata la pittura per tali motivi, si dedica Figlio del pittore Carlo Giuseppe, allievo del padre e alla produzione di ceramica artistica. Nel 1960 soggior- del vigezzino G. Rossetti, andò a perfezionarsi a Tori- na in Svizzera, poi riallaccia i rapporti con i compagni no dove ebbe fra i committenti il re Carlo Felice per la- fiorentini trasferitisi a Parigi. La malattia lo riprende e vori e restauri nel palazzo Reale. Notevole una crocifis- non lo abbandona fino alla fine dei suoi giorni. sione (Chiesa di S. Francesco di Paola a Torino). Lavo- PELLANDA LUIGI, arciprete di Domodossola, storico rò in Ossola, nell’Astigiano e nel Canton Ticino. Fu an- Crodo 1885 - Domodossola 1961 che valente ritrattista. Ordinato sacerdote nel 1908, iniziò la sua attività pa- PINAUDA FRANCESCO, studioso di cose ossolane storale come coadiutore e poi fu titolare di parrocchia a Beura Cardezza 1864 - Roma 1934 Varzo e a Domo. Visse i tragici avvenimenti che scon- Sacerdote rosminiano, laureato in matematica e fisica volsero l’Ossola fra il 1943 e il 1945 con coraggio e ri- all’Università di Torino fu insegnante e preside del Li- schio personale per difendere la giustizia, i deboli e i ceo-Ginnasio Mellerio Rosmini. Scrisse Meteorologia os- perseguitati e lasciò memoria obiettiva dei fatti, vissu- solana. Cenni sulle miniere, cave e acque minerali del- ti in prima persona, nella rievocazione storica L’Ossola la regione ossolana (1928). Cenni storici della chiesa del- nella tempesta (volumetto uscito nel 1955) fonte inso- la Madonna della Neve (1918), e molti articoli di sto- stituibile di notizie. Fu in gioventù pioniere del moto- ria, meteorologia, religione, sui giornali locali dal 1910 ciclismo, delle proiezioni luminose e del cinema, con- al 1928. Il suo Almanacco ossolano (1914-1926) ricco di siderati come mezzo educativo, inoltre animatore del notizie storiche-statistiche-geografiche fu una specie di canto gregoriano nelle funzioni parrocchiali. Fu studio- enciclopedia popolare per gli ossolani. so di Innocenzo IX e scrisse la storia della chiesa parroc- chiale di Domo. È ricordato come custode attento e ze- PIOLINI GIOVANNI ANTONIO, benefattore lante delle tradizioni locali e degli oggetti sacri. Gli Os- Colloro di Premosello 1835 - ivi 1915 solani lo giudicarono un santo prete e un gran galan- Figlio di Antonio e di Teresa Borri, emigrò tredicen- tuomo. ne a Parigi per fare il fumista e da garzone divenne im-

184 presario di agiata condizione. Scoppiata la guerra Fran- gli amministratori dell’USL n. 56. Queste sue esperien- co-Prussiana nella Parigi assediata (1870-71) fu mem- ze di vita politica e amministrativa sono ricordate in un bro della Commissione Italiana e Capo Divisione del- libro, scritto in collaborazione con l’amico Franco Mi- la Compagnia Umanitaria per il soccorso dei feriti sui chetti, dal titolo Villa, cenni storici, amministrativi, di campi di battaglia. Il Governo francese gli dedicò due lavoro, di vita e di curiosità. medaglie. Tornato in patria fu eletto sindaco di Pre- PIROIA MODINI GIOVANNI, benefattore mosello. Lasciò una vistosa somma per l’erezione del- Vagna 1816 - ivi 1899 le scuole. Emigrante dodicenne, divenne rappresentante di com- PIRAZZI MAFFIOLA ALCIDE, deputato mercio in Francia e nel 1839 di là passò a Cuba dove in- Baceno 1897 - ivi 1965 grandì una oreficeria dello zio rendendola la prima del- Figlio di Plinio e di Cesarina Cominoli, frequentò dai l’isola. Comperò vaste piantagioni e per un ventennio Salesiani a Torino scuole tecniche professionali e si im- fu vice console dei Regno di Sardegna. Rientrato in Os- piegò come tipografo. Aderì al Partito Socialista e per la sola nel 1860, beneficò il suo paese con sovvenzioni. sua posizione politica fu condannato a due anni di re- POLLINI GIACOMO, medico, storico, benefattore clusione che scontò nel carcere torinese con Gramsci ed Parigi 1827 - Torino 1902 altri antifascisti. Stabilitosi a Villadossola, lavorò presso Figlio di Maurizio e di Maria Giovanna Sotta. Primi la centrale «Edison» di Pallanzeno, continuando l’atti- studi e laurea in medicina in Francia dove diresse un vità politica. Durante la Repubblica dell’Ossola rappre- sifilocomio. Trasferitosi in Italia, a Torino gli fu con- sentò il partito socialista in seno al C.L.N. e al ritorno validato il titolo accademico (1854). Nel 1859 diven- dei Tedeschi si rifugiò a Locarno con Tibaldi ed altri an- ne medico dell’Ambasciata francese a Torino e dirigente tifascisti. Nel 1948 fu eletto deputato per il Fronte del- del reparto oftalmico dell’Ospedale. Nel 1866 medico le Sinistre, rimanendo a Roma fino al 1953. Dal 1955 chirurgo dell’esercito italiano nella 3a guerra d’Indipen- al 1960 fu sindaco stimato di Villadossola. denza. Durante i soggiorni a Malesco si diede alla ricer- PIRAZZI MAFFIOLA PLINIO, che storiche, che raccolse nel volume Notizie storiche di amministratore pubblico, sindacalista Malesco (1896). Lasciò tutto il suo patrimonio in bene- Villadossola 1927 – ivi 1994 ficenza sotto il titolo di «Opera pia Pollini», regolata da Figlio dell’onorevole deputato Alcine e di Albina Bussa. tavole di fondazione da lui dettate. Conseguito il diploma di perito chimico si iscrive alla PONTI GIOVANNI, benefattore C.G.L. Per l’impegno dimostrato viene eletto membro Santa Maria Maggiore 1849 - Domodossola 1916 della Commissione nazionale giovanile dei chimici e re- Figlio di Angelo Antonio dell’illustre famiglia dei Ponti sponsabile del sindacato chimici della zona Ossola. A gioiellieri in Francia, generoso benefattore dei poveri, a partire dal 1960, per quattro volte, è sindaco di Villa- Santa Maria Maggiore istituì una «Scuola industriale» e dossola. Stimato per la sua attività instancabile, dap- lasciò un legato per la Scuola Rossetti-Valentini. prima attiva il collegamento delle frazioni con il cen- tro, poi cura la costruzione di un edificio atto ad ospi- PORTA ANTONIO, tipografo, pubblico amministratore tare la scuola media e il liceo scientifico statale, che qui Domodossola 1819 - ivi 1893 ebbe la sua sede prima del trasferimento definitivo a Figlio di Giuseppe e di Teresa Pagani. Studi ginnasia- Domodossola. Promuove la costruzione delle case po- li a Domo e pratica tipografica a Varallo Sesia. Diretto- polari e cooperative sorte su un progetto dell’ing. Mar- re della tipografia Calpini, ne divenne proprietario in- cello Bologna e consente la realizzazione di case unifa- grandendola con vantaggio economico che gli consen- miliari. Nel 1962 requisisce la grande acciaieria Sisma, tì liberalità verso i bisognosi. Stampò i principali gior- centro delle lotte sindacali. Viene eletto presidente della nali locali del tempo e le pubblicazioni storico-scienti- Comunità Montana Valle Ossola e dell’Assemblea de- fiche a vantaggio della cultura locale, nonché i bigliet-

185 Panighetti Giovani Antonio, calzolaio Prinsecchi Carlo Giuseppe, padre Emanuele postulatore apostolico Varzo 1739 - Moncalieri 1785 Domodossola 1710 - Roma 1808

Sala Giuseppe, Cardinale Tojetti Giovanni, frate alcantarino, venerabile Bologna 1762 - Roma 1839 Calasca 1680 - Napoli 1764 ti da 50 centesimi che lo resero celebre. Accettò cariche condia dell’eloquio e la forza delle sue argomentazio- amministrative pubbliche per dovere e fu socio fonda- ni contestò gli errori dei filosofi illuministi mediante tore dell’Asilo infantile, della Società operaia e consi- le Dissertazioni in forma di dialoghi intorno ai vari dog- gliere della Fondazione Galletti. mi cattolici per dimostrare la loro verità, contro li così det- ti spiriti forti e specialmente contro li seguaci degli erro- POSCIO FERDINANDO BARTOLOMEO, ri di Voltaire, opera uscita nel 1780. Scrisse anche Della impresario, benefattore Chiesa e della gerarchia Ecclesiastica che dedicò a Pio VI, Villadossola 1900 - ivi 1971 amareggiato per la diffusione dei principii giansenistici. Figlio di Bartolomeo e di Rosa Secondini. Iniziò dodi- A Roma fu tenuto in grande stima, in particolare dagli cenne l’attività lavorativa nel piccolo cantiere paterno, Ossolani cardinale Sala, Prefetto della Congregazione fornitore di pietrisco per le strade locali. Subentrato al dell’Indice e assistente al soglio Pontificio, e Benedetto padre, nel 1930 diede nuovo impulso all’azienda dive- Fenaia da Formazza, arcivescovo di Filippi. nuta costruttrice di strade, ponti, dighe, villaggi ope- rai. Nel dopoguerra, con mille dipendenti, ricostruì la PROTASI GIAN DOMENICO, ingegnere, politico SISMA di Villadossola, lavorò per la Edison, costruì il Piedimulera 1810 - Arona 1873 Santuario di Re e il palazzo Borsa Merci di Novara. Do- Laurea a Torino in ingegneria. Ideò e promosse la co- tato di grande umanità, fu sempre disponibile ad aiuta- struzione della carreggiabile di valle Anzasca. Deputa- re chi ricorreva a lui. to al Parlamento Subalpino si batté per la ferrovia Mi- lano-Domodossola-Sempione. Dopo l’Unità d’Italia fu POZZI GIOVANNI ORESTE, scultore presidente dell’Amministrazione Provinciale di Novara Vogogna 1892 - ivi 1980 e sindaco di Arona. Si diplomò a pieni voti all’Accademia di Brera. Eseguì numerosi monumenti ai caduti e sculture tombali per il RAGOZZA ERMINIO, Monumentale di Milano. Nel 1925 il suo bozzetto su S. sacerdote, benefattore, studioso Francesco fu premiato. Il suo «Gladiatore» in marmo di Colloro di Premosello 1918 – Quarona (VC) 1984 Candoglia fu acquistato dal re Vittorio Emanuele III. Ordinato sacerdote nel 1941, fu parroco di Gignese e insegnante di lettere italiane, latine e greche presso il se- PRESBITERO FERDINANDO, avvocato, benefattore minario di Arona. Nel 1954 fu trasferito nella parroc- Vogogna 1848 - S. Germano di Pinerolo 1909 chia di Quarona (VC) e là rimase sino alla morte. Die- Figlio dell’avv. Vittorio e di Maria Spezia. Studi classici de alla stampa i suoi studi di storia valsesiana e sulla al collegio Mellerio Rosmini e laurea in giurisprudenza parrocchia quaronese. Tuttavia non allentò mai i lega- a Torino dove poi visse esercitando la professione lega- mi affettivi con il suo paese d’origine, contribuendo fi- le. Lasciò molti dei suoi beni all’asilo e ai poveri di Vo- nanziariamente ai lavori della strada Premosello-Collo- gogna oltre che al Cottolengo di Torino. A Vogogna la ro e lasciando parte delle sue sostanze alla parrocchia, casa di riposo per anziani porta il nome «Presbitero» a alla Casa di riposo e parecchi suoi libri alla biblioteca ricordo del benefattore. comunale. Collaborò al bollettino parrocchiale premo- PRINSECCHI CARLO GIUSEPPE sellese. Nel 1969 la Pro Loco gli pubblicò Aria di casa (Padre Emanuele) Postulatore apostolico nostra e postumo nel 1985 il volume U Libar d’la cà ve- Domodossola 1710 – Roma 1808 gia d’Clor e d’Cravaga, contenente anche un vocabola- Figlio di Antonio e di Maria Giovanna Ghisoli. Entrò rio del vecchio dialetto locale. nell’ordine dei Cappuccini e divenne sacerdote nel con- RASTELLINI GIOVANNI BATTISTA, vento di Rieti. Per la profonda preparazione teologica pittore, pubblico amministratore fu trasferito a Roma verso il 1764 e là ricoprì l’alta ca- Buttogno 1860 - ivi 1926 rica di postulatore, cioè di promotore della beatificazio- Figlio di Gian Giacomo, ritrattista, studiò alla Scuola ne e santità di alcuni frati cappuccini. Inoltre con la fa- Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore e si perfe-

187 zionò a Milano nella pittura e nel restauro che esegui- una scuola gratuita per i fanciulli poveri del luogo. va con tecnica particolare. Fu per un ventennio sinda- RONDOLINI GIOVANNI, medico benemerito co del suo paese. Pallanzeno 1870 – Villadossola 1954 RASTELLINI GIAN MARIA, Figlio di Luigi e di Teresa De Regibus. Laurea in medi- pittore, pubblico amministratore cina e chirurgia a Torino. A Villadossola svolse la pro- Buttogno 1869 - ivi 1927 fessione medica come missione da compiere a vantag- Figlio di Gian Giacomo, frequentò la scuola Rossetti gio della popolazione. Si prodigò anche per quella dei Valentini di Santa Maria Maggiore e si perfezionò a Mi- paesi di valle Antrona che raggiungeva due volte per lano come il fratello Giovan Battista. Tenne studio a settimana e più in caso di urgenza. Specializzato nel- Milano ed ebbe committenti fra gli aristocratici e i ric- la cura di malattie dell’apparato respiratorio, ai pazien- chi borghesi lombardi, ottenendo un premio alla trien- ti offrì assistenza con qualunque tempo, a qualunque nale di Milano del 1888 e all’Esposizione di Monaco di ora anche nei paesetti più lontani portando le medicine Baviera nel 1913. Fu sindaco di Buttogno e presidente agli indigenti, sempre prodigo di insegnamenti e con- della Società Elettrica Vigezzina. sigli igienico sanitari alle famiglie. Convinto dell’utilità dell’esercizio fisico all’aria aperta organizzò nell’imme- RAVASENGA CARLO, musicista diato primo dopoguerra (1919) escursioni e cammina- Torino 1891 - Roma 1964 te che propagandò dapprima nelle osterie, in attesa di Ossolano per parte materna amò l’Ossola e trascor- una sede in cui riunire gli aderenti all’Unione Operaia se lunghi periodi a Vogogna. Lasciati gli studi giuridi- Escursionisti Italiani (sorta nel 1911 a Monza) allo sco- ci, per vocazione frequentò il conservatorio a Torino e po di sottrarre all’alcolismo e al gioco d’azzardo i gio- nel 1915 eseguì musica da camera di sua composizione. vani. Non dimenticò i ragazzini organizzando per loro Nel 1916 riportò caloroso successo con l’opera Una tra- apposite camminate dopo l’ascolto della Messa, e conti- gedia fiorentina. A Milano diresse il settimanale L’araldo nuò questa attività anche con il C. A. I. fino al termine musicale, svolse attività didattica e di compositore. La del secondo conflitto mondiale. sua musica da camera ebbe successo in tutta Italia. In un concorso a New York con giuria diretta da Toscani- ROGGIANI ALDO GIUSEPPE, ni, ebbe il 2° premio per la Suite in quattro tempi. Com- mineralogo, petrografo pose quattro opere sinfoniche, oltre a musiche inedite. Domodossola 1914 - ivi 1986 Manoscritti, spartiti, edizioni rare furono donati dalla Figlio di Giuseppe e di Rosa Ponzio. Studi classici al figlia Evelina (1921 - 1993) per desiderio del padre alla Mellerio Rosmini, laurea in scienze naturali a Milano, fondazione Galletti insieme al suo pregevole pianofor- docente di scienze, chimica e geografia astronomica nei te. Svolse attività didattica e con il maestro Toni fondò Licei rosminiani. Fu studioso insigne della mineralogia il sindacato musicisti. generale e in particolare di quella dell’Ossola. Fin dal 1938 in valle Vigezzo individuò e per anni coltivò in ROABBIO GIOVANNI ANTONIO, benefattore proprio un giacimento di feldspato situato a Druogno- Nato a Baceno nel sec. XVII Orcesco-Gagnone. Là nel 1946, si accorse della presen- Canonico della Collegiata di Domo, dispose un lascito za di un minerale sconosciuto, che risultò essere silicato alla comunità del Borgo perché fosse istituita una scuo- di alluminio e calcio, il quale fu catalogato in suo onore la elementare per i ragazzi poveri, la quale fu di grande con il nome di ROGGIANITE. L’ufficializzazione del- utilità e funzionò fino all’apertura delle scuole fondate la scoperta avvenne durante il XXV Congresso di mine- e finanziate dal conte Giacomo Mellerio. ralogia e petrografia svoltosi a Napoli nel 1968. Patro- ROABBIO PIETRO PAOLO, benefattore cinò la costituzione di un gruppo mineralogico ossola- Vissuto a Baceno nel sec. XVII, dove fu parroco fino al no (1972). Collaborò a riviste e periodici fra cui Ren- 1671. Istituì una cappellania a Baceno con l’obbligo di diconti della S.I.M.P.. Fra le numerose pubblicazioni:

188 Corindone, torbenite, morenosite. Specie minerali nuove un compenso meritato ma male inteso, perse l’alto in- per l’Ossola (1967); Ossola minerale. Indice delle specie e carico e rientrò a Domo a esercitare l’avvocatura. Con dei principali ritrovamenti, con un saggio di bibliografia l’occupazione francese del Regno di Sardegna fu nomi- mineralogica ossolana (1975); La tarumellite di Cando- nato Presidente della municipalità di Domo ma cadde glia e altri studi rilevanti. La sua preziosa collezione si in disgrazia con l’avvento degli Austro-Russi. trova ora a Torino presso il Museo regionale di Storia e Scienze naturali. SALA GIUSEPPE, cardinale Benemerito nel campo delle ricerche scientifiche, fu in- Bologna 1762 - Roma 1839 signito di medaglia d’oro, dal comune di Domodosso- Figlio di Giuseppe, emigrato da Baceno a Bologna. Stu- la (1970) e dal Presidente della Repubblica Italiana Per- di classici a Roma e laurea in teologia. Dotato di intel- tini (1979). ligenza e capacità, resse la Delegazione Apostolica alla partenza da Roma di Pio VI, travolto dalle vicende ri- ROSSETTI VALENTINI GIOVANNI MARIA, voluzionarie. Con Pio VII fu segretario della Legazio- pittore, benefattore ne presso Bonaparte 1° Console a Parigi e ancora nel Santa Maria Maggiore 1796 - ivi 1878 1809 presso Napoleone Imperatore. Dopo il 1814 ri- Figlio di Giacomo Antonio e Angela Menabene, a Mi- prese l’attività diplomatica e curiale e nel 1831 ottenne lano frequentò i corsi di ornato e figura nell’Accademia la dignità cardinalizia. di Brera. A Mompellier insegnò in scuola governativa e si dedicò alla pittura. Fu insignito della Legion d’Onore SALATI GIOVAN MARIA, da Napoleone III. Ritornato a S. Maria nel 1870 inse- primo attraversatore a nuoto della Manica gnò gratuitamente ai convalligiani nella scuola di dise- Malesco 1796 - Saint Brice sous Forêt 1879 gno istituita a proprie spese ed alla quale lasciò in eredi- Figlio di Domenico e Anna Maria Salati. Nel 1812 è tà il proprio patrimonio. Regalò un ostensorio alla par- soldato nell’armata italiana comandata dal gen. Pino e rocchia, un lascito per la messa festiva a Crana e l’auto- poi marinaio sulla «Belle Poule». Come fuciliere di ma- ritratto alla Fondazione Galletti. rina combatte a Waterloo dove, ferito, viene fatto pri- gioniero e recluso a Dover su una vecchia nave adibita ROSSI GIUSEPPE ANTONIO, benefattore a campo di concentramento. Dopo alcuni mesi di vita Premosello 1805 - ivi 1877 impossibile si butta nella Manica e l’attraversa a nuoto Fece fortuna a Parigi con il commercio dei tessuti di raggiungendo Boulogne. A Parigi trova lavoro presso i seta. Dopo il 1870 si stabilì al paese d’origine al quale parenti Polino che hanno fatto fortuna come fumisti e regalò un terreno e una cospicua somma per l’erezione da semplice spazzacamino diventa fumista impresario. di un asilo d’infanzia e l’istituzione delle due classi del Nel 1850 il Salati si trasferisce a Soissons, poi al segui- corso elementare superiore. to del figlio prete dimora in varie parrocchie e muore in RUGA-SILVA GIOVANNI ANTONIO, quella di Saint Brice sous Forêt a 12 km da Parigi. diplomatico, magistrato Domodossola 1731 - ivi 1800 SALINA GIUSEPPE (VITTORIO D’AVINO), Figlio del giureconsulto Carlo Giuseppe e di Isabella poeta, scrittore Ruga. Studi classici, poi commerciante in Parigi e in- Domodossola 1877 - Varzo 1949 segnante di italiano. Tornato a Domo fu segretario del Studiò in seminario e ordinato sacerdote (1899) intra- Conte Borromeo. Ripresi gli studi giuridici si laureò a prese la sua missione di parroco, ma si dedicò anche con Pavia nel 1765. Ambasciatore del Duca di Modena a passione ed estro alla poesia in dialetto e in lingua ita- Madrid, nel 1769 Reggente la Signoria di Varese per liana, a scritti sul paesaggio e sull’arte ossolana. Fu otti- Francesco III di Modena e poi Presidente del Consi- mo latinista e grecista, buon oratore e diede alle stampe glio Supremo di giustizia. Per incauta accettazione di parecchie pubblicazioni.

189 SALINA LUIGI, politico, benefattore negli anni della costruenda strada napoleonica. Moren- Bologna 1762 - ivi 1845 do lasciò il suo patrimonio ai «poveri vergognosi», per- Figlio di Giovanni Antonio di Mozzio in valle Antigo- sone un tempo agiate ridotte all’indigenza per il muta- rio. Laureato in giurisprudenza a Bologna, nel 1784 fu mento degli eventi. eletto presidente dell’Annona e con l’avvento dei Fran- SCACIGA DELLA SILVA FRANCESCO, cesi membro del Governo Provvisorio della Cisalpina. storico, giornalista Partecipò alla Consulta di Lione e divenne membro del Mozzio 1810 - Domodossola 1874 Corpo legislativo quale rappresentante del Collegio dei Figlio di Diovole e di Teresa Albertazzi. Studi classici e Possidenti Bolognesi. Dirigente dell’amministrazione laurea in legge a Torino. A Domo si dedicò alla profes- del Dipartimento, dal Governo Pontificio, subentrato sione legale e alla ricerca storica sull’Ossola Superiore ai Francesi, fu mantenuto nella carica. Leone XII nel pubblicando Storia di Val d’Ossola (1842) e Vite di Os- 1825 lo creò conte. Fu Presidente del Tribunale d’ap- solani illustri con quadro storico delle eresie (1847). Col- pello delle Legazioni. Cultore della lingua latina, scris- laborò a giornali locali e diresse: Il Moderato (1851), se epigrammi apprezzati. Quando l’alluvione devastò L’Agogna (1845), L’Ossolano (1854). Scrisse novelle e ar- Crodo e distrusse il Pretorio, mise a disposizione della ticoli di vario argomento per almanacchi a partire dal comunità le case e i poderi di Mozzio. 1846. Fu Provveditore agli studi nell’Ossola dal 1848 SAMONINI ACHILLE, pubblico amministratore al 1854. Curò la pubblica istruzione aprendo scuo- Domodossola 1873 - ivi 1939 le elementari in alcuni comuni. Si occupò di ammini- Figlio di Giacomo, farmacista, e di Angiolina Garba- strazione pubblica e favorì la formazione di biblioteche gni. Studi classici al Mellerio Rosmini, laurea in chi- pubbliche nelle vallate e la costruzione della strada Cre- mica farmaceutica all’Università di Modena, farmaci- vola-Pontetto di Montecrestese. sta a Domo subentrato al padre, consigliere provincia- SILVETTI MICHELE, naturalista le e sindaco di Domo al tempo dell’inaugurazione del Pallanzeno 1746 - ivi 1815 Sempione e del volo di Chavez. Commendatore per be- Figlio di Francesco Antonio e di Maria Teresa Testoni nemerenze e dedizione al pubblico interesse, di ideali li- di Piedimulera, compì gli studi a Milano dai Gesuiti di berali giolittiani lasciò l’amministrazione del Comune e Brera dove il fratello sacerdote Giuseppe Luigi (1730- ogni carica con l’avvento del Fascismo. 1807) insegnava retorica e filosofia. SANDRETTI AGOSTINO, Dedicatosi alla ricerca scientifica si appassionò alle commerciante, pubblicista scienze naturali occupandosi anche di flora e fauna del- Calasca 1891 - Domo 1954 l’Ossola. Tradusse dal francese la monumentale storia Figlio di Martino e di Annunziata Francini. Interrotti del naturalista Buffon dedicata allo studio della terra, gli studi liceali per ragioni di famiglia, si dedicò al com- dei minerali e di ogni specie di animali. Perché una ma- mercio. Fu cultore di memorie locali, autore di Zibal- teria di tanto interesse risultasse in stile chiaro ed esem- done 1 e Zibaldone 2 sulla storia di Calasca, podestà del plare, egli si valse dell’aiuto del fratello Luigi che aveva paese nativo, promotore di iniziative sociali in valle An- lasciato forzatamente l’insegnamento per la venuta dei zasca, proprietario e direttore del giornale Il Commercio Francesi a Milano. a ossolano e organizzatore della I Esposizione italo-sviz- SIMONIS GIOVAN BATTISTA, pittore zera nel 1925. Morto a Buttogno nel 1868 SARTORIO GIOVANNI, chirurgo, benefattore Lavorò a lungo nel Delfinato e nella Franca Contea e Domodossola 1745 - ivi 1841 fu ritenuto buon pittore. Rientrato a Buttogno insegnò Figlio del chirurgo Felice e di Filiberta Javernier. Lau- disegno e colore seguendo la tradizione di altri membri reato in medicina e chirurgia a Pavia, si dedicò alla cura, della famiglia Simonis che già dal 1650 tenevano una spesso gratuita, degli infermi. Fu chirurgo al S. Biagio scuola di disegno e pittura.

190 SOTTA FRANCESCO MARIA, pittore Seiler, Mosoni e Casetti a Caddo, gli asili di Piedimule- Malesco 1764 - ivi 1841 ra e Premosello, le carreggiabili di Bognanco, di Vogo- Ritrattista di buona fama in Francia prima e dopo la gna, Masera, di valle Antrona, Mocogna-Preglia e lavo- Rivoluzione, fu iniziatore di una dinastia di pittori. Ri- ri vari a Craveggia. cordiamo i figli CARLO GIUSEPPE (1796-1872) atti- TAMI ARMANDO, benefattore vo a Roma e in Francia (soggetti religiosi, autoritratto a Villadossola 1926 – ivi 1999 palazzo Silva) e il più famoso LUIGI (1777-1860) otti- Frequentò a Novara l’Istituto per Ragionieri “Mossot- mo e ricercato ritrattista a Parigi, dove frequentò l’ate- ti” e uscì diplomato con ottima votazione. Collabora- lier di Ingres. Lavorò a Pietroburgo, a New Orleans, a tore amministrativo presso l’industria meccanica P. M. Roma e in Francia. Ceretti, fu poi professionista aggiornato e molto con- SPEZIA ANTONIO, architetto sultato da scelta clientela. Fu anche incaricato dal Tri- Calasca 1814 – ivi 1892 bunale di Verbania di consulenza contabile e di curato- Figlio di Pietro e di Teresa Patroni Zambonini. Dopo re fallimentare. Coltivò le amicizie, fu arguto conversa- studi classici a Domo divenne ingegnere architetto. Tra tore, amò le varie espressioni della cultura; fece parte at- le sue opere è famosa la Chiesa di Maria Ausiliatrice a tiva di un “movimento culturale ossolano” con i concit- Torino la cui progettazione gli fu affidata da don Bosco tadini dott. Italo Pistoia e Gianfranco Bianchetti. Scris- che nel 1865, dopo la posa della prima pietra, gli rega- se poesie in dialetto di Villadossola che raccolse sotto il lò un bacile d’argento con dedica. Si occupò delle mi- titolo Alegar e grazia che ebbero l’ambita prefazione del niere d’oro di valle Anzasca e progettò gratuitamente la filologo Gianfranco Contini. Risparmiatore oculato e cupola della chiesa di Calasca. abile moltiplicatore delle sostanze con sapienti opera- zioni, fu generosissimo elargitore del grande patrimo- SPEZIA GIORGIO, mineralogo, docente universitario nio accumulato al paese natale (Comune e parrocchia) Piedimulera 1842 - Torino 1911 e all’ospedale S. Biagio di Domodossola, dove ricevet- Figlio di Valentino e di Maria Angelotti. Studi classici, te cure attente e umana comprensione, purtroppo sen- universitario a Pavia, si arruolò volontario e combatté za possibilità di buon esito. al Volturno (1860) con la divisione Cosenz. Nel 1867 TESTORE ANDREA, a Torino si laureò in ingegneria, con lode, sulla Venti- promotore della ferrovia Domodossola-Locarno lazione delle miniere. Perfezionati gli studi di minera- Toceno 1855 - ivi 1941 logia ad Heidelberg, insegnò al Politecnico di Torino Figlio di Giuseppe Antonio e di Maria Cazzini. Mae- dove realizzò il Museo mineralogico, primo per impor- stro elementare nella sua Toceno, lavorò poi per qual- tanza in Italia. Fama internazionale ebbero i suoi stu- che anno in Argentina. Dopo il rimpatrio si batté con di di mineralogia sperimentale. Presidente generale del zelo instancabile per migliorare il tenore di vita dei val- C.A.I., diede i disegni per la capanna Sella al Weisthorn ligiani fondando la Società Operaia di Mutuo Soccorso e cooperò ai preparativi scientifici per la spedizione al e organizzando corsi serali per lavoratori. Promosse la Polo Nord. Società Elettrica Vigezzina, la «Società pro montibus et STIGLIO CARLO GIORGIO, ingegnere, architetto fluminibus» di carattere ecologico e lo Sci Club Val- Pallanzeno 1836 - ivi 1898 le Vigezzo. Il suo nome è essenzialmente legato all’im- Studi classici al Mellerio Rosmini poi, per merito, ospi- presa non facile di procurare alla propria vallata la fer- te nel Collegio delle Province a Torino. Nel 1859 vo- rovia Domodossola-Locarno che entrò in funzione nel lontario con Garibaldi. Si laureò in ingegneria a Tori- 1923 dopo un ventennio di suo impegno assiduo con- no e fu professionista in Ossola. Sue opere il teatro mu- tro ostacoli di ogni genere. A riconoscimento delle sue nicipale di Domodossola, l’Albergo Sempione, la casa benemerenze nel 1982 gli fu intitolata la scuola media Ponti, l’ampliamento dell’Ospedale S. Biagio, le ville di Santa Maria Maggiore.

191 TIBALDI ETTORE, vice Presidente del Senato si. Ottenuto in data 4-6-1796 il permesso del Vescovo Bornasco (PV) 1887 - Certosa di Pavia 1968 di Novara Buronzo Delsignore, dettò al notaio Donzel- Studi classici, laurea in medicina, assistente di patolo- li di Novara il 9-11-1796 le tavole di fondazione a fa- gia a Pavia fu combattente decorato nella la guerra mon- vore dei parrocchiani di Calasca e poi di quelli delle al- diale. Di ideali mazziniani dagli anni studenteschi, re- tre parrocchie della valle Anzasca, con lo scopo di favo- sponsabile nel 1923-24 del movimento politico “Italia rire gli emigranti che avessero urgenza di prestiti per il libera”, antifascista, allontanato dalla carriera universi- viaggio e il sostentamento della famiglia, preservando- taria e costretto a lasciare Pavia, si trasferì, nel 1925, a li dagli usurai, con condizioni di favore dettate da spiri- Domodossola, vincitore del concorso a Primario medi- to di carità cristiana. co del S. Biagio e vi dimorò per quarant’anni. Ossolano TRABATTONI BONO ISOLINA, pittrice d’adozione, mantenne contatti con l’antifascismo clan- Buenos Aires 1896 - Parigi 1978 destino, legò il suo nome alla Resistenza, fu presiden- Di famiglia ossolana varzese. In Italia compì gli studi te della Giunta di Governo della Repubblica partigia- secondari e fu allieva del pittore verbanese Bolongaro. na dell’Ossola. Eletto sindaco di Domo nel dopoguer- Si distinse per paesaggi, ritratti e disegni di soggetto re- ra, senatore socialista dal 1953, tenne la Vice Presiden- ligioso. Fu illustratrice di leggende ossolane e collabo- za del Senato fino al 1965. ratrice con disegni e scritti delle riviste Illustrazione Os- TITOLI ALFONSO, medico, benefattore solana e Oscellana. Anzino 1847 - ivi 1919 TRABUCATI MARTINO ETTORE, Figlio di Pietro e di Brigida Spadina, dopo gli studi clas- banchiere, benefattore sici nei collegi rosminiani si laureò in medicina a Tori- Ceppo Morelli 1842 - Firenze 1907 no nel 1872 e fu medico nella sua valle Anzasca. A pro- Figlio di Giovan Battista e di Elisabetta Chilli. Emigra- prie spese fece costruire un tratto di strada per Anzino to a Montevideo creò una fiorente casa commerciale. e lasciò poi al Comune una cospicua somma a benefi- Fu poi presidente del Banco Italiano in Uruguay, Con- cio dei concittadini. sigliere dell’Ospedale italiano e benefattore dei compa- TOJETTI GIOVANNI, frate alcantarino, venerabile trioti. Durante i frequenti soggiorni nella sua valle be- Calasca 1680 - Napoli 1764 neficò i poveri e gli infermi. La sua opera ebbe un de- Figlio di Giovanni e di Maria Del Barba. Emigrato a gno continuatore nel figlio Ettore. Pavia e poi in Germania, nel 1716 entrò nel conven- TRABUCCHI FRATELLI, benefattori to dei Frati alcantarini e destinato a Piedimonte di Alife Titolari a Parigi di una fiorente casa di fumisteria, com- (Caserta) come fratello terziario, prendendo il nome di battenti nelle armate della Repubblica francese. Gioac- frate Francesco di Sant’Antonio. Poi andò a Napoli, nel chino (1758-1832) e Giuseppe (1769-1846), il quale convento di Santa Lucia dove, trascorsi quarantacinque ottenne la “sciabola d’onore”, furono i più importanti. anni come umile questuante, morì in concetto di santi- Ebbero incarichi governativi di lavori a Milano, a Roma, tà. La Chiesa lo ha dichiarato venerabile. in Germania e misero insieme un grande capitale. Isti- tuirono a Parigi nell’ospedale Beaujon dei posti letto TONNA CARLO MARIA, benefattore perpetui per i fumisti vigezzini e piemontesi ammalati. Calasca 1746 - ivi 1827 Lasciarono in beneficenza a Malesco una cospicua som- Figlio di Giovanni Battista e di Maria Spezia. Compì gli ma con la quale furono sovvenzionati l’ospedale a loro studi classici e teologici nel seminario diocesano e ordi- intestato (1834) e altre opere benefiche. nato sacerdote, fu prevosto a Romagnano Sesia e poi a Calasca. Attaccatissimo al suo paese nativo, ideò la fon- TRABUCCHI GIACOMO, avvocato pubblicista dazione del «Monte di pietà di Calasca», con sostanze Domodossola 1829 - ivi 1893 proprie e con il concorso di altri benefattori calasche- Di Giovanni Antonio e Maria Gugliminetti. Studi clas-

192 sici al Mellerio Rosmini e a Novara, laurea in giurispru- 1914 si laureò in ingegneria civile al Politecnico di Mila- denza all’Università di Genova. Simpatizzante di Maz- no. Durante la guerra 1915-1918 fu tenente di artiglie- zini, iscritto nella “Giovane Italia” repubblicana per tut- ria nelle officine militari a Genova. Si specializzò nella ta la vita, fondò nel 1855 la Società Operaia domese, progettazione e costruzione di ippodromi raggiungen- il corpo dei pompieri nel 1859, il Comizio agrario e il do fama internazionale (S. Siro, Capannelle, Merano, CAI ossolano. Cooperò alla sistemazione della biblio- Grosseto, Alessandria d’Egitto, Istanbul, Belgrado, Ad- teca della Fondazione Galletti nel 1873, alla creazione dis Abeba). Costruì scuderie da corsa e da allevamento della Scuola di arti e mestieri «G.G. Galletti» e del Ri- e impianti sportivi diversi. Realizzò lo stadio di Geno- covero vecchi. Fu giornalista e rievocò memorie stori- va, lo stadio olimpico di Ankara e quello di Domodos- che ossolane con epigrafi marmoree. sola. Sono sue opere il Villaggio SISMA e la chiesa nuo- va di Villadossola. VEGGIA ALFONSO, medico, benefattore Domodossola 1858 – ivi 1921 ZANNA BARTOLOMEO, inventore Figlio del causidico Giacomo e di Giovannina Matli. Zornasco sec. XIX Studi classici a Domo e laurea con lode in medicina e Industriale geniale, inventò (1842) un tipo di ca- chirurgia a Torino. Diresse con abnegazione il lazzaret- lorifero e divenne fornitore della Casa Imperiale di to per colerosi a Iselle, fu primario all’ospedale S. Bia- Vienna e della Casa Reale di Torino. gio. Visitava a domicilio i malati delle vallate e gratuita- ZANOIA GIUSEPPE ANTONIO, medico, benefattore mente i poveri. Nel 1894 fondò l’Associazione medica Domodossola 1767 - ivi 1848 ossolana, ancora oggi attiva e presiedette un importante Figlio di Paolo e di Costanza Zanoia. Studiò medicina a convegno sulle intossicazioni nelle miniere (1902). Du- Pavia, si perfezionò nell’Ospedale di Milano e a Domo rante la la guerra mondiale fu direttore dell’Ospedale fu medico dell’Ospedale S. Biagio. Si occupò dei carce- militare territoriale, istituì la scuola Samaritana e dires- rati ammalati e alleviò le condizioni dei detenuti pove- se la C.R.I. Sviluppò l’indagine epidemiologica della tisi ri alle cui famiglie provvide con suo denaro. Fu rappre- nell’Ossola, studiò i molti casi di dissenteria e tifo che sentante del Protomedicato della Sanità di Torino per la attribuì alle scarse condizioni igieniche degli acquedot- prevenzione e la cura del colera e lottò contro i pregiu- ti battendosi perché venissero migliorate. Aiutò i lavo- dizi incontrati nella pratica della vaccinazione antivaio- ratori del Sempione a superare i malanni dovuti all’am- losa a cui si opponevano alcuni colleghi. Lasciò i propri biente in cui operavano. Per la solerte lotta contro la beni al S. Biagio. malaria in Ossola fu insignito della Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Si preoccupò di trattare ZARDETTI CARLO, numismatico, archeologo con i sindaci per una più adeguata retribuzione ai me- Milano 1778 - ivi 1849 dici condotti miseramente compensati nonostante i sa- Da genitori di Piedimulera. Si laureò in giurispruden- crifici notevoli richiesti dalla professione. Fu affiancato za a Pavia ma si curò di numismatica negli anni del Re- nell’attività da altri medici fra cui vanno ricordati Mo- gno italico e cooperò alla nascita a Milano del Gabinet- randini, Gubetta e Negri. Notevole il suo studio Storia to numismatico. Scrisse articoli sulle antichità di Sicilia, clinica dell’aviatore Geo Chavez, con alcune considerazio- sul Duomo di Monreale, su S. Zeno di Verona, su mo- ni sullo shock (1911). Lasciò al S. Biagio la sua ricca bi- numenti etruschi ed egiziani. Tradusse dall’inglese e dal blioteca medica e l’armamentario chirurgico servito per francese opere sull’antichità. Compilò il catalogo della le operazione da lui eseguite per primo a Domo. libreria Reina. Lasciò la casa di Piedimulera alla parroc- chia. Fu membro di accademie scientifico-letterarie ita- VIETTI VIOLI PAOLO, architetto liane e straniere. Grandson (Svizzera) 1882 - Vogogna 1965 Figlio di Paolo e di Anna Zanoni, ossolani, si laureò in ZARDETTI OTTONE, arcivescovo, benefattore Architettura a Parigi nel 1905. Rientrato in Italia, nel Rorsch (CH) 1847 - Roma 1902

193 Figlio di Giuseppe nativo di Bannio, negoziante in te- lerie in Svizzera. Studiò teologia all’università di Inn- sbruck, insegnò nel Seminario di S. Gallo e in quello americano del Minnesota. Fu a Londra ospite del card. Manning, poi Vicario Generale della diocesi del Dako- ta. Nel 1889 fu consacrato vescovo del Minnesota. Nel 1894 divenne arcivescovo metropolita a Bucarest. Tor- nato a Roma fu assistente al soglio pontificio. Beneficò il paese d’origine della famiglia.

ZOPPETTI LUIGI, sacerdote, professore di liceo e patriota Monteossolano 1888 - Domodossola 1970 Ordinato sacerdote, si laureò in scienze naturali all’Uni- versità di Torino e insegnò scienze e chimica al Liceo Classico Mellerio Rosmini. Dopo il 1943 entrò nella Resistenza mettendo in salvo sbandati e perseguitati po- litici grazie alla sua conoscenza e a quella di amici mon- tanari dei passi diretti in Svizzera. Fece parte del C.L.N. di zona. Con il ritorno dei Tedeschi riparò nella Confe- derazione Elvetica e fu affettuosamente vicino agli Os- solani esuli nel Canton Vaud. Fu anche animatore e parte attiva di ogni attività benefica ossolana.

194 Antonio Rosmini Anna Pagani

Il nome di Antonio Rosmini è indissolubilmente legato a sici, si sentì fortemente coinvolto dalla saggezza dei pa- Domodossola: qui, sul Sacro Monte Calvario, il grande fi- dri e dall’armonia del loro stile. Le letture, lo studio, le losofo ottocentesco fondò il suo Istituto della Carità; qui prime riflessioni maturate negli anni dell’adolescenza lo diede concretezza, sviluppo e grande futuro all’idea del invogliarono a scrivere riflessioni nelle quali spesso sot- Conte Mellerio, realizzando la più importante istituzio- tolineava l’umano bisogno di trovare un tempo in cui ne scolastica dell’Ossola, quel Collegio nel quale sono sta- poter guardare dentro la propria anima e saper ritrova- te educate ed istruite tante generazioni. Nel 1994 ha avu- re, in totale solitudine, la voce divina. to inizio presso la Santa Sede il processo di beatificazione In uno di questi momenti di silenzio interiore riconob- dell’abate roveretano che all’inizio del 2005 appare avvia- be chiaramente di essere chiamato da Dio al sacerdozio; to all’esito positivo da tanti auspicato. una sera del 1813, annotò queste parole nel suo diario personale: “Quest’anno fu per me anno di grazia: Iddio Antonio Rosmini nacque a Rovereto, vivace centro cul- mi aperse gli occhi sopra molte cose e capii che non vi turale del Trentino, il 24 marzo 1797; i Rosmini di Ro- era altra sapienza che in lui”. Lo studioso rosminiano vereto erano un casato di alto lignaggio le cui origini ri- Remo Bessero Belti ha definito questo appunto come salivano alla fine del XIV secolo ed erano una delle fa- “la cosa più grande della sua adolescenza, una nota che miglie più benestanti della città. Antonio Rosmini era squarcia tutto l’orizzonte, quasi un’esperienza intima di nato in una famiglia in cui la cultura e lo studio ave- Dio che gli si rivelava come tutto il Bene, come il solo vano un ruolo predominante: la madre era una don- vero compimento di quell’anelito all’infinito che il gio- na colta ed un’appassionata lettrice, mentre il padre si vane Rosmini sentiva in sé”. L’iniziale opposizione dei dilettava a scrivere ed a comporre poesie; in particolar genitori alla scelta del figlio venne superata quando si modo lo zio Ambrogio nutriva numerosi interessi cul- resero conto che né un capriccio né un eccessivo en- turali e rappresentò indubbiamente un punto di riferi- tusiasmo lo stavano spingendo ad intraprendere questa mento ed una figura centrale nella vita del ragazzo. strada: la vocazione sacerdotale appariva infatti in lui Gli anni dell’infanzia e della giovinezza rimasero per lo già ben definita. Dopo aver terminato gli studi ginna- più circoscritti entro l’orizzonte degli affetti familiari: il siali Antonio Rosmini si iscrisse alla facoltà di teologia clima di serenità e di amore che si respirava in casa Ro- all’università di Padova: durante questi anni il rovereta- smini può essere sicuramente considerato determinan- no si dedicò ad uno studio di tipo enciclopedico e fra le te per la formazione spirituale ed intellettuale del giova- varie discipline emerse distintamente il suo amore per la ne Antonio. La felice adolescenza sarà la base sulla quale filosofia. Nel 1819 fondò la “Società degli Amici”, una Antonio Rosmini edificherà una vita straordinaria per sorta di prologo di quello che sarebbe stato l’Istituto opere, intuizioni, ingegno, santità di comportamento. della Carità, testimonianza certa che egli era un uomo Egli mostrò presto di possedere un’intelligenza acuta, concreto, capace di guardare alla società in modo inno- coltivando molteplici interessi culturali e dedicandosi vativo e propositivo: il pensiero doveva sempre essere assiduamente a quelle letture che poteva reperire all’in- affiancato dai progetti e dall’azione. terno della biblioteca paterna; fervido amante dei clas- L’amicizia con il grande scrittore Niccolò Tommaseo ri-

195 sale proprio a questi anni: Rosmini aveva letto alcune ancora che questo disegno assumesse una precisa defi- poesie ed intuito la genialità dell’uomo; fra i due era nizione. poi nata una frequentazione assidua, contrastata talvol- Il Mellerio era originario di Domodossola e, sebbene ta dall’atteggiamento scostante dello scrittore milanese. avesse viaggiato molto e si fosse poi trasferito a vivere a Milano, aveva conservato un amore profondo e sincero Rosmini fu ordinato sacerdote a Chioggia il 21 apri- nei confronti della sua città natale, prodigandosi in nu- le 1821: fece poi ritorno a Rovereto, dividendo le sue merose opere di beneficenza e donazioni destinate al- giornate fra lo studio e la preghiera. l’istituzione di asili e di scuole ed all’assistenza sanita- Negli anni trascorsi a Rovereto si dimostrò particolar- ria e sociale. mente colpito dai problemi e dalle necessità che si ma- Si comincia così ad intravedere in che modo Domodos- nifestavano all’interno della società di quel tempo e, nel sola entri a far parte della vita di Antonio Rosmini pri- raccoglimento del suo animo, abbozzò il progetto di un ma ancora di divenire sede del suo istituto; Domodos- istituto religioso che sapesse rispondere alle esigenze ed sola è infatti al centro di molti discorsi del Conte e del- ai bisogni degli uomini; nel 1825 cominciò ad esporre le rievocazioni di un passato che è sempre presente nei lo schema di una nuova società religiosa, primo abboz- suoi ricordi perché ricco di affetti e di legami. zo dell’Istituto della Carità; ma, non volendo precorre- Proprio in casa Mellerio il 9 giugno 1827 Rosmini in- re i tempi, continuò a maturare questo progetto nell’in- contrò il sacerdote lorenese Giovanni Battista Loewen- timità del suo cuore. bruck, colui che diede il decisivo impulso alla nascita La decisione definitiva venne presa durante gli anni tra- della congregazione; questi aveva infatti intenzione di scorsi a Milano: vi si era recato al fine di approfondi- fondare una società religiosa volta al miglioramento del re i suoi studi sulla politica e per potersi dedicare agli clero e domandò al roveretano di aiutarlo nella realizza- scritti di filosofia; questo centro di vita culturale e que- zione di questo progetto; udita la medesima intenzione sto ambiente ricco di suggestioni gli offrì quegli stimo- nelle parole di Antonio Rosmini, il lorenese si mostrò li intellettuali e quelle frequentazioni sociali che gli era- entusiasta e disposto ad incominciare immediatamen- no mancati durante gli anni a Rovereto. In particolar te l’impresa. Questo incontro fu il segno provvidenzia- modo strinse due amicizie importanti con Alessandro le che Rosmini attendeva. Manzoni e con il conte Giacomo Mellerio, con i qua- L’idem sentire fra il sacerdote lorenese ed il filosofo rove- li nacque un’intimità di legami destinata ad approfon- retano e la singolare coincidenza dei loro progetti li in- dirsi nel tempo. dusse a disporre le modalità di attuazione di una simi- L’assidua frequentazione fra Antonio Rosmini ed Ales- le opera caritatevole. sandro Manzoni fece emergere quegli aspetti che essi Dopo aver dibattuto i principi e le regole del nascen- avevano in comune, mettendo in luce una grande con- te istituto ed averne abbozzato le linee guida, si comin- divisione di ideali quali l’amore per la verità, un elevato ciò a ricercare un luogo appartato dove, in un clima di concetto di moralità, l’appassionata lettura delle Sacre meditazione e di solitudine contemplativa, poter getta- Scritture; dal loro profondo legame di amicizia ebbero re le basi della nuova fondazione. L’indicazione proven- origine quelle reciproche influenze e quelle comuni li- ne dall’abate Luigi Polidori, cappellano di casa Mellerio nee di pensiero che si possono trovare nelle loro ope- a Milano; egli, dopo essersi raccomandato alla Vergine re e per cui il Manzoni riconoscerà in Rosmini “il filo- Maria nella Chiesa di San Celso, dichiarò di aver avu- sofo della sua mente”, questi in Manzoni “il poeta del to un’ispirazione sul posto adatto per fondare il nuovo suo cuore”. ordine: il Sacro Monte Calvario di Domodossola. Ro- Il legame fra Antonio Rosmini e Giacomo Mellerio fu smini gioì di questa indicazione: l’Istituto sarebbe sor- invece determinante per la storia dell’Istituto della Ca- to nel luogo dove Cristo, per salvare il mondo, aveva rità in quanto il Conte sostenne ed incoraggiò il pro- compiuto il più grande atto di carità, sarebbe germo- getto di Rosmini di fondare un istituto religioso, prima gliato, secondo quel presagio che la Canossa gli aveva

196 fatto “sul Calvario tra Gesù Crocifisso e Maria Santissi- ma Addolorata”. L’impaziente Loewenbruck si recò immediatamente a visitare il Calvario e lo trovò appropriato per divenire la sede di un ordine religioso; nonostante gli anni dell’ab- bandono e della trascuratezza avessero inciso sul luogo, la sua natura e la sua essenza erano rimasti incontami- nati e lasciavano trasparire, sotto una patina di fatiscen- za, lo splendore del passato.

Il 20 febbraio 1828 Antonio Rosmini arrivò al Sacro Monte Calvario, situato sul colle che sovrasta Domo- dossola; immerso nella solitudine e nel silenzio del luo- go, su quel monte diede inizio ad un sodalizio religio- so destinato ad affermarsi nella Chiesa romana. Vi ri- mase alcuni mesi, vi scrisse le Regole del nascente Isti- tuto della Carità, vi affinò le sue teorie metafisiche: al Calvario le doti di pensatore, di asceta, di organizzato- re si fondarono in un unicum che fece di Antonio Ro- smini una delle personalità più affascinanti e comple- te dell’Ottocento europeo. Colpisce la serenità con la A. Rosmini ritratto da Francesco Hayez. quale Rosmini si apprestò a fondare un istituto trovan- dosi solo, in un luogo isolato, lontano dalla vita mila- suo unico compagno, ma intuiva che lo zelo, la fede e nese così ricca di incontri, di contatti, di stimoli cul- l’entusiasmo del Loewenbruck erano minati da un’in- turali, criticato dagli amici che non comprendevano la costanza e da un’instabilità di carattere. sua scelta di volontario allontanamento ed isolamento. Come si legge nel Diario degli scritti, tra il 24 febbraio Colpisce ancora di più il forte contrasto fra la piccola ed il 23 aprile 1828 risulta annotata la stesura delle Co- cella in cui aveva deciso di abitare e la grandiosità delle stitutiones societatis a Charitate nuncupatae (Costituzio- opere da lui concepite in questi mesi. Antonio Rosmi- ni della Società consacrata dalla Carità); nonostante ni espresse in una lettera le seguenti considerazioni dal- Antonio Rosmini in questo periodo avesse provveduto la sua cella al Sacro Monte Calvario: “La solitudine mi è a compilare le costituzioni dell’istituto, ancora piutto- cara perché immerge in profondi pensieri. Tuttavia non sto incerta restava la natura che avrebbe dovuto assu- sono già questi monti e queste valli, e questa pace e que- mere: questi primi mesi di permanenza al Calvario ap- sto silenzio che posseggono il mio cuore. I luoghi mate- paiono più improntati alla solitudine contemplativa ed riali sono troppo angusti per noi, il nostro luogo è Dio; alla ricerca interiore che alla fondazione stabile di una ma quanto è stretta la via che conduce alla vita! L’am- società religiosa. piezza infinita, ove si dilata infinitamente il gaudio del Nel nome “carità” dato al suo istituto erano riassunti i cuore, viene dopo la strettezza”. grandi obiettivi del filosofo roveretano: la carità sarà in- Al Calvario Rosmini era solo ed il Loewenbruck tarda- fatti sviluppata ed esplicata in tutte le sue accezioni e si va ad arrivare; si erano dati appuntamento per il giorno manifesterà sotto le tre forme di carità corporale, spiri- delle Ceneri, per cominciare insieme la Quaresima in tuale ed intellettuale; proprio quest’ultima contraddi- preghiera ed in penitenza; partito misteriosamente per stinguerà e differenzierà l’ordine rosminiano da tutti gli la Francia, il compagno lorenese non inviava sue noti- altri. L’8 luglio 1828 Loewenbruck giunse finalmente zie: Rosmini era addolorato dall’inaspettata assenza del al Calvario: l’attesa era terminata ed il suo arrivo segnò

197 l’inizio di un importante capitolo della storia dell’Isti- Recatosi a Trento, Rosmini accettò la richiesta rivoltagli tuto della Carità. In questo momento è possibile intra- nell’agosto del 1830 da don Pietro Riegler, rettore del vedere il futuro del Sacro Monte: dopo l’arrivo del Loe- Seminario e da don Giulio Todeschi, professore di teo- wenbruck, Rosmini non considerava più questo luogo logia: essi speravano che da un’unione con l’Istituto del- soltanto come la sede provvisoria di un soggiorno limi- la Carità sarebbe potuto derivare un rinnovamento spi- tato nel tempo e nell’importanza, ma piuttosto come rituale del clero trentino. Lo stesso vescovo Luschin si la sede ideale della sua congregazione. Aveva così inizio era rivolto al Rosmini chiedendogli di recarsi a lavora- la vita di luce del Calvario di Domodossola, vero cuore re nel seminario di Trento: questi, che aveva per lo più della spiritualità rosminiana. rifiutato le precedenti richieste di espandere l’Istituto in altre zone, riconoscendo la priorità di un consolida- Dopo aver lasciato il Loewenbruck a capo della casa del mento della piccola comunità, scelse di accettare que- Calvario e a coordinare i lavori di restauro, Rosmini si sto invito. recò a Roma per ottenere dal Papa l’approvazione per il La nuova fondazione di Trento, agli inizi apparente- suo nuovo Istituto e per pubblicare il Nuovo Saggio sulla mente favorita, incontrò presto l’opposizione del gover- origine delle idee e le Massime di perfezione cristiana, due no austriaco; il vescovo Luschin cercò di mediare pro- grandi sintesi, la prima del suo pensiero filosofico, la se- ponendo a Rosmini di incontrarsi con l’Imperatore per conda della sua spiritualità. Nel novembre 1828 otten- ottenere da lui l’approvazione dell’Istituto. L’Imperato- ne udienza da papa Leone XII, dal quale venne trattato re ricevette Rosmini per due volte, prima a Bressanone, con grande benevolenza: il Papa si dimostrò interessato poi a Innsbruck, dimostrandosi favorevole al progetto, alle idee di Rosmini e lo esortò a consegnare a due reli- anche se impose alcune condizioni. Quando però mon- giosi le Costituzioni del nascente Istituto, perché potes- signor Luschin venne nominato vescovo di Leopoli, i sero essere esaminate e, qualora fossero in linea con le problemi e le opposizioni già esistenti si moltiplicaro- normative canoniche, approvate. L’improvvisa morte di no e la situazione divenne insostenibile. Lo stesso Ro- Leone XII nel febbraio del 1829 vanificò la speranza di smini venne sottoposto a vigilanza perché considerato ottenere in tempi brevi l’approvazione da Roma. Ros- “uomo dai principi pericolosi”; egli a questo punto non mini attese pazientemente che il Conclave nominasse il poté che prendere una decisione, l’unica saggia e possi- nuovo papa: venne eletto Pio VIII, il cui breve pontifi- bile, anche se dolorosa: chiudere l’istituto di Trento. Da cato appare improntato da prudenza e saggezza. questa e da altre amare esperienze nacque il libro Del- Nell’udienza pontificia del 15 maggio 1829 il Papa di- le cinque Piaghe della Santa Chiesa, scritto a Corezzola chiarò a Rosmini di avere intuito che la sua reale voca- nel novembre 1832, in cui erano descritte non tanto le zione era quella di attendere alla filosofia, giudizio que- colpe, quanto piuttosto le ferite che la Chiesa aveva su- sto che avrebbe influito per sempre sulla sua vita; per bito: la scelta di non pubblicarlo subito, ma di aspetta- quello che riguardava l’Istituto, il Papa gli suggerì di re il 1848 si sarebbe poi rivelata errata, perché anche in operare inizialmente “in piccolo”, lasciandosi guidare quell’anno i tempi non sarebbero stati maturi per un’ef- in seguito dalla volontà divina. fettiva comprensione delle sue parole. Il libro fu infat- Terminata la sua missione a Roma, nel maggio del 1830 ti travisato, messo al bando e divenne per lui fonte di Rosmini tornò al Calvario e vi rimase un anno intero grande sofferenza. iniziando il noviziato con i primi compagni che si era- Nello stesso periodo in cui Antonio Rosmini si appre- no uniti a lui ed al Loewenbruck; fu questo un periodo stava a dar origine all’Istituto di Trento, Loewenbruck di fervida attività per la piccola comunità del Calvario: decise di dar seguito ad una sua felice intuizione: in vennero innanzitutto fissate le regole, venne stabilita la Francia vi era una congregazione, le Suore della Prov- distribuzione degli uffici al Calvario e suddivisa la gior- videnza, che aveva lo scopo di garantire l’assistenza alle nata fra i momenti dedicati allo studio, alla preghiera, persone malate e di provvedere all’educazione delle gio- alle opere di carità. vani; il sacerdote lorenese pensò di introdurre un ana-

198 logo istituto in Italia. Per questo motivo mandò alcune accordo con lo spirito dell’Istituto, la sua attività negli giovani ossolane a Portieux in Francia dove aveva sede la anni tra il 1835 e il 1839 appare straordinaria; il suo Casa Madre di questa congregazione ed in seguito inviò Istituto attraversò una fase di espansione e di consoli- un altro gruppo di suore a Locarno e a Torino, accondi- damento: oltre alla fondazione delle Suore della Prov- scendendo così alle richieste che gli erano state rivolte. videnza, venne dato inizio ad alcune opere tra le più si- Ancora una volta l’impulsività del Loewenbruck ave- gnificative della storia della congregazione rosminiana, va preso il sopravvento sulla prudenza che sarebbe stata importanti anche perché destinate a propagare l’Istitu- invece opportuno utilizzare in questo frangente: aveva to in direzioni differenti. impegnato le suore in missioni che si erano dimostra- Intrapresa nel 1835, grande fortuna ebbe innanzitut- te superiori alle loro forze, senza provvedere a dar loro to la missione in Inghilterra, che rappresenta una pie- un’adeguata formazione ed un sostentamento economi- tra miliare nella storia dell’Istituto della Carità, poiché co. Antonio Rosmini, inizialmente all’oscuro di tutto, diede inizio alla propagazione dell’ordine anche in terra aveva in seguito cercato di rimediare ai danni provocati straniera, aprendo così l’orizzonte verso nuovi confini. dall’imprudente generosità del lorenese: erano state così fissate le norme per l’ammissione delle suore nell’Istitu- Il biennio 1835-1836 vide l’opera rosminiana indiriz- to, era stata data loro una regola, affine a quella dell’Isti- zarsi verso due abbazie: Tamié e San Michele. La prima tuto della Carità; questo perché Rosmini, accettando la missione aveva infiammato gli animi dei sacerdoti del- richiesta del Loewenbruck di prendere la direzione delle l’Istituto: lo stesso Rosmini, recatosi in Savoia nell’esta- suore, voleva fondarle sui medesimi principi su cui era te del 1835, aveva mostrato un acceso entusiasmo per la nato il suo Istituto: “come due rami d’un solo albero, possibilità di impiantare una missione a Tamié e di fon- traenti il succo da unica radice, viventi della stessa vita”. darvi un collegio per missionari. Ma l’entusiasmo ini- In pochi anni le Suore della Provvidenza aprirono case ziale suo e dei religiosi inviati in questa abbazia si era a Torino, Casale, Stresa, Domodossola e Biella, mentre lentamente affievolito, soffocato dalle preoccupazioni, la Casa Madre del nuovo ordine ebbe sede nel Conven- dalle tensioni interne e dai continui tentennamenti del to delle ex Orsoline a Domodossola. Loewenbruck; Rosmini decise quindi di ritirare i suoi Nel 1834 Rosmini divenne arciprete a Rovereto, si im- sacerdoti dalla casa di Tamié, che ritornava all’arcive- pegnò a fondo nell’educazione del clero e dei giovani, scovo monsignor Martinet, segnando così la fine del- ma la sua opera venne fortemente ostacolata dal gover- la missione. Ma Rosmini subì la più grande delusione a no austriaco attraverso la Curia di Trento, tanto da co- causa dell’improvviso abbandono dell’Istituto della Ca- stringerlo ad interrompere la sua missione nell’ottobre rità da parte del compagno lorenese: l’incostanza ed i del 1835: ritornò così stabilmente in Piemonte dove facili entusiasmi avevano condotto il Loewenbruck ver- per vent’anni ebbe la sua dimora abituale tanto da defi- so altre avventurose strade. nirlo in una lettera come la sua “seconda Patria”. All’orizzonte si delineava però una nuova impresa: Car- Opinione comune fra gli studiosi è il considerare come lo Alberto, re del Piemonte, aveva concepito il proget- elemento fondamentale per il Rosmini studioso e uomo to di fondare una casa di ospitalità e di ritiro all’abbazia di cultura l’aver trascorso gli ultimi venti anni della sua di San Michele della Chiusa per coloro che desideras- vita in Piemonte, anziché in Trentino. L’Austria eser- sero trascorrere un periodo di solitudine e di preghiera; citava infatti un duro controllo ed una pesante censu- il re aveva proposto ad Antonio Rosmini di affidare la ra non solo nella stampa ma anche sul modo di pensa- cura dell’abbazia e l’attuazione della missione al suo or- re, proibendo quella costruttiva libertà di dialogo che dine religioso. era necessaria per uno sviluppo ed una maturazione del Rosmini si dimostrò favorevole all’impresa e, superate pensiero rosminiano. Sebbene avesse deciso di sottrar- alcune difficoltà iniziali, mandò alla Sacra di San Mi- si a numerose richieste che aveva ricevuto per mancan- chele dodici religiosi, sotto la direzione di don France- za di uomini o perché queste non gli erano sembrate in sco Puecher.

199 Questo periodo così denso di avvenimenti e di fonda- ti alcuni terreni ed edifici confinanti con il Collegio per zioni sembrò trovare ideale coronamento con l’approva- consentire un ampliamento della scuola. Rosmini ave- zione dell’Istituto da parte della Santa Sede. Papa Gre- va provveduto a stilare delle norme per gli allievi e per gorio XVI, succeduto a Pio VIII nel 1830, aveva affida- i docenti del collegio; a questi ultimi spettava l’impor- to l’esame delle Costituzioni alla Congregazione ponti- tante compito di formare gli alunni seguendo un unita- ficia dei Vescovi e dei Regolari. rio progetto educativo: grande attenzione venne infat- L’approvazione dell’Istituto aveva inizialmente incon- ti prestata dal Padre Fondatore al campo dell’istruzio- trato degli ostacoli ed erano pervenute alcune critiche ne, un’opera tra le più consone allo spirito dell’Istituto dall’ambiente gesuita; il 20 dicembre 1838 però, gra- e alla personalità del roveretano. zie ad un intervento di papa Gregorio XVI,1 venne - L’istruzione era da lui considerata come un elemento mato il decreto che approvava le regole del nuovo Isti- fondamentale e pertanto era necessario disporre di edu- tuto. Il 25 marzo 1839 diciannove religiosi al Calva- catori ben preparati all’interno dei collegi: gli insegnan- rio e sei sacerdoti in Inghilterra pronunciarono i voti ti dovevano infatti saper nutrire lo spirito, mirando alla perpetui: una grande distanza li separava, ma lo spiri- crescita interiore degli allievi. Allo scopo di indicare il to di carità che faceva da fondamento all’Istituto li uni- metodo educativo da prediligere egli scrisse in questi va idealmente. Questo fu infatti un giorno di festa “spi- anni il trattato: Del principio supremo della metodica e ritualmente grande, ma esteriormente modesta, secon- di alcune sue applicazioni in servizio dell’umana educa- do lo spirito umile della società”, come afferma il Ga- zione. rioni Bertolotti. Tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Qua- Negli anni successivi all’approvazione dell’Istituto sono ranta si trovò a dover fronteggiare duri attacchi alle sue almeno tre gli ambiti in cui si può dividere l’operato di teorie filosofiche: un primo gli era stato sferrato da Vin- Antonio Rosmini: 1) la fondazione di collegi, di scuole, cenzo Gioberti, al cui testo “Degli errori filosofici di An- di orfanotrofi, di asili e la preparazione accurata degli tonio Rosmini” avevano dato fiera risposta i discepoli del insegnanti in accordo all’importanza attribuita da lui al roveretano; ma se in questo campo si può ricondurre la ruolo degli educatori; 2) la pubblicazione di numerose questione a divergenze fra esponenti di scuole di pen- opere filosofiche e le dispute che lo vedono coinvolto; siero differenti, di natura diversa risultava essere la cri- 3) l’esperienza della politica e l’inevitabile intreccio con tica pesante, ancor più grave in quanto anonima, alle gli avvenimenti del Risorgimento italiano. sue dottrine sulla coscienza morale. Su un libretto fir- A partire dalla fine degli anni Trenta, Stresa divenne la mato con lo pseudonimo di Eusebio Cristiano vennero residenza prescelta dal grande roveretano per trascorre- non solo confutate le dottrine rosminiane, ma ne venne re lunghi periodi immerso nella pace e nella serenità del anche stravolto il contenuto, individuando delle ana- luogo. Qui, circondato dalla poetica cornice di questa logie con le tesi luterane, calviniste o gianseniste. Ciò tranquilla cittadina affacciata sul Lago Maggiore, acco- che stupisce è la sistematicità con la quale venne porta- glieva gli amici, approfondiva gli studi, concepiva gran- to avanti questo tentativo denigratorio nei confronti di di opere; tra queste occorre ricordare Storia dei sistemi Antonio Rosmini: irreperibile nelle librerie, il testo ven- morali (1837); La società e il suo fine (1839); Tratta- ne fatto circolare contemporaneamente a Roma, Geno- to della coscienza morale (1839); Risposta al finto Euse- va, Lucca e Torino attraverso una distribuzione all’in- bio (1841); Filosofia del diritto (1841-1845); Teodicea terno dei seminari, dei collegi, delle scuole, giungen- (1845); Psicologia (1845). do nelle mani di molti conoscenti e amici di Antonio Nel 1837 Rosmini aveva accettato la proposta del con- Rosmini; dietro le osservazioni contenute nell’opuscolo te Giacomo Mellerio di affidare al suo ordine il collegio non sarà però difficile riconoscere un gruppo di gesui- di Domodossola, ampliando la scuola ginnasiale che era ti che da tempo cercava di osteggiare il nascente Istituto stata fondata nel 1818; agli inizi degli anni Quaranta della Carità. Questo opuscolo ottenne un’eco inaspet- era stato aggiunto anche il Liceo ed erano stati acquista- tata rimbalzando da un ambiente all’altro e, sebbene

200 privo di una valida analisi critica, produsse vasti effet- quando il 15 novembre venne ucciso il primo ministro ti grazie alla sottile abilità denigratoria con cui era stato Pellegrino Rossi. Nell’entourage papale dominavano la concepito. La Risposta al finto Eusebio Cristiano scritta confusione e la paura ed il palazzo del Quirinale venne da Antonio Rosmini risulta essere un testo forte, volto assalito dai rivoltosi che volevano veder accettate le loro a mettere in luce la menzogna e gli errori contenuti nel proposte.2 Il Papa il 24 novembre fuggì a Gaeta e Ros- libello; intervenendo poi con un decreto in favore del- mini, rispondendo al suo invito, lo raggiunse due gior- l’abate roveretano, papa Gregorio XVI impose la fine ni dopo, ma sebbene tra di loro continuasse ad esserci delle accese controversie. un legame di affetto e di stima, sorsero i primi dissensi: Rosmini temette che la posizione papale potesse gene- Rosmini partecipò agli entusiasmi e alle speranze che rare un insanabile dissidio fra la Chiesa e lo Stato per- erano sorte in Italia nella primavera del 1848; egli si era ché ritenuta contraria alla causa dell’unità e delle liber- interessato di politica fin dalla prima giovinezza e, nel- tà costituzionali. Nella primavera 1849, approfittando l’arco di un ventennio, i suoi scritti avevano mostra- dell’assenza di Rosmini da Gaeta, i suoi avversari otten- to un approfondimento e un’evoluzione della sua posi- nero che venissero messe all’indice due opere del rove- zione: avendo analizzato attentamente la situazione po- retano, La Costituzione civile secondo la giustizia sociale e litica italiana, si era trovato allineato sulle posizioni di Le Cinque Piaghe della Santa Chiesa, isolandolo sempre molti patrioti che, riscoprendo il concetto di “naziona- più dal Papa e di fatto impedendogli di ottenere la por- lità”, auspicavano l’indipendenza dallo straniero e la na- pora. Rosmini, deluso, sospettato dalla polizia borboni- scita di governi costituzionali. Egli si era dichiarato fa- ca, preoccupato più che per sé per la posizione assun- vorevole alla concessione della Costituzione negli Stati ta dal Santo Padre, lasciò definitivamente Gaeta il 15 italiani a patto che questa fosse una creazione spontanea giugno. Apprese del decreto dell’Indice solo due mesi del popolo e che non mutuasse concetti e osservazioni dopo: il colpo alle sue dottrine e al suo giovane Istitu- da precedenti forme di costituzioni estere. to si rivelò da subito tremendo, ma Rosmini commentò Il 2 agosto 1848 Rosmini si recò a Torino su invito di i fatti con serenità d’animo e con un sentimento di ob- Gabrio Casati, presidente del Consiglio piemontese; bedienza al volere della Provvidenza. Paradossalmente è prendendo parte ad una riunione del Consiglio dei Mi- forse la sua ora più alta e più bella. nistri, gli venne affidata una delicata missione diploma- Senza recriminazioni fece ritorno a Stresa dove si dedi- tica a Roma presso il papa Pio IX nella speranza di poter cò alle cure del suo Istituto e alla stesura di nuove ope- dar vita ad un concordato tra la Chiesa ed il Piemon- re; qui scrisse lettere serene, incontrò ed ospitò innume- te e ad una confederazione di stati affidandone la presi- revoli amici e confratelli, la sua casa divenne un cena- denza allo stesso Santo Padre. Pio IX nutriva un senti- colo come un tempo lo era stata casa Mellerio a Mila- mento di profonda stima e di fiducia nei confronti del no. Soprattutto in questi ultimi anni Manzoni divenne sacerdote roveretano, tanto da volerlo nominare Cardi- per lui un fratello spirituale a cui affidare il suo testa- nale e successivamente Segretario di Stato. Rosmini si mento morale. vide però costretto a rassegnare le dimissioni al governo Mentre le sue teorie si diffondevano nelle università ita- piemontese quando, il nuovo esecutivo cominciò a so- liane, studiate e spiegate da insigni docenti, a Roma stenere una linea politico-diplomatica differente, ossia prendeva nuovo vigore la controversia teologica: ai li- la nascita di una lega legittimata dal papa in funzione bretti ed alle calunnie Rosmini non rispose più, sdegna- antiaustriaca: constatando che le trattative avviate per il to ed amareggiato. Concordato e la Confederazione non avevano più l’ap- Fu proprio Pio IX, ormai lontano dal Rosmini in poli- poggio del governo piemontese, il roveretano considerò tica, ma fedele ammiratore del suo ingegno, a proporre esaurito il suo compito. un esame serio, approfondito di tutte le opere pubblica- Per desiderio del Pontefice Rosmini restò a Roma, ma te, nominando quindici consultori; dopo quattro anni improvvisamente anche qui la situazione precipitò di analisi osteggiate dai nemici di Rosmini, il 3 luglio

201 1854 si riunì la Congregazione dell’Indice, presieduta come un’ultima benedizione il suo testamento spiritua- dal Santo Padre. L’assoluzione delle sue opere e delle le, composto di parole e comportamenti sublimi. sue dottrine fu totale ed il Papa chiese che fosse defi- Si spense il 1 luglio 1855 in una silenziosa notte d’esta- nitiva: Rosmini la accolse con serenità e con pacatez- te; il primo ministro conte di Cavour ne diede noti- za, senza alcun spirito di rivalsa. Solo molti anni dopo zia all’Italia e all’Europa come di un avvenimento di la morte del roveretano, nel 1888, il Sant’Uffizio torne- importanza nazionale. Queste poche parole di Rugge- rà a condannare Rosmini estrapolando 40 proposizioni ro Bonghi fanno comprendere la grande natura dell’uo- dalle sue opere postume in modo da aggirare il decre- mo: “Si è dileguata quaggiù la più gran mente e la più to pontificio: occorrerà giungere al 1 luglio 2001 per- sant’anima che vivesse in Italia. Lascia eredità grande ché questa posizione venga cancellata e Rosmini com- di affetti e d’idee; i suoi confratelli e i suoi amici nutri- piutamente riabilitato. ranno gli uni; spetta ai giovani italiani di fecondare le Purtroppo il male che aveva tormentato Rosmini in al- altre. Tutti ci sentiremo migliori e più grandi nella sua cuni momenti della sua gioventù, riapparve in forma memoria”. più acuta e dolorosa; dalla primavera del 1855 non si al- Le sue ultime parole affidate al Manzoni, sono la sinte- lontanò più dalla villa di Stresa. I giorni della sofferen- si di una vita dedita all’uomo e alla Chiesa, per unifica- za ultima furono contrassegnati dall’affettuosa parteci- re la loro strada che sale a Dio: “Adorare, Tacere, Gode- pazione dei suoi fedeli e dei tanti amici che ricevettero re”. Valgono anche oggi, immutabilmente.

