Politiche Scientifiche E Strategie D'impresa: Le

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Politiche Scientifiche E Strategie D'impresa: Le (a cura di) Giuliana Gemelli POLITICHE SCIENTIFICHE E STRATEGIE D’IMPRESA: LE CULTURE OLIVETTIANE ED I LORO CONTESTI Fondazione Adriano Olivetti Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti 51 Politiche scientifiche e strategie d’impresa: le culture olivettiane ed i loro contesti a cura di Giuliana Gemelli © 2005 Fondazione Adriano Olivetti Il testo può essere liberamente riprodotto purché si citi la presente edizione. INDICE Prefazione 7 Giuliana Gemelli Riforme istituzionali, sviluppo economico e scienze sociali: un confronto Italia-Francia (1950-1970) 15 Carlo Olmo Progettualità e urbanistica nella Ricostruzione 35 Paolo Scrivano Lo scambio inter-atlantico ed i suoi attori: il rapporto tra Stati Uniti e Italia in architettura e urbanistica e il ruolo di Adriano Olivetti 47 Alberto Pedrazzini Aspetti locali della vicenda post bellica bolognese: dall’emergenza alla ricerca della costruzione di una città per l’uomo 79 Paola Di Biagi Quartieri e città nell’Italia degli anni Cinquanta. Il piano INA Casa 1949-1963 115 Simone Misiani La scuola di Portici e la politica del mestiere. Una proposta interpretativa 131 Rosanna Scatamacchia Un laboratorio per la Ricostruzione: il Servizio Studi della Banca d’Italia 165 Marco Di Giovanni Ufficiali «comandanti» o tecnocrati? La formazione dei quadri della Marina militare italiana nel secondo dopoguerra. Tradizioni culturali, scienza e management nell’età della guerra tecnologica. Appunti e ipotesi per la ricerca 215 Giuliana Gemelli e Flaminio Squazzoni Informatica ed elettronica negli anni Sessanta. Il ruolo di Roberto Olivetti attraverso l’Archivio Storico della Società Olivetti 257 Deborah Bolognesi Le origini del Cepas: dalla «Scuola di Guido Calogero» al «gruppo di Angela Zucconi» 309 PREFAZIONE La lungimiranza cartesiana è inutile se non vi si aggiunge una saggezza che riguardi non più lo spirito puro, ma il composto di anima e corpo. Simone Weill, Primi scritti filosofici. Le iniziative culturali che hanno caratterizzato il centenario della nascita di Adriano Olivetti si sono, inevitabilmente, con­ centrate sul personaggio, col rischio di uno scollamento tra il suo ruolo e la storia della società italiana (ed europea), rispetto alla quale, peraltro, la vicenda olivettiana non ha riguardato esclusivamente Adriano, ma si è dipanata, per almeno tre ge­ nerazioni, innanzitutto attraverso l’impresa fondata dal padre Camillo ed ereditata dal figlio di Adriano, Roberto, ma anche attraverso il delinearsi di una visione olistica del ruolo dell’im­ prenditore che è irriducibile alla componente aziendale ed in cui i valori economici sono strettamente intrecciati a quelli spi­ rituali, all’estetica, all’impegno civico. Comprendere questa vicenda nella sua densità e nel suo ineludibile significato stori­ co è un obiettivo da raggiungere, valorizzando il grande patri­ monio - in larga misura inesplorato - degli Archivi della Società di Ivrea e le molteplici connessioni alle fonti documentarie e della memoria collettiva ed individuale, a cui esso rinvia. È un compito che non può essere demandato a singoli studiosi ma che va realizzato in équipe. È un compito che non può e non 7 deve risolversi in ulteriori occasioni di celebrazioni, magari facendo scorrere nella rassegna dei santini l’immagine di Roberto (di cui, appunto, corre quest’anno il ventennale della morte) dopo avere glorificato quella di Adriano. Nessuno dei due aspirò ad essere un personaggio. Entrambi in modo diver­ so furono uomini dedicati, «missionari» di una volontà di inno­ vazione, la cui concreta determinazione era affidata alla realiz­ zazione di una matrice ideale. Tale matrice è stata erroneamen­ te assimilata ad una sorta di utopia industrialista, mentre, al contrario, essa è stata, in forme diverse, come si addice a chi cerca di realizzare il regno di Proteo1, dominandone gli eccessi proliferanti senza azzerarne il dinamismo e la creatività, un radicamento dell’agire imprenditoriale nello sforzo di fare avan­ zare l’umanità in senso materiale e spirituale, in un corpo a corpo con le forze in campo, con la complessità dei «contesti». Il Quaderno della Fondazione Adriano Olivetti è un primo, per molti versi provvisorio, cantiere di ricerca in cui si è cerca­ to di delineare le rifrazioni di questa complessità, puntando lo sguardo sui «contesti» e sulle modalità di relazione della proget­ tualità olivettiana rispetto ad essi, in vari ambiti di riferimento, dall’urbanistica alle relazioni industriali, dalle politiche sociali alle riforme istituzionali, dagli investimenti economici alla pia­ nificazione, dall’imprenditorialità culturale alla formazione delle élites. Il Quaderno raccoglie i contributi degli studiosi italiani che hanno partecipato ad un convegno italo-francese organizzato dal Dipartimento di Discipline storiche dell’Università di Bolo­ gna in collaborazione con l’École Française de Rome e con la Fondazione Adriano Olivetti, i cui atti sono stati interamente pubblicati in italiano e in francese nei Mélanges dell’École Française de Rome del 2003. Il convegno ha affrontato in modo 1 1 S. Weil, Primi scritti filosofici, Marietti, Genova 1998. 