PIANO STRUTTURALE

Volume QUADRO CONOSCITIVO VI Volume VI Studi di Geologia

Redatto da: Marco Antoni ,Antonio Lazzarotto, Armando Costantini, Data di elaborazione settembre 2005 Dario Albarello, Emilio Machetti Data di rev./aggiorn.

Adozione Delibera C.C. N...... del ......

Approvazione Delibera C.C. N...... del ...... Studio di geologia e ambiente Geologo Marco Antoni

GRUPPO DI LAVORO

Studi di GEOLOGIA

Geologo Marco Antoni

Dipartimento Scienze della terra - Università di

Prof. Antonio Lazzarotto

Prof. Armando Costantini

Prof. Dario Albarello

COLLABORATORI

Geologo Emilio Machetti

Via XX Settembre, 5 53024 Montalcino - Siena Tel. 0577 848284 Fax 0577 847918

e-mail [email protected] Studio di geologia e ambiente Geologo Marco Antoni

INDICE

1 INTRODUZIONE Pag. 4

2 CARTOGRAFIA DI BASE Pag. 5

3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL COMUNE DI PIENZA Pag. 6

4 CARTA GEOLITOLOGICA E DEI GEOSITI Pag. 8 4.1 Stratigrafia Pag. 8 4.1.1 Unità litostratigrafiche preneogeniche Pag. 8 4.1.1.1 Dominio Toscano: Formazione della Falda Toscana Pag. 8 4.1.1.2 Dominio Ligure: Formazione dell’Unità di S. Fiora Pag.10 4.1.2 Unità litostratigrafiche plioceniche Pag.11 4.1.3 Depositi alluvionali terrazzati pleistocenici Pag.14 4.1.4 Depositi alluvionali terrazzati olocenici Pag.14 4.1.5 Depositi eluvio-colluviali Pag.15 4.1.6 Depositi alluvionali attuali e recenti Pag.15 4.1.7 Depositi di versante Pag.15 4.2 Inquadramento tettonico Pag.15 4.3 Evoluzione paleogeografia della Toscana meridionale dal Miocene superiore al Quaternario Pag.18 4.4 Geologia di dettaglio dell’area urbanizzata di Pienza da rilievi a scala 1:2.000 Pag.21 4.4.1 Successione stratigrafica Pag.21 4.4.2 Evoluzione paleogeografica e paleoambientale Pag.31 4.4.3 L’assetto strutturale dell’abitato di Pienza Pag.33 4.4.3.1 Assetto strutturale del settore meridionale Pag.35 4.4.3.2 Assetto strutturale del settore centrale Pag.45 4.4.3.3 Assetto strutturale del settore settentrionale Pag.46 4.5 Analisi delle legende litologiche Pag.47 4.6 Geositi e panorami geologici Pag.49

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5 IL PATRIMONIO IPOGEO DEL COMUNE DI PIENZA Pag.87

6 CARTA GEOMORFOLOGICA Pag.95 6.1 Cenni generali Pag.95 6.2 Analisi della legenda Pag.95 6.3 Analisi della carta geomorfologica Pag.96 6.4 Analisi della carta geomorfologia di dettaglio Pag.97

7 CARTA IDROGEOLOGICA Pag.101 7.1 Cenni generali Pag.101 7.2 Analisi della legenda Pag.101 7.3 Analisi della carta idrogeologica Pag.105

8 CARTA DELLA VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI E DELLE AREE DI TUTELA Pag.106 8.1 Cenni generali Pag.106 8.2 Analisi della legenda Pag.106 8.3 Analisi della carta della vulnerabilità degli acquiferi e delle aree di tutela Pag.109 8.4 Analisi della carta della vulnerabilità degli acquiferi e delle aree di tutela di dettaglio Pag.109

9 CARTA DELLA STABILITA’ POTENZIALE INTEGRATA DEI VERSANTI Pag.110 9.1 Cenni generali Pag.110 9.2 Analisi della legenda Pag.112 9.3 Analisi della carta della stabilità potenziale integrata dei versanti Pag.112

10 CARTA DEGLI ASPETTI SISMICI Pag.114 10.1 Cenni generali Pag.114 10.2 Misure geofisiche eseguite a Pienza Pag.114

11 CARTA DEI DATI DI BASE Pag.121 11.1 Cenni generali Pag.121 11.2 Analisi della legenda Pag.121

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1 - INTRODUZIONE

Il presente studio geologico è redatto come strumento di supporto alla pianificazione urbanistica del Piano Strutturale del Comune di Pienza, nell’ambito della redazione del Quadro Conoscitivo e Progettuale.

Lo studio del territorio ha permesso di restituire i dati con una cartografia in scala 1:10.000 per tutta la superficie del Comune ed in scala 1:2.000 relativamente al centro urbano.

La cartografia è stata redatta in ottemperanza a quanto prescritto dalla D.C.R.T. 94/85 “Indagini geologico-tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica” e nel rispetto di quanto indicato nel Piano Territoriale di Coordinamento (P.T.C.) redatto dalla Provincia di Siena in ottemperanza al P.I.T. della Regione Toscana.

La redazione delle carte a scala 1:10.000, Geolitologica e dei Geositi e Geomorfologica, ha richiesto: • rilevamenti geologici inediti; • un approfondito riesame in campagna della Carta geologica prodotta dalla Regione Toscana e redatta dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Siena; • una ricognizione, condotta su tutto il territorio del Comune Pienza, al fine di individuare i siti di particolare interesse geologico (geositi), che verranno descritti nei capitoli successivi.

