Tesi Di Dottorato Di Giovanni Melazzo (XXII Ciclo)
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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PALERMO Facoltà di Lettere e Filosofia Dipartimento di Studi storici e artistici DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’ARTE MEDIEVALE, MODERNA E CONTEMPORANEA IN SICILIA PARTES ADVERSAEADVERSAE: VANITAS IN SICILIA NEL XVII SECOLO Tesi di dottorato di Giovanni Melazzo (XXII Ciclo) Tutor: Coordinatore: Ch.mo Prof. Maria Concetta Di Natale Ch.mo Prof. Maria Concetta Di Natale Ch.mo Prof. Mariny Guttilla 0 Sommario PARTES ADVERSAE: VANITAS IN SICILIA NEL XVII SECOLO Introduzione I. Capitolo Primo: Caravaggio in Sicilia: il naturalismo e la vanità del tutto - Premessa - Il Seppellimento di Santa Lucia - La Resurrezione di Lazzaro - San Francesco in meditazione sulla morte II. Capitolo Secondo Vanitas ed esperienza mistica: Le iconografie di Santi e Penitenti - San Gerolamo scrivente e in meditazione - Santa Maria Maddalena in penitenza - Altre figure di santi anacoreti e penitenti III. Capitolo Terzo Un caso particolare: la peste in Sicilia nel 1624 - Breve definizione del contesto storico e sociale - Van Dyck a Palermo e Santa Rosalia: la Vanitas come modello di santità - Ribera, Novelli, i fiamminghi: la grande stagione dell’arte IV. Capitolo Quarto Nuovi aspetti della Vanitas tra Sei e Settecento - Un’altra Vanitas , l’iconografia delle Anime Purganti: esempi, contesti e luoghi - Altre declinazioni del tema: immagini, ex voto e culto delle reliquie - Un caso limite: Vanitas e horror mortis in Gaetano Giulio Zumbo (1656-1701) Elenco delle illustrazioni Bibliografia 1 Introduzione “Vanità delle vanità è ogni storia. La presenza della catastrofe nell’anima siciliana si esprime nei suoi ideali vegetali, nel suo taedium storico, fattispecie del Nirvana. La Sicilia esiste solo come fenomeno estetico. Solo nel momento felice dell’arte quest’isola è vera ” M. Sgalambro – Teoria della Sicilia Nel precedente lavoro di tesi di laurea mi ero dedicato a individuare e documentare, in una visione d’insieme, la presenza e l’ampia diffusione del tema della Vanitas nell’arte europea del Seicento. In esso prendevo in esame sia le composizioni di natura morta olandesi che le allegorie sacre spagnole, i soggetti di ambito francese, gli esempi di scuola napoletana, e procedevo ad analizzarne la complessa fisionomia, prendendo le mosse dai numerosi soggetti macabri tardo medievali e rinascimentali dai quali questo tema trae le sue origini (primo tra tutti il Trionfo della Morte ) fino alle varianti più moderne e originali in cui il tema stesso viene a declinarsi. Proseguivo quindi a evidenziare di volta in volta il portato ideologico del tema stesso, mettendone puntualmente in luce le molteplici implicazioni culturali, all’interno delle diverse aree geografiche, confessionali e artistiche 1. Oggi il presente elaborato deve essere considerato come uno sviluppo aggiornato e organico e di quel precedente lavoro: frutto di tre anni di approfondimenti interdisciplinari, di ricerche bibliografiche, di numerosi riscontri iconografici, arricchitisi nel tempo grazie ai ripetuti confronti personali con le opinioni, i suggerimenti, gli spunti e le indicazioni di egregi studiosi italiani e stranieri, esso ha come scopo specifico di dimostrare e attestare, coerentemente con la comprovata centralità di questa importante tematica nel resto dell’Europa barocca, la significativa, pertinente e non casuale presenza della Vanitas anche in seno alla produzione artistica siciliana, al suo orizzonte storico-culturale e sociale in generale, con riferimento sia al mondo colto delle accademie filosofico-letterarie, della letteratura profana, sia soprattutto al campo della predicazione religiosa (gesuitica e cappuccina in particolare), agli orientamenti prescritti dalla Controriforma, al complesso sistema delle 1Cfr.G.Melazzo: Vanitas Vanitatum, lettura e analisi di un tema figurativo nella cultura del Seicento europeo , tesi di laurea, Facoltà di Lettere di Palermo, Relatore Prof. T.Pugliatti, A.A. 2002-2003, con bibliografia. 2 confraternite laicali, all’umile crogiolo della devozione popolare, e al raffinato ambito del collezionismo aristocratico privato, in un arco cronologico che parte dalla fine del Cinquecento e attraversa tutto il Seicento (secolo che rappresenta il cuore per queste tematiche morali) ma con significative estensioni e sconfinamenti fino alla prima metà del Settecento. È possibile affermare, ed è ciò che tenterò di dimostrare nel presente studio, che la Sicilia del Seicento non si limita ad avere un ruolo passivo di ricezione, importando forme, soluzioni e modelli artistici da altre aree geografiche e culturali, in rapporti unilaterali di dipendenza da centri artistici più aggiornati e moderni (Genova, Roma, Napoli, le Fiandre, la Spagna), ma