Note

1 Il 12 settembre 1839 licenziando la Regola dell’Istituto della Cari- che Rosmini considerava non costituzionale: domandando al San- tà papa Gregorio XVI scrisse di sua mano un commento elogiativo to Padre quale fosse la sua sincera volontà, non aveva trovato nelle per il fondatore: “Essendo cosa a Noi ben conosciuta e sperimenta- sue parole la fiducia necessaria per fargli accettare l’incarico. Il gior- ta che il nostro diletto figlio sacerdote Antonio Rosmini, fondato- no seguente il suo rifiuto venne comunicato al neo eletto ministro re di questo Istituto, è uomo fornito di ingegno eccellente e singo- Galletti, che subito gli sostituì monsignor Muzzarelli. La nomina lare, ornato l’animo di egregie doti, per scienza, delle cose divine e di Rosmini a ministro è un episodio sfuggito all’attenzione di mol- umane soprammodo illustre, chiaro per esimia pietà, religione, vir- ti poiché il suo nome, comparso solo in un comunicato del giorna- tù, probità, prudenza, integrità, splendente per meraviglioso amo- le Il contemporaneo, era stato sostituito nell’elenco ufficiale dei mini- re e attaccamento alla cattolica religione e a questa Sede Apostolica, stri diffuso il giorno successivo dal Galletti. e che nel fondare l’Istituto della Carità a questo principalmente in- tese, che la carità di Cristo maggiormente diffusa nei cuori di tut- Bibliografia ti, tutti stringesse, e la Chiesa cattolica raccogliesse frutti ogni dì più ubertosi, e i popoli con più acuti stimoli fossero eccitati all’amore di Dio e alla dilezione scambievole, Noi abbiamo giudicato di pre- -R. Bessero Belti, Rosmini, Edizioni Rosminiane Sodalitas, Stresa porre il medesimo diletto figlio al governo di detta Società. Eleggia- 1989 mo e costituiamo lo stesso Antonio Rosmini Preposito Generale a -G. Bozzetti, Profilo di Antonio Rosmini, Libraria Editoriale Sodali- vita del nominato Istituto con tutte le facoltà necessarie e opportu- tas, Stresa 1985 ne” (tratto dalle Lettere Apostoliche di approvazione dell’Istituto della Carità emanate il 12 settembre 1839). Il Garioni Bertolotti sotto- -M. De Paoli, Antonio Rosmini. Una lunga storia d’amore, Edizioni linea come un elogio papale di una persona vivente rappresenti un San Paolo, Cinisello Balsamo 1997 unicum nella storia della Chiesa: Gregorio XVI mostrava di stima- -G. Garioni Bertolotti, Antonio Rosmini, Libraria Editoriale Soda- re a tal punto l’operato di Antonio Rosmini da decidere di inseri- litas, Stresa 1981 re delle parole di lode che non sono solo rivolte all’Istituto fondato, ma anche all’uomo, la cui grandezza lo fa assurgere a superiore del -U. Muratore, Rosmini profeta obbediente, Paoline Editoriale Libri, suo ordine religioso. Milano 1995 2 Pio IX, nel tentativo di sedare i tumulti, aveva accettato il ministe- -Pagine di una vita. Note biografiche su Antonio Rosmini, a cura di M. ro voluto dai rivoluzionari: nella lista stilata il papa sembra aver in- Murdocca, Longo Editore, Rovereto 1986 serito anche il nome di Antonio Rosmini, come Presidente del Con- siglio e come Ministro della Pubblica Istruzione. Ma la posizione of- -G. Rossi, Vita di Antonio Rosmini, in 2 voll., Arti Grafiche Manfri- fertagli era troppo equivoca, fatta di compromessi con un Gabinetto ni, Rovereto 1959

202 I monumenti e i segni d’arte Gian Franco Bianchetti

Le opere, i monumenti, i segni d’arte depositati dal terranee si concentra prevalentemente a Montecrestese, tempo nella valle della Toce sono molti, pertanto nel- sui declivi alle spalle della località Castelluccio, e soprat- le poche pagine seguenti non potrò ricordarli tutti, mi tutto a Varchignoli, località al confine fra i territori di limiterò invece ad indicare quelli particolarmente rap- Villadossola e Montescheno, dove si manifesta associata a presentativi di periodi storici, di scuole artistiche locali canalizzazioni di drenaggio, a tratti sotterranee, a trat- o di personalità che hanno creato felici momenti d’arte ti a cielo aperto, rilevate pure a Castelluccio, che, cor- nel fluire della storia ossolana. relate allo sviluppo dei muri megalitici e alla dislocazio- La baita, con i suoi muri a secco solidamente costrui- ne delle scale suggeriscono l’effetto di un sistema com- ti per reggere le travature impostate a sostegno della pe- plessivo progettato per bonificare l’area comprendente sante copertura di piode è, probabilmente, l’opera pri- anche territori limitrofi di altre località a oriente di Var- ma creata dal genio degli abitatori dell’Ossola al tempo chignoli1. Camere sotterranee che, ponendo oggi inter- della colonizzazione iniziale. Immutata nella tecnica co- rogativi sulla loro utilizzazione, pare aprano un passag- struttiva e nei materiali, è un monumento archeologico gio sul versante spirituale di quella cultura di un tempo che ha conservato nei millenni valori di funzionalità e precedente la storia a cui appartengono anche altri se- bellezza anche nella collocazione appropriata alle diver- gni, funzionali, questi, alla religiosità di quella gente le- se situazioni presentate dal terreno e dalle risorse am- pontica che per prima abitò le valli ossolane. Sono in- bientali. Ma con la baita non si esaurì la capacità creati- fatti segni rivelatori del culto praticato nei secoli ante- va di quella cultura primordiale, giacché ad essa vanno cedenti alla diffusione del Cristianesimo: la stele cruci- ascritti anche i muri a secco megalitici innalzati per so- forme trovata alla Colma di Craveggia, e ivi conservata stenere i ripiani coltivabili sulle pendici delle valli, col- nell’oratorio di San Rocco, simbolo solare invocato per legati fra essi, altresì, da un sistema di scale, a volte in- ottenere la fecondità della terra e degli armenti; i basso- cassate a volte aggettanti, che tuttora rappresentano la rilievi antropomorfi murati all’esterno della parete me- più vasta e persistente testimonianza della fatica iniziale ridionale di San Quirico a Calice e il mascherone della dell’uomo volta ad adattare l’ambiente alpestre alle esi- fontana affacciata sul sagrato dell’oratorio di San Pietro genze della propria sopravvivenza. A riprova dell’evolu- a Dresio di Vogogna2. Il tempietto lepontico a Roldo di zione tecnica raggiunta nel trattamento e nell’impiego Montecrestese, datato al primo secolo dopo Cristo, in- di materiali spontaneamente offerti dall’ambiente na- troduce l’Ossola nei tempi storici. Unico esempio, qua- turale, un altro fenomeno, meno diffuso, ma tecnica- si intatto, che documenti il connubio fra la tecnica co- mente significativo, sopravvive concomitante alle ope- struttiva romana e le esigenze religiose e estetiche della re megalitiche, ossia le camere sotterranee ricavate nei cultura lepontica, è il solo edificio rimasto in tutta l’area muri a secco (dette sotto fascia) frequentemente am- gallo-romana a testimoniare l’influsso della civiltà ro- pliate nel sottosuolo retrostante, coperte talvolta da fal- mana sulle popolazioni alpine. È costituito da una cella se cupole (a tholos), tal altra da spesse lastre oppure co- e da un atrio, con volta a botte, sulla quale si posava di- struite sotto massi erratici di grandi dimensioni inglo- rettamente una copertura di tegoloni in beola foggiati bati nel tessuto murario. La presenza delle camere sot- su modulo romano, ora scomparsa, simile a quella an-

203 cora esistente nella zona absidale della chiesa di S. Gior- lesene; coronata da una serie di archetti pensili, ha nelle gio a Varzo; dovuto a tecnica romana è anche il pavi- specchiature laterali due finestrelle a feritoia, definite da mento, in parte ancora conservato, composto da minu- profonde strombature e concluse in alto da uno stretto ti frammenti di marmo legati da malta marmorea; è in- arco, e nella specchiatura centrale è evidenziata, da un vece lepontico l’orientamento, su un asse nord-sud, che leggero rilievo, una croce latina, che nell’estremità in- rivela la dedicazione del tempietto a una divinità sola- feriore s’apre a V capovolta a simboleggiare il calvario, re. Sebbene siano emersi altri resti a testimonianza del- simbolo quest’ultimo di derivazione longobarda5. la dominazione romana in Ossola, il tempietto di Rol- Con la caduta della dinastia carolingia l’impero passa do è certamente il monumento più significativo giunto alla casa germanica di Sassonia (962) che, durante il re- a noi da quegli anni3. gno dei tre imperatori di nome Ottone, ridesta in Eu- Quando la disgregazione dell’Impero Romano, causa- ropa l’esigenza di un’arte monumentale, emblema del- ta, almeno in parte, dalle invasioni barbariche, privò l’Impero rinnovato. Si affermarono in quegli anni del le popolazioni dell’Occidente europeo dell’organizza- X secolo costruttori edili lombardi, che nella letteratu- zione sociale nella quale si identificava la loro civiltà, il ra artistica vengono sovente denominati maestri coma- Cristianesimo offrì un nuovo modello di vita attraverso cini organizzati in maestranze capaci di edificare e or- le organizzazioni ecclesiastiche. Di quegli anni diffici- nare un edificio ovunque li chiamasse un pio mecena- li della Chiesa nascente l’Ossola conserva una testimo- te o una comunità. Sono essi che, portando nell’Osso- nianza nel fonte battesimale scoperto di recente sotto il la lo stile ottoniano, caratteristico della seconda metà del presbiterio della chiesa di San Giovanni a Montorfano di X secolo, costruirono la chiesa di San Bartolomeo a Vil- Mergozzo. Datato al V-VI secolo, mostra una vasca otta- ladossola. Ora l’edificio si presenta gravato dalle strut- gonale, incassata nel pavimento, formata da mattoni se- ture aggiunte dal secolo XIV al XVII che hanno modi- squipedali di modulo tipicamente romano, che ricorda ficato la costruzione primitiva. La chiesa, nata con il ti- come nella liturgia di allora il battesimo fosse impartito tolo dei Santi Fabiano e Sebastiano, costituisce l’esem- con l’immersione del catecumeno4. pio più nitido dello stile architettonico scelto e accolto La notte di Natale dell’anno Ottocento, nella basilica per più di tre secoli dalla gente ossolana. Il San Barto- di S. Pietro a Roma, ponendo sul capo di Carlo Magno lomeo era costruito su pianta basilicale occupando al- la corona dell’Impero d’Occidente, Papa Leone III san- l’incirca lo spazio dell’attuale navata centrale, con la fac- civa la nascita del Sacro Romano Impero e conferma- ciata a occidente e l’abside semi cilindrica a oriente. Al- va il potere dei Franchi su gran parte dell’Occidente eu- l’esterno i muri, parte in vista, parte celati nei sottotetti ropeo. Sotto il regno carolingio l’Europa visse un tem- dalle navate laterali, sono animati da strette lesene che po di rinnovamento culturale ispirato alla civiltà roma- scandiscono le superfici in specchiature, delimitate in na, al quale si univa il gusto tradizionale per la decora- alto da un corso di archetti pensili sotto la stretta gron- zione minuta delle popolazioni barbariche, ormai stabi- da del tetto in piode. La decorazione, incisa sui capitelli lite nella nuova organizzazione politica. Anche l’Ossola delle lesene, sui beccatelli degli archetti, sugli archivolti conobbe la «Renovatio» carolingia e lo dimostra la cap- degli stessi archetti e delle finestre, costituisce l’aspetto pella settentrionale inferiore della chiesa di Santa Maria più interessante del monumento, perché in essa si rav- Assunta del Piaggio a Villadossola. Sebbene ora sia inclu- visa l’espressione esemplare di quell’arte simbolica, col- sa nel più ampio edificio romanico, la chiesuola primi- ta — forse dovuta all’intervento diretto dell’abate Gu- tiva è ancora riconoscibile: una piccola navata orienta- glielmo di Volpiano — tipica del periodo ottoniano, ta sull’asse est-ovest con l’abside semi cilindrica a orien- che attraverso segni di apparenza astratta, derivati dal te. Semplice struttura che ripete il tipo basilicale roma- repertorio ornamentale della tradizione barbarica, rive- no, presenta sulla parete esterna dell’abside elementi ti- la i concetti teologici della dottrina cristiana. Un esem- pici della decorazione architettonica di stile carolingio: pio tipico di sintesi simbolica si ha nella lunetta appar- la superficie curva è divisa in tre specchiature da larghe tenente all’antico portale — ora sopra la porta di fac-

204 ciata — dove, in poche incisioni astratte, è rappresen- ta l’area coperta dall’attività dei maestri lombardi — del tata la venuta di Cristo giudice alla fine dei tempi, os- San Brizio di Vagna, dei Santi Pietro e Paolo a Crevola sia la Parusia6. e del San Giorgio di Varzo vennero edificati nello stes- Il risveglio culturale e religioso sorto in Francia agli so secolo. Costruiti con minore rigore stilistico e tecni- inizi del secolo XI, guidato dagli abati benedettini di ca più rudimentale, perciò attribuibili a maestranze lo- Cluny, si riflette anche in Ossola con il rinnovamen- cali, sono contemporanee a quelle citate in preceden- to delle chiese esistenti e la costruzione di nuove, eret- za le chiese di San Quirico a Calice di Domodossola, di te non solo per appagare un rinnovato spirito religioso, Santa Maria al Piaggio di Villadossola — con il cam- ma anche per assecondare esigenze sorte in conseguenza panile — di San Graziano a Candoglia — con campa- dell’incremento demografico in atto durante tutto il se- nile a vela — di San Giacomo al Basso di Mergozzo e il colo7. Sono sempre i maestri comacini che lungo il seco- campanile di San Pietro a Pallanzeno. Durante il seco- lo XI, costantemente ispirati ai canoni fondamentali del lo XII sono sempre aperti in Ossola i cantieri dei mae- San Bartolomeo, apriranno cantieri in diversi centri os- stri lombardi che nelle decorazioni di alcune chiese in- solani per soccorrere al bisogno e all’ambizione di nuo- troducono un materiale usato in precedenza solo a Cre- ve chiese. L’intervento dei maestri lombardi differisce vola, ossia il marmo locale, nell’alta Ossola, e quello di però da cantiere a cantiere: eseguono la costruzione per Candoglia, nella bassa Ossola. Esempi che documenta- intero negli edifici di maggiore importanza, in quelli no l’innovazione si hanno con Santa Maria al cimitero minori l’affidano a maestranze locali cresciute alla loro di Bracchio, il campanile della Beata Vergine Annuncia- scuola. Gli stessi maestri, presenti in Ossola per costrui- ta di Albo e i rimaneggiamenti delle chiese dell’Assun- re il San Bartolomeo di Villadossola, sono attivi a Tron- ta di Montecrestese e del Sant’Ambrogio di Seppiana. Al tano, cinquant’anni dopo, per edificare la chiesa della secolo XII sono datate anche le chiese della Beata Ver- Natività di Santa Maria; ma alcune differenze nella de- gine Assunta di Santa Maria Maggiore, di Santa Mar- corazione segnano il mutare del gusto, che, affiancan- ta a Mergozzo, il campanile di Montecrestese — all’in- do sculture ai segni incisi, rivela una nuova propensio- terno di quello costruito nei secoli XVI- XVII — quel- ne per i valori plastici. Oltre alla Natività di Santa Ma- li del Sant’Ambrogio di Seppiana, del Sant’Abbondio di ria a Trontano vengono edificate anche le chiese di San Masera e del San Lorenzo di Megolo. Le primitive chie- Giorgio a Varzo, di Santo Stefano a Crodo, della Beata se di San Martino a Masera, di San Giulio a Cravegna e Vergine Assunta di Montecrestese e del Sant’Ambrogio di di San Gaudenzio di Baceno, ora mutate dalle ricostru- Seppiana. Ancora alla prima metà del XI secolo risalgo- zioni posteriori, venivano edificate nello stesso secolo. no i resti romanici, recentemente scoperti nei sottotetti L’edificio sacro più importante — perché più comples- delle navate laterali, della chiesa dei Santi Pietro e Pao- so e più aderente alle soluzioni adottate nei grandi cen- lo di Crevoladossola, dove per la prima volta viene im- tri metropolitani — fra quelli costruiti nel XII secolo è piegato il marmo locale per eseguire l’ornamento dei San Giovanni a Montorfano di Mergozzo. Sorto nello beccatelli di sostegno agli archetti pensili. Anche il tipo stesso sito dove già esisteva una chiesa a tre navate absi- di ornato, dominato da protome di cavalieri ricoperte date, è l’unico esempio nell’Ossola di edificio romani- da una variante dell’elmo normanno, fornito di nasale, co costruito su pianta a croce latina ed è anche il solo si differenzia dal repertorio ornamentale romanico dif- che abbia la navata e il transetto coperti da volte a cro- fuso in Ossola e sembra celebrare, con austero fasto, i cera raccordate all’incrocio dalla cupola del tiburio. Gli committenti, forse quei miles oblati alla difesa dei dirit- elementi decorativi che contornano la chiesa e corona- ti feudali della Chiesa novarese, governata da Pietro III no l’abside con un seguito di archetti a fornice, sono il prudente (994-1032), primo vescovo Conte insedia- in parte provenienti dalla chiesa preesistente e in parte to sulla cattedra di San Gaudenzio8. Anche i campani- opera dei lapicidi che l’edificarono. Il tempo ci ha con- li del San Bartolomeo di Villadossola — ritenuto l’esem- servato due sole sculture romaniche e anch’esse giungo- pio più compiuto di torre campanaria romanica in tut- no a noi, in stato frammentario, dal XII secolo. La pri-

205 ma, più nota e già ampiamente studiata, fungeva da ar- L’arte ossolana fra la fine del Trecento e gli inizi del chitrave nell’antico portale della chiesa dei Santi Gerva- Quattrocento assume la fisionomia degli affreschi sgar- sio e Protasio a Domodossola, dove ora è conservata al- gianti di colori, fittamente decorati, del Pittore del- l’interno, scolpita in serpentino, rappresenta una scena la Madonna di Re12. Attivo durante l’ultimo ventennio del poema trovadorico de «La canzone di Orlando», ce- del Trecento lungo la valle della Toce, è presente nel- lebrativo delle gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini. l’area dell’Alto Novarese per tutto il primo ventennio La seconda è un Crocifisso scolpito in marmo di Crevo- del Quattrocento. I suoi modi attardati, ancora legati la, incassato in un muro di sostegno a monte dell’antica alla pittura romanica, ingentiliti da apporti gotici, sem- strada antronesca a Seppiana, che pare possa essere attri- brano identificarsi con la semplicità di sentimento del- buita a un anonimo maestro locale, autore di altri fram- la devozione popolare che, riconoscendosi nella nitida menti scultorei inseriti nella ornamentazione del San- ingenuità delle immagini affrescate e riconoscendo con t’Ambrogio di Seppiana9. chiarezza le valenze simboliche, dottrinali e culturali, Poco più ricco è il catalogo della pittura romanica10 che, delle iconografie, volentieri s’affida al pennello del pit- probabilmente, un tempo decorava l’interno di molte tore della Madonna di Re e lo chiama a frescare sulle chiese ossolane. Le più antiche risalgono agli inizi del- case — a Ronco di Trontano circa nel 1380, una Cro- l’XI secolo e sono sei frammenti di figure affrescate di cefissione, Sant’Antonio abate e la Madonna del latte — cui rimangono tre busti, una testa, un volto e un brac- e nelle chiese — nel San Quirico di Calice a Domodos- cio, ora conservate nella sacrestia del San Giorgio di Var- sola, prima l’Ultima Cena e quindi nel 1391 San Mi- zo e provenienti dalla navata centrale della stessa chiesa chele, San Giulio e la Madonna; il paliotto della Nativi- corrispondente alla precedente aula romanica. A Santa tà per la chiesa di Santa Maria al Piaggio a Villadossola, Maria di Trontano, nella navata centrale, un frammen- eseguito fra il 1390 e il 1400; la Madonna di Re, da cui to decorativo ricorda l’antica ornamentazione affresca- prende il nome, ora nel santuario omonimo, attorno al ta a metà dell’XI secolo su tutte le pareti, di cui riman- 1400. Mentre s’avviava il quarto decennio del Quattro- gono tracce anche nelle strombature delle finestre e, in- cento un frescante, attivo nel novarese, quasi ricalcan- fine, a Villadossola, nella chiesa di Santa Maria al Piag- do gli itinerari del pittore della Madonna di Re, si volge- gio, nell’abside settentrionale è conservata gran parte va alle valli ossolane: Giovanni De Campo, anzi la am- delle immagini affrescate alla fine del secolo XII: sopra pia sezione di un suo affresco, raffigurante la Madonna una serie di sei apostoli dipinti sul tamburo dell’absi- del Latte affiancata, sulla destra, dalla coppia dei Santi de, nel catino è rappresentata la SS. Trinità secondo un Pietro e Antonio Abate, staccato da una casa di Oira, in tipo iconografico inconsueto. Ultimi nel tempo, rima- valle Antigorio, e ora conservato nel convento del Sacro sti a testimoniare l’estinguersi dell’età romanica osso- Monte Calvario di Domodossola, si pone, allo stato at- lana, sono i resti della chiesa di San Francesco a Domo- tuale delle ricerche, quale opera prima del pittore, giac- dossola, della seconda metà del XIII secolo, ora ingloba- ché graffito, dalla invadenza di un devoto sprovveduto, ti nel palazzo Galletti, fra i quali spiccano i capitelli fi- sulla superficie di sfondo tra la Madonna e San Pietro, gurati, scolpiti in serpentino, che mostrano come lo sti- si legge il millesimo 1433, termine ante quem quindi le romanico-lombardo abbia avuto lunga vita nel gu- per la datazione della opera, che anticipa pressoché di sto ossolano. un decennio l’anno 1440 dal quale si faceva iniziare la Giustamente a Vogogna è affidata la testimonianza del cronologia concernente l’attività di Johannes De Cam- Trecento in Ossola, perché proprio durante la prima pis. Oltre ai caratteri stilistici, peculiari all’opera del De metà del secolo il centro ossolano assunse il ruolo di ca- Campo, garantisce l’autografia dell’affresco la sigla di- pitale dell’Ossola inferiore e venne potenziato con il ca- pinta, poco sopra il margine inferiore, sullo sfondo fra stello eretto dal Vescovo di Novara Giovanni Visconti e la Madonna del latte e San Pietro, YO, sovrastata da dotato di palazzo pretorio, costruito nel 1348, che ma- un segno di imbreviatura, perciò trascrivibile per esteso nifestava la nuova dignità del borgo11. Johannes. Altre opere ossolane attribuibili con sicurez-

206 Giovanni de Campo, Serie di Santi, affresco ca. 1450. Vogogna, Oratorio di san Pietro a Dresio. za alla mano del De Campo sono: l’affresco dell’orato- se diffuso dalla capitale lombarda. I richiami ai prezio- rio di san Pietro a Vogogna raffigurante San Pietro, assi- sismi decorativi degli sfondi miniati da Michelino da so sul soglio pontificio, a cui San Martino, in figura di Besozzo, l’eleganza degli abbigliamenti e dei panneggi, cavaliere cortese, presenta un devoto adolescente inginoc- accomodati in pieghe ricadenti e fluenti attorno alle fi- chiato, seguito dai santi Antonio Abate e Bernardino da gure, rivelano un ritardo stilistico dell’autore, ancora- Siena; gli affreschi sulle superfici absidali nel San Qui- to alle ricercatezze del decorativismo gotico, persistente rico di Calice a Domodossola, dall’Annunciazione, sul nella cultura provinciale, attestata in Ossola ancora ne- fronte dell’arco trionfale, al Pantocratore, attorniato dai gli ultimi decenni del secolo, segnati dalla comparsa dei simboli degli evangelisti, nel catino, alla serie degli Apo- pittori “Seregnesi” provenienti da Lugano, dove tenne- stoli e della Crocefissione ai lati dei Santi titolari Quiri- ro bottega dal sesto all’ultimo decennio del secolo XV14. co e Giulitta sul registro superiore del tamburo, che nel- Cristoforo e Nicolao da Seregno, zio e nipote, seppero la parte inferiore è decorato con le Opere di misericor- accendere vivo interesse nella committenza vigezzina, dia corporali. Altre immagini di Santi e della Beata Ver- come dimostra l’alto numero degli affreschi che furono gine sono dipinte sulle pareti laterali della navata. In al- incaricati di eseguire in parecchi centri della valle, per tre sedi ossolane si sono ritrovate opere del De Cam- lo più da una committenza privata desiderosa di orna- po, come la Madonna del Latte di Santa Maria Mag- re case o cappelle rurali con immagini sacre di gusto ar- giore e i resti di una Annunciazione affrescata sul fron- caico, attardate in moduli figurali e ornamentali anco- te dell’arco absidale del Sant’Abbondio di Masera che rati a stilemi gotici. La devozione del popolo chiedeva mostrano il maestro novarese attivo in Ossola fino al immagini ieratiche, eloquenti nel rappresentare il sop- VI decennio del secolo XV13. Opere che, lasciano sup- pranaturale, ma nel contempo semplici e facilmente ri- porre come il soggiorno in Ossola dell’artista novarese conoscibili. A tali attese i Seregnesi corrisposero dipin- non fosse sporadico, ma duraturo, determinato dalle ri- gendo con grazia devota e persuasiva semplicità il pan- chieste di committenti di rango formati al gusto corte- teon della devozione locale, in forme asciutte, ancorché

207 mosse da una elementare eleganza, esatte nell’associare tiva della facciata della Certosa di Pavia. La via d’acqua ad ogni figura sacra gli attributi iconografici atti a rico- era privilegiata per trasportare a Milano e a Pavia i mar- noscerla al primo sguardo. Danno chiara testimonianza mi provenienti dalle cave ossolane di Candoglia, Orna- di questo momento tardo gotico la Madonna in Maestà vasso e Crevola e proprio a Pavia Antonio da Domodos- di Santa Maria Maggiore, proveniente da Toceno, l’Uo- sola dava inizio a una dinastia di scultori per tre genera- mo dei Dolori, all’esterno dell’oratorio di Sant’Antonio zioni presenti nel cantiere del Duomo pavese, ma altresì sempre a Toceno; le tre Madonne in Maestà a Craveggia; nella valle d’origine, in cui, portando il cognome Degli gli affreschi di Sasseglio sviluppati in due riquadri con Arrigoni, torneranno sporadicamente a lavorare. È una la Madonna in Maestà affiancata dai Santi Giulio e An- vicenda esemplare quella Degli Arrigoni poiché docu- tonio Abate e i Santi Sebastiano e Rocco, e ancora a Druo- menta a quali fonti si è venuta formando la cultura ar- gno la Madonna del Latte affrescata a Gagnone; la de- tistica che in Ossola seppe esprimere in scultura e archi- licata suggestione della Madonna della Misericordia nel tettura la stagione rinascimentale, aperta dai contatti, Sant’Ambrogio e la Madonna col Bambino nella cappella documentati daI 1491 al 1520, che Giovanni Antonio di San Bernardino ambedue a Coimo. Lasciata la Valle Amadeo ebbe con l’ambiente delle cave ossolane, dove, Vigezzo, dopo una puntata verso settentrione a Monte- il suo ruolo dominante di architetto ducale, l’aveva por- crestese nella villa di Cardone, dove i Seregnesi affresca- tato per provvedersi dei materiali lapidei di cui necessi- vano una esemplare Madonna in Maestà, ora conservata tavano le imprese che, sotto la sua direzione erigevano a al Sacro Monte Calvario di Domodossola, i pittori vol- Milano e a Pavia edifici fra i più significativi del Rina- gevano i passi verso le Quattro Terre per affrescare l’in- scimento lombardo. terno e il fronte dell’oratorio di Santa Marta a Cosasca Quel poco della cultura rinascimentale pavese e milane- di Trontano e raggiungere, in un secondo tempo, Vogo- se, tenuemente filtrato dall’impianto della facciata dei gna, chiamati ad arricchire l’interno dell’oratorio di San Santi Pietro e Paolo di Crevola o dai finti nicchioni da Pietro a Dresio con una fascia affrescata nello spazio sot- cui s’affacciano le compatte figure dei Santi eseguiti da tostante all’affresco steso in precedenza da Giovanni De Antonio da Domodossola, viene portato a maturazio- Campo. Forse sulla via del ritorno, i frescanti vengono ne da suo nipote, Lorenzo degli Arrigoni figlio di Gio- incaricati di ornare in parte le absidi inferiori del San- vannino architetto e scultore, autore dell’ampliamento tuario villese del Piaggio, dedicato alla Beata Vergine As- della navata della parrocchiale di Crevola (ante 1521- sunta, dove fra i lacerti rimasti del decoro pittorico è an- 1526) e architetto della nuova chiesa dei Santi Giacomo cora leggibile la data 6 luglio 1477. e Cristoforo di Vogogna (1527-1532), crollata nel 1975, Quasi in sintonia stilistica con i frescanti novaresi e lu- nonché scultore dello splendido tabernacolo marmoreo ganesi si affaccia alla ribalta ossolana, durante l’ultimo conservato nella Parrocchiale di Santa Maria Maggiore quarto del XV secolo, uno scultore, Antonio fu France- firmato e datato: MDXXXV XVIII KAL. AUG. LAU- sco da Domodossola, in antecedenza indicato come Mae- RENTIO ARIGONIO ARTEFICE PAPIENSE16. Lo- stro di Crevola15, interprete del faticoso passaggio dal renzo Arrigoni, oltre a una nuova concezione dei para- tradizionale repertorio tardogotico all’emergente lezio- metri e degli spazi architettonici, introduce in valle un ne rinascimentale che dai grandi cantieri lombardi, per proprio approccio al Rinascimento lombardo dagli ac- via d’acqua, perveniva agli approdi della Toce. Antonio centi pavesi, rivelato, in particolare, dal tipo di ornato da Domodossola lavorò nell’alta Ossola per commit- dei capitelli, dal fusto delle colonne ancora cilindrico, tenti del patriziato locale legati alle famiglie dei Bace- e dalla inelegante spessezza, e dal disegno dei rilievi or- no e della Silva. Oltre ad alcune Madonne in trono con il namentali, scolpiti solitamente nelle cornici dei porta- bambino, sono attribuite alla sua mano le sculture della li, ancorché eseguiti con mano greve imputabile in par- facciata appartenenti al primo rifacimento della chiesa te al materiale lapideo, in parte al trattamento dei lapi- dei Santi Pietro e Paolo di Crevoladossola, datata 1475, cidi locali esecutori dei bassorilievi. che in semplificata sintesi si ispira alla partitura decora- Veramente in questa valle alpina non s’ebbe mai l’au-

208 tentico Rinascimento di lezione albertiana, ma piutto- te in quell’ambito territoriale durante i primi decenni sto uno pseudorinascimento milanese d’orientamen- del Cinquecento. In architettura, particolarmente ac- to solariano, accolto per rinnovare forme ormai logo- cogliendo lo schema gotico, stigmatizzato dall’impiego rate da una tradizione secolare e non più confacenti ai dell’arco a sesto acuto, vennero ampliate le chiese roma- nuovi modi di vita imposti dal mutamento culturale in niche del San Giulio di Cravegna e del San Gaudenzio atto. Qualche primo segno da taluni portali e acqua- di Baceno, dell’Assunta di Montecrestese e della Nativi- santiere della valle Antigorio — Baceno, Cravegna, Cro- tà di Maria Vergine di Trontano. do — opere di uno scultore dipendente dalla Fabbri- Attribuzione d’opere architettoniche, in precedenza la- ceria del Duomo di Pavia, Giovan Pietro di Castello del sciate nell’anonimato, a maestranze locali solo oggi pos- Lambro, avverte che già il gusto è mutato, ma il muta- sibile perché accertata dalla recente pubblicazione di un mento è totale nel rinascimentale palazzo dei Della Sil- illuminante saggio sull’opera svolta, nel territorio della va a Domodossola, edificato nel 1516. Esempio stilisti- città Umbra di Spello, da maestranze edili provenienti co, che si rifletterà nella rustica edilizia signorile osso- dall’Ossola e particolarmente dall’alta valle Antigorio, lana con l’introduzione di nuove soluzioni formali, so- costituite dall’aggregazione, su base parentale, di “sotii” prattutto nella incorniciatura di porte e finestre, e strut- provenienti dal territorio di Premia e segnatamente dal- turali, come la scala a chiocciola, di gusto francesizzante la frazione di Piedilago (anticamente Pidelata)18. “Ma- variata negli sviluppi dal genio creativo delle maestran- gister” della prima generazione furono Bertolino di An- ze locali, modello designato a segnare profondamente drea di Bertolino e Giovanni di Domenico di Bartolo- l’immagine architettonica della Valle, come si può os- meo da Domodossola che, guidando la compagnia de- servare nelle numerose case cinquecentesche ancora esi- gli Antigoresi, edificarono fra il primo e il quarto de- stenti. L’esito più compiuto, sebbene tardo, della lezio- cennio del cinquecento, nell’agro di Spello, la chiesa di ne rinascimentale lombarda è ravvisabile nella facciata Santa Maria della consolazione di Vico, detta Tonda, e marmorea della chiesa di San Nicolao a Ornavasso, co- l’adiacente convento dei Servi di Maria, o Serviti, oltre struita fra il 1542 e il 1587, con lo stesso marmo loca- ad altri edifici religiosi e civili in città. E’ plausibile rite- le apprezzato in particolare dai costruttori lombardi del nere come proprio a queste maestranze venisse affidato Quattro e Cinquecento17. Ma non tutti e non sempre i l’ampliamento e la ristrutturazione degli edifici di cul- committenti ossolani, fautori delle opere di rinnovo at- to romanici siti nella valle della Toce, giacché riunite in tuate nei molti cantieri aperti durante il Cinquecento, compagnia di “sotii” ossolani, sul modello statutario dei accettarono il dominio culturale della corte milanese di “maestri comacini” o degli “Antelami” – già disciplinati intonazione bramantesca, anzi parrebbe che una parte dagli editti alto medievali dei re longobardi Rotari, del politica, identificabile con l’esteso parentado dei Bace- 643, e Liutprando, del 713 – si proponessero come con- no-De Rodis, a cui furono legati i Della Silva, i Cam- tinuatori dell’arte edificatoria medievale, trasmessa di pieno e altri ceppi familiari da essi derivati, professan- generazione in generazione, e rinnovata con la frequen- do la loro adesione alla religiosità francescana con opere tazione operativa dei cantieri aperti nell’area milanese orientate dalla predicazione dei Minori Conventuali di attivi nel XV secolo. Sintomatiche del rinnovo rinasci- Domodossola, manifestassero, tramite le commissioni mentale milanese, sotto l’egida della dinastia degli ar- artistiche da essi patrocinate, inequivocabile propensio- chitetti Solari, Giovanni (1400 c.-1484 c.), Guiniforte ne per quell’arte cortese di tradizione medievale presen- (1429-1481) e Pietro Antonio (1450 c. – 1493), sono te negli esiti del rinnovo architettonico milanese presie- talune caratteristiche d’esso passate nelle ristrutturazio- duto dall’autorità della dinastia dei Solari. I commit- ni ossolane: la composizione unitaria dello spazio litur- tenti della consorteria nobiliare antigoriese, prendendo gico, che privilegia la continuità orizzontale delle nava- culturalmente parte, si rivolsero a maestranze ossolane te; alcuni elementi formali, quali l’uso, non esclusivo, capaci di mediare con vigore il loro intento, come tut- dell’arco a sesto acuto; l’applicazione di ornati scultorei t’oggi testimonia la maggior parte delle opere esegui- sui portali e sulle nervature delle finestre ogivali (Bace-

209 do la progettazione caratteristica del Gotico internazio- nale, dai diaframmi vitrei istoriati incassati nei finestro- ni e nel rosone dell’abside, splendidamente eseguiti da Hans Funck, uno dei massimi maestri vetrai bernesi del tempo. Anche a Baceno, ultimati i lavori di ampliamen- to nel quinto decennio, si provvide a chiudere le luci dei finestroni gotici e dei rosoni con vetrate dipinte, ma queste, datate 1547, vennero eseguite nella bottega di Anton Schiterberger maestro vetraio zelatore di quel manierismo che a Lucerna, dove operava, e nei cantoni cattolici, si opponeva, in decori e figure, di ricchissimo sviluppo ed elegante fattura, alla castigatezza iconocla- stica dei cantoni riformati20. La pittura del Cinquecento ossolano dimostra quanto forte fosse, anche culturalmente, la dipendenza di que- sta valle dal Ducato di Milano a cui apparteneva; tutta- via nei primi decenni del secolo è ancora una famiglia di pittori novaresi, quella di Tommaso Cagnola e dei Hans Funck, Madonna in trono venerata da Santi e donatori, vetrate istoriate e dipinte (Berna) 1526. Crevoladossola, Santi Pietro e Paolo. suoi figli Giovanni, Francesco e Sperindio a detenere il controllo delle più prestigiose commissioni sia pubbli- no) e la formazione delle colonne, dal capitello, di tipo che, sia private. Al padre Tommaso vanno attribuiti il corinzio dalla fogliatura corposa ed elementare, al fusto ritratto ad affresco di un signore villese appartenente cilindrico, sovente massiccio, alla base “unghiata”, ossia alla famiglia dei Baceno e una Madonna in Trono con il posata su un plinto parallelepipedo ornato da elemen- Bambino, datati 1502, provenienti da una casa di So- ti fogliari ricadenti agli angoli. E’ probabile che, in con- gno — frazione di Villadossola — ora conservati al Sa- comitanza alla chiusura dei cantieri ossolani, si manife- cro Monte Calvario di Domodossola21, ascrivibili al- stasse il fenomeno migratorio verso l’Umbria delle mae- l’opera del maestro novarese per il garbo rinascimentale stranze edili antigoresi, alla ricerca di committenze ne- del limpido disegno e pei decori ad arabesco che campi- cessitanti di costruttori competenti per realizzare opere scono gli sfondi; del figlio Francesco sono l’immagine murarie anche di complessa struttura. mariana, piuttosto ingenua, affrescata nel Santuario di Acme espressivo della reazione oppositiva posta in es- sere dai “laudatores temporis acti”, memori dei previle- gi e delle origini feudali della loro nobiltà, sembra por- si il presbiterio dei Santi Pietro e Paolo di Crevoladosso- la riedificato, completando l’ingrandimento terminato nel 1526, per volontà dei committenti Paolo e Andrei- na Della Silva, che conferirono l’incarico del progetto e della direzione dei lavori a Ulrich Ruffiner, architetto di origine valsesiana molto attivo al servizio delle più po- tenti personalità politiche del vicino Vallese, interpre- te fra i più austeri e dotati di quel tardo gotico interna- zionale diffuso nei paesi di lingua tedesca e bene accet- to alla corte di Francia19. Nel 1526 l’integrazione della Antonio Schiterberger, rosone della Trinità, vetrata dipinta e istoriata, parrocchiale crevolese era terminata, completata, secon- (Lucerna) 1547. Baceno, San Gaudenzio.

210 Sperindio Cagnola, Tentazione di Adamo, affresco inizi sec. XVI. Baceno, San Gaudenzio.

Viganale 2 2, firmata e datata 1516, e la Adorazione del fratello dalla mano più colta, si fosse valso per eseguirli Bambino proveniente da una casa di Montecrestese con- dell’aiuto di Francesco e forse anche di Giovanni. Il pri- servata accanto ai lavori del padre al Sacro Monte Cal- mo dei pittori lombardi giunto in Ossola è il varesino vario di Domodossola, datata 1513, ai quali maggior- Francesco de’ Tatti, chiamato dal capitano reale Paolo mente si accosta per il lindore esecutivo e per l’armo- Della Silva, si ha fondato motivo di supporre su sugge- niosa composizione; problematiche invece sono le attri- rimento dello zio materno Giovan Francesco Origoni, buzioni a Sperindio, poiché dei suoi lavori citati nella per dipingere intorno alla venerata immagine della Ma- documentazione diplomatica nessuno è rimasto ad ac- donna della Neve, affrescata nel Santuario di Domodosso- certare quali fossero i suoi modi espressivi, tuttavia, es- la, gli elementi figurali di contorno, stesi su tavola, del- sendo documentata la sua associazione ad alcune im- la nuova pala, siglata e datata 1516 che, con la Pietà prese pittoriche di Gaudenzio Ferrari, si possono attri- conservata nell’oratorio di Santa Marta a Craveggia, buirgli alcune opere improntate dalla maniera novarese reca in Ossola l’eco di quei fermenti immessi nel Rina- dei Cagnola, animate però da un naturalismo più con- scimento milanese dall’aulica classicità vagheggiata e vincente e nordicizzante di lezione gaudenziana, come proposta dal Bramantino24. Chiamato dallo stesso com- mostrano gli affreschi stesi sulle volte del Presbiterio, mittente Paolo Della Silva, giunge in Ossola, quasi con- nella cappella della Madonna del Rosario e la Tentazione temporaneamente, Fermo Stella da Caravaggio per affre- di Adamo sulla parete di fondo, a destra dell’altare mag- scare fra il 1518 e il 1526 il presbiterio, appena rico- giore23, nel San Gaudenzio di Baceno e una Madonna in struito, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Crevola- Trono col Bambino nella casa parrocchiale di Crodo, che dossola e, dopo qualche anno, l’ex battistero per la stes- sono al più alto livello raggiunto in Ossola dalla pittura sa comunità parrocchiale, mentre dipinge su tavola il dei Cagnola, nei quali è ipotizzabile che Sperindio, il trittico per l’altare della cappella Mellerio nel San Mar-

211 tino di Masera 25. Con l’artista caravaggino la cultura ar- dimore patrizie a Pontemaglio e a Cruppo di Crodo, men- tistica ossolana acquisisce l’esperienza di una versione tre ha già avviato l’impresa pittorica più impegnativa diversificata dell’influenza gaudenziana, in cui i portati portata a compimento nel 1539 ossia le Scene della Pas- della cultura d’oltralpe accentuano il carattere realistico sione nel presbiterio del San Giulio di Cravegna e nel delle figure e introducono nuove soluzioni compositive contempo, ancora a Cravegna esegue gli affreschi che il per soggetti tradizionali, come nell’ Ultima Cena di committente Antonio Nocetti, padre di Innocenzo IX, Crevoladossola. A metà, all’incirca, del terzo decennio gli aveva dato incarico di dipingere nell’oratorio di San- del secolo il San Gaudenzio di Baceno venne dotato di ta Croce. L’attività di Battista da Legnano in Ossola si un organo e con esso le quattro tele, tese a foderare le conclude, sempre in valle Antigorio, dove nel 1542 af- facciate esterne e interne delle ante mobili applicate allo fresca una Madonna del Latte con Sant’Antonio Abate strumento, dipinte nella bottega milanese di Bernardi- per l’abitazione di Giovanni De Campieno a Smeglio di no Luini per raffigurarvi i Santi Gaudenzio, Luigi IX di Mozzio e la Madonna del Latte coi Santi Pietro e Paolo Francia, Ambrogio e Maurizio, ora custodite, come qua- nella cappella ai Piani Superiori di Crodo. Ancorchè ar- dri distinti, nel San Mattia di Oira26. L’apporto del mae- tista radicato alla versione foppesca del Rinascimento stro milanese ebbe certamente risonanza in valle, anche lombardo, osservata nella bottega comacina dello zio perché associato a un organo, suppellettile rara nelle Alvise De Donati, di cui è allievo e talvolta procuratore, chiese ossolane del tempo, destinata a suscitare molta si mostra pronto ad aggiornare l’apprendimento scola- curiosità, che diede modo agli Ossolani di accostarsi a stico volgendosi al magistero di quelle grandi personali- un esempio della più pura e rigorosa interpretazione del tà artistiche che avevano scosso la tradizione rinasci- Rinascimento data nelle botteghe milanesi del primo mentale lombarda: Leonardo e il Bramantino, come quarto del Cinquecento. Più estesa è l’opera di Giovan- s’avverte con particolare evidenza, seguendo la succes- ni Battista da Legnano giunto dalla residenza di Varese sione cronologica di stesura delle scene affrescate nel in Ossola mentre iniziava il secondo quarto del Cinque- San Giulio di Cravegna. Il 1542 è altresì l’anno in cui cento27. L’esordio del pittore in valle Vigezzo, chiamato Antonio Bugnate di Borgomanero firma e data la vasta ad affrescare il presbiterio del Sant’Antonio Abate di To- opera affrescata per il San Gaudenzio di Baceno 28, che ceno, non precluse la sua disponibilità all’accettazione porta il realismo di Gaudenzio Ferrari a estremi verna- di commissioni private, di cui rimangono gli affreschi coli, accesi da impulsi riformatori, scesi dall’oltralpe lu- per la cappella di Garavà ad Albogno (1527) e quelli terano gravati da fantasiose cupezze, come quelle spi- della cappella della Pila a Craveggia (circa 1534), che in- ranti dall’immagine demoniaca che dalla volta sovrasta tervallano gli incarichi affidatigli da committenti pub- la grande Crocefissione, stesa, con suggestiva animazio- blici, quali gli affreschi per le Logge dei Bandi di Craveg- ne, sulla parete occidentale del presbiterio. Degli affre- gia, datati 1531, e di Toceno, posteriori di qualche schi eseguiti nella cappella, ora dell’Assunta, in capo alla anno, lavori che lo porteranno, nel 1534, alla conclu- navata orientale, rimangono, discretamente conservati, sione della sua attività in Vigezzo con gli affreschi stesi i decori della volta a finti trafori gotici, il fronte della lu- a campire le pareti laterali dell’oratorio di San Rocco a netta sopra l’arco settentrionale, raffiguranti la Conver- Crana, dei quali restano, in esecuzione originale, sola- sione di Saulo, e i fatti della vita di San Gaudenzio sotto mente quelli della parete occidentale, a rappresentare in il finestrone orientale, mentre è appena rintracciabile la scene edificanti i fatti narrati dalla Vita del santo titola- figurazione della grande Crocefissione di San Pietro stesa re. Con la medesima disponibilità riservata ai commit- sulla parete di fondo, dietro la pala dell’altare. Ancora tenti vigezzini, anche in valle Antigorio Battista da Le- visibile rimane in facciata la gigantesca figura di San gnano, svolgendo durante il quarto e il quinto decennio Cristoforo, testimonianza conclusiva dell’attività del Bu- del Cinquecento una impressionante mole di lavoro, gnate in Ossola. Il 1542 è un anno nodale per la cultu- assume commissioni pubbliche e private. Entro il 1537 ra artistica locale, poiché durante il suo corso giungono dipinge immagini devozionali di soggetto mariano su all’epilogo le vicende artistiche ossolane di Battista da

212 ta Vergine Assunta, con le due figure dei Santi Giovanni Battista e Sebastiano nel 1547 e, intorno al 1550, con gli affreschi eseguiti nella cappella della Confraternita di Santa Marta – ora del Battistero – dei quali rimangono i finti trafori gotici della volta e la grande Crocefissione, sulla parete di fondo, dagli aspri accenti settentrionali, probabilmente dipendenti sia dalla lezione del Bugnate, sia dalla frequentazione dei circoli amadeiti milanesi. Nel 1553 il pittore è a Premia incaricato di completare il decoro del presbiterio nella chiesa di San Michele con le figure dei Santi Barbara e Antonio Abate e la solenne Beata Vergine in gloria venerata da San Rocco, su uno sfondo paesistico ispirato a luoghi del natio Montecre- stese, mentre con la stessa data è segnata la Beata Vergi- ne in Maestà affiancata da Sant’Antonio Abate eseguita ad affresco all’esterno di una casa nella frazione di Roz- zaro sempre a Premia. Il Cardone è ormai pronto, con chiarezza di pensiero e maturità di stile, per affrontare il suo ruolo di autore dominante la fase conclusiva dei cantieri antigoresi, nei quali, ultimate le opere architet- toniche venivano apportate le finiture degli interni con la decorazione delle volte e delle pareti ricostruite o ag- giunte. Ruolo confermato intorno al 1554 quando as- sunse la commissione più importante eseguita da un ar-

Antonio Bugnate, Crocefissione, affresco 1542. Baceno, San Gaudenzio. tista nel corso del secolo XVI, l’intera decorazione ad affresco sulle volte e sui sottarchi delle navate laterali nel Legnano e di Antonio Bugnate e nel contempo si ha San Gaudenzio di Baceno, nonché l’Ultima Cena sulla l’esordio di un pittore, ad essi culturalmente collegabi- parete di controfacciata, a destra dell’entrata settentrio- le, discendente da un nobile casato di Montecrestese, nale, e sulle pareti della navata orientale, nella prima che firma e data Jacobus de Cardone/Nomine Antonii Pe- campata, il Transitus Animae di Santa Maria Maddale- tri Mellini/Pinxit 1542 la sua prima opera: una Madon- na, l’Adorazione dei Magi, recentemente liberata dalla na in Trono col Bambino nella cappella a Castelluccio di scialbatura sovrapposta, e, presso il battistero, la Deposi- Montecrestese29. Le numerose opere site in Ossola attri- zione della Croce. Ma tanta operosità subì un traumati- buibili a Giacomo De Cardone, caratterizzate da una co intervallo quando, nel febbraio 1561 venne arrestato maniera decisamente originale, facilmente riconoscibi- a Milano dal tribunale della Sacra Inquisizione, pen- le, ancorché diseguale per il variare delle tipologie figu- dente l’accusa di eresia, e il sette aprile seguente, dopo rali e decorative assunte durante i quattro decenni in formale abbiura, venne assolto con la riserva precauzio- cui l’artista lavorando sviluppò la sua personalità, han- nale di eseguire nei cinque anni seguenti le penitenze no l’avvio stilisticamente riconoscibile nell’intervento comminate dall’Inquisitore. Durante la sospensione pe- profano, eseguito ad affresco nel 1547 ad Alteno di nitenziale, ritiratosi a vita privata, ebbe modo di co- Montecrestese, nella abitazione del Presbiter Giovanni struire una nuova ala aggiunta alla casa paterna e di de- De Rodis, ora diroccata, sacerdote che probabilmente corarla all’esterno e all’interno con splendidi fregi graf- aprì l’accesso alle commissioni affidate al Cardone per fiti a grottesche e ad affresco come la Predicazione del decorare l’interno della parrocchiale, dedicata alla Bea- Battista sulle rive del Giordano, datata 1564, sulla cap-

213 pa del camino nel saloncino d’onore. E’ probabile che dell’ipotesi avanzata si potrà citare l’esempio del “Domi- l’atto di accusa sia stato motivato dalle scene dell’Infan- nus Magister Johannes depintor f.q. Domini Andree dicti zia di Gesù affrescate sulla volta della terza campata nel- Mauri de Vogonia” nominato in un contratto del 1552, la navata orientale, ispirate da soggetti tratti dalle illu- che data e firma “1563 DIE SEPTIMO JUNY JOAN- strazioni silografiche della luterana Leien Bibel. Fra il NES MAURUS VOGONIENSIS PINX.” i quattro 1564 e il 1565, o poco oltre, saranno affrescate anche le Profeti, affrescati nell’infradosso dell’arco che distingue restanti volte e i sott’archi della navata occidentale. L’in- la prima campata della navata occidentale dalla navata terludio profano, anticipato dai decori di Alteno datati centrale del San Giorgio di Varzo, unico resto noto della 1547, culminò nel fregio eseguito per decorare il salon- pittura eseguita dal maestro vogognese, fortemente in- cino di rappresentanza della casa Marini al Boarengo di clinante ai tipi e alla maniera del Cardone, tanto da po- Crodo, composto da scene mitologiche alternate a terne ipotizzare il discepolaggio. Forse fu il Mauro, re- stemmi di casate della consorteria nobiliare antigorese e sidente a Vogogna, centro podestarile dell’Ossola infe- da grottesche, affrescate nei primi anni del sesto dece- riore e delle Quattro Terre, ad aprire i contatti del Car- nio del secolo XVI, simile a quello perduto eseguito done con la commmittenza di quell’area ossolana, che nella sala verde del castello Della Silva di Crevoladosso- lo volle autore delle manifestazioni pittoriche attestan- la. I fregi a graffito e ad affresco stesi nel 1564 per orna- ti la devozione locale. Sono infatti attribuite al Cardone re la sua abitazione sembrano, per ora, concludere il ci- le immagini devozionali affrescate: nella cappella del- clo di opere profane eseguite dal Cardone, se nel 1566, l’abitato di Battiggio a Vanzone, datata 1552; sulla pa- affrescando il 18 giugno la Beata Vergine in Maestà col rete esterna della casa appartenuta al notaio Giovanni Figlio venerata da San Rocco sulla facciata di una casa al- Mora di Anzino del 1552 ca.; la Madonna in Trono col l’alpe Salera di Crodo e il 28 luglio inserendo fra i deco- figlio, datata 1559, e l’analoga Maestà Mariana affianca- ri esistenti della cappella ai piani superiori di Crodo le ta da Santa Lucia e devoto, datata 1576, entrambe per- immagini dei Santi Antonio Abate e Sebastiano, mostra dute, ma documentate da riprese fotografiche risalenti d’essere tornato nell’alveo della pittura sacra. A riprova agli anni sessanta dello scorso secolo; nella cappella nel- va ricordato il lavoro del Cardone nella cappella cimite- l’agro di Molini, frazione di Calasca, datata 1576; nel- riale di Cardezza dedicato agli Atti della vita di San Roc- la cappella in località La Piana in val Baranca, nel ter- co, affrescati sulla volta poco dopo il 1570. L’ultimo in- ritorio di Bannio, del 1576 ca.. Ancora contempora- tervento di Giacomo de Cardone è ancora conseguente nea, pare, ai primi affreschi di Montecrestese del 1547, all’esigenza di ornare una delle grandi chiese rinnovate la Maestà Mariana affrescata un tempo in una cappel- in area antigorese, ossia quella dei Santi Pietro e Paolo di la rurale a Vaciago di Ameno, sopra il lago d’Orta, ora Crevoladossola, infatti, committente la “Compagnia de- venerata nel Santuario della Bocciola, eretto ed ampliato gli Huomini che lavoravano a Roma” gli venne assegnato nello stesso sito nel corso di tre secoli dal XVII al XIX. l’incarico di affrescare il dossale dell’altare Dell’Annun- Gli esiti di una attività creativa tanto estesa rivelano la ziata con i Santi Gervasio e Protasio, sulle paraste ante- personalità complessa dell’autore: edotto dall’esperien- riori, e, sulla parete incurvata sopra l’altare, la Beata Ver- za lombarda, che, principiando dai contatti col mon- gine in Trono affiancata dai Santi Sebastiano e Rocco al do accademico frequentato negli anni giovanili, matu- centro, tra le scene laterali del Battesimo di Gesù e della rò a confronto coi lavori di Battista da Legnano e del Disputa coi dottori nel Tempio, dove sulle pagine del li- Bugnate, aggiustò poi alla propria poetica volgendosi, bro aperto davanti a Gesù è dipinta, in forma abbrevia- controcorrente, alla pittura dell’Oltralpe di lingua tede- ta, la scritta “1573 7embris Jacobus de Montecristesio sca, forse prendendone visione diretta, certamente co- pingebat”, così datando e firmando il suo ultimo lavoro noscendone la produzione a stampa. Né si potrà con- in Ossola superiore. cludere la breve escursione attraverso il patrimonio pit- E’ lecito supporre che il Cardone si valesse di aiuti per torico voluto in Ossola durante il XVI secolo dai com- realizzare la vasta produzione attribuitagli e a sostegno mittenti locali senza osservare come esso sia, assieme

214 alle altre espressioni artistiche, la conferma cinquecen- te testimoniata dalle sculture citate, si arricchisce nel- tesca, di entità stupefacente, del promettente avvento l’ultimo quarto del secolo XV della produzione uscita quattrocentesco di quella volontà d’arte che, persisten- da una bottega vigezzina, aperta a Craveggia, dalla fa- te, alimenterà la produzione artistica dei secoli seguen- miglia dei Merzagora, che di generazione in generazio- ti, nè, chiudendo, si dimenticherà il modesto, ma signi- ne la gestirono fino all’esordio del secolo XVII. Impo- ficativo trittico, annidato nella sacrestia dell’oratorio di nenti sono i capolavori eseguiti a cominciare dai grup- San Rocco a Crego, dipinto a tempera su tavola per fi- pi statuari dedicati al Compianto sul Cristo Morto, sia gurarvi la Madonna di Loreto coi Santi Rocco e Sebastia- quello esposto al Museo Civico d’Arte Antica di To- no, firmato Antonio de la Todesca e datato 1563 e l’esem- rino, sia quello conservato al Sacro Monte di Orseli- pio più tardo di pittura profana, datato 1598, forse do- na, presso Locarno nonché le due statue del Cristo mor- vuto alla moda diffusa nelle residenze gentilizie ossola- to e di una Dolente, custodito a Cosasca, appartenenti ne dallo spunto iniziale di Giacomo de Cardone, dato ad altro Compianto andato disperso, le sole conservate dal fregio eseguito da un ignoto pittore di cultura tede- in valle dei Compianti attribuiti a Domenico Merzago- sca, nella sala all’ultimo piano della Torre di Piedimule- ra. Alla generazione seguente quella di Domenico, as- ra, dove però piccola parte è riservata a un mitico Trion- sieme al Crocifisso di Masera, vanno invece attribuiti il fo, mentre piacevoli scene di caccia occupano la quasi to- Compianto nel San Martino di Masera e il Crocefisso sul- talità della superficie affrescata30. l’altare maggiore nella Chiesa di Cristo Risorto a Villa- Gli avvii e le tendenze dianzi notate in architettura e dossola, spiranti maggiore sentimentalità espressa dal- in pittura si avvertono persistenti anche in scultura, so- la ricerca delle agitate posture e dalla acuita attenzio- prattutto nella scultura lignea rifinita da apporti poli- ne nella finitura delle anatomie per inverare con natu- cromi dipinti e da dorature stese in foglia o in polve- ralezza l’espressione degli affetti. Autore dei due monu- re. Gli avvii su accennati, però si radicano in una tradi- menti lignei Cinquecenteschi di maggior spicco in pro- zione già operativa nel medioevo, quando venne scol- vincia fu Andrea Merzagora: nel 1582 del coro ligneo pita la superba Madonna in Trono col Figlio, conservata nel presbiterio della chiesa detta Madonna di Campagna a Macugnaga, esemplare paradigmatico della versione a Pallanza32 e nel 1596, assieme al fratello Domenico, schematica inventata dalla sensibilità romanica per raf- dell’ancona posta come dossale dell’altare maggiore nel figurare la Maestà mariana, ieratica, eppure umana, nel- San Bartolomeo di Villadossola33, che intorno al pannel- lo splendore della doratura rifinita dalla policromia de- lo della Crocefissione celebra in cinque altorilievi gli atti gli ornati. Ancora in Ossola inferiore, due gruppi scul- salienti della Vita di San Bartolomeo, ora deturpata da torei della Beata Vergine col Figlio: una regale, custodi- un furto sacrilego che infama il nostro tempo. Se l’im- ta nel museo parrocchiale di Ornavasso, detta dell’uc- pronta lombarda perdurerà nella tradizione famiglia- cellino, raffigura la Maestà Mariana nella versione tipica re dei maestri craveggesi fino alla fine del Cinquecento del Quattrocento milanese, ancorché presenti l’incon- quando Andrea, ultimo maestro della bottega vigezzi- sueta iconografia della madre allattante, rinascimenta- na, porterà ad esiti geniali di vigoroso manierismo l’ere- le nelle anatomie e nell’impianto del trono, ma gotica dità raccolta dalle precedenti generazioni, sarà anche a nella sinuosa cadenza delle pieghe e nel preziosismo de- causa dei contatti che queste ebbero con una delle più gli ornati; l’altra, della parrocchia di Piedimulera, ben- apprezzate botteghe milanesi attiva dall’ultimo quarto ché mancante del Figlio e sia in pessimo stato di con- del Quattrocento al terzo decennio del Cinquecento, servazione, si propone coi caratteri spiccati del Tardo ossia la bottega dei De Donati. Il collegamento d’av- Gotico lombardo, caratteristico del Quattrocento, nel vio con la bottega milanese dei fratelli De Donati, Gio- rappresentare la madre in umanissimo abbandono. La van Pietro e Giovan Ambrogio, già attivi nel cantiere del ricca tradizione consolidata in Ossola31, episodicamen- Duomo di Pavia gestito dall’Amadeo, si istituì intorno

Giacomo di Cardone, Predicazione del Battista, affresco 1564. Montecrestese, casa del pittore Cardone.

216 al 1510 quando assunsero l’incarico di fornire all’orato- ta, quale unico esemplare superstite del suo genere e del rio conventuale dei Cavalieri di Malta, alla Masone di suo tempo, come anche nell’aspra esistenza di quelle Vogogna, l’ancona della Annunciazione, a cui era dedi- comunità alpestri avesse posto la volontà d’arte media- cata la mansione giovannita, della quale, dopo la sop- trice di valori spirituali e civili. pressione del 1797, rimane la statua della Beata Vergine L’età barocca durante il Seicento e il Settecento porta nella chiesa di San Giorgio di Varzo venerata come Ma- un profondo mutamento nella immagine artistica delle donna del Rosario, e mediante l’analoga commissione valli ossolane, poichè, sullo stimolo iniziale della Con- accettata nel 1514 di eseguire l’ancona della Beata Ver- troriforma, di cui fu grande interprete il vescovo nova- gine Immacolata in Adorazione del Bambino per la chie- rese Carlo Bascapè, molti edifici sacri esistenti vengono sa di Santa Maria degli Angeli annessa al convento vogo- modificati, se non addirittura ricostruiti, per adeguarli gnese dei Padri Serviti soppresso nel 1797, della quale ai dettami del Concilio tridentino e i nuovi, che la pie- si è conservata la sola statua della Beata Vergine, ora in- tà e l’aumento della popolazione esigono, s’uniscono ai vocata, nell’oratorio di Santa Marta con il titolo di Ad- precedenti rinnovati per coprire tutto il territorio osso- dolorata34. Sebbene dell’opera dei De Donati in Osso- lano con una ricca varietà di tipi architettonici, com- la non rimangano che parti frammentarie di complessi prendente chiese, oratori, cappelle, edicole, che, pure andati dispersi, quali l’Eterno Padre benedicente assieme nel variare delle forme, sono tutti improntati al nuovo a due Gruppi d’angeli nel Museo di Palazzo Silva a Do- linguaggio stilistico. Il Barocco ossolano s’esprime però modossola e il Cristo Risorto nel San Vincenzo di Pieve in forme classicheggianti, anche negli edifici più ricchi, Vergonte, si deve probabilmente alla loro influenza l’ac- dove la ricercatezza degli effetti decorativi non mira al centuazione naturalistica e umanistica, propria del Ri- virtuosismo, ma a creare nuove, caute, gioiose armonie nascimento milanese, passata per confronto alla cultu- fra stucchi dorati e affreschi dai chiari colori brillanti. ra della seconda generazione dei Merzagora. Con l’ope- Il lungo elenco di edifici, sculture, pitture e decorazioni ra dei Merzagora la cultura artistica lombarda perdu- non può essere contenuto in queste pagine, perciò solo ra con ruolo primario in Ossola; tuttavia non manche- qualche opera verrà citata quale esempio di quel tem- rà d’apparire, anche nelle vicende della scultura lignea po. Fra le parrocchiali ricostruite il San Brizio di Va- cinquecentesca, la dissidenza antigoriese francesizzante gna (1666) e il San Rocco a San Rocco di Premia duran- con l’apporto di manufatti tedeschi, scolpiti in botte- te il Seicento, nel Settecento i Santi Giacomo e Cristofo- ghe dell’alta Svevia secondo i canoni del Gotico fiorito, ro di Craveggia (1733) e la Santa Maria Assunta di San- introdotti in valle Antigorio, durante il secondo e il ter- ta Maria Maggiore (1733-1742). zo decennio del secolo, dal flusso proveniente dai cen- Esempi di nuove costruzioni si hanno con la Beata Ver- tri mercantili della Svizzera centrale. Di tali importazio- gine del Rosario alla Noga di Villadossola (1633-1692), ni si citerà, oltre ad alcuni esempi frammentari nel Mu- la Beata Vergine Assunta e San Giuseppe di Macugna- seo di Palazzo Silva a Domodossola, l’ancona conservata ga (1709-1717). Nei santuari settecenteschi della Ma- nel coro del San Gaudenzio a Baceno, datata 1525, qua- donna della Guardia a Ornavasso, della Madonna della le esemplare che, per qualità esecutiva e coerenza stili- Vita di Mozzio e di Santa Marta a Craveggia i caratteri stica, altamente testimonia il gusto cortese sopravvissu- armoniosi del più ricco Barocchetto ossolano sono ap- to nei committenti antigoriesi di Parte Brennesca; van- prezzabili nel gaudioso gioco che in dispiegate eleganze no inoltre considerate le opere commesse ad artisti di fonde spazi e colori, strutture e decori. cultura germanica dalle enclave etniche walser, sculture Le modificazioni più profonde al paesaggio ossolano ancora presenti in val Formazza, nella parrocchiale de- s’ebbero con la costruzione dei Sacri Monti, che apri- dicata a San Bernardo e in alcuni oratori, e a Macugna- rono parchi o giardini della devozione, alcune volte in ga, dove nella Chiesa Vecchia di Santa Maria il soffitto luoghi remoti, attorno al sacro itinerario della Via Re- ligneo del presbiterio, opera lavorata ad intaglio e data- gia da percorrere processionalmente in preghiera e asce- ta 1513 del maestro friburghese Peter Mory, documen- tica meditazione.

217 Il Sacro Monte Calvario, tracciato sul colle di Mattarella te la seconda metà del secolo, negli ultimi anni aiutato a Domodossola, per la ricchezza delle architetture e de- dal figlio Paolo. Il lungo catalogo dei suoi lavori non è gli arredi, dovuti a noti artisti, che dal secolo XVII fino ancora compiuto, ma la misura di questo scultore osso- ai nostri giorni vi operarono, quali Dionisio Bussola, in- lano la si potrà cogliere visitando il San Lorenzo di An- terprete sensibilissimo della lezione berniniana appresa tronapiana, dove, fra il 1660 e il 1694, costruì, scolpì a Roma, e Giuseppe Rusnati, entrambi protostatuari del e indorò cinque altari, quasi un campionario delle sue Duomo di Milano, è certamente il più cospicuo realiz- capacità di scultore barocco, armonioso e sobrio, anco- zato in Ossola35, ma non vanno dimenticati quelli mi- ra fedele ai canoni classici appresi dal maestro, ma lar- nori che la devozione popolare con grandi fatiche ha go di pensiero nell’inventare le scenografiche architet- eretto intorno ai suoi santuari, quali quello della Ma- ture dove allogherà statue di squisita fattura39. Il Seicen- donna della Neve a Bannio — (1622 il santuario, 1721- to si conclude e s’apre il Settecento con l’ultima grande 1722 le cappelle)36 —; della Madonna di San Luca alla personalità della scuola ossolana di scultura: Pietro An- Salera di Cravegna (santuario 1729, cappelle 1738)37; tonio Lanti di Macugnaga (1679-1729). Già nel suo pri- di Sant’Antonio da Padova a Anzino nel Settecento. mo lavoro documentato, del 1724, nella Madonna della Se nell’architettura o nella pittura il Seicento è povero Neve a Borca di Macugnaga, scolpendo l’ancona dell’al- di autori ossolani, nella scultura la presenza di artisti lo- tare, il Lanti libera il suo genio creativo per elevare nello cali è dominante. Non c’è chiesa al piano o nelle valli spazio un gioco fantasioso di nastri e fogliame, che ac- che non conservi almeno un segno di scultura lignea in- coglie putti e piccole immagini, per incorniciare la pala tagliata da mano ossolana. Il fasto che impronta la pro- dipinta. Il carattere del suo stile è già rivelato in que- duzione artistica dell’età barocca nella valle della Toce sta scultura così come lo si ritrova nell’altare della chie- ebbe nella scultura lignea delle ancone, rilucente di do- sa nuova di Macugnaga, con una cadenza più solenne e, rature e dai vividi colori, l’espressione più alta e più si- più appassionato, nel monumentale Crocefisso sito nel- gnificativa. Dalla bottega di Giorgio De Bernardis (1606 la stessa chiesa. Altre sono le opere del Lanti sparse nel- — post 1663) in via Briona a Domodossola — attiva alla l’Ossola e altri sarebbero gli scultori da menzionare che metà del Seicento — uscirono lavori ricchi, ma solen- hanno dato immagini alla pietà e arredi alle case ossola- ni, legati al Manierismo lombardo e aperti a esperien- ne, opere e autori che il lettore curioso potrà trovare ci- ze centro europee colte dal maestro durante i suoi sog- tati in studi monografici da tempo pubblicati40. giorni in Vallese, dove aveva legato salda amicizia con Si dovrà però almeno segnalare il ruolo avuto in tale Gaspare Stockalper. Suoi lavori rimangono: a Seppiana contesto, dopo l’annessione dell’Ossola al Regno di Sar- — altare della Madonna del Rosario del 1645 e l’arma- degna, dallo scultore di Viganella Giovan Pietro Vanni dio di sacrestia nel Sant’Ambrogio —; a Vagna — alta- (Viganella, 1744 - ?, 1813/1822) che, compiuto l’ap- re del Nome di Gesù del 1646 nel San Brizio —; a Do- prendistato in Valsesia, seppe inserirsi, nella seconda modossola — Crocifisso del 1652-54 sull’altare maggio- metà del Settecento, nei circuiti artistici locali e, al sop- re dei Santi Gervasio e Protasio —; a Croveo — la porta praggiungere del nuovo secolo, quando il vigore del- della Natività di Maria —; a Naters, nel Vallese — l’an- la tradizione scultorea ossolana stava ormai scemando, cona dell’altare maggiore nella parrocchiale — per elen- ebbe l’impulso, primo fra gli scultori ossolani, di vol- carne solo alcuni fra i più indicativi38. Fra gli allievi cre- gere l’attenzione a modelli trascelti dalla cultura artisti- sciuti alla scuola di Giorgio de Bernardis il più dotato ca Piemontese durante il passaggio dal Classicismo ai fu Giulio Gualio di Antrona (1630-1712) tanto che il canoni estetici del Neoclassicismo, in particolare guar- maestro lo scelse quale continuatore della sua bottega. dando alle opere scultoree e decorative degli artisti im- Il Gualio fu maestro, a sua volta, valente, tanto da fog- pegnati a fornire arredi di rappresentanza alle residenze giare discepoli come Francesco Antonio Alberti di Boc- della corte sabauda41. cioleto in Valsesia, attivissimo, capace di diffondere in Chiuderò il discorso sulla scultura Seicentesca locale ci- Ossola e nel Vallese un vasto numero di opere duran- tando il famoso Crocefisso di bronzo collocato nel San

218 Bartolomeo di Bannio, giunto in valle Anzasca dalla Spagna, attribuito da Giovanni Romano allo scultore di Norimberga Georg Schweigger (1613-1680). Come lo splendido bronzo tedesco, e le avvivate terracotte dipin- te di Dionisio Bussola, pare che anche i grandi dipinti giunti in Ossola nel corso del Seicento abbiano avuto poca influenza sugli artisti locali. Opere quali l’Assun- zione della Beata Vergine nel San Gaudenzio di Baceno, dipinta nel 1604 da Avanzino Nucci (1552-1629), uno dei pittori assunti insieme alla schiera d’artisti mobilita- ta da Sisto V per riformare il volto di Roma42, o la Ver- gine che presenta il Bambino a San Felice da Cantalice, con l’autoritratto dell’autore accosciato ai piedi del gruppo sacro, preludio barocco del 1609 dipinto nel balenante spazio di 13 ore dal cappuccino fra Cosimo da Castelfranco, al secolo Paolo Piazza, come era solito fir- marsi, per l’oratorio del Piaggio di Craveggia, paese da cui l’artista, famoso e conteso dai potentati del suo tem- po, traeva le origini, unita alla sua Madonna delle Gra- zie col Bambino e i Santi Carlo e Rocco pala della cappel- la di San Carlo nella Santa Maria Assunta di Montecre- stese43, oppure il San Carlo che comunica gli appestati e la Visitazione di Tanzio da Varallo (1626), magistrale Maestro anonimo sec. XII-XIII, Madonna in trono col figlio, legno quanto efficace erede del fervore immaginifico suscita- scolpito dorato e dipinto al naturale. Macugnaga, chiesa parrocchiale. to dalla pietà borromaica, presenti già all’inizio del se- colo, l’uno nella collegiata di Domodossola, l’altra nel per la cappella di San Carlo nella parrocchiale di San San Brizio di Vagna44, con la possente tela, dall’aggres- Giacomo a Mozzio, eseguita nel 1613, con accenti veri- sivo virtuosismo anatomico, attribuita al Cerano, un stici, da Giovanni Battista Gennari di Cento per narrare tempo pala dell’altare dedicato al SS. Nome di Gesù e di San Carlo che risuscita un bambino mentre visita gli la pala dell’altare di San Pietro nel Santo Stefano di Cro- appestati, o di Stefano Delfina ab insula di Orta, autore do, celebrante La Consegna delle Chiavi, superbo esem- della Santissima Trinità dipinta a olio su tela nel 1628 pio di classicismo e naturalismo carracesco, forse giun- per il Sant’Agostino di Premosello46, della pala dell’An- to in valle dalla bottega romana di Domenico Zampie- nunciazione per l’oratorio giovannita di Santa Maria ri (1581-1641), oppure quell’altra pala donata nel 1684 Annunziata ora custodita nella parrocchiale di San Gior- da emigrati bolognesi all’altare dell’Epifania nel San gio a Piedimulera e il dossale dell’altare maggiore, in Giulio di Cravegna “che rinvia all’ambito della bottega olio su tavola dell’oratorio dell’Annunciazione a Ban- bolognese di Lorenzo Pasinelli” e suggerisce l’interven- nio47, oppure quello, più studiato e incisivo, del fioren- to dei suoi allievi Giavanni Antonio Burrini e Giovan tino Luigi Reali48, attivo dal quarto al settimo decennio Gioseffo Dal Sole, rispettivamente richiamati dai detta- del secolo, che, segnato dal lombardismo dei Quadroni gli accuratamente rifiniti e da altri dalla fattura più del Duomo di Milano, con l’aiuto occasionale del pit- sciolta di timbro neoveneto45, avrebbero dovuto scuote- tore Francesco Negri di Mozzio, distribuì esempi del de- re l’animo e l’intelligenza dei pittori ossolani, ma forse coro tridentino, consonanti con la pietà popolare osso- fu loro più congeniale il quieto accademismo della tela lana, in chiese e oratori da San Giovanni a Montorfano dipinta ad olio inviata dai Mozziesi emigrati a Bologna ad Antillone in valle Formazza. Uscito dalla bottega fio-

219 rentina di Francesco Curradi, il Reali, sostando dappri- San Carlo di Bracchio, alle quali va aggiunta la tela vo- ma a Milano, per adeguare il proprio apprendistato al tiva dedicata a San Zenone nell’oratorio di San Giovan- gusto lombardo, e poi sulle rive del Verbano, per lavo- ni Evangelista a Valpiana di Villadossola. Alle opere ri- rarvi, si volse al settentrione alpino in cerca di commit- cordate si devono aggiungere i cicli narrativi per le cap- tenti, e non solo nelle valli ossolane, giacché, diraman- pelle minori dedicate a San Carlo Borromeo di cui ri- do l’itinerario operativo verso occidente, trovò commis- mangono: integro quello eseguito a tempera grassa, nel sioni in Valsesia e in valle Strona, e verso oriente, nella 1655, sulla volta della cappella nella Santa Maria As- provincia comasca, dove assunse lavori in Valtellina e in sunta di Montecrestese; ridotto invece alle due tele ri- Valsassina. Due tele votive, entrambe dedicate a San maste ai lati della pala, quello dipinto per il San Loren- Giuseppe e raffiguranti, su uno schema compositivo ri- zo di Bognanco. Dei lavori eseguiti ad affresco restano preso dal Morazzone, lo Sposalizio della Beata Vergine, l’Annunciazione, San Giovanni Battista e Sant’Antonio segnano i termini, iniziale e finale, del lasso di tempo da Padova sulla facciata dell’oratorio di Giosio a Mon- impiegato dal pittore fiorentino nelle opere ossolane: la tecrestese e il ciclo steso nel presbiterio dell’oratorio di prima, datata 1639, nella Madonna della Neve di Do- Antillone, in val Formazza, dedicato alla Visitazione. modossola; l’ultima, datata 1660 per la pala sull’altare Luigi Reali era ancora operoso in Ossola quando Carlo di San Giuseppe nella chiesa di Santa Caterina d’Ales- Mellerio, nato nel 1620 da famiglia patrizia craveggese sandria a Vocogno di Craveggia. Ma la composizione trasferitosi da poco a Domodossola dove contava amici- replicata con maggiore frequenza dal Reali per le pale zie ed entrature presso la nobiltà cittadina, compiuto degli altari è quella di tipo piramidale costituita dalla l’apprendistato all’ombra dell’Accademia Ambrosiana e Beata Vergine delle Grazie, levitante al vertice su un avviatosi nella pratica dell’arte come maestro apprezza- nembo di nubi, fra due santi, palesatori del culto loca- to e ben introdotto nell’ambiente artistico milanese, ri- le, che alla base, sullo sfondo di un paesaggio, la venera- tornava nel capoluogo ossolano, eleggendolo a centro no e la assistono. Così si presentano le pale negli orato- della propria attività49, ottenendo la prima commissio- ri di Montecrestese: a Nava, coi Santi Antonio Abate e ne del 1649 per affrescare le volte del protiro e le figure Sebastiano datata 1640; ad Altoggio, coi Santi Giovanni di San Vitale e Santa Valeria sulla facciata della collegia- Battista e Giacomo Maggiore, datata 1645. Analoghe ta domese. Influenzato dai manieristi lombardi dell’età sono la pala per il San Giovanni a Montorfano coi San- borromaica, in particolare dalla personalità del Cerano e ti Giovanni Battista e Rocco; quella a Pizzanco di Bo- successivamente del Procaccini, il Mellerio recò aggior- gnanco coi Santi Uguccione e Lorenzo, affiancata dalla namenti alla cultura artistica ossolana acclimandola agli tela dedicata alla Immacolata coi Santi Giuseppe e Anto- orientamenti accademici federiciani tendenti alla «veri- nio da Padova; infine il dipinto del 1644 nei Santi Pie- tà delle cose» e dei «moti e affetti» mediante il rigore co- tro e Paolo di Crevoladossola dedicato alla Madonna del struttivo e il controllo plastico della forma. Si adoprò Rosario coi Santi Domenico e Caterina da Siena, capifila inoltre perché opere e artisti portassero in Ossola signi- delle due schiere di santi ai piedi della Vergine. Allo ficativi termini di confronto, come le grandi tele del stesso disegno compositivo si può avvicinare anche la San Giovanni Battista e del San Gerolamo dipinte nel pala della Incoronazione della Beata Vergine coi Santi An- 1641 dallo spagnolo Bartolamé Roman per la chiesa dei drea e Carlo che venerano la Croce sull’altare omonimo santi Pietro e Paolo di Malesco50, o, più mordente nel- nella Santa Caterina d’Alessandria di Vocogno e San l’immaginazione popolare, l’opera di Dionisio Bussola Carlo Borromeo che venera la Regina Coeli, del 1650, di- plasmata per l’arredo scultoreo delle cappelle al Sacro pinto per la chiesa di Santa Maria Assunta di Mergozzo. Monte Calvario, che veniva realizzato in quegli anni a Altre due pale per altari laterali di San Rocco, dove il cura del fiduciario episcopale Giovanni Matteo Capis, santo è figurato in primo piano, sempre sullo sfondo di zio d’acquisto di Carlo. Peraltro nello stesso tempo e un paesaggio, quasi eseguendo il tipo del ritratto a figu- proprio al Calvario, il Mellerio, assieme allo scultore ra intera, sono collocate nel San Zenone di Tappia e nel Giulio Gualio, s’impegnò a dipingere le statue del Bus-

220 sola e del Volpini e intorno al 1660, ancora col Gualio renzo di Bognanco. In valle Antrona, nel Sant’Ambro- che ne intagliava la cornice, replicò in copia la Visitazio- gio di Seppiana, eseguiva, per la cappella del Santo Ro- ne del Tanzio per la chiesa conventuale dei Cappuccini, sario, gli affreschi dedicati alla Vita della Beata Vergine ora custodita a Palazzo Silva. Pienamente integrato nel- ossia la Nascita, l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi la vita valligiana concorse al rinnovamento seicentesco e l’Assunzione, in un tempo di poco posteriore al 1660, degli edifici di culto ossolani, sia in città e nei dintorni, anno conclusivo delle opere edili. A Montecrestese fra il sia nei paesi dislocati nelle valli. A Domodossola affre- 1660 e il 1670 è impegnato nella parrocchiale della scava il medaglione con l’Eterno Padre per la volta della Beata Vergine Assunta a decorarne il presbiterio: la vol- Madonna di Loreto al Calvario e nel 1674 il Miracolo ta, con gli Evangelisti e le Virtù Teologali, e le pareti, con della Neve in facciata al santuario della Madonna della i Misteri dell’infanzia, ossia l’Annunciazione, l’Adorazio- Neve, nonché il trittico con la Beata Vergine affiancata ne dei Pastori e la Presentazione al Tempio; le volte della dai Santi Domenico e Caterina da Siena per l’oratorio navata centrale con le figurazioni di alcune invocazioni gentilizio della Madonna di Loreto; ad Anzuno nel litaniche lauretane e l’Incoronazione della Beata Vergine, 1683 dipingeva su tela la pala per l’altare dell’oratorio per concludere con l’Assunta dipinta in facciata. Nello di Sant’Antonio da Padova; a Crevoladossola nel 1682- stesso centro, oltre agli affreschi per l’Assunta, dipinge- 83 la pala dell’altare e gli affreschi nell’oratorio di San va nella volta del santuario di Viganale, nell’oratorio di Vitale. Ancora in collaborazione con il Gualio, autore Sant’Antonio da Padova a Roledo e l’esterno e l’interno delle opere lignee d’ornamentazione, dipingeva nel della cappella rurale di Piccioledo. Nè mancò di assu- 1683 la pala per l’altare del Santo Rosario nel San Lo- mere incarichi in valle Vigezzo, dove, intorno al 1670, affrescava la volta del presbiterio nel santuario di Re raf- figurandovi gli Evangelisti e l’Eterno Padre; nel 1672 è a Druogno per dipingere al centro della volta l’immagine del Santo Pontefice Silvestro; eseguiva inoltre un affresco nell’oratorio di San Michele ad Albogno, la pala con la Nascita di Maria per l’oratorio del Piaggio di Craveggia e le volte nell’oratorio dei Santi Antonio Abate e Antonio da Padova nel 1685, probabilmente la sua ultima opera. Infine va ricordato il dipinto votivo offerto, nell’ottavo decennio del secolo, al San Gaudenzio di Baceno, dal capitano Ludovico Scaciga, dedicato alla Sacra Famiglia e a Sant’Antonio da Padova. La laboriosa continuità ac- cademica impegnata a «riformare» l’immagine seicente- sca dell’arte sacra ossolana ebbe probabilmente un sus- sulto quando, a metà degli anni ottanta del secolo, ven- ne esposta nel San Silvestro di Druogno la grande tela raffigurante un Miracolo di Sant’Antonio da Padova, fir- mata Godefrigo Maes Anteverpia 168551, donata da emi- grati druognesi saliti nella società fiamminga a posizio- ni altolocate, tali da potersi rivolgere, nell’alto rango di committenti facoltosi, alla bottega di Anversa del mae- stro Godefrigo Maes (1649-1700), autore significativo, ancorché poco noto, di un Seicento fiammingo dall’ele- Giulio Guaglio, Altare a ciborio, legno scolpito e dorato 1686. gante eloquenza formale dispiegata nei soggetti raffigu- Antronapiana, San Lorenzo. rati con invenzione indipendente dalle correnti artisti-

221 che allora in auge nelle Fiandre. Si deve arguire che il rocchiale di Crevoladossola; il San Carlo che comuni- confronto con l’opera del Maes ebbe valore esclusiva- ca gli appestati è debole copia di quello del Tanzio nel- mente episodico per gli artisti locali, poiché durante il la Collegiata di Domodossola; lo Sposalizio della Ver- ventennio conclusivo del secolo l’ambiente artistico os- gine ricalca la versione del medesimo soggetto data da solano esprimerà solamente autori ligi alla tradizione Luigi Reali nella pala di Vocogno. Analogo comporta- accademica, ancora disposti ad accettare suggerimenti mento si osserva nell’opera di Francesco Antonio Anto- da modelli manieristici superati dalla temperie seguita nietti di Beula di Baceno (1668-1752), artista dalla bio- altrove in quei decenni. grafia ancora in corso di ricerca (Tullio Bertamini), fi- E’ il caso del pittore vogognese Antonio Valentino Cavig- nora conosciuto solamente quale autore delle due gran- gioni (1653-post 1733) detto Valentino Rossetti52, auto- di tele dipinte nel 1696 per la cappella di San Carlo nel re oggi riconoscibile in due opere bisognose di pulitura San Gaudenzio di Baceno, difficilmente leggibili per- e restauro: l’Ultima Cena nell’oratorio di Santa Marta a ché offuscate dalla sporcizia e dal tempo, tuttavia rive- Vogogna, databile al 1680, e la pala d’altare dipinta nel latrici di buon mestiere, esercitato nel disegno e sciolto 1696 per l’oratorio di San Rocco a Cimamulera. Oltre nel comporre, ancorché limitato da carenza d’invenzio- ai dipinti ossolani citati sono rimasti in valle Strona e in ne, giacché I’Ultima Cena mostra i suggerimenti ripresi Valsesia sia affreschi, sia dipinti ad olio del Caviggioni, da quella donata dal Minoli al San Silvestro di Druogno che ebbe nel figlio Pietro e nel nipote Luca, residenti ad e la Preghiera nell’Orto si rifà a quella stesa da Battista da Orta, i continuatori della bottega avviata dal pittore a Legnano nel San Giulio di Cravegna sulla traccia della Vogogna. Dall’incontro col manierismo romano del va- scena düreriana intagliata per la Grande Passione54. sariano riminese Livio Agresti, studiato, parrebbe, con Contemporaneo dei secentisti ossolani citati l’antigo- attenta solerzia, Valentino Rossetti trasse schizzi e boz- riese Pietro De Pietri (Cadarese 1663-Roma 1716) ben zetti utilizzati in seguito per comporre figurazioni ac- altro livello toccò durante la sua vicenda, fin dagli inizi, cademiche dipendenti dall’opera dell’Agresti, debito ri- quando quindicenne venne accolto a Roma nella pre- sultante in particolare con inequivocabile evidenza dall’ stigiosa bottega del Maratti e quindi, entro pochi anni, Ultima Cena di Vogogna, più che ispirata, replicata dal seppe raccogliere intorno alla sua opera il consenso dei medesimo soggetto trattato ad affresco dal pittore rimi- più qualificati committenti romani, tanto da attrarre nese nell’oratorio romano del Gonfalone. Contempo- l’attenzione di Clemente XI, che gli commise impor- raneo del Caviggioni il vigezzino Giacomo Antonio Mi- tanti lavori e lo volle membro della Accademia di San noli53, nato a Gagnone di Druogno nel 1657, completò Luca55. In Ossola non rimangono che lievi tracce, in la propria formazione ossolana a Roma, dove soggiornò mano privata, della vasta produzione stesa ad affresco, fra il 1670 e il 1679, senza trarne significativi benefici, dipinta ad olio, disegnata o incisa che diede fama al De si direbbe, considerando le quattro grandi tele inviate Pietri fra i maestri romani fautori del Classicismo, ma dal Minoli alla nativa Druogno da Rastiglione in Valse- forse un collegamento locale, sia pure appena proponi- sia, dove nel frattempo, si era trasferito. Infatti i dipin- bile, lo si può rintracciare nella modesta pala dell’ora- ti destinati alla Confraternita del SS. Sacramento, eret- torio di San Rocco a Pioda di Premia, «fatta dipinge- ta nella cappella dei Santi Carlo e Giuseppe del San Sil- re» a Roma nel 1740 dalla Compagnia di Pioda che ri- vestro, mostrano, tranne il Miracolo della mula inginoc- corse al pennello di Isidoro Reali: forse un discendente chiata innanzi all’ostia ostensa da Sant’Antonio da Pado- antigoriese di Luigi Reali, posto sotto la protezione del va, di dipendere strettamente da soggetti già presenti in De Pietri dalla potente Compagnia romana degli emi- chiese ossolane: l’Ultima Cena, con il cartiglio in calce grati antigoriesi, come suggerirebbe la delicata Madon- recante la dedicatoria dell’autore, riprende la composi- na delle Grazie che dall’alto delle nubi guarda col Figlio zione gaudenziana dipinta da Fermo Stella per la par- ai Santi Sebastiano, Rocco e Francesco da Paola in estati-

Tanzio da Varallo, Visitazione, olio su tela 1626. Vagna, San Brizio.