Nel rispetto del P.T.C. della Provincia di Siena, sono state realizzate le Carte della Vulnerabilità degli acquiferi e della Stabilità potenziale integrata con l’uso del suolo in collaborazione con Etruria Telematica cha ha svolto i processi informatici di elaborazione dati.

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2 - CARTOGRAFIA DI BASE

La base cartografica su cui è stato redatto lo studio geologico è la C.T.R. 1:10.000 della Regione Toscana ed il raster in scala 1:2.000, opportunamente aggiornato, fornito dal Comune di Pienza

In particolare per quanto concerne la C.T.R. 1:10.000 della Regione Toscana, sono stati utilizzati i fogli 308080, 308120, 308160,309050,309090,309100, 309130, 309140, 321010, 321020.

Inoltre, per lo studio geomorfologico, strutturale e geologico sono state utilizzate le foto aeree messe a disposizione dal Comune di Pienza dei voli 2002 alla scala 1: 7.500.

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3 - INQUADRAMENTO GEOLOGICO DELL’AREA

La cittadina di Pienza si sviluppa su di un rilievo pianeggiante, ad una quota di quasi 500 m sul livello del mare; essa poggia su sedimenti pliocenici di ambiente marino-costiero e la spianata stessa costituisce una piccola porzione della superficie di deposizione, sfuggita ai successivi processi di erosione superficiale.

Il rilievo su cui essa sorge fa parte di una dorsale che, con direzione OSO-ENE, si estende da S. Quirico d'Orcia a e costituisce lo spartiacque fra il T. Tuoma ed il T. Tresa. E’ una dorsale morfologica che coincide con un alto strutturale del substrato mesozoico, in corrispondenza del quale lo spessore dei sovrastanti sedimenti pliocenici è ridotto ad un centinaio di metri; essa separa due grandi bacini neo-autoctoni: il Bacino di Siena a Nord dal Bacino di Radicofani a Sud, all'interno dei quali i sedimenti pliocenici raggiungono invece potenze di varie centinaia di metri (Costantini et al., 1981; 1982; Lazzarotto & Micheluccini, 1992). Questi bacini sono ubicati all'interno di una lunga fossa tettonica che, con direzione NNO-SSE, si estende dalla valle del Serchio alla valle del Tevere, per una lunghezza di circa 300 km ed è caratterizzata da una forte asimmetria con faglie a grande rigetto sul bordo orientale (per valori che possono superare alcune centinaia di metri) e faglie a piccolo rigetto su quello occidentale. Queste faglie bordiere sono associate a costituire delle gradinate contrapposte e discendenti verso la parte centrale dei bacini. Longitudinalmente detta fossa non si presenta continua, ma è suddivisa in segmenti da strutture sollevate trasversali; ciascun segmento costituì nel Pliocene un bacino a sé stante con collegamenti spesso precari con i bacini adiacenti. Le soglie che li separavano si trovano normalmente in corrispondenza o in prossimità di importanti linee tettoniche regionali che tagliano trasversalmente la struttura e che creano delle vere e proprie discontinuità tra un segmento e l'altro (Fig.1). Nel caso specifico la linea Grosseto-Pienza, parallela e prossima alla «soglia di Pienza», nel Pliocene svincolò tettonicamente il bacino di Radicofani da quello di Siena: il primo si sollevò alla fine del Pliocene inferiore (3,5 M.a.fa), il secondo alla fine del Pliocene medio (2,5 M.a.fa).

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F ig. 1 - Distribuzione dei principali bacini di sedimentazione in Toscana nel PIiocene e nel Quaternario. In grise': aree emerse; in rigato bacini a sedimentazione marina; con puntinato bacini continentali ; a - faglie bordiere dei Graben ; b – faglie di trasferimento: 1 - Linea Livorno - Pistoia ; 2 -Linea Prato-Siliaro ; 3 - Linea Piombino - Faenza ; 4 - Linea Belforte- Monteriggioni; 5 - Linea dell ' Arbia ; 6 – Linea Grosseto - Pienza .

Ai bordi della depressione, che contiene i due grandi bacini neoautoctoni di Siena e Radicofani, si sviluppano due lunghe dorsalí: la dorsale Rapolano-Monte Cetona ad oriente e la dorsale Montalcino - Monte Amiata - Monte Civitella ad occidente, in corrispondenza delle quali affiorano formazioni preneogeniche. Lungo la prima emergono, dalla sottile copertura pliocenica, formazioni appartenenti soprattutto alla Serie toscana non metamorfica e formanti, nel loro insieme, un’anticlinale rovesciata vergente verso Est; lungo la seconda prevalgono invece, nettamente, le formazioni liguri, ricoperte, in corrispondenza del Monte Amiata, dalle vulcaniti quaternarie. Il rilievo, su cui è ubicata la città di Pienza, è, anche dal punto di vista geologico, riferibile al bordo occidentale della dorsale Rapolano-Monte Cetona; il substrato dei sedimenti pliocenici è infatti qui rappresentato, in prevalenza, dalle formazioni giurassiche, carbonatico-silicee, della Serie toscana, disposte in successione rovesciata, e, in minor misura, da formazioni appartenenti genericamente alle Unità liguri (Losacco, 1963).