al contrario essa crea, elabora, inventa e produce arte, contraddicendo con ciò una certa affrettata, parziale e ormai desueta valutazione storiografica e critica che liquidava sommariamente (salvo poche eccezioni, vedi il caso esemplare del Novelli) l’intera produzione artistica del Seicento regnicolo come il prodotto isolato e vernacolare di un profondo, irrimediabile e onnipresente decadimento morale, politico, e culturale. La terra di Sicilia infatti, nonostante l’imperante malgoverno spagnolo e una innegabile spinta conservatrice di un ambiente sociale, prevalentemente religioso, fortemente contrario alle innovazioni anche in campo artistico, nel volgere di quell’ampio arco cronologico che comunemente viene compreso sotto il nome di età barocca, non manca di offrire, nella varietà e stratificazione degli elementi costitutivi, un sistema unitario di valori etici, morali e di conseguenza estetici 2, scaturito da un fertile intreccio di rimandi e scambi continui con gli altri domini spagnoli in Italia ed Europa e ci restituisce l’immagine di un panorama artistico e culturale tutt’altro che immobile ma anzi differenziato, variegato ed estremamente coerente, vitale e quanto mai ricco di relazioni tra artisti locali e stranieri e tra gli stessi artisti e la committenza (a volte privata, più spesso religiosa o, anche quando laica, comunque sempre in stretto rapporto con le onnipresenti istituzioni religiose) 3, non diversamente ma anzi in modo molto simile, sebbene con modalità proprie del tutto particolari, a quanto si verifica in ben altre realtà e contesti geografici e culturali dell’Europa del periodo (penso alla Spagna degli ultimi 2F.Abbate: Storia dell’arte nell’Italia meridionale , Tomo 4, Il Secolo d’oro , Roma 2002, p.210 sgg. 3Cfr. V.Scuderi: Caravaggeschi nordici e di «nazioni» italiane operanti in Sicilia. La posizione di Pietro Novelli in AA.VV.: Caravaggio in Sicilia, il suo tempo, il suo influsso , Catalogo della mostra, Siracusa 1984, pp.183-224, con ampio corredo di note bibliografiche e critiche. 3 Asburgo, alla Lombardia spagnola e al Viceregno di Napoli, alle cattoliche Fiandre del Sud e persino, sotto certi aspetti, all’Olanda borghese e calvinista) 4. Il primo capitolo si apre con una riesamina dell’esperienza siciliana del grande Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), di cui ripercorro le tre tappe essenziali sull’isola (Siracusa, Messina e Palermo) dopo la sua avventurosa fuga da Malta nei primi di Ottobre del 1608: sia perché nelle opere ascritte con assoluta sicurezza a questo periodo della difficile e tormentata vicenda biografica dell’artista lombardo le tematiche strettamente affini della Vanitas e della morte vi compaiono con assoluta frequenza e intensità, sia perché questo geniale artista italiano più di ogni altro, per mezzo della peculiare cifra stilistica che contraddistingue le opere del suo ultimo tempo (incluse senza eccezioni tutte quelle del soggiorno siciliano) rappresenta, in perfetta aderenza con lo spirito di una intera epoca, l’indicatore più sensibile di un determinato modo di percepire la stessa condizione umana nel mondo come vana, fragile, precaria e transitoria, dominata fino all’ultimo dal senso angoscioso della morte. In questo primo importante capitolo mi dedico dunque ad una lettura approfondita e ad una analisi iconografica e iconologica accurata in particolare di tre fondamentali opere siciliane del pittore: le due famosissime tele a soggetto sacro di Siracusa ( il Seppellimento di Santa Lucia ) e di Messina ( la Resurrezione di Lazzaro ), per le quali oltre a riassumere le ipotesi di studio più interessanti e aggiornate 5 suggerisco la reale possibilità di particolari influssi e suggestioni locali che possono avere orientato le scelte tematiche, stilistiche ed espressive del grande artista lombardo in Sicilia, e un’altra notevole opera, il San Francesco in meditazione sulla morte (originariamente nella chiesa di San Pietro in Carpineto Romano e oggi in deposito presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma) che, dopo le accurate indagini radiografiche e l’intervento di pulitura effettuato nel Febbraio del 2000 sotto la direzione di Rossella Vodret, ha confermato la valenza di originale autografo del pittore (il quadro infatti possiede ab origine un consistente corredo di repliche e copie di altissima qualità che testimoniano il grande successo della particolare definizione iconografica data dal Merisi alla 4U.Eco (a cura di): Il Seicento , collana Storia della civiltà europea , vol.5, Arti visive e musica , Milano 2008. 5D.Spagnolo: Caravaggio e la Sicilia, archeologia, fede e natura attraverso gli occhi di un genio in AA.VV.: L’Adorazione dei pastori restaurata e le «osservazioni» del Caravaggio in Sicilia , a cura di G.Barbera, Messina 2010, pp.22-47. 4 figura di san Francesco d’Assisi) ed è stato