223 ca venerazione56. La Trinità implorata dalla Vergine a suffragio delle ani- Aperto l’accesso al XVIII secolo dalla personalità di Pie- me purganti con, inparergo, la messa di San Filippo Neri. tro De Pietri e di un suo pallido, eventuale riflesso, la- Al Gruppo di opere citate va aggiunta la tela conservata sciandosi alle spalle «i moti e gli affetti» dell’accademi- nel San Mattia di Oira, raffigurante La Trinità Implora- smo seicentesco per inoltrarsi nel panorama settecente- ta dalla Vergine e San Giuseppe sopra un angelo che trae sco della pittura ossolana, non sarà più necessario sof- un’anima al cielo dal folto delle anime purganti, affian- fermarsi in puntigliose soste su autori e opere, poiché cato, tre per lato, da sei scene illustranti casi di “morte l’interesse ridestatosi in tempi recenti sui pittori del improvvisa”. Il Ferroni dovrebbe avere dipinto le ope- XVIII e XIX secolo ha ampliato gli orizzonti storiogra- re citate nel decennio seguente il suo rientro a Milano, fici promuovendo monografie e studi facilmente reperi- quando assunse fra le prime commissioni quella di ese- bili, che, delineando un corretto quadro d’assieme del- guire, intorno al 1714, per la chiesa di San Eustorgio la l’attività artistica di quei secoli, hanno risaltato al giu- pala dell’altare di San Giuseppe, raffigurandovi il Transi- sto livello gli autori, le inclinazioni stilistiche, nonché la to del Santo, rapporto evidenziato dalle consonanze sti- volontà d’arte dei committenti, che li caratterizzarono. listiche e tipologiche ravvisabili nella stesura delle pit- Perciò su tali artisti, scelti dalla maggioranza dei com- ture elencate. A Milano il Ferroni ebbe però particola- mittenti contemporanei come interpreti fedeli delle re successo quale autore di disegni, volti in incisioni, ri- loro esigenze estetiche, motivate dalla religione, dal de- chiesti dall’editoria milanese, per illustrare pubblicazio- coro sociale o dal gusto, sia collettivo che individuale, si ni anche di grande prestigio, oppure, se di soggetto sa- tratterà l’attenzione considerandoli, per ingegno e ope- cro, destinate alla devozione privata58. Gli affreschi fir- rosità, personalità determinanti la cultura artistica del mati e datati “H. Ferronius baniensis pinxit 1736 ” sulla loro tempo. cupola centrale nell’oratorio dell’Annunciazione di Ban- Se Pietro de Pietri fu il primo degli ossolani ad accede- nio concludevano il decoro pittorico dell’edificio sacro re alla poetica del Classicismo romano mediante il ma- iniziato nel 1715, nel lasso di tempo intercorrente fra gistero di Carlo Maratta, il secondo ossolano ammes- queste date l’autore aveva accettato anche l’incarico di so fra gli allievi della medesima bottega romana fu l’an- eseguire affreschi per la Via Crucis, l’ultimo nel 1736, zaschino Girolamo Ferroni (Bannio 1687-? post 1740) affiancata al percorso sacro che porta al santuario della finora ricordato dalla letteratura artistica erroneamente Beata Vergine della Neve, dall’interno decorato dal Fer- originario di Milano o di Parma57. Il Classicismo roma- roni tra il 1723 e il 172559. no, di ascendenza raffaellesca, rafforzato dall’alito spi- All’operosità degli scultori ossolani, capaci di soddisfare rante, con linguaggio barocco, dall’area cortonesca, si appieno e a notevole livello la domanda locale di sup- palesa fin dai primi esiti nella pittura del Ferroni, già pellettili artistiche, destinate all’arredo ecclesiastico o esplicito nell’opera prima, almeno per ora ritenuta tale, domestico, va affiancata la capacità e l’ingegno domi- firmata e datata “OPUS FERRONI 1704 a Roma”, in- nante di un pittore vigezzino: Giuseppe Mattia Borgnis viata in patria per fungere da pala sull’altare dell’Imma- (Craveggia 1701-West Wycombe 1761), che con la sua colata nel San Bartolomeo di Bannio. Nella stessa chie- produzione in ogni genere pittorico, dalle vaste super- sa, ma più tarde, perché dipinte dopo il suo rientro a fici affrescate alle tavolette degli ex voto, dalle più com- Milano in seguito alla morte di Carlo Maratta nel di- plesse figurazioni ai ritratti, o dai sistemi decorativi di cembre del 1713, oltre alla pala dell’altare dedicato a interi edifici allo schema della più semplice ornamenta- San Francesco Saverio vi sono esposte la lunetta dipinta zione, saprà appagare ogni richiesta dei committenti lo- a olio su tela con il Battesimo di Gesù sullo sfondo del- cali, sia pubblici, sia privati, dal terzo al sesto decennio la piazza di Bannio con l’oratorio di Santa Marta, del del Settecento60. San Bartolomeo, e più arretrata la fuga delle cappel- Si è voluto richiamare l’incisiva presenza della tradizio- le dedicate alla via crucis, conclusa dal santuario del- ne scultorea locale per sottolineare come la stessa aura la Madonna della Neve; San Giuseppe col Gesù Bambino; classicheggiante, a cui inclina la scultura lignea ossola-

224 na, spira nelle opere del Borgnis, così vivamente da far- vori sia nelle residenze reali, sia in alcuni edifici di cul- ne la sua fortuna in Inghilterra, dove, apprezzato in- to torinesi. Allontanato dalle turbolenze politiche su- terprete di scene allegoriche e temi mitologici tratti da scitate nella capitale piemontese dalla invasione france- modelli del Classicismo romano, morirà famoso61. At- se, riparò, con la famiglia, nel paese natio, eletto a re- tento alla lezione dei grandi maestri del classicismo cin- sidenza permanente, alla quale ritornare negli interval- quecentesco, ai quali poté accostarsi, fra adolescenza e li tra gli impegni di lavoro che numerosi committen- giovinezza, risiedendo e studiando a Bologna, a Vene- ti gli affidarono in molti centri ossolani, dal capoluo- zia e, probabilmente a Roma, seppe da essi emanciparsi go agli abitati montani dislocati nelle alte valli, nonché per affermare una propria cifra stilistica, esposta da una nel confinante Ticino e in Piemonte. La versione per- tavolozza dai colori luminosi, vibranti a cui attinse per sonale della poetica neoclassica, a cui il pittore vigezzi- le grandi composizioni affrescate a gloria di Dio, della no sempre si attenne, si manifesta, in compendio esem- Vergine e dei santi, nelle cupole, nelle volte o sulle pare- plare, come opera della sua maturità, nella collegiata dai ti, oppure dipinte sulle grandi tele, che ancora oggi nu- Santi Gervasio e Protasio di Domodossola: dagli affre- merose lo ricordano autore felice di un animato Clas- schi stesi nelle volte a quelli del presbiterio raffiguran- sicismo (si potrà dire?) ossolano. Menzionato nella sto- ti Il martirio e il ritrovamento dei Corpi Santi dei giova- ria dell’arte quale primo maestro di Giuliano da Parma, ni martiri milanesi63. fu architetto, pittore e decoratore di brillante ingegno, Giunti alla metà del XIX secolo, non si uscirà dalla val- che nelle immagini sacre, condotte con rigoroso rispet- le Vigezzo trattenuti dal fascino di tre nomi che, con al- to dell’ortodossia tridentina, e nelle figurazioni mitiche tri validi artisti, l’hanno posta nella mitologia artisti- o allegoriche si rivela colto iconografo. Nella impossi- ca ad vocem «La Valle dei Pittori». Se Lorenzo Peretti bilità anche solo di compendiare il catalogo della vasta fu il primo fra i pittori vigezzini di spiccato talento ad produzione del Borgnis si proporrà, quale esempio fra i accettare la condizione di suddito degli Stati Sardi e di più significativi delle sue capacità creative, la chiesa dei conseguenza ad aprire la strada verso l’Accademia del- Santi Giacomo e Cristoforo di Craveggia, ricostruita du- la capitale sabauda, Carlo Gaudenzio Lupetti (Prestino- rante il quarto decennio del Settecento su progetto del ne 1827 — Nantes 1862) fu il primo vigezzino, di li- maestro craveggese, autore altresì delle opere pittoriche vello europeo, a muovere l’ulteriore passo dalla periferia e dei programmi decorativi eseguiti nella marginale or- piemontese verso il centro della cultura francese, incar- namentazione degli arredi. dinato nella sua capitale, Parigi, per conoscere dal vivo Saltati dieci anni nel repertorio della pittura settecente- gli uomini che stavano foggiando idee libertarie e visio- sca ossolana, fitti di nomi vigezzini62, è inevitabile rica- ni realistiche capaci di sovvertire, e di sostituire, il pol- dere in valle Vigezzo per incontrare il nome del pittore veroso apparato didattico delle Accademie. A Torino il più influente sulla cultura artistica ossolana dagli ultimi Lupetti giunse dopo l’apprendistato elementare, pres- decenni del Settecento alla prima metà dell’Ottocento, so le botteghe vigezzine dei Sotta64 a Malesco e dei Si- ossia Lorenzo Peretti (Buttogno 1774 — ivi 1851), che monis a Buttogno, per concludere nel 1849 il corso de- seppe evolvere l’eredità classicistica del Borgnis nella ri- gli studi regolari all’Accademia, da poco (1833) divenu- gorosa cognizione dell’Antico quale fonte formale del- ta Regia Albertina, ma fu l’approdo alle scuole dei mae- la teorica Neoclassica. Trascorsa l’adolescenza e la pri- stri parigini di metà Ottocento a condurlo verso «il per- ma gioventù a Torino, il pittore ebbe modo di frequen- fetto raggiungimento di quell’equilibrio tra la visione e tare i corsi di Lorenzo Pecheux presso l’Accademia di il sentimento che costituiva la massima aspirazione de- Belle Arti e acquisirvi quel carattere neoclassico, deriva- gli artisti del suo tempo» (B. Canestro Chiovenda). Du- to dal classicismo romano del Batoni e del Mengs, tra- rante il soggiorno parigino il Lupetti fu allievo di Leon smessogli dal maestro, in seguito, ammesso fra gli ar- Cogniet, studiò il classicista Thomas Couture, l’anima- tisti al servizio della corte Sabauda, ottenne commes- lier Jacques Raymont Bracassat e il realismo di Gustave se a volte modeste, a volte impegnative per eseguire la- Courbet, che segnano momenti diversi della sua vicen-

225 da di artista, tuttavia confluenti in un itinerario iden- la sua pittura divenne luce, quella luce scintillante che tico a quello percorso dagli impressionisti, come dimo- dalla tavolozza trascorse alle tele per fissare il poema pit- strano gli esiti dei suoi ultimi dipinti, dove la luce tra- torico dedicato dal Fornara, durante la lunga vita, alla scolorante di un istante è fermata dal colore a riprodurre sua valle: la valle dei Pittori67. Segna il passaggio dall’ul- liricamente la realtà. Quella realtà fissata ne La Zingara timo quarto dell’Ottocento al Novecento il costume di e i suoi animali d’ambulanza (Museo Galletti di Domo- introdurre nell’arredo urbano dei centri abitati ossola- dossola) descritta dalla luce trascorrente, che, «bagnan- ni opere scultoree d’intento o dimensioni monumenta- do», increspata da sfumati e ombre, i pelami e i panni, li, collocate o erette in luoghi pubblici, per commemo- evoca intorno all’accento esotico posto dalla figura gi- rare eventi o personaggi di spicco accaduti o vissuti per tana, l’intimistica atmosfera del ricovero e forse anche la maggior parte nel corso dei decenni a cavallo tra Ot- l’infantile sensazione, nel ricordo dell’autore, di crogio- tocento e Novecento. Tali attestazioni celebrative volu- larsi nel tepore e nell’afrore di una stalla, protetto dal ri- te dalle Comunità ossolane, ebbero significativo incre- gore di una lontana notte invernale a Prestinone65. En- mento negli anni successivi all’unità del Regno d’Ita- rico Cavalli (Santa Maria Maggiore 1849 — ivi 1919) lia e alla conclusione della prima guerra mondiale, affi- portò nella valle natia i frutti raccolti dalla esperienza date per lo più a scultori locali, o originari dell’Ossola. francese degli anni giovanili: dapprima allievo di Jose- Le ricerche pubblicate, o quelle in atto68, prossime alla ph Guichard alla Ecole des Beaux Arts di Lione, negli stampa, sapranno offrire al lettore ben più dell’elenco anni seguenti a Marsiglia a diretto contatto con l’opera seguente, necessariamente scarno, qui incluso con l’in- e gli insegnamenti di Adolphe Monticelli ebbe la chia- tento di ricordare gli scultori, mediatori, in pietra, mar- ve di lettura per interpretare la lezione di Guichard, le mo o bronzo, della comune gratitudine o ammirazio- suggestioni della pittura di Diaz de la Peña e le vigoro- ne. Primo nel tempo Luigi Guglielmi (Roma, 1836- ivi se ricerche cromatiche del contemporaneo Françòis Au- 1907) oriundo di Crodo, frequentò i corsi tenuti da Fi- guste Ravier, ma in particolare il Monticelli trasmise al- lippo Gnaccarini alla Accademia di San Luca a Roma, l’apprendista vigezzino la densa vitalità tonale e colori- autore del busto che ritrae Gian Giacomo Galletti espo- stica della propria tavolozza. Esperienza condotta senza sto nell’Istituto Professionale Galletti; Antonio Lusar- sottrarsi alle indagini sul colorismo degli antichi vene- di (Varallo Sesia, 1860- Domodossola, 1927) si formò ti e fiamminghi e in cui crebbe pittore dalle idee nuove alla Accademia Albertina di Torino sotto il magistero di che seppe comunicare ai suoi allievi della Scuola Ros- Odoardo Tabacchi e poi, collaborando con Pietro del- setti Valentini di Santa Maria Maggiore, aggiornando, la Vedova e Giacomo Ginocchi, giunse a quella matu- così, la tradizione artistica locale sulle nuove teorie pit- razione artistica che gli valse la docenza presso la scuo- toriche praticate in Francia negli ultimi decenni del se- la domese di Intaglio e Plastica, capace altresì di attrar- colo. L’ardita ricerca coloristica nelle nature morte e nei re una ragguardevole committenza sia pubblica che pri- paesaggi, l’approfondimento psicologico nei ritratti — vata, indotta dall’apprezzamento del suo lavoro ad as- i migliori sono in raccolte private — fanno uscire l’ope- segnargli numerose commissioni, quali: il monumento ra del Cavalli dall’ambito ossolano e lo confermano au- commemorativo di Martino Trabucati, il Famedio del tore degno di comparire fra i pochi veramente significa- Camposanto di Domodossola con il monumento fune- tivi dell’Ottocento pittorico italiano66. bre di Gian Giacomo Galletti, il bassorilievo comme- (Prestinone 1871 — ivi 1968) allievo del morativo del Conte Giacomo Mellerio sul fronte del Cavalli conobbe e vide il mondo dell’arte attraverso gli Palazzo Mellerio a Domodossola e i pannelli bronzei occhi del maestro, sempre puntati sul colore, dai pitto- della porta maggiore della Madonna della Neve a Do- ri veneziani del Rinascimento agli impressionisti fran- modossola; Francesco Ricci (Crana, 1877- Santa Ma- cesi, da Monticelli a Monet a Cézanne, ma fu con la ri- ria Maggiore, 1950) allievo di Odoardo Tabacchi pres- velazione della pittura di Fontanesi che capì come il co- so l’Accademia Albertina di Torino, autore del busto di lore poteva diventare materia luminosa e, infatti, nel- Giuseppe Garibaldi, del monumento a Gian Giacomo

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Galletti e di quello dedicato ai Caduti del Traforo del nello studio di Adolfo Wildt, testimoniano la sua attivi- Sempione in facciata della Stazione Internazionale, tut- tà in Ossola i Monumenti ai Caduti della prima Guer- ti a Domodossola; Giovanni Battista Tedeschi (Mergoz- ra Mondiale di Vogogna, Varzo e Premosello Chioven- zo, 1883- ?, ?) alunno nelle classi dell’Accademia di Bre- da, dove è tuttora esposto presso il palazzo municipale il ra affidate all’insegnamento di Eugenio Pellini e di Giu- busto di Giuseppe Chiovenda70; Eraldo Baldioli (Ome- seppe Cavenaghi, eseguì i Monumenti ai Caduti del- gna, 1897- Domodossola 1954) fu allievo nello studio la prima guerra Mondiale per le Comunità di Mergoz- domese di Antonio Lusardi, a testimonianza della sua zo. Ornavasso e Quarna; Angelo Balzardi (Schieranco opera rimangono a Domodossola, in facciata della col- di Antrona, 1892- Torino 1974) dapprima a Domo- legiata dei Santi Gervasio e Protasio, le statue dei tito- dossola fu allievo di Antonio Lusardi poi, per comple- lari, patroni della città, nonché al Sacro Monte Calva- tare gli studi si trasferì a Torino dove, valendosi del ma- rio la Grotta di Lourdes, con le statue della Beata Vergi- gistero di Leonardo Bistolfi conseguì il diploma presso ne e di Santa Bernadette, e nel convento il Monumen- l’Accademia Albertina, che in seguito lo ebbe come do- to commemorativo di Antonio Rosmini. Se la lettura di cente, le Comunità ossolane di Domodossola, Pallanze- questi cenni storici può essere utile per avviare la cono- no e San Pietro di Antrona gli commisero l’erezione dei scenza dell’arte in Ossola, per capirla è indispensabile il monumenti ai Caduti della prima Guerra Mondiale69; contatto visivo, ma, ancora più, gli incontri con le ope- Giovanni Oreste Pozzi (Vogogna, 1892- ivi 1980) com- re citate si moltiplicheranno, poiché il territorio ossola- pì gli studi alla Accademia di Brera a Milano, seguendo no è ben più ricco di fenomeni artistici di quanti possa- i corsi tenuti da Enrico Butti, e quindi entrò come aiuto no contenerne queste poche pagine.

Gerolamo Ferroni, pala dell’Immacolata, olio su tela, firmata e datata: OPUS FERRONI 1704 a Roma. Bannio, San Bartolomeo.

228 Note 19 C. Debiaggi, La chiesa parrocchiale di Crevoladossola e l’Architetto Ulrich Ruffiner, in “Oscellana” n.1, 1991, pp. 2-10. 1 Si veda il fascicolo monografico di “Oscellana” n.4, 2003, dedica- 20 G.F. Bianchetti, Vetrate dipinte nella chiesa dei Santi Pietro e Pao- to alla riproduzione integrale del catalogo pubblicato in occasione lo di Crevoladossola, in “Oscellana” n.1-2, 1987, pp. 135-153; Ve- della mostra “Varchignoli, alle origini dell’Ossola di pietra”, allestita trate del Cinquecento Svizzero in Ossola, in “Oscellana” n.1, 1990, alla “Fabbrica” di Villadossola nell’agosto del 1999 dalle Associazio- pp. 33-58. ni ASTO e Villarte corredato da ampia bibliografia. 21 G.F. Bianchetti, Frammenti di Arte Ossolana Domodossola 1999, 2 T. Bertamini, San Quirico di Calice in, “Oscellana”, n.2, 1974, pp. pp. 16-19. 57-62; P. Piana Agostinetti, l’Ossola Pre Romana, in “Oscellana”, 22 B. Canestro Chiovenda, Franciscus de Cagnolis de Novaria Pinxit, n.4, 1991, pp. 193-263. in “Oscellana” n.1, 1974 pp. 41-43. 3 T. Bertamini, Tempietto Lepontico a Montecrestese, in “Oscellana”, 23 T. Bertamini, La Cappella degli Esorcismi nella Chiesa di n.1, 1976, pp. 1-11. S.Gaudenzio di Baceno, in “Oscellana” n.1, 2004, pp. 3-14. 4 B. Beccaria, Montorfano di Mergozzo, Dalla Chiesa Battesimale alla 24 G.F. Bianchetti, Battista da Legnano in Ossola, in “Oscellana” n.2, Pieve (secoli V – XII), in “Storia di Mergozzo Dalle Origini ad Oggi” 1988, pp. 66 e n.6, pp. 82. a cura del Gruppo Archeologico di Mergozzo, Mergozzo 2003, pp. 25 B. Canestro Chiovenda, Fermo Stella da Caravaggio in val d’Osso- 115-116. la in Arte Lombarda 1969, 2°, pp. 94-110. 5 T. Bertamini Storia di Villadossola, Domodossola 1976, pp. 197, 26 G.F. Bianchetti, Tracce di Bernardino Luini in Ossola, Le Ante di 203. un Organo scomparso, in “Oscellana” n.1, 1992, pp. 47-58. 6 Ibidem, pp. 117-189. 27 G.F. Bianchetti, Battista da Legnano in Ossola, in “Oscellana” n.2, 7 Si veda il catalogo della Mostra, Novara e la sua Terra nei Secoli XI 1988, pp. 65-82; e n.3, 1988, pp. 130-154; idem, Giovanni Battista e XII Storia Documenti Architettura, Milano 1980 tenutasi a Novara da Legnano recentissime, in “Oscellana” n.2, 1994, pp. 75-88. nel Palazzo del Broletto dal 15 maggio al 15 giugno 1980, con am- 28 L. Chironi Temporelli, Antonio de Bugnate Pittore del Cinquecen- pio corredo bibliografico. to, in “Novarien” 1988, n.18, pp. 95-124. 8 T. Bertamini, Crevoladossola e la Sua Chiesa, in “Oscellana” n.2 29 G.F. Bianchetti, Il Pittore Giacomo di Cardone, in “Oscellana” n.1- 1998, pp. 67-78. 2, 2000, pp. 3-68; idem, Giacomo de Cardone recentissime Anzaschi- 9 G.F. Bianchetti, Il Maestro del Crocefisso di Seppiana, in “Oscella- ne, in “Oscellana” n.2, 2004, pp. 26-40. na” n.1, 1985, pp. 15-24. 30 L. Arioli, Ciclo pittorico Cinquecentesco nella Torre di Piedimulera, 10 G.F. Bianchetti, Affreschi Romanici in Ossola in “Oscellana” n.3, in “Illustrazione Ossolana” n.2, 1964, pp. 1-4. 1982, pp. 131-144. 31 A. Guglielmetti, Scultura lignea nella Diocesi di Novara tra ‘400 e 11 A. Airoldi, Storia di Vogogna, Domodossola 1992, vol.1°. 500, Novara, 2000, con ampia bibliografia precedente. 12 T. Bertamini, Il Pittore della Modonna di Re, in “Re e il Santuario 32 G.F. Bianchetti, Il coro ligneo Cinquecentesco dello Scultore Osso- della Madonna del Sangue” Domodossola 1996 pp. 330- 356. lano Andrea Merzagora nella chiesa della Madonna di Campagna di 13 G.F. Bianchetti, Una “Madonna del Latte” di Giovanni De Campo, Pallanza, in “Oscellana” n.4, 1980, pp. 181-208. in “Oscellana” n.4, 1994 pp. 193, 194; Quattrocento Lombardo nel 33 T. Bertamini, I Merzagora di Craveggia, in “Illustrazione Ossola- San Pietro di Dresio, in “Oscellana” n.2, 1996; Il Quattrocento Lom- na” n. 1, 1964, pp. 7-12. bardo in San Quirico di Calice, in “Oscellana” n.1, 1997, pp. 49-62; 34 G.F. Bianchetti, Santa Maria Annunziata del Sovrano Ordine mi- n.2, 1997, pp. 80-92. litare e ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme o di Malta del- 14 T. Bertamini, I Pittori Seregnesi (Cristoforo e Nicolao) del’400 in Os- la Masone di Vogogna, in C’era una volta..” Domodossola, 2000, sola in “Oscellana” n.2, 1996, pp. 78-90: G.F. Bianchetti, Il Quat- pp. 51-79. trocento Lombardo nel San Pietro di Dresio, cit. pp. 95,96. 35 T. Bertamini, Il Sacro Monte Calvario, Domodossola, 2000. 15 G.F. Bianchetti, Madonne Ossolane Quattrocentesche dalla Pietra 36 T. Bertamini, Il Santuario della Madonna della Neve a Bannio, in di Crevola, in “Oscellana” n.3, 1973 pp. 177-182; Il Capolavoro del “Oscellana” n.3, 1999, pp. 145-174. Maestro di Crevola, in “Oscellana” n.3, 1976; pp. 145-158; Le Opere 37 T. Bertamini, Storia di Cravegna, Cravegna, 2002, pp. 94-109. Civili del Maestro di Crevola in “Oscellana” n.2, 1977 pp. 113-122. 38 T. Bertamini, Maestro Giorgio de Bernardis di Buttogno, in “Illu- 16 T. Bertamini, Le Cave del marmo di Crevola, in “Oscellana” n.1-2, strazione Ossolana” n. 1, 1966, pp. 7-18. 1987 pp. 106-107; San Giacomo nella Storia di Vogogna in “Oscella- 39 T. Bertamini, Maestro Giulio Gualio di Antronapiana, in “Illu- na” n.1, 1998, pp. 9-18; Crevoladossola e la Sua Chiesa, in “Oscella- strazione Ossolana” n.2, 1964, pp. 5-12; idem, Antronapiana, in na” n.2, 1998 pp. 86-89. “Oscellana” n.1, 1975, pp. 39-53. 17 A. Longo Dorni, E Ronchi, Le Vicende della Comunità parroc- 40 T. Bertamini, Pietro Antonio Lanti di Macugnaga intagliatore e chiale e della sua Chiesa, in “Ornavasso Luoghi e Memorie (1587- scultore, in “Illustrazione Ossolana” n.3, 1968, pp. 1-7. 1987)” Ornavasso 1987, pp. 17-31. 41 G.F. Bianchetti, Giovan Pietro Vanni in “Arte lignea e devozione 18 P. Negri, Magistri ossolani a Spello, in terra d’Umbria, nel secolo nel cuore di una Comunità“ schede n. 34-38, pp. 99-111; P. Volo- XVI, le vicende della Madonna di Vico detta Tonda, in “Oscellana” rio, catalogo disegni, in “Arte lignea e devozione nel cuore di una n.4, 2001, pp. 128-189. Comunità“ cit. pp. 115-120.

229 42 G.F. Bianchetti, Una pala di Avanzino Nucci a Baceno, in “Oscel- 55 B. Canestro Chiovenda, Petrus de Petris Pictor natus Antigorio, in lana” n.3, pp. 129-136; idem, Avanzino Nucci a Villadossola?, in “Oscellana” n.2, 1971, pp. 63-69. “Oscellana” n. 4, 1997, pp. 215-229. 56 G.F. Bianchetti, La Pietà che porta l’Ali, cit. pp. 155, 156. 43 R.Contini, Paolo Piazza ovvero collusione di periferia Veneta e mo- 57 G.F. Bianchetti, A margine di Borgnis in England di Dario Gnem- dulo ridolfino, in “Paolo Piazza Pittore Cappuccino nell’età della mi, cit. pp. 316-142. Controriforma tra conventi e corti d’Europa” a cura di S. Martinelli 58 E. Villani, Contributi per l’opera artistica di Gerolamo Ferroni, in e A. Mazza, Verona, 2002, fig. 53,54 pp. 106-110. “Rassegna di Studi e di Notizie” vol. X, 1982, pp. 389-409. 44 G. Testori, Tanzio da Varallo, Torino, 1959, Tav. 3, 52, pp. 34-36; 59 T. Bertamini, Confraternita ed Oratorio dell’Annunciazione di Ban- catalogo della mostra “Tanzio da Varallo, realismo fervore e contem- nio, in “Oscellana” n.1, 1999, il. P. 62, p. 61; idem, Il Santuario del- plazione in un pittore del 600”, tenutasi nel palazzo Reale di Milano la Madonna Della Neve di Bannio, in “Oscellana” n. 3, 1999, pp. dal 13 aprile al 16 luglio 2000, Milano 2000, sch. 6, pp. 80-84, sch. 153-157. 25, pp. 121-124 di R. Contini. 60 T. Bertamini, Giuseppe Mattia Borgnis pittore, in “Oscellana” n.3 45 G.F. Bianchetti, La pietà che porta l’ali, in “I compagni di San- – 4, 1983. t’Antonio in Roma e Bologna” a cura di E. Ferrari, Crodo 2000, 61 D. Gnemmi, Borgnis in England, Ornavasso 2001. pp. 140-141. 62 B. Canestro Chiovenda, La valle dei pittori, in “Invito alla valle Devo alla cortesia del Dr. Angelo Mazza dirigente della Soprinten- Vigezzo” a cura di P. Norsa, Domodossola 1970, pp. 295-330; D. denza per il Patrimonnio Storico Artistico e Demo Etno Antropo- Gnemmi, L’arte ossolana dal sec. XVIII al XX (la Pittura), in “Oscel- logico di Modena e Reggio Emilia le indicazioni circa l’attribuzione lana” n.3, 1991 pp. 187-191. dell’Adorazione dei Magi. 63 T. Bertamini, Lorenzo Peretti Pittore (1774-1851), in “Oscella- 46 B. Canestro Chiovenda, Stephanus Delphinus ab Insula, in “Oscel- na” n.4, 1974. lana” n. 3, 1986, pp. 178-181; idem, I pittori Rocco e Stefano Delfina 64 D. Gnemmi, La pittura dei Sotta, Malesco 2002. ab Insula e il Morazzone, in “Oscellana” n. 1, 1992, pp. 25-29. 65 B. Canestro Chiovenda, Uno strano autoritratto giovanile di Car- 47 G.F. Bianchetti Santa Maria Annunziata del Sovrano Ordine Mi- lo Gaudenzio Lupetti, in “Oscellana” n.3, 1986, pp. 123-127; idem, litare e Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme o di Malta alla Jaques Raymond Bracassat, Rosa Bonheur e Carlo Gaudenzio Lupetti, Masone di Vogogna, cit. pp. 67-72. in “Oscellana” n.4, 1996, pp. 205-216. 48 G.F. Bianchetti, Luigi Reali Pittore Fiorentino in Ossola, in “Oscel- 66 G. Cesura, Enrico Cavalli Pittore (Santa Maria Maggiore 1849- lana”, n. 4, 1986, pp. 182-221. 1919), Domodossola, 1993. 49 T. Bertamini Carlo Mellerio pittore del 600 in “Oscellana” n. 3, 67 N. Valsecchi, F. Vercellotti, Carlo Fornara pittore, Milano 1971. 1990, pp. 129-152. 68 Devo alla generosa cortesia dell’amico arch . Paolo Volorio le no- 50 B. Canestro Chiovenda, Un pittore Spagnolo in val Vigezzo: Bar- tizie biografiche riguardanti gli scultori ossolani qui di seguito no- tolomè Romàn (Cordova 1596- madrid 1647), in “Oscellana” n. 4, minati, oggetto delle sue attuali ricerche che verranno quanto prima 1976, pp. 207-217. pubblicate accrescendo e approfondendo i temi in argomento già 51 B. Canestro Chiovenda, Un quadro del Fiammingo Godefridus trattati in: A. Volorio, Antonio Lusardi Sculpsit, in “Rivista del Verba- Maes (1649- 1700) in val Vigezzo, in “Oscellana” n.3, 1981, pp. no Cusio Ossola” n.7, 1998, pp. 55-57; idem, Tributo d’artista [An- 146-154. tonio Lusardi per Federico Ashton], in, copertine di M.me Webb, Do- 52 B. Canestro Chiovenda, “Rossettus Pinxit” Antonio Valentino Ca- modossola 2000; idem, Il senso fisico della bellezza (Oreste Pozzi Scul- vigioni detto Valentino Rossetti (Vogogna 1653- post 1733), in “Oscel- tore) in “Rivista del Verbano Cusio Ossola” n.2, 2000, pp. 60-61. lana” n.2, 1985, pp. 76-91. 69 A. Dragone, Angelo Balzardi scultore, in “Oscellana” n.1, 1974, 53 B. Canestro Chiovenda, Giacomo Antonio Minoli (Pittore) – Ga- pp. 3-5; A. Arcardini, Angelo Balzardi nel ricordo di un vecchio ami- gnone 1657-?, in “Oscellana” n. 1, 980 pp. 27-31. co, in “Oscellana” n.1, 1974, pp. 6-9. 54 G.F. Bianchetti, A margine di Borgnis in England di Dario Gnem- 70 C. Morganti, Giovanni Oreste Pozzi un grande artista ossolano di- mi, in “Oscellana” n.3, 2003, tav. 5 a p. 130 e p. 136. menticato, in “Oscellana” n.3, 1995, pp. 130-139.

230 I letterati ossolani Enrico Margaroli

II più antico documento ossolano redatto in «volgare» no cedere per la modesta somma di diecimila scudi. che ci sia pervenuto è rappresentato dagli statuti della Ma l’affetto per la piccola patria trabocca soprattutto confraternita di Santa Marta, la quale si costituì e si die- dalla sua opera storica, intitolata Memorie della Corte de le proprie regole nel 1459. di Mattarella o sia del Borgo di Domo d’Ossola e sua Naturalmente tale documento, studiato e pubblicato da giurisdizione, conclusa nel 1631 e pubblicata dal figlio Gianfranco Contini nel 1963, riveste qualche impor- nel 1673. tanza per la storia locale, mentre il suo interesse è pres- In quest’opera che gli meritò il nome di padre della pa- soché nullo non solo sotto l’aspetto letterario, ma anche tria e per la quale gli Ossolani debbono serbargli gran- linguistico, essendo composto in un volgare comune a de riconoscenza, il Capis ci trasmette tutte quelle noti- tutta l’area lombarda occidentale. Afferma Contini: ... i zie che ai suoi tempi gli fu possibile raccogliere. dialetti dell’Ossola appaiono un complesso lombardo-alpi- Particolarmente interessanti sono le pagine dedicate alla no su un fondale di isoglosse piemontesi; e la situazione de- peste del 1630 (quella stessa descritta dal Manzoni nei gli statuti riesce simbolica di quella della regione. Promessi Sposi), durante la quale il Capis fu Commissario Per trovare un’opera scritta esplicitamente per la poste- di Sanità. Altre pagine interessanti sono quelle dedica- rità e con la volontà dichiarata di porvi dell’ingegnoso, te alla battaglia di Crevola del 1487 contro gli svizzeri; occorre giungere al secolo XVII, nel quale visse il capo- ma forse non è giusto fare una scelta, poiché ogni pa- stipite degli scrittori ossolani, Giovanni Capis (1582- gina del Capis è piena di interesse per gli Ossolani, e la 1632). Questo scrittore nacque da nobile e ricca fami- sua piccola storia, scritta in uno stile spontaneo e sem- glia originaria di Mozzio e compì gli studi a Novara, plice, ma non trasandato, parlandoci delle fatiche e del- Milano e Pavia, dove si laureò in giurisprudenza nel le sofferenze degli abitanti delle nostre valli, ci aiuta me- 1605. glio a comprendere la storia «grande». Alla morte del padre, nel 1608, tornò a Domodossola Curiosa è un’altra opera del Capis, scritta negli anni e assunse l’incarico di Procuratore della Comunità. della prima giovinezza, il Varon Milanes — De la lin- Divenne così un benemerito cittadino che seppe di- gua de , in cui studia l’etimologia di circa cento- mostrare il proprio amore per la piccola patria in due cinquanta parole del dialetto milanese, delle quali vuo- modi. Innanzi tutto impegnandosi con onestà e com- le dimostrare la derivazione dal latino e dal greco. Al petenza nella difesa dei privilegi e delle libertà dell’Os- Capis spetta così anche il merito, non trascurabile, di sola Superiore (Domodossola, Val Divedro, Bognanco essere stato uno dei primi studiosi del dialetto, anche se e Antrona) contro le pretese degli Spagnoli che gover- la materia è da lui affrontata in modo del tutto estem- navano nel Ducato di Milano, offrendosi anche, come poraneo e con un certo spirito goliardico. dice un documento del 1609, di soccorrerla dei suoi pro- Per trovare un secondo scrittore ossolano di rilievo oc- pri denari. corre fare un balzo di duecento anni e trasferirsi nel se- Memorabile è al riguardo la magistrale e coraggiosa di- colo XIX, il secolo che vide dovunque una straordinaria fesa che scrisse nel 1620 per dimostrare l’illegittimità fioritura di scrittori di storia locale. dell’infeudamento dell’Ossola che gli Spagnoli voleva- Il primo in ordine cronologico di questi scrittori fu

231 Francesco Scaciga della Silva (1810-1874), il quale eser- scere sulla Valle Vigezzo; servendosi in particolar modo citò la professione di avvocato in Domodossola. Nel per tale lavoro dei sette grossi volumi che contenevano corso della sua esistenza ricoperse le cariche di Vice- le deliberazioni del Consiglio Generale della Valle e gli Giudice del Mandamento e di Regio Provveditore agli avvenimenti più importanti dal 1550 al 1818. studi per la Provincia dell’Ossola. Intensa fu la sua atti- Un difetto molto evidente (se lo vogliamo chiamare vità di giornalista. Fondò Il Moderato nel 1851; L’Agogna così) del suo stile, ma che tuttavia non intacca l’obiet- nel 1854 e La voce del Lago Maggiore nel 1866. tività storica, è costituito dallo spirito campanilistico e Il lavoro per cui gli Ossolani lo ricordano è la Storia di dal patetismo, che furono una caratteristica comune a Val d’Ossola, pubblicata nel 1842. La validità dell’ope- quasi tutti gli scrittori di storia locale del secolo XIX. ra è purtroppo limitata, sotto l’aspetto scientifico, dal- Un grandissimo suo merito consiste nell’aver dedica- la mancata citazione delle fonti; ma rammarica ancor di to l’ultimo dei tre volumi ad una ricca silloge di docu- più il fatto che il libro non sia stato corredato dalla ri- menti originali, i quali possono così essere facilmente produzione dei documenti originali che lo Scaciga con- consultati dagli studiosi. sultò in gran numero e che sono con il passare del tem- Una terza ragguardevole personalità di scrittore e di po andati perduti. studioso ossolano del secolo XIX fu Enrico Bianchetti Di questo scrittore merita di essere ricordato un altro (1834-1894), appartenente ad una facoltosa famiglia lavoro dal titolo Vite di Ossolani Illustri. Con un qua- che si era trasferita dal Cusio nell’Ossola durante il se- dro storico delle eresie (Domodossola, 1847), nel qua- colo XVIII. Frequentò la facoltà di legge all’Università le vi sono, tra le altre, le biografie dei due Paolo Della di Torino, senza conseguire la laurea. Ricoperse alcune Silva di Crevoladossola; di Innocenzo IX, oriundo di cariche pubbliche, fra le quali quella di Consigliere pro- Cravegna; del pittore Giuseppe Borgnis di Craveggia; vinciale per il mandamento di Ornavasso. di Feminis Giovanni Paolo di Santa Maria Maggiore, Nutrì vasti interessi, ma soprattutto studiò e approfon- inventore dell’acqua di Colonia; del Conte Giacomo dì gli aspetti della storia ossolana. A lui si deve pure lo Mellerio di Domodossola; del medico Giovanni Palletta scavo nel territorio di Ornavasso di numerose tombe di Montecrestese. gallo-romane, che catalogò e descrisse in un’opera che Lo Scaciga ebbe anche qualche pretesa letteraria e fu au- uscì postuma I sepolcreti di Ornavasso. tore di tre Almanacchi (Il Pescatore d’Andromia, 1846- Il Bianchetti pubblicò nel 1878 la sua opera più impor- 1847-1848) nei quali incluse novelle e racconti storici. tante, L’Ossola Inferiore - Notizie Storiche e Documenti, Piuttosto vasta fu la sua cultura e amò indulgere al pia- in due volumi, il secondo dedicato alla raccolta dei do- cere dell’erudizione e del riferimemo dotto. Il suo stile cumenti originali. In questo lavoro egli ci narra con uno è concettoso ed elegante. stile limpido ed elegante le vicende che nel corso dei se- Seconda gloria ossolana del secolo XIX è il vigezzi- coli interessarono l’Ossola Inferiore, ossia i territori a no Carlo Cavalli (1799-1860), il quale secondo quan- sud di Piedimulera, con la Valle Anzasca e quelle che to scrisse egli stesso nel frontespizio della sua opera, fu erano chiamate la «quattro terre», cioè Cardezza, Beura, dottore in Filosofia, Medicina e Chirurgia, Membro cor- Trontano e Masera. rispondente della Società Medico-Chirurgica di Torino e Il Bianchetti rispetto agli scrittori precedenti rivela una della Giunta Provinciale di Statistica - Sindaco da ven- più acuta mentalità di storico e possiede un maggior tanni di Santa Maria Maggiore. senso critico: è il primo ad avanzare sospetti sull’auten- Nel 1845, a coronamento di un intenso lavoro di ri- ticità di antichi documenti, è il primo che introduce il cerca, il Cavalli pubblicò i Cenni Statistico-Storici della confronto fra le fonti e che applica con rigore il meto- Valle Vigezzo, con i quali, spinto da una forza irresistibile, do deduttivo. Probabilmente alla formazione di questa volle testimoniare il proprio amore alla terra che lo ave- più matura coscienza storiografica giovò l’amicizia con va visto nascere, raccogliendo ed ordinando, con suffi- il dottissimo padre rosminiano Vincenzo De-Vit, da lui ciente spirito critico, tutto quanto era possibile cono- definito «carissimo e venerato».

232 le il De-Vit propose l’esistenza di una provincia roma- na della quale nessun storico antico ha mai fatto men- zione. Questo silenzio lo costrinse ad applicare in larga misura il metodo deduttivo, a spaziare ampiamente nel campo della epigrafia e della storiografìa, fino a polemiz- zare con il sommo Teodoro Mommsen. Il De-Vit affer- ma di essere riuscito a trarre luce dove si credeva che non potesse venire che tenebra, ed è questa una stupenda de- finizione del vero storico. Infatti con il De-Vit la storia locale ossolana per la prima volta non è più esposizione, qualche volta acritica, dei fatti, ma tesi, ricerca e dimo- strazione, perseguita con proprietà di linguaggio e rigo- re di argomentazione. Altri scrittori del secolo XIX furono legati in vario modo all’Ossola. Pietro Prada (1838-1890) uno dei rettori del Collegio Rosmini è autore, fra l’altro, di una monogra- fia su Domodossola e il Monte Calvario che fu premiata all’Esposizione di Torino. Francesco Pinauda (1864-1934), rosminiano, scrisse molti articoli, fra cui Le piaghe dell’Ossola e Notizie sul- le traslazioni dei corpi dei SS. Martiri venerati nell’Os- sola, nonché i Cenni sulle miniere, cave e acque minera- li della regione ossolana, ma è ricordato soprattutto per i suoi almanacchi storico-illustrati che ha redatto dal 1914 al 1926. Enrico Bianchetti (1834 - 1894). Guido Bustico, nato a Pavia nel 1876, studioso assai versatile, pubblicò numerosissimi saggi di storia, di let- Vincenzo De-Vit, dopo aver insegnato nel seminario di teratura e di pedagogia. Insegnò nelle scuole professio- Rovigo, entrò nel 1849 nell’Istituto della Carità fonda- nali di Domodossola. Nel 1909 fu nominato direttore to da Antonio Rosmini, e del grande filosofo rovereta- della Biblioteca e del Museo Galletti. Fondò la rivista no fu assistente agli studi a Stresa, dove soggiornò dal Illustrazione Ossolana sulla quale pubblicò molti lavori 1850 al 1860. Passò trent’anni della sua vita a Roma, che interessano la nostra Valle. conservando l’abitudine di trascorrere le vacanze estive Venanzio Barbetta (1869-1910) si laureò in lettere pres- a Stresa e a Domodossola. so l’Università di Torino. Fu autore di varie opere tea- Si dedicò per ben trentacinque anni al rifacimento del trali e di alcuni romanzi (Giovani, Mulini al vento), per- Totius Latinitatis Lexicon del Forcellini e alla compila- meati da un profondo ed irrequieto pessimismo. Una zione dei quattro volumi di Onomastica, acquistando lapide lo ricorda sulla casa natale di Baceno. Giuseppe con questi lavori fama internazionale e diventando uno Chiovenda (1872-1937) giurista di fama mondiale, dei più grandi lessicografi del XIX secolo. ebbe una giovanile inclinazione per la poesia, tanto da Sterminata fu pertanto la sua erudizione lessicografica, meritarsi l’inclusione in una raccolta di poeti mino- epigrafica e storica. ri dell’Ottocento. Pubblicò nel 1891 un volumetto di Gli Ossolani lo ricordano per un’opera molto impe- Poesie filtrate attraverso lo stile e la sensibilità carduc- gnata, La provincia romana dell’Ossola, ossia delle Alpi ciana, e nel 1894 un secondo dal titolo Agave. In molte Atrezziane, pubblicata nel 1892 a Firenze, con la qua- delle sue poesie rievoca momenti di amore con un lin-

233 guaggio limpido e semplice. ne con gli opportuni aggiornamenti nel 1977, è ancora Gabriele Lossetti Mandelli d’Inveruno (1821-1886) fondamentale per chi voglia farsi una conoscenza d’as- scrisse una Cronaca del Borgo di Vogogna dall’anno 1751 sieme dell’Ossola. al 1885 molto ricca di notizie, che fu pubblicata solo Altri scrittori del XX secolo meritano di essere ricordati. nel 1926. Don Giuseppe Salina (Vittorio D’Avino, 1877-1949), Passando dal secolo XIX al XX non si interruppe la fe- per molti anni parroco a Cimamulera, diede alla stam- conda tradizione degli scrittori ossolani. Il primo che ci pe numerose pubblicazioni che nel 1994 sono state rac- viene incontro è l’avvocato Nino Bazzetta (1880-1951), colte in un unico volume. Nelle sue poesie il D’Avino il quale pubblicò nel 1911 la Storia di Domodossola e esprime il proprio amore per l’ Ossola bella, di cui sa co- dell’Ossola Superiore dai primi tempi all’apertura del tra- gliere in modo efficace gli aspetti più pittoreschi, sia che foro del Sempione. si tratti dei tumultuanti gorghi dei torrenti o delle nevi Questo lavoro non si può propriamente chiamare ope- pure delle vette. Vittorio D’Avino si dedicò con passio- ra storica, se intendiamo per storia l’interpretazione di- ne anche alla poesia in dialetto, soprattutto nel dvarûn namica e collegata dei fatti, o anche solo la descrizione di Varzo. cronologica degli eventi; il lavoro è infatti spezzettato Accanto a don Salina merita di essere ricordato il cano- in numerosi capitoletti che trattano diversi argomenti: nico Luigi Rossi (1885-1956), prevosto di Castiglione i primi abitanti dell’Ossola, il cristianesimo nell’Ossola, d’Ossola dal 1910 al 1930. Insieme con Vittorio l’antico Comune di Domodossola, il torrente Bogna, la D’Avino firmò una nuova edizione di Ossola bella peste a Domodossola, il Monte Calvario, e così via; il li- (1913), non più di sole poesie; nel 1928 pubblicò la bro si presenta dunque come una sorta di repertorio di guida Valle Anzasca e Monte Rosa. Questa guida forse notizie storiche e di curiosità. per la prima volta reca notizie interessanti sugli archi- La narrazione è lucida, pacata e di carattere chiaramen- vi parrocchiali e comunali e per la prima volta si oc- te divulgativo, tale da costituire una lettura dilettosa e cupa dei documenti manoscritti, conservati nei picco- da essere consigliata a chi si vuole avvicinare senza so- li centri. verchia fatica alla storia dell’Ossola. Adolfo Sebastiano Ferraris (Adolfo da Pontemaglio, Un secondo scrittore di storia locale di rilievo nel no- 1901-1954) si dedicò con grande tenacia alla compi- stro secolo è Giovanni De Maurizi (1875-1939). Nato lazione di una ponderosa Bibliografia Ossolana che rac- da famiglia povera, il De Maurizi divise la prima giovi- coglieva ben 3760 titoli e che fu pubblicata dal 1938 nezza tra l’aspro lavoro dell’alpe e la ricerca instancabi- al 1952 sul Bollettino Storico per la provincia di Novara. le, di paese in paese, di notizie riguardanti la storia e il Ma questo suo importante lavoro è stato ingiustamente folklore della Valle Vigezzo. Nel 1908 fu ordinato sa- dimenticato; infatti il Ferraris è più noto per aver pub- cerdote ed inviato coadiutore a Santa Maria Maggiore. blicato nel 1927 un volumetto di Novelle e leggende osso- Unì all’attività sacerdotale la sua innata passione di sto- lane, che aveva appreso, come dice egli stesso, da ragaz- rico e di ricercatore. Pubblicò nel 1911 la prima mo- zo nelle incantevoli serate di settembre, mentre si stigliava nografia illustrata, La Valle Vigezzo, della quale uscì nel la canapa giù in cortile, o durante le lunghe veglie inver- 1934 la terza edizione presso Rizzoli, Milano. A que- nali fra il rumorio dei filatoi. sta seguirono studi sulle valli Antigorio e Formazza, La voluta semplicità dello stile ci conserva in qualche sui De Rodis-Baceno, su numerosi comuni vigezzini modo il sapore e la spontaneità dei poveri e incolti no- (Buttogno, Crana e Santa Maggiore, Craveggia), studi vellatori ossolani. che l’autore definiva modestamente briciole o noterelle. Luigi Pellanda (1885-1961), Arciprete di Domodossola, La sua opera più conosciuta si intitola L’Ossola e le sue fu uno dei primi cronisti delle tragiche vicende che in- valli ed è una guida turistica, storica ed artistica scritta sanguinarono l’Ossola durante la seconda guerra mon- per incarico della Società Escursionisti Ossolani e pub- diale, vicende alle quali assistette non passivamente, blicata nel 1931. Questo testo, giunto alla terza edizio- militando, in conformità alla missione sacerdotale, dal-

234 gi, drammi e romanzi, fra i quali ultimi quello che ci in- teressa come Ossolani è Il romanzo di una valle, nel qua- le mette in evidenza la magnificenza e la pace della ter- ra degli avi. Ma la personalità più geniale che l’Ossola abbia espres- so è sicuramente quella di Giovanni Leoni (Torototela, 1846-1920). Questo poeta nacque dal pittore mozzie- se Giuseppe e da Lucia Giacomina Burla. Frequentò il Collegio Rosmini dal 1857 al 1863, già allora rivelando una natura ricca ed estroversa, ma a causa della povertà fu costretto, come molti altri Ossolani, ad emigrare nel- l’America Latina, dove esercitò varie attività commer- ciali. Nel 1886 prese una decisione ammirevole e rara: rinunciò, appena quarantenne, ai lauti guadagni e ritor- nò nella natia Ossola per godersi la libertà, le amicizie e le montagne, né scìor né gnanca povar, fino alla morte. Fu presidente della Sezione Ossolana del CAI; e pro- motore della «Pro Devero»; progettò e curò la costru- zione dell’attuale rifugio sul Monte Cistella. La fama del Leoni è legata al volume di Rime Ossolane (Belluno, 1929), una raccolta di satire dialettali, nel- le quali, armato di buon senso e seguendo da lontano le orme del poeta milanese Carlo Porta, sottopone alla sua critica divertente e mordace tutti coloro che ven- gono meno al loro dovere, siano essi sacerdoti o uomi- Giovanni Leoni, Torototela (1846 - 1920). ni politici. Tipico esempio di borghese del tempo, amante dell’or- la parte dell’Uomo, della fraternità e della vita. Nel set- dine, del lavoro e del risparmio, non seppe comprende- tembre del 1944 fu mediatore e garante dell’accordo fra re abbastanza le esigenze e i diritti dei ceti meno fortu- partigiani e nazifascisti per lo sgombero di Domodosso- nati e la loro lotta per una esistenza migliore; bisogna la. Di questi avvenimenti ci ha lasciato la propria testi- però riconoscere che più che le forze di sinistra in quan- monianza ne L’Ossola nella tempesta. to tali, egli avversò gli atteggiamenti demagogici, non Ida Braggio Del Longo (1879-1965), benemerita citta- negando al proletariato il diritto di essere rappresenta- dina, si occupò durante la sua vita di attività benefiche to in Parlamento: e di pubblicistica, con numerosi articoli sulla stampa lo- S’agh fassum dent na bona sedazaa cale. È autrice di un volumetto, Piccolo mondo ossolano, ad quij cinq cent e vott... ugh an sares apena che ci permette di conoscere personaggi, costumi e vi- tra ross e negar giust una trentena. cende della Domodossola della prima metà del secolo. I suoi versi sono importantissimi sia da un punto di vi- Luciano Gennari (1892-1979), figlio di emigrati vi- sta storico-sociale, perché ci offrono un vivissimo spac- gezzini, conobbe ugualmente bene la letteratura ita- cato della vita ossolana del tempo; sia da un punto di liana e francese, cosa che gli permise di stringere ami- vista linguistico, poiché tramandano nel tempo il dia- cizia con letterati di spicco di entrambe le nazioni. In letto ossolano della fine del secolo; e infine da un pun- Valle Vigezzo fu consigliere comunale e presidente di to di vista artistico, poiché nei componimenti risplende varie società. La sua produzione bilingue annovera sag- la capacità del Leoni nel riprodurre realisticamente la

235 psicologia e gli ambienti della gente ossolana, e nell’in- fondere nei personaggi il soffio della vita e della poesia. Restando fra i poeti merita una menzione Pietro Pianavilla (1897-1979), autore di Businà d’Antrona, in cui la originale poesia ha il sapore di una scoperta per- sonale ed autentica, lontana dalle influenze letterarie. Il suo sguardo non si spinge oltre il microcosmo antro- nese del quale coglie gli aspetti con acutezza ed umori- smo, in un dialetto che conserva integralmente la sua difficile purezza. Francesco Savio (1917-1986), è autore di Il vento del- le sette valli, che ha il sapore di un addio pacato e se- reno alla vita dopo le innumerevoli sofferenze. Nel li- bro si alternano a delicati versi di amore e ad altri dedi- cati ad un’Ossola ancora favolosa, prose con descrizio- ni di villaggi e di persone legate all’esperienza dell’auto- re e che ci fanno sentire Il gusto amaro e buono del no- stro vivere. Francesco Zoppis (1919-1992), è autore di Ossola no- stra e de I racconti della Rocca. In questi lavori le noti- zie storiche risultano diluite nell’invenzione romanze- sca, poiché lo scrittore indulge al gusto del racconta- re e di conseguenza l’amore per la bella pagina e la «li- bertà di creare» rendono interessanti per il lettore os- solano in quanto tale i suoi racconti di discreta fattu- ra letteraria. Allo Zoppis va anche il merito di aver cu- Gianfranco Contini (1912 - 1990). rato nel 1977 l’aggiornamento de L’Ossola e le sue val- li del De Maurizi. dobbiamo guardare, bensì alla completezza delle infor- Erminio Ragozza (1918-1984), pubblicò nel 1969 mazioni e soprattutto all’intenso spirito di servizio nei Aria di casa nostra, un lavoro riguardante Premosello confronti della Comunità che ha spinto l’autore a com- Chiovenda. L’autore vi dispiega un autentico gusto del pulsare tutte le opere, dalle più ponderose ai più umili raccontare, presentando, accanto agli avvenimenti «im- opuscoli, per trarne con cura meticolosa tutte le notizie portanti», piccoli fatti, notizie curiose, che di solito lo e tutte le opinioni sui punti controversi. studioso accigliato disdegna, frammischiate a commen- Renzo Mortarotti (1920-1988), per il quale chi scrive ti spiritosi, filastrocche e divertite riproduzioni del par- conserva un reverente ricordo di alunno, è uno degli lato locale, in capitoletti dal titolo spesso stimolante, studiosi di maggior rilievo di questi ultimi anni, auto- con un equilibrio fra il serio e il faceto capace sia di in- re di due notevoli opere: L’Ossola nell’età moderna, nel- teressare che di divertire. la quale con stile elegante e piacevole fornisce un qua- Don Angelo Airoldi (1923-1993), è autore di una dro esauriente non solo delle vicende storiche, ma an- Storia di Vogogna in due volumi, il primo concernen- che dell’ambiente, dell’economia, della cultura e dei co- te le vicende politiche e sociali, il secondo quelle reli- stumi della popolazione, per cui questa opera si racco- giose dell’antico borgo, un tempo capitale dell’Ossola manda come una lettura veramente indispensabile per Inferiore. Anche se la materia non ha ricevuto una per- coloro che non vogliono che la parola Ossola riman- fetta elaborazione critica e stilistica, non è a questo che ga una espressione puramente geografica. La seconda

236 opera è I Walser nella Val d’OssoIa, in cui la storia di dimenticò tuttavia la sua terra natia dando alle stampe, questa popolazione alpina è presentata con dovizia di nei Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, documentazione in uno stile esemplare con pagine di Gli statuti volgari Quattrocenteschi dei Disciplinati di grande efficacia descrittiva. Ma non si deve dimentica- Domodossola, già ricordati, e per compiervi l’ultimo ap- re GR-Grazia Ricevuta, con la quale Mortarotti, peregri- prodo e restituirsi al suo grembo materno. nando di Santuario in Santuario e di oratorio in orato- Ma tra gli scrittori della seconda metà del XX secolo oc- rio, propone gli ex voto più significativi, presenti nel cupa un posto di primo piano il rosminiano Don Tullio territorio ossolano con un commento puntuale sul pia- Bertamini (nato nel 1924). A questo studioso, dotato di no interpretativo e artistico. una vasta cultura e di molteplici competenze, dobbia- Sono queste opere la chiara testimonianza di un amo- mo la storia di Villadossola (1976), di Tappia (1985), re e di un interesse vasto e non occasionale per l’Osso- Montecrestese (1991), Castiglione (1995), Re (1996), la, in linea con la tradizione ormai più che secolare dei Cimamulera (2001), Masera e i suoi statuti trecente- docenti rosminiani. Non possiamo inoltre non ricor- schi (2001), Cravegna (2002), Viganella (2003) e del dare per il lustro che ne deriva all’Ossola Gianfranco Castello di Mattarella (2004). Da ricordare anche gli Contini (1912-1990), il quale, sebbene sia stato por- innumerevoli studi comparsi sull’Illustrazione Ossolana tato dal suo genio di letterato lontano dagli interes- ed in seguito su Oscellana, la rivista da lui fondata nel si per l’Ossola (alla quale fu legato dalla vicende della 1971. Degno di attenzione è anche l’Almanacco Storico Resistenza in qualità di membro della commissione di- che, dal 1984 esce annualmente e nel quale numerosi dattica consultiva per la Zona liberata dell’Ossola), non studiosi si occupano dei più diversi argomenti.

237

“Walser”: gli uomini dell’alta montagna Enrico Rizzi

Discendenti degli antichi “alemanni” di Tacito, i “Wal- damento dinamico tra il XII e il XV secolo, quando la ser” sono scesi nel medioevo a ridosso delle Alpi Cen- loro diaspora può considerarsi storicamente conclusa. trali, si sono acclimatati alle grandi altitudini nell’Alto Una prima fase spinge dall’originario Vallese i Walser Vallese (da cui derivarono il nome di “Walser”), e, tra il nell’Ossola, alla testata della valle della Toce (Formaz- XIII e il XV secolo, hanno dato vita alla più singolare za) e delle valli meridionali del Monte Rosa. Le fasi via delle imprese di colonizzazione. via successive li spingono verso la fondazione di nuovi Dall’Alto Vallese piccoli gruppi di coloni si spinsero alla insediamenti, perpetuando un modello di migrazione testata delle valli meridionali alpine, tra valle d’Aosta, ininterrotto per tre secoli, lungo itinerari che li hanno Piemonte e Lombardia, e di qui via via nelle Alpi Reti- condotti a fondare oltre 150 colonie nell’odierno terri- che, nel Vorarlberg (Austria), fino al Tirolo. Cercavano torio di 5 stati alpini: Francia, Svizzera, Italia, Liechten- contratti “nuovi”, più vantaggiosi di quanto non con- sentisse la tradizione feudale dell’asservimento dei con- tadini alla terra, per sfruttare le loro particolarissime ed ormai perfezionate capacità e tecniche di vita in alta quota. Grandi e piccoli monasteri alpini, mense vesco- vili, capitoli canonicali – non meno che la nobiltà feu- dale arroccata alle montagne – fecero a gara nell’affida- re ai Walser luoghi ancora largamente spopolati, affin- ché li dissodassero e riducessero a coltura. Con una diaspora durata tre secoli, che si allargò a mac- chia d’olio dall’Alta Savoia al Tirolo, i Walser fonda- rono i loro piccoli insediamenti sparsi alle falde delle grandi montagne, dove nascono i fiumi, strappando pa- scoli ai ghiacciai, costruendo casolari invernali e bai- te estive, ad una quota altimetrica considerata impos- sibile dall’uomo di quel tempo, lungo le vie transalpi- ne, sulle aeree terrazze delle “alte Alpi”, dentro valloni irraggiungibili dalla pianura attraverso le gole tenebro- se dei torrenti, in “valli divise dal resto del mondo per rupi tagliate a picco – come le descrive, ammirato, uno storico grigionese dell’ottocento – che accolgono coloni ai quali la primavera non offre alcun albero fiorito, né l’autunno delle spighe, ma le cui capanne sono piene di fieno prodotto da un’estate di pochi giorni”. La mappa delle colonie fondate dai Walser segue un an- Architettura Walser.

239 stein e Austria. La colonia di Formazza, la cui fondazio- le alte valli, i Walser conservano ancora oggi la loro an- ne risale alla fine del XII o all’inizio del XIII secolo, è tica parlata germanica e tradizioni di vita che affondano stata a sua volta “colonia madre” di gran parte della co- in età remote. Mirabili lo stile di costruzione delle case lonizzazione orientale (nel territorio, oggi, dei Cantoni in legno a tronchi sovrapposti, la loro fedeltà alle attivi- svizzeri del Ticino e dei Grigioni). Nell’alta val d’Osso- tà della terra, al diritto consuetudinario, alla lingua de- la, accanto a Formazza, vanno annoverate le colonie di gli avi. La lingua walser appartiene al mondo linguistico Salecchio (Premia) e di Agàro (Baceno). Tutt’attorno al tedesco ed è anzi una delle sue espressioni più arcaiche. massiccio del Monte Rosa, il popolamento in alta quo- Fa parte della famiglia linguistica “alto alemanna”, cor- ta è stato opera dei Walser: da Ayas, Gressoney e Issime rispondente all’area germanofona posta grosso modo a in val d’Aosta ad Alagna in val Sesia (con Riva Valdob- sud del Reno tra Svizzera e Foresta Nera. Apparentato bia, Rima, Carcoforo, Rimella, Campello Monti); e so- all’ alemanno alpino e svizzero-tedesco delle montagne, il prattutto con l’antica colonia di Macugnaga, sul versan- walser ha mantenuto, chiuso tra le montagne, caratte- te ossolano, la cui fondazione risale alla metà del XIII ri del tedesco delle origini e si caratterizza per una forte secolo. La mappa walser nell’Ossola ricomprende an- sonorità. Ma i Walser sono molto più di quella che può che la colonia di Ornavasso, nella Bassa Ossola, fon- essere definita una minoranza di lingua tedesca in aree data a cavallo del XVIII-XIV secolo, e di Migiando- linguistiche diverse. Minoranza nelle minoranze, quel- ne (un tempo comune autonomo, oggi frazione di Or- la dei Walser non è una “enclave”, bensì un complesso navasso). Quella dei Walser delle alte montagne, che di “enclaves” linguistiche ed etniche sparse in gran par- vivono da otto secoli al cospetto delle grandi altitudi- te dell’arco alpino, che fa della loro antica piccola civil- ni, rappresenta la più elevata (altimetricamente) com- tà un caso unico: quasi il prototipo degli uomini del- ponente del popolo alpino. Sepolti nell’isolamento del- l’alta montagna.

Valle Anzasca: il museo Walser di Borca.

240 L’Ossola e il Sempione nei diari di viaggio Raffaele Fattalini

Dalla sommità del passo del Sempione, la catena alpina Da escludere invece l’ipotesi suggestiva del passaggio di con il suo enorme ammasso di cime innevate e rocce a Giulio Cesare diretto in Gallia (De Bello Gallico, I, 10), picco sulle quali svettano la Jungfrau e il Finsteraarhorn ipotesi suggerita dall’assonanza dei nomi tra “Òcelum delle Alpi Bernesi, offre a chi la contempla una visio- Lepontiorum” e Ossola dei Leponzi. Come pure quella ne della natura primordiale, tanto che al favolista Hans dalla visita di San Francesco, nonostante il convento di Christian Andersen parve addirittura di trovarsi di fron- Domodossola e l’affresco nella chiesa di Varzo. te la “spina dorsale del mondo”, “cimiteri di mastodonti Nel Medioevo, dopo il transito di Papa Gregorio X il e di animali antidiluviani” rincarò Théophile Gautier. quale, di ritorno dal Concilio di Lione nell’autunno del Questo valico, che si apre a duemila metri di altitudine 1275, si inerpicò “discriminosis montis Brigiae ponti- tra le Alpi Pennine e quelle abitate dagli antichi Lepon- bus se exponens” (rischiando la vita sui pericolosi ponti zi, era noto anche nell’antichità, benché la strada che vi del monte di Briga”, come ha rivelato su Oscellana don saliva sia rimasta per lungo tempo nulla più di un sem- Bertamini), è la volta di Francesco Petrarca. Che il poe- plice sentiero, dove potevano passare solo pedoni, muli ta di Laura sia passato per il Sempione non è cosa certa, e cavalli, e non senza rischio. I Romani, che assoggetta- ma anche Gianfranco Contini non lo escludeva, citan- rono l’Ossola pochi anni prima di Cristo, solo due se- do il Borgese. Lo fa supporre il sonetto (CCVIII) che il coli dopo - come ricorda la lapide di Vogogna - sistema- poeta dedicò al Rodano, che scorre nell’omonima val- rono il sentiero del Sempione lastricandolo con grandi le al di là del passo. pietre, di cui rimane ancora oggi qualche tratto. Fu nel Seicento che la strada del passo venne allargata. I primi “viaggiatori stranieri”, se così si possono chia- A pagare le spese fu il Barone Gaspar Stockalper di Bri- mare, che attraversarono il Sempione - a parte i caccia- ga, affinché potessero passare con maggiore sicurezza tori che in epoca preistorica si istallarono all’Alpe Ve- e facilità i suoi muli, stracarichi dei prodotti che quel- glia - furono in epoca storica i Cimbri, almeno stando l’abile e ricchissimo uomo d’affari acquistava e riven- all’interpretazione che del famoso passo di Plutarco dà deva in vari paesi d’Europa. In quegli anni di meta Sei- il rosminiano De Vit, al cui fianco si schiera - contro cento, transitò per il Sempione e per l’Ossola il sacer- l’opinione del Mommsen - Carlo Carena, grande stu- dote inglese Richard Lassels, inventore dell’espressione dioso dei classici. Leggiamo con Carena Plutarco (Vita Grand Tour, il quale comprese questo valico tra le cin- di Caio Mario, 23), dove narra la traversata del Sempio- que migliori via d’accesso all’Italia. ne di quei giganteschi e biondi germanici: “I barbari, Ma il valico del Sempione assurge a fama internazionale per far mostra del loro vigore, sostenevano nudi le ne- ai primi dell’Ottocento, precisamente nell’anno 1806, vicate e si arrampicavano sulle cime attraverso i ghiac- quando fu inaugurata la strada carrozzabile voluta da ci e la neve alta; di lassù, ponendo sotto i corpi le ampie Napoleone per motivi strategici. A pagare le spese, sta- targhe (scudi) si lasciavano andare e scivolavano lungo volta, furono gli Italiani, immortalati nell’epigrafe in- i pendii delle rocce lisce, di cui non si vedeva il fondo”. cisa nella roccia della galleria vecchia di Gondo. Il vali- Per poi scontrarsi vicino a Domodossola con i Romani co divenne da allora uno dei più frequentati delle Alpi, del console Catulo, sconfiggendoli. prediletto dai viaggiatori del “Grand Tour”, che trova-

241 Sempione. Galleria e Ponte di Ganther da un’incisione del Lorry. vano ospitalità e rifugio nell’Ospizio dei buoni e soc- Rizzi; anche le riviste locali “Oscellana”, “Almanacco correvoli Frati di San Bernardo, “un’oasi di pace circon- storico ossolano”, “Lo Strona” e “Le Rive”, hanno pub- data da cattedrali naturali”, secondo la felice espressione blicato alcune di queste pagine “odeporiche”; ultima, di Louis Tissonnier, giornalista dei nostri anni. ma non per importanza, è l’opera dello studioso tici- Nel 1828 Stendhal, che vi era passato più volte, racco- nese Piero Bianconi, “Elogio del Lago Maggiore”, son- mandava senza esitazione questa strada, voluta dal suo tuoso volume mecenatizzato dalla Banca d’Intra nel suo idolo Napoleone, come la migliore tra Parigi e Milano: primo centenario (1975). “La strada del Sempione non è costeggiata da precipizi Ascoltiamo Lord Byron (1816): “Il Sempione è magni- come quella del Moncenisio. Un’eccellente diligenza vi fico come natura e arte, Iddio e gli uomini vi hanno conduce da Losanna a Domodossola, al di là del Sem- compiuto miracoli (chiaro riferimento alla strada na- pione. Il conducente è persona compitissima; il solo poleonica, ndr), per non dire del Diavolo, il quale deve aspetto della faccia tranquilla di questo buon svizzero certamente averci messo mano, o meglio uno zoccolo, allontana ogni idea di pericolo”. E più avanti: “Nulla di in certe rupi e burroni tra le quali e sopra i quali passa la più pittoresco che gli aspetti della vallata di Iselle, che si strada”. Tutto questo lasciò indifferente il giovane Cha- segue per giungere fino al ponte di Crevola, dove inco- teaubriand, ma non John Ruskin, critico d’arte, che al mincia la bella Italia”. Lo stesso Stendhal, però, preci- cospetto delle Alpi Pennine, Bernesi e Lepontine svet- sa in altra pagina: “Non bisogna nascondersi, lasciando tanti intorno al valico si sentì allargare il cuore. Baveno per Domodossola, che il viaggio in Italia è ter- Era triste Alfred de Musset quando, di ritorno da Vene- minato: si va verso il brutto”. Infelice apprezzamento. zia dove aveva subito il cocente tradimento della Sand Lunga è la teoria dei viaggiatori illustri che valicarono con un giovane medico, saliva verso il Sempione. Giun- il Sempione per o dall’Italia. Ne hanno raccolto le te- to al ponte della Masone, a Vogogna, si fermò a con- stimonianze Marino Ferraris, Edgardo Ferrari, Enrico templare il Monte Rosa, maestosa visione che si può

242 godere solo da quel punto della piana ossolana. Ancora e Brockedon, che con le loro raffinate stampe celebrarono oggi, naturalmente, chi passa in treno o in auto, lo può la bellezza di questa valle in molti paesi del nord Europa. ammirare, rosea visione fugace di pochi istanti. Un’eco internazionale il Sempione l’ebbe grazie all’im- Il più bel notturno che sia mai stato scritto sul Sempio- presa di Geo Chavez, pioniere dell’aviazione, che nel ne lo dobbiamo a Charles Dickens, che vi salì in una settembre 1910 trasvolò le Alpi per la prima volta, nel notte di fine novembre del 1844, con la neve alta. Ac- tragico volo Briga-Domodossola sopra “forre e gole e compagniamo in diligenza l’autore del David Copper- vortici e spavento / di precipizi dei ghiacciai e giganteg- field (dove compare pur senza nome un riconoscibilis- giar d’erte / roccie e improvvisi sibili di vento!”, scris- simo Sempione) lungo le Gole di Gondo: “La stupen- se il Pascoli nell’inno all’“uomo alato”, che passò tra le da strada, dopo aver traversato il torrente su di un pon- aquile stupite e sulla testa di curiosi e giornalisti, tra cui te, penetrò tra due muri massicci di rocce perpendicola- Luigi Barzini del Corriere della Sera. ri, i quali ci tolsero interamente la luce della luna e ci la- Grande passo dunque il Sempione, attraverso il qua- sciarono solo la vista di alcune stelle, che brillavano nel- le dal nord si scende verso il “paese del sole” e da sud la stretta striscia di cielo al di sopra di noi”. Una splen- si sale nel cuore dell’Europa. Domodossola deve par- dida alba rosa e azzurra accoglie al passo lo scrittore, che te della sua vitalità a questo passo, alla sua strada aperta scende verso Briga: “Davanti a noi apparvero, scintil- nel 1805 e alla galleria ferroviaria inaugurata un seco- lando come oro e argento, le cupole e le guglie coperte lo dopo, nel 1906. Nel poco noto Museo Sempioniano, di metallo e gialle, verdi e rosse di una città svizzera”. custodito grazie alle cure dei Padri Rosminiani nel Col- Gustave Flaubert valicò il Sempione alla vigila del Cor- legio Rosmini di Domodossola, sono conservati cime- pus Domini del 1845 (il 22 maggio), notando che nei li delle titanica impresa: la perforatrice Brant-Brandau, boschi che coprono i monti lungo la strada “non ci sono né orsi né lupi”. “Nelle vetture postali - scrisse seduto a fianco di “Madame Bovary” - sotto azzurre cortine di seta, si va su, al passo, per strade scoscese, ascoltan- do il canto del postiglione che si frange contro la mon- tagna, con lo scampanio delle capre e il sordo rumore della cascata”. Benché fosse amico sincero di Rosmini, che su questo Sacro Monte aveva fondato il suo Ordine religioso nel- l’inverno del 1828, il Manzoni non venne mai a Do- modossola, dove il suo grande sacerdote filosofo ave- va fondato il suo Istituto, e dove pure era nato un altro suo amico, il conte Giacomo Mellerio, Gran Cancellie- re del Lombardo Veneto nei primi anni della Restaura- zione (che Stendhal, per la verità, definì “un ricco bi- gotto milanese” e ritrasse nella “Certosa di Parma” nella figura del vecchio marchese del Dongo). Si può aggiun- gere che il Manzoni soggiornò a lungo a Lesa, sul Lago Maggiore, nella villa della sua seconda moglie, impe- gnandosi a difenderla dal passaggio della progettata li- nea ferroviaria Arona Domodossola, che avrebbe taglia- to il parco retrostante. Un accenno almeno ai celebri disegnatori Lory, autori del “Voyage pittoresque de Genève a Milan par le Simplon”, Il ponte di Gondo.

243 il teodolite, strumento utile per l’esatta direzione dello le strade, immutata l’antica, elegante bellezza. scavo, campioni di rocce e persino i menu del pranzo di “L’Italia incomincia a Domodossola”, scrissero, venen- festeggiamento, in cui figura la “pasta alla dinamite”. do dal Nord, i fratelli Goncourt, raffinati studiosi e re- Oggi la cadenza secolare delle nuove vie di comunica- socontisti bizzarri. Coi tempi che corrono, viene da do- zione sta per essere rispettata: è un augurio per il po- mandarsi dove finisca, l’Italia. Cesare Angelini, sacerdo- tenziamento dei due tunnel ferroviari attraverso i quali te e letterato, declinando l’invito a venire quassù, dove passerà presto il “Pendolino Transalpino”, figlio affret- peraltro abitava il “letterato e amico Gianfranco Con- tato del mitico “Orient Express” e nipote della diligen- tini” e dove aveva “salutato l’ultima volta il poeta Cle- za. L’Ossola e i laghi Maggiore e d’Orta attendono i tu- mente Rebora”, scrisse di non potere, per l’età, salire a risti, oggi come nell’Ottocento: rinnovati gli alberghi e “Domodossola, cioè dove finisce l’Italia”.

La posta sulla strada napoleonica d’estate (acquerello di R. Salvadori).

244 Tradizione, folclore e leggende Germana Fizzotti

Ho cominciato illudendomi di non dover far altro che no il pellegrinaggio sui loro piedi. Oggi i peccati si sono pescare nelle numerose pagine di appunti tratti da scritto- motorizzati. ri non soltanto ossolani in precedenti laboriose ricerche. Un altro, Fréderic Mercey dice: Domo non offre nien- Poi, più volte ho abbandonato scoraggiata le mani sulla te di bello, la Valle d’Oscella è triste: (per lui gli Ossolani tastiera della macchina per scrivere che, essendo elettri- hanno facce patibolari, ma l’ex carcerato del quale rac- ca, durante il lungo lavoro «scottava» davvero, non sol- conta è di Varese); Louis Vignet assicura che si direbbe tanto eufemisticamente. emigrata tutta di un pezzo dal profondo della Calabria Innumerevoli sono, in questa nostra piccola terra, le ai piedi delle Alpi; ma si riferiva, allora, ai colori vivaci cose curiose, vere e fantastiche, dalle origini a giorni degli abiti e alle nostre processioni. Un altro scrittore, non molto lontani. Anche limitandosi al tema del ti- Paul Mieille, la trova una bella città, soprattutto colpito tolo, tacendo le meraviglie naturali e della storia com- dalla stranezza dei marciapiedi: due vie parallele formate plicatissima, i dialetti molto interessanti, diversi da una da lastre bianche perfettamente unite, come si vede nella valle all’altra, da una paese all’altro, oltre a quello inven- Piazza Mercato del sipario del Teatro Galletti esposto al tato dagli emigrati di Varzo, che all’estero volevano es- Museo, dipinto dal pittore del Teatro Reale di Madrid, sere capiti solo dai compaesani, molto resta ancora da l’ossolano Bernardino Bonardi di Coimo. Il libro Le dire. E spero che sarà detto in avvenire. Simplon et l’Italie septentrionale scrive che la cittadina di Domo d’Ossola ha un aspetto curioso con le sue case ornate Domodossola «piccola città» per tradizione di colonnati, le sue strade con tende di tutti i colori, i muli Le più belle leggende e tradizioni si trovano in alto, sul- bizzarramente bardati, le donne coperte da una mantella le montagne e nelle valli; diminuiscono di numero, di alla moda spagnola, e Théobald Wash la definisce sem- stranezza, di «altezza» man mano che si scende al piano. plicemente una bellissima piccola città. Ma cominciamo naturalmente dal capoluogo che an- Per noi, è la nostra città. Scarsamente industrializzata, che se circondato da cime innevate, è soltanto a 272 m. con un commercio che si avvantaggia ingannevolmen- di altitudine. La nostra Domodossola in tutti i tempi è te della posizione di frontiera, con una stazione e una stata variamente guardata e descritta. Nei secoli scorsi dogana internazionali potenzialmente ma criticamente un certo N.N. trovava che era una povera, piccola cit- interessanti, è nel frattempo impoverita di alberghi che tà, non trattata bene né dalla natura né dagli uomini; una volta, quando Domodossola aveva 4000 abitanti, sparirà un giorno dal suol dove nessuna città importante erano grandiosi, imponenti e ricchi, mentre dal 1954, potrà mettere radice. Appartenuta a tutti, spogliata del- con 14.440 abitanti, a oggi con 18.865, gli alberghi si le foreste che la proteggevano, soggetta alle inondazio- sono ridotti. Ma non è mai stata e non è assolutamen- ni, esposta nuda e debole al primo scontro con le ac- te provinciale. que, si nota perché vicino c’è una montagna sacra, ogget- to di pii pellegrinaggi: si dice che alcuni fanno la metà del Un artigianato “signore” cammino sulle ginocchia, forse per guadagnare il perdono Malgrado i secoli e i cambiamenti, ha conservato un’at- di grandi colpe: quelli che hanno solo dei peccatucci fan- mosfera aristocratica di tempi in cui l’artigianato era

245 arte e i ricchi erano signori. I suoi operai-lavoratori spe- re ai suoi danni, e ne ottenne protezione per i compa- cializzati, fabbri, orefici, falegnami, bottai, peltrai, oro- gni di lavoro; i suoi discendenti poi divennero gioiellie- logiai, fotografi, che facevano degna corona a scienzia- ri di corte. ti, medici, letterati, pittori, scultori e storici, da tut- ti le valli dell’Ossola si sparpagliavano in Germania, Import-export di altri tempi in Svizzera, in Francia, in America, in Spagna, e al- Tutti riportano al paese d’origine valori che abbellisco- l’«estero» italiano. Avevamo perfino degli inventori: no e arricchiscono le chiese. Gli scalpellini di Colloro, un Don Giovanni Bedone, morto a Bannio, costrutto- secondo la tradizione, portarono dalla Germania, nel re del velivolo detto aerodinamo, un Cav. Bartolomeo 1877, la nuova statua di S. Gottardo; da Roma una Zanna di Zornasco, benemerito dei caloriferi, un Paolo Madonna Nera di Loreto che frodò la dogana a Genova, Feminis di Crana creatore della famosa Acqua di Co- perché la sua cassa venne dichiarata contenente fiori, e lonia di Giovanni Maria Farina, per accennare soltan- all’apertura fiori si videro, non si sa se per miracolo o to a qualcuno. Riportavano in Patria censo, onori, elar- se messi dai nostri a coprire l’opera d’arte. La Chiesa gizioni e l’ambizione di fabbricare nei propri paesi pa- Maggiore di Craveggia fra i preziosi conta il manto fu- lazzine con termosifoni, alte finestre incorniciate di nebre del Re Sole, alcuni pezzi della «Vita di Gesù» di- stucchi, sale e camere ampie foderate di legno, arreda- pinti su tavole di rame dal fiammingo Franck, un osten- te in liberty o con autentici mobili ossolani antichi, o sorio che ha l’uguale solo in Notre Dame di Parigi, un addirittura, come il Giovanni Jachetti del villaggio di Crocefisso del 1300, ecc. Gli scalpellini di Mergozzo Mondelli, una piccola riproduzione della famosa Sala scavarono e lavorarono le 82 colonne di S. Paolo fuo- degli Specchi del palazzo reale in Versailles. Avevano ri le mura di Roma, ordinate da Papa Leone XII che casa a Domodossola e villini o fattorie in campagna, a diede la preferenza al granito bianco di Montorfano. Bacenetto, S. Defendente, Calice, Caddo, al Roccolo, Trasportate a mezzo di rulli alle grandi zattere della al Croppo, sul colle della Mattarella. Da Vagna scende- Toce, che fino alla prima metà dell’800 era navigabile, e va a cavallo Giovanni Piroia Modini che dopo aver per- su queste al Lago Maggiore, proseguirono per il Ticino, corso a piedi tutta l’isola di Cuba con una cassetta di il Naviglio, il Canale Martesana, il Po, fino a Venezia. chincaglieria al collo, era divenuto vice-console del go- Qui furono caricate su navi pontificie che costeggian- verno sardo-piemontese, prima di ritirarsi qui fra i «fur- do la Penisola, attraversato lo Stretto di Messina, giun- mig rus». sero al Lido di Ostia: dopo quattro anni. Di Candoglia, Molti i grandi benefattori, come il Gian Giacomo invece, è il marmo al quale si deve quella meraviglia Galletti di Colorio in Bognanco S. Lorenzo, un ge- del mondo che è il Duomo di Milano, al quale la cava nio della finanza, creatore della Fondazione Galletti dai è stata esclusivamente destinata da Giovanni Galeazzo molteplici scopi sociali, artigianali, culturali, che così Visconti, nel 1386. La Società di San Giulio ad Anzola dispose di aiutare oculatamente i compaesani, perché era l’antica confraternita degli scalpellini che nelle cele- l’obolo del ricco non estingue la povertà. Anche il fumista brazioni espongono un grande quadro del Santo, dono Giuseppe Trabucchi di Malesco (già combattente con dei compaesani emigrati, i quali portarono anche, nel Napoleone il Grande) che con un lascito all’ospedale 1858, una statua di Maria Assunta in rame e argento, Beaujon di Parigi favorì gli operai vigezzini e piemon- in sostituzione del simulacro in legno antichissimo del- tesi là emigrati. E altri. I nostri riportavano dall’estero la Beata Vergine della Cintura. La storia dell’artigianato oltre a onori e ricchezze anche privilegi. I Vigezzini di nell’Ossola è già una leggenda. Parigi, abitanti in «Rue des Lombards», nel 1613 ot- tenevano dalla regina Maria de Medici il libero traffi- Le vere leggende nascono in alto co per i poveri merciai ambulanti. Uno spazzacamino Cominciamo dunque dal Ghiacciaio del Gries, dove al lavoro nel 1600 in un camino di Versailles, raccontò inizia la Toce «Toccia», «Tauxa», «Athison», «Tosa», che al sovrano Luigi XIII di aver udito i dignitari congiura- si forma poi a Riale di Formazza dalla confluenza dei

246 La milizia di Calasca. La milizia di Bannio. torrenti Hohsand, Gries e Roni. Si racconta di una cit- come uno straordinario spettacolo. Un’altra leggenda di tà scomparsa, ricca e popolosa. Con salde mura, torri ghiacciai, quella di Aurona, parla di un uomo scom- massicce, cupole ardite, palazzi, piazze animate, era una parso misteriosamente trasportando dell’oro, forse in città opulenta che richiamava in folla mercanti di pel- Svizzera. li, stoffe, tappeti, vasellame d’oro e d’argento, prodotti del Mediterraneo e d’Oriente. Tutti vi vivevano felici e conten- Anche l’oro è di casa nelle nostre montagne ti, ma nell’ovatta degli agi gli abitanti finirono per scorda- Come le fate, i folletti, le streghe, i nani. Pare che tut- re la legge armoniosa che regge il mondo. Erano stati av- ti i nostri monti ne celino, oltre quelli di Pestarena, le vertiti che danzavano sull’orlo dell’abisso da colui che cui miniere erano sfruttate fin dal tempo dei romani, e sempre deve camminare senza soste, forse l’Ebreo Errante quelle dei Cani, a Battiggio, proprietà di Facino Cane. dell’altra leggenda, il quale, ripassando millenni dopo, Nelle miniere di Pestarena, si racconta, i fuochi fatui trovò solo le ultime vestigia della metropoli che, con- traggono luce dai luoghi dove esistono filoni: ma for- sunta da inguaribile vecchiezza, era morta lentamente. se quelle «fasèle» erano le lanterne di cercatori nottur- L’ambiente però è rimasto impregnato di incantesimo. ni clandestini, i quali dichiaravano di andare a pescare, Non molti secoli fa un pastore fu attirato da una fata tanto che una delle gallerie si chiama «Peschiera». nel palazzo di cristallo sotto il ghiacciaio, e poi salva- Tra valle Antigorio e valle Divedro, il Cistella (tanto to dall’amore terreno della moglie, che lo aveva seguito cantato al poeta G. Venanzio Barbetta dalla satira triste, grazie a un gomitolo srotolato del quale gli aveva anno- che la leggenda dice morto sul Cistella e qui rimasto), dato un capo alla cintura. oltre le streghe del lago di Crampiolo e le fate che sten- Più sotto, è un incanto anche la Cascata della Toce, del- dono di notte il bucato, dicono che celi, sotto la neve la Frua, sincope di Fruda, voce celtica che suona «casca- mai disciolta completamente, molto oro e «cristalli ca- ta di fiume», 143 metri in tre salti, la più bella casca- richi di luce dentro caverne e anfratti, granati, cornioli, ta dell’Italia settentrionale, ammirata anche da Wagner zaffiri, turchesi».