8 comparato il tema delle Politiche scientifiche e delle strategie d’impresa nella Ricostruzione. I contributi degli studiosi che vi hanno partecipato, hanno fatto emergere problematiche che hanno indotto a riconfigurare la periodizzazione classica della Ricostruzione, focalizzando l’attenzione nel medio-lungo perio­ do, sugli aspetti della ricostruzione istituzionale nei suoi intrec­ ci con la ricostruzione industriale e civile e al tempo stesso hanno messo in luce l’impossibilità di siglare con la parola «fine» la progettualità olivettiana dopo la morte di Adriano. Per tali motivi, oltre che per ragioni di complementarietà storiografica, connessa alla necessità di completare le documentate ricerche di Giuseppe Rao sull’elettronica nell’età di Adriano con l’anali­ si delle vicende dell’elettronica e dell’informatica nel periodo successivo alla sua scomparsa, la maggior parte dei saggi si è focalizzata sul passaggio tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, puntando lo sguardo sulle ombre lunghe che annun­ ciano la sinistra stagione degli anni Settanta. Citando e rove­ sciando un verso famoso di T.S. Eliot potremmo dire che la vicenda olivettiana non si è risolta in «a long wimper», ma piut­ tosto in un concertato «bang», cioè in un evento densamente costruito ed orchestrato da attori economici ed istituzionali ben individuati. Esso ha portato alla normalizzazione di un proces­ so di innovazione imprenditoriale (e non solo industriale) che mal si adattava alla configurazione dei contesti. Il plurale è d’obbligo perché non si tratta solo del contesto nazionale ma di quello internazionale, incapace di sovvertire le regole della divisione internazionale del lavoro che destinava ai paesi satel­ lite le nicchie industriali e ai paesi posizionati nel cuore del sistema capitalistico le strategie della grande innovazione. Mi sembra importante mettere in parallelo due vicende che risulta­ no particolarmente chiarificanti rispetto alla riproduzione della matrice dell’innovazione imprenditoriale che era stata di Adriano e che in seguito fu di Roberto: nessuna innovazione tecnologica ed organizzativa ha valore e radicamento se non è 9 accompagnata dal dispiegarsi di energie spirituali - culturali, antropologiche, conoscitive, responsabilmente orientate e riflessivamente sviluppate. Ma questa condizione necessaria non è sufficiente se i contesti agiscono come vincoli ed ostaco­ li. Intorno alla metà degli anni Sessanta il Presidente del MIT, James Killian, avviò una rivoluzione organizzativa basata sul potenziamento delle scienze umane, sia dal punto di vista della ricerca, sia dal punto di vista delle strategie formative come necessario complemento alla rivoluzione tecnologica dell’infor­ matica, col sostegno delle grandi fondazioni private americane, del governo, delle imprese. È noto l’impatto che questa scelta strategica nella formazione delle élites e nel rafforzamento della matrice istituzionale in grado di integrare università, laboratori di ricerca e imprese ebbe sull’affermazione internazionale del mercato statunitense dell’elettronica e dell’informatica. È forse meno noto - come dimostra il libro di Alfred D. Chandler2 sul­ l’epopea dell’elettronica - che seppure con esiti diametralmen­ te opposti dal punto di vista del sistema d’impresa e dello svi­ luppo dei mercati, la coesistenza del mondo delle macchine e dei loro sofisticati apparati con una schiera di filosofi, di lette­ rati, di esperti di logica, di semantica e di teoria dei linguaggi, era già un dato di fatto nella Divisione Elettronica dell’Olivetti dalla fine degli anni Cinquanta, dunque sostanzialmente in anti­ cipo rispetto agli stessi americani. È sorprendente che nono­ stante il sostanziale rigetto del progetto industriale olivettiano da parte dei contesti industriali politici e socio-culturali nazio­ nali, la matrice imprenditoriale e la capacità di visione in esso contenuta non si sia affatto dissolta, al contrario: dalla seconda metà degli anni Settanta Roberto Olivetti ebbe modo di espri­ mere in diverse occasioni la piena consapevolezza che i decen­ 2 A.D. Jr. Chandler, Dimensione e diversificazione. Le dinamiche dei capi­ talismo industriale, il Mulino, Bologna 1994. 10 ni successivi sarebbero stati dominati dalla comunicazione elet­ tronica, quando nessuno ancora neppure immaginava gli effet­ ti trasformatori delle tecnologie di Internet. I saggi raccolti in questo volume presentano una geografia volutamente
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