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4 - CARTA GEOLITOLOGICA E DEI GEOSITI

Nell’abitato di Pienza sono stati cartografati depositi quaternari e formazioni riferibili alla sedimentazione pliocenica del Neoautoctono toscano (Carta e sezioni alla scala 1:2000). Nell’area del Comune (Carta e sezione geologica alla scala 1:10.000) compaiono anche piccoli affioramenti del substrato preneogenico, riferibili alle successioni della Falda toscana e delle Unità liguri l.s..

4.1 STRATIGRAFIA

4.1.1 UNITÀ LITOSTRATIGRAFICHE PRENEOGENICHE

4.1.1.1 DOMINIO TOSCANO: FORMAZIONI DELLA FALDA TOSCANA

La successione toscana non metamorfica (Falda toscana) è ben rappresentata da tutti i termini, noti anche in altre località della Toscana, solo in due affioramenti a N e a NE di . Qui di seguito saranno descritte le unità litostratigrafiche a partire da quella più antica.

Calcari e marne a Rhaetavicula contorta (RET) Costituiscono le rocce più antiche presenti nel territorio comunale di Pienza; gli affioramenti più importanti sono quelli di Poggio Castellaccia e Pod. nella Sez.308080 della C.T.R. e dell’area di Monticchiello nella Sez. 309090. Dal punto di vista litologico questa unità litostratigrafica è costituita da calcari dolomitici neri, ben stratificati, il cui spessore può variare dai 15 cm ai 2 metri. Intercalati ai calcari e molto subordinati rispetto ad essi (<10%) affiorano livelli dai 5 cm al metro di marne di colore grigio-chiaro. Queste rocce hanno un'età triassica superiore (circa 210 milioni di anni) e probabilmente erano emerse quando, durante il Pliocene inferiore (intorno ai 5 M.a.), l’area in esame fu invasa dal mare. Infatti gli affioramenti triassici sono "fasciati" da tracce di antiche linee di riva e da depositi di mare basso (conglomerati poligenici PLIb) a testimonianza dell'esistenza di un ambiente costiero.

Calcare massiccio (MAS) Compare in due piccoli affioramenti ad est di P.gio Castellaccia, dove giace stratigraficamente sopra il Calcare a Rhaetavicula contorta. Compare inoltre in tre piccoli affioramenti a NE e ad E dell’abitato di Pienza, lungo il F.sso Stagno e sul greto del F.sso Rigo. Altri affioramenti sono stati cartografati nei dintorni di Monticchiello alla base della successione toscana. E’ costituito da calcari e calcari dolomitici, massicci o grossolanamente stratificati. La parte più alta della formazione comprende calcilutiti grigie talvolta con sottili orizzonti giallastri in corrispondenza dei giunti di

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strato. Sulla base del contenuto fossilifero, viene normalmente riferito al Lias inferiore (circa 205 M.a.). Nell'affioramento a sud del Podere Lignanello il Calcare presenta, oltre al suo aspetto tipico, delle sfumature di colore rosa e tantissimi fori di organismi del genere Lithophaga. Queste perforazioni sono state causate in passato da un Bivalve, il Lithodomus (ora definito Líthophaga líthophaga), del gruppo dei Mytilidi, tuttora vivente e chiamato volgarmente “Dattero di mare”. Questo organismo vive lungo le coste all'interno di fori che scava nella roccia calcarea, grazie a una secrezione mucosa erosíva; raggiunge le massime densità di popolazione entro i primi cinque metri di profondità, segnando così la linea di riva. Si può pertanto supporre che l’affioramento a sud del Pod. Lignanello rappresentasse, nel Pliocene Inferiore, uno scoglio emerso su cui successivamente il mare è trasgredito.

Calcare selcifero di Limano (LIM) Gli affioramenti più importanti compaiono a nord e a nord est di Monticchiello, rispettivamente sul fondovalle del T. Pianaccio e lungo il T. Tresa. Un altro piccolo affioramento compare, ad est di Pienza, sul greto del T. Rigo, in giacitura rovesciata. E’ costituito da calcilutiti, talvolta marnose, grigio-chiare, ben stratificate, con noduli e liste di selce grigio chiara e sottili interstrati marnosi. Raramente sono stati notati livelli calcarenitici. La formazione è molto povera di fossili; è considerata essersi sedimentata in un ambiente marino pelagico profondo ed è generalmente attribuita al Lias medio-superiore (intorno a 190 M.a.).

Marne a Posidonomya (POD) Compaiono a tetto del Calcare selcifero, nei due affioramenti sopraindicati, per una decina di metri di spessore. La formazione è costituita da marne e calcari marnosi grigio-verdastri, con rare intercalazioni di marne o argilliti rosse e di calcareniti talvolta selcifere. Contengono numerosi fossili,tra cui Posidonia alpina (Gras). In sezione sottile è caratteristica la presenza di “filamenti calcitici” oltre a Globochaete alpina Lombard, Radiolari ed Ostracodi. In letteratura la formazione è considerata essersi sedimentata in ambiente marino profondo ed è attribuita al Dogger (da 185 a 165 M.a.).