247 In Alpe Veglia, invece, il lago copre una povera fanciul- dopo aver fatto la scarpa destra, di riuscire a fare l’altra: la che camminando da Quartina a Nembro e a Punta una leggenda che stranamente riecheggia molto la fiaba Maror alla ricerca dell’innamorato perduto, qui cadde irlandese del Leprecano «il calzolaio singolo» che faceva vittima del Maligno. una sola scarpa, la sinistra. In val Bognanco, addirittura era una grotta tutta Sono allegre anche le streghe che saltellano sulla neve d’oro, con un letto di sassi ma d’oro perfetto, scrive Don ghiacciata, cantando melodie magiche, nel bosco del- Biancossi, la dimora di un eremita misterioso che scen- la Sotta, a Trasquera, la cui chiesa è dedicata ai SS. deva in paese solo per la festa. Gervasio e Protasio come quella di Domodossola. Alla Pioda di Crana prendono forma di bellissime giovani e Nani, folletti, fate e streghe si riuniscono in varie notti della settimana, dopo l’Ave Si dice che i nani sono malvagi o buoni, le fate e le stre- Maria, per chiassose riunioni. Scrive Riana a proposi- ghe sono spiriti della natura o dell’inferno, a seconda to de «ul pian di Lutt», tra S. Maria e Druogno, che si di come li guardiamo e vediamo: in un lampo di veg- dice infestato: La paura è una potente creatrice di streghe gente immaginazione, o in uno specchio di cattiva co- e di fantasmi, così la superstizione; ma tutto ha una spie- scienza. Gli alpigiani di Formazza, per esempio, quan- gazione e dove non si vede si deve aver fede. Il fallo che si do passavano l’estate all’alpe con il bestiame, erano aiu- attribuiscano alle streghe le grandinate e in genere tutte le tati dagli «zwärgji», i nani, che davano una mano nei la- disgrazie e le cose cattive, discende dagli antichissimi timo- vori di stalla. Ed era d’oro il carbone regalato alla don- ri per i disastri causati dagli elementi, inspiegabili, perciò na di Macugnaga che aveva aiutato una nana a mette- attribuiti a entità malefiche. All’avvicinarsi della grandi- re al mondo un figlio; peccato che quella non vi credet- ne si bruciavano i rami dell’ulivo benedetto la domeni- te e lo buttò. ca delle palme e si suonavano le campane. In Antrona, dove si dice che dalla Punta di Traggia al- l’Andolla, ai laghi di Camposecco e di Gingino, fin sul- Mostri, rettili e fantasmi le creste di Lancino e di Lonzano gli spiriti del mal- II fantasma di Cimavilla non è che il ritorno d’un uomo tempo sghignazzano felici e maligni, e lottano fra loro esoso e disonesto condannato a sorvegliare in eterno la scagliando fulmini e ghiaccioli, la tragedia della frana «roba» alla quale era stato troppo attaccato: l’oro di Val enorme del 1642 staccatasi dalla cima del Pozzuolo che Toppa, che da vivo aveva ceduto a una società minera- seppellì la Chiesa, 42 case e 95 persone, è stata poetiz- ria inglese. zata dalla leggenda che la campana sommersa suoni dal In quanto ai mostri, Riana scrive che in valle Vigezzo la fondo del lago per avvertire dei pericoli. credenza di serpenti e rettili favolosi forse derivava dai In genere le leggende tristi e i loro misteriosi personag- tempi preistorici in cui animali giganteschi vivevano in gi cupi e cattivi sono quelle d’influenza walser, ma an- questi boschi. Due giovani di Albione assicurarono, al- che in Val Vigezzo le streghe del «Pian di Stri», alle falde cuni secoli fa, di aver ucciso il drago di Genuina, men- del Monte Gridone, sono descritte come malvagie me- tre tornava dall’Ovigo dov’era volato a dissetarsi: ave- gere grinzose. Ad Anzola, abitata da colonizzatori wal- va colori vivacissimi e ali di pipistrello. E ne mostraro- ser fuggiti da Migiandone e Ornavasso dopo la peste del no lo scheletro. 1630, le streghe erano collegate al brutto tempo, abi- Di fronte a Re e Folsogno v’era «l serpent d’la cresta» con tavano sugli alberi della Tocetta e per preparare i tem- quattro alette e la cresta rossa; sui monti di Malesco, la porali scivolavano a valle sedute su un’altissima pioda li- «Spersuria», temutissima dagli alpigiani; sotto Dissimo, scia a picco, «la pioda di strii». Ma vi erano anche gli al- in «la Costa», «l serpent da jugiàj» con testa quadran- legri «cusch» burloni nascosti nella valle del Riale, for- golare e due occhiaie smisurate. In località Cailina di se non lontano dalla «Cà di donn», dove tenne botte- Villette serpenti che con il loro sibilo incantavano gli ga il primo calzolaio, un Cara, che un folletto invidio- uccelli. Sopravvivenza di ancestrali ricordi, di brontosau- so costrinse a cambiare mestiere, rendendolo incapace, ri che hanno lasciato tracce, come il drago di S. Giulio,

248 Macugnaga, battesimo Walser. del quale una gigantesca vertebra si trova nella basili- gende sugli Uomini Selvatici. Nella valle d’Isorno, la ca dell’Isola. valle dell’Impossibile, erano uomini che camminavano Ancora di un mostro si parla ad Agaro, il bel paesino di per ore senza parlare, fino al Larone, al Porcareggio, al valle Antigorio, dove si racconta anche di un tesoro na- Medaro: barbuti e pelosi erano in piena dimestichezza scosto, e vive una leggenda quasi uguale a quella, pure con tutti gli animali dei boschi. Non possedevano nien- walser, di Quarazza di Macugnaga: «Hirli Herli», in cui te, eppure sapevano molto, l’arte di cuocere i formaggi, un «gotwäegini» (nano) è innamorato di una bella ra- di far lievitare il pane, di guarire le bestie, di conciare le gazza che deve scoprire il suo nome per essere lascia- pelli, di fondere i metalli, e certe volte regalavano agli ta libera. È una fiaba che, con il «nanin Pirimpinella» alpigiani pezzi di oro purissimo, del quale essi non sa- si trova anche nelle classiche Vecchie e nuove storie dei pevano che farsi, i saggi e intelligenti Uomini Selvaggi. più grandi favoleggiatori europei. Ad Agaro il mostro Forse sono ancora essi che difendono la valle dell’Im- è il «Rapruaf», un animale fantastico che viene vinto possibile dalle invasioni. Infatti la valle dell’Isorno, mal- da un toro, e un corteo di spettri che portano lo zai- grado le centrali elettriche o forse per i loro divieti di no sulle spalle forse rappresenta le anime di coloro che, accesso, è poco nota. Ha case antiche, un paesaggio or- partiti con un fardello di peccati, si recano in pellegri- rido e maestoso all’inizio, poi dolce e riposante, e lo naggio a deporli sulla vetta della misericordia divina. splendido pianoro Agarina, l’ultimo paradiso terrestre In questo paese la notte del 6 gennaio si festeggiava la dai fiori strani e sconosciuti, in miniatura, e dai laghetti «Bubriniaba» o sera delle maschere, durante la quale ignorati. Gli Uomini Selvatici, che si divertivano ai bal- accadevano fatti strani e curiosi, per esempio parlava- li delle marmotte, stavano in dimestichezza con i camo- no le bestie. sci, ed erano più timidi delle lepri, assalivano i cacciato- ri quando li vedevano con i loro fucili. Ai monti Ri di La leggenda dell’Uomo Selvatico Fuori, in val Calanca, un uomo selvatico regalava certe Affini ai mostri e di origine pagana sono anche le leg- erbe che, messe in poca dose nel pentolone, davano al

249 formaggio un sapore ed un profumo deliziosi. danni, lasciando però illesa e isolata la Cappella. In valle Bognanco gli Uomini Selvatici abitavano ne «la Invece nell’alta valle Anzasca, tra Macugnaga e Ceppo cà di cusciui», e sono descritti come strani esseri dalle Morelli, il trasporto veniva effettuato grazie alla «cioen- sembianze umane ma ricoperti di pelo. Non erano cat- da», ammirata e poi rimpianta da Antonio Stoppani. tivi, ma era meglio non stuzzicarli. Come per gli uomini Era una via pensile a piano inclinato, che aveva la forma comuni, del resto. In questa valle si diceva anche che va- di un palco senza fine e senza parapetto aggrappato alla gassero le anime del Purgatorio, «anim d’la frova d’Tri- roccia, composto di tronchi coperti da uno strato di terra e gnun», la cascata dell’alpe Trignini, in cerca di una pre- sostenuto da una puntellatura di altri tronchi. D’inverno, ghiera, un deprofundis, che anche altrove si recita per i quando gelava, il pavimento terroso della loggia, che cor- morti apparsi in sogno. reva per chilometri e chilometri, coperto di neve, o anche Ad Agro di Varzo l’Uomo Selvatico che non parlava semplicemente inzuppato d’acqua, si conveniva in un pia- con nessuno e solo ogni tanto si recava in Veglia, ma a no sdrucciolevole, lungo il quale scorrevano le borre. In casa aveva una moglie che teneva rinchiusa, è forse, reso fondo alla Valle il trasporto proseguiva sui barconi del- leggendario, un personaggio vero, che assomiglia addi- la Toce, che risalivano e scendevano la corrente traina- rittura a Bertoldo; durante il bel tempo si mostrava triste ti da cavalli sgroppanti sulle alzaie, guidati dai «nava- per l’attesa delle intemperie, e quando queste arrivavano si rui» scamiciati. rallegrava nell’attesa del bel tempo. A Ceppo Morelli, l’om salvac, grande e grosso, si face- Un mostro d’altro genere va ospite della tana dei «Cucitt» un profondo pozzo tra Ma a proposito di mostri, uno ben peggiore faceva a in- Castiglione e Calasca, dalla quale usciva quando non tervalli la sua apparizione in tutta l’Ossola, la peste. c’era vento, per riscaldarsi al sole. Nel 1513 la peste aveva distrutto in val Vigezzo le fra- A Salecchio gli Uomini Selvatici si chiamavano zioni di Sagrogno e quella di Vallero di Villette. Qui «Pubrina». un palazzetto apparteneva a una famiglia ora estin- Baceno della sua antica storia ha ritrovato due suole ta le cui origini risalivano al sacro romano impero, e chiodate nella tomba di un uomo altissimo. si era rifugiato Calvino. Questi, in regione Rivoira di Masera, nella casa di certi Croppi, ora chiamata «la tor- Una magia particolare re di Calvino», avrebbe trovato rifugio per tre giorni, In quanto alla «lacomagìa», il sortilegio di Anzola che dopo aver predicato la Riforma, minacciato dal popo- provocava grandi piogge, era opera di mercanti di le- lo mentre era diretto, al principio del 1536, a Ferrara, gname egoisti, i quali, incuranti dei danni altrui, si ser- alla corte di Ercole II d’Este. Olgia, dirimpetto al cupo vivano dell’acqua alta per trascinare a valle i loro tron- Gridone, che oltre la peste subì frequenti incursioni val- chi d’alberi. Contro la «lacomagìa» si fece una causa a lesane, ed era sede di un corpo di guardia stipendiato da Milano in Senato. tutta la valle, ebbe addirittura un lazzaretto. Così Presti- In val Segnara di Anzasca la difficoltà del trasporto none, la patria del grande pittore Carlo Fornara, dove del legname era superata con «la serra», che incanala- il lazzaretto era «la cà an tè cu s’sént». È invece una leg- va i corsi d’acqua elevati con dighe senza causare dan- genda che più in basso, nei pressi di Trontano, in fra- ni. Esiste una leggenda che racconta d’un capo borrat- zione Creggio, la torre di segnalazione del XIII secolo to ignorante e superstizioso il quale, prima di aprire la abbia ospitato Fra’ Dolcino, da alcuni considerato «uno diga, si recò a fare la comunione e invece di inghiottire sfratato bastardo», da altri un riformatore che predicava l’Ostia sacrilegamente mise la particola in tasca e la in- la penitenza e il digiuno, bruciato vivo con la sua com- castrò nella borra-guida persuaso di ottenere una buo- pagna dopo la tortura. na riuscita del convoglio; invece il carico, giunto alla La peste del 1630 seminò la morte a Crevola, il pae- Cappella del Signore, puntando tutto in giro sgretolò il se dove ai piedi del torrazzo di sei piani v’era il ponte terreno, dividendo in due il torrente che provocò molti di legno teatro di aspre battaglie tra ducali e vallesani,

250 sul quale 2000 di questi caddero nel 1487. Qui si rac- nuto poi ducato longobardo verso il 584. conta di due donne che si salvarono mettendosi in una Si salvò dal «cancro volante» la valle Anzasca, in quan- buca coperta da un enorme pane bianco a peste finita. to lo spettro della peste, affacciandosi sul Monte Moro, La leggenda del Diavolo e del Vento dice che avevano fu addolcito dal buon odore che saliva da Macugnaga, fatto il viaggio insieme, e sul ponte nuovo si fermaro- di pane (qui lo si cuoceva solo una volta all’anno) con no perché il diavolo disse al suo compagno di aspettarlo siero di latte, profuso in elemosina, e tornò indietro. In mentre andava a prendere un’anima dannata. Ebbene, definitiva, il merito si può attribuire ai nani, perché fu- ne trovò talmente tante, che il Vento è ancora lì a sof- rono essi che insegnando ai Macugnaghesi l’arte di fare fiare sempre, spazzando iroso il ponte una delle rare ope- il burro, il formaggio, la ricotta, gli nascosero quella di re dell’uomo che non risulti insignificante in mezzo a quel- utilizzare il siero, proprio perché lo dessero ai poveri. le della natura. Un’altra leggenda assicura che al villaggio del Sempione, Ad Anzola, nel 1364 per scongiurare la peste venne co- quello che vide il passaggio di tanti personaggi illustri, struito l’Oratorio di S. Rocco (con la fontana che so- come Maria Mancini nipote del Cardinale Mazzarino pravvive). Fra le spese previste per la manutenzione del- e Erasmo da Rotterdam che attraversando il passo die- la navigabilità della Toce, per la difesa contro i torren- de inizio al suo Elogio della pazzia, la peste del 1630 in- ti e i Vallesani, per i tributi ai feudatari, erano preventi- fierì talmente che fu ordinato a ogni abitante ammala- vate anche quelle per i «bollettari», i monatti. Un orato- to di trasferirsi direttamente al cimitero per morirvi. A rio al Santo della peste esisteva anche a Domodossola, Cardezza i superstiti quasi pazzi buttavano i morti in in via degli Osci, dove sulla parete dell’ex-castello rima- un burrone. Anche la chiesa della Madonna della Neve ne ancora la scritta «Piazza S. Rocco». di Domodossola ebbe fra i numerosi ex-voto un tem- A Mergozzo, all’Età della Pietra, 4000 anni fa, un pic- po esposti i quadretti della peste, perché la Vergine ave- colo villaggio su palafitte, dove si sono scoperte tre pic- va compiuto molti miracoli. Il più noto è quello dei cole necropoli, la piazzetta Marconi fu «la chiesa della tempi in cui il Bogna scorreva tra il borgo e il colle di peste». Nel 1630 il prete vi officiava la Messa per tutti Mattarella, causando ripetute rovine. Quando la chie- gli ammalati che assistevano dietro i vetri delle finestre setta rimase quasi sepolta dalla ghiaia alluvionale, il di- chiuse nelle case intorno. Alla fine i capifamiglia firma- pinto della Madonna dovette essere staccato dal muro rono la pergamena del voto, con un atto civile che invo- e trasportato sopra, nella chiesa ricostruita; ebbene, per cando la misericordia presentava la Comunità al Cielo miracolo vi giunse assolutamente intatto fra lo stupore e impegnava anche i figli e i figli dei figli a santifica- di tutti. I Domesi avevano fatto voto di celebrare ogni re la festa di S. Rocco, ogni 16 agosto, con una pro- anno, il 19 marzo, alla Madonna della Neve, una Messa cessione fino all’Oratorio presso la chiesa di S. Maria a cantata in onore di S. Giuseppe, con processione del Prato Scopello, e a celebrare ogni anno perpetuamen- clero, delle autorità e del popolo. te la festa di S. Carlo il 4 novembre. A Mergozzo al- lora si reinstaurò l’uso di presentare all’altare i «gino- Il Diavolo e i Santi stri», rami abbelliti con nastri variopinti e fiori, sui qua- Dopo i mostri vennero i diavoli, che si trovano un po’ li venivano infissi due limoni, simbolo della disinfezio- dappertutto, perfino in un muro misteriosissimo in val- ne dopo la peste e due scudi d’argento. La tradizione le Antigorio, fra i pascoli di Arvenolo: un antico mura- che dura tuttora antichissima, si dice risalga al culto ro- glione costruito con enormi blocchi e lastroni in pie- mano della dea Cibele, fecondatrice delle forze della na- tra greggia d’una imponenza impressionante. La leg- tura. I Romani, infatti, sembra fossero ben presenti sul genda dice che fu il diavolo a costruirlo per collegare il Montorfano, dove, poco più in alto del villaggio di S. luogo con l’opposta sponda di Cravegna onde portarvi Giovanni dalla bellissima chiesa romanica in pietra del un’intera montagna sulle spalle per schiacciare i ribel- XII secolo sorta sul luogo di una antecedente del VII si li di Viceno e Mozzio. Stranamente, i diavoli in gene- dice che sorgesse Stazzona, il municipio romano dive- re si sono collegati ai ponti: si appoggiano d’abitudine

251 Valle Antigorio, Salecchio: la processione della Candelora. a quello del Riale dell’Inferno ad Anzola, e hanno dato Francia, a Chiaravalle. A Capraga, dove per secoli, fino il nome al magnifico ponte di Bugliaga di Trasquera, a al 1967, durò la tradizione di distribuire in quel gior- 1230 m alto sulla voragine, dove si racconta che nelle no il pane benedetto ai fedeli, S. Bernardo, nell’oratorio rocce e in quelle del Gnim vi sarebbero ancora gli anel- anteriore al 1500, si festeggia il 13 giugno. Qui nacque li ai quali si attraccavano le barche quando la valle era il Venerabile Padre Generoso Fontana, che in una not- un lago. te, sognando il Giudizio Universale, ebbe i capelli bian- A tutti i diavoli si contrappongono i Santi, ai quali l’Os- chi. Il Fondatore dell’Ospizio del Gran San Bernardo è sola è molto devota per una sua profonda religiosità che patrono di Zornasco, che ottenne un osso del corpo del accoglie anche quelli nazionali e stranieri: S. Giulio e S. Santo. Nessuno l’ha mai visto, ma la tradizione assicura Giuliano erano greci; i patroni di Domodossola, Santi che l’osso misterioso al calar del sole del 15 giugno, fe- Gervasio e Protasio, furono i primi martiri della Chiesa sta del Santo, passi di casa in casa, restandovi un anno Milanese; San Feliciano, del quale la Collegiata di per famiglia. S. Abbondio di Masera, dell’abbandonata Domo conserva il corpo, venne dal S. Castolo di Roma; chiesa del 1000 con il campanile romanico, è di Como. e Sant’Antonio da Padova placa il maltempo e ferma le L’altro campanile romanico famoso è quello della chie- acque durante le piene ad Anzola, dove per S. Martino, sa di Villadossola dedicata a S. Bartolomeo, l’israelita l’11 novembre, giorno dei traslochi, in cui «us paga ul apostolo di Gesù. ficc di prai», già dal 1066 Grimaldo da Anzola porta- Ma l’Ossola ebbe anche i suoi Santi locali, nonché i suoi va venti libbre di formaggio al palazzo o castello del ve- Papi: il venerabile Giovanni Toietti nato nel 1680 nel- scovo, a Domodossola. Dei S. Bernardo onorati nel- la casa ancora esistente a Pianezza di Calasca; il Beato l’Ossola, quello di Mentone è nato ad Aosta, l’altro in francescano Giovannino Minoia di Croveo; il Beato

252 Giovanni Testone di Bannio, le cui ossa vennero ripor- no ancora sulle montagne, dedicavano a S. Giulio, uno tate al paese da Alessandria nella tasca del nipote, senza splendido pellegrinaggio notturno, con tanti lumi tre- testa (aggiunta in seguito per la generosità di un mar- molanti, che in barca faceva il giro dell’isola prima di chese Ghilini che la custodiva), il Beato G.B. Balconi, sbarcarvi. Da Ornavasso, invece, il pellegrinaggio del- parroco a Zornasco dal 1732 al 1750, che dormiva in la Comunità annuale dell’8 maggio si recava alla Chiesa una bara; Don Lorenzo Dresco di Varzo, la cui nasci- di S. Vittore, sull’Isola Bella del Lago Maggiore. Da ta venne annunciata a una donna che raccoglieva fo- Mergozzo, fino al 1600 inoltrato, il pellegrinaggio del- glie secche dal canto soave di un’anima del Purgatorio. la comunità alla tomba di S. Giulio fu periodico per ri- Egli con le proprie mani, sasso su sasso costruì la curio- conoscenza alla sua evangelizzazione. Secondo la leg- sa e interessante chiesa di Crego, poi morì a Mozzio di genda, poi S. Giulio il 22 settembre del 344 celebrò la Cravegna, dove la Madonna della Vita, nel Santuario Messa a Pecetto, e un suo condiscepolo, nel 355, ven- in frazione Smeglio ha un quadro portato processional- ne da certi giovinastri di Anzinell affisso a una pianta di mente dai Mozziesi emigrati nello stato pontificio, da castagne con un sasso al collo, così co là col capo in giù Bologna, lungo la pianura padana, su un carro trainato morì. Però ad Antrogna la prima chiesa di Calasca, la da buoi. È venerato anche il Santo ciabattino di Varzo, Chiesa Vecchia di Sant’Antonio Abate, sorse soltanto Antonio Panighetti, sepolto nella parrocchiale di S. 1000 anni dopo la morte dei Santi gemelli. In questo Eligio. I Papi sarebbero due: Innocenzo IX dei Nocetti, paese la superstizione, per chiedere acqua o dopo lun- nato nel 1519 da genitori di Cravegna, che non volle ghe piogge, faceva deviare il Riale e scorrere il torrente mai lasciare il nome di Facchinetto, compiacendosi del- per le strade fino a circondare chiesa e cimitero. l’umile mestiere del padre, e quando fu in parrocchia a Così per fede, alle processioni si aggiungevano le Domodossola, secondo la tradizione, ma non i docu- Rogazioni, un singolare cerimoniale che evocava il ricor- menti, avrebbe procurato alla nostra città il privilegio di do delle antichissime origini pagane delle piccole comu- portare il SS. Sacramento nella processione del Venerdì nità contadine, con visite a oratori e cappelle nei con- Santo, durante la quale sembra che un confratello rego- fini della Parrocchia. A volte duravano giorni, e lungo latore sollecitasse i partecipanti gridando: a vèghi mia i percorsi di questi riti propiziatori per la fertilità della che ul Signur l’è già su a cà dul diavul? Poi Papa Sisto V, campagna, si distribuivano pane, risotto, formaggio. Ad già cardinale Felice Peretti, che si dice traesse origine Anzola, per le rogazioni di giugno, le donne portavano dalla famiglia Peretti di Bracchio di Mergozzo. appesi al collo dei bozzoli di bachi da gelso come invo- cazione di una buona annata per la seta. Feste religiose e processioni Spettacolare era la solenne cerimonia che a Pontegrande, In tutta l’Ossola, per tradizione per assolvere ad antichi per la venuta del Vescovo, riuniva le processioni di tut- voti, per invocare l’aiuto divino contro i flagelli che dal- ta la valle, che giungevano con le donne in costume, le l’antichità hanno cambiato nome ma non frequenza, le ragazze vestite di bianco e coronate di fiori, gli uomi- processioni sono numerose. Quella da Domodossola a ni delle confraternite che alzavano stendardi, croci, lan- Bognanco, per devozione alle sante reliquie lasciate da terne dorate e decorate, cantando. Se pioveva, le lunghe un Vescovo di passaggio (abolita nel 1778, quando fu- file acquistavano un particolare colore per lo sboccia- rono proibite le processioni fuori porta), è illustrata nel re di centinaia di ombrelli rossi, verdi, arancione, gialli, quadro che si trova nella parrocchiale di S. Lorenzo, a righe. Il sacerdote D. Giuseppe Salina, in arte il poe- sullo sfondo della città circondata da mura quale era ta Vittorio D’Avino, definiva queste processioni anche nel 1690. pericolose, perché costeggiavano burroni e precipizi e Dovevano essere, le processioni, una risposta cristiana sovente i confratelli dovevano sospendere le litanie per alle superstizioni e alle paure di tutti i tempi. correre in fondo a qualche vallone o internarsi in una Gli Anzolesi, nel giorno di S. Marco, per antichissi- forra a raccattare una vecchia o un bambino che vi era- mo voto legato alla liberazione dai lupi che si trovava- no precipitati rompendosi qualche osso. Non meno pe-

253 Vagna, la tradizionale festa del Bambin Gesù con le cavagnette. ricolosa doveva essere la processione che da S. Lorenzo quale sgorgò il sangue quando Giovanni Zuccone di per il Passo del Fornalino si recava ad Antrona, e vi- Londrago, il 29 aprile 1494, giocando alle piastrelle sul- ceversa, per festeggiare il comune Patrono. L’ultima da la piazzetta, lo aveva colpito con rabbia. Numerosi furo- San Lorenzo ad Antrona è del 1945; da Antrona a San no anche i pellegrinaggi dalla valle Anzasca alla Svizzera Lorenzo si fece anche nel 1952, sotto la pioggia. tedesca, a piedi, per devozione alla Madonna d’Einsie- Per non parlare di quella celebre che via Macugnaga da deln o di Valdo, che qui stranamente ha diverse cappel- SaasFee - Zermatt si recava a Varallo, al Sacro Monte, le, con le effigi di San Meinrado assassinato dai brigan- per il Passo del Monte Moro. Il naturalista svizzero ti e San Corrado, che furono i fondatori del convento e Désor avrebbe voluto seguire quel percorso, ma la gui- del santuario di Einsiedeln. da Brauschen si rifiutò di accompagnarlo perché la stra- Ceppo Morelli, poi, si può dire il paese delle processio- da era riservata ai pellegrini: per gli altri il ghiaccio sa- ni: quella piccola la terza domenica di ogni mese, quella rebbe stato pericoloso. Ancora oggi, tanto suggestiva e grande, per la Festa della B.V. Immacolata, che traspor- folcloristica, si snoda ogni 3 febbraio la processione del- ta la bella statua, l’ultima domenica di giugno, attra- la Candelora, che sale a Salecchio di Formazza, il pae- verso il paese infiorato e addobbato, fino alla Madonna sino d’origine antichissima, così caratteristico e strano, di Lourdes, poi per i prati, dietro antiche case; l’altra con le sue case vuote, il cimiterino abbandonato, come grande, delle Reliquie, la prima domenica di settem- impietrito nel silenzio. In quel giorno il villaggio disa- bre, con il prezioso reliquiario. Poi, per la tradiziona- bitato si anima di tutti i salecchiesi emigrati nel mondo le commemorazione dei morti, che sono invocati quasi che ritornano per continuare la tradizione, partecipa- come Santi (o meurt jutèm) la processione al cimitero è re alla Messa, alla benedizione delle candele e al pranzo seguita nel buio crepuscolo dal rosario recitato in corso, caldo a base di polenta, salamini e formaggio. suggestivamente, dai parenti raccolti intorno alle tom- Note in tutta Italia sono le processioni di Re, in devo- be dei loro cari, infiorate dalle innumerevoli luci degli to omaggio all’affresco miracoloso della Madonna dal «ufizil», i lumini di cera attorcigliati. Del resto, in tema

254 religioso, Ceppo non è famoso solo per le processioni, di attaccare al collo, con uno spago, un pezzetto di car- ma anche per il sacrista che quando si svegliava, a qua- ne di capra secca e salata, che il bambino succhiava, tro- lunque ora della notte, andava a suonare l’Ave Maria vandolo saporito e gli rinforzava le gengive, è ben dura- e le donnine devote correvano fino alla chiesa, a lume to nei secoli con lo stesso principio e la sola sostituzio- di luna, e per l’organista che durante la Messa suonava ne della carne secca con l’osso di seppia. Tutte le feste al tempio, e Libiam nei lieti calici, creden- doli inni sacri. Gli alberi sacri al popolo Anche gli alberi hanno sempre avuto molta importanza Le fonti e le erbe miracolose nell’Ossola, oltre il loro valore ecologico e materiale: una Oltre le processioni, i pellegrinaggi, le rogazioni, gli specie di culto faceva dei più imponenti il Municipio Ossolani hanno come rimedio ai loro mali fisici le ac- all’aperto in molti paesi. A Vigino era un enorme al- que minerali. Quelle di Bognanco, fatte conoscere dal bero di noce. A Macugnaga presso la bellissima Chiesa Dr. Giacomo Albasini con un opuscolo pubblicato nel Vecchia costruita dai Walser e il cimiterino delle gui- 1849, per curare tutte le malattie di fegato; quelle rico- de alpine con le tombe illuminate di edelweiss e fiori- stituenti del sangue e del sistema nervoso di S. Carlo te di picozze, un grande tiglio piantato nel 1200 rac- in valle Anzasca, attualmente non ancora sfruttate ben- coglieva sulla panchina attorno al suo tronco gli anzia- ché Stoppani nel 1914 credesse nella loro efficacia e nel ni a Consiglio. L’Università degli Uomini della terra di loro avvenire; la fonte termale nelle vicinanze dell’Alpe Anzola, al suono della campanella sedeva sul sagrato del Monfracchio di Craveggia, già citata nel 1352, contro S. Rocco costruito per scongiurare la peste del 1364, affezione rachitiche e malattie linfatico-glandolari; la all’ombra sacrale del tiglio in mezzo alla piazzetta del sorgente dell’Alpe Veglia di Varzo, scoperta casualmen- «parlamento rustico». A Mergozzo, che risulta come te da due soldati nel 1879, la più elevata sorgente mine- Communitas Mergotii negli Statuti del 1378, l’olmo ai rale d’Europa (m. 1813) dopo quella di Penticosa nei piedi del quale sedettero un tempo i Consoli, i dignita- Pirenei, dalle acque acidule-ferrose-arsenicali; le buone ri, i magistrati del Borgo e i Credenzieri, è stato immor- acque di Baceno e Uresso; quelle ferruginose e famo- talato dal Pittore Carlo Cani di Novara nel quadro del se di Crodo. 1623 con la Madonna del Rosario ora in parrocchiale. E poi, da sempre gli Ossolani hanno fatto ricorso alla Anche a Toceno le adunanze si tenevano all’aperto e alle medicina popolare. Naturalmente, ai tempi in cui l’eser- sedute plenarie del Consiglio di Vicinanza erano am- cizio della chirurgia era affidato al barbiere che era an- messe anche le donne. Purché fossero vedove. Qui esi- che sarto, trovava posto la superstizione, come nel caso ste ancora l’edificio costruito nel Medioevo per dar più delle ragnatele sulle ferite, dei pidocchi contro il mal solennità alla promulgazione degli Statuti. La Loggia di fegato, le lumache vive contro il mal di denti, ecc. de’ Bandi. Ma in genere si faceva uso di erbe medicinali di prova- ta esperienza e reale beneficio. Non so del brodo di pol- Gli statuti lo per non fare la pipì a letto, ma è un fatto vero che I Comuni, infatti, a un certo momento della complica- l’alcool di arnica e il grasso di marmotta sono effica- ta storia ossolana, erano retti da Statuti interessantissi- ci contro i dolori reumatici, l’olio di ipérico contro le mi. Quelli di Crodo comprendono anche norme di di- scottature, le punture delle api contro la sciatica, il lat- ritto pubblico, disposizioni di polizia rurale e forestale; te di donna contro il mal d’orecchi, l’aglio e l’erba ruta quelli di Craveggia stabiliscono beneficenze, sovvenzio- contro i vermi, il tiglio e la camomilla di montagna per ni ai poveri, letti all’ospedale di Domo; a Salecchio pre- guarire i raffreddori e il nervosismo, la menta per la di- vedono la pena del taglione per i feritori, la decapita- gestione, i semi di lino macerati nell’acqua per rinfre- zione per gli omicidi, la berlina e le catene per i bestem- scare l’intestino, l’olio di ricino caldo in impacco sul- miatori, l’amputazione delle mani e la forca per i la- la pancia, e altri ancora. Del resto, l’uso di Bognanco dri, la pubblica fustigazione in piazza per le adultere. A

255 Bognanco, non per Statuto ma per usanza, fino al 1960 ciarono la casa della vecchia: se ti sevàt nuta, ti ghévat da i capifamiglia si assoggettavano alla «Giornata di presta- sta citu. Nella stessa occasione in valle Vigezzo i ragaz- zione», dando un uomo per «fuoco» o pagando un so- zi mettevano una scodella sul davanzale o una calza ap- stituto, tre giornate all’anno, per la manutenzione del- pesa alla cappa del camino per trovarvi, l’indomani, dei le alpi, delle corti e delle strade frazionali. Formazza, doni. Il rosario della sera dei Morti si recitava nelle stal- con gli Statuti del 1486, aveva giurisdizione autono- le, mangiando castagne e, in valle Vigezzo, lasciandone ma con un proprio giudice chiamato Aman, coadiu- per i defunti. In valle Anzasca quando muore un bambi- vato da un consiglio di dodici credenzieri, detto Con- no le campane suonano a festa perché un nuovo Angelo siglio dei Dodici: un insieme di orientale, di biblico, di è salito al cielo; una volta le salme dei piccoli venivano veneziano. A Premosello gli Statuti esistevano dal 1400; seppellite in un reparto riservato ad essi e ai sacerdoti. quelli nuovi del 1571 furono approvati dall’Università A Mergozzo, ai funerali di una ragazza nubile venivano o Consiglio Maggiore all’ombra del tiglio secolare, in distribuiti dei confetti da sposa, una espressione così pa- piazza, e vi si parla fra l’altro dell’esportazione di con- tetica e così alta a indicare con realismo la mancata festa cime, del commercio di lumache, del divieto di gettare di nozze per la vergine estinta o forse le nozze eterne alle immondizie nel Riale. quali la vergine è evangelicamente arrivata. A S. Lorenzo esisteva «la funtana di meurt», dove si lavavano esclusi- Usanze per battesimi, nozze, funerali e temporali vamente gli ultimi indumenti e le lenzuola dei defun- In quanto alle usanze, che sono vecchie di secoli e al- ti. Anche a Domodossola, una volta, il due novembre i cune durano tuttora, molte sono comuni a quasi tutti i ragazzi della Motta uscivano a scèrcà par i povar mort e paesi. Per i matrimoni e i battesimi vigono i banchetti, non si sa bene cosa ne ricavavano i morti, ma i ragazzi la distribuzione di confetti, i doni. Dai funerali è quasi raccoglievano qualche spicciolo vendendo, per i caval- sparito il pranzo di chiusura, una volta giustificato dal- li, i pezzi di pane raccolti. Nella Settimana Santa, inve- la lontananza dei cimiteri, dal fatto che le bare erano ce, da venerdì a domenica, quando le campane sono le- portate a spalla e lungo il percorso per sentieri impervi gate, per l’annuncio delle funzioni sacre i ragazzi por- era necessario sostentare i portatori con pane, formag- tavano nelle strade, scuotendola, una specie di raganel- gio e grappa; ma resta l’uso della distribuzione del sale. la, «la tarapèla», che si chiamava «tiratap» ad Anzola. In A Bognanco le massaie rimestando la polenta insapori- questo paese, nella chiesa di San Tomaso v’erano due ta con quel sale recitano un requiem a suffragio del de- soli banchi, per i notabili; le donne più assidue si porta- funto. Qui si benedivano le salme, prima di rinchiude- vano l’inginocchiatoio da casa, e la sera di S. Giovanni, re la cassa, con tre spighe di grano intinte nell’acqua be- 24 giugno, recavano in chiesa, nel grembiule del costu- nedetta. Altrove si distribuiva anche riso e pane di se- me, un mazzetto raccolto secondo tradizionali criteri di gale (a Malesco perfino pasta arrostita) o «ris e lacc di scelta, per farlo benedire. I più rari erano i fiur di bèi meurt» ai poveri. A Calasca, la sera della vigilia i ragaz- oman. Un pizzico di quei fiori si bruciava sul «barnasc» zi si recano di casa in casa recitando Calandrin, calan- (la paletta del camino) davanti all’uscio di casa per te- dròt, oppure arsgignin, arsgignòt, par l’amur dul bambi- nere lontana la losna (il fulmine). In Antrona funziona- not, ricevendo pere, mele, noci, castagne, torroni. La va la Elemosina di Santo Spirito (soppressa nel 1887) a tradizione della «Carcavègia», manifestazione folclori- favore della Congregazione di Carità e della cappella- stica di Colloro e Premosello, è un corteo di fine anno. nia, con l’obbligo al cappellano di far scuola ai più pove- Il nome si spiega a Calasca dove per antichissima tradi- ri, nella parrocchia di Montescheno. zione si svolge alla vigilia dell’Epifania e trae origine da Per Ognissanti, di carnevale, e anche per S. Biagio, una storia di Re Magi che giunti a Betlemme, seguen- 2 febbraio (dopo aver benedetto la gola all’altare) a do la cometa, cercavano la capanna di Gesù chiedendo Malesco ci si riuniva a mangiare i «runditt» chiamati informazioni a una vecchia che li indirizzò in direzio- anche «stinchèd», un impasto di farina di grano o fru- ne opposta. Accortisi i magi ritornarono indietro e bru- mento, sale e acqua, disteso in frittelle su pietra olla-

256 re leggermente scaldata, poi spalmate di burro e servi- drone alla sua croce e rimesso un dito nuovo”; “Dorata te con bucalina ad vin da Pèl. In diversi paesi, come a l’orecchia sinistra dell’Angelo Gabriele”; “pulita la serva Domodossola, si distribuisce per carnevale pulenta e sci- del gran prete Caifa e messo del rossetto sulle guance”; “rin- riui, mentre a Cimamulera invece dei salamini v’è lo novato il cielo, aggiunto due stelle, dorato il sole e pulita zampone. E via dicendo. la luna”; “ravvivate le fiamme del Purgatorio e restaura- te alcune anime”; “Rimesso a Lucifero una coda nuova”... E per chiudere... “pulite le orecchie e riferrato l’asino di Balaam”; “rimes- Nella Settimana Santa, i Frati del S. Monte Calvario di so alcuni denti a Erode”; “messa una pietra sulla fionda di Domo, che abitavano a metà costa nel convento poi di- Davide”; “ingrandita la testa di Golia e retrocesse le gambe ventato caserma e ora rovina, offrivano un pranzo tut- dello stesso”; “rimessi i denti nella mandibola di Sanson”; to di magro; per la Quaresima, invece, tra i privilegi “rattoppata la camicia del Figliuol Prodigo”; “lavati i por- ossolani esisteva quello concesso dal cardinale Matteo ci e rimessa l’acqua sul loro truogolo”... Schinner, verso il 1515, di potersi cibare di latticini. “Totale £. 850” A proposito del Calvario, così trascuratamente caro, Bazzetta assicura che esisteva una strana nota spese per Ecco, questa è una piccolissima insignificante parte del- un restauro nel XVIII secolo delle pitture e delle rimar- le leggende, delle tradizioni, degli usi e del folclore di chevoli statue nella Via Crucis che culmina, in alto, con questa nostra piccola Ossola. il Paradiso e il convento dei Padri Rosminiani: Condensarli è stato un lavoro improbo; eliminare è sta- “Corretti e verniciati i Dieci Comandamenti di Dio”; “ab- to penoso. Quindi, dell’incompletezza del sunto non ci bellito Ponzio Pilato”... “Rimessa la coda al gallo di S. scusiamo, ma ci serviamo per incitare altri a perfezio- Pietro e raccomodata la cresta”; “riattaccato il buon la- narlo e integrarlo in un’opera degna.

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Storia dei costumi Rina Chiovenda Bensi

Una delle prime documentazioni sui Costumi femmi- In questa pubblicazione Antonio Maria Stagnon dedi- nili dell’Ossola, la dobbiamo ad Antonio Maria Sta- cò all’Ossola ben 5 tavole, con i Costumi incisi in bian- gnon, un artista del quale in Val d’Ossola è quasi sco- co e nero e a colori, ricche di particolari, che danno la nosciuto anche il nome, pur essendo nato a Mondelli, possibilità di studiarle e di imitare anche oggi i Costu- piccola località della Valle Anzasca, ora appartenente al mi. I colori dei tessuti sono importanti perché permet- Comune di Ceppomorelli. tono di evidenziare le singole peculiarità e come scrive Antonio Maria Stagnon nacque il 2 luglio 17511, unico Antonio Maria Stagnon alla Principessa, in una lettera figlio maschio di Pietro Antonio. di presentazione di questo suo lavoro, “i diversi colori Il padre, dopo avergli insegnato l’arte dell’ “Incisione di ed i modelli contribuiscono a far conoscere i diversi ca- sigilli” lo mandò a Parigi a perfezionarsi. Alla fine del ratteri della popolazione”. 1772 Antonio Maria tornò a Torino dove il padre gli Alla Valle Anzasca, la sua Valle, l’artista dedicò due in- cedette la sua Bottega per rientrare in Valle Anzasca. cisioni “Siora Marianna, habit de cerémonie de Ceppo- Con il trattato di Worms del 1743, l’Ossola fu incorpo- morelli dans la Vallée Anzasca”, e “Manghin, boulange- rata agli Stati del Re di Sardegna e dopo questi avveni- re de la Vallée Anzasca”. menti politici, gli Stagnon specializzati in “sfragistica”2, Poi incise “Barbna de Varzo dans la Vallée Dovedro che già lavoravano a Milano, e quelli provenienti dal- dans l’haut Novarois au Semplon”, e “Brighita de For- la Valle Anzasca, si trasferirono a Torino per svolgere la mazza pres le Canton d’Urj”, ed infine “la Siora Peppa loro particolare attività. de Craveggia dans la Vallée de Vigezzo”. “Antonio Maria Stagnon con patente del 4 aprile 1774, I tratti del viso variano secondo l’atteggiamento della ebbe il titolo di Regio Incisore di Sigilli…Come inci- persona ritratta. La Siora Marianna, elegante e distin- sore in rame trattò molti generi; la geografia, il ritratto, ta è serena, indossa sul vestito una lunga giacca di colo- l’araldica, il costume, i fregi, la vignetta”.3 re rosso, guarnita come il grembiule ed il cappello con Nel 1789 incise in 88 tavole a colori, le uniformi del- passamaneria dorata; la camicia è bianca e allo scollo si le truppe del Re di Sardegna; ma il lavoro più impor- intravede una piccola croce, anche le scarpe con fibbia tante per noi è: sono un elemento di distinzione come l’orologio ed il “Récueil Général des modes d’ habillements des femmes cappello. des Etats de Sa Majesté le Roi de Sardaigne”, un volume Manghin, la portatrice di pane, invece è stanca ed af- di 43 tavole, pubblicato in due edizioni e dedicato ad faticata, indossa un costume più modesto: il grembiu- Adelaide Clotilde di Francia, Principessa di Piemon- le inizia all’altezza delle ascelle ed è fermato in vita da te dal 1775, per il matrimonio con il futuro Re Carlo una fettuccia di lana a più colori, tessuta in casa, det- Emanuele IV . Una copia, rarissima di questa opera è ta “Curungia”; sotto il grembiule si intravede la gonna, custodita presso l’Archivio Storico della città di Torino, con uno spacco profondo sul davanti, presumibilmen- e da una dedica conservata nella Miscellanea Vernazza te necessario per affrontare una eventuale gravidanza; ai presso la Biblioteca Reale, sempre a Torino, si desume la piedi Manghin porta delle calzature di stoffa, “Scufui”, data della presentazione del primo volume, 1780. e calze senza soletta, dette “Trausciuin”, che venivano

259 usate in tutte le Valli dalle donne per non scivolare an- subito il rimprovero del curato andando in Chiesa vela- dando in montagna e per la raccolta del fieno. te, con fazzoletti bianchi, mentre i Procuratori del Con- Barbna di Varzo, in Val Divedro, indossa un elegante siglio di Valle, risposero che “le donne di Valle Formaz- Costume con un lungo grembiule che inizia all’altezza za vestono un abito che tutte le copre… e sogliono per delle ascelle; la camicia e la cuffia sono di colore bianco, costumanza loro, antichissima, a causa della rigidezza la giacca di mezzalana è rossa come il bordo del vestito. dell’aria, coprirsi il capo con una scuffia di tela bianca Anche il Costume di Brighita di Formazza è importan- che… vi soprapongono una berettina di lana che copre te sia per il colore, sia per il modello: Brighita porta in la somità del capo… e con questo apparato sono state testa una cuffia bianca e sopra uno spiritoso cappelli- admesse alli sacramenti… e mai fu proibito l’uso di det- no, secondo le usanze locali, come si può vedere an- ta scuffia e berettina…” che nell’affresco della prima metà del 1600, nell’Ora- Questa controversia provocò spese e proteste. Venne torio di S. Maria ad Antillone, raffigurante un pellegri- nominato alla fine come arbitro, il marchese Paravici- naggio al S. Gottardo, affresco che rimane il documen- ni, che il 2 maggio 1719 sapientemente eseguì le istru- to più importante sul modo di vestire di questa comu- zioni del curato di Formazza, proponendo alle donne di nità a quel tempo. Questa acconciatura causò nel 1718 aderire volontariamente alla Confraternita del S.S. Sa- grosse liti religiose e diplomatiche tra il curato di For- cramento e di portare nelle funzioni “ il sodetto panno mazza Giacomo Costantino Jachino e le donne ed il nel modo prescritto”. Con questo arbitrato del 1719, Procuratore della Valle, per “l’intollerabile uso di certi entrò nel costume di Formazza, da parte delle donne cappelletti… cò quali appena cuoprono la sommità del l’uso di portare in testa un telo bianco durante le ceri- capo con troppa abominevole indecenza al Sagro luogo monie religiose. e fonzioni ecclesiastiche…” Molte donne accettarono Il Costume più ricercato e ricco è quello della Siora

260 Peppa di Craveggia in Valle Vigezzo: ha il bustino stret- donna del luogo, con il vestito da lavoro5. Per la Serie to in vita da una preziosa cintura con la fibbia dorata; Costumi Piemontesi, nel 1835, Francesco Gonin (To- la giacchetta è decorata sia davanti, sia alle maniche con rino 1808 - Giaveno 1889) incise la Donna di Bannio galloni ancora dorati; in testa sopra il foulard, annoda- (d’Ossola) in costume, con un elegante grembiule, di to dietro la nuca, la Siora Peppa porta un cappello di colore azzurro-blu, decorato all’altezza del seno da una feltro nero con la cupola “a testa piena “, bordato sem- striscia orizzontale. Questa striscia detta “lista”, in alcu- pre con nastro dorato. Questi cappelli di forme diver- ni grembiuli è ricamata, come si può vedere nel costu- se : a staio, a cilindro, acquistati in Francia e Germania, me inviato nel 1881 a Milano per l’ Esposizione Indu- dove gli uomini emigravano per lavoro, in estate veni- striale Italiana, e attualmente conservato presso i Musei vano sostituiti con altri di paglia finissima. Civici G. G. Galletti di Domodossola, ed in quelli an- I Costumi della Valle Vigezzo, la Valle dei Pittori, con- cora gelosamente custoditi dalle donne della media Val- sistono in abiti eleganti, con gli stessi particolari inci- le Anzasca e usati nelle più importanti festività6. si dallo Stagnon, ma confezionati con tessuti preziosi Con grande sorpresa ad una mostra tenutasi presso il e come tali riprodotti dai Pittori locali, nei ritratti del- Museo Cantonale d’Arte di Lugano nel 1994, compar- le mogli, e di donne appartenenti a famiglie ricche, di- vero alcuni disegni di Camille Corot sul modo di vesti- pinti realizzati da: re delle contadine di Domodossola: “Paisanne de Do- G. M. Borgnis (1701 - 1761), C. G. Borgnis detto Spar- modossola vu de dos” conservato a Parigi, presso la Bi- sicin (1734 - 1804), G. Rossetti (1759 - 1840-41), F. blioteca Nazionale di Francia ed esposto a Lugano. Giorgis (1828 - 1904) e da altri non meno importanti. “Contadina di Domodossola” vista davanti, riprodotta Durante la ricerca presso gli antiquari, è stato possibi- nel catalogo; ed un terzo disegno, solo descritto, depo- le conoscere quattro acqueforti, che ripetono gli stes- sitati entrambi presso il Louvre; un quarto disegno è se- si soggetti dello Stagnon, incise nel 1790 circa da Teo- gnalato alla Yale University, ma non è descritto7. doro Viero, veneziano. Queste incisioni, pur ripeten- Sono disegni di estrema importanza sia per l’autore sia do gli stessi soggetti, sono molto diverse: le donne han- per il soggetto. J.B. C. Corot venne in Italia tre volte, no atteggiamenti eleganti, i colori ed i tratti sono pa- nel 1825, nel 1834 e nel 1843; in un taccuino da viag- stosi e morbidi, mentre quelle incise dall’artista osso- gio accanto ai disegni, l’artista, come era sua abitudine, lano sono più rigide, meno espressive, ma più aderen- annotò l’itinerario, gli alberghi dove aveva alloggiato e ti al modello. le date. Giunto a Domodossola nel 1834, prima di pas- Sono sempre degli ultimi decenni del 1700 alcuni pic- sare il Sempione, diretto a Ginevra, prese alloggio pres- coli dipinti, custoditi presso il Museo del Paesaggio di so l’Hotel di Spagna nell’antica piazza Castello il 6- 7 Verbania, che riproducono i Costumi popolari di varie ottobre. Pensiamo che si sia recato nella vicina piazza località4 e tre riguardano l’Ossola: Donna di Macugna- del Mercato e vedendo le contadine, ne abbia disegna- ga, la Paesana d’Introna Piana ( Antrona Piana), la Pae- to il vestiario, annotando i colori di ogni componente, sana di Bani (Bannio). annotazioni che permettono di avere un’idea precisa di Con il titolo “Donne di Val Anzasca” troviamo anco- come fosse l’abbigliamento nella forma e nel colore. E’ ra una incisione del 1820 di Sergent Marceau (1751 interessante vedere il modello del cappotto a redingote, - 1847) che raffigura Manghin e la Siora Marianna in di colore verde scuro, aderente, con tre pieghe che ini- Costume, uguale a quelli incisi dallo Stagnon. ziano sopra la vita e arrivano fino all’orlo; sotto la re- Nel 1824 durante uno dei suoi annuali “viaggi di di- dingote si intravede una gonna lunga, blu chiaro, a lar- segno” attraverso le Alpi, lo svizzero Samuel Birmann ghe pieghe, che termina con una balza in fondo di co- (Basilea 1793 - 1847), giunse in Val Formazza, dove di- lore rosso; ai piedi la donna porta calzature di stoffa, ed segnò e dipinse ad acquarello il Costume della donna di in testa un fazzoletto annodato dietro la nuca. Formazza. Nell’ anno successivo raggiunse Macugnaga, Questo modello di cappotto lo si trova riprodotto nel- e attratto dalla maestosità del Monte Rosa, disegnò la la litografia “Piazza Mercato a Domodossola” di I. Dol-

261 by del 1839, e nella stampa “Femmes de Domod’Os- le aveva ordinate: Pirola di Intra, Fumagalli di Milano, sola” del 1830 circa, che ha come soggetto tre donne Menapace e la Cartografica Antonioli di Domodossola, di cui una anziana, che indossa una redingote di colore sono i nomi di alcuni stampatori. In particolare il Co- verde scuro, uguale come modello al disegno di J.B.C. stume di Macugnaga riprodotto in bianco e nero da C. Corot. Colombo, in una cartolina dell’ inizio del 1900, è ugua- Infine è importante osservare la litografia “Domodos- le non solo come modello, ma anche nelle singole par- sola” di A. Colin del 1830, che raffigura una giovane ti, a quello che le donne indossano attualmente per le donna con un Costume, uguale come modello a quel- processioni, le riunioni e per ogni avvenimento impor- lo indossato dalle due giovani riprodotte nella stampa tante: si tratta di uno scamiciato nero di tessuto raffina- “Femmes de Domod’Ossola”. to con un “corpetto” di velluto ricamato con fili d’oro, Per celebrare un avvenimento tanto importante come riproducenti spighe, stelle alpine, non ti scordar di me, l’inaugurazione della Galleria del Sempione, nel 1906, i fiori che crescono in quella località. I corpetti antichi l’Illustrazione Italiana, Treves editore, pubblicò un nu- invece hanno ricami baroccheggianti oppure recano le mero speciale, “Il Sempione”, ricco di documenti e con cifre della proprietaria e fiori riuniti alla base in una co- la riproduzione di pastelli, dipinti e disegni. Il dipinto: roncina. Questo scamiciato viene indossato su camicie “A Balmalonesca. La sposa del minatore” di Antonio bianche, con il colletto ed i polsini di merletto fatto a Piatti, ed i pastelli “Ragazza dell’ Ossola” e “Contadi- mano; un soprabito aperto davanti, un fiocco con un na di Valle Anzasca” di Arnaldo Ferraguti8 sono un’im- nastro vivacemente colorato, uno scialle appoggiato sul portante curiosità e servono a farci conoscere i Costumi fianco sinistro, completano l’abbigliamento. ancora presenti in quel periodo ed indossati dalle don- Ma il costume più interessante per noi è quello di An- ne della Valle Divedro e Valle Anzasca. tronapiana, usato fino al 1930 circa, prima che venisse Nel 1911 ricorrendo il cinquantenario dell’Unità d’Ita- sostituito da quello che le donne di una certa età porta- lia, venne organizzata a Roma, la mostra di etnografia no ancora oggi: “la vesta”. italiana, per cui vennero raccolti ed esposti i Costumi “Arcum” o “Awsti” era il nome dialettale del vecchio di varie regioni italiane, alcuni autentici ed altri rifatti, scamiciato di colore marrone, con l’orlo rifinito da una tutti attualmente conservati presso il Museo Naziona- fettuccia di lana color senape, tagliato e cucito da un le delle Arti e Tradizioni popolari di Roma. Per l’Ossola sarto residente in paese. Il tessuto usato era la mezza- vennero raccolti i Costumi di Montecrestese, della Val- lana (ordito di canapa e trama di lana) che veniva folla- le Antigorio, di Macugnaga, di Antrona Schieranco e di to in Valle e tinto secondo l’usanza popolare, per mezzo Antronapiana, di Masera e della Valle Vigezzo. di un bagno prolungato in acqua in cui era stato bollito Le donne in genere avevano un vestito che serviva per il il mallo di noce. Questo scamiciato liscio davanti e ric- matrimonio e per le varie occasioni e come tale veniva co di pieghe nella parte dorsale, veniva indossato su ru- conservato e tramandato, mentre per i lavori domestici stiche camicie bianche, di canapa, coltivata, filata e tes- usavano parti di qualche vecchio vestito. suta in Valle, decorate sulle spalle e all’attaccatura delle Alla fine del 1800 e all’inizio del 1900, i costumi del- maniche con strisce di congiunzione di “Puncèt - Risé- l’Ossola vennero fotografati, riprodotti in cartoline di la”; davanti veniva messo un grembiule che iniziava sot- vario tipo, quindi divulgati: troviamo quelle a colori del to le ascelle, boleri (giacot), giacche (trakuté), cappot- dr. Trenkler di Lipsia, che ci documentano ancora una ti (giaca), e scarpe (cauzeramin) completavano questo volta sul modo di vestire delle donne della Valle Anti- singolare vestiario di cui si conservano in paese mol- gorio, della media Valle Anzasca, di Antronapiana, di ti esemplari. Schieranco in Valle Antrona, di Masera, di Montecre- Fa parte del costume di Antronapiana “il Puncetto” la stese e di Varzo. preziosa trina ad ago che le Antronesi usavano ed usano Generalmente queste cartoline erano in bianco e nero e per decorare le camicie e parte della biancheria di casa, quasi tutte portavano il nome dello stampatore o di chi trina ricca di fascino propria della Val Sesia, dove viene

263 chiamata “Puncèt” perché è un insieme di tanti picco- stituiscono. Dietro il quadro del vestire, si può legge- li punti: in un centimetro quadrato di finissima trina, re il linguaggio della comunità tradotto in forme, co- si contano innumerevoli nodi, è detto Riséla ad Antro- lori, tessuti…” napiana, unica località della Val d’Ossola, dove è cono- sciuta, lavorata ed usata. Note Con il progresso, l’industrializzazione, i mezzi di tra- 1 Nato nel 1751 - morto 1805. Gli ultimi Stagnon risiedevano a sporto ed il lavoro femminile, le donne delle valli alpi- Moncalieri (To) ne hanno abbandonato questo modo di vestire che rap- 2 Sfragistica: disciplina che studia i sigilli dal punto di vista tecnico, presentava un impegno, adeguandosi all’abbigliamento artistico e storico, sigillografia. Garzanti D. 1993 p. 1786 3 Schede Wesme, L’Arte in Piemonte dal 16° al 18° secolo vol. 3° del fondovalle o della città. p. 1007 Dopo un periodo di stasi, sono tornati il desiderio e la 4 Kannès Gianluca, Costumi popolari e Ricerche etnografiche in moda del Costume, che viene indossato con entusia- Piemonte, precedenti alla mostra del 1911 in Abbigliamento tradi- smo anche dalle donne giovani. Sono Costumi Folk, zionale e Costumi popolari delle Alpi. Torino 1994 p. 159 5 Rizzi Enrico, I Walser, Fondazione Monti, Tip. Saccardo 2003, diversi da ogni località o gruppo; prevale nel vestiario p. 133 la camicia bianca ed elemento comune rimane il grem- 6 Esposizione Industriale Italiana 1881 Milano. biule, ricamato con fiori, che a volte si identifica con il 7 Pomarède Vincent, Corot (Parigi 1796 - 1875) Leonardo Arte, gruppo stesso. Milano 1996. p. 101 M. Kahn-Rossi, Itinerari sublimi, Viaggi d’ Artisti tra il 1750 - Questa moda stimola la ricerca e compaiono “pezzi di 1850. Skira edit. Milano 1998 pp. 247- 267 vestiario” che appartenevano alle madri e alle nonne, 8 Antonio Piatti Viggiù (Varese 1873 - vivente nell’ anno 1934) che si sostituiscono a quelli recenti. Arnaldo Ferraguti (Ferrara 1862 - Forlì 1925) Scrive G. P. Gri: “ci si veste operando delle scelte e ob- Riccardo Salvadori (Piacenza 1866 - Milano 1927) 9 Tutte le note bibliografiche inerenti le ricerche sono pubblicate bedendo a dei modelli. L’ abbigliamento di una comu- nella Rivista Oscellana. nità alpina è uno specchio che rimanda ai confini, ai 10 Gri G.P. “Il Costume specchio della Comunità” in “L’ Alpe” n. 4 valori e agli orientamenti dei diversi gruppi che la co- Priuli e Verlucca Editori 2001 To

264 Attività umane e tempo libero

Economia e sviluppo industriale Umberto Chiaramonte e Sergio Lucchini

Premessa i lavori di arginatura dei fiumi e la scelta qualitativa per Nel ricostruire la storia della Val d’Ossola alcuni autori la riproduzione dei capi di bestiame. 3 hanno messo in rilievo l’esistenza di attività lavorative A ragion veduta si può parlare di un lungo periodo ca- di un certo spessore sin dai tempi più remoti. Basando- ratterizzato da una arretratezza economica che trovava si su documenti scritti o su ritrovamenti archeologici, qualche attenuazione soltanto nella emigrazione verso l’Ossola è stata descritta come una regione di antichissi- i paesi europei più vicini (Francia e Svizzera). Eppu- ma tradizione mineraria di ferro, di oro, di cave di pie- re la Val d’Ossola possedeva alcune risorse naturali che tra e marmo e di acque minerali. In altra parte di questo avrebbero potuto consentire uno sviluppo ancora im- volume si potranno trovare i riferimenti di quanto qui pensabile se a quanto si è detto si aggiungono altri fat- si va dicendo, tenendo conto che c’è disparità di vedute tori: l’essere al confine con la Svizzera e trovarsi sulla di- sulla datazione di questo sfruttamento minerario.1 rettrice di traffici commerciali legali alla Lombardia e al L’esistenza sin dai tempi antichi di un gran numero di Piemonte; poter contare su una mano d’opera che da ruote idrauliche ad asse orizzontale, dimostra che nel secoli aveva avuto una tradizione nella lavorazione del territorio furono attivi magli, seghe per la lavorazione ferro e dell’oro. del legname, mantici per forni fusori e mulini per la Ragioni di spazio non consentono di presentare un macinazione di cereali, grazie ai numerosi corsi d’acqua quadro sintetico della dinamica dello sviluppo ossola- della regione. Certamente nel XVII secolo queste atti- no dall’antichità in poi, per cui tralascerò il lungo pe- vità erano molto elevate per numero.2 Accanto ad esse, riodo caratterizzato dalla stagnazione e dalla arretratez- il sistema agricolo ossolano risentiva di una perenne sta- za e mi soffermerò sugli ultimi cento anni di storia na- ticità dovuta a oggettivi limiti posti dalla morfologia del zionale, quelli che coincidono con il «decollo industria- territorio montano e dalla chiusura ad ogni innovazio- le» del Paese. ne. Se l’allevamento del bestiame, accanto al patrimo- nio boschivo, costituì per secoli una fonte di reddito, I «prerequisiti» dello sviluppo non sempre esso ebbe un impulso adeguato. Preliminarmente è bene dire che è difficile collocare con Resta da sciogliere il nodo della mancata affermazione precisione il periodo in cui ci fu il passaggio dalla for- della sericoltura con la coltivazione del gelso per i bachi ma artigianale a quella che Franklin Mendels ha defini- da seta, che in Piemonte e nella confinante Lombardia to protoindustria. Con la dovuta cautela e con l’accor- era stata causa dell’impulso economico. È certo che le tezza che ogni territorio ha storia e situazioni singolari, ragioni del mancato sviluppo agrario ossolano siano da si potrebbe utilizzare il modello studiato da Maths Isac- ricercare anche nella scarsa disponibilità di capitali dei son e Lars Magnusson per la parrocchia di Mora (Sve- quali, in una zona montana, impervia e irrigua, occor- zia). Come in quel territorio così in Val d’Ossola si po- reva una discreta quantità per le anticipazioni fondiarie. teva ritrovare la presenza centenaria di attività artigiana- Gli investimenti degli agricoltori si erano limitati sem- li, la lavorazione del ferro, un progressivo, anche se len- pre alla costruzione delle abitazioni, delle stalle e ad al- to, incremento demografico, un’agricoltura assai povera cuni indispensabili arnesi da lavoro, mentre mancarono con piccoli appezzamenti e molti eredi.4

267 A ben guardare, le attività minerarie nel nostro caso era- te che fino all’Unità nazionale avevano avuto un mer- no ancora più accentuate se alle già citate si aggiungono cato locale nel contesto della siderurgia dell’area alpina. le risorse idrauliche che con lo sfruttamento per l’ener- Anche le miniere d’oro erano state esercitate da fami- gia elettrica diverranno un altro punto di forza per lo glie ricche delle valli con una discreta quantità di mano sviluppo industriale. Diciamo che il salto di qualità co- d’opera, ma senza ambizioni industrialiste. 7 minciò ad aversi con l’affermarsi di alcune idee innova- L’attività estrattiva delle cave di marmo, che lavoraro- tive da parte della borghesia di recente formazione che no molto, se non esclusivamente, per la Fabbrica del aveva accumulato capitali ed esperienze nell’emigrazio- Duomo di Milano (cave di Candoglia), o della Certosa ne o nella proprietà boschiva. Entrarono allora nell’Os- di Pavia (cave di Crevoladossola) e del Duomo di Pavia sola capitali freschi che si trasformarono in lavori edili, (cave di Ornavasso), era una vera e propria protoindu- in scuole e chiese, ma anche in nuove risorse finanziarie stria che diede lavoro a centinaia di cavatori e scalpelli- per le ricerche minerarie. ni. Il sistema di conduzione sarebbe da sottoporre a ve- Alla fine del ‘700, grazie all’intraprendenza di Pietro rifica storica per accertare la presenza di forme precapi- Maria Ceretti, si verificò una decisiva svolta nell’eco- talistiche nell’organizzazione del lavoro. nomia locale quando fu costituita la prima società e fu In sostanza, questa caratteristica continuò a manifestar- fondato il primo stabilimento per la lavorazione della si anche a cavallo dell’unità d’Italia e fino alla fine del- ghisa in un forno di Viganella, alimentato dal carbone a l’Ottocento quando si realizzarono le condizioni che legna. A quell’esperienza, continuata e migliorata negli consentirono la rivalutazione delle risorse naturali lo- anni successivi, noi possiamo attribuire quel ruolo deci- cali. Nel 1861, con l’Esposizione universale di Parigi, la sivo che lo storico Luciano Cafagna ha definito parten- Val d’Ossola mise in mostra i prodotti delle sue minie- za da lontano dell’industrializzazione italiana. Il Ceret- re aurifere. Nel 1863, da sola, essa produsse kg 125,401 ti è senz’altro da annoverare tra quegli imprenditori che d’oro, per un valore complessivo di £. 236.331, dando nella storia d’Italia sono stati visti come gli artefici del- lavoro a 80 operai che poterono contare su 23.500 lire la modernizzazione del nostro paese5. di salari; ma per il resto la produzione ossolana rimane- Non è compito mio definire qui il profilo imprendi- va di tipo artigianale. Nel 1875 l’Ossola partecipò al- toriale del Ceretti (cosa che non coincide soltanto con l’Esposizione regionale di Novara con prodotti che fo- la ricostruzione delle vicende della sua fabbrica, come tografavano uno stato complessivo di arretratezza: pece è stato finora tentato), ma si deve sottolineare che uno prodotta a Trasquera, fruste a Villadossola, rastrelli a dei suoi meriti fu quello di poter contare su capitali per- Crodo, cannelle e ferri agricoli a Domodossola. Eppu- sonali e su una dose cospicua di rischio. La sua azione re, i 31 espositori ossolani presentarono oltre 60 specie non va decontestualizzata dalla schiera di imprenditori di manufatti dimostrando che era possibile avviare nuo- lombardi e piemontesi che si misero alla testa di attività ve prove e studii 8. acquisendo con tenacia una cultura industriale median- Ma già con il 1881 all’Esposizione nazionale di Milano te contatti ricercati e voluti, specie del Milanese. A lui si la qualità del lavoro ossolano venne messa in rilievo: vi deve quella prima mano di vernice industriale che certa- comparvero i prodotti delle cave e delle miniere, lave- mente non fu di rilevanti proporzioni perché non si col- rie e mulini per minerali, campioni di rame e di piom- legò ai circuiti nazionali ed europei, ma costituì il tessu- bo argentifero, amianto, cristalli e oro. Accanto ad al- to che proveniva inevitabilmente da lontano.6 tre produzioni di tipo artigianale, fu presentata la lavo- Il merito della P.M. Ceretti fu quello di essere la prima razione del ferro dello stabilimento della P.M. Ceret- esperienza di fabbrica e di stimolare l’estrazione del mi- ti che, nello stesso anno, aveva prodotto 460 t di ghi- nerale ferroso ossolano, lo studio e l’adozione di nuo- sa. All’Esposizione nazionale di Torino nel 1884 l’Os- vi metodi di lavorazione della ghisa, oltre a far scoprire sola e la sua produzione confermarono l’attivismo di un l’immensa ricchezza di energia a portata di mano: i bo- ceto produttivo che aspirava a migliorare e a estendere schi e le acque. Ma si trattò sempre di produzioni ridot- la tipologia della produzione, anche se non fu presen-

268 tato nulla di straordinario e di nuovo, ma certamente si litici e al dibattito; e vi arrivò da Novara-Borgomanero trattò di una presenza che faceva sperare per la volon- anziché, come avrebbero preferito i milanesi, da Mila- tà di misurare le proprie energie con i 14.237 esposito- no-Arona. Non mancarono le perplessità di chi denun- ri con più vasta esperienza. Il risultato immediato lo si ciava che si erano preferiti gli interessi genovesi e torine- ebbe con il progetto di organizzare una Mostra ossola- si a quelli lombardi-milanesi, se non altro per collegare na nel 1895 che subì rinvii e non andò in porto per va- quell’area siderurgica padana che s’apprestava a svolge- rie ragioni, ma i comitati cittadini che venivano eletti re un ruolo cardine nell’ossatura dell’industrializzazio- per queste esposizioni e l’interesse tra i produttori erano ne a nord di Milano. segnali precisi di una mentalità e di una realtà in movi- La rivincita i milanesi se la presero dieci anni dopo mento, necessarie per creare i presupposti dello svilup- quando, il 1 agosto 1898 dal versante svizzero e il 16 po economico. Non a caso l’Ossola partecipò a tutte le agosto da quello italiano, iniziarono i lavori di scavo Esposizioni regionali e nazionali che si organizzarono per il traforo del Sempione che richiese anch’esso lun- dopo l’Unità nazionale. ghi studi e defatiganti dibattiti. Esso costituì non solo Se, dunque, non si possono trascurare da parte dello una tappa nella politica dei trafori alpini, ma fu anche storico queste tappe di lento avvicinamento al vero e il trionfo della tecnologia del Politecnico di Zurigo dal proprio sviluppo economico, se non si deve trascurare quale provenivano i dirigenti dei lavori e degli accorgi- la presenza di un ceto attivo e stimolatore del progresso, menti tecnico-sanitari che evitarono o ridussero gli in- occorre anche affermare che il fattore decisivo che avviò cidenti, pur aumentando i ritmi di avanzamento. Con nel territorio il take off (decollo) industriale, va ricercato il traforo, aperto nel maggio 1906, fu realizzata la ferro- nelle infrastrutture ferroviarie, a partire da quella pro- via Arona-Domodossola e fu collegata questa città con gettata dal parlamento subalpino sin dal 1857, con l’o- il confine svizzero realizzando il sogno milanese di ac- biettivo di collegare Domodossola con Arona, sul lago corciare le distanze con Ginevra e Parigi. Maggiore, dove terminava il troncone che collegava il Era appena stato iniziato il traforo del Sempione quan- lago a Torino. do in Val d’Ossola, il 19 ottobre 1898, i sindaci dei Di fatto l’Ossola fu al centro di un lungo e approfondi- 16 Comuni della Valle Vigezzo costituirono un comi- to dibattito tecnico e politico sulla necessità di collega- tato per promuovere un collegamento ferroviario inter- re l’Italia all’Europa attraverso i trafori delle Alpi. Una nazionale tra Domodossola, Vigezzo e Locarno. Il pro- ricca bibliografia documenta la vastità e la versatilità di getto, al quale parteciparono italiani e svizzeri, fu visto questo dibattito nel quale si inserirono politici, intel- nel quadro di un più ampio rosone di collegamenti fer- lettuali e tecnici di grande livello. L’Ossola si trovò al roviari, in particolare esso avrebbe collegato il Sempio- centro di questa attenzione per le evidenti implicazio- ne al Gottardo raggiungibile da Locarno. Ma dai primi ni di carattere economico che ne avrebbe avuto. Vegez- progetti all’inizio dei lavori, nel 1912, e all’attraversa- zi Ruscalla, nel farsi paladino di un collegamento ferro- mento della Valle della prima locomotiva, nel novem- viario attraverso la Val d’Ossola, scriveva: Fate una stra- bre 1923, trascorsero molti anni di discussioni, relazio- da ferrata e l’Ossola vedrà sorgere fabbriche ed usine, per- ni, ricerca di capitali e di adesioni ministeriali. ché i bassi prezzi dei salari e le costruzioni poco dispen- La ferrovia divenne, nell’immaginario collettivo, ma diose vi chiameranno i capitali degli imprenditori d’in- prima ancora della classe dirigente locale, la materia- dustrie 9 .Il Ruscalla, anche se le sue argomentazioni e lizzazione del progresso tecnico e il simbolo della possi- il suo progetto per un tronco ferroviario Arona-Domo- bile industrializzazione. Nel 1908 la stampa diede no- dossola in quel periodo non trovarono ascolto, e anche tizia di un collegamento ferroviario a trazione elettrica se alla base del suo ragionamento si poteva cogliere il vi- tra Domodossola e la cascata del fiume Toce; nel 1910 zio di una visione «colonialista» della Valle, fu un faci- si ideò la ferrovia della Valle Anzasca, terra mineraria di le profeta. La vaporiera arrivò a Domodossola il 19 set- antica tradizione, con lo scopo di raccordare Gorner- tembre 1888, molto in ritardo rispetto ai progetti po- grat e Zermatt e la Valle di Saas attraverso il passo del

269 monte Moro, con Gletsh e la Furka, mentre nel versan- i capitali, s’incrementarono produzione, livelli occupa- te italiano si sarebbe collegata Domodossola al Gottar- zionali e popolazione in percentuali di gran lunga supe- do e alla Valle Formazza. Per queste linee si ipotizza- riori ai periodi precedenti. vano un flusso turistico di almeno 100.000 persone e In che misura, allora, le infrastrutture ferroviarie costi- entrate per complessive 1.036.000 lire comprese alcu- tuirono, come era stato detto all’inizio, un «prerequisi- ne iniziative alberghiere. Dello stesso tenore era il pro- to» per l’industrializzazione ossolana? getto di una linea che avrebbe collegato Domodossola Si è visto come di per sé la realizzazione della rete fer- e la Svizzera attraverso le valli Antigorio e Formazza nel roviaria ossolana costituì la prima forma di moder- quadro di un accesissimo dibattito sullo Spluga e sulla nizzazione o, meglio, di industrializzazione se a que- Greina, con il vantaggio, secondo i progettisti, di costa- sto termine riconosciamo un sinonimo di crescita eco- re otto volte meno di questi. nomica sostenuta.11 Se concordiamo con Wrigley, l’in- Se una caratteristica va evidenziata, di sicuro occorre dustrializzazione si verifica quando il reddito reale per dire che la classe politica locale, sostenuta dai tecnici abitante comincia ad aumentare regolarmente e senza li- e dalla borghesia, prese parte attiva alla progettazione mite apparente e ciò in relazione con cambiamenti impor- e al reperimento dei capitali per sostenere progetti che tanti e continui nella tecnologia, fra i quali l’utilizzazione poi non si poterono realizzare. Parlarne costituisce un di nuove fonti energetiche. modo per evidenziare una mentalità che si era aperta Che l’industrializzazione ossolana cominci nei periodo al nuovo e al rischio con la partecipazione di piccoli ri- della realizzazione delle ferrovie lo si può dimostrare at- sparmiatori e società che si andarono costituendo nel traverso una breve analisi dei più importanti fatti eco- territorio. Ed è anche opportuno riflettere come si andò nomici. Per cominciare, si pensi che dalla Pietro Ma- modificando la mentalità con il farsi strada, in ampi ria Ceretti nel 1892, subito dopo la prima realizzazione strati anche popolari, dell’idea di una diversa concezio- ferroviaria, si costituì la Fratelli Vittore ed Enrico Ce- ne dell’«industria del forestiero», come veniva chiama- retti per bulloneria, con un capitale iniziale minimo di ta allora l’industria turistica. In altre parole, si andò ra- appena 40.000 lire. Come spiegare una scissione «fa- dicando una nuova opportunità della modernizzazio- miliare» nel momento in cui si realizzavano le concen- ne data dal turismo, senza alcun dubbio sulla scia del- trazioni di complessi più agguerriti? Certamente influi- l’esperienza della vicina Svizzera. rono alcune incomprensioni e divergenze sulla politica aziendale nella siderurgia ossolana e non è da esclude- Il «decollo» industriale re che non fosse condiviso l’isolamento scelto dalla P.M. Non vi possono essere dubbi sul fatto che il «caso Osso- Ceretti di fronte alla creazione del «Sindacato del ferro» la» si inserisce in modo paradigmatico tra i modelli del- che in seguito diede vita alla «Agenzia commissionaria lo sviluppo economico che storici ed economisti han- metallurgica», con sede a Firenze, con l’obiettivo di ra- no studiato. Secondo i tre indici della produzione, ela- zionalizzare vendite e specializzazioni siderurgiche. borati da Gerschenkron, da Fenoaltea e dall’Istat, che Ma la costruzione del Sempione aveva già fatto modifi- collocano al 1896-1908 il momento più alto della cre- care la mentalità aziendalista delle due imprese siderur- scita industriale, lo sviluppo sarebbe caratterizzato da giche: nel 1899 la Ceretti costruì un impianto idroelet- fasi cicliche di un unico processo iniziato alla fine degli trico di 400 hp sfruttando il fiume Ovesca, e lo stesso anni 1870 per i primi due, mentre si potrebbe parlare indirizzo di privilegiare l’energia elettrica lo ebbero Vit- di un decollo industriale avvenuto a cavallo del secolo per tore ed Enrico Ceretti. Le innovazioni introdotte de- l’Istat.10 Gli storici economici oggi propendono più per terminarono un incremento di produzione di ghisa, di un modello «ciclico» con fasi alterne; per l’Ossola si può ferro omogeneo, di verghe e vergella, di bulloni e viti parlare di un vero e proprio «decollo» verificatosi attor- consentendo alle due imprese di partecipare alle com- no al 1888-1906 quando si ebbero le infrastrutture fer- messe per la costruzione della linea Arona-Domodos- roviarie e quindi si ampliarono gli impianti, arrivarono sola-Iselle (confine) e per il traforo del Sempione. E fu

270 questo che convinse l’industria siderurgica ossolana a e ligure che aveva il vantaggio di godere di forti legami rivedere la politica industriale per arginare la concor- con le commesse statali ed una forte tendenza a sottrarsi renza. alle leggi della concorrenza. 14 La società dei Fratelli Ce- In Italia il «cartello» siderurgico si andava rafforzando retti, con l’apporto di nuovi capitali affluiti dalle Offi- vistosamente con la creazione di un trust e con la nasci- cine Reggiane, si trasformò — alla fine del 1906 — in ta della società Ilva ed in questo contesto di concentra- Società anonima La Metallurgica Ossolana approntan- zioni industriali andava inserito il progetto di un Con- do una nuova acciaieria su un terreno di 30.000 mq; sorzio siderurgico che fu ideato tra la P.M. Ceretti e la l’antica P.M. Ceretti si trasformò anch’essa in Società Fratelli Ceretti nel 1906.12 anon. Industriale P.M. Ceretti per l’esercizio dell’attivi- L’intento della famiglia Ceretti era quello di riunire le tà metallurgica, minerallurgica e idroelettrica rafforzan- loro aziende e formare un unico grandioso stabilimento do il proprio capitale fino a 1.500.000 lire di cui i Ce- colla costituzione di una società anonima col capitale di £ retti acquisirono un terzo. 2.500.000. Scopo precipuo [... era] dare incremento alla Le due società non si fusero, ma il loro consorzio le produzione rispettiva attese le circostanze tutte sia riguar- avrebbe fatte collaborare per dieci anni. I dati in pos- danti i rispettivi Enti industriali, sia dipendenti del mer- sesso dimostrano la crescita progressiva e costante delle cato siderurgico, eccezionalmente favorevole...” due società, sia come ammodernamento tecnologico dei Insieme le due aziende aspiravano ad un ruolo più dina- macchinari, sia come investimenti e sia come produtti- mico all’interno della siderurgia nazionale dell’area pa- vità. Del resto fu tutto il settore metallurgico italiano a dana-milanese (in particolare delle Acciaierie e Ferriere registrare un incremento produttivo di ghisa dal 1911 Lombarde, delle molteplici attività sviluppate dai Falk, al 1926, ad eccezione degli anni 1919-1923; lo stesso dai Vanzetti, dai Fratelli Redaelli) che doveva reggere la incremento si ebbe nella produzione del ferro e dell’ac- forte concorrenza della siderurgia tirrenica (Piombino) ciaio che nel 1922 aveva recuperato le perdite postbelli-

Stabilimento Pietro Maria Ceretti, nei primi ’900.

271 che. L’Alto Novarese, che contava due stabilimenti side- rio ossolano in quanto era la prima volta che una società rurgici nell’Ossola e uno ad Omegna (Soc. Metallurgi- per azioni italiana se ne interessava. Nel 1920 ripresero ca Cobianchi), non fu da meno acquisendo incremen- i lavori di ristrutturazione che durarono tre anni. La so- ti di tutto rispetto: nel 1912, ad esempio, la produzione cietà, col tempo, intuì la possibilità di uno sfruttamen- di ferro era stata di 3.400 t e quella di acciaio di 21.120 to alternativo di acque arsenicali con virtù terapeuti- t; nel 1913 la produzione era stata rispettivamente di che evidenziando come soltanto investimenti adegua- 2.500 t e di 29.020 t.15 La siderurgia ossolana agì nel ti e continui avrebbero potuto consentire uno sfrutta- territorio come fattore primario di urbanizzazione tan- mento remunerativo. Il settore andò contraendosi pro- to che Villadossola registrò un incremento demografico prio nel momento in cui la grande industria e nuove del 55,1% medio annuo nel 1901-11, e del 26,2% nel esperienze produttive entrarono in Val d’Ossola, ma ri- 1911-21.16 Che questa grande immigrazione fosse do- maneva attivo il settore delle cave di pietra e di marmo vuta specialmente agli insediamenti siderurgici era rile- che da sempre erano state un importante fattore di svi- vabile dal dato sull’occupazione: nel censimento indu- luppo, malgrado le vicende non sempre positive. striale del 1911 nel comune di Villadossola gli addetti Dal 1904 al 1909 le cave di granito rosso erano 4, men- all’industria risultavano 1.002 unità, di cui 524 nel solo tre quelle di gneiss erano salite da 305 a 347 nello stes- settore metallurgico (52,3%), so periodo, e la produzione era passata da t 76.400 a Se la siderurgia rappresentò il motore trainante dell’in- t 106.500; il valore complessivo del prodotto era sali- dustrializzazione ossolana non bisogna trascurare altre to dalle 275.000 lire al 1.548.000; l’occupazione era ri- iniziative imprenditoriali. Il tradizionale settore mine- masta sempre molto alta a causa della scarsa meccaniz- rario dell’oro, che si era distinto per i repentini e sover- zazione: dai 1.383 addetti (di cui 133 fanciulli) si era chi passaggi di proprietà tra famiglie benestanti senza giunti ai 1.875 (con 98 ragazzi). I dati dimostrano l’im- alcuna cultura imprenditoriale, era stato preso di mira portanza del settore nell’economia del territorio soprat- dai capitali stranieri (belgi, svizzeri, inglesi e francesi), tutto dal momento in cui si realizzarono interventi di ma continuò a soffrire di carenza di modernizzazione. modernizzazione. Anche qui, come nella siderurgia, si Nell’età del «decollo industriale» l’oro ossolano risen- avvertì la necessità di costituire un Consorzio per ridur- tì della crisi generale: costi alti, eccessivo carico fisca- re gli effetti della concorrenza, tanto che nel 1912 le 10 le, scarsa redditività del minerale. Se fino al 1896 l’oc- società consorziate produssero da sole t 23.000 contro cupazione nel settore era stata in media di 470 uni- le 7.000 t delle aziende rimaste fuori. Anche dopo l’am- tà, prima della grande guerra gli addetti scesero sotto modernamento il numero degli addetti rimase sempre il centinaio.17 In questo contesto l’ingresso della fami- attorno al migliaio. glia Ceretti nella proprietà mineraria costituì una novi- Sebbene le acque minerali fossero conosciute da anti- tà in quel 1906 che si può assumere come anno di ad- ca data, è certo che solo con la fine del XIX secolo e so- dio del grande rilancio industriale della Valle. In realtà, prattutto con l’età giolittiana ci fu una particolare at- l’ingresso dei Ceretti nel settore minerario ebbe come tenzione dei capitalisti verso questo settore. Le acque di primo scopo l’acquisto dei macchinari, mentre i vendi- Bognanco erano state scoperte nel 1863, ma erano ri- tori (la The Pestarena United Gold Mining Co.) aveva- maste senza un vero sfruttamento commerciale; a Cra- no messo una clausola «capestro» che mirava a disatti- veggia si censiva uno stabilimento per le cure terma- vare la miniera, cosa che l’Ufficio delle miniere proibì li verso la fine dell’Ottocento, ma le sue proporzioni imponendo ai Ceretti la coltivazione della miniera pe- erano poca cosa potendo accogliere 24 persone. A que- na la decadenza. sto richiamo non furono estranei gli studi e gli esami di Lentamente ripresero gli investimenti e l’ammoderna- laboratorio presentati da alcuni studiosi in memorie e mento dei macchinari finché, nel 1917, la proprietà fu opuscoli. Non a caso nel 1906 si costituì nella Valle An- acquisita direttamente dalla Soc. An. P.M. Ceretti. Il zasca un comitato per la costituzione di una potente so- passaggio costituiva la grande novità nel settore minera- cietà anonima per l’esercizio delle miniere, per l’indivi-

272 duazione degli alberghi e per lo sfruttamento delle sorgen- ti dalla statistica industriale del 1899 nella provincia di ti arsenicali mangano ferruginose ed infine utilizzare una Novara, diffusi in tanti piccoli comuni delle valli osso- forza d’acqua di 280 cavalli per l’illuminazione elettri- lane, davano lavoro alternativo a molte donne. Era una ca [del comune di Vanzone] ed altri Comuni o per l’im- dotazione non vistosa, ma che in provincia si collocava pianto di eventuali industrie. 18 dopo Novara (1.087 telai), Biella (531 più 1.139 per la Appare evidente come si stesse sviluppando una nuo- lana) e Varallo Sesia (380). va mentalità aperta all’impresa non con progetti astrat- Con il 1900 alcuni industriali milanesi accettarono di ti, ma con la costituzione di vere e proprie società ano- trasferire nell’Ossola lo stabilimento Pietro Frattini per nime con azionariato di piccoli e medi risparmiatori de- la lavorazione della juta che aveva intenzione di chiude- cisi a farsi avanti e di rischiare. In questo caso si raccol- re. Si trattava di un settore produttivo giovane per l’Ita- sero 600.000 lire per il capitale iniziale che fu appog- lia essendo comparso soltanto nel 1870 e che risenti- giato dal Banco dell’Ossola, dalla Banca Popolare di In- va di una completa dipendenza dall’estero per la mate- tra e dal Credito Italiano di Milano. Ma ad entrare nel- ria prima.19 Raggiunto un accordo con Vittore Ceretti, la società fu anche la Ceretti che acquisì la maggioran- sindaco di Villadossola e industriale, fu costituita la nuo- za del pacchetto azionario della nuova Società An. Sor- va Soc. An. Jutificio Ossolano con un capitale sociale di genti Minerali e Miniere di Vanzone. Insomma, il pa- £ 700.000 al quale aveva aderito una cordata di indu- trimonio ossolano fu recuperato dal capitale locale pri- striali milanesi ed ossolani (tra i quali ultimi Maffioli e ma che da quello forestiero, con risultati non esaltanti, figlio della omonima banca, e Mogni proprietario del ma di tutto rispetto. D’altra parte un grande progetto Banco dell’Ossola, nonché la famiglia Ceretti), più altri di portare l’acqua sino a Stresa mediante una tubazione azionisti di Intra. Anche questa iniziativa era una spia di di gres, dove si sarebbe dovuto costruire un moderno al- quella nuova volontà industrialista che si stava diffon- bergo, uno stabilimento termale e le infrastrutture per il dendo nella Valle. Certo, come si vedrà, a far propende- soggiorno termale, non andò in porto perché mancaro- re per una ubicazione nel territorio, oltre ai nuovi capi- no le risorse necessarie, ma la società ebbe sempre utili tali, avevano contribuito altre ragioni, tra cui la possibi- e dividendi, tanto che nel 1910 il capitale sociale era sa- lità di reperire energia elettrica in loco a costi inferiori. lito a £. 1.100.000. La possibilità occupazionale si rivelò subito alta: 328 al Sempre nel 1906 le acque di Bognanco ebbero la loro 1° settembre 1902, quasi tutte donne, di cui molte im- prima rivalutazione con la costruzione di uno stabili- migrate da fuori provincia e con una età compresa tra i mento termale; mentre nel 1908 fu costruito un alber- 14 e i 52 anni.20 Se però l’andamento occupazionale fu go dando l’avvio all’attività termale e alla commercializ- ragguardevole fu anche soggetto a mobilità, e lo Jutifi- zazione delle acque. Come per un «effetto alone» anche cio conobbe momenti difficili sin dall’inizio, dovuti sia a Crodo nel 1909 si cominciarono a commercializzare alla mancanza di ammodernamenti, sia alla scarsità di le acque di quella stazione termale, note sin dal 1841. materie prime e di commesse. Nella Val d’Ossola sorsero piccole aziende che produ- L’impresa volle assicurarsi una mano d’opera stabi- cevano attrezzi da lavoro (G. Bentivoglio a Piedimule- le contribuendo alla costituzione di una «pensione» o ra), di carpenteria meccanica e impianti industriali (E. «ospizio» che fu affidato alle suore del Buon Gesù. L’an- Moise a Domodossola), per la fabbricazione di bulloni, damento della produzione fu discontinuo, ma decisa- dadi, rivetti per caldaie, porta isolatori, chiavarde per mente positivo a cavallo della prima guerra mondiale armamentario ferroviario e tramviario (Morino-Sacchi quando le commesse statali lo incrementarono. Quel- a Vogogna), e sorsero tante piccole imprese artigiana- lo che mancò fu una politica aziendale propulsiva con li che, in fondo, si riconnettevano alle antiche tradizio- il risultato che nel 1927 lo stabilimento dovette chiu- ni ossolane, ma con nuovo spirito di impresa. Lo stesso dere. In Italia, a fronte di una produzione di 50 milio- si deve aggiungere per il settore tessile dove i 213 telai ni di manufatto, il mercato riusciva ad assorbirne appe- domestici per la tessitura del lino e della canapa, censi- na la metà; non si riuscì a rafforzare l’esportazione che

273 fino al 1913 era stata di q 90.617, né si riuscì a trova- stituì la Soc. An, Idroelettrica Ossolana con il modesto re un accordo fra gli industriali per ridurre la sovrapro- capitale iniziale di £ 360.000 che faceva capo al Banco duzione.21 dell’Ossola. Era la riprova che non si voleva restare ad aspettare gli investimenti del capitale forestiero, indice La nuova fonte energetica: l’elettricità di un mutamento di mentalità nuova e della nascita di Ma i fattori del take off andavano oltre a quelli descrit- una imprenditorialità ancora acerba, ma che stupiva per ti sin qui. Come ha sostenuto Cafagna, l’energia elet- il fervore con cui riusciva a trovare capitali per le inizia- trica è stata la terza grande direttrice strategica dello svi- tive industriali. luppo economico italiano [...], di tutte forse la più impor- Con finalità industriali, invece, la P.M. Ceretti aveva tante22, dopo la conquista del mercato interno da par- iniziato a sfruttare le acque dell’Ovesca nel 1898 per ri- te dell’industria tessile e la nascita della siderurgia a ci- durre, almeno in parte, la dipendenza dal carbone. Co- clo integrale. Ebbene, l’Ossola fu coinvolta nell’indu- struì un impianto di 400 hp che servì al funzionamento strializzazione anche grazie alle sue risorse idriche che di un laminatoio, tra i primi d’Italia. Nello stesso anno attirarono l’attenzione di banche e capitalisti italiani e a Novara si costituì la Soc. Elettrica Ossolana con un stranieri per uno sfruttamento idroelettrico dei bacini capitale di £ 1.600.000 proveniente specialmente dal imbriferi in modo globale, accelerando ulteriormente i Verbano, per lo sfruttamento di una centrale elettrica in fattori dello sviluppo. Valle Antrona, che avrebbe servito la zona di Intra. Il «mito» dell’elettricità era giunto nella Valle nel 1896, Un’altra iniziativa si ebbe con la nascita della Soc. Idroe- vale a dire tre anni dopo la istituzione della stazione elet- lettrica Vigezzina, il 17 novembre 1901, con capitali trica di Santa Radegonda a Milano. Sin d’allora a Do- esclusivamente dei «capi famiglia del mandamento»23, modossola si avviò il dibattito sulla necessità di illumi- iniziando con un capitale sociale di £ 112.000. Tutte nare la città e furono studiati i primi progetti che si con- queste centrali a carattere locale, se pure di non elevate clusero nel 1890 quando la luce elettrica arrivò grazie dimensioni, davano una produzione di 3.000 kw, vale soprattutto all’impulso dato dalla municipalità che era a dire un quarto dei 12.000 kw che si producevano nel costituita da un ceto borghese molto aperto all’innova- Piemonte in quel periodo. zione e al progresso. Nel 1894 la prima appaltatrice del- Tuttavia, il grande balzo nello sfruttamento idroelettri- l’illuminazione, la Soc. Marazza, Castiglioni e Mantica, co ossolano si deve far iniziare con l’ingresso delle gran- avvalendosi di nuovi capitali bresciani, si trasformò in di imprese elettriche: la Soc. Ettore Conti, la Edison e Società in accomandita semplice Fraschini, Porta & C., la Dinamo. Ettore Conti fondò con Gadda la Socie- con un capitale iniziale di £ 600.00, rilevando oneri e tà Gadda & C. per la costruzione di materiale elettri- patrimonio dalla precedente. Ma la prova fu così posi- co e fu per questa sua professionalità che la locale Soc. tiva che qualche anno dopo gli Ossolani crearono una Idroelettrica Vigezzina lo scelse come consulente azien- loro società elettrica che rileverà l’appalto dell’illumina- dale. Nel 1901 egli fondò la Soc. An. Imprese Elettriche zione cittadina grazie agli appoggi degli amministratori Conti con un capitale di 3 milioni di lire. La sua poli- locali non del tutto estranei al patrimonio societario. tica di assorbimento di piccole aziende locali non urtò Tra le prime aziende ad arrivare nell’Ossola, nel 1899, mai con i piccoli azionisti del luogo che spesso venivano ci fu la Soc. per le Forze Motrici dell’Anza, con sede a lasciati nei consigli di amministrazione. Lo sfruttamen- Milano e amministrazione a Novara, iniziando lo sfrut- to delle acque ossolane da parte della Conti interessa- tamento del fiume Anza, in località Fomarco, con lo va una superficie non inferiore ai 300 kmq e partiva da scopo di produrre l’energia elettrica da trasportare a Crevoladossola terminando al confine con la Svizzera. Novara e giungere fino ad Arona sul lago Maggiore e in Può dare un’idea degli interessi elettrici della Conti un Valsesia passando dalle stazioni di Gravellona e di Bor- breve elenco: essa costruì l’impianto di Valdo che, con gomanero. Ma per la Val d’Ossola il salto qualitativo si lo sbarramento del lago Vannino, dava una potenzia- verifìcò — come si è detto — quando nel 1901 si co- lità di 9 milioni di mc di invaso; un altro impianto,

274 formato dal lago Busin inferiore, interessava un inva- di sfruttamento integrale di un grande bacino imbrifero, so di 4.800.000 mc e un altro ancora, con il lago Ober- in modo che nessuna parte della ricchezza idraulica conte- see, aveva un invaso di 1.500.000 mc; quello di Riva- nutavi vada perduta.24 sco sfruttava un bacino idrografico di 119 kmq ai qua- La Società Dinamo sfruttò il fiume Diveria e il torrente li si aggiungevano altri 19 kmq con le acque del tor- Cairasca nei comuni di Varzo e Trasquera con due im- rente Vova. Questi impianti furono realizzati nell’età pianti e sei gruppi complessivi di potenza pari a 14.430 giolittiana, mentre sotto il fascismo fu portato a termi- hp e 11.000 kw di elettricità che serviva per la elettrifi- ne l’impianto di Cadarese che aveva un bacino di 151 cazione della ferrovia Iselle (confine) — Domodossola kmq, mentre più a valle si trovava l’impianto di Crego e per la città di Novara, oltre che per sostentare i mac- con un bacino di 182 kmq. Nel sistema idrico del De- chinari di alcune industrie. vero gli impianti divennero molti e tutti di livello supe- La Società Edison, sorta nel 1884, partecipò allo sfrut- riore: a Goglio la Conti ne costruì uno nel 1911; a Ve- tamento del fiume Toce (con la Conti); costruì diver- rampio nel 1915 e altri sull’affluente Rivo d’Arbola, a se dighe, come quella di Crevoladossola; di Camplic- Crampiolo, a Rivo Buscagna. cioli in valle Antrona dove, nel 1916, iniziò lo sfrutta- Attorno al primo conflitto mondiale la potenza degli mento del fiume Ovesca. Il ruolo della Edison diven- impianti della Conti non era inferiore ai 42.000 kw e ne predominante quando iniziò la politica degli assor- lo stesso Ettore Conti nelle sue memorie valutò l’Osso- bimenti di piccole aziende elettriche e della E. Conti. la come il primo esempio in Italia, e forse anche altrove, Per avere un’idea del volume utile degli invasi di pro-

Immagine storica della fonderia di Villadossola.

275 prietà della società basterebbe ricordare che si trattava Ditta Pazzaglia per la galvanoplastica, argentatura, do- di 33.450.000 mc di invaso. 25 ratura e cromatura dei metalli; nello stesso anno a Var- I tre colossi elettrici ricavarono molti utili dai loro inte- zo sorsero la Smalteria Sempione fra le primissime in Ita- ressi nell’Ossola. La Conti incrementò il capitale socia- lia per ampiezza dei forni, trasferita da Milano sia per le del 1911, che era di 16 milioni, arrivando ai 22 mi- la facile reperibilità dell’energia, sia per la vicinanza del lioni e mezzo del 1916 e ai 27 milioni del 1917; la Di- traforo del Sempione, e la Ditta D. Giovanna e C. per namo nel 1911 aveva un capitale di 5 milioni di lire, ri- la fabbricazione di una specialità di lima detta fresatri- masto invariato fino al 1916, ma fu raddoppiato nel ce, nel 1913 sempre a Varzo si installò la Società Fratel- 1917; e la Edison, che nel 1916 aveva un capitale di 18 li Galtarossa di Verona, specializzata nella fabbricazione milioni di lire, nel 1917 lo elevò a 24 milioni. Altret- del carburo di calcio, che utilizzava dal fiume Diveria tanto cospicui furono i dividendi distribuiti agli azio- una forza idraulica di oltre 200 cavalli e che per molti nisti, mentre l’intera produzione di energia era aumen- decenni divenne un punto fermo della realtà produtti- tata: nel 1898 in Italia la potenza idroelettrica installa- va ossolana. Ad Ornavasso nel 1914 sorse la fabbrica di ta era di 40.441 kw, nel 1911 era di 500.000 kw e nel pietrine per orologi degli svizzeri Fratelli Thurillant. 1918 di 901.617 kw. Ciò fu possibile grazie al crescen- Nel 1918 la Galtarossa impiantò anche a Domodosso- te consumo di elettricità sia per i bisogni dell’industria la uno stabilimento per la produzione della ghisa e del- che per quelli domestici. le ferroleghe. I benefici che derivarono agli Ossolani furono rilevan- Nel 1915 a Rumianca di Pieve Vergonte sorse lo sta- ti almeno per due ordini di motivi: primo, la regione bilimento chimico della Soc. Italiana Prodotti Esplo- divenne un’area altamente remunerativa per l’ubicazio- denti (Sipe), con sede a Milano, che contava su un ca- ne di impianti industriali a causa del facile reperimento pitale di £ 2.500.000, per la fabbricazione del mono- dell’energia elettrica a basso costo; secondo, a costrui- cloruro e del diclorobenzolo utilizzati durante il con- re gli impianti erano state incaricate l’ossolana Impre- flitto mondiale. Nel primo dopoguerra a Domodosso- sa Umberto Girola che diverrà una specialista in gran- la fu costituito un altro stabilimento della Società Agra- di opere pubbliche a livello nazionale e internaziona- ria di Roma per la fabbricazione di calciocianamide e le e altre ditte (fra cui l’Impresa Poscio di Villadosso- di carburo di calcio. Nel 1918 a Villadossola ne fu co- la che sorse nel 1902) che per i loro lavori impiegarono struito un altro dalla Società Italiana Prodotti Sinteti- mano d’opera locale dando inizio a installazioni di can- ci (Sips) per la produzione dell’acido acetico ottenuto tieri con caratteristiche di veri e propri opifici industriali sinteticamente. L’ingresso della chimica in Valle si sa- tali da consentire una produzione muraria di ottima qua- rebbe rafforzato negli anni: nel 1911 nei circondari di lità ed in quantità giornaliere impensate per /’addietro. 26 Novara, Pallanza e Domodossola si censirono 118 sta- Ma altri vantaggi derivarono dalla costruzione di stra- bilimenti con 419 addetti, di cui 8 stabilimenti con 58 de e gallerie che servirono per il trasporto dei macchina- unità si trovavano nell’Ossola. ri per le centrali elettriche, che poi restarono in uso alle In questo panorama di iniziative aziendali non aveva comunità locali. Un autore calcolò un reddito lordo an- minore significato la visita di alcuni tecnici della So- nuo di circa 2.000 lire prebelliche per ogni ha sotto for- cietà Mannesman di Milano che fabbricava tubi, con ma di energia elettrica, vale a dire circa 7 volte il reddito lo scopo di verificare la possibilità di installare nel ter- agrario-forestale-pastorizio di quelle terre. 27 ritorio un grande stabilimento siderurgico su un terre- A riprova di quanto si è affermato basterebbe presenta- no di 500.000 mq tra Piedimulera e Villadossola o alla re la proliferazione di attività piccole e grandi che si in- periferia di Domodossola. Questo tentativo da una par- sediarono nella Val d’Ossola nel periodo del «decollo» te avrebbe consolidato il sistema industriale ossolano, industriale, oltre a quelle già esposte. Sorsero soprat- ma dall’altra avrebbe forse stravolto il territorio monta- tutto industrie chimiche che avevano bisogno di mol- no. In quell’occasione fu la classe politica locale con la ta energia elettrica. Nel 1908 a Domodossola sorse la borghesia a porsi alla testa di un comitato che aiutasse

276 l’azienda a trovare, a prezzo di favore, il suolo per lo sta- bilimento, chiamando i piccoli proprietari in Comune per convincerli alla cessione, discutendo la questione in consiglio comunale e nominando una commissione di studio per appoggiare l’iniziativa della Mannesman che, però, alla fine decise di installarsi a Dalmine. Il periodo fra le due guerre mondiali Durante la prima guerra mondiale, con la mobilita- zione industriale, lo Stato divenne il più grande clien- te della produzione nazionale: nel Piemonte gli stabili- menti dichiarati ausiliari furono 371, tra cui 19 minera- ri, 30 metallurgici, 141 meccanici, 61 chimici. In que- sto contesto anche l’Ossola fece la sua parte. Come si è detto, la chimica trovò nel territorio le condizioni più favorevoli allo sviluppo: elettricità e vie di comunica- zioni ferroviarie. Durante la guerra, su 18 stabilimen- ti chimici della provincia, 7 erano in Valle: oltre a quel- li già menzionati, vi erano la Sidl (Soc. Italiana Distilla- zione Legno) di Finero (acetato di calcio e alcool meti- lico greggio), la Ing. A. Vitale di Rumianca (fosfogene- Manufatto di fonderia. cloro liquido-idrogeno), la Soc. An. Cooperativa per il Gas di Domodossola. Anche il sistema idroelettrico si Il settore agricolo continuò a soffrire dei vecchi mali: rafforzò potendo contare su una relativa calma in quan- piccole aree coltivabili, molti proprietari con insuffi- to il fronte bellico era spostato ad est e gli impianti os- cienti porzioni di terra, mancanza di investimenti. Su solani poterono produrre a pieno ritmo grazie anche ai 6.200 ha di terra a fondo valle, solo 3.000 ha erano col- consumi elettrici che durante la guerra quadruplicaro- tivabili, 8.000 ha erano i prati posti tra i 400-800 m sul no. Certo, se il settore industriale fu favorito dallo sfor- livello del mare; e i più ricchi proprietari, dopo i Co- zo bellico, non si vuol dire che la guerra non causò crisi muni, erano Carlo Lightoweler che aveva 15 ha di pa- e disoccupazione in alcuni settori produttivi. scolo e 5 di coltura, e Dall’Oro. Insomma, la proprietà Più difficile fu il periodo postbellico, ma le industrie os- privata, su 154.000 ha ne possedeva un quinto. È chia- solane seppero riconvertirsi in tempo o continuarono a ro che a queste condizioni non era possibile una con- servire i loro mercati tradizionali. Per il periodo tra le duzione capitalistica dei fondi, né era pensabile l’inseri- due guerre mondiali i più recenti studi di storia econo- mento nelle iniziative del regime fascista come la «bat- mica sembrano concordare sul fatto che il fascismo non taglia del grano» e la «bonifica integrale» anche se non segnò una battuta d’arresto nel processo di industrializza- mancarono i tentativi.30 La zootecnia, settore che avreb- zione del paese,28 ma anzi, sia pure con i limiti e il diva- be potuto essere trainante nei pascoli alpini, andò de- rio economico con le nazioni più avanzate, in quel pe- pauperandosi dopo che nel periodo bellico l’intero No- riodo lo sviluppo andò consolidandosi e le ambizioni varese aveva pagato un contributo di 98.841 bovini. imperialistiche di Mussolini portarono alla nascita di una I dati in possesso sul settore industriale confermano che serie di novità nel campo delle industrie tecnologicamente durante il fascismo si andarono rafforzando le azien- più avanzate. 29 Premettendo che ciò non significa dare de già costituite e si realizzò il predominio della Edi- un giudizio positivo sulla politica del regime dittatoria- son e della Montecatini, ma anche le industrie siderur- le, per quanto ci riguarda cerchiamo di verificare il livel- giche e meccaniche tradizionali continuarono il loro in- lo di sviluppo raggiunto dall’Ossola. cremento. In aumento fu la produzione mineraria del-

277 l’oro nella quale la P.M. Ceretti investì forti somme per sa ebbe il suo massimo trend produttivo: 259.000 t pari l’ammodernamento delle attrezzature con macchinari al 25% del totale e nella sola Domodossola si censirono importati da Bochum (Germania). Fu così che dai 3-4 15 forni elettrici per ghisa, cioè il più alto numero tra i kg di oro degli anni ’20 si arrivò a produrne 15-16 kg restanti stabilimenti siderurgici dell’area alpina. con una resa dell’80% e anche del 90% nelle 100 t gior- Le minori aziende crebbero anch’esse: la Galtarossa di naliere di minerale; inoltre, furono scoperti altri filoni Varzo e quella di Domodossola, sebbene conoscessero nella concessione Pozzone Speranza dove i macchina- momenti di crisi, ebbero un rilancio fino a raggiungere, ri erano azionati da un impianto compressore della po- nel 1941, un capitale di £ 15 milioni, quando la società tenza di 1.000 hp. Prima della seconda guerra mondia- ebbe un utile di 1.500.000 di lire. Semmai, la Galtaros- le a Pestarena si estraevano 300.000 t di minerale con sa dal fascismo subì una compressione che ancora oggi una produzione di 10 gr d’oro per t. È stato calcolato risulta di difficile lettura. Orientata la propria specia- che nel solo ampliamento della miniera Ribasso Mor- lizzazione verso il carburo e il calciocianamide, fu pro- ghen furono spesi circa 9 milioni di lire per l’ammoder- prio il Consorzio italiano di carburo e ferroleghe ad as- namento delle infrastrutture e degli impianti. segnarle una quota limitata pari al 16% della sua po- Ci fu anche un aumento occupazionale (da 151 addet- tenzialità. A nulla valsero i progetti di ampliamento e di ti nel 1930 si passò a 200 nel 1935) e di produzione au- ammodernamento presentati dalla società al Consorzio rifera (da 60 kg nel 1937 a 407,8 kg nel 1942 e 365,4 senza chiedere alcun finanziamento potendo far fronte nel 1943). Ciò convinse il Ministero della guerra a sol- alle spese di £ 750.000 con mezzi propri. Eppure, i con- lecitare una estromissione del capitale estero e un coin- sumi dei concimi erano in aumento e lo sarebbero stati volgimento diretto dello Stato mediante il passaggio di di più nel contesto della campagna ruralista del regime. proprietà dalla P.M. Ceretti all’Azienda Minerali Me- Le scelte economiche del fascismo, come è stato ampia- tallici Italiani (AMMI) nel 1939. Nelle cave di pietra, mente dimostrato, vanno inserite nel «piano regolato- graniti e marmo ci fu una costante espansione rilevabi- re» dell’economia italiana, annunciato da Mussolini nel le dagli aumenti di capitale sociale e dalla produzione marzo 1936, che prevedeva un maggiore coinvolgimen- (con alcune differenze tra marmi, gneiss e quarzi), e si to dello Stato nel settore industriale mediante le Corpo- può dire che nel periodo si rafforzarono le condizioni razioni che decidevano sulle politiche aziendali. capitalistiche di molte aziende. Da una parte il progetto si attuò con l’allineamento del- Le stesse valutazioni potremmo fare per il settore si- la nostra moneta alle divise estere; dall’altra, si progettò derurgico che fu in continuo incremento a partire dal un rafforzamento della siderurgia a ciclo integrale con 1929. Nell’Ossola, oltre alla P.M. Ceretti che continua- l’obiettivo autarchico di far fronte al fabbisogno nazio- va a soddisfare un suo mercato, la Metallurgica Osso- nale entro il 1940.31 È da questo disegno economico-fi- lana, dopo un periodo di crisi senza la possibilità di un nanziario che sorse l’IMI (Istituto Mobiliare Italiano) intervento diretto dello Stato, nel 1939 ebbe un rilan- con lo scopo di aiutare le imprese private, e nacque, nel cio con l’ingresso del capitale della Soc. Edison, ma do- 1933, l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) vette mutare la ragione sociale in Sisma (Soc. Industrie che divenne una vera e propria holding rilevando capi- Siderurgiche Meccaniche ed Affini) e spostare la sede tali azionari di banche e industrie. Il peso dell’interven- centrale da Villadossola a Milano. Da piccola azienda to pubblico con il fascismo divenne massiccio tanto che familiare di interesse locale si trasformò in uno stabi- la nascita e il consolidamento di nuovi settori produttivi limento di livello nazionale con un capitale sociale di si accompagnano storicamente a forme crescenti di inter- £ 30 milioni nel 1939, aumentato a £ 100 milioni nel vento statale: queste si articolano tanto in forti protezioni 1940 e poi a 110 milioni. Nel 1938 l’Annuario metal- doganali [...] quanto in interventi finanziari diretti.32 A lurgico segnalava in Italia una ripresa produttiva per i ben guardare, il fascismo tutelò la grande industria più 104 forni elettrici per ghisa e per i 134 forni elettrici che la media e piccola o l’artigianato. per acciaio. Durante la guerra la produzione della ghi- Il settore chimico moderno si può dire che nacque nel-

278 la provincia di Novara dall’incontro di Guido Donega- no inferiori a quelle transitate dai passi suddetti. Le ra- ni con il novarese Giacomo Fauser; nel maggio 1921, gioni erano da ricercare nel ritardo verificatosi per ren- i due diedero vita alla Società Elettrochimica Novare- derlo competitivo rispetto ai costi: mancò il raddoppio se (£3 milioni di capitale) con la partecipazione della e l’elettrificazione della linea ferroviaria Gallarate-Do- Montecatini. A Villadossola questa aveva uno stabili- modossola, mentre nella parte svizzera ciò era avvenuto mento che produceva acetato di piombo, soda, acetone, già per 300 km. Inoltre, non bisogna dimenticare che acido acetico, anidride acetica e cloroformio, e ben pre- durante il fascismo i commerci furono intensificati so- sto ne aprì un altro a Domodossola per la fabbricazione prattutto verso l’Europa centrale (Germania e Austria) del carburo di calcio e di calciocianamide. La Rumian- e meno verso la Francia e la Gran Bretagna. Carattere ca era cresciuta per capitali e produzione durante tutto eminentemente locale o di raccordo tra la Svizzera tede- il fascismo: da £ 2.500.000 di capitale nel 1915 aveva sca (Vallese) e quella italiana (Ticino) ebbe la linea Do- raggiunto i 14 milioni nel 1927, i 34 milioni nel 1935 modossola-Locarno: durante il fascismo aumentarono e i 48 milioni nel 1938 sfondando la quota di 142,5 mi- le merci in transito e diminuirono i viaggiatori a causa lioni nel 1941. di una minore mobilità degli italiani. Il settore idroelettrico ossolano nel 1927 era composto Un altro segnale del progresso era dato dalla presen- da 116 esercizi che davano lavoro a 1.309 persone rea- za del sistema bancario che nella provincia si rafforzò lizzando utili e dividendi. La Edison divenne una pre- soprattutto con la politica espansionistica della Banca senza rilevante acquisendo compartecipazioni e incroci Popolare di Novara e con quella più raccolta, ma sem- azionari; anche la Dinamo e la Soc. Idroelettrica Osso- pre in espansione, della Banca Popolare di Intra. Le due lana continuarono a rafforzarsi. Quest’ultima nel 1921 banche locali, il Banco dell’Ossola e la Banca Maffioli, elevò il capitale a 2 milioni, nel 1928 a 5, nel 1931 a 8 e erano state cancellate. Infine, se i dati della riscossione nel 1935 finì con il trasferire la sede sociale a Torino. di imposta sono un sintomo di sviluppo, c’è da sottoli- Meno bene andarono le cose per lo Jutificio Ossola- neare che a Domodossola la raccolta per i consumi si no, divenuto Jutificio Nazionale, che nel 1927 chiuse lo raddoppiò tra il 1929 e il 1930, passando dalle 22.876 stabilimento di Villadossola per mancanza di commes- lire alle 42.960 lire. Così pure erano cresciute le impo- se lasciando a casa 307 operai, per lo più donne.33 Il po- ste indirette che sono la manifestazione mediata del- destà Ceretti si interessò del problema, come dimostra la ricchezza, e ciò causò alcune risentite proteste e la ri- la corrispondenza intercorsa con Genova, sede centra- chiesta di revisione del sistema catastale che puniva le le della società, perché venisse ripresa l’attività. A que- magre risorse agricole del territorio. Non può essere tra- sto scopo si prodigò perché la Dinamo offrisse a prez- scurata, in questo quadro, un’altra iniziativa della clas- zi molto competitivi l’energia elettrica necessaria, e così se borghese illuminata in favore della classe operaia in lo Jutificio nazionale riaprì lo stabilimento per poi ri- quanto conferma una cultura innovativa negli impren- chiuderlo nel 1933.34 Complessivamente l’Ossola con- ditori. Partendo dalla constatazione che più della metà tinuò durante il fascismo ad essere al centro di una ri- della mano d’opera della Ceretti era senza casa e domi- marchevole industrializzazione, ma il ruolo del Sempio- cilio nel centro siderurgico o viveva in case fatiscenti e ne e della stazione internazionale di Domodossola non antigieniche, la società nel 1937 si fece carico della co- avevano avuto l’importanza che ci si aspettava. Duran- struzione di case igieniche ed a prezzi che [fossero] alla te il regime le importazioni furono sette volte superiori portata di tutti i lavoratori. 35 Nel gennaio 1937 il pre- alle esportazioni e il volume dei traffici cominciò a di- fetto Letta aveva riunito a Villadossola i rappresentan- minuire. Comparato agli altri passi alpini, il Sempione ti delle industrie cittadine più grandi e delle autorità ci- acquisì un ruolo di importanza sempre maggiore rispet- vili e sanitarie. Emerse che occorrevano almeno 2.000 to a Ventimiglia, Modane, Luino, Brennero, San Can- vani per una spesa di non inferiore a 14 milioni di lire. dido, Fiume, Piedicolle e Fusine Laghi piazzandosi su- Il piano che fu elaborato prevedeva 500 alloggi entro il bito dopo Chiasso e Tarvisio, ma le esportazioni furo- 1938, 500 entro il 1939 e 1.000 entro il 1940. Le spese

279 avrebbero dovuto essere sopportate in rapporto al nu- nata «miracolo economico», che va dal 1953 al 1962; mero degli operai: per i 14/30 dalla Metallurgica Osso- la seconda è quella della «congiuntura» che va dal 1963 lana (poi Sisma), per i 7/30 dalla Ceretti e per i restanti agli anni ’70; la terza è quella dei nostri giorni. 9/30 dalla Sips e dalla Set. Gli industriali della Ceretti Agli inizi degli anni ’50 rispuntò l’interesse per le mi- e della M.O. aderirono subito a condizione che venisse niere d’oro di Pestarena di proprietà dell’Ammi. Con offerto loro il terreno con l’esproprio per pubblica utili- una certa forzatura il monte Rosa fu valutato come un tà, mentre i delegati delle altre due società presero tem- serbatoio d’oro inesauribile, ma forse non si tenne conto po per riferire ai rispettivi consigli di amministrazione. degli oneri finanziari che una ripresa dell’attività avreb- La Ceretti scelse la zona Pedemonte, in periferia, ma vi- be comportato, il prezzo dell’oro era aumentato an- cina allo stabilimento e individuò per le case operaie che per effetto della guerra della Corea, ma la produ- mq 42.136 di terreno di proprietà di 42 persone, tra cui zione delle miniere ossolane era solo di 400 kg annui la stessa Ceretti. La spesa per i terreni fu di £ 126.408, e vi lavoravano 500 addetti in due turni quotidiani per mentre le spese complessive furono £ 430.000 compre- i quali la società aveva creato un villaggio, un cinema sa la costruzione dei fabbricati.36 Alcuni proprietari dei e un dopolavoro. 38 Ma queste provvidenze non aveva- terreni intralciarono l’opera facendo ricorso, ma il pre- no eliminato la temibile silicosi che falcidiava la clas- fetto aderì alla richiesta dell’impresa, le difficoltà furo- se operaia attorno ai 40-50 anni di età. Comunque il no superate e le 185 case vennero costruite assieme ad problema era di verificare la redditività delle miniere: un asilo nido e ad un ricovero per anziani. a Pestarena si estraevano 7-8 gr d’oro da una t di mica- Anche La Metallurgica Ossolana costruì un proprio vil- sciste e ogni mese si estraevano 180 t circa di minera- laggio operaio lungo la strada del Sempione, a ridosso le che veniva lavorato da ditte specializzate di Milano, della ferrovia, per complessivi 213 alloggi in casette a mentre il fabbisogno nazionale si calcolava in 27,5 t d’o- due piani con chiesa, scuola e servizi. ro per gli scambi ufficiali con l’estero. Gli eccessivi co- sti fecero desistere dall’impresa di scavare, ma a fasi al- Ricostruzione e «miracolo economico» terne non mancano i fautori di un impegno minerario Con la seconda guerra mondiale il processo di svilup- nell’Ossola. 39 po subì un gravissimo contraccolpo di cui risentì an- Il settore tradizionalmente trainante, il siderurgico, nel- che l’Ossola per la difficoltà di reperire le materie pri- la prima fase qui presa in esame risentì della favorevo- me. Durante il conflitto la Sips di Villadossola fu incor- le congiuntura nazionale e internazionale. Tuttavia, de- porata dalla Distillerie Italiane che aveva la sede a Mila- lineare un breve panorama della siderurgia italiana non no e quindi dal 1944 poté contare su un rafforzamen- è possibile senza accennare al Piano Sinigaglia del 1947 to degli investimenti. Durante il periodo della «repub- che si basava su alcuni punti fondanti: ritenendo sot- blica partigiana», nel settembre-ottobre 1944 l’Ossola todimensionati i consumi di acciaio e prevedendo una costituì un punto di riferimento politico e industriale loro espansione, esso ipotizzava una graduale diminu- proprio per l’alta concentrazione produttiva che fu sal- zione dell’utilizzo dei rottami per avviare, invece, un vaguardata a costo di non pochi sacrifici. Difficile fu il processo di produzione integrale. Ciò avrebbe compor- periodo della ricostruzione per la mancanza di materie tato un ammodernamento di alcuni impianti con gros- prime e di mercati di espansione. La produzione idroe- si investimenti, ma ne avrebbe chiusi altri. In sostanza, lettrica raddoppiò nel dopoguerra e crebbe l’offerta di il Piano rafforzava la siderurgia tirrenica e ligure, cioè energia che, se di per sé non è indice della ripresa indu- quella che faceva capo alla società Finsider (Iri) mentre striale o di incremento dell’occupazione, precede la do- comprimeva quella dell’area alpina e padana. C’è da ag- manda e costituisce un’ottimistica previsione delle genera- giungere che in tutta Europa dal 1960 in poi si privile- li condizioni economiche. 37 giò una localizzazione costiera abbandonando i centri Gli storici economici hanno distinto tre fasi dal dopo- di antica tradizione siderurgica. Si trattò di una politi- guerra ad oggi: la prima è quella della ripresa, denomi- ca industriale attenta a facilitare e ridurre i costi del tra-

280 sporto delle materie prime, ma non fu esente la scelta di una produzione annua di 1.780.000.000 kwh, mentre industrializzare il Mezzogiorno.40 una decina di altre piccole centrali furono lasciate alle In questo contesto, la siderurgia minore venne penaliz- industrie locali per la produzione esclusiva di energia zata; decrebbe l’importazione dei rottami di cui 1’Os- per gli stabilimenti. Ma se la nazionalizzazione portò sola faceva largo consumo, anche se il Piano Sinigaglia indiscussi vantaggi ai consumi, l’unificazione delle ta- portò la nostra produzione a livelli di tutto rispetto e riffe fece mancare uno dei vantaggi-cardine su cui pog- mai ipotizzabili. Nel 1958 in Piemonte si era registra- giava il favore delle localizzazioni industriali nel territo- ta una produzione del 20% sul totale nazionale con 17 rio ossolano. stabilimenti, mantenendo la quota che aveva nel 1938. Secondo qualche autore il declino del secondario co- Nel 1965 se ne censirono 21 che si ponevano, nel pa- minciò a delinearsi a partire dal 1951 in quanto, se norama nazionale, come stabilimenti di media grandez- crebbero le unità lavorative, diminuì la media degli ad- za: 15 davano una produzione tra 20.000 e 50.000 t, 2 detti.43 Ma non sembra che il vero problema sia stato di 100.000 t, 3 di 200.000 t e soltanto uno superava la soltanto quello della diminuzione della grandezza delle produzione di 700.000 t di laminati. Nella produzio- imprese perché le piccole e medie aziende hanno sem- ne della ghisa il Piemonte ebbe una flessione passando pre costituito il nerbo dell’industrializzazione naziona- dal 25% sul totale nazionale del 1938 al 16% del 1953, le. Analizzando il periodo 1951-1961 la realtà ossolana al 13% del 1958, al 10% del 1961 e al 13% del 1966- si presentava in modo più complesso: chiusero diverse 71. Nella statistica del 1966 lo stabilimento di Domo- attività piccole e piccolissime del tessile (-130 u.l., pari dossola non compariva più tra quelli che producevano al 41,2%); nel settore pelli e cuoio ci fu uno sviluppo di ghisa con il processo elettrico, mentre in Italia ne re- piccolissime aziende ( + 68); nel meccanico si sviluppa- stavano ancora 13. Nel 1961, nella produzione dell’ac- rono aziende di dimensioni più consistenti ( + 49); au- ciaio la Sisma di Villadossola veniva tra le prime cin- mentarono le unità lavorative nella lavorazione dei mi- que che producevano 200-300.000 t annue con il for- nerali non metallici ( + 27, pari al 52,9%), e invece nel no Martin-Siemens e quindi il suo ruolo nella siderur- chimico le 11 unità del 1951 scesero a 8 nel 1961; in- gia alpina rimaneva importante malgrado si andasse in- fine, nel settore delle costruzioni si registrò un conti- tensificando il duro confronto tra la siderurgia privata e nuo incremento: 762 addetti in più nel 1961, pari a un quella parastatale.41 +136,5% rispetto al 1951. 44 La Tabella n. 1 conferma Il settore idroelettrico in questa prima fase andò conso- questo andamento altalenante. lidandosi grazie al colosso Edison che aveva nell’Osso- Dunque, il processo di sottosviluppo è stato costante la una potenza installata di 600.000 kw, pari al 92% sul soprattutto per il cedimento delle tradizionali industrie totale della potenza in Valle, e una produzione media siderurgiche e chimiche, solo in parte compensato dal- annua di 1.630.000.000 kwh. Ma proprio questo set- lo sviluppo di altri settori. tore costituì una delle ragioni del disimpegno industria- le. Come è noto, in quel periodo si sviluppò un intenso Il periodo della crisi dibattito sul ruolo delle imprese elettriche nel quadro La Tabella n. 2 fotografa l’andamento dell’occupazione dello sviluppo e sulla necessità della nazionalizzazione. I nella grande industria ossolana lungo un arco di tem- «baroni elettrici» vennero accusati di intascare lauti pro- po che va dal 1963 al 1982. Stando a questi dati, il de- fitti, ma non erano stati in grado di stimolare lo svilup- clino della grande industria ossolana si verificò dopo il po industriale, anzi lo avevano frenato.42 Quando nel 1971 con una perdita di circa un quarto dell’occupazio- 1963 si ebbe la nazionalizzazione dell’energia elettrica, ne compensata, in parte, nelle grandi strutture del ter- la società di Stato, l’Enel, ereditò i 27 impianti ossola- ziario dove ci fu un generale incremento occupaziona- ni che davano una potenza installata di 706.000 kw ed le: nelle Ferrovie dello Stato i 750 impiegati del 1971

La nuova viabilità stradale ha collegato l’Ossola con l’Europa.

282 erano divenuti 970; nella Ferrovia Vigezzina, i 97 im- sembrò risolta con l’ingresso di nuovi azionisti, con la piegati del 1961 erano divenuti 105 nel 1971 e 116 nel vendita della parte sud del vecchio opificio alla Fomas 1982; solo nell’Enel i 771 addetti del 1961 erano sce- di Osnago e con l’introduzione di nuove tecnologie. si a 666 nel 1971 e a 636 nel 1982. Un certo squilibrio Ma nel 1979 fu chiesta l’amministrazione controllata tra le varie zone delle valli si andava accentuando in e la cassa integrazione; e negli anni ‘80 ci fu la cessione quanto l’ubicazione dell’apparato industriale si andava alla Società FERDO di Torino per 19 miliardi di lire.46 concentrando sulla riva destra del fiume Toce: nel 1951 La Ferriera dell’Ossola sorse nel 1977 con l’acquisto con 447 unità lavorative e 6.767 addetti; nel 1961 con di parte del vecchio stabilimento Ceretti. I 189 addet- 478 unità e 7.724 addetti; nel 1969 con 582 unità e ti divennero 264 nel 1978 con prospettive confortanti, 7.716 addetti. Ormai nella piana della Toce si colloca- ma nel 1979 l’azienda venne posta in liquidazione. An- va il 90% delle aziende manifatturiere e degli addetti e, che la Sisma entrò in crisi nel 1972 con l’ingresso del- per quanto possa sembrare strano, Domodossola era il le partecipazioni statali (EGAM) che, al di là delle atte- centro con più unità lavorative (215 nel 1951, 234 nel se, si rivelò improduttivo perché l’ente statale fu sciol- 1961 e 243 nel 1969), mentre Villadossola e Pieve Ver- to. Molti furono gli oneri finanziari mentre i debiti au- gonte restavano i centri con la più alta concentrazione mentarono sensibilmente e l’occupazione diminuì del operaia rispetto al numero degli stabilimenti. Il feno- 23%. Più confortanti sono stati i risultati della Tonolli meno è importante per comprendere il lento spopola- di Pieve Vergonte che aveva assorbito l’ALP e che riuscì mento alpino e in che modo si sono assestati i flussi mi- ad aumentare l’occupazione malgrado abbia avvertito gratori all’interno della Val d’Ossola.45 Particolare men- qualche difficoltà. La Clifford sorse nel 1968 per inizia- zione meritano le discontinue vicende di alcune gran- tiva di imprenditori inglesi e il contributo municipale, di aziende per la loro rilevanza storica nel settore indu- ma il capitale inglese nel 1973 si ritirò dall’attività che striale ossolano. La Ceretti nel 1972 aveva iniziato la co- venne rilevata da un gruppo finanziario. Nacque così la struzione di un nuovo stabilimento in vista di un pro- Clifford Bongiasca Spa, ma la crisi cominciò a farsi sen- gettato sviluppo, ma nel 1974 fu frenata dalla crisi che tire a fasi cicliche, finché l’impresa non fu rilevata dalla

Stabilimenti chimici in Val d’Ossola.

283 Manifatture di Villadossola. Un mutamento continuo un rituale pianto della montagna abbandonata.50 Insom- di nomi e di ragione sociale ebbe la Rhodiatoce di Villa- ma, permaneva il rischio di sempre, e cioè di dire ciò dossola (Montefibre, SICMA chimica, Resem, Monte/ che una zona montana era e non saper definire ciò che Dipe, Vinavil, Anic), in quanto la sua storia dipese mol- avrebbe dovuto e potuto essere in futuro. to dall’andamento del settore chimico italiano. In parti- La legge regionale individuò nell’Ossola 5 Comunità colare sin dal 1970 la crisi dell’azienda fu legata all’inse- montane e non una sola grande comunità, esaltando, rimento della Montedison nella proprietà. così, la suddivisione geografica anziché la conformazio- Il periodo della «congiuntura» coincise con uno sforzo ne di tipo culturale, politico ed economico. Vennero co- di elaborazione teorica e tecnica di dati e di progetti per stituite le Comunità Valle Ossola con 18 comuni, Valle individuare le ragioni del malessere nel settore produtti- Vigezzo con 7, Valle Antigorio e Formazza con 4, Val- vo. In questo quadro si inseriva uno dei primi studi del- le Anzasca con 5 e Valle Antrona con 4. Probabilmente l’Unione Regionale delle Province Piemontesi, a cura fu persa una buona occasione per dare forza e coesione dell’IRES, sulla struttura industriale torinese.47 L’azio- ad un progetto di rilancio economico della montagna e ne degli imprenditori privati, soprattutto nella picco- i minuscoli «parlamentini» valligiani spesso furono co- la e media impresa, veniva ritenuta insufficiente sin dai stretti a dibattersi nell’ordinaria gestione. tempi antichi per l’inadeguatezza della forza finanzia- La legge regionale 21/1975 propose il decentramento ria; come pure insufficiente era ritenuto l’apporto delle industriale con la concessione di contributi ai Comuni grandi banche della regione perché non potevano con- e ai consorzi di Comuni che avrebbero presentato piani tribuire alla formazione del capitale di rischio e facilita- di sviluppo industriale e artigianale, ma non si registra- re l’innovazione; nuovi compiti erano individuati per le rono contributi per il Novarese. Uno studio sulle aree pubbliche amministrazioni. depresse in Piemonte accertò che nella provincia nova- Con l’istituzione delle regioni il dibattito divenne an- rese vi erano 65 Comuni dichiarati depressi e 76 mon- cor più intenso e si cominciò a riconsiderare l’accentra- tani con notevoli problemi. L’inchiesta accertò anche mento industriale nell’area torinese individuando come che il 57% dei Comuni piemontesi depressi incoraggia- strumenti strategici la creazione di poli industriali affida- va gli insediamenti industriali con alcune provvidenze, ti al ruolo trainante dell’industria motrice. 48 L’interesse mentre nel Novarese la percentuale di questi Comuni per i piani di sviluppo sembrava contagiare classe po- fu più alta, ma è difficile sostenere che gli aiuti promes- litica e tecnici. Per il territorio ossolano acquista parti- si dai Comuni avrebbero incentivato automaticamente colare rilievo il convegno promosso dal CIPE (Centro gli insediamenti produttivi.51 Informazione politiche ed economiche) sulle Comuni- Un’attenzione particolare ebbe l’analisi sul ruolo del tà montane istituite con la legge del 1971. Il convegno Sempione per un rilancio dello sviluppo territoriale faceva il punto sulla legislazione più recente mirante a partendo dalla premessa che l’Ossola era un’area ponte, rivalutare l’economia montana per eliminare gli squili- elemento di congiunzione fra le aree forti dell’Europa cen- bri di natura sociale ed economica tra le zone montane tro-occidentale e quella milanese. 52 All’attenzione degli e il territorio nazionale.49 Alle Comunità montane ve- operatori economici si sottoponeva la necessità di rilan- niva data la competenza del coordinamento degli inter- ciare la linea ferroviaria del Sempione sia con la costru- venti e quindi il loro ruolo veniva collocato nella logi- zione di una stazione supplementare per le merci (Do- ca della programmazione che non poteva prescindere modue), sia con alcuni interventi normativi. dal più ampio quadro della programmazione regionale. Nel contesto ambientalista fu pubblicato un altro pia- Naturalmente si chiedeva ad esse un compito non sem- no sul parco naturale dell’Alpe Veglia, situato tra le valli plice e non sempre chiaro perché a capo delle comuni- Devero e Formazza, allo scopo di affrontare un piano di tà non c’erano professionisti della politica economica e sviluppo che doveva quindi essere valutato nella prospetti- perché si rischiava di far produrre semplici elencazioni va indicata dall’ecologia, al fine di evitare che l’utilizza- di opere pubbliche ed interventi settoriali, nel quadro di zione a breve termine delle risorse incidesse negativamente

284 sulla produttività a lungo termine. 53 Guardando alle po- gare su schemi ripetitivi e a discostarsi sensibilmente dal tenzialità del turismo come industria integrativa dei set- prototipo schumpeteriano che accetta il rischio. tori produttivi in declino, si rifiutavano alcune soluzio- In altri termini, ai nostri giorni mancherebbe nell’Os- ni che avrebbero stravolto l’ambiente ecologico. Il turi- sola l’imprenditore capitalista che accetta il rischio ac- smo entrava nell’indagine economica come fattore riso- canto alla razionalizzazione dei fattori della produzione, lutivo dello sviluppo anche in considerazione dell’in- per colpa di un individualismo e di un localismo che fa- cremento del passaggio degli stranieri dai transiti della rebbero rinchiudere nel proprio mondo culturale senza provincia. Se la società civile si preoccupava di una riva- aperture verso l’esterno innovativo. lutazione «controllata» della montagna, l’Amministra- Se è vera questa analisi per i nostri giorni, c’è da osserva- zione provinciale, sia pure senza contraddizione con la re che nel passato le cose andarono diversamente tanto prima, presentò uno Studio sul potenziamento delle risor- che in più occasioni si è avuto modo di sottolineare la se idriche dell’Alto Novarese che faceva intravvedere nuo- presenza di una imprenditorialità privata e di una aper- ve prospettive per rivalutare la montagna attraverso lo tura all’innovazione da parte della classe politica loca- sfruttamento capillare dei piccoli salti idrici forniti dai le. Per avvalorare quanto si va dicendo vale la pena rife- ruscelli montani a vantaggio di piccole imprese agrico- rire la vicenda esemplare avvenuta dopo che la Manne- le.54 Dall’indagine risultava che nella montagna novare- sman declinò l’invito ad insediarsi nell’Ossola. La classe se vi erano le condizioni per favorire la permanenza o la politica locale e i ceti abbienti costituirono un comitato costituzione di nuove aziende montane una volta elet- Pro Industria nel quale furono inseriti i nomi più pre- trificate e rese autosufficienti. Nessuno però ha mai cre- stigiosi di Ossolani con lo scopo di bandire un concor- duto che l’agricoltura ossolana avrebbe potuto aspirare so per fare installare a Domodossola uno stabilimento ad un ruolo che andasse al di là di una attività integra- industriale che desse occupazione e reddito. Il Comu- tiva rispetto ad altri settori produttivi. Un altro studio, ne avrebbe incentivato qualsiasi iniziativa con un pre- affidato all’Università Bocconi di Milano, analizzava i mio di £ 10.000. fatti economici fornendo diagnosi e proposte operative Non mancarono le proposte: uno stabilimento di flaco- per uscire dalla stagnazione. 55 La causa della crisi fu ad- neria e di chimica da Somma Lombardo; un cotonifi- debitata all’incapacità di far fronte alla divisione nazio- cio da Garesio; un’attività meccanica offerta dall’inge- nale e internazionale del lavoro, allo spostamento del- gnere De Benedetti di Torino; altre proposte giunsero l’area economica del Paese verso oriente, all’incremen- da Vado Ligure (officina meccanica), da Milano (calzet- to del mercato tedesco, alla mancanza di ammoderna- tificio), da altri stabilimenti tessili. Il dibattito non fu di mento delle vie di comunicazione. La conclusione a cui semplice portata, così come oggi non è semplice valuta- perveniva la ricerca, analizzando l’approvazione sociale re l’insediamento industriale che alla fine si realizzò alla dell’imprenditore nell’Ossola, era che questi non veni- periferia della città con una fabbrica di funi e generi af- va accolto da un sistema favorevole in quanto gli atteg- fini dei Fratelli Zanelli di Palazzolo sull’Oglio. La scelta giamenti socio-culturali dominanti erano tali da inibi- era stata affidata ad un consulente aziendale, tale Cesa- re il manifestarsi diffuso di orientamenti imprenditoria- re Boccardo di Intra, che scartò le offerte del cotonificio li costruendo un quadro di valori al cui interno l’emergere e della meccanica finendo col valutare la produzione di dell’imprenditore diventava altamente improbabile. cordami ottimamente inseribile nel contesto produtti- La causa del problema sarebbe l’aver convissuto con at- vo pel suo genere di manufatti e per la vastità dei suoi ar- tività economiche che avevano all’interno schemi limita- ticoli e del loro impiego industriale consentendo l’occupa- ti sotto il profilo di tre dimensioni: quella del rischio, quel- zione a 100 addetti come aveva previsto il capitolato del la dell’innovazione e quella dell’organizzazione. 56 Pertan- Comune.57 Certo non fu esente la valutazione di certi to, l’imprenditore — abituato a sfruttare ciò che è già dato ambienti restii ad ammassare un gran numero di mano — svilupperebbe minori propensioni a comportarsi come d’opera e forse si volle scegliere un settore produttivo agente di trasformazione, di creazione tendendo a ripie- nuovo. Il capitale azionario della società bresciana fu

285 fortemente integrato da quello locale per complessive come una cassa di risparmio o come una «società finan- £ 310.000. Dunque, in più occasioni la borghesia loca- ziaria di soccorso» che avrebbe dovuto facilitare e in- le aveva messo le mani al portafogli per acquistare azio- crementare la ripresa economica. Sebbene gli ammini- ni di società note o per dare vita a nuove imprese. Così stratori negli anni successivi non riuscissero a dar cor- fu per le società elettriche locali, per la Fratelli Zanel- po ad un progetto per una vera e propria banca di pre- li e per la costituzione di una Soc. An. per la Condotta stito e di credito (nel 1884), gli interventi dell’Opera di Acque Potabili che raccolse 157 azionisti di Domo- pia agirono da motore dello sviluppo sia creando alcu- dossola e dei centri valligiani. Qualche anno dopo, nel ne infrastrutture educative che si sarebbero rivelale dei 1907, si verificò lo stesso quando fu costituita una so- «prerequisiti» all’industrializzazione, sia mettendo a di- cietà cooperativa per la distribuzione del gas. Gli Osso- sposizione alcuni terreni per gli insediamenti industria- lani preferirono costituire una loro società piuttosto che li, sia con la partecipazione all’azionariato nelle imprese accettare l’offerta di un servizio di altre ditte più esper- locali, malgrado alcuni limiti ed errori commessi dagli te e consolidate come quella di Carl Francke di Zuri- amministratori. Una seconda ragione del mutamento go. Anche a Vogogna fu rilevata un’impresa industriale della mentalità mi sembra debba farsi risalire all’istru- per la fabbricazione di filati di canapa, spaghi e corda, zione. Numerosi studiosi hanno messo in correlazione la Corderia Ossolana, che occupava 53 operai. Alcu- il tasso di istruzione con lo sviluppo economico; e se al- ni ricchi notabili del posto raccolsero 5.000 azioni da £ cuni sostengono che l’istruzione è una conseguenza del- 100, sicuri di entrare nei mercati con un utile netto di £ la modernizzazione, certamente per l’Ossola avvenne il 56.382 che avrebbe consentito dividendi dell’11,25%. contrario.59 Alla vigilia dell’Unità il 50% degli Ossolani Se l’atteggiamento degli Ossolani un tempo fu più di- era alfabetizzato, percentuale alta rispetto a molte altre namico e spregiudicato, quali furono le ragioni di que- situazioni negli stati preunitari; su 60 Comuni soltan- sto protagonismo? to uno non aveva una scuola maschile e 5 non avevano A mio parere, tra le tante, due furono le principali. In quella femminile. Nel 1911 in Val d’Ossola l’alfabetiz- primo luogo, l’emigrazione che aveva arricchito non po- zazione era quasi totale (come a Viceno) e solo in Valle chi personaggi che erano tornati per investire e per fare Antrona si registrava un tasso molto basso rispetto alle lasciti benefici. Tra questi va certamente segnalato Gian altre valli (80%), ma sempre più alto che in altre regio- Giacomo Galletti che nel 1869, dopo essere stato elet- ni italiane. Nelle valli erano state istituite scuole grazie to deputato, lasciò al comune di Domodossola la ren- ai numerosissimi lasciti benefici, a Domodossola erano dita annua di £ 40.000 in Cartelle del debito pubblico state istituite scuole dalla Società operaia e scuole pro- per la creazione di una Fondazione con il suo nome. In fessionali dal Comune nelle quali furono preparati al la- un altro saggio ho già analizzato gli aspetti finanziari dei voro industriale centinaia di ragazzi, anche se con pia- lascito e gli errori commessi dagli amministratori del- ni di studio e metodi didattici non sempre coerenti con la rendita in quanto solo in parte riuscirono a realizza- l’innovazione a cui si tendeva.60 re i progetti del Galletti.58 L’ingente somma che sarebbe Se si accettano queste analisi, si potrebbe concludere maturata negli anni avrebbe dovuto servire, secondo il dicendo che, se l’innovazione e il rischio furono i fat- Galletti, che era stato al servizio dei Rothschild di Pari- tori dello sviluppo ossolano nel periodo del decollo in- gi, alla creazione di un istituto tecnico, di una scuola di dustriale, oggi la mancanza di una aggiornata cultura arti e mestieri, di un istituto di belle arti, di un impreci- imprenditoriale e di una apertura alla modernizzazio- sato Politecnico, di una biblioteca, di musei, giardini ne costituisce il vero freno alla ripresa economica. For- botanici, alla istituzione di una Esposizione annua dei se a questa carenza potrebbe far fronte una classe poli- prodotti dell’agricoltura e della manifattura locale, alla tica locale illuminata, accorta e aperta al nuovo come partecipazion e e alla stimolazione di attività industria- fu quella liberaldemocratica che l’Ossola ebbe prima e le. Nel contesto ossolano, la Fondazione Galletti operò dopo l’Unità nazionale.

286 Note «La storia del movimento operaio nell’area siderurgico-mineraria 1 Alcuni collocano queste attività in epoca pre-romana ed altri in della Toscana dalla fine dell’800 al secondo dopoguerra», Piombi- epoca medievale. Cfr. T. BERTAMINI, Il centro siderurgico di Villados- no, 11-12 febbraio 1983; e U. CHIARAMONTE, Gli scioperi nella si- sola nelle antiche e recenti attività ossolane, Domodossola, Cartogra- derurgia a Piombino (1910-1911), Domodossola, Ambiente, 1983. fica Antonioli, 1967; IDEM, Storia di Villadossola, Verbania, 1976, 13 Riportano in U. CHIARAMONTE, Industrializzazione e movimento cap. 10; A. G. ROGGIANI, L’oro italiano è oro ossolano, in «Illustrazio- operaio, cit,, p. 132. ne ossolana», 1960, n. 1, pp. 17-28. 14 Cfr. V. ZAMAGNI, Industrializzazione e squilibri regionali in Italia. 2 Cfr. Li Molini & Edificj d’Acque d’Ossola e terre vicine, Mergoz- Bilancio dell’età giolittiana, Bologna, Il Mulino, 1978, pp. 48-49. zo, Antiquarium, 1982. Si vedano i bei saggi ivi compresi di T. BER- 15 Per un panorama sulla siderurgia nazionale, accanto al classico G. TAMINI, Le ruote che hanno macinato la storia nell’Ossola Superiore, SCAGNETTI, La siderurgia in Italia, Roma, Ind. Tip. Romana, 1923. pp. 45-53; E. RIZZI, La visita delle acque, pp. 55-60; C. MAFFIOLI, si vedano: La siderurgia italiana dall’Unità ad oggi, in «Ricerche sto- La lite fra gli ossolani e il Fisco Spagnolo per la tassa sul macinato, riche», (n. speciale sulla metallurgia) a. VIII, 1978, n. 1; Associa- pp. 61-68; P.G. PISONI, «Masnadori» di grano e di oro, pp. 69-86. zione fra le Soc. Italiane per Azioni, L’economia italiana dal 1911 al 3 C. CAVALLI, Cenni statistico-storici della Valle Vigezzo, Torino, Mus- 1926, Roma, X Congresso Geografico Italiano, 1927. sano, 1845, tomo I; N. BAZZETTA, Storia di Domodossola e dell’Osso- 16 E. FLORIDIA, Le attività siderurgiche quali fattori di urbanizzazio- la Superiore, Domodossola, La Cartografica, 1911. ne di Villadossola e di equilibrio socioeconomico nella regione ossolana, 4 S. CIRIACONO, La protoindustna rivisitata: the fìrst workshop of in «Notiziario di Geografia economica», scritti di F. Milone, a. II, Warwick University, in «Quaderni storici», a. XX, 59, n. 2; pp. 1971, p. 147. Nell’archivio di Villadossola (abbreviato d’ora in poi 513-19. Cfr. Soprattutto SIDNEY POLLARD, La conquista pacifica. in ACV), Faldone 117, è possibile ricavare alcuni dati sull’immigra- L’industrializzazione in Europa dal 1760 al 1970, Bologna, II Mu- zione operaia dall’Emilia Romagna, da Piombino, da Genova, da lino, 1984, pp. 111-134 secondo cui «i territori meno adatti allo Udine, da Omegna e da altre zone notoriamente con esperienze si- sfruttamento agricolo si trovano a giocare un ruolo chiave nell’in- derurgiche. Un elenco di operai ci indica nomi, età e provenienza. dustrializzazione europea» in quanto non avevano altre prospettive 17 Mentre nel 1909 nelle due miniere d’oro ancora attive si estras- al di fuori della fame e dell’emigrazione (p. 123). sero t 2.890 di minerale ricavando kg 15.136, nel 1914 il minerale 5 Rinvio ai saggi, oggi raccolti in volume, di L. CAFAGNA, Dualismo e ammontò a t 206, l’oro a kg 1,10 e l’argento a kg 2,06. Nel periodo sviluppo nella storia d’Italia, Venezia, Marsilio, 1989. 1872-1912 si pagarono £ 86.130 di tasse, costituendo la gran parte 6 Cfr. M. POZZOBON, L’industria padana dell’acciaio nel primo tren- del gettito fiscale minerario del Piemonte. tennio del Novecento, in F. BONELLI (a cura di). Acciaio per l’industria- 18 L’industria ossolana, in «L’Ossola», settimanale, 4 agosto 1906 ri- lizzazione, Torino, Einaudi, 1982, p. 169. La prima frase virgoletta- portato in Industrializzazione, pp. 116-21. ta è di L. CAFAGNA, Op. cit., p. 288. 19 P. LANINO, La nuova Italia industriale, Roma, L’Italiana, 1916. 7 Per un approfondimento di quanto qui si va dicendo rinvio al mio 20 Oltre al mio vol. Industrializzazione, pp. 142-145, ho utilizzato vol. Industrializzazione e movimento operaio in Val d’Ossola. Dal- nuove fonti dell’ACV, Faldone 117: Jutificio Ossolano (1903-1939). l’Unità alla prima guerra mondiale, Milano, F. Angeli, 1985, ricco di 21 ACV, Faldone 117, cit., lettera dello Jutificio Nazionale al sindaco dati e di bibliografia. Da questo vol. si intendono tratti i riferimen- di Villadossola, Ceretti, Genova 12 aprile 1928. ti statistici quando non sono diversamente indicati. 22 L. CAFAGNA, L’industrializzazione italiana. La formazione di una 8 U. CHIARAMONTE, L’Ossola e le Esposizioni industriali fino alla pri- «base industriale» fra il 1896 e il 1914, in «Studi storici», a. II, 1961, ma guerra mondiale, in «Novara -notiziario economico», Camera di n. 3-4, p. 711. Commercio, 1983, n. 5, pp. 47-55. Sull’importanza delle Esposi- 23 U. CHI ARA MONTE, Industrializzazione, cit. p. 331 e tutto il cap. 10. zioni come indice dello sviluppo cfr. G. ARE, II problema dello svilup- 24 E. CONTI, Dal taccuino di un borghese, Milano, Garzanti, 1946, p. 51. po industriale nell’età della Destra, Pisa, Nistri-Lischi, 1964, pp. 45- 25 Cfr. i voll. Nel cinquantenario della Società Edison, Milano, 73; L. CAFAGNA (a c. di), Il Nord nella gloria d’Italia, Bari, Laterza, 1934. 1962; R. ROMANO, Le Esposizioni industriali italiane: linee di metodo- 26 A. FORTI, Le costruzioni idrauliche applicate alla produzione di for- logia interpretativa, in «Società e storia», a. III. 1980, pp. 215-228. za motrice, in Nel cinquantenario, cit., p. 55. Cfr. anche Le dighe di 9 G. VEGEZZI RUSCAGLIA, Esame della già progettata linea di strada fer- ritenuta degli impianti idroelettrici italiani, Milano, F. Angeli, 1951, rata fra Genova e la Germania e proposizione di altra più conveniente, in 7 voll. Domodossola, Vercellesi. 1850. 27 F. MILONE, L’economia italiana nelle sue regioni, Torino, 1955, p. 10 V. ZAMACINI, Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economi- 216. ca dell’Italia: 186I-1981, Bologna, II Mulino, 1990, p. 107; cfr. an- 28 V. ZAMAGNI, Dalla periferia al centro, cit., p. 344. Questa è la tesi che L. CAFAGNA, Profilo della storia industriale italiana, in Dualismo di altri tra cui G. GUALERNI. Industria e fascismo, Milano, Vita e Pen- e sviluppo, cit., pp. 297 ss. siero, 1976. 11 Si dà qui la definizione E. A. WRIGLEY, Processo di modernizzazione 29 V. ZAMAGNI, Op. cit., p. 345. e Rivoluzione industriale in Inghilterra, in «The Journal of Interdisci- 30 Sugli aspetti economici mi permetto rinviare al mio vol. Econo- plinary History», vol. III, n. 2, 1972, pp. 225-59. mia e società in provincia di Novara durante il Fascismo (1919-1943), l2 Su questo tema rinvio al mio saggio La reazione della sinistra alla Milano. F. Angeli, 1987 al quale mi rifarò per tutti i dati non altri- formazione del trust siderurgico (1911), Relazione al Convegno su menti specificati.

287 31 Cfr. V. CASTRONOVO, L’industria siderurgica e il piano di coordina- TATO COMPRENSORIALE VERBANO Cusio OSSOLA, Piano socio-economico mento dell’IRI (I936-I939), in «Ricerche storiche», cit., pp. 163-188. di Comprensorio, Torino, Regione Piemonte, 1980. 32 R. PRODI, Sistema industriale e sviluppo economico in Italia, nel vol. 45 Problematiche dei flussi migratori in provincia di Novara, Atti del dallo stesso titolo che raccoglie gli atti del convegno di Bologna, 14 convegno di Borgomanero del 26 Ottobre 1983, Amministrazione aprile 1973, Bologna, Il Mulino, 1973, p. 11. Provinciale, Borgomanero, 1984. Cfr., in particolare, P. CROSA LENZ, 33 ACV, Faldone 117, Jutificio, cit., lettera del podestà Mario Ceret- Elementi di demografia storica delle Valli dell’Ossola: spopolamento al- ti al prefetto, 17 agosto 1927. pino e mutamenti culturali, pp. 187-212. 34 Ivi, lettera dello Jutificio nazionale al podestà del 3 settembre 46 Per un panorama industriale contemporaneo rinvio a C. SQUIZZI, 1928; il podestà interessò il prefetto con lettera del 21 dicembre Congresso eucaristico ossolano, cit., pp. 21 ss; cfr. anche FEDERAZIONE 1928; una lettera dell’ing. Ferrari della società al podestà Ceretti an- LAVORATORI METALMECCANICI - NOVARA, Ricerca sulla struttura della nunciò la definitiva chiusura (3 giugno 1933). industria metalmeccanica nella provincia di Novara, Novara, s.d. (ma 35 ACV, Faldone 210 bis. Case popolari P. M. Ceretti e Villaggio Si- 1978) condotta in 222 aziende metalmeccaniche. «Un segnale allar- sma, Relazione, 5 giugno 1938. La Relazione sulla insufficienza delle mante della crisi industriale si ebbe con la requisizione, da parte del abitazioni e sulle condizioni igienico-sanitarie delle abitazioni esisten- sindaco di Villadossola, della SISMA nel 1962, e con altre lotte sin- ti (I8 dicembre 1937) dava questi dati: famiglie n. 1.382; abitazio- dacali». Cfr. P. PIRAZZI MAFFIOLA, Villa operaia. Appunti per una storia ni 5.034; case igieniche abitab. 217, fam. 540; case adattabili 156, della Camera del lavoro di Villadossola. Villadossola, 1993: REGIONE fam. 356; case inabitabili 227, fam. 486; fam. con 4 pers. in case di PIEMONTE - COMUNE DI VERBANIA, Il mercato del lavoro nel VCO, Ver- 2 vani 207; fam. con 5 pers. in 2 vani 135; di 5 pers. in 3 vani 161. bania, 1993 (ciclostilato). 36 ACV, Faldone 210 bis, cit., lettera della società Ceretti al prefet- 47 URPP, Piano di sviluppo del Piemonte. Studi e documenti. Gli stru- to, 29 marzo 1938. menti per la programmazione regionale. I. L’istituto finanziario per lo 37 COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA, La disoccupazione in sviluppo industriale, a cura dell’Ires, Torino, 1965. Italia. Monografie regionali. Atti della Commissione, vol. III, tomo I, 48 A. CASSONE - A. PIANO, La localizzazione industriale e programma- Roma, 1953, p. 120. Per un panorama complessivo della ricostru- zione regionale. Il caso Piemonte, Milano, F. Angeli, 1983, p. 12. zione rinvio al mio recente saggio. Secondo dopoguerra in Val d’Osso- 49 CIPE, Comunità montane e piani di sviluppo. Atti del convegno, To- la: ricostruzione e nuova classe politica, in «Boll. storico per la provin- rino, 2 marzo 1974, supplemento a «Note informative di politica cia di Novara». a. LXXVII, 1994, n. 2. economica regionale», N.S., a. I, n. 3-4, 1974. 38 D. PARISET, L’oro di Pestarena, in «Risveglio ossolano». 13 settem- 50 Cfr. l’intervento di C. SIMONELLI nel convegno cit., pp. 21-29. bre 1950. Così aveva scritto l’A. riferendo una conversazione tenu- 51 Cfr. ECRIS, Lo sviluppo industriale delle aree depresse del Piemon- ta a «Rete azzurra» della Rai. Il prezzo dell’oro nel 1948-49 era sta- te, Torino, LIED ed., 1966. to £ 1.100-1.130 al gr. mentre dopo una flessione, nel 1950 si era 52 E. FERRARI, Lo scalo di Domodue e il ruolo dell’Ossola nel sistema portato a £ 880 al gr. dei trasporti internazionali, in Vent’anni della rivista Novara; 1966- 39 Al tema dell’oro è stato dedicato un interessante convegno. Cfr. 1985, Novara, CCIAA, 1985, p. 74. Le miniere d’oro e le acque arsenico-ferruginose della Valle Anzasca, in 53 G. M. CAPUANI, Presentazione, in Alpe Veglia parco naturale, estrat- «Suolo-sottosuolo», Notiziario dell’Associazione Mineraria Subalpi- to da «Novara - mensile economico della CCIAA», dicembre 1970. na, a. VII (1981), n. 1, Atti del simposio del 29 novembre 1980. 54 Provincia di Novara, Studio sul potenziamento delle risorse idriche 40 In quest’ottica si giustificavano il IV centro siderurgico di Taranto nell’Alto Novarese, Novara, 1983 (ciclostilato). e il V di Gioia Tauro, mai realizzato. Cfr. L. DE Rosa, La siderurgia 55 Scuola di Direzione Aziendale. Università Bocconi - Milano, Per italiana dalla ricostruzione al V centro siderurgico, in «Ricerche stori- un recupero della imprenditorialità nel Verbano-Cusio-Ossola. Cause che», a. VIII, cit., pp. 251-275. della crisi e ipotesi di soluzione, Novara, Amministrazione Provin- 41 L’Ossola partecipava alla produzione nazionale con un 9% assie- ciale, 1984. me agli stabilimenti di minore entità. Cfr. A. FRUMENTO, / baricen- 56 Idem, p. 172. Ivi anche la citazione successiva. tri siderurgici italiani fra il 1949 e il 1971, in «Rivista internazionale 57 ACD, Cat 11, cartella 4: Pro Industria, cit. da U. CHIARAMONTE, di scienze economiche e commerciali», a. XV (1968), n. 3; E. MAS- Industrializzazione, cit., pp. 278-290. SI, Tipi geografico-economici nell’evoluzione della siderurgia italiana, 58 U. CHIARAMONTE, Capitali e investimenti di un’Opera pia dell’Otto- in «Ricerche storiche», cit. pp. 307-330. cento: la Fondazione Galletti di Domodossola, in «Boll. storico per la 42 Cfr. E. Rossi, Elettricità senza baroni. Bari, Laterna, 1962; E. SCAL- provincia di Novara», a. LXXV, 1984, n. 2, pp. 325-372. FARI, Storia segreta dell’industria elettrica, Bari, Laterna, 1963. 59 M. BARBAGLI, Disoccupazione intellettuale e sistema scolastico in 43 P. G. LANDINI, Attività industriali antiche e recenti nell’Ossola, Italia, Bologna, Il Mulino, 1978, p. 106. estratto dagli «Atti del XXI congresso geografico italiano», Verba- 60 U. CHIARAMONTE, Istruzione tecnico-professionale e sviluppo indu- nia, 1971, p. 8. striale in Val d’Ossola: 1856-1916, estratto da «Boll. storico per la 44 Per le statistiche del periodo risulta importante consultare COMI- provincia di Novara», a. LXXXI, 1990, n. 2, pp. 402-453.

288 Gli ultimi dieci anni con un organico di 200 addetti.

Il testo del prof. Umberto Chiaramonte “Economia e - Il Laminatoio del Sempione, nato nel 1961 a Crevola- sviluppo industriale” illustra in modo esauriente la sto- dossola, produce laminati mercantili di piccole dimen- ria delle principali attività ossolane dalla loro nascita sioni in acciaio; la produzione attuale è di circa 15.000 fino alla metà degli anni Novanta. Di seguito, con que- tonnellate all’anno con 12 addetti. ste brevi note, s’intende evidenziare i cambiamenti che le principali industrie storiche hanno subito negli ulti- Le Fonderie mi dieci anni. - Nel corso degli anni Novanta la Fonderia Coppi di Vil- ladossola cessò la produzione. Settore siderurgico - Attualmente lavora soltanto la Fonderia Ossolana di - La società Sisma s.p.a., nata nel 1892 a Villadosso- Zambelli. Questa azienda, nata nel 1937 con un pic- la come piccola bulloneria, nel tempo diventò una del- colo capannone/tettoia, venne registrata ufficialmente le prime società siderurgiche italiane comprendendo presso l’Ufficio commerciale delle corporazioni di No- un’acciaieria, un laminatoio, una trafila, le fucine e ar- vara il 1° luglio 1943 come Fonderia Ossolana di Zam- rivando, nel suo periodo migliore, ad occupare una me- belli e Novemi, per produrre semilavorati in metalli dia di 1600 dipendenti nel solo stabilimento ossolano. non ferrosi: alluminio, bronzo e ottone. Nel 1943 nella Negli anni Settanta entrò nell’ambito delle partecipa- nuova sede in Regione Nosere nacque un moderno ca- zioni statali. Nel 1989, a seguito delle dismissioni da pannone con un cubilotto e poche unità lavorative. At- parte dell’IRI nel settore siderurgico, fu acquistata dalla tualmente, con un moderno cubilotto, un forno rota- società Leali S.p.a. di Odolo: nel medesimo anno con- tivo ad ossigeno e metano e con 20 addetti nei reparti tava circa 550 dipendenti. Nel 1999 il Gruppo Leali, al modelleria e fonderia, produce dalle 80 alle 100 tonnel- centro di una consistente ristrutturazione e concentra- late al mese di semilavorati in piccola serie per industria zione dei poli produttivi, ha cercato e trovato nel grup- della carta, plastica, cuoio e macchine utensili, in ghisa po Beltrame una realtà che desse affidamento per il fu- comune legata e sferoidale. turo. Attualmente la società Ferriera Siderscal S.p.A. del La Fonderia Erregi di Ricca e Lomonte s.n.c. si è trasfe- gruppo Beltrame produce a Villadossola, con il treno di rita nell’anno 2000 da Gravellona a Ornavasso. Produ- laminazione T. 650/450, circa 55.000 ton/anno di pro- ce con due forni, fondendo pani di alluminio e impie- fili speciali per cantieristica e per macchine per movi- gando sei addetti per forno, circa 60 tonnellate all’anno mento terra, occupando 75 addetti. di caldaiette per caffettiere, che vengono rifinite presso altre ditte della zona. - La Ceretti, nel nuovo stabilimento costruito a Pallan- zeno nel 1972, ed entrato in crisi nel 1974, produce- Metallurgia di rame e leghe di rame va parte dell’acciaio occorrente al laminatoio che lavo- - La Sitindustrie International nacque nel 1909 come rava in trasformazione per la società Eumit del Grup- Falegnameria Tabachi; nel 1933 divenne Fratelli Bialet- po Regis. Nell’81 si decise, per motivi strategici azien- ti (pentolame in alluminio) e nel 1949 venne assorbita dali, di fermare l’acciaieria e di importare le billette dal- da Tonolli come fonderia in alluminio, stagno, caldare- l’est e, contemporaneamente, subentrò il Gruppo Regis ria ecc. Nella seconda metà degli anni Sessanta vennero al 100% alla Eumit. Negli anni successivi fu ceduta dal affiancate altre produzioni, tra cui quella di semilavora- Gruppo Regis alla Duferco finché recentemente è su- ti di rame e leghe di rame. Attualmente la Sitindustrie bentrato il gruppo francese Arcelor, uno dei più grandi International s.r.l. del gruppo Bocciolone di Valduggia produttori di acciaio nel mondo. Nell’attuale situazio- produce semilavorati in rame e leghe di rame con ci- ne il laminatoio Travi e profilati di Pallanzeno - gruppo clo integrale da rottami a prodotto finito prevalente- Arcelor, produce 500.000 tonnellate all’anno di profili mente per il settore elettromeccanico. Produce 15.000

289 tonnellate all’anno, di cui il 40% per il mercato euro- po francese della Rhone Poulenc e si costituì la società peo, con 155 addetti. È entrata ultimamente nel mer- Rhodiaceta, che iniziò la costruzione dello stabilimen- cato dei tubi in cupronickel utilizzati su navi e piatta- to di Pallanza. Nel corso degli anni lo stabilimento di forme marine. Villadossola, che aveva sempre vissuto in simbiosi con quello di Pallanza, entrò in crisi e subì diversi cambia- Settore abrasivi menti di ragione sociale e di proprietà, per arrivare nel - La Treibacher Schleifmittel S.p.A. nacque nel 1917 con 1991 alla richiesta di chiusura da parte di Enichem, ul- la denominazione di società Galtarossa (dal nome del timo proprietario. Forti pressioni politiche e sindaca- proprietario) e iniziò la produzione di ferroleghe. Come li imposero la ricerca di un acquirente. Nel luglio 1994 per altre attività industriali, la scelta del sito produtti- la Mapei acquisì da Enichem Synthesis l’attività Resi- vo nel bacino ossolano dipese dal basso costo dell’ener- ne Acetoviniliche con le unità di Villadossola e Raven- gia elettrica, materia prima per la produzione di ferro- na. La nuova società ribattezzata Vinavil S.p.A. iniziò leghe. Negli anni Trenta si aggiunsero le produzioni di l’opera di risanamento strutturale, impiantistico e am- carburo di silicio e di corindone, abrasivi indispensabili bientale. Nel 1995 l’impianto EVA, per la produzione per la lavorazione dei metalli. Negli anni Sessanta, con- di emulsioni copolimere acetato di vinile-etilene, venne seguentemente all’aumentato costo dell’energia elettri- rimesso in marcia e ad oggi produce circa 90.000 ton- ca, si fermò la produzione di ferroleghe e di carburo di nellate all’anno con 190 unità. Attualmente si sono ag- silicio potenziando la produzione di corindone, carat- giunte le linee produttive Vinavil in polvere con l’im- terizzata da minor fabbisogno energetico. Anche que- pianto Spray driers e le linee emulsioni acriliche e Sti- sta società fu per un certo periodo nelle partecipazioni rolo-Acriliche. Notevoli interventi sono stati fatti per statali. Dal 1992 è stata assorbita al 100% dal gruppo l’adeguamento alle normative di sicurezza e igiene am- Treibacher. Lo stabilimento di Domodossola, che conta bientale. 100 addetti, produce attualmente 45.000 tonnellate al- l’anno (di cui il 75% per l’esportazione) sulle 250.000 - Lo stabilimento Rumianca S.p.A. nacque a Pieve Ver- tonnellate all’anno che produce il gruppo con 10 stabi- gonte intorno al 1915 e si sviluppò con produzioni col- limenti nel mondo. legate alle linee principali di clorosoda e acido solforico con forni di arrostimento di pirite. Negli anni Settanta - L’International Chips opera a Domodossola nel campo fu assorbito dal Gruppo SIR per essere successivamente del trattamento delle superfici a partire dal 1975. At- trasferito alla società Anic e poi all’Enichem. Nel 1995 tualmente l’azienda è in grado di produrre ben 32 di- l’assetto produttivo comprendeva i seguenti impianti: mensioni e forme diverse di preformati abrasivi con le- clorosoda, acido solforico, cloroaromatici, DDT. L’im- gante di resina poliestere da utilizzarsi nel campo del- pianto DDT fu fermato nel 1996. Nel luglio 1997 gli la vibrofinitura, di cui il 60% viene esportato all’este- impianti furono ceduti dalla società Enichem a Tes- ro. Attualmente opera con l’impiego complessivo di 45 senderlo Italia e dal gennaio 1997 l’assetto produttivo addetti. comprende gli impianti clorosoda, acido solforico, clo- roaromatici. Attualmente gli addetti sono 250. Nell’an- Settore chimico no 2002 la Tessenderlo ha installato un impianto per la - Il primo nucleo chimico nacque a Villadossola fra il produzione di fotocloruranti. 1918-19 come società Elettrochimica del Toce, che nel 1924 entrò a far parte del Gruppo Montecatini. Dal- Settore metalmeccanico l’iniziale produzione di carburo di calcio, si passò alla - La Marini Quarries Group di Villadossola, nata nel produzione di Rayon Acetato; nel 1928 la Montecati- 1975, progetta e costruisce una vasta gamma di mac- ni passò alla produzione di Anidride Acetica per ottene- chine quali carotatrici per sondaggi, perforatrici pneu- re l’Acetato. Successivamente prese accordi con il grup- matiche e oleodinamiche, tagliatrici a filo diamantato,

290 unità di perforazione semovente radiocomandata e tut- pendenti e crea indotto in zona per oltre 150/170 po- ti gli accessori in grado di affrontare problematiche nel- sti di lavoro. L’officina meccanica è attrezzata per pro- le cave di marmo e granito. Esegue studi geologici e durre e collaborare nella realizzazione di macchinari per piani di coltivazione di cave, elabora progetti finanzia- i più diversi settori industriali, sia su progettazioni di- ri, forma il personale in loco. L’impegno nella costru- rette, sia su specifiche richieste della clientela, che an- zione di strumenti di lavoro efficaci e sicuri ha consen- novera i nomi più significativi delle industrie europee tito alla Marini di guadagnarsi un posto di primo piano operanti nella industria cartaria, delle condotte forza- nel panorama mondiale della tecnologia di coltivazione te, dell’energia elettrica e degli impianti automatizza- di cave. Attualmente occupa circa 150 addetti di cui 50 ti in genere. nella propria officina. - La società Officine Lorenzina s.r.l. porta il nome del - La società A.M.E.A., attrezzature meccaniche e affini socio fondatore che nel 1968 avviò un’attività artigiana s.r.l. è presente da quasi 50 anni sui mercati nazionale di carpenterie metalliche ampliandola successivamente ed internazionale delle attrezzature per bulloneria, per al settore meccanico. Nel 1985 ha assunto l’attuale ve- stampaggio a caldo o a freddo, per punzonatura-tran- ste giuridica. Nello stabilimento di Masera, su un’area ciatura e perforatura. Occupa 40 operai. di 30.000 mq., di cui 7.000 coperti, occupa circa 70 di- - La Nugo Romano S.p.A. opera dal 1968 ed ha assun- pendenti, supportati da un indotto di circa 50/70 po- to l’attuale veste giuridica nel 1980. Opera nello stabi- sti di lavoro in zona. Produce parti di carpenteria mec- limento di Piedimulera, località Sassonia, su un’area di canica per impianti industriali diversi destinati alla mo- 95.000 mq. di cui oltre 50.000 coperti con un punto vimentazione di merci, alle condotte forzate, alla realiz- di secondaria importanza a Pieve Vergonte su un’area zazione di forni per acciaieria e forni a gas ed alla indu- di 12.000 mq. di cui 3.500 coperti. Occupa 150 di- stria elettrica.

Lo scalo internazionale “Domo Due” con la sede delle Dogane del Verbano Cusio Ossola.