Diaspri (DSD) Sono presenti, a tetto delle Marne a Posidonomya, nei due affioramenti sopraindicati, a N e NE di Monticchiello, per uno spessore di una ventina di metri. Sono Radiolariti rosso scure o verdi, in strati di 10 cm, localmente con sottili interstrati argillitici. Talvolta, nella parte alta della formazione, agli strati silicei si alternano marne silicee e argilliti rosse e rari strati di calcilutiti silicee grigio-verdi. Il contenuto fossilifero è rappresentato da Radiolari. L’ambiente di sedimentazione è marino profondo. L’età è Malm p.p. (circa da 165 a 155 M.a.).

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Maiolica (MAI) E’ presente, con uno spessore di alcune decine di metri, a tetto dei Diaspri, negli affioramenti sopraindicati. Si tratta di calcilutiti selcifere, ben stratificate (da 10-15 cm ad un metro), bianche nella parte inferiore della formazione, grigie e con rari livelli calcarenitici nella parte superiore. Il contenuto fossilifero è costituito da Tintinnidi e Radiolari; l’ambiente di sedimentazione è marino profondo. L’età è Malm superiore-Cretacico inferiore (155 –120 M.a. circa).

Scaglia Toscana (STO) Un piccolo affioramento compare sul greto del Fosso Stagno, pochi chilometri a NNE di Pienza, in prossimità della località Santa Maria in Villa. Altri e più estesi affioramenti sono stati rilevati nelle due località dove compare la Successione toscana a N e a NE di Monticchiello. Questa formazione presenta caratteri litologici estremamente eterogenei, per cui in Toscana sono stati distinti innumerevoli membri e litofacies. Nell’area del Comune di Pienza, tuttavia, le condizioni di affioramento non permettono di fare alcuna distinzione. La formazione è costituita da argilliti e argilliti siltose e marnose rossastre, verdastre o grigie, talvolta con sottili intercalazioni di calcilutiti silicee e calcareniti grigie e verdastre; rari i livelli di diaspri rossi e neri. Il contenuto fossilifero è costituito in prevalenza da Foraminiferi pelagici; ambiente marino profondo. Età: Cretacico inferiore-Paleogene (da 120 a 25 M.a. circa).

4.1.1.2 DOMINIO LIGURE: FORMAZIONI DEL’UNITÀ DI SANTA FIORA

L’Unità di S. Fiora è ben rappresentata nell’area di Monticchiello. Un affioramento più piccolo compare alcuni chilometri a sud di Pienza, presso il Pod. Pugnano. L’Unità poggia con contatto di sovrascorrimento, ed in evidente discordanza angolare, su formazioni diverse della Falda toscana. E’ costituita da tre formazioni: Formazione di S. Fiora, Formazione della Pietraforte e Formazione di M. Morello. Le prime due formazioni sono legate da rapporti di eteropia.

Formazione di S. Fiora (FIA) I più estesi affioramenti compaiono a nord e ad est di Monticchiello. E’ costituita fondamentalmente da sequenze torbiditiche, arenaceo - pelitiche o calcarenitico – calcilutitiche. I litotipi più frequentemente riscontrati sono: calcareniti gradate, arenarie fini e silts con lamine parallele e oblique, calcari a grana fine, calcari marnosi e marne; la frazione pelitica è nettamente predominante sulle altre litofacies. Nel suo insieme la F. di S. Fiora può essere considerata come una facies pelitico-arenacea (Facies di tipo D di

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Mutti & Ricci Lucchi, 1972). I fossili sono rappresentati da Foraminiferi planctonici, soprattutto della Famiglia Globotruncanidae, che permettono di attribuire la formazione al Cretacico superiore - Paleocene inferiore (all’incirca fra 100 e 60 M.a.). Le caratteristiche sedimentologiche di alcuni litotipi e la marcata ritmicità della successione, unitamente al contenuto fossilifero, indicano una sedimentazione in ambiente marino profondo.

Formazione della Pietraforte (PTF) Affiora a Monticchiello, dove costituisce una grossa lente entro la Formazione di S. Fiora. Il litotipo predominante è un’arenaria carbonatico-quarzosa di colore grigio in frattura fresca, marrone ocra sulla superficie alterata, nella quale sono ben evidenti frammenti di fillosilicati (muscovite). La formazione si presenta in banchi mal definiti e di spessore variabile da pochi cm a 1,5 metri; mal definita è anche la gradazione degli elementi clastici. All’interno dei singoli banchi compaiono talvolta nubi di un conglomerato eterometrico (PTFa), conosciuto con il nome di “cicerchina”, con ciottoli che normalmente non superano 1-2 cm di diametro ma che, in alcuni casi, possono raggiungere i 4-5 cm. Da un punto di vista petrografico le arenarie sono costituite per la maggior parte da granuli di quarzo, da elementi calcareo – dolomitici, da feldspati e fillosilicati, in un cemento carbonatico.

Formazione di M. Morello (MLL) E’ presente in un piccolo affioramento a nord di Monticchiello dove appoggia con contatto stratigrafico sulla F. di S. Fiora e con contatto tettonico sulla Scaglia toscana. E’ costituito da marne grigie, calcari marnosi grigio scuri, ed argilliti beige, in sequenze torbiditiche, talvolta con base arenacea. Lo spessore della formazione non supera alcune decine di metri. I suoi caratteri litologici e sedimentologici suggeriscono un ambiente di sedimentazione di piana sottomarina. Sulla base delle associazioni a Foraminiferi, riportate in letteratura, possiamo attribuire alla formazione in esame un’età compresa fra il Paleocene medio e l’Eocene medio-superiore.