291 - La Carpenteria Vanoli Valter opera dal 1971 ed è spe- rato i 142,5 milioni di euro. Complessivamente la BPI cializzata nella fabbricazione di carpenteria metallica di conta attualmente oltre 113.000 clienti, di cui 13.000 macchine per la lavorazione della lamiera e fabbricazio- nell’Ossola e il personale occupato è pari a 980 perso- ne di strutture di carpenteria metallica media-pesante, ne, di cui 124 residenti in Ossola. in particolare presse piegatrici, cesoie e presse per stam- paggio. Conta 13 addetti, oltre ad un indotto equiva- Settore doganale lente. La struttura industriale, sita a Vogogna, è costi- Dal 1993 con l’istituzione della Comunità, il lavoro è tuita da 3 capannoni per una superficie totale di 7.700 diminuito di circa il 60%, ma alla dogana sono stati as- mq. serviti da 8 carri ponte di portate varie. Dispone di segnati altri compiti: oltre alla riscossione dei diritti di un’area esterna per deposito di 22.000 mq. confine, la lotta alla contraffazione, alle attività usur- pative, ai traffici illeciti vecchi e nuovi; il contrasto alle Settore manifatturiero frontiere alla criminalità organizzata e la sicurezza, spe- - La Manifattura di Domodossola, fondata nel 1913 da cie dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001. L’uffi- Giuseppe Polli, negli anni Venti e Trenta dava lavoro a cio doganale, di importanza strategica per l’intera pro- circa 300 persone, per la maggior parte manodopera vincia, ha competenza sulla circoscrizione doganale di femminile che si occupava di intrecciare funi e corda- Domodossola e sull’ufficio tecnico di finanza di Nova- mi per navi. Oggi l’azienda si occupa di tessuti intrec- ra, relativamente alla provincia del Vco ed ha alle sue ciati per calzature, pelletteria e abbigliamento per l’alta dipendenze la sezione operativa territoriale di Piaggio moda, impiegando circa 55 persone ed esportando gran Valmara e quella di Iselle. La circoscrizione dogana- parte della propria produzione. le di Domodossola, con sede nello scalo ferroviario di Domo2 a Beura Cardezza, è composto attualmente di Settore bancario 42 unità che operano in tutta la provincia del Vco. - Tra gli istituti bancari presenti in Ossola ricordiamo la Banca Popolare di Intra costituita nel 1873 e autorizzata Settore edile all’esercizio dell’attività il 1° marzo 1874. L’11 maggio - Nel 1902 i fratelli Bartolomeo e Antonio Poscio fonda- 1874 l’istituto, presieduto dal cav. Lorenzo Cobianchi, rono l’omonima società ed effettuarono le prime for- iniziò la sua attività a Intra. L’assemblea del 3 ottobre niture di pietrisco per strade. Dal 1912 l’azienda si oc- 1915 autorizzò il consiglio ad istituire filiali e agenzie e cupò anche di legnami e trasporti. Dal 1925 iniziaro- nel 1916 fu aperta a Omegna la prima dipendenza. no i primi lavori murari, pur continuando la fornitu- La prima filiale ossolana della BPI fu la dipendenza di ra di materiale e la costruzione di strade. In questi anni STATISTICA SAIA ( SOCIETA’ AREE INDUSTRIALI ED ARTIGIANALI spa) (tabella 1) Villadossola, aperta il 15 settembre 1919 e il 15 dicem- la forza era di circa 100 persone. Dalla fine degli anni bre dello stesso anno fu attivata anche la sede di Domo- Trenta la manodopera raggiunse le 400/500 unità e la AREE Località Tot. Tot. % Area da Aziende Addetti INDUSTRIALI Area fondiar. Area ceduta cedere al 2003 iniz/a reg dossola. In seguito la banca, oltre ad affrancare la pre- società iniziò ad effettuare i primi grandi lavori come Villadossola 210.800 25.222 11,%96 185.578 1 25/30 senza sul territorio di tradizionale appartenenza (pro- stabilimenti, impianti funiviari, strade e ponti e società Vogogna/Pied vince di Novara e Vco) si è sviluppata nelle province li- idroelettriche ossolane e di altre località. Ossola 371.800 219.443 59% 152.357 43 347/613 mitrofe di Milano, Varese e Como. Negli ultimi dieci - Numerose ditte operano in Ossola, tra le più note per anni la BPI ha attivato 30 filiali, di cui 3 in Ossola: Ba- anzianità, capacità produttiva e storia sul territorio citia- Totali 582.600 244.665 41,99% 337.935 44 ceno nel 1996, Druogno nel 1997, Varzo nel 1998. At- mo le ditte Frua, Cattaneo, Giacomini e Rolandi. Attual- tualmente la rete operativa della banca è strutturata su mente il settore occupa in Ossola circa 1000 persone. AREE Località Tot. Tot. % Area da Aziende Addetti ARTIGIANALI Area fondiar. Area ceduta cedere al 2003 iniz/a reg 72 dipendenze, di cui 26 nella provincia di Novara, 25 Domodossola 41.422 39.730 95,94% 1688 14 124/160 in quella del Vco (9 in Ossola), 12 in quella di Varese, 7 Settore trasporti Piedimulera 50.754 50.754 100% 15 102/174 in quella di Milano e 2 in quella di Como. Dagli iniziali - Ferrovie dello Stato: il futuro traffico e la capacità Trontano 123.718 102.588 83,14% 20.730 29 185/251 286 soci che parteciparono alla costituzione della ban- della linea del Sempione, con la prevista apertura nel Totali 215.894 193.072 89,43% 22418 58 ca, si è passati a oltre 37.000. Il capitale sociale ha supe- 2006/2007 del Loetschberg, che avrà una capacità di

292 390 treni al giorno, con convogli lunghi anche 1.500 SSIF sono un centinaio. Il traffico internazionale viene m., capacità destinata ad interessare il tunnel del Sem- gestito anche con personale della società FART che, per pione e le linee ferroviarie italiane (il tunnel ha capaci- il comparto ferroviario, occupa circa 75 persone. I viag- tà attuale di 280 treni al giorno), imporrà una serie di giatori trasportati sono circa 500.000 all’anno, di cui il interventi in grado di supportare tale volume di traffi- 40% italiani e il 60% stranieri. co, anche prevedendo che i lavori sulla linea del Got- - L’Autoservizi Comazzi della famiglia Galli nacque nel tardo possano slittare dall’anno 2014 al 2017. Il poten- 1925 come “Accomo e Comazzi” nell’area del borgo- ziamento risulterebbe importante anche alla luce delle manerese, successivamente sviluppatasi sia verso Nova- previsioni di aumento continuo del traffico merci, che ra che verso Verbania, Omegna e Domodossola. Attual- potrebbe sacrificare il traffico passeggeri. I lavori che mente è il maggiore operatore privato del settore nel- da recenti convegni risultano necessari sono la varian- le province di Novara e Vco e di recente ha assunto te Iselle-Domodossola ed il potenziamento con adegua- la gestione diretta della Navigazione sul lago d’Orta e menti della linea Domodossola-Novara e Domodosso- di importanti partecipazioni societarie nella Alma Tour la-Milano; tali adeguamenti dovranno considerare i di- di Verbania e nella società Trasporti Novaresi (STN di sagi attuali (rumori, passaggi a livello) cui sono sottopo- Novara). Dispone di un parco automezzi che conta 100 ste tutte le aree di passaggio, quali le zone turistiche dei autobus di tutte le dimensioni ed in grado di soddisfare laghi Maggiore e Orta. qualsiasi esigenza del trasporto pubblico e dei servizi tu- - La ferrovia Vigezzina nacque da un’idea del maestro vi- ristici privati. Particolare sviluppo hanno assunto le at- gezzino Andrea Testore, che si concretizzò con l’inizio tività localizzate in Ossola, dove nel 1977 è stata inau- lavori del 1912. Il 25 novembre del 1923 venne inau- gurata la nuova sede di Domodossola comprendente un gurata la ferrovia che aveva lo scopo principale di unire vasto deposito che ospita al coperto 40 autobus, oltre a le due direttrici del Sempione e del Gottardo. Nel corso officina, uffici e locali di servizio. Ogni anno gli auto- degli anni la linea ferroviaria dimostrò la sua indispen- bus con i colori dell’Autoservizi Comazzi percorrono sabilità come collegamento col capoluogo ossolano, so- oltre 3,5 milioni di chilometri. prattutto in occasione dell’alluvione del 1978, durante - L’Eliossola s.r.l. è nata nel 1993 con lo scopo di otte- la quale la Vigezzina rappresentò l’unica via d’accesso nere le licenze per effettuare il lavoro aereo ed il traspor- e di trasporto di generi di prima necessità. Attualmen- to pubblico passeggeri. La società è stata fondata in Os- te sono in esercizio 11 elettrotreni e i dipendenti delle sola, luogo dove spesso è necessario ricorrere all’uso del-

STATISTICA SAIA ( SOCIETA’ AREE INDUSTRIALI ED ARTIGIANALI spa) (tabella 1)

AREE Località Tot. Tot. % Area da Aziende Addetti INDUSTRIALI Area fondiar. Area ceduta cedere al 2003 iniz/a reg Villadossola 210.800 25.222 11,%96 185.578 1 25/30 Vogogna/Pied Ossola 371.800 219.443 59% 152.357 43 347/613 Totali 582.600 244.665 41,99% 337.935 44

AREE Località Tot. Tot. % Area da Aziende Addetti ARTIGIANALI Area fondiar. Area ceduta cedere al 2003 iniz/a reg Domodossola 41.422 39.730 95,94% 1688 14 124/160 Piedimulera 50.754 50.754 100% 15 102/174 Trontano 123.718 102.588 83,14% 20.730 29 185/251 Totali 215.894 193.072 89,43% 22418 58

293 l’elicottero per lavori quali la costruzione e la manuten- Altri settori zione degli impianti idroelettrici, di funivie ed impian- - La Locatelli U. & S. S.p.A. fu fondata nei primi ‘900 ti di risalita, la costruzione e la manutenzione di rifu- a Baveno e si trasferì negli anni ’70 a Premosello Chio- gi, stalle e baite e la costruzione di opere in luoghi inac- venda, specializzandosi nella fabbricazione di accesso- cessibili con altri mezzi. L’attività dell’Eliossola si è poi ri per capelli. Attualmente il gruppo è costituito da tre estesa su tutto il territorio nazionale, comprendendo la- stabilimenti che occupano 45 dipendenti più 60 terzi- vori di antincendi boschivi e lavori di ispezione aerea sti. I prodotti vengono esportati per il 65% in tutti i su linee elettriche di alta e media tensione. Attualmen- paesi del mondo. te la flotta è composta da 3 elicotteri SA 315 B “Lama” - La Penta s.r.l., con sede a Piedimulera, fu fondata e 2 elicotteri ECUREUIL AS 350 B3. Ha un totale di nel 1994 come azienda produttrice di lavorati in mar- 15 dipendenti. mo, granito e agglomerati sintetici. E’ specializzata nel- la produzione di complementi di arredo e le lavorazio- Case di spedizione e trasporti internazionali ni vengono effettuate mediante utilizzo di macchine a La realtà odierna di questo settore nell’alta Ossola è il ri- controllo numerico che effettuano il taglio con utensili sultato dell’evoluzione del sistema trasporti e servizi an- diamantati o con la tecnica dell’idrogetto. Attualmente nessi e della trasformazione politica ed economica eu- occupa 11 persone ed ha un mercato che si estende dal ropea. Dal primo decennio postbellico, in cui i traspor- nord Italia alla Svizzera. ti internazionali via Sempione erano totalmente ferro- viari e vincolati allo sdoganamento presso la stazione di Situazione occupazionale Domodossola, si è passati negli anni successivi al trasfe- In base ai dati elaborati dall’Osservatorio regionale rimento del traffico merci su strada. Questo ha prodot- del mercato del lavoro, risulta alla data del censimen- to una trasformazione delle case di spedizione operan- to 2001 per l’area ossolana un totale di 1.352 industrie ti in loco, da organizzatrici di raccolta e trasporto mer- operanti che occupano 7.801 addetti. Il totale di occu- ci, servizi groupage, magazzinaggio ecc., a pure e sem- pati, in tutte le attività economiche dell’Ossola, com- plici agenzie di sdoganamento. L’atto finale si ebbe poi prensive di attività commerciali, servizi e istituzione, a partire dal 1° gennaio 1993, con la nascita del Mer- frontalieri e pendolari, è di 27.284 unità su un totale di cato unico europeo e la liberalizzazione delle merci in 67.700 abitanti. (vedi tabella 2) ambito comunitario. Oggi sono presenti nello scalo di Negli ultimi anni, nelle aree reperite dalla società Saia Domo2 due case di spedizione, la DHL Express s.r.l. con per l’insediamento di attività produttive di piccola, me- 5 addetti e la Italsempione S.p.A. con due addetti. Altri dia industria e artigianato, sono sorte numerose atti- due operatori locali sono la Transnova s.n.c. con 7 ad- vità localizzate nei comuni di Vogogna, Piedimulera, detti e la ditta Zoni s.a.s. con 4 addetti. Trontano, Villadossola e Domodossola. Su un totale di Fatto nuovo è stato il recente insediamento nello sca- 582.600 mq. di aree industriali disponibili, sono sta- lo di Domo2 di due operatori nel traffico combinato ti ad oggi ceduti 244.665 mq. (42%) con insediamen- strada-ferrovia. La prima ad insediarsi nel 2001 è sta- to di 44 aziende che occupano ad oggi 375 persone. ta la ditta Hangartner Spedizioni Internazionali s.r.l. che Per quanto riguarda le aree artigianali, su un totale di oggi ha 29 dipendenti e movimenta 46 treni la settima- 215.694 mq. sono stati ceduti 193.042 mq. (89%) per na con capacità di trasporto di import/export di 1220 59 aziende insediate. (vedi tabella 1) camion. Nel gennaio del 2004 ha iniziato ad operare la Cargo Drome s.r.l. che attualmente movimenta circa 200 treni all’anno e ha 11 dipendenti.

294 CENSIMENTO UNITA’ LOCALI E ADDETTI PER SETTORE DI ATTIVITA’ ECONOMICA - OSSOLA (tabella 2)

CENSIMENTO 2001 IMPRESE ISTITUZIONI TOTALE Industria Commercio Altri Servizi NUMERO NUMERO NUMERO NUMERO NUMERO ADDETTI ADDETTI ADDETTI ADDETTI ADDETTI

C.M.ANT.FORM.DIVED. 181 1.013 254 661 357 1.020 127 638 919 3.332 C.M.VALLE ANTRONA 50 769 157 387 250 531 50 436 507 2.123 C.M.VALLE OSSOLA 853 4.400 817 2.112 1.008 3.977 261 2.939 2939 13.428 C.M. MONTE ROSA 223 1.462 143 278 235 790 97 200 698 2.730 C.M.VALLE VIGEZZO 45 157 186 343 273 777 90 250 594 1.527

TOTALE GENERALE 1.352 7.801 1557 3781 2123 7.095 625 4463 5657 23.140

FRONTALIERI

C.M.ANT.FORM.DIVED. 397 C.M.VALLE ANTRONA 120 C.M.VALLE OSSOLA 658 C.M. MONTE ROSA 44 C.M.VALLE VIGEZZO 925

TOTALE GENERALE 2144

SITUAZIONE PENDOLARI VERSO MILANO,NOVARA,VERBANIA,OMEGNA circa 2.000 ED ALTRE ZONE. DATI STIMATI

TOTALE 27.284 OCCUPATI

A TUTTO SETTEMBRE 2004 RISULTANO IMPIEGATI N° 192 EXTRACOMUNITARI DI CUI 156 UOMINI TOTALE 67.700 +36 DONNE ABITANTI

Fonte: Regione Piemonte - Provincia V.C.O. - Centro per l’impiego.

295

L’agricoltura, l’allevamento e i prodotti tipici Giacomo Zerbini

L’ambiente ossolano, essenzialmente montano, fornisce tuata nel bacino del Mediterraneo, ma gran parte delle limitate quantità di alimenti provenienti da caccia, pe- tipiche colture mediterranee qui non maturano o ma- sca e produzione spontanea, così che l’uomo vi si è in- turano troppo tardi allorquando il mercato è saturo e sediato solo quando ha potuto esercitarvi l’agricoltura la merce non trova apprezzamento; anche nel raffronto che qui ha assunto le caratteristiche di attività agro-sil- con altri territori montani l’Ossola compare come am- vo-pastorale. biente climaticamente più svantaggiato. L’orografia del- L’espansione più consistente dell’attività agricola, con- la Valdossola evidenzia la disposizione nord-sud della siderata negli aspetti del numero delle persone addet- vallata principale, mentre le vallate principali del Valle- te e dei beni prodotti interscambiati ed esportati, si ri- se, della Val d’Aosta, della Valtellina e parte anche del- tiene debba essere individuata nel primo decennio del l’Alto Adige sono disposte nel senso est-ovest in modo ‘900. Allora l’Ossola produceva in eccedenza per il fab- che un versante è illuminato dal sole nell’intero arco bisogno degli abitanti burro, formaggi, carne bovina della giornata; anche la presenza di vastissimi ghiac- - ovina, caprina, lana, cuoio ed ovviamente legname. ciai a corona dell’Ossola ne influenza negativamente la Per contro la produzione locale di cereali in genere (fru- temperatura media annua che risulta inferiore rispetto mento, segale, orzo, mais, riso) era insufficiente, anche a quelle delle vallate citate. L’Ossola, sorta di triangolo se parte della loro funzione alimentare era coperta dal geografico, è composta prevalentemente da un fondo- consumo abbondante di patate e fagioli prodotti sul po- valle, Anzola-Domodossola-Crevoladossola, in cui ri- sto; la produzione di frutta, verdura, vino, animali di siede oltre il 60% degli abitanti, nel quale corrono una bassa corte veniva tutta autoconsumata; zucchero e sale superstrada, una strada statale, due strade intercomuna- si importavano totalmente. li, due ferrovie (Milano e Novara), un fiume (Toce), in- Stefano Calpini nelle Memorie sulle condizioni dell’agri- sediamenti umani e relative aree per attività civili, reli- coltura e della classe agricola nel circondario dell’Ossola af- giose, scolastiche, sportive, del tempo libero e commer- ferma che nel 1879 il rapporto numerico tra popolazio- ciale. Perciò ora l’agricoltura del nostro ambiente rive- ne urbana e rurale era di 1 a 9. ste una modestissima presenza nel moderno concetto di Oggi tale rapporto non solo si è capovolto ma dalle rile- industria alimentare, ma si evidenzia per altre caratte- vazioni censuarie del 1990 risultava che le persone ad- ristiche e funzioni quali la tutela e la conservazione di dette all’agricoltura a tempo pieno nell’Ossola a sten- un ambiente così come è pervenuto ai nostri tempi, di- to arrivavano al 3% della popolazione attiva, inoltre si fesa del patrimonio boschivo da incendi e salvaguardia calcolava che i beni prodotti dall’agricoltura in Ossola del terreno da dissesti idrogeologici, presenza dell’uomo concorrevano a formare appena il 2% del reddito glo- indigeno che ha capacità, esperienza ed interesse a pro- bale goduto dagli abitanti. muovere nuove iniziative integrate con la tradizione. Nel passato l’uomo si assicurava la sopravvivenza me- Vediamo più in dettaglio l’evoluzione dell’attività agri- diante l’autoconsumo di prodotti agricoli, ne consegui- cola negli ultimi cento anni. va evidente lo stimolo a diversificare al massimo la pro- Popolazione. I 34.719 abitanti dell’Ossola censiti nel duzione fino al limite imposto dal clima. L’Ossola è si- 1879 sono oggi raddoppiati. È estremamente conforte-

297 I vigneti a Pello di Trontano. vole notare che nel 1857 gli analfabeti risultavano ap- Furono, e sono tuttora ben apprezzate dal consumatore pena il 7,3%, vero primato di un servizio sociale che è le patate ottenute in Valle Vigezzo per la gradevole fa- conservato ai nostri giorni. Nel settore prepara i futu- rinosità e la delicatezza del profumo e sapore; la rino- ri agronomi l’Istituto Professionale Statale “E.G. Ca- manza si diffuse fuori Ossola grazie anche alle piccole vallini” di Crodo, orientato all’insegnamento della Sil- scorte che recavano con sé gli spazzacamini vigezzini. vicoltura, Alpicoltura ed Economia Montana; gli allievi Nel 1954 gli agricoltori si organizzarono per la produ- vi accedono dopo la terza media per conseguirvi in un zione di patate da seme ottenendo il marchio ufficiale biennio la licenza di operatori specializzati presso azien- del Ministero dell’Agricoltura. Negli anni 70 il centro de zootecniche montane, e in un quinquennio il diplo- sementiero cessò di funzionare a causa dell’esodo dal- ma di “Agrotecnico” con l’idoneità a dirigere aziende l’agricoltura, del passaggio dei campi ad aree fabbricabi- singole o cooperativistiche montane, all’insegnamen- li, della comparsa di una rara malattia, l’anguillula, che to, allo svolgimento di assistenza tecnica a disposizione si combatte bene solo con la rotazione agraria, pratica delle Comunità Montane, della Regione, dello Stato. agronomica ormai scomparsa dalle nostre zone. Se l’attività agricola non forma più la parte principale La viticoltura - I 759 ettari di campi vignati stimati in del reddito familiare, concorre tuttavia ancora a conso- passato, si sono ridotti a 50. I campi con vite sono pic- lidare il benessere; il fenomeno del “part-time farming” coli terrazzi sostenuti da muri formati da sassi accatasta- è diffusissimo ed appare in espansione. ti a secco e rappresentano un intelligente lavoro di for- Produzioni vegetali - Il seminativo, chiamato an- mazione e conservazione del terreno ottenuto nei secoli che campo, caratterizza l’agricoltura locale per l’ampia con incredibile impiego di forze e fatica umana. gamma di colture che può ospitare. Dei 2105 ettari di In passato i vini ottenuti in talune zone ben esposte cent’anni fa sono rimasti appena 200 ettari di patate e ed in annate favorevoli raggiungevano 11-11,5 gradi al- mais. Sono scomparsi il tabacco, il frumento e la cana- coolici, ma la gran massa del vino prodotto in Ossola pa, stanno per scomparire la segale, l’orzo, il grano sara- possedeva un tenore alcoolico che andava da 9 a 10 gra- ceno ridotto agli ultimi campi a Coimo di Druogno. di e quindi poco serbevole; da taluni vigneti posti ai li-

298 miti climatici della coltura si sono riscontrati i 6-7 gra- di alcolici nel vino non più degno di essere denominato tale ed ecco che a Coimo veniva scherzosamente chia- mato “strafulun”. Raggiunse rinomanza anche fuori Ossola il “Prunent” di Pello di Trontano, vino ottenuto dal vitigno Nebio- lo e quindi di lunga maturazione, imparentato coll’In- ferno ed il Sassella valtellinesi, col Gattinara e col Ba- rolo. Eliminata la malattia fillossera agli inizi del seco- lo mediante l’innesto dei nostri vitigni su piede ameri- cano, i contadini impararono a combattere tempestiva- mente sia la peronospora che l’oidio. Il canonico Nico- lao Sottile nel suo Quadro dell’Ossola pubblicato a No- vara nel 1810 annotava: “l’Ossola ha viti e fa vini anche buoni. Si vendono nelle valli che ne sono prive ma la mag- gior parte si smercia nella Svizzera e nel Vallese”. Ma poi il prodotto a mano a mano è scaduto di qualità a cau- Fiera bovina in Valle Antigorio. sa dell’introduzione non programmata di diversi ottimi vitigni le cui produzioni venivano mescolate senza co- di Torino. Ora assistenza tecnica continua viene fornita noscenze sulle loro affinità. a tutti i soci dell’Associazione Produttori Agricoli Os- Dal 1990 la Comunità Montana Valle Ossola ha avvia- solani, un sodalizio nato nel 1994. E’ stata intrapresa to, in collaborazione con l’Università Cattolica di Pia- quindi un’opera di miglioramento delle produzioni: dal cenza, il recupero della viticoltura con un’azione ten- 1990 ad oggi sono state acquistate tramite la Comunità dente a modificare la forma tradizionale di allevamen- Montana Valle Ossola circa 50.000 barbatelle di cloni to a pergolato, la “toppia”, od anche a sostituirla col si- pregiati, certificate, virus esenti, utilizzate per costitui- stema a controspalliera per meglio fruire della luce so- re circa 40 piccoli vigneti specializzati in grado di for- lare. È stata avviata pure la selezione del vitigno loca- nire produzioni di alta qualità, da 40 a 60 quintali per le, il “Prunent”, in collaborazione con l’Istituto Speri- ettaro. Negli ultimi dieci anni la viticoltura ossolana ha mentale della Viticoltura di Asti e poi col Centro CNR assunto un’importanza sempre crescente, tanto da ca- lamitare l’attenzione anche dei giovani, che si sono av- vicinati numerosi a questo tipo di attività. Dal 1997 una ventina di soci produttori delle zone di Pello, Ma- sera e Crevoladossola, conferiscono una parte delle loro uve Nebbiolo, Croatina e Prunent ad una cantina pri- vata per vinificarle in comune. E dei 50 ettari di territo- rio vignato, stimati in Ossola, almeno 30 sono coltiva- ti proprio dai soci. Attualmente i vini commercializzati con l’etichetta dell’associazione sono il Prunent, il Ba- lòss (pinot nero vinificato in purezza), il Tarlap (Mer- lot monovitigno), il Cà d’Matè (uvaggio di Nebbiolo, Croatina e Prunent), il Noev Bruschett, un vino giova- ne da un uvaggio di Croatina, Nebbiolo e Barbera e il Cà d’Susana (uvaggio di Nebbiolo e Cabernet Sauvi- I vini ossolani. gnon). Questi i dati dell’annata 2003: sono stati pro-

299 zione dei suini. Oggi, parallelamente al rinnovamen- to della viticoltura, è stato avviato un programma d’in- cremento della melicoltura mediante la distribuzione di circa 50.000 piante di mele innestate su portainnesti nanizzanti da impiantare per la costituzione di mele- ti specializzati con forme di allevamento a spindel su modello trentino. Pertanto sono state introdotte varie- tà come la Golden, la Elstar, la Royal Gala, la Red De- licious, la Summered, la Jonagold, la Granny Smith e la Renetta del Canada. La mela ossolana potrebbe quin- di costituire un altro prodotto tipico, ma manca ancora un coordinamento per la sua commercializzazione. Il clima alpino e la qualità del terreno sembrano giocare a favore della coltivazione dei piccoli frutti le cui piante, per godere di buona salute, necessitano lunghi periodi di riposo in ambienti freddi. Il mirtillo gigante, il “vac- cinum corymbosus” originario del Nord America è ora in fase di espansione nella nostra zona. Si tratta di una pianta praticamente immune da funghi, quindi coltiva- bile evitando qualsiasi tipo di intervento antiparassita- rio e funghicida e la sua coltivazione, ideale in un terre- no molto acido, esige anche un buon periodo di fred- do durante l’inverno per poter fruttificare abbondante- mente. Infine, con fragole e mirtilli, non mancano lam-

Mungitura all’alpeggio. poni, more, ribes gialli o rossi, uva spina e l’uva giap- ponese. dotti circa 15.000 litri di Noev Bruschett, 2.500 litri di L’allevamento - Il patrimonio zootecnico, bovino-ovi- Prunent, 5.000 litri di Cà d’Matè, 3.500 litri di Tarlàp no-caprino, costituisce il grande capitale, il grande in- e 240 litri di Pinot nero Balòss. Insomma, la viticoltu- vestimento dal quale l’agricoltore-allevatore trae quasi ra ossolana è destinata ad affermarsi come produzione tutta la remunerazione del suo lavoro; in cento anni ha di nicchia e ad ampliarsi per raggiungere mercati non subito le variazioni seguenti: soltanto locali. anno 1879 La frutticoltura - Quasi tutti i fruttiferi più comuni bovini n. 12.373 - ovini n. 7.369 - caprini n. 14.626 sono diffusi in Ossola quali pero, melo, pesco, ciliegio, anno 1930 albicocco, susino, fico, nespolo ed anche l’actinidia si- bovini n. 16.267 - ovini n. 6.158 - caprini n. 10.824 nensis, ovvero il kiwi, di recente introduzione; il limi- anno 1982 te climatico condiziona in talune annate la pezzatura bovini n. 6.494 - ovini n. 13.750 - caprini n. 9.569 del frutto, ma l’ambiente montano ne esalta sempre il anno 1990 colore e la sapidità. Nel passato l’uomo utilizzava il fo- bovini n. 4.771 - ovini n. 8.707 - caprini n. 8.888 gliame del gelso per l’alimentazione del baco da seta, il Nella primavera del 2004 in Ossola sono stati control- frutto del noce per propria alimentazione e per estra- lati dal Servizio Veterinario n. 743 allevamenti com- zione di olio, il frutto del castagno per alimentazione prendenti 8.044 caprini e 5.488 ovini e, nello stesso pe- propria e del bestiame, nonché la scorza per estrazio- riodo, sono stati controllati n. 347 allevamenti di bo- ne del tannino o il frutto della quercia per l’alimenta- vini, con almeno 3.000 vacche da latte. La presenza di

300 una così modesta quantità di allevamenti significa che a conoscenza dei risultati raggiunti dalla selezione della la popolazione ossolana è dedita per la maggior parte razza di Svitto (l’attuale Bruna Alpina) per la mole dei ad altri settori, secondiario e terziario, diversamente da tori e la quantità di latte prodotta dalle vacche, avviò quanto rilevato dal Calpini nel 1880, allorchè afferma- l’introduzione di torelli via Passo S. Giacomo. va che la popolazione ossolana dedita all’agricoltura e L’incrocio di tali torelli sui nostri bovini suscitò vero in- all’allevamento si aggirava attorno all’80% (su 34.000 teresse ed infatti si diffuse rapidamente; la “nuova” raz- abitanti). Secondo i dati Istat per l’anno 2000 i bovini za venne dapprima chiamata la “razza di Mozzio”, poi totali nella provincia del Vco sarebbero 5.771, i capri- fu accettata come vera e propria Bruna Alpina. E’ stata ni 13.510, gli ovini 10.015, i suini 439, gli equini 941 poi incrociata con la razza Bruna selezionata nel nord- e gli struzzi 61. America detta Brown Swiss per ottenere bovini ancora Ci sarebbe quindi una notevole riduzione dei bovini, più pesanti e più produttivi di latte. cioè degli animali che richiedono maggiori cure e mun- È rimasta famosa nell’ambiente degli allevatori la vacca gitura, e un incremento di ovini e caprini, che richie- Fiera di Ferdinando D’Andrea di Villadossola per esse- dono scarso impegno della manodopera e sfruttamen- re stata classificata nel 1967 “Vice Campionessa Nazio- to sovente incustodito di grandi estensioni pascolive di nale” della Mostra di Verona. proprietà comunale. Mostre, mercati e rassegne sono iniziative per valorizza- Alla fine dell’800 i bovini dell’Ossola si presentavano re e vendere il bestiame mediante classifiche e gare tra con piccola taglia e con mantello pezzato in vari colori; gli animali presenti e attraverso il gran richiamo di alle- ora sono uniformati in una sola razza: la Bruna o Bruna vatori, commercianti e tecnici. E’ ormai nota tra gli ad- Alpina. All’inizio del ’900 Serafino Rolandi di Mozzio, detti ai lavori “Domobruna”, la Mostra Interregiona-

Salumi tipici ossolani.

301 le dei bovini di razza Bruno alpina che si tiene in pri- I prodotti tipici mavera a Domodossola. Nel 2004 la mostra ha inseri- Il formaggio – E’ soprattutto il “Bettelmatt” il formag- to, come novità di prestigio, il 1° Concorso Internazio- gio sul quale gli ossolani hanno riposto speranze di cre- nale di bovini di razza bruna iscritti al libro genealogi- scita e notorietà. Questo formaggio, che ora ha un mar- co, divenendo così di respiro internazionale. Avviata nel chio regolarmente registrato e dal 2003 ha marchiatu- 2002, la fiera si è confermata punto d’incontro annuale ra a fuoco, si produce in sette alpeggi: Morasco, Kastel, tra professionisti del comparto zootecnico ed è la prima Val Toggia, Vannino, Poiala, Forno, Sangiatto ad un’al- mostra internazionale che si svolge in Piemonte. titudine che va da 1800 a 2400 metri. Per quanto riguarda l’allevamento delle capre, gli alle- Il Bettelmatt originale ha sullo scalzo la data di pro- vatori ottengono buone remunerazioni con la vendita duzione e contiene l’indicazione dell’alpeggio di prove- del capretto, del latte e latticini, delle pelli. Ha fruito di nienza. Si tratta di un formaggio ottenuto dal latte cru- buona rinomanza la razza di capre denominata “Valle- do intero di una mungitura, prevalentemente di vacche sana” o “Sempionina” dal mantello pezzato di bianco e di razza Bruna con stagionatura minima di 60 giorni. nero; di buon peso ed ottima lattifera la Vallesana alle- Le forme sono cilindriche, di 4/6 kg. di peso, di colo- vata nell’Ossola è stata venduta nelle province vicine e re giallo oro o paglierino e viene prodotto tra la fine di nel Sud Italia. Ma il gruppo più consistente del patri- giugno ed i primi di settembre. Vengono prodotte circa monio caprino è formato da popolazione meticcia, cioè 3.800-4.000 forme all’anno. di razza non ben definita, con soggetti più piccoli o leg- Più consistente risulta la produzione dell’altro formag- geri idonei a pascolare nei territori più magri ed im- gio, chiamato comunemente “Ossolano”. Attualmen- pervi. La gran massa delle pecore è di derivazione dal- te tutto il latte prodotto in provincia viene destinato, le razze biellese e bergamasca, aumenta di consistenza tranne una piccola quota per autoconsumo, alla trasfor- grazie ai buoni pascoli disponibili perché abbandonati mazione in formaggio e, per quanto riguarda l’Ossola, dai bovini in regresso. L’allevatore vende a buon prezzo in formaggio “Ossolano”. Nella tradizione alpina il for- l’agnello, ma non trova mercato per la lana che nel pas- maggio ha rappresentato una preziosa merce di scambio sato veniva utilizzata direttamente dalle famiglie locali per acquistare prodotti introvabili sul territorio. In pas- per indumenti. L’Ossola è annoverata tra le prime zone sato con i prodotti caseari si pagavano le tasse, si faceva di Italia ove sono state debellate le malattie della tuber- carità, si pagava l’affitto e il burro era considerato re dei colosi e brucellosi pericolose sia per il bestiame che per condimenti, al posto dell’olio d’oliva, prodotto d’im- l’uomo. Anche se, purtroppo, nel 2001 il morbo del- portazione. Questo mondo ormai scomparso, nel quale la bse, la cosiddetta “mucca pazza”, ha infettato un bo- il formaggio era parte integrante dell’economia alpina, vino di razza bruna allevato in Valle Vigezzo: il primo ha lasciato il posto ad una nuova filosofia del prodotto, caso piemontese è toccato proprio ad un allevamento che necessita di ricerche, analisi, valorizzazioni, classifi- di Malesco. cazioni e certificazioni. Insomma, nel nuovo millennio Altri allevamenti – Patrimonio zootecnico a parte, ve- il formaggio “Ossolano” per essere gustoso deve sotto- niamo ora alle novità nel settore. Nel comune di Cre- porsi ad un’analisi tecnico scientifica che ne dimostri la voladossola nel 2003 è stato allestito un impianto di al- buona qualità e sia strumento di supporto per ottimiz- levamento di Helix Pomatia, più conosciuta come lu- zare il ciclo produttivo. Il cosiddetto “progetto di carat- maca alpina, mentre a Ornavasso esiste un allevamen- terizzazione del formaggio Ossolano” è un’opera com- to di gamberi di fiume o, come li chiamano gli esper- plessa, sintesi di tre anni di lavoro di tecnici, divulga- ti, di Austropotamobius italicus. Considerati una specie ta attraverso una pubblicazione a disposizione dei pro- protetta e catalogati dal Wwf nella top ten degli inver- duttori. Si tratta di una ricerca che ha fornito un preci- tebrati italiani a rischio di estinzione, i gamberi di fiu- so orientamento per ottenere il tanto atteso riconosci- me sono un indicatore biologico del buono stato di sa- mento della denominazione di origine protetta (Dop). lute dei nostri torrenti. L’Ossolano, che vanta un’origine antica, dal 1990 può

302 vantare anche un proprio consorzio di tutela, costitui- co nella provincia: il maggior numero di aziende, seb- to da una ventina di soci produttori, che ha istituito un bene per la gran parte operino a livello amatoriale, sono marchio di origine e qualità per la sua identificazione. collocate infatti in queste vallate. L’apicoltura in tut- Nel 1993 il consorzio ha presentato la richiesta di de- ta la provincia del Vco conta 163 aziende, che possie- nominazione d’origine al Ministero dell’Agricoltura; la dono complessivamente 3.787 alveari, ma il potenziale proposta fu accettata nel 1996 dal Comitato naziona- produttivo, secondo gli esperti del settore, sarebbe su- le per la tutela delle Denominazioni di Origine Tipiche periore di quello attualmente conseguito. Le tipologie dei Formaggi. Tutt’oggi, in attesa del riconoscimento di miele prodotte sono molteplici: acacia, millefiori, ti- europeo della Dop, il disciplinare di produzione steso glio, castagno, melata e millefiori di montagna, que- dal Consorzio rappresenta il regolamento ufficiale del sti ultimi ottenuti esclusivamente oltre i 1000 metri di formaggio Ossolano. quota. Dal 1984 è attiva l’associazione produttori api- Le latterie turnarie, chiamate anche sociali al loro sorge- stici delle Vallate Ossolane che impegna oltre 200 soci re nel secolo scorso, sono scomparse per fondersi in sta- ad una produzione di alta qualità. bilimenti specializzati. Le latterie turnarie, cioè centri Il pane - In Ossola il pane nero di segale è legato ad una per la lavorazione del latte ad opera di un allevatore-ca- tradizione antica e negli ultimi anni è stato avviato un saro addetto a turno, vanno ricordate quale altro prima- progetto per ottenere, anche in questo caso, il ricono- to dell’Ossola nel settore; sono sorte tra le prime in Ita- scimento d.o.p., la denominazione di origine protetta. lia ed hanno raggiunto la maggiore diffusione capillare Fino a pochi decenni fa il pane bianco di frumento ap- in tutti i centri abitati rispetto ad altre zone dell’arco al- pariva di rado sulla mensa degli ossolani, mentre il pane pino ed hanno contribuito alla formazione di abitudi- nero a base di farina di segale - abbondante grazie alle ni alla cooperazione. Nell’aprile del 2002 è stata inau- coltivazioni in loco - non mancava mai. Il pane veniva gurata a Oira di Crevoladossola la struttura che ospi- cotto all’inizio dell’inverno nel forno comune del pae- ta il nuovo caseificio ossolano. La nuova Latteria Socia- se ed era una festa alla quale partecipavano intere fami- le Antigoriana è frutto dell’impegno assunto congiun- glie che si assicuravano così il pane per almeno sei mesi. tamente da quattro comunità montane interessate: Val- Nell’Ottocento Orazio de Saussure, nel libro “Voyages le Ossola, Valle Antigorio-Divedro-Formazza, Antrona dans les Alpes” scrisse che gli abitanti “... si nutrono solo e Monterosa, che hanno scelto di concentrare gli sfor- di latticini e di pane di segale che cuociono sei mesi o ad- zi in un progetto unico, evitando la frammentazione dirittura un anno prima e che si può tagliare solo per mez- in caseifici minori. Nel 2002 il caseificio lavorava circa zo di una scure”. Oggi le pagnotte escono dai forni di al- 30.000 quintali di latte ritirati annualmente ai circa 70 cuni panettieri con frequenza quasi quotidiana, ma re- soci, pari a oltre il 70 per cento dell’intera produzione stano soffici e fragranti per diversi giorni, a differenza provinciale. (Questi e altri dati sulle nuove attività agri- del pane bianco che s’indurisce in breve tempo. Accan- cole e sull’entità della loro produzione sono stati tratti to al pane nero, apprezzato è anche il famoso creden- da articoli apparsi in questi ultimi anni su testate gior- zitt (o cradenzin), che anticamente veniva cotto in oc- nalistiche locali, a firma di Paola Caretti). casione delle feste o importanti ricorrenze. Il credenzitt Il miele - Anche l’apicoltura ha seguito le vicende di è una sorta di pane rituale dolce e si può gustare in tutte altri settori, cioè larga diffusione nell’800 e inizi ‘900, le sue varianti, che racchiudono nel suo impasto noci, calo di interesse nell’ultimo dopoguerra, attuale rilan- uvetta e fichi secchi. cio degli allevamenti. Si ottiene un ottimo miele per il Erbe Aromatiche e Officinali – Nel 1997 la Comu- consumo diretto proveniente prevalentemente dal net- nità Montana Valle Cannobina ha avviato un progetto tare dei fiori di castagno, o altro miele più pregiato pro- di sperimentazione per la coltura di erbe officinali con veniente dai fiori alpini ove predominano le piante aro- tecniche produttive biologiche. Nel 2002 è nata l’as- matiche. Le valli Antigorio e Formazza, e l’Ossola in ge- sociazione “Erba Bona del Vco” che raggruppa i tutti nere, rappresentano il punto di forza del settore apisti- i coltivatori, con lo scopo di contribuire alla diffusione

303 Il pane nero di Coimo. Forme di bettelmatt in stagionatura. di questo tipo di coltivazione nel territorio montano, e li ed i boschi monopolizzeranno sempre più il concetto che ha prodotto e commercializzato una particolare ti- di “risorsa” nel territorio montano, risorse che potran- sana composta da melissa, menta, salvia e lippa. no interessare anche allevatori e imprenditori non resi- Carni e Salumi – Un’ampia varietà di carne è prodotta denti. Si sta infatti scardinando l’ordinata integrazio- in Ossola. Dopo i tradizionali salumi, da non dimenti- ne tra le ristrette aree di seminativo dei fondovalle con care la pancetta, il prosciutto crudo affumicato, la bre- prati, prati-pascoli e pascoli degli altipiani, fra le piccole saola, il lardo, la mocetta, i violini di agnello, di camo- proprietà private dei terreni coltivati e la proprietà co- scio e di capra. Insieme ai prelibati e numerosi insac- munale dei pascoli e dei boschi, fra le attività primarie cati prodotti in Ossola, merita un cenno la mortadel- e quelle derivate. la, che è da poco entrata a far parte dei presidi di Slow Si ripropongono i soliti problemi però in forma nuova: Food. Si tratta di un prodotto realizzato con le carni turismo, artigianato, penetrazione di massa, tutela del crude di suino alle quali si aggiunge una piccola per- paesaggio, territorio inteso come città-regione, ecc. Per- centuale di fegato e in alcuni casi vino tiepido insapo- ciò l’intervento pubblico, che finora ha privilegiato la rito da spezie, una sorta di vin brulé. Il tutto viene in- montagna quale sede ideale di foreste e di equilibri fra saccato nel budello del maiale. Segue una stagionatura vegetazione, acque e terreno, si è orientato, secondo le di circa due mesi. richieste reali dei montanari, a promuovere la perequa- Tendenze attuali e prospettive. I terreni seminativi ed zione dei redditi e dei servizi sociali fra zone montane e i prati di fondovalle sono destinati ad ospitare gli in- territorio nazionale. sediamenti abitativi, le vie di comunicazione, le attivi- In tale prospettiva l’uomo non abbandonerà la mon- tà produttive non agricole e ricreative. Sui pascoli più tagna, ma vi permarrà per esercitare le più diversificate impervi si ridiffonderà il bosco. Le foraggere dei pasco- attività unitamente all’agricoltura.

304 L’artigianato e il commercio Paola Caretti

L’artigianato tipico ossolano nel corso dei secoli ha sa- tori e dimore signorili, con una produzione che in alcu- puto modificarsi. Dalla iniziale produzione di oggetti ni casi sarebbe riduttivo definire meramente artigianale. destinati a proprio consumo, forgiati utilizzando i limi- (…) Dell’intaglio e della scultura lignea delle nostre val- tati materiali disponibili, ben presto diventò un’attività late si è scritto poco. Studi approfonditi sono stati avviati prevalente che consentì alle genti di montagna di garan- solo negli anni 60 dal prof. Bertamini il quale si è occupa- tirsi una fonte di entrata, seppur modesta, attraverso la to dei Merzagora di Craveggia, del Gualio di Antronapia- commercializzazione dei manufatti sui principali mer- na, del de Bernardis di Buttogno e del Lanti di Macugna- cati. In alcuni casi, l’artigianato fece un salto di qualità ga…” 2. La sapienza degli artigiani del legno si traman- e divenne una vera e propria forma d’arte. da tutt’ora di padre in figlio, sebbene ormai siano sulla La pratica della lavorazione del legno in Ossola si perde via di estinzione le antiche tecniche di confezionamen- nella notte dei tempi. Di facile reperibilità nei boschi, to di gerle, zoccoli, rastrelli o attrezzi vari. Uno degli ul- il legno rappresentò la materia prima per intagliare og- timi sciviràt (gerlai) svelando i segreti della pratica arti- getti di uso quotidiano o per mettere in opera creatività, gianale, afferma che i legni di castagno, nocciolo e be- fantasia, arte. In epoche remote grande commercio do- tulla, che servono per la sua attività “vengono raccolti, se- vevano avere i bravi artigiani del legno se, come sappia- guendo la tradizione locale, durante la luna calante, per mo “vi era un singolare diritto di decima che aveva l’arci- evitare i tarli e, quando non fosse possibile lavorarli subi- prete di Domodossola sui lavori in legno che venivano por- to, devono essere conservati in luogo umido e fresco, legati tati a vendere sul mercato (di Domo) dai vigezzini (…) in fasci ed appiattiti”. 3 Una volta all’anno l’incaricato dell’arciprete si faceva con- Le scarpe vigezzine portano in giro per il mondo un segnare la così detta “Collaria dei legnami”, la decima cioè pezzo di storia delle genti ossolane; le calzature sono di tutti i lavori in legno, elencati in alcuni inventari ed state anche compagne di viaggio degli intraprendenti evidentemente venduti al mercato del sabato: scodelle, cuc- spazzacamini che partirono numerosi dalla Valle Vigez- chiai e mestoli di legno, rastrelli, gerli, caule, e perfino mo- zo alla volta di Francia, Germania, Austria o Svizzera, bili come letti e armadietti di uso comune. Verso la fine del alla ricerca di canne fumarie da raspare, armati di tutti ‘600 questa decima venne concordata in danaro”.1 Dal- gli attrezzi del mestiere. Naturalmente tra i rari ogget- l’artigianato all’arte, il passo non è breve, presuppone ti personali non mancavano le calzature confezionate in doti eccelse, sapienza, abili mani e senso estetico. Così casa con brandelli di stoffa d’avanzo. In montagna tut- nei secoli si affermarono artisti a tutto campo, molti dei to è prezioso e la vita quotidiana spesso si trova a dover quali originari proprio della “valle dei pittori” che seco- fare i conti con la povera economia rurale, in cui vige la li fa avrebbe potuto essere definita “valle dei ‘maestri le- legge del nulla si distrugge. Così, tra realtà e leggenda, gnamari’ a causa del proliferare delle scuole d’intaglio che, sono nate le celebri scarpe “Vigezzine”, create inizial- a partire dal 1400 (ma fiorente attività artigianale della mente come prodotto puramente artigianale e funzio- lavorazione del legno esisteva in loco da prima del XII se- nale alle ristrettezze monetarie di casa, ed ora divenu- colo), si imposero in tutta l’Ossola contribuendo notevol- to accessorio ricercato e alla moda. A continuare l’anti- mente all’arricchimento ed all’abbellimento di chiese, ora- ca tradizione è un abile artigiano di Domodossola che

305 Le calzature “Vigezzine”. da oltre vent’anni le produce e commercializza. I paviui napiana, venivano tagliate e cucite insieme con grossi pun- o scufùn o peduli, come venivano una volta chiamate ti, in modo da formare le coperte da letto “kwèrte”. Da un le scarpe, sono ora realizzate con una tomaia in vellu- ‘Censimento delle comunità di Vila’ del 1848 risulta che a to trapuntato e imbottito, mentre l’interno è in tessu- Villadossola vivevano e lavoravano due tintori e tredici tes- to stile provenzale. I colori sono gli stessi che si possono sitori. (…) Le operose donne antronesi nei ritagli di tem- trovare sulle pendici dei monti: il verde del sottobosco, po che concedeva la dura vita agreste, oltre a confezionare il bordeaux delle foglie autunnali, il marrone delle cor- gli indumenti necessari alla famiglia riuscivano a lume di tecce e comprendono una vasta gamma cromatica, tinte candela a ricamare a puncetto, a punto croce ed a tessere le che hanno ispirato nei secoli i famosi pittori della scuo- loro preziose coperte”.4 Le donne si dedicavano alla fila- la d’arte della valle di provenienza. tura in periodo invernale. La canapa era coltivata in ab- Un altro prodotto artigianale, che tutt’ora si confezio- bondanza e il filato che le donne ne ricavavano, avvolto na con moderni telai, è la tradizionale pezzotta multi- in matasse e lavato con bollitura in acqua e cenere, veni- colore, utilizzata come singolare tappeto. La pezzotta va sciacquato al lavatoio e poi avvolto in gomitoli. sembrerebbe prendere spunto dalle kwèrte, le coperte “L’ “urdi” montato su telaio poteva essere di cotone o cana- di lana infeltrita e ordito in canapa che le paesane tes- pa; veniva unto con la bozzima, impasto di farina di ca- sevano sui propri telai in periodo invernale. “Nella pri- stagne e fagioli cotti nel grasso, operazione necessaria affin- ma metà dell’Ottocento la lana filata, lavata, pesata, por- chè il filo non si sfacesse. Una specie di appretto era fatto tata dalle donne a piedi, nel gerlo fino a Villadossola o alla anche con cruschello di grano bollito in acqua. Terminata frazione della Noga, veniva sottoposta a tessitura e follatu- la tela veniva messa al sole per imbiancare. Se l’ordito era ra. Dopo questo trattamento le pezze, riportate ad Antro- di cotone la tela era chiamata da “fign” (fine); se era di ca-

306 napa la tela da “gross”, più rustica, veniva usata per pa- esercitò la filanda di Francesco Maffioli e figlio che, nel gliericci”.5 Secondo alcuni dati, forse non del tutto com- 1883, impiegava 16 operai e produceva 4 quintali di fi- pleti considerata l’esistenza di numerosi telai di casa, lato. Per avere un’idea di questa pratica, che da artigia- nel 1889 erano in funzione in Ossola circa 180 telai nale divenne quasi industriale, basti pensare che nel pe- (solo Baceno e Premia ne contavano 80) più 31 nell’Os- riodo migliore un normale raccolto di bozzoli nell’alta sola Inferiore. Tutto sommato la lavorazione della lana, Ossola si aggirava intorno ai 4000 kg., mentre nell’Os- del cotone, del lino e della canapa era di tipo casalingo sola Inferiore superava i 15.000 kg. Era stata anche se- e serviva più all’autoconsumo che alla vendita. Occorre lezionata una razza speciale di bachi, detta appunto ‘os- attendere il 1900 per assistere alla nascita di uno stabili- solana’, pregevole per la finezza della seta che se ne rica- mento industriale nel settore tessile. La Società Anoni- vava. Verso la fine dell’Ottocento scomparvero del tut- ma Jutificio Ossolano nacque a Villadossola nel luglio to le filande e gli allevamenti dei bachi continuarono, del 1900 e arrivò presto ad occupare 350 addetti, per la in misura notevolmente ridotta, fino al 1920, per poi maggior parte manodopera femminile. scomparire del tutto. E a proposito del ricamo, in tutte le vallate del Rosa le La lavorazione del peltro portò numerosi ossolani a cer- montanare usavano dedicarsi alla creazione di un parti- care fortuna all’estero, girando per l’Europa con ogni colare e laborioso merletto, il puncetto, realizzato con genere di mercanzia. Le prime testimonianze di que- punti a nodi. Accanto ai più conosciuti merletti valse- sta emigrazione massiccia risalgono al 16° secolo e, de- siani, scopriamo che anche la valle Antrona si dedica- stinazione degli artigiani venditori ossolani, era soprat- va alla fine trina ad ago, in particolare le donne di An- tutto l’area tedesca e francese, in cui la cultura del pel- tronapiana che lo applicavano su tovaglie, lenzuola e tro si era guadagnata notevole spazio tra i costosi ogget- sulle camicie sia maschili che femminili. Ad Antrona ti in argento e quelli in legno, di maggiore deperibili- l’arte del puncetto, chiamato anche punto alpino, ebbe tà. Nel XVIII e XIX sec. alcuni emigrati ossolani erano grande fioritura all’inizio del ‘900 quando la moglie di diventati veri produttori, che davano garanzia di quali- Carlo Nigra, architetto e storico dell’arte di Miasino, vi tà imprimendo sugli oggetti un proprio marchio perso- fondò una scuola di ricamo. nalizzato. Tra le famiglie più antiche si ricordano i Tri- Un’altra scuola, quella di fabbricazione dei merletti isti- velli, i Sartoris, i Molo e Plino di Varzo, e poi ancora le tuita nel 1870 a Bognancodentro da Gian Giacomo famiglie Alasia, Beltrami, Bozzo-Bey, Dell’Ava, Dresco, Galletti, ebbe minore fortuna: non ebbe seguito e morì Giovanna, Nante, Prini, Pellanda, Della Bianca e Ferra- sul nascere tra l’indifferenza delle ragazze della valle alle quali era dedicata. Dopo la metà del Settecento molto diffuso nella Bassa Ossola era anche l’allevamento dei bachi da seta, che ebbe il suo apice verso il 1820. Nel 1768 esisteva a Pie- dimulera una fabbrica per la filatura dei bozzoli di pro- prietà di un certo Francesco Antonio Falcini, ma già nel 1811 le fabbriche erano diventate quattro, una a Vogo- gna e tre a Mergozzo. Intanto anche l’Alta Ossola svi- luppò la coltivazione dei gelsi e si dedicarono a tale at- tività le genti di Varzo e Crodo: la bachicoltura diven- tò quindi un settore redditizio e promettente, conside- rata anche l’alta qualità del prodotto fornito. La filanda costruita a Vogogna da Francesco De Regibus contava, nel 1854, dodici fornelli e una cinquantina di persone impiegate; a Domodossola, invece, tra il 1865 e il 1871 Ceramista al lavoro.

307 giani. Così le ceramiche dal sapore antico hanno ripre- so vita, ripulite dalla polvere del ricordo, sotto la quale sono rimaste sepolte a lungo. E grazie all’agile lavoro di mani esperte che lavorano l’argilla, è possibile guardar- si indietro, verso un angolo di mondo dell’Ossola otto- centesca: il paese di Premia. Da questo piccolo comune della Valle Antigorio, nel lontano 1808, il parroco don Giovanni Bartolomeo Toietti fondò la prima fabbri- ca, che continuò la sua produzione con grande fortuna fino al 1862. Nel 1819 l’attività fu rilevata dall’esper- to vasaro comasco Domenico Baronio, che diede vita ad un’intensa produzione di acquasantiere, calamai, al- zate, brocche e vasi ornamentali fino al 1862, data del- la chiusura dell’attività. In cinquant’anni, la maiolica lasciò comunque un segno tangibile nella storia di Pre- mia. Alla qualità del prodotto si affiancava una gran va- rietà di articoli che andavano a sostituire i peltri e i ma- nufatti in legno utilizzati nelle case ossolane. Piatti, cio- tole, marmitte, insalatiere, zuppiere, ma soprattutto le classiche boccaline di ogni misura erano oggetti nuo- vi che segnavano l’inesorabile declino delle vecchie sto- viglie. Il materiale base per la loro produzione, l’argil- L’arte dello sbalzo. la, veniva estratto lungo il torrente Alfenza, nei pressi di ris; tutti apponevano un proprio sigillo sugli oggetti per Viceno e poi trasportato a dorso di mulo fino alla for- certificare l’alta qualità della lega. I prodotti andavano nace. Dosando il materiale con una percentuale di cao- dagli oggetti sacri (calici, candelabri, reliquiari), a quel- lino, don Toietti riuscì ad ottenere una base ottimale. li di uso quotidiano (lampade, scatole, calamai, posate Ma ciò che maggiormente attrae in queste ceramiche e boccali). “Dai primi anni dell’800 prodotti in terraglia sono le decorazioni, fatte di abbondanti fioriture con o porcellana soppiantarono gli oggetti in peltro che, verso ornati del colore del cielo e della terra: principalmente la fine dell’800, scomparvero quasi del tutto dall’uso quo- di colore blu e marrone, ma anche ocra o rosso vinac- tidiano dopo secoli di splendore”.6 cia. Sono tinte calde, parole per un linguaggio artisti- Altro mestiere affascinante che coniuga arte e abilità co senz’altro non estremamente raffinato o accademico, manuale si sostituì quindi all’abile tecnica dei peltrai. ma semplice e di buon gusto. L’antica arte delle ceramiche in Ossola risale agli ini- Il lucido rame, accanto alle pezze di tela di casa, era zi dell’Ottocento, ma ancora oggi, a distanza di due se- considerato non soltanto oggetto utile per la cucina do- coli, troviamo artigiani che ricalcano gli antichi model- mestica, ma anche utensile da mettere in mostra. Il Baz- li di buona fattura, creando articoli unici e ben diver- zetta ricorda le botteghe artigiane della Domodossola di si dalle produzioni su vasta scala che ingombrano le no- fine Ottocento in cui si potevano ammirare “le lucenti stre case. Sono manufatti con fondo bianco e decora- padelle, i parjoeu rutilanti, i bronz orgoglio delle famiglie zioni azzurre e marroni, con un tratto apparentemente antiche; in un angolo era la tipica fucina del ramaio, col semplice e originale, che rende le ceramiche ossolane ri- largo camino a cappa, dove salivano le scintille” 7. conoscibili anche dai meno esperti: una testimonianza Nel 1882 Domodossola contava ben 26 fabbri ferrai e della tradizione artigianale esportabile anche fuori dai 5 maniscalchi. Nelle botteghe dei fabbri non mancava confini, grazie anche al lavoro di recupero di alcuni arti- l’olio di scorpione, utilizzato contro le scottature, e nel-

308 la boccetta di unguento naturalmente faceva mostra di no di una fabbrica di oreficeria sita in Masera, fondata e sé il temibile insetto. Il ferro battuto per la creazione diretta dai fratelli Nicolaj, che impiegò una cinquantina di oggetti decorativi compare nel XIX secolo, affiancan- di operai; uno di questi, certo Renzo Azzali, ancora intor- dosi, e poi sostituendo, la vecchia produzione di ferri di no agli anni ’30 esercitava la professione in una casa a Va- cavallo, chiavistelli e serrature. E’ di epoca più recente gna: nel suo laboratorio la saldatura in oro era ancora ese- l’arte del metallo sbalzato, avviata nel secondo decen- guita soffiando con la bocca in un tubetto di ottone fatto a nio del ‘900 da un fabbro vigezzino, Remigio Covetta. tromba, utilizzando una lampada a petrolio il cui stoppi- Partendo da una lastra di metallo - di rame, ottone o al- no emanava una fiamma giallognola e fumo nero”.9 Oggi, pacca – l’artigiano creava oggetti diversi, in particolare seguendo antichi modelli, sono nati nuovi gioielli: tra piatti e vassoi. La decorazione, che consisteva nella sola i più richiesti vi sono gli orecchini delle valli e, in par- martellatura, era impreziosita da disegni che si rifaceva- ticolare, la fede ossolana in oro rosso, una riproduzio- no ad antichi oggetti rustici della valle8. ne originale del XVIII secolo sulla quale sono cesellati La lavorazione del vetro raggiunse notevole sviluppo: quattro simboli: la stella alpina rappresenta la purezza, agli inizi dell’Ottocento fu infatti aperta a Crevolados- il grano saraceno significa abbondanza e prosperità, i sola la fabbrica dei soci Minetti e Morgantini che, ben nastri intrecciati sono emblema di perpetuità nell’unio- presto, divenne una delle più rilevanti del Regno Sa- ne e le mezze sfere augurio di prolificità. baudo, esportando prodotti anche nella zona di Mode- Certamente la carrellata sull’artigianato ossolano po- na, Parma e nella Svizzera italiana. Nel 1856 la vetreria trebbe continuare, se volessimo ricordare anche i nu- occupava 160 operai, per la maggior parte manodope- merosi calzolai, carradori, bottai, scalpellini (per i qua- ra tedesca. li si rimanda al capitolo dedicato alla pietra), materas- Sulle piccole attività di lavorazione di candele sappia- sai, restauratori e decoratori, per arrivare ai più moder- mo che nel 1840 ne esistevano quattro a Domodosso- ni fotografi. la e due a Pallanzeno. Nel corso dell’esposizione inter- Ma sembra doveroso concludere il lungo elenco con nazionale di Milano del 1881, la ditta Luigi Maffioli una tipologia di artigiano - impresario che ha permesso di Domo, produttrice di candele di cera e di sego, cera di conservare la memoria di quanto ci ha preceduto e di vergine e sego in pani, fu premiata con medaglia d’ar- tramandarla intatta fino ai nostri giorni : il tipografo. gento. Questa attività fu avviata per la prima volta a Domo- Notevole rilevanza nei secoli ebbe la concia delle pelli, dossola nel 1837 dai soci Coda e Bedoni, seguiti poi da testimoniata dalla via tuttora esistente nel centro stori- Giuseppe Vercellini di Pallanza. Una seconda tipogra- co di Domodossola, la via delle Concerie dove, nei pri- fia fu aperta nel 1851 da Giuseppe Calpini di Vanzo- mi Novecento, esisteva una fiorente attività di France- ne e diretta dall’esperto Antonio Porta di Domodosso- sco Maffioli e figlio. Necessitando di molta acqua, le la, personaggio quest’ultimo che segnerà la storia della concerie erano collocate in prossimità della Roggia dei stampa ossolana. Nel 1856 il Porta divenne proprieta- Borghesi: nel 1813 se ne contavano 12 nel solo terri- rio della tipografia, che condusse abilmente per altri 36 torio domese e nel 1889 le quattro esistenti occupava- anni, fino alla sua morte. L’attività continuò per tutto no una cinquantina di operai e producevano prevalen- il Novecento e chiuse definitivamente i battenti intor- temente suole e tomaie. A fine Ottocento esisteva a Pie- no agli anni ’90. Intanto, nel 1896, si ritagliò uno spa- dimulera la conceria di Ferdinando Pirazzi Maffiola che zio la Tipografia Ossolana dei fratelli Allegra di Vagna; impiegava 18 operai. nel 1908 approdò in Ossola, dal Cusio, la Cartografi- Antiche stampe e ritratti documentano l’esistenza di ca dei fratelli Antonioli, Caccini e C. e nel 1919 parti- monili forgiati di metallo nobile già in epoche antiche; rono le macchine da stampa della Tipografia Zonca. La gioielli, orecchini e anelli finemente cesellati, sottoli- vivacità culturale di quegli anni, evidentemente, richie- neavano l’eleganza semplice delle donne ossolane. “No- deva l’esistenza a Domodossola di ben quattro tipogra- tizie storiche non scritte ma tramandate a voce testimonia- fie. Altri tempi!

309 Il commercio teggia Ida Braggio: “Le contadine che al sabato scendono Il mercato settimanale di Domodossola fu il principa- dal monte coi prodotti del caseificio, dell’orto e del pollaio le centro di smercio per tutti i prodotti artigianali creati s’allineano di buon mattino in due file in mezzo al piaz- dalle mani abili dei maestri ossolani e dei loro appren- zale; nei gerli odorosi di maggiorana e salvia e nei bianchi disti. Lo storico Tullio Bertamini ipotizza che le due fa- cestelli dispongono i bei pani di burro fresco, i formaggi, le zioni che, dal 1200 al 1500, si combatterono aspramen- uova, i grossi asparagi, gli spinaci montani ed in primave- te, ovvero gli Spelorci e i Ferrari, non fossero altro che ra mazzi di mughetti e di viole”.12 “due corporazioni o associazioni di artigiani che attraver- Oggi l’artigianato rappresenta una risposta spontanea so il potere politico tentavano di accrescere i propri interessi al calo delle prospettive occupazionali e alla crisi indu- economici”.10 Ancora oggi lo “spettacolo” del mercato si striale; in Ossola si registra un incremento, moderato ripete. Oggi come allora, da epoca immemorabile: sem- ma costante, nel numero delle attività che, nell’anno bra infatti che ancora prima dello storico anno 917, in 2000 secondo i dati d’archivio dell’Albo delle Impre- cui pare che l’imperatore Berengario I abbia concesso il se Artigiane, risultano 1.863, di cui 460 nel solo capo- diritto di tenere il mercato nel sabato di ogni settima- luogo. na in Domodossola, già esistesse un luogo di scambio di Alterne fortune ha vissuto negli anni, invece, il setto- prodotti. “Anche prima dell’era cristiana esisteva un mer- re commerciale: il progressivo e graduale spopolamen- cato nella capitale ossolana, dove artigiani, allevatori, con- to delle montagne costringe i gestori delle attività de- tadini e mercanti proponevano i propri prodotti ed erano centrate a chiudere i battenti, mentre i piccoli negozi vendute e comperate merci non solo di provenienza locale, di città devono fare i conti con le grandi catene di di- ma anche lontana. I reperti archeologici ed in particolare i stribuzione che installano centri commerciali di ampie corredi tombali ossolani ci convincono che questo commer- dimensioni nell’immediata periferia del capoluogo. At- cio non solo esisteva, ma dovette essere fiorente”. 11 tualmente in tutta l’Ossola il commercio al dettaglio, Luogo d’incontro e appuntamento irrinunciabile, il secondo i dati aggiornati della Camera di Commercio, mercato rappresenta tuttora il lato più vivace della cit- conta 1.119 attività per un totale di 1.539 addetti e tà, nonostante abbia perso quel suo sapore caratteristi- il commercio all’ingrosso conta 328 localizzazioni per co, uniformandosi e globalizzandosi come vuole la mo- 434 addetti. A contendersi i clienti troviamo addirittu- derna società. Eppure ‘soltanto’ mezzo secolo fa i bei ra 140 tra supermercati, ipermercati, minimercati, di- paesani con i loro genuini prodotti animavano la piazza scount e grandi magazzini, 29 dei quali situati nel solo e riempivano l’aria di profumi d’alpeggio. Così li trat- comune di Domodossola.

Bibliografia - Artigianato Ossolano, ed. Comunità Montana Valle Ossola 2004 - Industrializzazione e movimento operaio in Val d’Ossola, Umber- - L’Ossola nell’età moderna, Renzo Mortarotti, ed. Grossi, Domo- to Chiaramonte, ed. Franco Angeli, Milano 1985. dossola 1985 - Storia di Domodossola e dell’Ossola Superiore, Nino Bazzetta de - La nostra vecchia Domodossola, Nino Bazzetta de Vemenia 1933. Vemenia, 1908 (ripr. anastatica ed. Rizzardi, Domodossola 1978) (ripr. anastatica ed. Grossi, Domodossola) - Ossola. Storia, arte e civiltà, Fondazione Enrico Monti, Anzola - Immagini dell’artigianato ossolano, Ass. Artigiani dell’Ossola, ed. 1993 Grossi, Domodossola 1998 - La civiltà del legno in Val Vigezzo, Benito Mazzi, ed. Comunità - Artigianato Piemontese, Istituto Geografico De Agostini, Nova- Montana Valle Vigezzo 2000. ra 1978 - D… come Domodossola, Paolo Bologna e Franco Ferraris, ed. - I racconti del nonno, Marino Ferraris, ed. Rizzardi, Domodosso- Eco Risveglio, Domodossola 1985 la 1999 - Guida storico-turistica all’artigianato del Novarese e del Verbano - Bachi da seta, gelsi e filande nelle due Ossole, Renzo Mortarotti, Cusio Ossola, a cura di Renzo Fiammetti, ed. Interlinea Novara Bollettino Storico Provincia di Novara 1984

310 - Il puncetto, catalogo della 7a rassegna di cultura materiale, Antro- 5 Cesarina Masini Chieu, Oscellana n.4/1985, pagg. 218-219 6 napiana 1985 “La via del peltro”, Le Rive, VII 1993. 7 “La nostra vecchia Domodossola”, Nino Bazzetta de Vemenia, 1933, pag. 38, ristampa anastatica Grossi Note 8 “L’arte dello sbalzo in Vigezzo”, Benito Mazzi, in Novara n. 1 Tullio Bertamini, Piazza Mercato di Domodossola, Lions Club, 1/1987, pagg. 59-74 1990 9 “Ossola: un paradiso a portata di mano”, ed. Comunità Montana 2 Benito Mazzi, Civiltà del legno in Val Vigezzo, Comunità Monta- Valle Ossola, 1989 na Valle Vigezzo, 2000 10 “Immagini dell’artigianato ossolano”, ed. Grossi, pag. 12 3 Rina Chiovenda Bensi, “Intervista ad uno “sciviràt”, Oscellana, 11 Tullio Bertamini, op. cit. pag. 9. n.1/1998 12 Ida Braggio Del Longo, Piccolo mondo ossolano, 1949, pag. 335. 4 Rina Chiovenda Bensi “Le kwèrte di Antonapiana”, Oscellana n. 1/1997

Lavorazione artistica del vetro.

311

L’Energia Idroelettrica Ettore Radici

Cenni storici tenza. Nell’alta val Formazza, si costruisce nel 1922 la La valorizzazione nella nostra Provincia delle risorse diga del Vannino ed il sottostante impianto di Valdo e idroelettriche per uso collettivo su grande scala, ha ini- nel 1925 Crevola Toce nella bassa valle. zio nei primi anni del ‘900 e nell’Ossola vede come uno Sempre a metà degli anni 20 la Edison dà l’avvio allo dei principali protagonisti l’imprenditore milanese ing. sfruttamento idroelettrico della valle Antrona, con la Ettore Conti (1871-1972). centrale di Pallanzeno (26) e di Rovesca con i tre ser- Appena laureato entra nel 1895 nella soc. Edison, allo- batoi di Cavalli (26), Antrona (26) e Campliccioli (28) ra impegnata nello sfruttamento idroelettrico dell’Ad- mentre è del 1930 la centrale di Campliccioli coi suoi da, ma già nel 1898 si rende autonomo fondando una due serbatoi di Cingino e Camposecco, tutti costruiti sua società, la soc. Imprese Elettriche Conti che tutta- dall’impresa Pedruzzi di Olgiate Olona. via, in uno scenario imprenditoriale molto dinamico, La fusione del 1926 della Conti con la soc. Edison, am- sarà dapprima compartecipata dalla Edison nel 1912 plia ulteriormente gli orizzonti e consente la costruzio- (azionista di maggioranza) e poi assorbita nel 1926. ne nel 28 di Cadarese, che soppianta Foppiano e nel 33 In questi primi anni del ‘900 la sua attenzione è attratta di Ponte nuovo salto Vannino e salto Toggia con la co- dalla val d’Ossola, in particolare dalla valle del Devero e struzione dell’omonima diga. dall’alta valle del Toce, dove esegue personalmente pro- Occorre qui ricordare che di questi primi impianti, si spezioni e sopralluoghi, che lo porteranno ad imposta- è conservata generalmente la struttura architettonica re la base dell’attuale struttura produttiva che sarà poi mentre il macchinario e le derivazioni idrauliche hanno completata dalla Edison subentrata successivamente e subito successive modifiche ed ampliamenti. gradualmente ad altre società minori. Nei suoi progetti, Con la seconda guerra mondiale si dà un forte impulso è già ampiamente sviluppato il concetto di avere grandi all’autonomia energetica ed è così che nel 41 si inaugu- serbatoi di testa sulle principali aste idrauliche per com- ra Calice, mentre nel 38-40 viene costruito l’attuale im- pensare la diversa idraulicità nell’anno. pianto di Goglio col sovrastante serbatoio di Agaro, la Il primo impianto ad entrare in esercizio è quello di nuova derivazione di Ponte salto Morasco, con la rela- Foppiano, nel 1909, con una potenza di circa 7,5 MW. tiva diga e Fondovalle. ll sovrastante impianto di Mora- Nel 1910 nella vicina valle del Devero entra dapprima sco e la diga dei Sabbioni potranno essere costruiti solo in servizio Goglio vecchia con circa 15 MW e successi- nel 49-53 a guerra ultimata. Ultimo degli impianti sto- vamente nel 1912 la diga di Codelago, poi sopraeleva- rici è Crevola Diveria (60), in cascata sotto Varzo. ta nel 21, mentre è del 1915 Verampio posto in cascata Merita qui un cenno particolare la figura dell’architet- e con la stessa potenza. to P. Portaluppi che curerà per Ettore Conti dal 1910 Nel 1911 un’altra società, la Dinamo, costruisce l’im- al 1930 l’aspetto civile ed architettonico dei principa- pianto di Varzo ed il correlato serbatoio dell’Avino, poi li impianti (Crevola, Verampio, Crego, Cadarese, Val- sopraelevato nel 1916. do, Sottofrua) nonché dell’albergo della Cascata Toce e Nel pieno della prima guerra mondiale, nel 1917, viene di alcune ville (Baceno e Ponte) caratterizzando il tutto costruito l’impianto di Crego con circa 10 MW di po- con uno stile molto particolare di arte Decò.

313 La centrale di Pallanzeno.

Dei primi anni ‘30 è sua l’iniziativa del rifugio-risto- ci, a 40 GW circa. A livello provinciale la prima strut- rante, pensato e realizzato all’interno di due vagoni fer- tura, di maggiori dimensioni, gestisce i grandi impian- roviari posti in fregio al bacino del Toggia appena co- ti idroelettrici, ubicati tutti in Ossola, ha sede a Domo- struito. Un posto di primo piano spetta in questa pri- dossola ed è articolata su quattro Unità distaccate sul ma metà del 900 all’impresa Umberto Girola che rea- territorio a Pallanzeno, Crevola, Verampio e Ponte. lizza alcuni impianti ed i serbatoi di Codelago, Toggia, Ha competenza su 19 impianti con una potenza instal- Agaro, Morasco e Sabbione. lata di circa 670 MW, 43 gruppi ed una produzione Va inoltre ricordato l’impulso dato dalla costruzione media di oltre 2000 GWh. Alla testa delle aste idrau- degli impianti allo sviluppo del sistema viario, specie liche sono presenti numerosi serbatoi d’accumulo con verso la testata delle valli. Vorrei qui ricordare l’asse via- una capacità d’invaso di 171 milioni di metri cubi e di rio del fondovalle dell’alta val Formazza ed in partico- questi ben 13 cadono sotto l’autorità tutoria del Regi- lare la Ponte-Morasco, Furculty e Toggia, la Goglio Au- stro Italiano Dighe. Completano il tutto 6 grossi sbar- sone e Devero, la S.Domenico Ponte Campo, la Iselle ramenti fluviali, 135 km di gallerie di derivazione, 6 Trasquera, la Varzo alpe Salviggia, l’Antrona Cheggio e km di canali, 22 km di condotte forzate e numerosi im- Campliccioli, ecc. pianti a fune tra cui 3 funivie. La seconda struttura gestisce nel VCO 16 impianti più La realtà produttiva attuale piccoli, i cosiddetti mini-idro, distribuiti principalmen- L’Enel è attualmente presente a livello nazionale nel te tra la bassa Ossola e la val Strona per una potenza di comparto idroelettrico con 495 impianti di cui 214, 37 MW e con una produzione di 130 GWh, relativa- per circa 13 GW di potenza, del Grande Idroelettri- mente modesta ma particolarmente pregiata stante gli co e 281, per 1,3 GW circa, del Piccolo Idroelettrico; incentivi di cui gode questa categoria d’impianti. si ricordi che la potenza installata di competenza ENEL La sede operativa è a Gravellona Toce che dipende da ammonta globalmente, con i 46 impianti termoelettri- una Unità Territoriale posta a Novara che ha competen-

314 za anche su alcuni impianti del milanese e vercellese. lato per le dighe un sistema di telesorveglianza dei prin- cipali parametri, denominato ESSDI, quasi completato. La produzione, la conduzione e gli sviluppi Da ultimo è da ricordare l’impegno di Enel nel VCO Tutta l’energia prodotta nel VCO è da fonte rinnova- nel campo delle energie rinnovabili per ottimizzare e bile ed in particolare d’origine idroelettrica ed ammon- mantenere efficiente questa preziosa fonte energeti- ta mediamente a circa 2440 GWh, di cui 2130 pro- ca nazionale. Sono stati recentemente messi in eserci- dotti da ENEL come precedentemente ricordato ed in- zio 2 nuovi impianti, Pieve e Varzo, è terminato il rin- dicativamente sufficienti al fabbisogno energetico del- novo di Cadarese (02), sono in fase avanzata i rinnovi le province del VCO e di Novara. E’ da rilevare come di Campliccioli (04) e Rovesca salto Campliccioli (05), quest’energia sia di particolare pregio perché per circa mentre è in fase istruttoria il potenziamento di Crevo- il 50% è, direttamente o indirettamente, da serbatoio la che consentirà soprattutto una migliore collocazio- e quindi collocabile nelle ore di maggior fabbisogno ne oraria dell’energia già attualmente prodotta dall’asta energetico. Gli impianti sono sempre stati periodica- del Toce. mente aggiornati tecnologicamente con quanto di me- glio offriva il mercato.Va in particolare ricordata negli Dalla S.I.S.M.A. ad oggi anni 60-70 la prima automazione con tecnologia a relé Gli impianti idrolettrici ex S.I.S.M.A. nascono nel lon- di centrali e prese, seguita a partire dagli anni 80 dal- tano 1926 con la centrale Pontetto per sfruttare le ac- la riautomazione con logiche statiche ed alla fine degli que del torrente Melezzo con una presa in zona Ma- anni 90 da quella a logica programmabile con i PLC. glietto (val Vigezzo), e dei torrenti Isorno e Fenecchio, Parallelamente all’automazione si è sviluppata la tele- con una presa nella località Laghetto (val Isorno). conduzione degli impianti da posti via via più centra- Entra in esercizio nel 1930 la Centrale Ceretti in locali- lizzati fino all’attuale unico PT di Verampio per tutti gli tà Laghetto (val Isorno) e nel 1939 si costruisce la diga impianti Enel delle regione Piemonte. di Larecchio per una regolazione stagionale della porta- In tema di una sempre maggior sicurezza è stato instal- ta. Nel 1946, a fine guerra, entra in funzione la centra-

La centrale di Crevoladossola, opera dell’arch. P. Portaluppi.

315

le di Montecrestese e nel 1945, con l’entrata in esercizio 40,64 GVA produce mediamente 100 GWh/anno che della centrale Cipata e con il nuovo bacino di regolazio- vengono direttamente venduti all’ENEL. ne di Agrasina si completa il sistema per l’utilizzazione Tutte le centrali delle aste Isorno e Melezzo sono teleco- delle acque dei torrenti Isorno-Fenecchio-Melezzo. mandate dal centro di comando e controllo della Cen- Fino al 7 agosto 1978, con una potenza installata com- trale di Pontetto. plessiva di 44,42 GVA, con il complesso degli impian- ti produce mediamente 100 milioni Kwh/anno, di cui Altri produttori circa 70 milioni di Kwh utilizzabili dallo stabilimento. Altre Società in Ossola producono energia elettrica da A seguito dell’alluvione la potenza installata si riduce fonte idraulica e tra di esse occorre ricordare: a 23,64 GVA con una produzione media di 50 milio- - La Società Edison con gli impianti ex SELM di Battig- ni di Kwh, di cui solo il 75% sono utilizzabili dallo sta- gio in valle Anzasca e di Pieve Vergonte, sempre con le bilimento. Dalla data dell’alluvione, 7 agosto 1978, alla acque dell’Anza, con una produzione media complessi- data della cessione alla Società Leali, l’IRI, in previsio- va di circa 95 Gwh. ne della vendita di tutto il complesso S.I.S.M.A. (cen- - La Società Tessenderlo con gli impianti ex Rumian- trali idroelettriche della valle Isorno + Stabilimento di ca di Ceppo Morelli in valle Anzasca e di Megolo sul Villadossola), non ha eseguito alcun lavoro di ripristino Toce che sfruttano anche lo scarico di Pieve Vergon- degli impianti distrutti. Il settore Impianti Idroelettri- te della Edison. La produzione complessiva media è di ci (Isorno/Melezzo) viene successivamente ceduto dal- 90 Gwh. la Soc. Leali al gruppo Beltrami di Vicenza (1992) che - La Società Idreg Piemonte con gli impianti ex Ceretti procede alla ricostruzione di tutti gli impianti distrutti. di Montescheno, Boschetto e Gaggiolo in val Antrona. Oggi la società “Idroelettriche Riunite” di Longane Sono inoltre presenti numerosi privati con centraline di (VC), gruppo Beltrame, con una potenza installata di piccola potenza.

Valle Formazza, sbarramento artificiale di Morasco.

318 Attività estrattiva Mauro Proverbio

Su tutto il territorio provinciale si riscontra come qual- le pietre miliari, i paracarri, le panchine, le fontane, gli siasi pietra disponibile sia stata utilizzata per costrui- abbeveratoi, i tubi di scarico dei servizi (ormai rarissi- re, come si può ben vedere percorrendo le contrade del mi da vedere), le cappelle dei caratteristici funghi su cui Verbano Cusio Ossola. poggiano le case Walser, le macine, le stufe (caratteristi- Spesso l’arte del costruire ha acquisito nel corso dei se- ca la “fornetta” formazzina), i “laveggi” (pentolame fat- coli particolarità e peculiarità proprio in funzione del- to di “laugera”, una roccia serpentinosa verde molto te- le pietre a disposizione. Così, accanto ad esempi di ac- nera), ecc. ciottolati, costituiti da pietre rotondeggianti reperite Ma anche in tempi più moderni, inizio del 1900, la nei greti dei torrenti (le antiche pavimentazioni di Do- pietra locale è stata massicciamente utilizzata per gran- modossola e di altri centri importanti), si trovano pavi- di opere quali le dighe, sia come inerte per il calcestruz- mentazioni costituite da pietre di forma lastroide messe zo, sia per i riempimenti, sia per i rivestimenti, tutto- di costa (molte mulattiere che portano ad alpeggi una ra visibili. volta rilevanti) reperite sezionando i massi che si incon- Ha assunto la dignità quasi di opera d’arte nell’impie- travano lungo il tracciato; o, ancora, pavimenti in opus go come ornamento delle imponenti costruzioni con- incertum fatti di pietre tal quali reperite in vicinanza. nesse ai grandi impianti idroelettrici progettate dall’ar- Una maggior cura era riservata alle costruzioni in eleva- ch. Portaluppi: le centrali di Cadarese, Verampio e Cre- zione, anche se non mancano esempi di manufatti, an- voladossola sono solo alcuni degli esempi più notevo- che importanti, costruiti con pietre di fiume (per esem- li e conosciuti. pio, alcune parti delle mura di Domodossola). In tali Anche se con l’andar del tempo la pietra ha assunto casi le pietre erano squadrate e provenivano da cave o sempre più un ruolo ornamentale piuttosto che di ma- da massi di grosse dimensioni (i “trovanti”) apposita- teria prima da costruzione, il suo continuo impiego mente lavorati. ha dato luogo ad un patrimonio che va ben al di là del Un discorso a parte meritano le coperture dei tetti. Tut- semplice patrimonio immobiliare: è diventato un pa- ti i tetti antichi, sia nelle città e nei centri più impor- trimonio culturale di vastità tale da pretendere di es- tanti, sia nelle vallate, erano costruiti con travi di legno sere conservato nel migliore dei modi. E il modo mi- e da lastre di pietra (le cosiddette “piode”). I più fortu- gliore di conservarlo è senza dubbio, innanzitutto, po- nati potevano utilizzare la beola, materiale scistoso che ter disporre delle stesse materie prime con le quali è sta- si può suddividere in lastre di piccolo spessore presen- to realizzato. te nella bassa Ossola fino a Crevoladossola, gli altri si dovevano arrabattare utilizzando il serizzo, che solo in Le pietre del VCO nel mondo1 particolari zone ha proprietà simili (cave di Trasquera). Le pietre del VCO non si fermano nella nostra Provin- Di pietra erano, e sono, tutta una serie di opere mino- cia. Il marmo di Candoglia è scelto nel 1387 da Gian ri: i marciapiedi, i cordoli stradali, i muretti e le loro co- Galeazzo Visconti, duca di Milano, per la costruzione pertine, le recinzioni (costituite da schegge infisse ver- del Duomo. Ancora oggi si scava per fornire il materiale ticalmente una accanto all’altra), i sostegni della vite, per la sostituzione o il restauro delle parti rotte o degra-

319 date. I blocchi di marmo viaggiavano su barconi lun- tore, oggi Museo della Scienza e della Tecnica. go il Toce (allora navigabile), il lago Maggiore, il Tici- A Roma sono di granito rosa di Baveno alcune colonne no e il Naviglio, attraversando una serie di territori dove esterne della Basilica Lateranense. ogni merce pagava una tassa di passaggio, il dazio. Non Di granito bianco Montorfano sono le ottocentesche così per i blocchi di marmo, in quanto questi, destinati colonne (più di duecento) che Carlo Felice, Re di Sar- “ad usum Fabricae” (ovvero occorrenti alla Fabbrica del degna, donò per la ricostruzione della romana Basilica Duomo), godevano di totale esenzione. Al fine di indi- di San Paolo fuori le mura - seconda solo a quella di San viduare subito tale materiale su di esso veniva apposta Pietro – ridotta in rovine da un incendio: 84 le colon- ben visibile la scritta AUF. Tant’è che nella parlata lom- ne esterne e 136 le colonne del quadriportico antistan- barda - e anche in italiano, benché ormai poco usato – te la basilica. Le colonne più grandi misurano 1,5 m di il termine “auf” significa gratis, senza spese. diametro e 14 m d’altezza, pesanti ben 60 tonnellate. Il Nello stesso secolo, verso il 1400 (ma pare che tale ma- trasporto avveniva via acqua: dalla cava fino ad Ostia e teriale fosse utilizzato già in epoca romana), la cava di quindi a Roma. Ci vollero più di quattro anni per com- marmo di Crevola (una dolomia cristallina) detta “Bau- pletare la fornitura. Si dice che una delle colonne arri- lina” vede come uno dei proprietari la Veneranda Fab- vate a Roma fu contestata dai tecnici che dirigevano i briceria della Chiesa Maggiore di Pavia, come risulta da lavori di ricostruzione e il ragioniere del Re si rifiutò di atto pubblico del notaio Pavesi di quella città. Nel 1662 pagarla. Il fornitore se la fece rimandare e la colonna fa il marmo di Crevola è utilizzato per la costruzione del bella mostra di sé sul molo del porto di Intra. Duomo di Pavia e nel primo decennio dell’800 vengo- A Torino i porticati stradali più belli sono contrassegna- no ricavate le 8 colonne monolitiche di 10,78 m di al- ti dalle pietre del VCO: corso Vinzaglio, via Pietro Mic- tezza e 1,27 m di diametro ed i monoliti per le quattro ca, via Roma (dove troviamo colonne di serizzo, granito statue simboliche dei fiumi Po, Ticino, Mincio e Ta- rosa e bianco), corso Vittorio Emanuele II, via Sacchi. gliamento che costituiscono l’Arco della Pace a Milano. A Pompei le colonne interne del Santuario della Ma- Con questo materiale sono state realizzate le gradinate donna sono in granito bianco Montorfano. elicoidali del Monumento ai Caduti in guerra a Mila- Da tempo immemorabile con il granito vengono co- no, le colonne esterne del Planetario di Milano, le parti struite le macine, utilizzate per molteplici usi. Quan- marmoree della chiesa parrocchiale di Castellanza e del do non c’erano le macchine utensili, gli specialisti del- Duomo di Monza, il portico bramantesco di S. Ambro- le mole partivano da un blocco grezzo e in quattro gior- gio in Milano, il palazzo “Zentrum” a Zurigo. ni tiravano fuori un pezzo da un metro e mezzo di dia- In Milano si rileva un utilizzo notevole delle pietre del metro, spesso mezzo metro, dotato del foro centrale nel VCO, sia di quelle meno pregiate (serizzo e beola) sia di quale infilare il perno: una cosina che pesava un paio quelle più pregiate (marmi e graniti). Il serizzo si ritrova di tonnellate! Dalla Toscana in giù si ordinavano mole a Porta Nuova, Porta Ticinese, nella costruzione di casa da frantoio per l’olio d’oliva, con diametri sempre su- Borromeo, nella parte muraria strutturale del Duomo, periori al metro, che lavoravano in coppia su basamen- nelle torri del castello Sforzesco. Di granito rosa di Ba- ti, sempre di granito, da due metri e mezzo. Dalla Li- veno sono le colonne del cortile di Brera, quelle del Se- guria, invece, dove le olive sono più piccole, si richiede- nato, quelle nel cortile del Seminario di corso Venezia, vano mole dalla forma particolare, più spesse attorno al quelle dell’Ospedale Maggiore (ora sede dell’Universi- perno e più sottili verso la circonferenza esterna, con il tà Statale). Il rosa di Baveno è visibile nella parte ester- foro del perno a tronco di cono. Le richieste proveniva- na del Palazzo Serbelloni e nella chiesa di S. Carlo, dove no anche dall’estero, da Svizzera, Belgio e Inghilterra, e si ritrovano 36 colonne di questo materiale, e come ele- a seconda del prodotto da macinare c’era la appropriata mento strutturale di facciata al Teatro alla Scala. Si è forma della macina (mole per il cacao, per il mais, per fatto, invece, uso del granito bianco Montorfano nella l’industria orafa, ecc.). Tali manufatti vengono tuttora chiesa di S. Angelo e nei chiostri del convento di S. Vit- prodotti, naturalmente a macchina, in quanto le maci-

320 ne di granito danno, nonostante la tecnologia, i miglio- sozoico (Tetide) ed evoluto con la sua progressiva chiu- ri risultati nell’industria molitoria. sura fino alla collisione, ancora in atto, tra il continen- Una certa ditta Remuzzi di Bergamo, poco prima del te europeo e quello africano. Non a caso la regione os- 1940, fu incaricata di procurare ben 60.000 metri cubi solana ha svolto un ruolo decisivo, tra la fine del ‘800 di granito rosa per la Cancelleria del terzo Reich. La Re- e i primi del ‘900, nello sviluppo del pensiero geologi- muzzi subappaltò sia l’escavazione sia la lavorazione del co moderno e nella definitiva affermazione delle teorie granito ad alcune ditte locali, le quali dovevano produr- mobiliste4: qui, oltre che nell’intero settore alpino occi- re parallelepipedi di 2-3 mc con le facce perfettamente dentale, furono infatti ideati i primi modelli di una ca- levigate. Le forniture si protrassero fino al settembre del tena a falde di ricoprimento e furono poste le basi me- 1943, data in cui la Germania non fu più alleata del- todologiche per l’analisi cinematica e le ricostruzioni l’Italia e si rivolse ad altri fornitori. Molti pezzi giaceva- degli ambienti paleogeografici. In tempi più recenti il no ancora nel 1945 sul lungolago tra Baveno e Feriolo territorio del VCO ha rappresentato il laboratorio natu- di cui si perse ogni traccia. rale per gli ulteriori progressi delle Scienze della Terra, Ai giorni nostri non mancano esempi eclatanti di im- dalle applicazioni alla catena alpina della tettonica del- piego delle pietre nostrane. Il serizzo ha trovato largo le placche1, allo sviluppo di più avanzate ricostruzioni impiego nelle metropolitane di Milano, Bruxelles e Sin- cinematiche e geodinamiche basate sull’interpretazione gapore e negli aeroporti di Malpensa e Francoforte. Per integrata dei nuovi dati geologico-geofisici, petrologici, il pavimento dell’aeroporto di Amsterdam è stata im- geochimici e chimico-fisici. piegata la beola bianca. Il celebre monumento a Cri- Non è semplice parlare della geologia della zona in esa- stoforo Colombo a New York e il Palazzo Reale di Ban- me vista la complessità della sovrapposizione dei pro- gkok sono in granito rosa di Baveno mentre le faccia- cessi nel tempo. te di alcuni grattacieli di Manhattan sono in serizzo. A partire da circa 400 milioni di anni fa (dal Devonia- Con 27 tonnellate di marmo di Crevola (del tipo com- no, un periodo dell’era Paleozoica) inizia la storia erci- mercialmente denominato “Palissandro”) è stata realiz- nica (cfr. tabella) in senso stretto (o varisica), con l’oro- zata una importante scultura per l’UNICEF intitolata genesi collisionale, tettonica a falde, ispessimento cro- “L’Uovo della Pace”. stale e metamorfismo5 regionale a più fasi, passando da condizioni iniziali di pressione relativamente elevata Caratterizzazione geologica dei giacimenti2 (relitti cianite6) verso condizioni di bassa pressione (an- La geologia del territorio della provincia del VCO, nel dalusite7). quadro geologico-strutturale delle Alpi Occidentali, è Nel tardo Paleozoico (da circa 300 a 250 milioni di un argomento troppo vasto e complesso perché se ne anni fa) si registra una complessa attività magmatica, possa fornire qui una visione soddisfacente. Ci si limi- con manifestazioni vulcaniche, subvulcaniche e plu- terà pertanto a fornire alcuni elementi, inevitabilmen- toniche8. Nel complesso esse si protraggono dal Car- te lacunosi e molto sommari, che hanno lo scopo di in- bonifero superiore al Permiano o sono di esclusiva età quadrare in modo semplificato il significato e la perti- permiana e ad affinità calcalcalina9; quest’ultimo è il nenza geologico-strutturale dei bacini estrattivi e le es- caso dei Graniti di Baveno-Mottarone-Montorfano, o senziali caratteristiche geolitologiche e strutturali dei Graniti dei Laghi, incassati in un basamento cristallino materiali lapidei estratti. preesistente (Scisti dei Laghi), metamorfosato e struttu- Le rocce e le complesse architetture della catena alpina rato durante il ciclo ercinico. Essi, così come gli scisti10 occidentale, osservate lungo la sezione strutturale Osso- in cui sono incassati, non sono stati più ripresi dal me- la-Verbano, consentono di ricostruire i principali pro- tamorfismo e dalla deformazione duttile successivi, oc- cessi geologici avvenuti nella regione alpina in centinaia cupando, durante lo sviluppo degli elevati gradienti ter- di milioni di anni, dall’orogenesi3 paleozoica allo svi- mo-deformativi alpini, un livello strutturale superficia- luppo delle Alpi, iniziato con l’apertura dell’oceano me- le e una posizione non assiale e non metamorfica nel-

321 l’ambito della catena alpina. genico a Vergenza Europea, esposto, nel settore media- Il sollevamento e l’erosione finale della catena paleozoi- alta Ossola, ai livelli strutturali più profondi e radica- ca producono, a partire dal Carbonifero superiore, una li di quelli della Valsesia e della val d’Aosta e con livel- diffusa superficie di erosione. La successiva distensione lo strutturale via via più profondo da sud verso nord. crostale permo-mesozoica e l’impostazione di un mar- Come già detto, tale zona è separata verso sud dal Su- gine continentale divergente hanno condotto all’aper- dalpino attraverso la Linea del Canavese (Insubrica), un tura dell’oceano ligure-piemontese (paleogeografia giu- sistema di faglie18 regionali che attraversano la val d’Os- rassica), sino ad arrivare alla formazione della catena al- sola all’altezza dell’allineamento Vogogna-Loro. In se- pina attuale come prodotto dell’evoluzione – nel perio- zione verticale, dall’alto verso il basso della struttura, do compreso dal Cretaceo (130 milioni di anni fa) al- lungo il versante sinistro della val d’Ossola ritroviamo: l’era nostra - del margine convergente compressivo Eu- da Vogogna a Cardezza, le unità Austroalpine19 di per- ropa/microplacca Adria11. tinenza continentale africana (unità Sesia-Lanzo); da Proprio nella zona aostana e piemontese si raggiunse- Cardezza alla località Quarata (poco a nord di Beura) ro, dal Cretaceo all’Oligocene Inferiore (30 milioni di il dominio Pennidico20 Superiore (falda Monte Rosa) e anni fa), durante l’acme della fase orogenetica alpina, le il Pennidico Medio (unità Camughera-Moncucco-Or- massime temperature e pressioni le quali, oltre a provo- selina), separati da un livello assottigliato delle Ofioli- care la trasformazione metamorfica di rocce preesisten- ti mesozoiche di Antrona, rocce di fondo oceanico; a ti, hanno generato deformazioni dei litotipi12, rovescia- nord di Domodossola il Pennidico Inferiore, costitui- menti e ripiegamenti dei materiali esistenti, nonché la to, a sua volta, dall’alto verso il basso, dalle falde gneis- messa in posto di una serie di plutoni13. siche21 Monte Leone, Lebendun, Antigorio sovrascorse Dal Cretaceo l’evoluzione dell’orogene alpino nel set- sulla “cupola di Verampio” e separate, le une dalle altre, tore occidentale è quella che ha condotto alla struttura dalle “sinclinali22 mesozoiche”, così definite da Argand, deformativa e al sollevamento osservabili attualmente. costituite da metasedimenti; la cupola di Verampio, af- II risultato di questa evoluzione e degli avvenimenti ad fiorante poco a nord di Crodo, è l’elemento struttura- essa connessi comporta una grande difficoltà di lettu- le più profondo di tutta la catena alpina. A NW di Do- ra della situazione geologica esistente, che, ai fini di un modossola, la falda Monte Leone del sistema Pennidico inquadramento dei bacini estrattivi lapidei, può essere Inferiore viene a contatto verso sud con la zona Camu- semplificata suddividendo la zona analizzata in due do- ghera-Moncucco-Orselina (Pennidico Medio) attraver- mini strutturali principali che da sud verso nord sono: so il sistema di faglie duttili/fragili della Linea del Sem- 1) La zona del Basamento Cristallino Sudalpino, o Se- pione, la quale prosegue verso est nella linea delle Cen- rie dei Laghi, caratterizzata da metasedimenti14 di cro- tovalli. Il suo movimento distensivo recente ha facilita- sta superiore interessati da intrusioni calcalcaline15 aci- to la denudazione tettonica della zona Pennidica Infe- do-intermedie tardo-varisiche di età permiana a chimi- riore in fase di sollevamento. Le falde pennidico-infe- smo16 variabile da granodioritico a granitico (Graniti riori sono costituite da prevalenti ortogneiss23 graniti- dei Laghi della bassa Ossola, del Verbano e del Cusio); ci (protoliti24 tardo paleozoici a metamorfismo alpino) verso nord, ancora nell’ambito dell’orogene Sudalpi- e sono caratterizzate da grandi pieghe isoclinali25, a trat- no SE-vergente17, affiora una sezione di crosta profon- ti coricate, formate dopo la fase di accavallamento eoal- da della Zona Ivrea-Verbano (bassa Ossola, da Cando- pino26. glia a Vogogna), in contatto con la Serie dei Laghi attra- Questa complessa situazione macroscopica si può tra- verso la Linea del Pogallo (presso Mergozzo); tale zona è durre di fatto nella suddivisione del comparto estratti- costituita dal cosiddetto Complesso Kinzigitico (meta- vo in tre aree: l’area meridionale dei graniti e dei marmi sedimenti ad alto grado metamorfico) e da abbondanti paleozoici (Sudalpino), l’area centrale delle beole (Pen- rocce basiche con locali peridotiti di mantello. nidico Medio-Inferiore) e l’area settentrionale del seriz- 2) La zona dell’Edificio Alpino a Falde o Sistema Oro- zo e dei marmi mesozoici (Pennidico Inferiore).

322 MILIONI ERE PERIODI EVENTI FONDAMENTALI OROGENESI DI ANNI

QUATER OLOCENE Flora e fauna moderne 1,8 NARIO PLEISTOCENE Grandi glaciazioni - Sviluppo e diffusione dell’uomo

PLIOCENE Evoluzione degli ominidi C E MIOCENE Sollevamento delle Ande N OLIGOCENE Inizia il sollevamento di Alpi e Appennini Orogenesi alpina 65 O Z EOCENE Foreste di tipo moderno O Inizia il sollevamento della Himalaya I C Sviluppo dei mammiferi O PALEOCENE Si forma l’Atlantico settentrionale Separazione della Australia dall’Antartide

M CRETACEO Diffusione delle Angiosperme E Alla fine del periodo si estinguono i dinosauri, le ammoniti S e numerose altre specie O Culmine dell’evoluzione dei rettili Orogenesi ercinica 230 Z Compaiono i primi uccelli O GIURASSICO La Pangea inizia a fratturarsi I Si forma l’Atlantico meridionale C O TRIASSICO Comparsa dei primi mammiferi

PERMIANO Prime conifere P Sviluppo dei rettili e prime ammoniti A I continenti sono riuniti in un solo blocco, la Pangea L E CARBONIFERO Grandi foreste, sviluppo degli insetti alati, primi rettili O Orogenesi caledoniana 570 Z DEVONIANO Sviluppo dei pesci - Comparsa degli anfibi - Diffusione delle felci O SILURIANO Primi animali in grado di respirare aria I C ORDOVICIANO Primi vertebrati e pesci O CAMBRIANO Diffusione di invertebrati marini forniti di guscio

L’ossigeno contenuto nell’atmosfera supera il 3% Rapida evoluzione organica – Grande glaciazione “eocambriana” 1.000 Evoluzione degli invertebrati - Eucarioti macroscopici Prime forme di vita pluricellulari (sviluppo della riproduzione sessuata) L’ossigeno nell’atmosfera raggiunge l’1% della sua concentrazione attuale P PROTEROZOICO Comparsa di cellule eucariote - Diversificazione dei procarioti 2.000 R Produzione di ossigeno fotosintetico e formazione dello strato di ozono E C Le maggiori formazioni ferrifere a bande - I più antichi episodi glaciali conosciuti A Sviluppo di cellule procariote aerobie 2.600 M Sviluppo di ossigeno libero nell’atmosfera – Indizi più antichi di attività fotosintetica B R I Prime stomatoliti 3.000 A Sviluppo di cellule procariote anaerobie N Prime rocce sedimentarie ARCHEOZOICO O Prime microstrutture di probabile origine organica 3.500 Sviluppo degli oceani - Prime rocce magmatiche note Consolidamento della prima crosta terrestre 4.000

FORMAZIONE DELLA TERRA 4.600

323 Nell’area meridionale, tra il Cusio, il Verbano e l’estre- nord di Domodossola, i marmi dolomitici di Crevola- mità sud-orientale dell’Ossola, sono coltivati i pluto- dossola, appartenenti ad un insieme di copertura costi- ni di Mottarone-Baveno e Montorfano, corpi granitoi- tuito da sedimenti calcarei e calcareo-silicei metamorfo- di calcalcalini a struttura generalmente equigranulare, sati in età alpina e risalenti al mesozoico. caratterizzati da grana media o medio-fine. Essi, unita- mente agli altri corpi granitici dell’area, appartengono Le cave di pietra ornamentale ad un batolite27 composito di età permiana (275÷283 Le cave di pietra ornamentale si ritrovano ubicate per milioni di anni fa), allungato in direzione NE-SW ed la maggior parte lungo la direttrice nord-sud che segue, esposto per circa 30 kmq da Biella al Lago Maggiore. grosso modo, l’asta del fiume Toce. Essi sono intrusi, con contatto netto e discordante, ne- In numero molto minore si trovano poi lungo la valle gli Scisti dei Laghi, l’unità di basamento paleozoico che del torrente Devero e Diveria. Qualche cava singola è si estende sino alle linee Cossato-Mergozzo-Brissago e ubicata in altre valli. del Pogallo. Dal punto di vista dei litotipi, si hanno: Poco a nord di tale zona si estraggono i marmi calciti- • a nord gli gneiss massicci (serizzi), le cui cave sono ci di Candoglia costituiti da lenti e bancate di limitato concentrate per lo più nelle valli Antigorio, Formaz- spessore, variabile tra gli 8 ed i 30 metri, e ad andamen- za, Devero e Divedro; to trasversale rispetto l’asse vallivo; sono formati da se- • nella parte centrale del territorio provinciale (da Cre- dimenti metamorfosati di età paleozoica intercalati ai voladossola a Vogogna) gli gneiss tabulari (beole), paragneiss28 del Complesso Kinzigitico Ivrea-Verbano. con notevoli concentrazioni di cave a Trontano e Dalla media val d’Ossola fino a Crevoladossola proven- Beura; gono gli ortogneiss più o meno compatti e più o meno • ancora nella parte centrale e a sud i marmi (dolomia anfibolici utilizzati per rivestimenti e coperture (beo- a Crevoladossola; marmo grigio Boden e rosa Valto- le). Vengono estratti dalla Falda Monte Rosa (Pennidi- ce a Ornavasso); co Superiore), nel territorio dei comuni di Beura e Vil- • a sud, nel Verbano (Mergozzo, Baveno), i graniti ladossola, e dalle falde Camughera e Orselina-Moncuc- (rosa, bianco, verde). co e Monte Leone (Pennidico Medio-Inferiore) nei co- Si discosta dal panorama tracciato una cava di gneiss muni di Trontano, Crevola e Montecrestese. (serizzo Monte Rosa) ubicata, unica, in valle Anzasca. L’area più settentrionale è invece quella caratterizzata Le cave attualmente in attività (anno 2004) sono 81 dalla presenza di falde di ricoprimento pennidico-infe- mentre 34 sono inattive. riori che definiscono la geologia strutturale alpina del- Pur essendo in numero notevole (115 in totale), il ter- l’Ossola Superiore. Il serizzo, ortogneiss biotitico local- ritorio effettivamente occupato da questa attività (zona mente ad anfiboli, proviene dalla struttura denomina- di escavazione vera e propria, discarica e piazzali di ser- ta Falda Ortogneissica di Antigorio a composizione gra- vizio) è di 2.401.806 mq. nodioritica-granitica e avente spessore di 1.200-1.300 Paragonandolo alla estensione totale del territorio pro- metri. II materiale ha colore grigio più o meno chiaro, vinciale, che è di 2.262 Kmq (2.262 x 106 mq), esso rap- foliato con locali presenze di minerali feldspatici di no- presenta solo l’1,1 per mille o, se si vuole, lo 0,11%! tevoli dimensioni. Può essere compatto, nel qual caso Anche togliendo tutta la superficie di territorio sopra i viene coltivato in blocchi e successivamente segato in 1.600 m di quota, che si può definire montana a tutti lastre, oppure, se caratterizzato da elevata fissilità29, può gli effetti e in cui diventa problematico, per vari aspet- essere lavorato a spacco. ti, aprire una cava, restano 1.250 Kmq, a confronto dei Intercalati tra le falde ortogneissiche di Antigorio (strut- quali l’area autorizzata per le cave rappresenta ancora turalmente sottostante) e del Monte Leone (sovrastan- solamente l’1,9 per mille (0,19%). te), che rappresentano lembi deformati e impilati di ba- In termini di metri cubi estraibili (cioè i volumi che samento paleozoico, si rilevano e si estraggono, poco a possono essere estratti in funzione di autorizzazioni vi-

324 genti), nel 2004 si può stimare una quantità totale di 899.000 mc così suddivisa: 1) 670.000 mc di serizzo; 2) 132.000 mc di beola; 3) 36.000 mc di granito bianco; 4) 5.000 mc di granito rosa; 5) 56.000 mc di marmo. Naturalmente tali quantità sono destinate a variare con il mutare delle condizioni autorizzative.

Caratteristiche delle cave del VCO Nella Provincia del VCO le cave sono praticamente tut- te di pietra ornamentale. Questa circostanza già fa in- tuire che le differenze tra cava e cava non possono esse- re sostanziali. Ed in effetti le differenze più evidenti si riscontrano per lo più nella loro ubicazione che non per altre peculiarità (le diverse tecniche di estrazione, che pure sono caratteristiche dei litotipi estratti, non si di- scostano in effetti così tanto l’una dall’altra). Ormai in tutte le cave la tecnica di coltivazione abbi- na l’estrazione con l’esplosivo e con il filo diamanta- to30. Le doti di quest’ultimo vengono sempre più esal- tate, soprattutto laddove si impone silenziosità e scar- sa emissione di polveri, anche in considerazione degli Attività estrattiva enormi progressi che i costruttori hanno fatto nel fab- bricare perline adatte ai materiali silicei (si ricorda che Le cave a mezza costa questa tecnologia è derivata dalla cave di marmo, mate- La maggioranza delle cave è a mezza costa, cioè inserita riale molto più tenero dello gneiss e del granito). ad una certa quota nel versante. E’ il caso ricorrente del- Sostanzialmente le cave si possono suddividere in: cave le cave di serizzo, nelle quali si sfrutta la pendenza natu- a fossa, a mezza costa, di culmine, pedemontane. rale della pioda31 per far scivolare sul piazzale le banca- te32 staccate dall’ammasso roccioso. Spesso presentano Le cave a fossa il vantaggio di avere due lati liberi, una pendenza della Si definisce cava a fossa quell’unità estrattiva dove il pioda che aiuta lo stacco delle bancate, un ampio piazza- materiale viene scavato dall’alto verso il basso, abbas- le di servizio. Di contro, le operazioni di perforazione e sando conseguentemente il tetto del giacimento. taglio possono essere malagevoli e spesso, per rispettare Si presentano come trincee, contornate su tre lati da le geometrie di coltivazione, si creano fronti in aggetto pareti e si ritrovano usualmente nella coltivazione della che devono successivamente essere profilati. Le opera- beola (cave del Croppo di Trontano, alcune cave del ba- zioni di recupero ambientale al di fuori dei piazzali pos- cino di Beura, cava Favalle a Crevoladossola). sono essere difficoltose. Anche la maggioranza delle cave Presentano il vantaggio di poter lavorare agevolmente di granito sono a mezza costa (cave del Montorfano). A su piani orizzontali e verticali nonché facilitare gli in- differenza delle cave di serizzo, però, la coltivazione av- terventi di recupero ambientale; per contro, si possono viene su piani orizzontali e verticali, non avendo il gra- avere spazi di manovra limitati e occorre una attenta e nito piani di pioda e trincante. La coltivazione è quin- periodica perlustrazione delle pareti circostanti. di, normalmente, facilitata ed i vantaggi sono evidenti.

325 Le cave di culmine operai cavatori e 200 scalpellini; tra Baveno e Mergoz- Si definiscono cave di culmine quelle poste alla sommi- zo sono attive 4 cave di granito rosa con 24 cavatori e tà di rilievi. Se ne riscontrano pochissime (cave di gra- 400 scalpellini e 6 cave di granito bianco con 50 cava- nito rosa del Monte Camoscio, un paio di cave di seriz- tori e 600 scalpellini. Le cronache riportano che le sud- zo a Formazza). dette cave di granito sono in grado di fornire blocchi da Sono sicuramente quelle nelle condizioni migliori di 20 a 50 mc e ogni anno si estraggono da 1.500 a 2.000 coltivazione, avendo ampi spazi di manovra, i lati libe- mc di materiale. ri, assenza o quasi di pareti incombenti. Nella seconda metà dell’ottocento diventa di uso cor- Alla facilità di coltivazione si contrappone la grande vi- rente l’esplosivo, sebbene il suo utilizzo per mine da pa- sibilità, con i relativi problemi di recupero ambientale. rete risalga almeno al ’700. Le prime due grandi mine eseguite in cunicolo di cui Le cave pedemontane si abbia notizia risalgono al 1863, a Montorfano, e al Sono quelle che si trovano ubicate in corrispondenza 1865, a Baveno; sebbene non fossero state coronate da del piede del versante. completo successo, servirono sicuramente per affinare Si rilevano sia nella estrazione del serizzo (bacini di Cro- la tecnica, tanto che la mina fatta brillare il 3 Dicembre do e Premia) che della beola (bacini di Beura e Villados- 1866 rispettò e anzi sorpassò le aspettative. sola). Pur presentando i vantaggi e gli svantaggi caratte- La tecnica delle mine in galleria (atta a staccare, con ristici delle cave illustrate ai paragrafi precedenti, a se- il contributo dei piani di discontinuità naturali, gran- conda della inclinazione della pioda, della stratificazio- di quantità di materiale che si abbattono sul versante ne, ecc., presentano l’innegabile vantaggio di essere più sottostante) prese piede e “La Voce del Lago Maggio- facilmente accessibili, facilitando quindi anche i lavori re” riporta, il 9 Luglio 1886, del brillamento nella cava di recupero ambientale. Per contro, possono essere più di granito del Della Casa di una mina effettuata con visibili di quelle a fossa o a mezza costa. 150 quintali di polvere nera, seguita, il 20.03.1887, da un’altra mina preparata con 70 quintali di polvere nera. Le imprese estrattive33 Una mina analoga venne fatta brillare il 1° Novembre Sebbene ci siano documenti che riportano che scalpelli- 1890 nella cava di granito della ditta Pirovano e Ada- ni bavenesi erano operativi sin dal 1460 – tale Giovan- mi fratelli. Un vero record deve essere stata quella fatta ni Bartolomeo esercitava in quel di S. Pietro a Roma – e brillare il 17 Agosto 1886 dal Della Casa nella propria che da una lista del 3 Aprile 1643 risulta che le due pro- cava di granito: costata un lavoro durato due anni, alle fessioni di gran lunga prevalenti a Baveno erano quella tre pomeridiane furono innescate 17 tonnellate di pol- di “cavagnaro” (cavatore) e “pichapreda” (scalpellino), vere nera e dinamite! Lo spettacolo fu visto da una gran il che dimostra la plurisecolare dedizione alla lavorazio- quantità di spettatori e riportato sui giornali. ne della pietra locale, è necessario risalire almeno fino Sempre con tale tecnica, nella cava Seula (di granito) alla fine del ’700 per trovare tracce di vere e proprie im- dei fratelli Adami nel 1909 fu fatta brillare una mina prese lapidee. Dal 1800, cominciano ad essere disponi- che procurò ben 90.000 mc di granito, disseminato sul bili documenti che parlano di cave sfruttate con crite- versante e successivamente (nel giro di qualche anno) ri industriali, soprattutto per quanto riguarda i graniti, lavorato. materiali più pregiati. Nel 1823 Giovanni Battista Gal- Anche la cave di gneiss proliferano, sebbene si abbiano li affittò una cava di granito bianco dalla comunità ba- minori testimonianze dirette, forse perché molti pro- venese e le ditte Adami e Croppi, che avevano rispetti- duttori di serizzo e beola lavoravano su commissione vamente una cava di “granito rosso”, risultano attive al- delle imprese che commerciavano il granito (e che ave- meno dal 1836. Intorno a quegli anni lo sfruttamen- vano probabilmente una più vasta e organizzata rete to cominciò a crescere e le ditte si moltiplicarono. Nel commerciale), che comunque fornivano manufatti an- 1865 risultano attive nell’Ossola 7 cave di beola con 35 che di altri materiali. Dal 1904 al 1909 (secondo “Eco-

326 nomia e sviluppo industriale” di Umberto Chiaramon- titativo di pietre ornamentali di tutto il Piemonte. Se si te) le cave di gneiss (serizzo e beola) avevano raggiunto pensa che il Piemonte è quotato come produttore del 1% il ragguardevole numero di 347 e la produzione era pas- della produzione mondiale, la nostra Provincia si atte- sata da 76.400 a 106.500 tonnellate, impiegando 1.875 sta sicuramente come una delle più importanti in Italia. addetti (di cui 98 ragazzi). Significativo il fatto che nel Sono 73 le aziende di estrazione, che occupano diretta- 1912, per ridurre gli effetti della concorrenza, le ditte mente circa 300 addetti (tra personale di cava e impie- sentirono il bisogno di costituire un consorzio, che, si gatizio), e una cinquantina le aziende che si occupano riscontrò, fece sentire i suoi benefici effetti. della lavorazione dei materiali estratti, nelle quali sono Fin verso la fine dell’800 tutte le lavorazioni erano fat- impiegati dai 350 ai 450 addetti. te a mano, raggiungendo comunque traguardi eccezio- Se a ciò si aggiunge l’occupazione indotta (addetti alle nali, come dimostrano, per esempio, le 10 colonne di officine, alla fornitura di macchine specialistiche e mo- granito prodotte nel 1868 dalle cave Cardini-Pirovano, vimento materiali, alla fornitura di esplosivo e materia- delle dimensioni di 10,40 m di altezza per un diametro le di consumo, trasportatori, ecc.) si arriva con facilità a di 1,30 m. Dall’inizio del ’900 ci fu un vero e proprio parlare di almeno 1.000 addetti nel settore lapideo. salto di qualità causato dall’inizio della meccanizzazio- Tali dati contribuiscono egregiamente a far sì che l’Ita- ne di alcuni processi di lavorazione. Fecero la loro pri- lia mantenga la leadership mondiale di Paese produtto- ma comparsa torni e “resighe” (prime seghe per mate- re e trasformatore della pietra e giustificano il dovere di riali lapidei, antesignane dei moderni telai), che sfrutta- mantenere e incentivare questa attività, che va peraltro vano la forza motrice dell’acqua e del vapore. gestita in maniera compatibile con l’ambiente di alto Nel corso del XX secolo, soprattutto nella sua seconda pregio proprio del VCO. parte, si sono affermate tutte le maggiori imprese estrat- E’ anche doveroso evidenziare l’abilità raggiunta dalle tive tuttora in attività. imprese nella escavazione. Tutti i visitatori, addetti ai la- Inevitabilmente la meccanizzazione, sia in cava, unita a vori e non, restano meravigliati dalla perizia con la qua- tecniche di coltivazione innovative, che nei laboratori le i nostri cavatori riescono ad estrarre in maniera or- ha ridotto di molto la manodopera impiegata, pur au- dinata e precisa la pietra in luoghi e situazioni oggetti- mentando incredibilmente le produzioni. vamente molto difficili (cave con piode molto inclina- Nelle cave la tecnica delle mine in galleria è stata sop- te o abbarbicate su pareti vertiginose nelle quali sono piantata a favore di interventi molto meno dirompen- pure stati installati gli immancabili derrick34). Ciò ha ti che salvaguardano il giacimento; oggi all’esplosivo - fatto sì che siano stati chiamati in diverse parti del mon- che viene utilizzato con molta parsimonia, si pensi che do (Spagna, Portogallo, Brasile, Sudafrica, India, Co- usualmente non sono necessari più di 25-60 grammi di rea, Russia, Cina, ecc.) a valutare i giacimenti e ad im- esplosivo per metro cubo di banco staccato, a seconda postare le coltivazioni. Alcune ditte hanno aperto e col- della giacitura, delle geometrie e dei volumi in gioco – tivano tuttora cave di materiali pregiati in Canada, Su- è affiancata la tecnica del taglio al monte con il filo dia- dafrica, Brasile. mantato. I laboratori sono dotati di macchine all’avan- Sull’indotto, invece, si deve evidenziare che imprendi- guardia per la segagione dei blocchi (i telai raggiungono tori locali (ad esempio le Officine Meccaniche Mari- ormai i 4 m di larghezza, che permettono di segare an- ni di Villadossola) hanno avuto un ruolo di primo pia- che tre blocchi appaiati in 48 ore); hanno frese in gra- no nella costruzione di macchine utensili, sia da utiliz- do di tagliare in qualsiasi piano; le lucidatrici lucidano zare direttamente in cava (tagliablocchi35, aspiratori per i pacchi di lastre, in modo completamente automatico, le polveri, perforatori silenziati, filo diamantato, ecc.), appena uscite dai telai; possiedono macchine a control- sia da utilizzare nei laboratori di lavorazione (dischi dia- lo numerico in grado di riprodurre qualsiasi disegno. mantati36 e macchine utensili complete). Diversi sono La Provincia del VCO copre, con le sue 300.000 ton- i brevetti detenuti e le macchine sono esportate in tut- nellate di prodotti commerciati, circa il 60% del quan- to il mondo.

327 Deposito blocchi di granito.

Importanza dell’attività estrattiva adottare una certa cautela poichè le quantità di materia- Come si è capito nei paragrafi precedenti, la ricchezza le disponibile (cfr. paragrafo 4) non sono quelle effetti- mineraria del territorio del VCO è costituita dalle pie- vamente cavate ma quelle estraibili; si ha cioè il compu- tre ornamentali, presenti con una varietà estetica vera- to di una ricchezza potenziale. L’ordine di grandezza di mente notevole. questa ricchezza, riferita al 2004, si ha moltiplicando le La atavica cultura della pietra e la tecnologia sviluppata quantità annue dei vari materiali estraibili per il prezzo proprio in questa area, che mette in grado gli operato- medio di vendita. Non è facile valutare il prezzo medio, ri di estrarre la roccia nelle condizioni più difficili, uni- dato che si parla di quantità estraibili, quindi compren- ta alle varietà di pietre e alla capacità di lavorazione fa sì sive di percentuali di scarto, di materiale di 1a scelta, di che le nostre pietre siano conosciute e richieste in tut- 2a scelta, etc. In base all’esperienza e ai prezzi di mer- to il mondo. cato correnti dei vari materiali, si può ragionevolmente L’estrazione della materia prima e la sua successiva la- stimare che tale citata ricchezza potenziale sia dell’ordi- vorazione hanno creato un tessuto socio economico sul ne di circa 110-120 milioni di Euro. E’ doveroso pun- quale oggi è in larga misura basato il benessere della tualizzare che, dimostrato dalla esperienza di tanti anni, Provincia. E ciò è un valore determinante se si pensa il materiale veramente estratto annualmente rispetto a che in quelle vallate dove risiedono le cave, e dove per quello estraibile è di circa il 50%; la ricchezza reale po- conseguenza sono sorti i laboratori, non esiste pratica- trebbe quindi aggirarsi sui 55-60 milioni di Euro. mente altra ricchezza. A questa cifra va inoltre sommato il valore aggiunto Quanto possa contare questa attività in termini eco- prodotto dalle lavorazioni, capace di aumentare da 3 a nomici è facilmente desumibile, seppure sia necessario 5 volte (a seconda del prodotto finale) il valore iniziale

328 del materiale. Benché i concetti sopraesposti non pos- forti (soprattutto il marco tedesco). Sul fronte ammi- sano sicuramente definirsi una analisi di mercato, tut- nistrativo sicuramente le leggi non aiutano. Sono tante, tavia dimostrano che le cifre in gioco sono di tutto ri- faragginose, poco chiare, tra loro sovrapposte. Gli iter spetto, soprattutto se rapportate alla superficie del terri- per ottenere le autorizzazioni per coltivare cave raccon- torio provinciale e alle popolazioni dei Comuni con vo- tati dagli imprenditori che le hanno aperte in altri Pae- cazione estrattiva. si (non del terzo mondo ma in Spagna, Portogallo, Ca- nada) paiono veramente racconti di fantascienza! Senza Conclusioni contare che per utilizzare l’esplosivo, insostituibile ferro La cultura del “sasso”, la grande varietà e bellezza del- del mestiere, si devono rispettare rigide procedure con le nostre pietre ornamentali, la perizia raggiunta nella risvolti spesso penali. loro escavazione, la loro importanza socio economica Gli imprenditori locali, pur avendo costituito l’Assoca- sono caratteristiche che di primo acchito porterebbero ve un trentennio fa (correva l’anno 1974) e più recente- a pensare ad un facile mantenimento e ad un incremen- mente, nel 2001, l’Assograniti, associazioni di cavatori to dell’attività estrattiva e di lavorazione. In realtà, inve- e lavoratori della pietra, per fronteggiare alcune proble- ce, sono parecchi e non di poco conto gli ostacoli che si matiche comuni (ottimo il metodo studiato e adotta- debbono superare anche solo per mantenere questa im- to per la distribuzione quotidiana dell’esplosivo in tutte portante attività ai livelli attuali. le cave a prezzi vantaggiosi, ancora oggi utilizzato) non In primo luogo bisogna tenere presente che ormai il hanno quello “spirito di corpo” che contraddistingue, mercato è diventato veramente globale. Tale vocabolo, invece, altri distretti della pietra (Carrara e Verona). Ciò del cui uso si è spesso abusato, negli ultimi anni ha as- si traduce in almeno due svantaggi: sunto il suo vero valore: oggi chiunque, dalla grande • Difficilmente si riesce a concorrere per le forniture azienda al privato cittadino, è in grado, stando seduto più importanti e remunerative, che presuppongono nel proprio ufficio o nella propria casa, di sapere qua- uno sforzo comune di diverse aziende temporaneamen- li sono i materiali offerti da tutti i Paesi produttori, per te consorziate di produttori di materia prima (cave) e che cosa possono essere utilizzati, quanto costano, da di laboratori. dove vengono, dove si possono reperire, ecc.; tutto ciò • Non si riesce a fare “lobby”, cioè a creare un sogget- grazie a quella meravigliosa invenzione che si chiama to che ha chiare le proprie esigenze e si muove in tutte Internet. In queste circostanze non esistono più, o si le direzioni per salvaguardare le proprie legittime rendi- stanno rapidamente esaurendo, quelle nicchie di mer- te (in Italia tale termine evoca qualcosa di disdicevole, cato alle quali era abituata la maggioranza delle aziende mentre nel mondo anglosassone è assolutamente nor- del settore. La concorrenza, dunque, non è più interna male che una categoria di imprenditori si adoperi, ov- (a livello regionale o tuttalpiù nazionale) ma è a livello viamente in modo lecito, per difendere i propri interes- di pianeta, globale appunto. si). Così non solo non si riesce a condizionare, alme- A ciò si deve aggiungere che molti dei concorrenti sono no per quanto possibile, il mercato, le scelte politiche, i in grado di offrire materiali anche molto belli a prezzi prezzi, la valorizzazione dei prodotti, ecc., ma neppure assolutamente inferiori dei nostri. Basti pensare ai co- si ottengono nelle negoziazioni i vantaggi determinati siddetti Paesi emergenti (la Cina innanzitutto, se anco- dal potere contrattuale derivante dalle grandi quantità ra si può definire emergente, il Brasile, i Paesi dell’Est di merce che si devono acquistare; si pensi a tutti i ma- europeo) che hanno un costo del lavoro molto basso e teriali di consumo che necessitano in cava (come esem- hanno, almeno per ora, costi legati alla sicurezza e al- pio ci si può riferire ai fioretti37, di cui se ne consumano l’ambiente molto meno elevati dei nostri. ingenti quantità) e nei laboratori (si pensi solamente a A livello europeo l’introduzione dell’Euro ha tolto le fa- quanti dischi diamantati vengono utilizzati). cilitazioni di vendita che la svalutazione della Lira pe- Non è facile rispondere efficacemente alle problemati- riodicamente determinava nei confronti delle valute che prospettate. Alla spietata concorrenza cinese (e non

329 solo) non si può senz’altro pensare di far fronte con do odierno, con i frenetici ritmi che impone, non per- l’abbassamento dei prezzi, bensì con identificazioni cer- metterebbe recuperi. te dei nostri materiali e con la loro ripetibilità (ovvero la possibilità di fornire materiale di uguali caratteristiche anche a distanza di tempo) e con la qualità di produ- zione e lavorazione. In tal senso bisogna dire che le isti- tuzioni e gli imprenditori si sono già mossi. La Provin- cia del VCO ha finanziato borse di studio universitarie per la caratterizzazione dei nostri materiali e per trova- re una formulazione di “marchio d’origine”. Con fon- di provinciali e contributo regionale è in fase di costitu- zione a Crevoladossola il “Centro per la qualificazione dei materiali lapidei del VCO”, società pubblico-priva- ta (formata da Provincia, Comune di Crevoladossola, CCIAA, associazioni di categoria, imprese e Università) che ha per fine la marchiatura CE sui prodotti lapidei nonché lo sviluppo di tutte quelle iniziative tese alla va- lorizzazione dei materiali (marketing, ricerca applicata, studi di settore, sviluppo della filiera del lapideo, ecc.). Siamo certi che anche le aziende sapranno superare le incomprensioni e le particolarità a vantaggio del bene comune. Se tutti faranno la loro parte, e non ne dubitiamo, que- sto affascinante mondo continuerà a vivere permetten- do a tutti di godere delle bellezze che con la pietra si possono creare e potrà essere conservato quel patrimo- nio culturale e di conoscenze acquisite in secoli di espe- rienze. Perderlo anche solo per un attimo potrebbe vo- ler dire perderlo per sempre, perché il frettoloso mon- Candoglia, la Cava del Duomo.

Note vendosi, si scontrano sollevandosi. 4 Si riferiscono alla teoria della deriva dei continenti di cui alla nota 1. 1 M. Braga, Dizionario dei picasass, inedito – A.G. Roggiani, Ap- 5 Complesso di trasformazioni di struttura e costituzione mineralo- punti per una mineralogia dell’Ossola, La dolomia di Creola alla gica e di composizione chimica che le rocce subiscono dopo o du- cava Baulina, Domodossola 1968 – Pietre ornamentali del Piemon- rante il loro processo di formazione. te, pubblicazione ICE (Istituto Nazionale per il Commercio Estero) 6 Minerale di colore azzurro pallido costituito da silicato di allumi- e Regione Piemonte, 1a edizione Gennaio 2000. nio che cristallizza nel sistema triclino. 2 Pietre ornamentali del Piemonte, pubblicazione ICE (Istituto Na- 7 Minerale di colore rossiccio-grigiastro a lucentezza vitrea costitui- zionale per il Commercio Estero) e Regione Piemonte, 1a edizione to da silicato di alluminio, strutturalmente appartenente ai neosili- Gennaio 2000. cati, che cristallizza nel sistema rombico. 3 E’ la formazione dei rilievi terrestri. Tra le molte teorie, attualmen- 8 Con attività plutonica si intende il fenomeno di parziale o totale te è ritenuta valida l’ipotesi della tettonica a zolle (o a placche), inter- fusione di porzioni della crosta terrestre sialica (dove vi è prevalenza pretazione moderna e controllata della teoria di Wegener o della de- di silicio e alluminio) e successiva risolidificazione. riva dei continenti, secondo la quale parti di crosta terrestre, muo- 9 I fenomeni di questo periodo rendono le rocce generalmente so-

330 vrasature (la saturazione si intende nei confronti della silice [SiO2]) la prima fase. Le altre fasi sono l’evento mesoalpino (da 50 a 30 milio- e caratterizzate da valori bassi del rapporto ferro magnesio [FeO- ni di anni fa) e l’evento neoalpino (da 30 milioni di anni fa ad oggi). tot/MgO]. 27 Grande massa di roccia intrusiva a struttura olocristallina dai con- 10 Rocce metamorfiche formate da minerali lamellari e fibrosi a stra- torni irregolari posta a profondità inaccessibile all’indagine diretta. tificazione parallela. Tenendo conto della loro composizione chimi- 28 Gneiss derivante da rocce sedimentarie. ca e mineralogica si distinguono: gli gneiss, che sono rocce scisto- 29 E’ la proprietà di sfaldarsi facilmente lungo piani preferenziali, so-cristalline costituite prevalentemente da quarzo, ortosio e mica; piode, in lastre di piccolo spessore. i micascisti, costituiti da quarzo e mica; le quarziti, costituite essen- 30 E’ costituito da un cavo di acciaio sul quale sono montate le perli- zialmente da quarzo. ne, cilindretti di diamante sintetico, tenute ferme nella loro posizio- 11 Vedi nota 1. ne dai distanziatori, cilindretti di plastica posti tra una perlina e l’al- 12 Diversi tipi di rocce. tra. Il filo è chiuso ad anello tra la macchina che gli imprime il mo- 13 Enormi masse rocciose della crosta sialica che, dopo una parziale vimento e la roccia, provocando così il taglio. o totale fusione dovuta a fenomeni di palingenesi (rifusione di roc- 31 E’ il piano di discontinuità principale, che si ripete con regolarità ce in zone profonde dovuta o a penetrazione di magma o all’azio- nell’ammasso roccioso. ne combinata del calore e di gas dei magmi sottostanti), ritornano 32 Si intende la porzione isolata, con i vari tagli, dall’ammasso roc- allo stato solido. cioso che sarà successivamente sezionata in blocchi di dimensioni 14 Sedimenti o rocce sedimentarie che mostrano evidenze di essere state commerciali. soggette a processi metamorfici (evidenze metamorfiche poco accen- 33 G. Margarini e C.A. Pisoni, Il granito di Baveno. Un pioniere: tuate che rendono riconoscibile la struttura originaria della roccia). Nicola Della Casa, Alberti Libraio Editore, Verbania Intra 1995 – 15 Intrusioni all’interno della crosta terrestre a carattere calcalcali- U. Chiaramonte, Economia e sviluppo industriale – ECOSP (Eu- no (vedi nota 7). ropean Conference on Stone product Protection) Conference, Car- 16 E’ l’insieme dei caratteri chimici delle rocce eruttive che permet- rara 30 Maggio 2004. tono di distinguerle. 34 Gru a struttura a traliccio costituita da una colonna (spesso alta 17 Si definisce vergenza di una piega l’inclinazione o il coricamen- più di 30 m), un braccio in grado di inclinarsi e brandeggiare per to del suo piano assiale verso un determinato punto cardinale. Nel- 270°, due tiranti formanti tra loro un angolo di 90°, di lunghezza la fattispecie la piega è vergente a sud est. opportuna a seconda delle condizioni morfologiche, spesso anco- 18 Si definisce faglia la frattura di masse rocciose accompagnata dal- rati direttamente sulla roccia. La lunghezza del braccio può arriva- lo spostamento relativo degli strati lungo il piano di frattura stesso re ad oltre 70 m e la portata a 30 t (dipende dalla inclinazione del (piano di faglia). braccio: più ci si avvicina all’orizzontale più la portata diminuisce, 19 Il risultato dello scontro continentale ha dato luogo a una struttu- e viceversa). ra a falde di ricoprimento. Lo schema classico di Argand (1924) met- 35 Slitte costituite da profilati metallici che permettono la traslazio- te in evidenza, a nord delle Alpi Meridionali, i gruppi di falde Pen- ne orizzontale e verticale dei perforatori su di esse montati. Permet- nidi, Austridi, Elvediti e Ultraelvetidi. Le unità Austroalpine sono tono di eseguire perforazioni perfettamente allineate lungo direzio- un sistema composito di falde appartenenti a quelle Austridi che, ni predefinite. nel loro spostamento verso l’esterno della catena, si sono sovrap- 36 Dischi sulla cui circonferenza sono riportati degli inserti diaman- poste alle Pennidi. tati (prodotti artificialmente) che, girando velocemente, sono capa- 20 Il dominio Pennidico è quello delle falde Pennidi, che si estende ci di tagliare i blocchi di roccia. Hanno diametri che vanno da 300- nelle Alpi occidentali dal mar Ligure fino al passo dello Spluga e al 400 mm (per le frese) a 3.600 mm (per il taglio di blocchi da te- gruppo del Bernina. laio). Possono essere montati singolarmente o a pacchi con deter- 21 Con il termine gneiss si indicano le rocce metamorfiche (cioè che minato interasse tra loro (nei tagliablocchi sono montati 30-40 di- si sono trasformate) olocristalline contenenti uno o più feldspati schi per volta). come costituenti essenziali e altri minerali diversi che li distinguo- 37 Aste a sezione esagonale di acciaio molto resistente con punta no, per es., in gneiss anfibolici, biotitici, ecc.. in “widia” (acciaio speciale) a forma di scalpello, forate all’interno 22 Strato geologico piegato con la convessità verso il basso. per consentire il passaggio dell’aria compressa e dell’acqua. I fioret- 23 Gneiss derivante da roccia eruttiva. ti sono montati su perforatrici che gli imprimono un moto rotato- 24 Rocce arcaiche. rio e una forza assiale e quindi consentono la perforazione della roc- 25 Sono quelle che hanno i fianchi della piega tra loro paralleli, cioè cia. Le lunghezze dei fioretti vanno da 60 cm a circa 12 m ed han- formanti un angolo pari a 0 gradi con l’asse della piega stessa. Sono no diametri variabili, a partire da 32 mm (normalmente usato). Per pieghe molto accentuate con forma ad “U”. fori più lunghi si possono, con speciali manicotti, congiungere più 26 L’evento eoalpino, verificatosi tra 130 e 50 milioni di anni fa, fa aste fino a raggiungere la lunghezza voluta (più il foro è lungo e più parte della complessa evoluzione dell’orogene alpino e ne costituisce aumenta il diametro).

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L’architettura tradizionale Galeazzo Conti e Gilberto Oneto

L’architettura spontanea rappresenta la perfetta sintesi trabili alcuni caratteri comuni, condivisi e costanti. dell’equilibrato rapporto fra le caratteristiche del terri- Il primo è riconducibile alla antichità e stabilità degli torio e le espressioni formali, culturali e simboliche del- insediamenti. Gran parte dei centri abitati hanno ori- la nostra gente. Essa costituisce un patrimonio cultura- gini antichissime e dimostrano l’inossidabilità di quel- le che si è costruito nel corso dei secoli, attraverso ag- la che il Lavedan ha definito “legge di persistenza dei luo- giustamenti e verifiche continue. ghi”: sugli stessi siti si sono sovrapposti con continuità L’Ossola è ricchissima di monumenti e di architettu- insediamenti di epoche e di culture diverse, che hanno re importanti, ma soprattutto è costellata di una enor- tratto vantaggio da tutti gli elementi funzionali e sim- me quantità di opere minori, di tanti piccoli interventi bolici che ne avevano favorito la scelta originaria. In- che hanno costruito un continuum, unico per ricchezza fatti, non si ha notizia di spostamenti consistenti e tut- e armonia. È proprio questo patrimonio che oggi cor- ti gli agglomerati abitativi hanno continuato a essere ri- re i maggiori rischi di degrado, abbandono e distruzio- costruiti e mantenuti sul sito inizialmente scelto, an- ne: non è difeso da leggi o vincoli ed è affidato solo al che se ciò è avvenuto in epoca antichissima, general- buon senso e alla cultura dei suoi abitanti. Un tempo le mente in base a ragioni quali l’esposizione, la difendi- cose si facevano secondo certi criteri e certe immagini bilità, la visibilità, la disponibilità di acqua o di altre ri- (che sono oggi percepite come la cultura architettoni- sorse, oppure anche per fattori magici, simbolici e reli- ca locale) perché era normale farle così, perché erano le giosi. In generale, anche il tipo di insediamento è com- sole maniere praticate per affrontare e risolvere i corren- plessivamente omogeneo, caratterizzato da agglomera- ti problemi costruttivi: oggi ci sono cento altre alterna- ti di dimensioni piuttosto limitate che vengono circon- tive industriali, prefabbricate, esotiche. Forse sono più dati da abitazioni sparse, usate tutto l’anno oppure solo semplici, più rapide o più economiche, ma sicuramente stagionalmente, in uno schema che ricorda la propen- sono meno adatte a preservare la bellezza e la salute del sione per il diradamento sul territorio tipico delle popo- paesaggio. La naturalezza degli antichi legami che uni- lazioni di origine celtica e germanica. vano i nostri antenati con la terra su cui (e di cui) vi- Il secondo criterio di comunanza è dato dal tipo di ag- vevano è in larga parte venuta meno. Siamo spesso di- glomerazione: si tratta quasi sempre di insediamenti stratti dalle grandi opere e ci dimentichiamo di quelle compatti, costruiti attorno a un elemento di comunica- piccole, ci affanniamo sui massimi sistemi e trascuria- zione primario come una strada, una piazza o un ponte. mo quei dettagli che, invece, costituiscono la quasi to- È interessante notare come gli edifici religiosi e –dove talità di ciò che percepiamo guardandoci intorno. Tanti ci sono– quelli militari si trovino con grande costanza piccoli interventi bene eseguiti fanno un bel paesaggio, ai margini dell’insediamento, quando non addirittura tanti piccoli pasticci lo distruggono. al suo esterno, mentre sono rarissimi i casi in cui chie- se importanti e antiche siano al centro del paese: esse In tutta l’Ossola, fatta salva la parziale eccezione delle sono quasi sempre poste in posizione importante o do- alte valli Walser, nelle espressioni di architettura popo- minante, ma fuori dal nucleo abitativo più antico. Gli lare e di gestione del paesaggio sono facilmente riscon- esempi in Ossola sono molteplici, dal tempietto di Le-

333 ponzo di Roldo alle chiese di Crevola o Trasquera; op- Un terzo elemento è costituito dallo speciale rappor- pure la chiesetta di Masera che presidia l’imbocco della to instaurato con il paesaggio: non solo gli insediamen- valle Vigezzo, a cui fa riscontro la ex chiesa di San Giu- ti sono solitamente collocati in posizioni di preminenza lio, posta in corrispondenza della fine dell’altipiano, un paesaggistica, ma spesso appaiono collocati con atten- modo da prospettare la discesa verso il fondovalle e che ta coerenza all’interno di un preciso disegno di sacraliz- ricorda, con la cappelletta “dell’addio”, la tradizione di zazione del territorio che, rispetto alle specifiche fattez- accompagnare gli emigranti che lasciavano la loro ter- ze orografiche, coinvolge edifici religiosi maggiori, sa- ra diretti in Francia, in Germania, nel Nord Europa o cri monti e una miriade di elementi devozionali minori nelle Americhe. (santelle, cappelle, croci stazionali, eccetera).

Valle Anzasca, frazione Colombetti di Castiglione.

334 Una quarta forma di stretta condivisione culturale è data dalla preminenza dei fattori cromatici e decorati- vi nella costruzione complessiva del paesaggio urbano. Gli edifici sono colorati e decorati anche con manifesta- zioni piuttosto sgargianti e disinvolte: si va dalle sfolgo- ranti tinteggiature degli intonaci alle finte architetture, fino a decorazioni pittoriche che trasformano le facciate degli edifici in veri e propri quadroni decorativi. Si trat- ta di una condizione costante e ripetitiva, che è comu- ne a tutto il mondo alpino e che risale sicuramente al- l’antica predisposizione per la decorazione artistica del- le culture di origine celtica e germanica. Un ulteriore elemento di comunanza è riscontrabile nella costante presenza di alberi e di verde, sia nei pres- si degli edifici sia all’interno degli agglomerati più den- samente edificati. Questo stretto rapporto fra architet- tura e mondo vegetale si basa su elementi utilitaristi- ci (la presenza di orti e di frutteti e la necessità di aver- li a portata di mano), microclimatici (l’ombra, la fre- schezza dell’aria e la difesa dal vento), estetici (le deco- razioni floreali) o simbolici come il tiglio di Macugnaga o i grandi alberi lasciati crescere per indicare la presen- za degli alpeggi più importanti (per esempio a Pogallo, dove un grande faggio si riconosce ben prima di intra- Cravegna, la casa del Papa Innocenzo IX. vedere l’abitato dal sentiero). In generale gli edifici dell’Ossola sono di foggia sem- per esempio la frazione di Sagrogno in Val Vigezzo. plice, parallelepipedi elementari e massicci (a volte con Le coperture sono realizzate con travi di legno e man- qualche minuscolo corpo annesso) che limitano le su- to di piode, di spessore variabile a seconda della dispo- perfici esposte e contengono le dispersioni termiche; nibilità locale del materiale e delle sue caratteristiche sono in di regola orientati verso valle, oppure verso sud. geologiche: in generale si tratta di lastre di scisti piut- Nel caso di piccoli edifici con frontone aperto, il lato tosto spesse, che conferiscono alle falde una pendenza minore è spesso esposto a meridione, per favorire la pe- molto accentuata. Gli aggetti sono contenuti, addirit- netrazione dei raggi solari nel locale sottotetto. Il diffu tura inconsistenti sulle fiancate laterali delle coperture so orientamento verso valle delle case che compongono a due falde. Coperture a tre o a quattro falde si ritrova- un agglomerato crea un costante contrasto con gli edi- no quasi esclusivamente in edifici più grandi e preten- fici religiosi principali, che generalmente sono liturgi- ziosi, quasi sempre costruiti ai margini degli agglome- camente “orientati” (nel senso etimologico più corretto, rati più importanti. cioè “rivolti con l’abside a oriente”). Le aperture sono regolari e di dimensioni contenute, Le murature sono in pietra, quasi sempre intonacate e con bassi rapporti fra altezza e larghezza. Le protezio- tinteggiate con colori vivaci. In molti casi le colorazio- ni –ove esistono– consistono generalmente in antoni di ni sono addirittura sfacciate: è infatti frequente trova- legno ciechi, decorati con piccole aperture intagliate al re sgargianti campiture azzurre, verdi, o viola. A volte centro. Molto spesso le facciate sono vivacizzate da log- interi fronti edificati sono caratterizzati dall’unitarietà ge ad archi e colonnine in pietra (in genere in posizione dell’architettura e dal contrasto delle pitturazioni, come centrale), o da balconate continue che circondano del

335 tatori, numerazioni civiche, insegne, iscrizioni, mosaici, eccetera. Assai spesso sulle facciate degli edifici ci sono edicole religiose o riquadri dipinti con soggetti sacri. Un elemento di costante caratterizzazione dell’architet- tura popolare è dato da presenze apotropaiche, magi- che o di espressività religiosa di tipo naturalistico. Que- ste sono formate da oggetti e figurazioni collocati sulle facciate degli edifici e, soprattutto, sulle porte di ingres- so. Si tratta in genere di elementi che servono a portare fortuna o a proteggere ritualmente gli abitanti, gli ani- mali e anche gli stessi edifici. Quasi sempre i collegamenti fra i diversi piani sono esterni ai fabbricati. Soprattutto negli agglomerati più alti queste conformazioni creano interessanti, e a volte complessi, intrichi di scale e archi di pietra che costitui- scono uno degli elementi percettivamente più evidenti. Gli edifici di civile (e stabile) abitazione sono spesso do- tati di fumaioli di foggia elegante e di buona altezza, ge- Casa del XIII secolo. neralmente collocati alle estremità del colmo di coper- tutto o in consistente parte l’ultimo piano dell’edificio; tura o sulle facciate laterali: in quest’ultimo caso la loro gli aggetti sono in pietra con ringhiere in ferro battuto altezza viene evidenziata e sono usati come importanti di forma semplice. elementi decorativi. Le finestre sono molto spesso decorate da cornici di- Anche la gestione del paesaggio è caratterizzata da una pinte o da finte architetture affrescate o eseguite in ri- forte presenza di manufatti in pietra a secco, che modi- lievo. Anche gli accostamenti cromatici sono coeren- ficano la morfologia locale per soddisfare esigenze pro- ti con l’obiettivo di arricchimento formale delle faccia- duttive. La diffusa presenza di giardini è una condizio- te. In generale i disegni delle finte architetture tendono ne piuttosto recente: in passato gli spazi esterni erano a complicarsi, in perfetta coerenza con un patrimonio utilizzati per colture orticole e fruttifere, sempre presi- di immagini diffuso in tutta l’area alpina. La simmetria diate dalla rassicurante presenza di essenze da fiore. e la vivacità sono tradizionalmente assicurate dalla col- Larga parte degli spazi aperti degli agglomerati era oc- locazione di finte finestre, che evitano il “peso” di pare- cupata da topie (sorrette da pali vegetali ma anche da ti cieche o di campiture troppo vuote. portapassoni verticali in pietra) e da viti sorrette dai Nella composizione delle facciate, porte e portoni di muri degli edifici. Questo utilizzo interessava anche le ingresso costituiscono un elemento di forte caratteriz- strade e i vicoli nei quali penetrava abbastanza luce so- zazione. Le ante –semplici, doppie o con portella in- lare: restano testimonianze di questa diffusa usanza in terna– sono in legno, quasi sistematicamente realizza- taluni residui di colture e nei portapassoni a forma di te con fasce orizzontali. Le cornici possono essere anche mensola in pietra che sono rimasti sulle facciate di mol- piuttosto complesse, in muratura o in pietra scolpita. te case ossolane. Le rostre di chiusura dei lunotti sopraluce sono in ferro battuto dalle fogge più disparate. Gli insediamenti Walser si trovano nelle testate della Il gusto per la decorazione è una costante dell’architet- Valle Anzasca e della Val Formazza, oltre alle enclave di tura tradizionale. Questo ha prodotto pitture di faccia- Ornavasso e di Migiandone. Nelle comunità della Bas- ta, sculture, trompe l’oeil, ghirlande, finte architetture, sa Ossola le tipologie edilizie sono estremamente simi- elementi di arredo vegetale, banderuole, battacchi, spal- li a quelle del resto dell’area. I soli elementi di apporto

336 esterno sono costituiti dalla presenza di grandi architra- terreno (come fa, purtroppo normalmente, la peggiore vi monolitici, da una meno sistematica presenza di pa- architettura moderna) ma appaiono come una emana- reti esterne intonacate e da taluni motivi decorativi mu- zione dello stesso suolo, quasi fossero un prolungamen- tuati direttamente dal prevalente utilizzo del legno tipi- to umano dei ritmi naturali. La stessa condizione vale co della cultura Walser. per le sistemazioni viarie e per gli interventi di suppor- Nelle comunità di Macugnaga-Makanà e della For- to alle attività agricole. mazza-Pomat gli edifici sono principalmente in legno e L’impiego pressoché esclusivo di materiali locali con- sono organizzati in insediamenti sparsi, secondo le ca- sente di fare delle costruzioni una sorta di continuazio- ratteristiche presenti in una vasta porzione di area alpi- ne formale e percettiva dei segni naturali: questa condi- na settentrionale, nella quale l’influenza Walser è piut- zione è particolarmente presente nelle opere di raziona- tosto diffusa. lizzazione del territorio (terrazzamenti, strutture viarie, Gli edifici sono quasi sempre costruiti con tecniche a opere di controllo dei corsi d’acqua), negli interventi blockbau (tronchi sgrossati tenuti assieme a incastro, o di supporto all’agricoltura e all’allevamento del bestia- con chiodi e cunei di legno) con tetti di piode o as- me (recinzioni, muri, topie, recinti, ricoveri), nei segni sai più raramente di scandole di legno. Gli edifici sono di sacralizzazione (santelle, cappelle, croci stazionali), spesso circondati da balconate e da loggiati in legno nella gestione degli spazi interni agli agglomerati (pavi- (soprattutto sulle facciate principali esposte a valle o a mentazioni, scalinate e gradonate, arredi) e nella forma- sud), arredati con rastrelliere utilizzate per l’essiccazione zione di orti e di giardini. dei prodotti agricoli o per sostenere vasi di fiori. Le bal- conate sono protette da listoni in legno intagliati e par- Per secoli e millenni la vicenda dell’architettura popo- te delle travature esposte è spesso decorata. lare e della gestione del paesaggio si è svolta con lentez- Per proteggere la struttura di legno dall’umidità e per za, con misurati cambiamenti evolutivi sottoposti alla aumentarne la durata nel tempo, gli edifici sono pog- tranquilla verifica dei tempi lunghi. Le mutazioni se- giati su muri e basamenti in pietra, che possono arri- guivano i cambiamenti economici e sociali delle comu- vare fino a contenere tutta l’altezza del piano terreno: nità e metabolizzavano gli apporti culturali provenien- in questi casi la parte in legno tende a sporgere rispet- ti dall’esterno. to alle murature, conferendo alle abitazioni la forma di Durante il secolo scorso questo antico e consolidato un “cassero” di nave. equilibrio si è rotto sotto la concomitante pressione del- In altri casi (soprattutto quando gli edifici sono desti- la rivoluzione industriale, del rapido incremento demo- nati a deposito di derrate agricole), la struttura di legno grafico, degli sconvolgimenti sociali e produttivi, della poggia sui caratteristici “funghi” di pietra, che garanti- motorizzazione. Inoltre l’arrivo di “mode” esterne, as- scono l’isolamento dal terreno, proteggono il legname sieme a un generalizzato processo di globalizzazione dei dall’umidità, impediscono l’accesso agli animali (bloc- modi di vita e delle immagini ambientali, ha di fatto cati dal largo disco appiattito) e consentono la concen- provocato la distribuzione degli stilemi antichi. trazione del peso sui pilastri di sostegno. La gestione del territorio, prima regolata dal rispetto della natura e dal puntiglioso utilizzo (e riutilizzo) di Nella cultura tradizionale l’ambiente fisico è visto come tutte le risorse, ha preso a seguire altre necessità e regole, un insieme completo, fatto di interventi architettonici, molte delle quali conseguenti all’esclusiva ricerca della di schemi agricoli, di sistemazioni urbane, di elementi soddisfazione di esigenze immediate e slegate dal conte- di arredo e di presenze vegetali e naturalistiche. sto generale territoriale ed ecologico. Tutto è gestito con lo stesso linguaggio, con lo stesso La pianificazione urbanistica ha sostituito antiche pru- senso delle proporzioni, con identici materiali e con denze e manifestazioni di buon senso con tecnicismi e schemi formali che si ripetono con rassicurante fami- ipocrisie che hanno dilatato le aree costruite, ribaltato gliarità. I volumi architettonici non sono mai calati sul antichi rapporti fra natura e costruito, e intaccato aree

337 che il rispetto e la saggezza avevano sino allora rispar- L’imposizione delle recinzioni a giorno ha distrutto ele- miato. menti di grande bellezza e funzionalità come i muri pie- Consolidate abitudini espressive sono state abbandona- ni, che fornivano un apporto eccezionale alla comples- te, spesso con disprezzo, e sostituite da tecnologie im- sa formazione della percezione spaziale degli antichi ag- prudenti e da stilemi privi di ogni verifica; la tradizio- glomerati. ne, tacciata di passatismo e di sottocultura, è stata sop- Il paesaggio si è riempito di condomini, capannoni, vil- piantata da modernismi, da mode passeggere, dalla più lette di molteplici stili, recinzioni stravaganti, brani di totale mancanza di riferimenti che ha prodotto –in ter- viabilità insensata: le antiche e rassicuranti coperture in mini architettonici– la più colossale confusione di stile- pietra sono state sostituite da banalizzanti elementi di mi e di segni e –in termini ambientali– dissesti fatico- cemento, l’intonaco plastico ha preso il posto del fasci- samente rimediabili. no (e della durevolezza) delle tinte a terre naturali e cal- La sostanza edificata più antica è stata abbandonata, ce. Nel complesso i nostri paesaggi sono diventati di- sottoposta a restauri disastrosi e banalizzanti, oppure sordinati, costipati e tristi, i nostri centri si sono tra- sostituita da nuovi interventi di nessuna qualità. Molti sformati in agglomerati banali e anonimi, le architettu- centri abitati hanno perso omogeneità e organicità, de- re appaiono sgradevoli e senza alcun legame con il po- vastati da inserimenti imprudenti e da uno stillicidio di sto e con la sua cultura. piccoli interventi incolti e improvvidi che hanno modi- I nostri vecchi ci avevano consegnato un paesaggio che ficato i rapporti dimensionali consolidati, sfilacciando era la somma organica delle qualità naturali e delle loro preziosi tessuti formali. fatiche continue e intelligenti, di tutti i loro interventi

L’oratorio di Crego di Premia.

338 che per secoli si erano sviluppati in totale coerenza e ri- Questo nuovo modo di operare deve prestare innanzi- spetto per le leggi della natura e per le vocazioni intrin- tutto attenzione al paesaggio e alle sue vocazioni e repul- seche del paesaggio. Ne era risultato un territorio bello sioni, deve tornare ad operare in sintonia e non più in e sano, in grado di sostentare generazioni di uomini che contrapposizione con esso. Deve essere rispettoso della con esso si erano completamente identificate. tradizione, delle sue forme espressive e delle sue lunghe Ancora non tutto è perduto e ci troviamo in una con- esperienze. Fare stravaganze e forzature comporta qua- dizione - dopo avere riconosciuto i nostri errori - che ci si sicuramente dei rischi; seguire le linee del linguaggio permette di cercare il modo per ricostruire un territorio tradizionale è invece sicura garanzia di successo. sano e bello da riconsegnare ai nostri discendenti. L’obbiettivo deve essere quello di fare tornare l’Ossola Il ricco patrimonio e repertorio dell’architettura popo- bella, ricca, prospera e gradevole. Il recupero e la rivi- lare è parte integrante e determinante dell’armonia am- talizzazione del linguaggio architettonico tradizionale è bientale che dobbiamo ricostruire. Serve innanzitutto forse lo strumento più efficace per raggiungere questo conoscere i suoi caratteri ed analizzarne il valore. importantissimo traguardo.

Antiche case a Montecrestese.

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Il turismo Carmine Gaudiano e Paola Caretti

Ogni racconto di vicende storiche che si rispetti do- tembre 1800 con lo scopo dichiarato pour faire passer vrebbe cominciare almeno dal tempo dei Romani. Tut- le cannon, si noti che l’Imperatore non vide mai l’ope- tavia, costoro, come turisti nell’Ossola sembra proprio ra realizzata in quanto per i suoi viaggi in Italia percor- che non ci siano mai venuti. E’ peraltro noto come essi se sempre altre vie), rese più facile il transito attraverso preferissero trascorrere le loro vacanze nelle lussuose vil- il passo e fece perciò confluire nell’Ossola un numero le in riva al mare o nelle amene campagne prossime a rilevante di viaggiatori. Molti di loro furono celebri nei Roma. Gli insediamenti romani ed i passaggi di trup- campi più disparati ed ognuno d’essi, come era uso al- pe che vi furono nell’Ossola non avevano scopi turisti- lora, lasciò in suoi scritti le impressioni ed i ricordi del ci, ma militari. viaggio. Non se ne possono citare che alcuni i cui nomi Scarsi gli scambi turistici anche nel periodo medievale per la fama da essi acquisita per le loro opere sono noti quando i viaggiatori si spostavano tra difficoltà e peri- a tutti noi. coli di ogni genere, quasi esclusivamente per ragioni di Transitarono e, seppur brevemente, soggiornarono nel- commercio o di fede. l’Ossola il poeta Alfredo De Musset, il grande Lord Per quanto fossero frequentati i passi tra le valli Anza- Byron, la scrittrice Aurore Dupin, la più nota con lo sca e Antrona con la Svizzera, i transiti avvenivano cer- pseudonimo George Sand, Richard Wagner, Charles tamente con altri scopi che non quelli turistici. Dickens, William Brockedon (viaggiatore appassiona- Non si possono definire turistiche neppure le frequen- to che dal 1821 al 1829 attraversò le Alpi circa 60 vol- ti calate di Svizzeri che nei secoli XV e XVI avevano per te e che descrisse i suoi viaggi in un celebre libro Journal scopo fondamentale quello di prendere (non compera- of excursions in the Alps, dal quale sono tratte gran par- re, si noti) ciò che di utile e commestibile si trovava nel- te delle stampe dell’Ossola che oggi sono raccolte dagli l’Ossola. appassionati), Alessandro Volta (che sostò a Domodos- Si può ritenere che i primi viaggiatori che vennero nel- sola, non in albergo ma in casa di amici nel novembre l’Ossola con scopi veramente turistici, nel senso in cui del 1787), Alessandro Dumas (il quale lasciò le sue im- si intende oggi il termine, furono i viaggiatori che, at- pressioni in un libro Impressions de voyage), Felix Men- traverso il Sempione, venivano in Italia o la lasciavano. delsohn Bartholdy. Ciò avvenne alla fine del 1700, quando apparve sulla Alcuni di questi viaggiatori (e furono molti se i passaggi scena del mondo dei trasporti la carrozza come norma- in diligenza attraverso il Sempione negli anni dal 1850 le mezzo per effettuare viaggi a grande distanza, così da al 1905 furono di ben 152.806 persone) non si limita- consentire a viaggiatori abbienti (nobili, letterati, stu- rono ad attraversare l’Ossola ed a sostare il tempo ne- diosi) di affrontare il viaggio senza utilizzare né muli, cessario per un riposo notturno ed un ristoro, estesero né cavalli, né le lente e scomode diligenze. il loro viaggio alle valli laterali. La costruzione della strada napoleonica del Sempione, Particolarmente furono oggetto di visite turistiche la che Napoleone volle far aprire per facilitare i contat- valle Anzasca e Macugnaga e la valle Formazza con la ti tra Ginevra e Milano (l’ordine venne dato il 7 set- Cascata del Toce.

Rifugio “Maria Luisa” in alta Val Formazza.

341 Purtroppo, negli scritti di questi viaggiatori l’immagine pinismo, che già all’inizio del secolo aveva portato alle dell’Ossola turistica che ne esce è piuttosto deprimen- scalate delle cime del Monte Rosa dal versante di Ala- te. “Sfogliando i diari dei viaggiatori dell’Ottocento ci gna, per cui si ebbero presenze “turistiche” di alpinisti si accorge che sottolineano lo stridente contrasto fra lo particolarmente a Macugnaga. splendore artistico del paese e la sua miseria civile. Tut- Le quattro cime del Rosa sono scalate rispettivamen- tavia, se il caso del viaggiatore prevenuto e deliberata- te da Giordani di Alagna (1801), Vincent e Zumstein mente malevolo è piuttosto raro, molto frequente, in- (1820), don Gnifetti (1842), Smith, Hudson, Birkbeck vece, è quello del viaggiatore superficiale, convinto di e Stevenson (1855). Il 30 e 31 luglio 1889 compiva la potere trinciare giudizi definitivi in capo a pochi giorni prima scalata della punta Dufour don Achille Ratti che di soggiorno. In generale, le lamentele somigliano ab- divenne poi Papa Pio XI. bastanza a quelle che si sentono al giorno d’oggi: spor- I valligiani più esperti nelle scalate venivano assunti cizia, disordine, importunità degli accattoni, malafede quali guide e portatori per i forestieri, spesso stranie- degli esercenti, le strade rumorose e la più imbarazzan- ri e abitualmente inglesi, i quali soggiornavano in Ma- te mancanza di installazioni igieniche”. (da: Ladies and cugnaga presso gli alberghi che esistevano già in buon Gentlemen nell’Ossola di Marino Ferraris). numero sia quali hotel veri e propri (il Monte Moro Si salvano da queste critiche ben pochi alberghi, in par- ad esempio) sia come pensioni familiari gestite talora ticolare uno che oggi non esiste più: l’albergo Albasini da parenti di quelle stesse guide che vi indirizzavano i di Domodossola (che era situato nell’immobile ove ora clienti nell’attesa di affrontare la montagna. sono gli uffici del San Biagio). Evidentemente anche le cime delle altre valli ossolane Sul finire dell’800 ebbe notevole sviluppo anche l’al- attirarono gli alpinisti, ma nessuna vetta ebbe la sugge-

Mergozzo, la porta dell’Ossola.

342 stione della parete est del Monte Rosa che seppe attrar- re scalatori da tutta Europa. Era certamente quello alpinistico un turismo d’élite che spesso muoveva al seguito dello scalatore vero e proprio una piccola corte di amici e sostenitori. Una scalata di un certo impegno comportava poi un notevole impiego di guide e portatori, questi ultimi ef- fettivamente addetti al trasporto di vettovaglie e attrez- zature (sacchi, tende, scale, macchine fotografiche, al- timetri, ecc.) che accompagnavano in grande quanti- tà le spedizioni che all’epoca avevano forse una caratte- rizzazione scientifica più che non di puro divertimen- to. Erano “esplorazioni” oltre che escursioni, paragona- Sentieri nella natura. bili a quest’effetto quelle che, in epoca più prossima a noi ed ancor oggi, sono le imprese alpinistiche extraeu- lora lo sono ancor oggi in alcune località, ad esempio ropee. in Vigezzo) si aggiunse quello degli interessati alle cure Alla fine dell’800, primi del ‘900 il turismo diviene an- termali. Si affermarono: Bognanco, le cui acque sco- che per altre motivazioni non più soltanto alloggio di perte nel 1863 dal sacerdote Tichelli ebbero il loro pri- viaggiatori in transito, ma soggiorno prolungato. mo sfruttamento commerciale nel 1893 quando le sor- E si deve pensare che albergatori ed osti avessero ben genti divennero di proprietà dell’avv. Emilio Cavallini, migliorato la capacità ricettiva dei loro locali, rispetto ai il quale fece costruire un Kurhaus e le fece conoscere in padri che avevano ospitato i viaggiatori di un secolo pri- tutta Europa; Crodo, le cui acque erano conosciute dal- ma, se l’attività turistica riuscì ad avere lo sviluppo che la metà dell’Ottocento. ebbe in tutta la valle. In special modo Bognanco ebbe notevole sviluppo al- Ovunque sorsero nuovi alberghi di ogni categoria, an- berghiero e sotto tale aspetto fu la località ossolana, che se lo sviluppo più significativo lo ebbe proprio Ma- dopo Macugnaga, ad avere il maggior numero di alber- cugnaga. Formazza, da parte sua, salì alla ribalta con ghi di ogni categoria, dal grand hotel alla pensione fa- un’attrattiva nuova in cui i suoi valligiani si distinsero miliare. più degli altri: correre sulla neve con sottili tavole di le- Parlando di terme non si possono tralasciare le aquae gno ai piedi, detti ski. calidae dei Bagni di Craveggia, già note nel 1300 che, Questo mezzo di trasporto, non ancora sport, incu- tuttavia, non ebbero mai la rinomanza e l’utilizzazione riosì da prima pochi ardimentosi che si cimentarono turistica che meritano. a loro volta provando l’ebbrezza di folli discese e attirò In tutte le valli ossolane, esclusa forse Antrona dove una poi un numero sempre maggiore di appassionati che, certa attività turistica si sviluppò molto più tardi, nel per quanto possibile, si portarono in loco per vedere periodo successivo alla prima guerra mondiale, sorse- dal vivo le tecniche dei Formazzini e per carpirne qual- ro attrezzature alberghiere che in gran parte sono quel- che segreto. Si diceva ad esempio (questo però all’epo- le tuttora esistenti. ca della celebre gara di fondo detta trofeo “Valligiani” Ma all’Alpe Veglia l’Albergo Monte Leone, a Devero perché disputata tra sciatori residenti nelle valli alpine) l’Albergo Alpino, in Formazza alla Frua l’Hotel Casca- che le migliori prestazioni dei Formazzini derivassero ta del Toce erano già aperti negli ultimi decenni del- anche dal fatto che essi durante le gare non indossava- l’Ottocento. no… mutande! Una struttura particolare e curiosa venne installata vici- Al turismo dei viaggiatori, degli sportivi e dei villeg- no al passo San Giacomo, in alta Val Formazza: su pilo- gianti, come allora erano chiamati gli ospiti estivi (e ta- ni in cemento, all’inizio degli anni Trenta vennero po-

343 Fino a tempi recenti, in verità, poche persone crede- vano nel turismo come mezzo per risolvere i proble- mi economici della nostra Valle. Lo sviluppo industria- le con la creazione di nuovi stabilimenti e l’ampliamen- to di quelli esistenti, la costruzione delle dighe e del- le centrali idroelettriche, permettevano di considerare il turismo unicamente come un’attività complementa- re la cui realizzazione fosse puramente spontanea ed af- fidata a quei pochi privati che, come i parenti delle pri- me guide alpine, trasformavano le loro case in pensioni o alberghi. Tutto ciò, spesso nell’indifferenza più totale dei valligiani che vedevano nei villeggianti soltanto dei potenziali disturbatori della quiete dei loro paesi e dan- neggiatori di raccolti. Si dice che qualcuno a Formazza, ai tempi della costru- zione della strada carrozzabile, abbia detto che, per il bene del paese, sarebbe stato opportuno poter arrotola- re il nastro stradale come un tappeto e riportarlo a Do- modossola… Privo di ogni coordinamento, di un minimo di pro- grammazione ed anche di un forte apporto economico unitario, lo sviluppo dell’attività turistica ossolana sentì il difetto dell’incremento spontaneo. Seppure in alcune località ebbe sviluppo la capacità ri- Domobianca, piste da sci. cettiva, ben raramente fu accompagnata da strutture pubbliche adeguate (cinema, teatro, palestra, campo sati due vagoni ristorante, di quelli normalmente cir- sportivo, campi da tennis) così che rispetto ad altre lo- colanti sulle ferrovie, ed erano appunto utilizzati come calità turistiche di altre valli alpine (Valle d’Aosta, Val- ristorante (vennero distrutti durante l’ultima guerra e tellina, Trentino) quelle ossolane restarono sempre in non sostituiti). secondo piano e non ebbero quella notorietà che altre Particolarmente in valle Vigezzo, ma anche un po’ località, non più notevoli dal punto di vista ambienta- ovunque, per accogliere i “villeggianti”, oltre al poten- le, seppero raggiungere. ziamento delle strutture alberghiere, ebbe sviluppo l’af- Venne la guerra del 1940 e di turismo si parlò poco an- fitto di case private per la stagione estiva. Si affermò in che se l’Ossola fu frequentata da quei particolari turi- tal modo anche un turismo meno élitario e più popo- sti che erano gli “sfollati” delle città della pianura, sot- lare. Contribuì a tal fine anche la comodità di comuni- toposte a bombardamenti aerei e quegli altri, anche più cazioni con la Valle data dalla Vigezzina (ufficialmen- disperati che, ricercati dalle autorità militari per moti- te Ferrovia Domodossola-Locarno, gestita dalla Società vi razziali o politici (ebrei ed antifascisti), tentavano di Subalpina di Imprese Ferroviarie). raggiungere la Svizzera. Sorsero in quegli anni le Aziende Autonome di Soggior- Con il dopoguerra, riprendendo la vita normale, prese no e Cura di Bognanco, Santa Maria Maggiore e Macu- nuovamente fiato il turismo, ma ancora una volta l’Os- gnaga senza, tuttavia, che una struttura pubblica o pri- sola si presentò a questo appuntamento con l’economia vata si imponesse per organizzare, indirizzare, guidare senza un progetto unitario, non si dice per tutta la val- uno sviluppo unitario del turismo. le, ma almeno valle per valle.