4.1.2 UNITÀ LITOSTRATIGRAFICHE PLIOCENICHE

Conglomerati marini poligenici (PLIb) Affiorano principalmente nell'area di Monticchiello dove costituiscono i primi depositi marini che si appoggiano sul substrato pre-pliocenico. Un limitato affioramento lenticolare si rinviene inoltre a sud di Pienza presso il Pod. Prugnano. Due livelli decametrici, all’interno delle argille FAA, affiorano sulla destra del T. Tresa presso il Poggio Montertine.

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Dal punto di vista litologico sono conglomerati poligenici, spesso matrix supported, con ciottoli provenienti dalle formazioni liguri e toscane. Le dimensioni dei ciottoli variano da 2 a 30 cm e la loro forma varia da subarrotondata a ben arrotondata. L’ambiente di deposizione varia da transizionale, dove i depositi terrigeni fluviali erano localmente e marginalmente elaborati dal mare, a marino di modesta profondità. L’età della formazione è pliocenica inferiore.

Arenarie e sabbie gialle (PLIs) Affiorano estesamente nella parte settentrionale dell’area comunale, dove spesso costituiscono il sedimento di trasgressione marina sui nuclei preneogenici, sostituendo così la formazione PLIb. Con lo stesso simbolo (PLIs) sono state contrassegnate anche le “Sabbie gialle e arenarie di Pienza” che affiorano ne pressi del centro abitato della città e che qui assumono un significato paleogeografico e paleoambientale diverso. Di quest’ultima litofacies daremo una descrizione dettagliata nell’illustrazione della Carta geologica alla scala 1:2000. La formazione è attribuibile al Pliocene inferiore.

Argille grigio – azzurre, localmente fossilifere (FAA) Affiorano estesamente nel territorio comunale di Pienza e risultano eteropiche delle unità PLIs, FAAb, FAAd, FAAe e FAAg che saranno qui sotto descritte. Questa unità è composta da limi e subordinatamente da argille e argille marnose, di colore grigio turchino in superficie fresca, grigio chiaro in superficie alterata. Costituiscono i sedimenti più profondi che si accumularono in questo tratto di mare pliocenico. Nell’area dell’abitato di Pienza, compresa nell’area rilevata alla scala 1:2000, la formazione è stata divisa in due parti, alle quali sono stati dati nomi diversi, rispettivamente “Argille della Val d’Orcia”(FAAv), a quella inferiore, e “Argille della Val Tuoma”(FAAt), a quella superiore. Per una loro più dettagliata descrizione si rimanda alla nota descrittiva della carta 1:2000. L’età della formazione è pliocenica inferiore.

Alternanze decimetriche e metriche di peliti e areniti risedimentate (FAAd) Affiorano estesamente nella parte meridionale del territorio comunale e costituiscono livelli di alcune decine di metri di spessore all’interno della formazione FAA. L’unità è costituita da alternanze di strati di areniti gradate e di limi. Le areniti in genere sono alla base a grana media ed al tetto a grana fine, di colore giallo e debolmente cementate. I limi sono di colore grigio, del tutto identici a quelli dell’unità FAA. Lo spessore degli strati di entrambe le litofacies è variabile da 10 cm al metro.

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Il significato deposizionale di tale unità può essere duplice: costituire la parte più esterna della conoide sottomarina, oppure rappresentare dei momenti di diradamento dell'arrivo delle onde torbide. Entrambe le situazioni possono infatti giustificare un'alternanza di limi e areniti gradate. L’età della formazione è pliocenica inferiore.

Areniti risedimentate (FAAe) Affiorano nella parte meridionale del territorio comunale, a sud di San Piero in Campo, sulla destra del F. Orcia. Costituiscono un livello di una decina di metri di spessore all’interno delle argille FAA. Litologicamente sono areniti, a grana media, debolmente cementate di colore giallo, ben stratificate, in strati di spessore variabile, generalmente tra 10 cm ed 1 m. Gli strati si presentano localmente gradati. Ciò accade quando l'assortimento granulometrico consente di apprezzare meglio la gradazione, naturale conseguenza del processo decantativo mediante il quale si accumularono gli strati sabbiosi. Allorquando l'assortimento granulometrico è minimo la gradazione risulta impercettibile o non esistente. Unitamente all'unità FAAd e FAAg, costituiscono il prodotto della sedimentazione di onde torbide (frane sottomarine diluite). Età: Pliocene inferiore.

Conglomerati risedimentati (FAAg) Nella parte meridionale dell’area comunale, all’interno della formazione delle Argille grigio-azzurre (FAA), compaiono due livelli, di circa dieci metri di spessore ciascuno, di conglomerati poligenici con evidente gradazione degli elementi clastici. Rappresentano il prodotto di sedimentazione di onde torbide. Età: Pliocene inferiore.

Conglomerati di Fosso Mazzini (PLIm) Affiorano lungo l’incisione del Fosso Mazzini e dei suoi affluenti e costituiscono un livello lenticolare alla base e lateralmente ai Calcari (RUSd). Sono costituiti da ciottoli appiattiti ed isorientati del diametro massimo di 3-5 cm. La forma e la particolare disposizione dei ciottoli fa pensare che questi conglomerati si siano depositati in un ambiente di spiaggia. Età: Pliocene inferiore.