344 In ogni paese ogni iniziativa turistica venne lasciata a se Ma allora la visione del turismo ossolano è solo pessi- stessa. Sorse qualche impianto di risalita sciistica (lo sci mistica? cominciava a conoscere quelle fortune che oggi ne fan- Certamente non è tutto negativo, molte cose sono sta- no un polo economico eccezionale) ma sempre senza te fatte e bene e c’è la capacità dei singoli di impegnarsi essere inserito in un adeguato piano. Si pensi ad esem- per migliorare le strutture esistenti (molti alberghi sono pio che il primo ski-lift venne installato al Devero, lo- stati rimodernati); impianti di risalita, forse non perfet- calità servita allora, simo negli anni ’50, da una funivia tamente integrati, ma sono stati costruiti un po’ ovun- con portata di circa 50-60 persone all’ora e ciò mentre que, e di tutto ciò si devono ringraziare quegli operato- in località della Valsesia erano già in funzione impianti ri che, fiduciosi del loro impegno, non si sono arresi da- da almeno 1.000 persone all’ora! vanti alle difficoltà e alla crisi. Ancora una volta Macugnaga fu all’avanguardia rispet- Qualche serio ed organico progetto di struttura turi- to alle altre località ossolane e installò da prima una stica venne fatto, purtroppo non seguito dalla sua rea- seggiovia e successivamente due funivie e numerosi ski- lizzazione, vedasi il progetto VE.DE-FOR che avrebbe lift, seguì poi una seggiovia anche a Formazza e un po’ dovuto interessare l’Alpe Veglia, il Devero e l’alta For- ovunque sorsero impianti di risalita alla Piana di Vigez- mazza, ma che per mancanza di finanziamento adegua- zo, in Val Baranca a Bannio, a Cheggio in Antrona, a to alla grandiosità delle idee non decollò mai. Goglio, a San Domenico, Domobianca. Tuttavia, questi impianti ebbero ed hanno la caratte- Dieci anni dopo: luci e ombre ristica di non essere integrati in una stazione turistica Dal 1995 ad oggi molto è cambiato. La deindustrializ- vera e propria. Anche il più recente e moderno impian- zazione del territorio ossolano e il progressivo spopola- to di San Domenico Neve, pur avendo innegabili pregi mento delle montagne hanno modificato gli assetti eco- di modernità ed efficienza ha, a giudizio di chi scrive, il nomici e trasformato il tessuto sociale dell’intera valle. grave difetto di non essere stato programmato e realiz- Tutto questo ha reso indispensabile ricercare idee e spa- zato in un contesto più completo di attività. Nell’epoca zi nuovi, percorrere strade mai finora percorse per rivi- dello ski-totale non è più possibile creare stazioni scii- talizzare i comparti produttivi e commerciali. Ed il tu- stiche che non abbiano capacità ricettiva sufficiente per rismo è stato da più parti individuato come un settore ospitare un numero di persone proporzionato alla por- di notevoli potenzialità. tata degli impianti, oppure assoluta insufficienza di po- Un certo vigore ed uno sforzo innovativo si sono in par- sti macchina o pullman nei parcheggi. Lo sviluppo tu- te sostituiti alla ben nota carenza di iniziativa locale, che ristico degli anni ’60-’70 è stato caratterizzato dalla cor- in passato ha ostacolato l’armonioso sviluppo di setto- sa degli Italiani alla “seconda casa”. Anche l’Ossola è ri economici portanti. Se ciò ha favorito un trend posi- entrata in questo grande affare ed ancora una volta la tivo del settore terziario (modesto ma costante), in spe- mancanza di piani, di programmazione e di organizza- cial modo nel turismo e nel commercio ad esso cor- zione (molti comuni erano privi di piani regolatori), le relato, ancora non sembrano raggiunti quegli standard ha impedito di sfruttare appieno questa occasione per “sostenuti e sostenibili” che possano offrire significative dare un’impronta veramente moderna al suo turismo. garanzie di crescita. La mancanza di visione unitaria del problema, non si Le antiche ombre continuano ad offuscare le nuove dice in tutta l’Ossola, ma almeno in ogni valle, e la luci. mancanza di una programmazione moderna e “scienti- Certo si è radicalmente modificato anche il concetto di fica” del fenomeno, ha permesso il sorgere di agglome- “turismo”, vocabolo coniato nell’Inghilterra di fine Set- rati abitativi o l’incremento edilizio di paesi e frazioni tecento per designare una pratica aristocratica, il Gran senza la creazione di quelle infrastrutture, anche mini- Tour, che portò gli intellettuali più curiosi ed intrapren- me, indispensabili per rendere adeguatamente sfrutta- denti del periodo a spasso per i paesi europei. La parola bile turisticamente un complesso di edifici. “turismo”, in fondo, venne accolta nel vocabolario ita-

345 Equitazione in riva al lago delle fate in Val Quarazza. liano solo intorno agli anni ’50: stiamo parlando quin- Grande riconobbe il valore “wilderness” dell’area selvag- di di un concetto relativamente giovane soprattutto per gia più grande d’Italia; nel 1995 furono unificate le aree le popolazioni alpine che, chiuse in un territorio perife- del Veglia e del Devero, dando vita ad un parco regio- rico e di confine, hanno imparato gradualmente a con- nale di 108 kmq. di territorio salvaguardato; nel 1991 dividere i loro territori con il mondo esterno. E a com- la Regione Piemonte istituì la Riserva Naturale Specia- prendere la necessità di confrontarsi con altre realtà, ad le del Sacro Monte Calvario di Domodossola, nel luglio uscire loro stessi dai confini naturali per ritornarci con del 2003 divenuto Patrimonio mondiale dell’Unesco; nuove conoscenze ed esperienze. e poi ancora nel 1990 l’oasi Naturale del Bosco Tenso Già, il turismo in un decennio è cambiato. Oggi si pre- di Premosello Chiovenda fu istituita dal Comune e dal senta sempre di più una tipologia di turista dagli in- Wwf per tutelare il residuo di bosco nella valle del Toce; teressi diversificati, “di nicchia”, che pretende risposte infine nel 1998 il Comune di Malesco e di Villette con professionali ed adeguate in tema di turismo ecologico, il Wwf istituirono l’Oasi Naturale del Pian dei Sali per naturalistico, ambientale, escursionistico, termale, reli- la tutela di un tipico ambiente umido di montagna. gioso, eno-gastronomico, culturale, congressuale, esti- Queste aree, unite a quelle già esistenti in provincia (la vo ed invernale… Riserva Naturale Speciale di Fondotoce, la Riserva Na- turale Speciale del Sacro Monte di Ghiffa, l’Oasi Fau- L’eco-turismo nistica di Macugnaga e il Giardino botanico Alpinia di Gli anni ’90 hanno visto l’istituzione delle più grandi Stresa) hanno consentito, a ragione, di battezzare il Vco aree protette ossolane. come “Provincia Parco”, grazie ai suoi 280 kmq. di ter- Nel 1992 l’istituzione del Parco Nazionale della Val ritorio protetto, pari al 12,5% dell’intera superficie pro-

346 vinciale. Le aree protette diventano quindi punto di ri- prendente. A dimostrazione del fatto che, quando i fi- ferimento per i cosiddetti “eco-turisti”, coloro i quali nanziamenti si riferiscono a progetti credibili e realizza- scelgono come meta di vacanza zone amene, lontane bili, i risultati sono concreti, anche in Val d’Ossola. dalla modernità esasperata e che soprattutto conserva- no intatti gli ecosistemi e le risorse ambientali. Indi- Il turismo enogastronomico spensabili compagni di viaggio sono diventati i nume- Ma veniamo ora al turismo “eno-gastronomico”, diret- rosi libri-guida e manuali di sentieristica locale che, per tamente collegato al precedente. completezza di dati tecnici e perizia degli autori, hanno Il desiderio dichiarato di aria aperta, natura e genuini- avuto buona diffusione. Il turismo sostenibile, quindi, tà ha fatto crescere un altro settore, legato alle produ- inteso come creazione di reddito per la comunità loca- zioni tipiche agroalimentari. I prodotti lattiero-caseari, le, unito alla protezione degli ecosistemi, diventa un’op- con il formaggio Bettelmatt che ha assunto un ruolo di portunità da non lasciarsi sfuggire. Le aree protette più prim’ordine nel settore grazie alla notorietà che ha ac- attive nell’ultimo decennio sono state in grado di in- quisito, in attesa di avere il riconoscimento di denomi- vestire nella sistemazione dei sentieri, hanno realizzato nazione d’origine protetta, sono ancora considerati dai percorsi didattici, centri visita, serate a tema e progetti turisti prelibatezze da acquistare prima di tornare in cit- legati alla salvaguardia della flora e della fauna. tà. Ma non solo. I turisti e i villeggianti sono presi per la Nel parco Veglia-Devero, per esempio, sono stati finan- gola da una gastronomia che, seppur fatta con prodotti ziati due progetti per il recupero di edifici storici, che “di nicchia”, ha fatto passi da gigante, perfezionandosi hanno lo scopo di incrementare la ricezione alberghiera nella qualità. Dai vini ossolani come il vecchio Prunent, senza stravolgere il paesaggio originale: il “Monte Leo- accompagnato dal Ca’ d’Matè, dal Merlot, Balòss, Noev ne” al Veglia, inaugurato nel 1884, ha ottenuto un co- Bruschett, e Cà d’Susana, che da dieci anni a questa spicuo finanziamento dalla Regione Piemonte per la parte sono sottoposti ad un progetto di valorizzazione sua ristrutturazione; il “Cervandone” al Devero, chiu- curato dalla Comunità Montana Valle Ossola, fino ad so dal 1973, è ora stato acquistato dall’ente parco e dal arrivare ai gustosi insaccati, al miele, al pane nero di se- Comune di Baceno con lo scopo dichiarato di riportar- gale, ai prosciutti vigezzini, i ristoratori hanno materia lo in vita. Certo questi ambienti di alta montagna han- prima a sufficienza per proporre menù esclusivamen- no ancora difficoltà di accesso, legate alla mancanza di te ossolani. Una nuova tipologia di turismo si è quin- adeguate infrastrutture viarie. Ma per ovviare in par- di sviluppata grazie alla periodica realizzazione di rasse- te alla carenza di parcheggi, dall’anno 2000 a Devero gne gastronomiche itineranti nelle diverse vallate, nelle è stato messo a disposizione un servizio di bus-navet- quali si propongono menù tematici. Ricordiamo, tanto ta ed è tuttora in corso di realizzazione un ampio par- per citarne alcune, le rassegne “I sentieri del gusto”, per cheggio interrato. iniziativa del parco Val Grande, “A…mico fungo”, per Nell’area wilderness della Val Grande, per citare un al- conoscere le specie commestibili dei boschi ossolani, e tro esempio, l’ente ha optato per una politica differente, poi ancora “Riso e lago”, che negli ultimi anni ha fatto concentrando gli sforzi anche su un Centro di Educa- tappa nell’Ossola. E a perpetrare il piacere della degu- zione Ambientale, nato a Cossogno con il nome di “Ac- stazione delle cose buone di montagna continuano, in quamondo” e sul Museo di Malesco, considerato che la estate, a dispensare cibi nostrani le varie sagre dei mir- natura del territorio è caratterizzata per la gran parte da tilli a Bognanco, della patata a Montecrestese, dell’uva sentieri adatti ad escursionisti esperti a Masera, del fungo a Trontano... Gli sforzi degli enti parco e degli operatori sono giu- stificati anche dalla costante crescita della domanda di Il turismo termale ecoturismo in Italia: si stima infatti che questa nicchia Una nicchia di mercato tuttora in fase di studio, ma an- di mercato assorba circa il 2% del turismo globale, con cora lontano dal possibile sfruttamento a livello econo- una crescita annua elevata e costante, per certi versi sor- mico sembra essere il “termalismo”, considerato dagli

347 amministratori provinciali nel 2003 obiettivo primario non parlare di Crodo, luogo che ha dato i natali al co- per una provincia “salutistica”. Le stazioni termali pre- nosciuto aperitivo biondo, il “Crodino”, o di Craveg- senti nel Vco possono infatti costituire un polo di be- gia, in Valle Vigezzo, la cui sorgente ha un’acqua ter- nessere, un valore aggiunto all’offerta del territorio. mominerale che sgorga ad una temperatura di 28°C. In totale sono undici le località di tutto il Vco (nove Qui sorse nel 1823 uno stabilimento dei Bagni, poi di- delle quali in Ossola) che vantano una risorsa di acque strutto da un incendio nel 1881, ricostruito e ridistrut- minerali: si tratta di Bognanco, Crodo, Baceno, Premia, to da una valanga nel 1951. Ora esiste quindi soltanto Trasquera, Craveggia, Malesco, Vanzone con S. Carlo, l’area disponibile alla ricostruzione. Sono undici real- Macugnaga, Baveno e Cannobio. Undici punti di forza, tà che rappresentano un bene naturalistico invidiabile, la cui qualità delle acque che sgorgano dalle fonti rap- ma che necessitano ancora di incentivi e di imprendito- presenta un patrimonio da sfruttare. ri lungimiranti in grado di operare per sfruttare al me- Alcune di queste sono state oggetto di massicci inter- glio le caratteristiche uniche delle acque. venti pubblici e privati: Bognanco si candida a diveni- re un polo d’eccellenza, grazie all’imprenditoria priva- Il turismo religioso ta che ha acquisito di recente la società delle terme. An- E vediamo ora il punto di svolta del turismo “religio- che a Premia, in Valle Antigorio, è in fase di costruzio- so”. I sentieri della fede realizzati all’interno del Sacro ne un moderno stabilimento termale che prevede una Monte Calvario, il sito nominato dall’Unesco il 3 lu- potenzialità ricettiva di almeno 150 utenti al giorno. A glio del 2003 “Patrimonio dell’umanità”, hanno atti- Vanzone, in Valle Anzasca, esiste una vasta area a dispo- rato in questi ultimi anni un numero sempre crescente sizione per la costruzione di una struttura termale e un di visitatori. L’ente che gestisce l’intera area ha messo a centro benessere, che potrebbe sfruttare la sorgente di punto una rete di offerte che soddisfano le richieste di acqua arsenicale-ferruginosa che contiene acido carbo- un’utenza sempre più sofisticata ed esigente, alla ricerca nico, detta “Vanzonis”. L’acqua Vanzonis agli inizi del di spiritualità e pace in un ambiente che, dal punto di Novecento era venduta in piccole bottiglie e le sue pro- vista storico ed artistico, ha tesori inestimabili da offrire prietà terapeutiche erano ben note ai turisti inglesi. Per allo sguardo. Il complesso monumentale delle 15 cap-

La ferrovia Domodossola - Locarno.

348 pelle, i resti del Castello Mattarella, i reperti archeolo- sori con i loro 140 km. di piste da discesa e 42 impian- gici e la Via dei Torchi e dei Mulini, ripristinata in que- ti di risalita si propongono su un sito internet completo sti anni, hanno reso la Riserva naturale un luogo dina- di webcam per dare in tempo reale le immagini di ogni mico e vivo, al riparo da impatti ambientali negativi, e località, le condizioni meteo e di innevamento. La pas- meta prediletta non solo di pellegrini, ma anche di sco- sione per lo sci di fondo può essere espressa in cinque laresche. comprensori dotati di oltre 80 km. di piste: a Macu- Trend in crescita dunque anche per questo settore che, gnaga, San Domenico, Devero, Vigezzo e Formazza. A con la spinta propulsiva dell’anno del Giubileo e gra- completare l’offerta le piste di snow-board, pattinaggio zie al sempre frequentato Santuario di Re, che richiama su ghiaccio o le pareti di arrampicata. E’ la prima volta ogni anno decine di migliaia di pellegrini, non ci sta a che in Ossola si tenta un approccio più moderno. fare il fanalino di coda del comparto, ma si è ritagliato Si tenta di far dialogare, con un unico linguaggio di di anno in anno una fetta consistente della torta. L’in- marketing, le genti delle valli e, finalmente, si propone cremento di presenze al Sacro Monte Calvario è andato in via sperimentale una sorta di ski-pass unico utilizza- al di là di ogni aspettativa: nel 1999 si sono contati cir- bile nelle differenti stazioni. Nonostante il passo avan- ca 4.400 visitatori, cresciuti a 9.415 nel 2000, a 14.300 ti, siamo ahimè in ritardo e, in un quadro altamente nel 2001, a 16.590 nel 2002, fino ad arrivare a 17.500 concorrenziale, rappresentato da stazioni sciistiche al- presenze nel 2003. Ancora una volta, quindi, il cam- l’avanguardia e facilmente accessibili, continuiamo a bio-marcia è stato effettuato da un’area protetta che ha far la parte del “parente povero”. Eppure i denari sono convenientemente saputo sfruttare appieno le proprie giunti in abbondanza. potenzialità, imponendosi in un contesto che supera i Cospicui finanziamenti sono stati promessi, per esem- confini locali, moltiplicando e diversificando l’offerta. pio, per realizzare opere di accompagnamento alle Olim- Certamente l’onorificenza ottenuta dall’Unesco forni- piadi del 2006 e, fra le più significative, vale la pena ri- sce un’occasione che dev’essere da più parti riconosciu- cordare il nuovo centro di fondo agonistico di Formaz- ta e raccolta, affinché il Calvario non rimanga relega- za, l’impianto antivalanghe di Macugnaga, i nuovi im- to nel suo “splendido isolamento”, ma possa interpre- pianti di Domobianca e il collegamento sciabile Bo- tare il ruolo di centro di proposta ogni giorno più frui- gnanco-Domobianca. Quest’ultimo, a dire il vero, og- bile da un pubblico colto e rispettoso, da cittadini del getto di perplessità e di polemiche che, non a torto, il mondo attenti ed esigenti nei confronti dei valori arti- progetto ha suscitato se si considera la scarsa fruibilità stici e culturali. dell’area e giustificato appare lo scetticismo che gli os- solani hanno dimostrato nei confronti dell’opera. Tutto Il turismo invernale ed estivo sommato, pare che l’Ossola godrà di benefici marginali Se prendiamo in considerazione il turismo invernale, in occasione dei giochi olimpici invernali. La speranza l’iniziativa più lodevole, sebbene realizzata con decen- è che tali finanziamenti promessi si traducano in opere ni di ritardo rispetto ad altre località dell’arco alpino, è valide che restino a disposizione della gente. E’ questo l’istituzione del comprensorio sciistico “Neveazzurra”, che fa la differenza… staremo a vedere. che include le ossolane Macugnaga, Domobianca, San Altri denari sono giunti come finanziamenti europei di Domenico-Ciamporino, l’alpe Devero, la Valle Vigez- progetti Interreg, per incentivare i rapporti transfron- zo e la Valle Formazza, oltre al Pian di Sole di Premeno talieri tra Italia e Svizzera. L’argomento meriterebbe un e al Mottarone. capitolo a parte, che dovrebbe trattare, tra l’altro, i fan- Neveazzurra, dal 2001, si è proposta di effettuare tomatici mega-progetti di metrò alpini. Uno studio di un’azione di marketing su tutto il territorio naziona- fattibilità ha interessato il versante italiano di Macugna- le, promuovendo lo sport alpino con l’aiuto delle nuove ga e quello svizzero di Saas Fee e avrebbe previsto un tecnologie, in vista dell’auspicato rilancio atteso per le tunnel lungo 3 km. e mezzo per un costo complessivo Olimpiadi invernali di Torino 2006. Gli otto compren- di 300 miliardi di vecchie lire.

349 Un altro studio ha interessato la Valle Formazza e Bo- Comunità arrivi presenze sco Gurin: il Walser Metrò avrebbe rappresentato un Montana complessivi complessive collegamento veloce mediante funicolare: costo previ- Monte Rosa 135.400 648.519 sto 50 miliardi di lire. Considerata l’ovvia impraticabi- Valle Antrona 7.000 34.816 lità, questi ed altri numerosi progetti sono rimasti sul- Valle Ossola 213.373 777.247 la carta e possiamo quindi affermare senza possibilità di Valle Vigezzo 151.622 813.882 smentita che non sempre il denaro pubblico è stato spe- Valli Antigorio Formazza 110.331 468.474 so al meglio… (Presenze e arrivi complessivi per Comunità Montana dal 1995 al Ma vediamo qualche dato. Secondo un’indagine sulla 2003 compresi. Fonte: Osservatorio del turismo provincia del Vco). stagione invernale 2002-2003, promossa dall’Osserva- torio turistico regionale, l’Ossola nell’inverno del 2002 lontano godettero di fama internazionale. Di sicuro avrebbe mantenuto un terzo posto nella graduatoria re- ha finito col pesare negativamente l’evidente ritardo di gionale, dopo Val di Susa e Cuneese, contando su qua- rinnovamento dell’intera stazione di Macugnaga, con si 36.000 presenze e un mercato estero proveniente da un’offerta assai poco diversificata e poco attenta ai biso- Regno Unito, Francia, Germania e Svizzera. gni del nuovo turista che, in altre zone alpine, trova ben Le presenze turistiche sono comunque scarse, variabi- altre infrastrutture. li e dipendenti dalle condizioni d’innevamento e, sen- za dubbio, in ribasso rispetto alle stagioni invernali del Le strutture ricettive e le infrastrutture 1992, 1997 e 1998 in cui si sono toccate le 60.000 pre- Per quanto riguarda l’offerta di posti letto in Ossola, senze. Per quanto riguarda la stagione estiva, vanno tra alberghieri ed extra-alberghieri, l’osservatorio turi- presi in considerazione, oltre al turismo più tradizio- stico regionale nel 2002 li stima in 6.555; i posti let- nale, residenziale, decisamente influenzato dalle varia- to nelle altre tipologie di abitazione sarebbero il dop- bili meteorologiche, anche quello “sportivo”, calamita- pio: 12.443. Il turismo legato alla “seconda casa” è an- to dai numerosi eventi organizzati e da attività pratica- cora quello trainante e le strutture alberghiere esistenti bili in zona. sarebbero sottoutilizzate, o meglio, funzionanti a pieno Mountain bike, gare ciclistiche e podistiche, trekking, regime solo in alcuni brevi periodi dell’anno. Non man- parapendio, arrampicate si affiancano ora alle attivi- cano però segnali di crescita, in particolare per quei ri- tà tradizionali di caccia e pesca, tutti settori in cresci- coveri che garantiscono buona ospitalità a basso costo: ta promettente. basti pensare al circuito di bed & breakfast, di agrituri- smi e al numero di ristrutturati bivacchi e rifugi alpini Dati e numeri su arrivi e presenze che da qualche anno si propongono sul mercato. Il tu- Analizzando alcuni dati, forniti dall’Osservatorio del rismo “mordi e fuggi” caratterizza ancora le montagne Turismo della Provincia del Vco e relativi agli arrivi e ossolane e il periodo di soggiorno medio in zona non alle presenze turistiche nelle cinque Comunità Monta- arriva ai tre giorni. ne – Valle Ossola, Monte Rosa, Valle Vigezzo, Antrona, Certo i nostri turisti sono spesso maltrattati da una rete Antigorio-Divedro-Formazza – risulta che l’anno nero stradale vecchia e sgangherata. Pensiamo quali danni ha è stato il 2002, con un bilancio che segna un totale di subito l’Ossola in seguito all’alluvione del 2000: Macu- 64.362 arrivi e 259.886 presenze, mentre anno decisa- gnaga isolata per settimane, Bognanco e le sue frazio- mente positivo è stato il 1997, che ha registrato 72.234 ni colpite duramente, così come i paesi della valle Di- arrivi e ben 329.006 presenze. Il grafico sottostante po- vedro. Ma a ricordare la paura di quei giorni resta una trebbe chiarire quali siano state, dal 1995 al 2003, le ferita che pare insanabile: la strada statale 33 del Sem- destinazioni ossolane prescelte dai turisti. pione. Crollata per un lungo tratto nei pressi di Masera, I numeri non sono confortanti specialmente per quel- quella ferita è ancora lì – e pare vittima di un bombar- le zone, come la Valle Anzasca, che in un passato non damento - a mostrare ai turisti il nostro misero biglietto

350 da visita. A quattro anni di distanza, nel corso dell’esta- te 2004 sembra che si sia dato avvio ai lavori. Il condi- zionale è d’obbligo. Maltrattati sono anche i viaggiatori che decidono di sostare a Domodossola anche solo per poche ore: arrivando alla stazione “internazionale” non troveranno ahimè neppure un deposito in cui lasciare i propri bagagli. Il moderno ‘movicentro’, ben organizza- to con la nuova stazione di servizio bus, ne è purtrop- po sprovvisto.

La cultura dell’accoglienza Insomma, sul turismo come via di scampo da un’eco- nomia in crisi d’identità qualcuno ci ha sperato e ci spe- ra tuttora. Qualcuno ha sperato persino d’incrementare conoscenze e professionalità varando un corso di Lau- rea triennale in promozione e gestione del turismo, con sede nella prestigiosa residenza del Collegio Rosmini di Domodossola. Sembrerebbe però che, dopo soli tre anni accademici, l’Università del Piemonte Orientale sia destinata a trasferire il corso a Stresa. E così un’altra bolla di sapone scoppia tra le mani degli ossolani. Sport del cielo. A vegliare sui turisti stanziali e di passaggio restano sem- pre le vetuste associazioni e una ventina di pro loco che sotto gli occhi di tutti: la spinta creativa e i motivi di ri- mantengono vivo quel contatto quotidiano con chi in chiamo non mancano, ma i mille rivoli di questo entu- Ossola ci viene per trascorrere il proprio tempo libero. siasmo troppo spesso finiscono con l’esaurirsi. Le mol- Nel 1983 furono sciolti gli enti provinciali per il turi- te energie, nel privato e nel pubblico, andrebbero sele- smo e le aziende autonome di cura soggiorno e turismo zionate e raccolte in un unico collettore perché diventi- e istituite le A.p.t., aziende di promozione turistica. Ne- no caleidoscopio di iniziative di pregio da offrire a 360 gli anni ’90 anche le A.p.t. furono messe in liquidazio- gradi. Se è vero che il turismo è ormai considerato ‘in- ne e, nel 2000, prese il loro posto il Distretto Turisti- dustria’ e costituisce uno dei pilastri economici del no- co dei laghi e delle Valli dell’Ossola, una società a capi- stro Paese, come ogni industria va organizzato, pensa- tale misto pubblico-privato con lo scopo di promuove- to e sorretto da piani strategici di investimenti, di anali- re congiuntamente le risorse turistiche di laghi e monti. si delle disponibilità di risorse umane, di territorio e di Un obiettivo forse non perfettamente raggiunto, consi- buona volontà. Tutto questo significa coltivare la ‘cul- derato che, pubblicazioni e siti internet a parte, non si tura dell’accoglienza’, un sistema in cui non dovrebbero è ancora visto nei fatti un circuito coordinato che pos- trovare più spazi vitali l’autodidattica, il fai-da-te, l’im- sa unire a doppio filo turismo lacustre e turismo mon- provvisazione. tano. Ed è questo forse il punto di partenza – o la tap- Ci vorrà ancora tempo, ma siamo sulla buona strada. E pa fondamentale – per pianificare sulla carta, prima di quando arriveremo, il vecchio e fortunato slogan “Os- testare sul campo, un vero e proprio decollo del turi- sola, un mondo speciale” acquisterà il suo più forte si- smo moderno. Certamente la vivacità degli ossolani è gnificato.

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Lo Sport Cesare Melchiorri

Alpinismo Molteplici le iniziative per i giovani rendendoli parteci- La vallata ossolana, circondata da monti, non poteva pi a passeggiate ed escursioni secondo le età. Emerge su che essere, come tuttora è, una fertile fucina di alpini- tutte la realizzazione da qualche decennio della Scuola sti e di appassionati di montagna. Ne è prova che a Do- di sci che si effettua agli inizi di ogni anno con guide ed modossola nel dicembre 1889 venne fondata la sezione istruttori della sezione e larga partecipazione. C.A.I., una fra le prime in Italia. Nel settembre 1954 Attuale presidente è Giuseppe Bonzani, succeduto al- ospitò i lavori del 66° Congresso Nazionale del Club l’infaticabile Dino Del Custode in carica dal 1994, Alpino Italiano. dopo la gestione di Antonio Galtarossa. Attive sono le sezioni C.A.I. di Villadossola, Piedimu- Fiore all’occhiello della sezione è la costruzione del Ri- lera, Macugnaga, Vigezzo, Bognanco, Formazza, orga- fugio Margaroli, al Vannino nell’alta Val Formazza, ol- nizzatrici di escursioni e scuole di alpinismo e sci alpi- tre ai miglioramenti effettuati a quello di Vallaro in Val- nismo. le Bognanco, dedicato a ricordo del socio Marigonda . Nel 1899 nasce la Società Escursionisti Ossolani (S.E.O) Non va dimenticata la valida e solerte attività dei finan- con sede a Piedimulera e dal 1926 a Domodossola, che zieri componenti la Stazione di Soccorso Alpino G.d.F. raccolse intorno a sé il fior fiore dell’alpinismo ossola- (SAGF) che nel 1985, assieme alle altre sparse lungo no (Ettore Allegra, Gian Domenico Ferrari, Tito Chio- l’arco alpino, festeggiò i 20 anni di interventi. venda, Giovanni Rigotti, Francesco Zani, Ettore Rigot- ti e altri) e pubblicò già nel 1901 a proprie spese la Gui- Arti Marziali da delle Alpi Ossolane del Brusoni, nel 1910 Verso l’Az- In questi ultimi anni la pratica delle arti marziali, è an- zurro e nel 1931 L’Ossola e le sue valli di Giovanni De data sviluppandosi fra gli sportivi di varie età che, so- Maurizi. prattutto giovani, hanno conquistato risultati di tut- Recentemente le cronache alpinistiche italiane si sono to rispetto grazie alla apertura di varie palestre dedite a occupate delle doti tecniche e del coraggio di alcune questo genere di sport. guide ossolane. Lungo sarebbe elencarle tutte: vi è la La Società Fudoshin Karate Ossola , sorta in Domodos- soddisfazione che fra i molti appassionati che dedicano sola nel 1976, non ha tardato, gestita con passione dal il loro tempo libero alla montagna stiano emergendo al- maestro Giuseppe Zambelli, a rafforzarsi con il poten- cuni giovani promettenti come scalatori e rocciatori. ziamento della palestra “Atletica Domodossola” per Per andar un poco oltre la notorietà nazionale, possia- l’insegnamento agonistico e amatoriale delle categorie: mo citare, per aver partecipato a spedizioni alpinistiche Karate, Kick Boxing, Thai Boxe, Full Contract e Pugi- extra-europee, Silvio Borsetti, Claudio Schranz, Giu- lato. seppe Oberto, Mauro Rossi, Walter Berardi, Claudio Negli sport di combattimento (Kick Boxing, Thai Con- Giorgis, Fabrizio Manoni, Graziano Masciaga, Paolo tact, Full Contact) la società è ai massimi livelli mon- Stoppini, Roberto Pè, Valerio Poggiani, Rinaldo Del- diali con gli innumerevoli campionati italiani vinti ed è l’Ava, Carlo Tabarini, Ugo Cova, Giorgio Giudici, Da- tuttora detentrice del campionato professionisti di Kick nilo Bevilacqua e Carlo Benedetti. Boxing con Corrado Sestito di Domodossola, anche

353 campione europeo di Thai Boxe, e Full Contact e terzo giovani: Allegranza Aldo, Ramoni Romualdo, Barbieri ai campionati italiani di pugilato. Piergiorgio, Venturelli Franco, Della Bianca Franco, Pe- Altro campione del mondo nella categoria dilettanti per trucciani Emis, Rech Francesco, Chiozza Ettore. il Thai Boxing è Maurizio Sestito. Dopo una pausa dovuta a mancanza di idonee attrez- Una trentina di bambini dai 6 ai 12 anni ed altrettan- zature, la pratica di questo sport è tornata a diffonder- ti adulti, uomini e donne, seguono i corsi a livello di- si fra i giovani che possono disporre allo Stadio Curot- versificato. ti di Domodossola oltre che di una ottima pista, anche Nutrita la schiera di appassionati devoti delle diverse di altri impianti. Questo risveglio è dovuto in massi- discipline delle arti marziali: citiamo ad esempio Paolo ma parte alla diligente e positiva attività di nuove gio- Cemmi, vice campione del mondo di Kung-fu, mentre vani società: G.S. Alpini di Domodossola, il G.A. Tar- sul Kiy-Boxing e Thi Box, si sono messi in luce: Caro- taruga, l’Atletica Ossolana Vigezzo, l’Atletica Valli Osso- lino Perazzi, Luigi Meneghel, Aldo Lucarella. Nel 1995 lane, il G.S. Atletica Cistella. Intensa l’attività fino alla Marco Neri (cat. Kg. 80) e Carlo Bonanno (Kg. 54) si metà degli anni ’70 per poi ripartire nel novembre 1984 aggiudicavano il titolo italiano della categoria. con nuovi programmi e la denominazione “Atletica Val- li Ossolane” (AVO) su iniziativa di Egidio Masciaga, già Atletica dirigente e atleta. Diverse società ossolane, oltre al calcio, all’alpinismo, Nel 1995 grazie all’interessamento dei fratelli Pizzi e Se- allo sci, si sono dedicate saltuariamente all’atletica. verino Bernardini (uno dei più prestigiosi atleti dell’Os- Dopo il G.S. Pievese di Pieve Vergonte che ha manda- sola) continua l’attività con la soc. COVER ottenendo to due atlete alle finali dei Giochi della Gioventù (Pao- risultati a livello mondiale. la Silvera negli 80 m e Nicoletta Rosetti nei 400 m) i ri- Non va dimenticato il capillare lavoro svolto dal GSH sultati più lusinghieri sono stati ottenuti dalla Associa- Sempione ‘82 di Pallanzeno per i disabili ottenendo lu- zione Atletica Ossolana fondata da un gruppo di appas- singhieri risultati, fra i quali il titolo di campione italia- sionati il 30 marzo 1966, adottando come colori sociali no conquistato da Paolo Rossi nel luglio 1994 con tre il rosso e il giallo-cromo. A presiederla fin dall’inizio il medaglie d’oro vincendo negli 800, 200 e 100 metri. dinamico rag. Piero Vecchietti coadiuvato da amici ed Si sono succeduti altri strepitosi successi grazie all’im- appassionati di ciclismo. I dirigenti riescono ad impo- pegno dei dirigenti e degli attivi instancabili atleti di- stare una organizzazione capillare che non ha riscontro sabili che hanno collezionato senza sosta risultati esal- nella zona, ottenendo affermazioni anche in campo re- tanti: nel luglio 1996 allo Stadio Curotti di Domodos- gionale e nazionale. Nel 1968 i ragazzi dell’Associazione sola ai campionati italiani di atletica, il GHS Sempio- Atletica Ossolana conquistano il 2° posto assoluto come ne 82, organizzatore della manifestazione, conquistava società fra le piemontesi; alle finali di Cagliari dei cam- con i suoi atleti, nelle diverse specialità, ben 9 meda- pionati italiani Allievi, partecipano gli ossolani: Bellone glie d’oro, 7 d’argento e 2 di bronzo, bissando poi lo (peso), Cavagnino (velocità), Marini (2000 m). stesso risultato ai campionati italiani svoltisi nel 1999 Il 1969 è l’anno migliore per l’atletica ossolana che orga- a Cagliari. Infine è doveroso chiudere questa rassegna nizza 53 manifestazioni, di cui una internazionale. L’or- di successi citando la conquista del titolo di “campione ganico tocca punte record: 600 atleti-soci (di cui 450 d’Italia disabili” nel 2002. giovanissimi), 31 giudici di gara Fidal, di cui sei effetti- vi, 11 organizzazioni in altrettanti Comuni dei Giochi Automobilismo della Gioventù. Da ricordare negli anni successivi il ti- L’Automobile Club di Domodossola, rispetto alla po- tolo nazionale che la società Atletica Ossolana ha con- polazione dell’Ossola, è fra i Club con il maggior nu- quistato nella corsa su strada a Fabriano per merito dei mero di soci rispetto a tutti gli altri d’Italia. La passio-

Sport estremi ai piedi del Monte Rosa.

355 Il Rally Valli Ossolane. ne di una larga parte della popolazione per questo sport Dufey di Domodossola. In passato un pilota ossolano è l’organizzazione di una fra le più note e migliori ma- aveva fatto parlare di sé nel 1927: Pietro Moalli, che nifestazioni sportive della zona: l’annuale “Rally delle partecipò alla “Coppa delle Mille Miglia”, arrivando Valli Ossolane”, giunto nel 1994 alla sua 30a edizio- primo nella categoria della sua auto, che era una Fiat ne, con la consueta partecipazione di 150 piloti di ogni 509; percorse il tragitto Brescia-Roma-Brescia di 1600 parte d’Italia (limite massimo consentito dalla compe- km. in ore 24.23’41”, alla media di Km. 66,743. tente federazione) e conclusosi con la vittoria di Franco Parecchie le vittorie riportate da Franco Uzzeni, An- Uzzeni (al suo settimo successo) e Gaetano Orlando (su drea Saglio e Massimo Canella. lancia Delta Int.) del Vaemenia Team. La competizione Fra i piloti ossolani che hanno ottenuto piazzamenti a ebbe risonanza particolare per essere stata abbinata al- livello nazionale figura Giacomo Pelganta, campione l’omonima Lotteria Nazionale, che fruttò al possessore italiano del Trofeo Nazionale dei Rally nel 1973. del biglietto la bella somma di 2 miliardi di lire. La competizione si svolge quasi sempre nel mese di giu- Bocce gno richiamando lungo il percorso stradale della zona E’ questa una attività sportiva che ha più attori che migliaia di appassionati che trascorrono all’aperto una spettatori. intera notte per assistere lungo i tornanti delle strade ove Un primo cenno che le bocce sostituiscono un sano e sono previste le prove speciali, il passaggio delle vetture. costoso svago lo si trova nelle cronache locali del 1910: Veterana dei partecipanti la coppia dei coniugi Decè- il 1° maggio di quell’anno si svolse a Domodossola una

356 tra le prime gare bocciofile al ristorante Roma (in via zione organizzativa di prim’ordine. Garibaldi) organizzata dal proprietario Augusto Romi- La partecipazione ai campionati provinciali, regionali e gnoli. nazionali costituiva il miglior premio per gli appassio- Nel 1926, il 23 maggio, rinasce a nuova vita la Bocciofi- nati bocciofili, alcuni dei quali hanno ottenuto anche la Domese nelle cui file non tardano ad emergere ottimi ottimi risultati, come Silvano Donati (nel 1989) che ha elementi che saranno i pilastri sui quali ruoterà l’inten- conquistato il titolo di campione italiano individuale sa attività boccistica ossolana. cat. C e nel 1992, ad Albisola, Andrea Cagnacci lo stes- Nascono altre società bocciofile tra le quali il G.S. Terme so titolo nella propria categoria. Bognanco nel 1927, la sezione bocciofila della U.S. Ju- Attualmente svolgono attività 10 società: il nuovo Val- ventus Domo nel 1930 e, dopo la seconda guerra mon- li Ossolane, che fa capo a Cosasca, Oirese (Valle Antigo- diale, la Caddo Sportiva, Crevola (Preglia), Virtus Vil- rio), La Boccia Villa (un ritorno dopo parecchi anni), la, Verde Azzurra, Chiodo (Casa del Popolo), Concordia Juve Domo, Caddo, Masera, Varzese, Valle Vigezzo, Bo- Sportiva, Purillo, La Boccia, Masera, Fonti Baceno, Oscel- gnanco e Concordia. la, Arci Varzo, Graniti Piretti, Acque Vigezzo, Dopolavoro Consistente il numero di tesserati e cartellinati: circa Ferroviario, Centro Opere Cappuccina. 350 (in media 100 soci per società), di cui 17 giocatori Conquistano il titolo di campione italiano individuale categoria B, 150 cat. C e 183 cat. D. Organizzate tren- categoria B gli ossolani Vittorio Di Orazio (nel 1948) ta gare ufficiali all’anno con presenze di circa 400 boc- e Eugenio Del Zoppo (nel 1949); altri titoli italiani si ciofili ognuna. Tutta l’attività è ora guidata dal Comi- aggiudicano, sempre nella cat. B, la terna Licht-Boghi- tato Provinciale VCO Domodossola, con Primo Zanelli Ferrero (nel 1949). Le coppie Montagna-Ceralli (1952- presidente dal 2001, subentrato a Piero Fobelli, che nel 53), Durione-Suini (1963). Nel 1951 a Vercelli, il do- 1993 aveva assunto l’incarico con la scomparsa dell’in- mese Giosuè Bartoli conquista il titolo italiano della dimenticato Carlo Martelli. bocciata cat. A (nella sua lunga carriera ha preso parte Due nuovi bocciodromi si sono aggiunti a quelli già a 21 campionati italiani con 11 piazzamenti nei semifi- esistenti: nel 1989 a Malesco e nel 1991 a Pallanze- nalisti). Seguendo le orme del padre Carlo, che fu uno no, mentre quello che in Via Romita attende di aprire dei più affermati giocatori di bocce, il giovane Mario i battenti ai bocciofili, dalla Comunità Valle Ossola, è Suini – autentica rivelazione in questo campo – ha rag- bloccato da cinque anni per questioni finanziarie. giunto la massima vetta di campione mondiale: è stato Meritevoli gli sforzi per il funzionamento di una “Scuo- colui che ha portato il maggior lustro alla sua terra na- la bocce” per esordienti, ragazzi e allievi con gli istrutto- tale in questo sport. Dal 1960, quando vinse proprio a ri Bartolomeo Ferrari ed Ermanno Borromeo. Domodossola il campionato italiano “allievi”, la marcia di Mario Suini è stata travolgente fino al 1975, quando, Caccia con l’altro asso nazionale delle bocce, Umberto Grana- Dal 1996 è modificato il metodo di gestione del territo- glia, ha vinto il Campionato Mondiale a coppie. Ma rio ai fini venatori: sono stati istituiti i Comprensori Al- non si è fermato bissando un altro strepitoso successo pini, in applicazione della Legge Regionale. nell’ottobre 1987, conquistando con la squadra azzurra Nell’Ossola questo ha comportato la divisione del Con- il titolo di campione europeo a Saluzzo. sorzio Ossola, istituito nel primo dopoguerra e gestito Tutta l’attività boccistica della zona faceva parte al Co- per anni dall’allora presidente Paolo Manera. Scioltosi mitato U.B.I (Unione Bocciofila Italiana) al quale ade- per circa un decennio, fu ricostituito alla fine degli anni rivano le società esistenti con i giocatori tesserati, che ’70 e retto dal Presidente Mario Ravandoni sino al de- sono parecchie centinaia. finitivo scioglimento. A dirigerlo dal settembre 1984 e fino al 1993 (anno del- I due Comprensori in cui l’Ossola è suddivisa sono la sua scomparsa) è stato lo zelante e attivo Carlo Mar- VCO 2 Ossola Nord, comprendente le valli Antigo- telli, che ha saputo dare a questa attività una imposta- rio, Formazza e Vigezzo compreso il Comune di Tron-

357 tano; VCO 3 Ossola Sud, comprendente le valli Di- le del 1915. Nel 1914 si svolse un incontro triangolare vedro, Bognanco, Antrona, Anzasca ed i comuni del- fra le squadre: Unione Calciatori Boys/Domo – Juven- la piana ossolana. tus F.C. Domo e U.S. Domese. I Comprensori sono retti da comitati di gestione: per il Fra il 1919 e il 1923 sorgono altre società fra le qua- VCO 2 si sono succeduti alla presidenza Fausto Brai- li l’Unione Sportiva Villa di Villadossola e il G. S. Ru- to nel periodo 1996-99 e Mauro Fava, attuale presi- mianca di Pieve Vergonte. dente. Nel VCO 3 è presidente dalla costituzione Aldo Il Domo Foot Ball Club si rafforza e nel 1927 conquista Girlanda. il titolo di campione della zona Verbano Cusio Ossola La capienza faunistica è rispettivamente 650 e 900 per (in 13 partite segna 52 reti e ne subisce solo 5), poi len- VCO 2 e VCO 3, mentre i cacciatori effettivamente tamente entra in crisi e nel marzo 1929 si scioglie. Na- iscritti sono nell’ordine 400 e 700. sce l’Unione Sportiva Juventus Domo che negli anni se- La caccia viene praticata secondo i piani di abbattimen- guenti conseguirà i migliori risultati arrivando a parte- to, redatti da tecnici faunistici e approvati dalla Regio- cipare a campionati che mai nessun’altra società ossola- ne Piemonte, suddivisi in tipica alpina (gallo forcello, na riuscirà ad ottenere. pernice bianca, coturnice, lepre variabile) ed ungulati Il 28 ottobre 1934 viene inaugurato il campo sporti- (cervo, camoscio, capriolo). Negli ultimi anni tali piani vo, l’attuale Stadio Curotti, ideato dall’arch. ing. Viet- prevedono, per ogni Comprensorio, mediamente: 200 ti Violi di Vogogna e costruito in due mesi dall’impresa camosci, 100 cervi, 130 caprioli; 40 galli forcelli, 10 Girola. Nel 1938 la Juventus Domo viene chiamata dal- pernici bianche, 10 coturnici, 10 lepri variabili). la Federazione a far parte del Campionato Nazionale di Il periodo di caccia, per due giornate settimanali, è dal serie C, ove rimarrà, escluso il periodo bellico, per set- primo ottobre al 30 novembre, nel VCO 2 per gli un- te anni, fino al 1948, anno in cui, anche per le sue li- gulati dalla metà di settembre. Poiché i piani di abbat- mitate possibilità finanziarie, torna fra i dilettanti. Da timento vengono saturati anticipatamente, la stagione ricordare che nella stagione 1940-41, la Juventus Domo venatoria ha una durata complessiva non superiore alle vince la Coppa Anonima Infortuni Disciplina fra tut- dieci giornate. te le società di serie A-B-C (con due sole penalità). Nel Da qualche anno, seppur con diversità di opinione tra 1954-55 è promossa in Quarta Serie, retrocede e ritor- i cacciatori stessi, viene praticata la caccia al cinghiale, na nel 1956-57. Nel 1970-71, dopo una lotta accanita specie di mammifero non certo autoctona per l’Osso- con Virtus Villa e Albese, la Juve Domo viene ammessa la che trova un consolidato numero di praticanti nel al campionato di Serie D, ove rimane fino al 1973. comprensorio VCO 3, mentre nel comprensorio VCO Dopo diverse stagioni con modesti risultati in campio- 2 è praticamente disincentivata essendo previsto un pia- nati inferiori, la Juve Domo esplode negli anni ’80 fra no di abbattimento generale di soli due capi. l’entusiasmo dei “Fedelissimi”. Nel maggio 1985, bat- tendo allo stadio Curotti il Grignasco, davanti a 2000 Calcio spettatori, i domesi sono promossi al campionato Inter- Si può dire che al gioco del calcio gli ossolani si sono de- regionale (presidente Citrini, allenatore Zanetti). Sem- dicati con una certa regolarità ed organizzazione poco pre nel maggio, ma del 1988, dopo 50 anni, la Juve dopo l’inizio di questo secolo. Si trova qualche sporadi- Domo torna fra i semiprofessionisti, salendo in C 2 ca società già nel 1909 quando il 12 dicembre i giornali (presidente geom. Ezio Della Piazza) fra il tripudio dei locali annunciano la nascita della società Forti e Veloci. tifosi e l’appoggio dell’amministrazione comunale che Nel 1910 nasce, sempre a Domodossola, un’altra socie- rimette a nuovo lo stadio Curotti, collocandolo tra i tà sportiva denominata Forza e Coraggio. Non si han- migliori della provincia. In C 2 vi rimane per soli due no elementi ufficiali sicuri per stabilire quando nacque anni, poi il bel sogno svanisce e ritorna fra i dilettan- il Domo Foot Ball Club, è certo comunque che svolges- ti nell’Interregionale e nel 1991 retrocede in Promozio- se la sua attività calcistica prima della guerra mondia- ne per risalire l’anno successivo nel nuovo campionato

358 U.S. Juventus Domo, la prestigiosa formazione degli anni Cinquanta. denominato “Eccellenza”, ove rimane per quattro anni, partecipano ai campionati federali di calcio. Si è arriva- scendendo in “Promozione” nel 1996-97 con la Crevo- ti ad avere in Ossola ben 21 squadre nelle diverse cate- lese promossa a tavolino. gorie, scese attualmente a 17 dopo il ritiro o la cessazio- Un’altra società ossolana vanta un glorioso passato cal- ne dell’attività di alcune. cistico: il Virtus Villa, la cui nuova denominazione ri- A Pieve Vergonte il G.S. Rumianca, ora G. S. Pievese, sale al 1945 per iniziativa del comm. Rizzoli, un indu- la soc. Sportiva Crevolese fondata nel 1956, l’A.C. Do- striale di Bologna trasferitosi a Villa, che trasformò l’esi- modossola (sorta dopo la cessata attività della soc. Inter stente Unione Sportiva Voluntas (sorta nel 1924 con la Club Domo fondata nel 1964), che passando di vittoria fusione dell’Unione Sportiva Villadossolese con il Grup- in vittoria dalla Terza Categoria, ha vinto nella stagio- po Sportivo Voluntas). ne 1983-84 il campionato di Seconda, conquistandosi Il taccuino della società calcistica di Villadossola è co- così la promozione alla Prima Categoria, a fianco della stellato di lusinghieri risultati. Fra questi l’ammissione Crevolese salita in seguito in Promozione. al girone unico di Eccellenza e della Promozione alla Parecchi giocatori di calcio sono passati dalle società os- fine della stagione 1967-68. Nel 1987 retrocede dal- solane a squadre superiori. Citiamo per esempio: Gigi la Promozione per risalire nel 1990 e vincere anche la Balzarini che giocò nel Milan e partecipò con quella Coppa Piemonte battendo l’Asti ai calci di rigore. Nel squadra alla Coppa Mondiale; il terzino Piero Scesa che 1991 è ammessa al campionato di Eccellenza e si com- passò nelle file del Torino; il mediano Gianni Tellini al porta bene, piazzandosi al quinto posto, poi, dopo una Varese; l’ala Guido Vivarelli al Monza; il centrattacco stagione sfortunata, retrocede in Promozione. Migliorati alla Casertana e Ternana; Filippini al Vene- Altre società calcistiche ossolane hanno partecipato e zia; Beppe Scienza alla Reggiana e al Torino. In tem-

359 pi meno recenti il portiere Felice Rinolfi al Como; l’ala 1a categoria: Virtus Villa, Varzese, Pro Vigezzo, Vogo- Franco Torricelli al Milan e Gino Barbieri (mezz’ala) gna, Pievese, Omegna, Feriolo, Fondotoce; di Santa Maria Maggiore (Vigezzo) al Novara ai tem- 2a categoria: Crevolese, Piedimulera, Ornavassese, Cro- pi di Piola. Si avvicendarono diversi presidenti negli ul- do, Fomarco, Montecrestese; timi anni sia a Domodossola: Cesare Margaroli, Euge- 3a categoria: Beurese, Mergozzo, Cosasca. nio Citrini, Ezio Della Piazza, Dario Cattaneo, Enrico Dal 2002 il Dopolavoro Ferroviario Domese, oltre alle al- Pelletti, Luigi Atripaldi, Andrea Toscano, come a Vil- tre attività sportive, ha iniziato quella calcistica amato- ladossola che ha festeggiato nel 1988 i 75 anni di atti- riale per campionati CSI a 7; responsabile Gaetano Sil- vità: Poscio e Molteni, Vittorino Battro, Franco Hart- vestro. mann, Piero Sangallo, Franco Poscio, Renato Azzoni, Franco Martinetti. Ciclismo Nel 1997 nasce il “Crevolamasera” dalla fusione fra Nel 1946, grazie all’iniziativa di alcuni appassionati Crevolese e Masera con Remigio Minoggio primo pre- sportivi capeggiati dal noto tifoso Marsilio Scagliot- sidente, affiancato da due vice. Nel 1998 la Juve Domo ti e Mario Durione, si costituisce la Soc. Ciclistica Pe- è ripescata dalla Lega in Promozione e nel giugno 2000 dale Ossolano. avviene la oramai storica “fusione” con il Crevolama- Si formano due società di maggior rilievo: il G. Sporti- sera, dando vita, tra non poche critiche da parte dei vo Rumianca, sorto attorno al 1920 e trasformatosi poi suoi tifosi, alla nuova società “Valdossola” (con maglia nel 1956 in G.S. Pievese , e la Soc. Ciclistica Pedale Os- granata-giallo-azzurro) con presidente Andrea Tosca- solano, nata nel maggio 1946, la quale, dopo aver rag- no, vice presidenti: Remigio Minoggio, Tiziano Negri giunto fama e notorietà, è piombata in un periodo di e Manuela Margaroli, figlia del comm. Cesare, già pre- letargo (causa anche le ristrettezze finanziarie) per ri- sidente per molti anni della Juve Domo. Muore così la prendere in questi ultimi anni il cammino glorioso di gloriosa Juventus Domo dopo 75 anni di attività ricchi un tempo. Dalle vecchie cronache si rileva che il 29 ot- di entusiasmo ed esaltanti risultati. tobre 1899 si svolsero due corse ciclistiche in Ossola: La nuova squadra viene presentata il 17 agosto 2000 una a Villadossola di 12 Km, vinta da Giuseppe Mu- allo stadio Curotti e inizia il suo cammino prima in zio di Domo e l’altra a Vogogna di 24 Km. vinta da un “Promozione” poi nel 2002-03 in “Eccellenza” e infine certo Broglia in 44 minuti. L’entusiasmo per la biciclet- nel 2003, con il disinteresse del pubblico e la mancan- ta portò negli anni seguenti alla nascita e alla scomparsa za di fondi il crollo: la nuova società retrocede in Pro- di società come la Forti e Veloci e Forza e Coraggio, en- mozione con una classifica finale desolante: 15 punti in trambe di Domo, il G.S. Rumianca, la sezione dell’U. trenta partite (4 vittorie e 3 pareggi). Peggio non poteva S. Juventus Domo ed infine il Pedale Ossolano, che esor- festeggiare la ricorrenza del suo 75° anno di vita. dì il 23 giugno 1946 con una gara per allievi di 70 km. Ad attenuare l’amarezza comprensibile degli sportivi Nel periodo 1952-1960 i dirigenti del Pedale Ossola- domesi giungono ora i risultati promettenti delle squa- no, oltre all’attività su strada, puntano anche a quella su dre allievi e femminile delle società “Azzurra VCO” sor- “pista”. Adattano l’anello dello Stadio Curotti consen- ta nel 2001 e che quest’anno è balzata in serie C, ma so- tendo così lo svolgimento di riunioni che destano in- prattutto della rinascita della squadra titolare allenata teresse in tutta la provincia per la presenza di campio- dal domese Oliva. Il rinnovato Valdossola è balzato nel ni come Bartali, Coppi, Kubler, Koblet, Magni, Bevi- dicembre 2004 in vetta alla classifica con la comprensi- lacqua, ecc. bile soddisfazione della Presidente Manuela Margaroli, Molti i giovani corridori ossolani che si mettono in dei dirigenti e tifosi. luce in campo provinciale e regionale: due di essi, i fra- Queste le squadre ossolane in campo per il 2004- telli Germano e Giuseppe Barale assurgono a fama na- 2005: zionale e internazionale. Promozione: Valdossola, Gravellona, Mergozzo, Stresa; Negli anni successivi al 1960, la società viene assorbita

360 Sono molti i ragazzi che si appassionano alla biciclet- ta ed i risultati si moltiplicano: fra questi uno dei primi esempi del ciclismo al femminile nell’Ossola con Ele- na Boggio. Ben tre juniores ed un allievo si qualifica- no per i campionati italiani. Identico risultato per la squadra dei giovanissimi. Arriva nel 2003 la conqui- sta del titolo regionale G3 da parte di Andrea Prove- ra (anni 10) che ha spopolato e continua a farlo in ogni gara che lo vede sbaragliare tutti gli avversari: bastano a confermarlo il suo titolo regionale G3 e la valanga di medaglie d’oro conquistate ( 25 solo lo scorso anno!). Non a torto è stato definito il “fulmine del ciclismo” unitamente al fratello Marco (anni 12). Brava anche Elisa Lamborghini seconda ai campionati regionali. Al- tre società sono presenti, fra le quali la Soc. Unione Ci- clistica Val d’Ossola, con sede a Villadossola e con presi- dente da cinque anni Alberto Zanni, promotore della Gran Fondo con De Zan, la Soc. Team 2001, presiden- te il prof. Francesco Miguidi, ed a Masera la Domo Bike (presidente Renato Angioi) organizzatore della classica gara denominata “Stokalper”. Il giro d’Italia fa tappa in Ossola. dal G.S. Luoni di Somma Lombardo, finchè nel 1979 Corsa in montagna presso il circolo Arci del Badulerio, un gruppo di 17 Le società ossolane che si sono dedicate a queste attivi- appassionati, capitanati da Michele Pizzicoli, ridaran- tà sportive hanno visto lievitare di anno in anno il nu- no vita al Pedale Ossolano, concentrando tutti gli sforzi mero degli iscritti e le loro doti tecniche. Il G.S. Gen- ai giovani e ai giovanissimi che aumentano di anno in zianella, il G.S. Alpini di Domodossola, il G.S. Bognan- anno e fra questi emerge Florindo Barale (buon sangue co, il San Domenico, il G.S. Valdivedro e la Soc. Cadde- non mente) che passa al professionismo in una socie- se fondata nel 1978 e presieduta da Franco Trapani, su- tà toscana. Il fiore all’occhiello arriva il 5 giugno 1985 bentrato a Mario Possetti, tuttora presidente onorario quando la società ossolana è chiamata alla organizzazio- hanno preparato autentici campioni. Nell’ultimo de- ne per ricevere a Domodossola il 68° Giro d’Italia, qua- cennio sono aumentate le società specialmente dedica- le sede della diciottesima tappa da Monza. te all’attività giovanile maschile e femminile annoveran- Sempre più intensa l’attività giovanile dopo l’abbina- do sempre più praticanti, organizzando e partecipan- mento nel 1987 con la denominazione Centro Arreda- do a competizioni di rilievo (campionati provinciali, re- mento il Quadrifoglio di Piedimulera. Nel 1988 i “gio- gionali, nazionali, sia individuali che a squadre). In pri- vanissimi” ottengono 31 vittorie, 36 secondi posti e 34 mo piano la sorprendente Nives Curti di Premia, cam- terzi. Nel novembre 1993 a Pieve Vergonte nasce il G.S. pionessa italiana, europea e mondiale che tuttora colle- VCO Ciclomania Barale. Alla fine del 2004, dopo set- ziona allori nelle più importanti competizioni interna- te anni di intenso lavoro, Serafino Molteni (succeduto zionali. Sono balzati ai primi posti nelle classifiche an- a Michele Pizzicoli) lascia la presidenza della società ad che Severino Bernardini, pluricampione vincitore nel un altro ossolano: Enzo Albanese, appassionato di ci- 1990 in Austria della gara di cross corto (Km 9,8) per clismo da molti anni, già vicepresidente e membro del il titolo mondiale a squadre ed altri lusinghieri risulta- Consiglio Direttivo. ti fra i quali la maratona di Boston nel 1993 (8°posto)

361 e secondo ai mondiali di maratona in Spagna e Clau- Lotta libera e greco - romana dio Galeazzi, campione italiano della specialità e pochi Prima e dopo la prima guerra mondiale (1918) alcuni anni or sono, Andrea Zanoli, campione italiano a soli praticanti preferivano recarsi all’estero ove questo sport 15 anni. L’attività della Caddese è concentrata sulla cor- richiamava un pubblico più numeroso. sa in montagna, campestre e di strada, si è sempre ag- A Domodossola sia la lotta libera che quella greco-ro- giudicata il Memorial “Vecchietti”, il memorial “Gior- mana non tardarono a richiamare un numero di prati- gio Longa” (fondatore del G.S. Genzianella) come pure canti tanto da favorire la nascita di una società, la “Forti tutti i titoli di società in campo giovanile dal 1993 ad e Veloci” che organizzò anche un campionato ossolano oggi. Oltre 110 tesserati della società hanno salutato lo di lotta greco-romana che laureò i primi campioni do- scorso anno un altro proprio campione italiano nella mesi: Alfredo Lusardi (pesi massimi) Maurizio Alberto- categoria “Promesse”: Roberto Piana di 22 anni e con ni (pesi medi) ed Emilio Dell’Oro (pesi “minimi” così lui la vittoria degli “Allievi” nella staffetta. Alloro anche chiamati a quell’epoca). per il G.S. Genzianella nel campionato regionale di al- lievi di staffetta a Chiomonte (To). Attive sul piano or- Motociclismo ganizzativo di competizioni locali, di partecipazione ai Nell’aprile dl 1929 venne costituito a Domodossola il campionati provinciali e regionali, le società ossolane Moto Club Ossola per interessamento di due appassio- svolgono una accurata preparazione dei giovani dediti nati, Alberto Medail e Mario Guastini, incoraggiati dal- a questa attività sportiva. I risultati confermano tuttora le ottime prove sostenute nella gara svoltasi a Napoli fra gli ottimi piazzamenti di alcuni fra i numerosi: Monica le sezioni italiane del Dopolavoro. In quella circostan- Bottinelli, Marco Rainelli, Renato Badini, Ivano Carti- za Tranquillo Bovini (domese) conquistò il secondo po- ni, Moreno Nocera, ecc.. sto nelle moto cat. 500 alla media di 73 Km. orari sul percorso di 123 Km. Negli anni dopo la seconda guer- Hockey ra mondiale questo sport si è diffuso grazie all’impian- Attività sportiva per il momento sviluppatasi solo in to “Felino Poscio” realizzato a Villadossola (1964), pri- zone ove risultano in attività l’Hockey Club Ossola “Tri- mo in provincia di Novara. L’entusiasmo specialmente tagiash” che ha partecipato al campionato italiano a Ge- fra i giovani, favorisce l’incremento dei soci, fino a toc- nova, l’Hockey Club Vigezzo, Antrona, Premia, Macu- care, nel 1966 i 250 iscritti, che partecipano in parec- gnaga e la squadra del Dopolavoro Ferroviario (DLF), chie gare anche fuori zona. organizzatrice del torneo zonale nel 1995. Non tardano a primeggiare il “motocross e il “trial” con lusinghieri risultati ovunque per gli ossolani, che poi Judo non esitano a dare vita al “Moto Club Domo 70” che, Questo sport sta diffondendosi fra i giovani e non più valorizza parecchi campioni, fra i quali Danilo Galeaz- giovani (vedi karatè) con la frequenza nelle palestre di zi (campione italiano per parecchi anni), Giuliano Ma- diversi Club di Judo (Libertas, Villa, Mergozzo, Valle Os- rini, Ettore Baldini, Antonio Amoretti . sola, Crodo, Preglia e le società Samurai e Kodokan). I ri- Entusiasmanti le prove annuali per i campionati ita- sultati conseguiti nei primi anni, hanno portato al con- liani nel campo di Montecrestese, battezzato “Capita- seguimento di parecchi titoli con ottime prestazioni dei le del trial”. Si sono messi in luce conquistando titoli partecipanti fra i quali Debora Dei Giudici (sesta alle fi- regionali e nazionali in questi ultimi anni i giovanissi- nali nazionali), Giorgio Galvanico per la cintura nera I mi Danilo Afri, Pierluigi Ronchi, Luca Cotone, More- Dan, Roberto Zanalda, Moreno Petrulli (campione re- no Ramponi, Samuele Antonietti, Matteo Fantone, Fa- gionale di karatè), Arianna Rodoquino. Il Judo Club bio Lenzi, Alessio Dresco. Domo nel 1994 si laurea campione provinciale per la se- conda volta, mentre negli anni 2000-2004 parecchi sono Mountain bike gli appassionati che conseguono la cintura nera I Dan. Nel 1990, il 17 giugno, si svolse la prima edizione di

362 questo genere di sport: la Bognanco –Monscera di Km cini agli Aquilotti (minibasket), Esordienti, Allievi, Ra- 27, che non tardò ad aumentare gli appassionati e le gazzi, Cadetti, Juniores fino ai Seniores impegnati, que- competizioni. sti ultimi, nel campionato di Promozione che li ha vi- Nel 1994, Fabio Calvetti inizia la sua serie di vittorie sti promossi al campionato nazionale C 1 al termine di aggiudicandosi la 3a prova nel campionato Piemonte- una annata ricca di partite esaltanti. Una promozione Valle d’Aosta vincendo altri campionati regionali che che ha premiato gli sforzi del presidente Ennio Leonar- vantano le affermazioni di nuovi atleti ossolani: Ales- di, che ha passato le redini dirigenziali a Matteo Zan- sandro Peruzzo, Alessio Vincler, Matteo Crosa Lenz e, ni, affiancandolo come “onorario”. E’ la prima volta in questi ultimi anni (2001-2003) Silvia Giovanna, Al- che in Ossola una squadra conquista la promozione in berto Vesci, Matteo Caffi, Gianluca Comazzi, Stefano serie nazionale in questo sport. Al campionato promo- Rinaldi e Stefano Carminati. zione partecipa anche la neonata società Ossola Basket Villadossola. Nuoto In crescendo gli appassionati del nuoto nelle diverse ca- Pallavolo tegorie giovanili non ancora molto pubblicizzate. Con Da parecchi anni questo sport va affermandosi anche la squadra del Dopolavoro Ferroviario (DFL) di Do- nell’Ossola con squadre maschili e femminili impe- modossola, svolge attività agonistica giovanile anche la gnate nei diversi campionati giovanili con prestazioni “Gymnuoto Domo”, sorta nel 2001, che non tarda ad di buon livello tecnico ed agonistico. Nel 1989 (otto- annoverare parecchi giovani di ambo i sessi che si pon- bre) nasce la “Ossola Pallavolo”, con sede al Circolo Acli gono in evidenza, fra questi Sabrina Giorgetti, domese, del Badulerio con presidente Daniele Ferrari e direttore tesserata per la Cover Verbania che al meeting di Berga- sportivo Ubaldo Righetti. Non tarda a mettersi in luce mo nella specialità “stile libero” conquista la medaglia il Dopolavoro Ferroviario (DLF) Domo per i piazzamenti d’oro. Altre giovanissime nuotatrici colgono lusinghie- lusinghieri delle proprie squadre giovanili di ambo i ses- ri successi tra questi Silvia Bertolami di Pieve Vergonte, si (oltre 120). Il presidente Giuseppe Mancuso, i suoi 10 anni, primeggia ai campionati regionali nel “farfal- diretti collaboratori, gli allenatori Giovanni De Vito e la, stile libero e misti”. Cuda seguono la metodica preparazione di tutte le cate- La domese Sabina Giorgetti al meeting di nuoto a Ber- gorie: Under 18, Allievi, etc. e una trentina di giovanis- gamo ha conquistato la medaglia d’oro nei 50 metri. simi che stanno raggiungendo risultati incoraggianti. Al nuoto dedicano particolari attenzioni i dirigenti del- Esaltante la promozione in serie D conquistata dalla la società GSH Sempione 82 di Pallanzeno, che nel 2003 squadra maschile Under 18 e quella in prima e seconda partecipa con 5 atleti (allenati da Mario Ferrari) al 3° divisione dalla formazione femminile Under 17. Meeting Interregionale, svoltosi ad Omegna, aggiudi- Attualmente sono in attività le squadre Volley dei centri candosi 3 medaglie d’oro, 2 d’argento e 2 di bronzo. di Domodossola, Varzo, Preglia, Vogogna, Premia.

Pallacanestro Paracadutismo, freestyle e freefly Uno sport che in passato aveva incontrato molte diffi- La domese Gigliola Borgnis è la più giovane paracadu- coltà per affermarsi. Nella zona, dopo diversi tentativi e tista italiana brevettata, avendo conseguito il brevetto brevi periodi di attività, alcune società sono scomparse di lancio a soli 16 anni. Nel 1998 con Marco Tiezzi svi- come ad esempio il G.S. Rumianca, la Concordia Spor- luppa una nuova tecnica di volo denominata “Atmo- tiva, Villadossola, la Tecnigomma, La Negri Ford, l’U.S. nauti”, ovvero navigatori dell’atmosfera, riscuotendo Rosmini. A difendere i colori dell’Ossola è sorta la U.S. grande consenso; questa disciplina viene introdotta nei Basket Rosmini (Biemme), affiliata alla Federazione Pal- regolamenti internazionali delle competizioni di free- lacanestro che rivolge i propri sforzi a tutte le categorie style e freefly. Dopo aver ottenuto successi in campio- giovanili con un centinaio di atleti dalla categoria Pul- nati nazionali, nel 2000 vince il Campionato Europeo

363 di Freestyle e ottiene la medaglia d’argento alla Coppa del Mondo. Nel 2002 si riconferma campionessa eu- ropea di freestyle ed è medaglia di bronzo alla Coppa del Mondo. Prima e unica donna ad essere ammessa nell’ Xteam americano, Gigliola vince nel 2003 il pri- mo premio della categoria Music/Video nel Film Festi- val di Perris Valley, in . Il medagliere di Gi- gliola comprende 8 medaglie d’oro, 6 d’argento e 3 di bronzo.

Pesca Presieduta da Umberto Grossi svolge attualmente in Ossola una intensa attività allo scopo di gestire le acque e gli impianti sportivi di proprietà, in affitto o a qualun- que titolo concessi. Si tratta dell’associazione denomi- nata “Sezione Provinciale Pescatori del VCO”, che è pra- ticamente la continuità di una associazione che ha scrit- Pesca sportiva. to un pezzo di storia per quanto riguarda la gestione delle acque in Ossola, cioè l’AVMPO (Associazione Vo- Va ricordato in questa attività il vigezzino Vittoriano lontaria Pescatori Montanari Ossolani). Grazie alle in- Femminis di Druogno, che arrivò a conquistare titolo ziative e al lavoro dei presidenti succedutisi con l’attivo di campione svizzero dei pesi welter dilettanti. e solerte segretario da parecchi anni Franco Gentinet- ta e con una numerosa schiera di tesserati che raggiun- Scherma se anche le 4.000 unità. Ha sede a Villadossola, in via Casuale la nascita di questo sport e assai breve la sua Boccaccio n. 2. Il suo lavoro è quasi tutto basato sul vo- durata. Verso il 1950 Nicola De Romita, un colonnel- lontariato attraverso il quale si sono tracciate alcune li- lo in pensione, decise di insegnare l’uso della sciabola nee fondamentali per la gestione delle acque e per la va- ad un giovane suo vicino di casa, il quale, dopo la fine lorizzazione della pesca sportiva come fenomeno socia- della guerra concretizzò la sua passione con altri amici le, in funzione della potenzialità del territorio. formando un gruppo che battezzò “G.G. Galletti” con La Sezione Provinciale conta oltre 2.600 soci residenti lo stemma composto da tre teste di gallo infilate da un nella provincia del VCO ed oltre 1.700 soci provenien- fioretto con le creste che formavano le tre G (Gian Gia- ti da altre province. como Galletti). All’interno dell’Associazione vi sono diversi settori con Il gruppo prese parte anche ad alcuni campionati re- relative commissioni di gestione ed esattamente: Semi- gionali, ma dopo una decina di anni si sciolse e di que- ne, Recuperi, Incubatoio, Vigilanza, Agonistica, per sto sport non si sentì più parlare nell’Ossola. una attività promozionale ed amatoriale nel campo del- A titolo di cronaca si ricorda che già in tempi più lon- la pesca sportiva. tani (1895), una ristretta attività era svolta dalla socie- tà Ginnastica e Scherma guidata dal maestro Vincenzo Pugilato Prandini. Anche questo sport, dopo un inizio incoraggiante, ha avuto sempre vita breve e saltuaria. Sci Per qualche anno un gruppo pugilistico organizzò in Lo sci è stato, e rimane tuttora, lo sport che ha dato al- Domodossola alcuni incontri a livello provinciale e re- l’Ossola le migliori glorie in campo sportivo, non solo a gionale, poi scomparve. livello nazionale, ma anche internazionale.

364 Centro del fondo in Valle Vigezzo.

Culla dello sci ossolano è stata la valle Formazza. Si dice pagavano cinque lire all’anno. Nel 1911 ai campionati che nel 1909, tre turisti, forse svizzeri, saliti da Airolo militari internazionali svoltisi nei Pirenei arrivò primo attraverso il Passo San Giacomo, giunsero in Formazza Sisto Ferrera, seguito da Sebastiano Valci. e precisamente a Canza, calzando rudimentali sci. Un Nel 1915 il Touring Club Italiano lancia l’iniziativa di falegname formazzino, certo Guido Matli, vedendo la una grande “Adunata degli Sciatori Valligiani” a Cour- facilità con cui si poteva camminare sulla neve con que- mayeur. Alla prima, svoltasi a Courmayeur il 25 feb- gli attrezzi, pensò bene di acquistarne un paio in Svizze- braio 1915, parteciparono le squadre di molte zone ra, quasi uguali, e con quel modello ne fabbricò altri in alpine dell’alta Italia: la squadra di Formazza, forma- legno d’acero con uno zoccolo al centro e delle cinghie ta da Ferrera Benigno, Ferrera Giuseppe, Imboden Si- per tenere fermo il piede. Il parroco di Formazza, don sto, Matli Domenico, Matli Efisio, giunse prima al tra- Rocco Beltrami (che diverrà poi l’artefice delle futu- guardo con un quarto d’ora di vantaggio sulla secon- re glorie formazzine) ebbe un’idea geniale: ordinò due da, quella di Bardonecchia. Nello stesso anno Ferrera paia di sci in Norvegia e quasi contemporaneamente Si- Benigno si laurea in Valsassina campione italiano nella sto Ferrera, figlio del maestro del paese, che si era arruo- gara di fondo di 18 Km. lato negli alpini, tornando dal servizio militare iniziò a Dopo la parentesi della prima guerra mondiale, la se- propagandare il nuovo sport che in altre zone d’Italia conda “Valligiani” ebbe luogo nel 1920 in Val Garde- stava espandendosi. Lui stesso era divenuto un provet- na sempre sulla distanza dei 30 Km. Anche questa vol- to sciatore saltatore. Il parroco si entusiasmò a questo ta la squadra di Formazza giunge prima al traguardo sport e con un altro appassionato, certo Antonio Del- con 21 minuti di vantaggio sulla squadra di Cortina la Vedova, fondò lo Sci Club Formazza con 25 soci che d’Ampezzo.

365 Per altre sei volte la squadra di Formazza vinse la “Val- Dalla val Divedro Paolo Vairoli, Osvaldo Pletti, Dario ligiani” e precisamente negli anni 1922, 1923, 1926, Del Pedro e Marco Giovanna campioni juniores. 1927, 1928 e 1932. Parecchi ossolani fanno parte delle squadre naziona- Altri titoli italiani vennero conquistati nel 1922 e 1923 li militari di sci dell’Esercito, delle Fiamme Gialle, dei da Ferrera Giuseppe e nel 1924 da Imboden Pio e, sem- Carabinieri, della Polizia. pre nel 1924, quattro formazzini partecipano alle Olim- Particolare risonanza ha avuto dopo il 1980 la costitu- piadi di Chamonix. Nel 1929 Achille Bacher è campio- zione dello Sci Club Valdossola, sotto l’egida della Co- ne italiano di fondo (18 km), nel 1936 Scilligo Sisto munità Montana Valle Ossola, allo scopo di raggruppa- conquista l’alloro olimpico a Garmish e l’elenco dei suc- re in una unica squadra di ambo i sessi i migliori atle- cessi è ancora lungo: nel 1950 Valci Emilio è campione ti di ogni Sci Club. italiano della massacrante 50 Km., nel 1959 e 1960 Ba- Fra i numerosi campioni italiani ossolani negli ultimi cher Mario è campione italiano juniores di combinata anni ne citiamo alcuni: Adriano Darioli e Michele Vai- nordica e di fondo sui 10 km., nel 1952 Nino Ander- roli nel 1985; Walter Caffoni nel 1988 per la terza vol- lini partecipa alle Olimpiadi di Oslo e così pure Mario ta campione italiano di slalom gigante. Autentica pro- Bacher nel 1966. messa è Maurizio Feller, secondo ai mondiali juniores Numerosi Sci Club di vecchia data e molti quelli fonda- nel super G e convocato nella squadra nazionale B. A ti in questi ultimi anni. Tra i più anziani lo Sci Club Bo- grandi passi è emersa sulla scena mondiale la punta di gnanco (1920), lo Sci Club Divedro (1923) divenuto poi diamante dello sci ossolano: Guidina Dal Sasso di Or- Sempione, lo Sci Club Monte Rosa (1924) che prende navasso, pluricampionessa, vincitrice di tre Olimpiadi e poi il nome di Macugnaga, lo Sci Club Vigezzo (1924) campionessa mondiale di ski-roll. ed ultimamente altri, fra i quali lo Sci Club Domo Bian- Da qualche anno nell’alta val Formazza si svolge il cam- ca, lo Sci Club Ossola 2000 e Trubi Ski Team Seven. pionato italiano di motoslitte, organizzato dal Moto Anche in tutti questi Sci Club non sono mancati scia- Club Val Formazza. Lungo sarebbe l’elenco dei vincito- tori che si sono conquistati notorietà in campo nazio- ri di titoli regionali, nazionali e mondiali. Attorno alla nale confermando le tradizioni sciistiche dell’Ossola. schiera di campioni, consistente è la massa degli appas- Nel 1936 Ettore Schranz partecipò ai Giochi Olimpici sionati a questo sport, confermato dal successo ottenu- di Garmisch con la pattuglia militare italiana che vinse to dalle Scuole di Sci svoltesi per anni in Formazza, con la medaglia d’oro; la notissima Roberta Schranz (Beba) direttore la guida di prima classe Silvio Borsetti, coa- per le sue doti di discesista nel 1970 venne chiamata a diuvato dalle guide Stefano Zani e Dino Del Custode. far parte della squadra italiana per la Coppa del Mon- Una particolare citazione merita il successo conseguito re- do; Ciocca Isolina campionessa nel 1953 in campo na- centemente dal Lions Club Domese a Bormio, al campio- zionale di fondo alle gare ENAL. Infine Walter Caffo- nato italiano al quale parteciparono una cinquantina di ni campione mondiale nel K.L. (chilometro lanciato). Club da tutta Italia. Quello di Domodossola si è classifi- I bognanchesi Felice Darioli (campione italiano nella cato al secondo posto dietro quello di Bormio. Nelle catego- squadra di staffetta), il fratello Adriano, vincitore di ben rie “giovani” si sono affermati Tommaso Falcioni, nella ca- sei titoli nazionali individuali e tre titoli pure nella staf- tegoria donne seconda Daniela Possa e in quella per i soci, fetta. I vigezzini Gian Carlo Gubetta (della squadra na- ottimi piazzamenti di Falcioni, Falciola, Crugnola, Galli, zionale fondisti), Oliviero Ramoni (di quella juniores), Grossi, Zanaria, Villani, Brizio, Siena, Verdi, Fornaroli. Leopoldo Comaita (discesista con la squadra nazionale Per la prima volta nella sua storia il Club domese ha con- ai mondiali del 1975). Molti giovani hanno vinto cam- quistato un prestigioso trofeo. pionati giovanili regionali e nazionali, facendo da con- Fra le molte iniziative realizzate dai Club ossolani, va torno ai successi conseguiti dalla valanga di atleti osso- citata la “Sgamelà ‘d Vigezz” di 25 Km a tecnica libe- lani nelle numerose gare che ogni anno si svolgono sui ra sulle nevi delle piste di S. Maria Maggiore, che si ri- campi delle vallate adeguate alle esigenze degli atleti. pete dal 1999.

366 Il fiore all’occhiello dello sci in Ossola da qualche anno A2, ridimensionando le proprie velleità, continuando è Massimiliano Blardone, campione nella squadra na- comunque l’attività nei campionati minori. zionale italiana, detentore di brillanti risultati nelle di- In 27 anni di attività gli atleti del T.T. Ossola 2000 han- scese sulle piste mondiali. no vinto 277 tornei, dei quali: 13 internazionali, 25 tornei a squadre e 38 campionati a squadre. Ai cam- Sollevamento Pesi pionati italiani hanno conquistato: 8 medaglie d’oro, 3 Nel periodo ante guerra mondiale qualche disciplina d’argento e 4 di bronzo. annoverò alcuni appassionati in zona, fra questi va ri- Nel 1998 il T.T. Ossola 2000 viene insignito dalla F.I.T. cordato Andrea Borgnis, vigezzino, residente a Presti- e T. della medaglia di bronzo al merito sportivo e, nel none (Craveggia) che arrivò a conquistare il titolo di 2001, il C.O.N.I. assegna al Presidente Stefano Mura la campione italiano sollevamento pesi massimi - leggeri “Stella d’argento al merito sportivo”. per ben sette anni consecutivi; primatista italiano del- la categorie prese parte ai campionati europei, mon- Tiro a segno diali e alle Olimpiadi. Nel maggio 1986 si svolse a For- La sistemazione di una parte del vecchio poligono al mazza una gara di sollevamento per il trofeo memorial rione Badulerio per interessamento di un gruppo di ap- Borgnis. passionati al tiro a segno, ha riacceso la passione per questo sport in molti giovani e non più giovani. Tennistavolo Già nel maggio 1927 a Roma per le gare nazionali di Il tennistavolo nell’Ossola, strutturalmente, nasce uffi- tiro a segno, la squadra ossolana si comporta assai bene: cialmente il 2 gennaio 1977, con la fondazione dell’A.S. su 4.000 iscritti, il caposquadra ing. Mario Dell’Ange- Arci UISP La Lucciola di Villadossola, grazie all’inizia- lo si piazzò al 37° posto, Gustavo Croppi al 39° ed Et- tiva di due appassionati a questo sport: Stefano Mura e tore Canuti al 43°. Bruno Colusso. Successivamente trasformata in Tennis La partecipazione a competizioni regionali e nazionali Tavolo Domodossola, si è fusa con il Tennis Tavolo Piedi- hanno rafforzato gli sforzi dei dirigenti soprattutto nei mulera (sorto nel frattempo) il 1° gennaio 1982, per as- riguardi dei giovani. Nel 1996 i tiratori ossolani con- sumere definitivamente la denominazione di Tennis Ta- quistano a Legnano il primo posto nella specialità don- volo Ossola 2000 Domodossola, il 4 gennaio 1986. ne pistola e carabina a 10 metri, Lucia Piazzi accede Rimasto da solo nella conduzione del T.T. Ossola 2000, alla finale Coppa Italia; a Bra nei Giochi della Gioven- il presidente Stefano Mura segue con particolare cura la tù per “giovanissimi” con Simone Boxler (Macugnaga), formazione giovanile, giovani che col tempo divente- Moreno Ribecchi (Varzo). I successi vanno di pari pas- ranno l’ossatura delle squadre partecipanti ai vari cam- so con l’entusiasmo degli ossolani: 2000 ragazzi nel di- pionati ed ai tornei individuali. cembre 2000 provenienti da tutta l’Italia si affrontano Nei campionati a squadre il T.T. Ossola 2000, riesce al poligono di Brescia per il trofeo Regioni e Campio- nell’intento di raggiungere i vertici nazionali fino alla nati Italiani. Fra i rappresentanti del Piemonte, quat- serie A1 nel 1995 (campionato al quale poi rinuncia tro giovani tiratori dell’Ossola: Maurizio Ravasio (già per motivi finanziari), disputando per tre anni di segui- vincitore del Campionato Regionale Giovanile), Alessio to, dal 1994 al 1997, il campionato di serie A2 e succes- Valent, Fabrizio Munegato e Moreno Rebecchi. sivamente nel 2003/2004. Alla fine di questo campio- Aumentano gli iscritti: 80 in Ossola (80 mila a Mila- nato il T.T. Ossola 2000 è costretto, sempre per motivi no): 4 giorni di gare a Biella e successo del Tiro a Segno finanziari, a cedere il diritto di partecipazione alla serie Domo al primo posto con 8552 punti.

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Finito di stampare nel mese di aprile 2005 dalla Tipolitografia Saccardo Carlo & Figli s.n.c. di Ornavasso (VB)