“Sasso porco” (RUSd) Questo calcare affiora in poche località dell’area comunale di Pienza, ma è stato oggetto di escavazione mineraria per l’estrazione di piccole quantità di lignite in esso presente. Gli affioramenti si osservano lungo l’incisione del Fosso Mazzini e dei suoi affluenti, ubicati tra il Pod. di Strozzavolpi e il Pod. Mazzini.

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E’ costituito da un calcare bianco, farinoso, molto leggero, che emana un caratteristico odore forte, pungente e sgradevole di zolfo. In esso sono contenuti livelli, di spessore variabile da pochi centimetri a qualche decimetro, di lignite e torba. Le più belle esposizioni di “Sasso porco”, lungo l’incisione del F. Mazzini possono costituire un sito geologico e pertanto sono state analizzate in dettaglio. Per una loro illustrazione si rimanda al paragrafo sui geositi. Il calcare RUSd si è depositato in un ambiente palustre, probabilmente di retroduna, nel Rusciniano (Pliocene inferiore).

Argille sabbiose e limi di colore variabile da nocciola a grigio (FAAb) Affiorano estesamente nella parte settentrionale dell’area comunale e sono eteropiche con le Argille grigio-azzurre, localmente fossilifere (FAA) e con le Calcareniti e calciruditi bioclastiche (PLIc). Questa unità è costituita normalmente da limi di colore variabile da nocciola a grigio; localmente si presentano come argille sabbiose ricche di macrofossili. Età: Pliocene inferiore.

Calcari organogeni e calcareniti bioclastiche (PLIc) I Calcari organogeni costituiscono il terreno di fondazione di gran parte dell’abitato di Pienza o, quantomeno, del Centro storico. Affiorano anche nei pressi del Fosso Mazzini, a nord di Pienza e passano lateralmente alle Argille sabbiose e limi…(FAAb). Ad essi si associano calcareniti a grana grossa, debolmente cementate, localmente ricchissime di frammenti di fossili per lo più di Pectinidi e Gasteropodi. Una descrizione più dettagliata sarà data nella illustrazione della Carta geologica alla scala 1:2000. Età: Pliocene inferiore.

4.1.3 DEPOSITI ALLUVIONALI TERRAZZATI PLEISTOCENICI

Sono ubicati prevalentemente lungo i versanti delle valli del F. Orcia e del T. Formone a quote che raggiungono i 362m sul l.m. e sono disposti in due ordini. In alcuni sono riconoscibili sia la spianata (at4) sia la scarpata (at5); in altri è riconoscibile solamente il deposito (at6). Dal punto di vista litologico, sono costituiti prevalentemente da sabbie e ciottoli e subordinatamente da sabbie e limi.

4.1.4 DEPOSITI ALLUVIONALI TERRAZZATI OLOCENICI

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Sono ubicati lungo i principali corsi d’acqua. Da un punto di vista morfologico sono riconoscibili in alcuni casi sia la spianata (at1) sia la scarpata (at2); in altri è riconoscibile solamente il deposito (at3). Dal punto di vista litologico, anch’essi, per la maggior parte, sono costituiti da sabbie e ciottoli e subordinatamente da sabbie e limi

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4.1.5 DEPOSITI ELUVIO - COLLUVIALI (B2A)

Sono presenti o in corrispondenza di fondovalle privi di corsi d'acqua o di piccole valli tributarie. Sono costituiti per lo più da limi e sabbie depositatisi per alterazione in situ e/o a seguito di limitati trasporti operati dalle acque di ruscellamento e/o dalla gravità. Il loro spessore nella maggior parte dei casi è di alcuni metri.

4.1.6 DEPOSITI ALLUVIONALI ATTUALI E RECENTI

Affiorano in corrispondenza del F. Orcia e dei suoi principali affluenti. Sono costituiti per lo più da limi, sabbie e ciottoli, accumulatisi lungo gli alvei attuali e le zone di esondazione recenti.

4.1.7 DEPOSITI DI VERSANTE

Sono stati distinti in carta, con simboli diversi, quelli costituiti da ghiaie e sabbie e quelli costituiti da sabbie e frammenti litoidi.

4.2 INQUADRAMENTO TETTONICO

La storia delle deformazioni della Toscana meridionale è legata al corrugamento e al sollevamento della Catena appenninica. L’Appennino Settentrionale, come gli altri tratti appenninici, è nato in conseguenza della chiusura dell'Oceano Tetidico, apertosi a partire dal Trias Inferiore (250 M.a. circa). Quest'oceano ha raggiunto la massima estensione (alcune centinaia di chilometri) alla fine del Giurassico Superiore (140 M.a. circa) quando, per effetto dell'apertura dell'Oceano Atlantico, ha iniziato a chiudersi. Il processo di subduzione, che ha determinato la chiusura della Tetide, si è concluso nell'Eocene Inferiore con la collisione fra il margine continentale europeo e quello africano. La collisione continentale, che ha determinato la contrazione del margine africano e la formazione della catena appenninica, si è sviluppata attraverso il processo della subduzione ensialica, iniziato nell'Oligocene. Il corrugamento della fascia tirrenica dell'Appennino settentrionale è il risultato di una complicata sequenza di eventi avvenuti nell'Oligocene Superiore - Miocene Inferiore. Nel corso di questi eventi si è verificato il corrugamento delle formazioni pre-neogeniche con la sovrapposizione di più unità tettoniche. Nell’area comunale di

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Pienza sono state riconosciute, negli affioramenti di Poggio Castellaccia e di Monticchiello, due unità tettoniche, l’Unità della Falda toscana, riferibile al Dominio toscano, e l’Unità di S. Fiora, riferibile al Dominio ligure esterno (Figg.2 e 3).

Fig.2 – Disposizione dei Domini paleogeografici nel cretaceo superiore, ottenuta distendendo le diverse unità tettoniche che costituiscono la catena nord-appenninica

Fig.3 – Successione delle unità liguri nella Toscana meridionale

A partire dal Miocene Inf., l'assetto strutturale di quest'area è stato ulteriormente modificato da deformazioni in regime distensivo, che si sono sviluppate in più fasi fino al Pleistocene Inferiore. La genesi e l'evoluzione delle fosse tettoniche che costituiscono i bacini neogenici toscani è direttamente collegata all'apertura del bacino tirrenico, con una sfasatura di tempo da ovest verso est.

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A partire dal Tortoniano Superiore nella Toscana meridionale, questo nuovo stile tettonico si è manifestato attraverso lo sviluppo di faglie dirette ad alto angolo, a direzione NNO-SSE, che tagliano tutte le strutture

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precedentemente formatesi. Queste faglie hanno dato origine ad un articolato sistema di fosse tettoniche, separate fra loro da alti strutturali, all'interno delle quali si è sviluppata la sedimentazione mio- pliocenica della Toscana meridionale . Le principali fosse tettoniche sono orientate in direzione appenninica (NNO-SSE) e ogni singola fossa risulta suddivisa in segmenti da linee tettoniche trasversali orientate in direzione SO-NE (vedere Fig.1). L’area comunale di Pienza si estende fra il Bacino di Siena ed il Bacino di Radicofani, a cavallo dell’alto morfostrutturale che separa i due bacini (“Soglia di Pienza” in Fig.1); è collocata inoltre sul margine occidentale della Dorsale Rapolano - M. Cetona, della quale emergono i nuclei preneogenici del Poggio Castellaccia e di Monticchiello. Tali nuclei sono delimitati, sul bordo occidentale, da faglie dirette, a direzione appenninica (NNO-SSE), che immergono rispettivamente verso i depocentri dei bacini di Siena e di Radicofani. Ad est dell’abitato di Pienza, sull’allineamento del Fosso Rigo e del Fosso Stagno compaiono, al di sotto delle formazioni plioceniche, alcuni nuclei preneogenici che sono, da sud a nord, quello del Pod. Prugnano, quello del F. Rigo, quelli di Fonteggiano e di Lignanello sul F. Stagno. L’allineamento di questi nuclei ha suggerito l’esistenza di una faglia a direzione NNE-SSO, immergente verso ESE, che delimiterebbe ad oriente il sub-bacino del T. Tresa; quest’ultimo si apre verso sud ed è compreso fra l’alto strutturale di Pienza, ad occidente, e quello di Monticchiello, ad oriente (vedere sez. geologica alla scala 1:10.000). Tale faglia, quasi sicuramente sinsedimentaria, avrebbe condizionato nel Pliocene Inferiore, l’evoluzione dell’ambiente sedimentario dell’alto strutturale di Pienza, come avremo modo di illustrare in un prossimo capitolo. L’abitato di Pienza (vedere carta alla scala 1:2.000) è delimitato, ai bordi meridionale e settentrionale, da due faglie subparallele, a direzione ONO-ESE (N120°). La prima, conosciuta come “Faglia di Pienza”, immerge verso i quadranti meridionali ed è responsabile, direttamente o indirettamente, delle lesioni del centro storico; la seconda, che indicheremo come “Faglia delle Fontanelle”, immerge verso quelli settentrionali, ha un rigetto di pochi metri, e non sembra ad oggi aver causato particolari dissesti nel centro abitato. Di queste due faglie parleremo in maniera più approfondita nella illustrazione della carta geologica alla scala 1:2.000.

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4.3 EVOLUZIONE PALEOGEOGRAFICA DELLA TOSCANA MERIDIONALE DAL MIOCENE SUPERIORE AL QUATERNARIO

Per capire la situazione paleoambientale che ha condizionato nel Pliocene Inferiore la deposizione dei sedimenti, marini e continentali, nell’area di Pienza, passeremo brevemente in rassegna le principali tappe dell’evoluzione paleogeografica della Toscana meridionale dal Miocene Superiore al Pleistocene Inferiore:

- Tortoniano Superiore: formazione di bacini lacustri per sprofondamenti tettonici in tutta la Toscana a sud dell'Amo;

Fig.4 - Paleogeografia della Toscana Meridionale nel Messiniano Inferiore. Simboli: 1- aree emerse; 2 – aree sommerse dal mare; 3 - bacini lacustri; 4 – linee di riva, marine e lacustri nel Messiniano; 5 – linee di costa e margini dei bacini lacustri attuali

-Messiniano Inferiore: trasgressione marina nell'area ad occidente della Dorsale Medio-Toscana con successivo sviluppo delle facies evaporitiche, mentre ad est di questa dorsale permangono ambienti lacustri appena interessati dalla precipitazione dì piccoli livelli evaporatici (Fig. 4).

-Messiniano Superiore: ampia regressione marina per il sollevamento di parte della Toscana occidentale; facies di lago-mare.

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-Pliocene Inferiore: trasgressione marina, per innalzamento del livello del mare, di estensione molto più ampia di quella del Messiniano Inferiore, con raggiungimento dei bordi occidentali del Monte Albano, dei

Monti del Chianti e del versante orientale della Val di Chiana. Nella parte occidentale della Toscana i bacini hanno uno scarso sviluppo longitudinale, insinuandosi tra aree sollevate a disposizione molto irregolare; ciò è stato messo in relazione con l'impostazione di stocks intrusivi collegati ad una attività magmatica sviluppatasi nel tempo da ovest ad est (Fig. 5);

Fig.5- Paleogeografia della Toscana meridionale nel Pliocene inferiore ( Zona a Globorotalia margaritae- puncticulata). Simboli: vedi fig. 4.

- Pliocene Medio: parziale sollevamento del settore occidentale della Toscana meridionale (Fig. 6) - Pliocene Superiore: regressione marina per sollevamento generale; - Pleistocene Inferiore: trasgressione marina lungo il litorale tirrenico, legata a sprofondamento tettonico e senza sicure evidenze di una componente eustatica (Fig. 7).

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Fig. 6 – Paleogeografia della Toscana Meridionale nel Pliocene Medio (Zona a G. aemiliana). Simboli: vedi Fig.4.

Fig. 7– Paleogeografia della Toscana

Meridionale nel Pleistocene Inferiore. Simboli: vedi Fig. 4.

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4.4 GEOLOGIA DI DETTAGLIO DELL’AREA URBANIZZATA DI PIENZA DA RILIEVI A SCALA 1:2.000

E’ stato condotto un rilevamento di dettaglio del centro abitato di Pienza e pertanto la successione stratigrafica, i dissesti tettonici e quelli gravitativi appaiono molto meglio definiti che nel rilevamento più ampio e a scala più piccola (1:10.000) dell’intero Comune (Fig.15).

4.4.1 Successione stratigrafica

Al di sotto dei depositi quaternari sono state riconosciute varie Unità litostratigrafiche plioceniche, che dalla più alta alla più bassa sono: • Argille della Val Tuoma (FAAt) • Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi (FAAb) • Calcare organogeno a Lithothamnium (PLIc) • Sabbie gialle e arenarie di Pienza (PLIs) • Argille della Val d’Orcia (FAAo)

La descrizione delle singole unità procederà, come di consueto, dalla più antica alla più recente.

Argille della Val d’Orcia (FAAo) Studi precedenti avevano utilizzato questo nome per descrivere argille di colore grigio, compatte, più o meno marnose, ricche di cristalli di gesso e povere di macrofossili (LOSACCO, 1963; LAZZAROTTO & MICHELUCCINI, 1992; sinonimo: “Argille inferiori” in FAZZINI & MANTOVANI, 1968). Nell’area in esame, le Argille della Val d’Orcia, si estendono nel settore meridionale e orientale della carta, più precisamente a SO e ad NE dell’abitato di Pienza. La base di questa formazione non è visibile; al tetto è sormontata dalle Sabbie gialle e arenarie di Pienza (sezioni A e B). L’unità è caratterizzata da argille di colore grigio, quasi azzurrognolo (Fig. 8).

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Fig.8 – Visione panoramica delle Argille della Val d’Orcia

Si tratta di argille con un basso contenuto di sabbia (12-15%), un contenuto di carbonato di calcio nella stessa percentuale e diffusi cristalli di gesso. Si presentano siltose in prossimità del contatto con le sovrastanti Sabbie gialle e arenarie di Pienza. Lo spessore di questa formazione, nella zona di Pienza, non raggiunge i 100 m (120-150 m in LOSACCO, 1963), mentre nella zona a S di Radicofani e nella Valle del Paglia i sondaggi dell’ENEL e quello dell’AGIP, denominato “Radicofani 2”, indicano valori variabili da 600 a 1000 m. Sono sormontate con contatto stratigrafico dalla formazione delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza ma sono anche in rapporti laterali con quest’ultime (LOSACCO, 1963). L’esame microfossilifero, eseguito in questa unità da FAZZINI e MANTOVANI (1968), aveva evidenziato la presenza di Globorotalia hirsuta e, soprattutto, di Globorotalia puncticulata e aveva fatto attribuire ad essa un età pliocenica inferiore. Studi successivi hanno permesso de definire con maggior precisione l’età della formazione sulla base di nuovi reperti fossili riferibili alle zone a Sphaeroidinellopsis seminulina e Globorotalia margaritae, indicative del Pliocene Inferiore (MARINI, 2001).

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Sabbie gialle e arenarie di Pienza (PLIs) Con questo nome sono state descritte da Losacco (1963) e da Lazzarotto & Micheluccini (1984) delle arenarie talvolta agglomerate e più spesso fortemente cementate (in sinonimia deve essere messo il termine “Sabbie ed arenarie inferiori” di Fazzini&Mantovani, 1968). Affiorano in tutta l’area che è stato oggetto del rilevamento geologico. Lungo la strada di Santa Caterina, situata a O dell’abitato di Pienza, le arenarie sono sormontate, con un contatto stratigrafico netto e discontinuo, dal Calcare a Lithothamnium. A nord dell’abitato, sono invece sormontate direttamente dalle Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi. Dal punto di vista litologico la formazione è costituita da arenarie, in gran parte di aspetto massiccio, di colore che varia dal giallo ocra al rosso vinato, a grana medio-grossolana, ricche di fossili marini (Fig.9). Esse si presentano con uno spessore molto variabile da circa 2 a 60 m. Una buona esposizione dell’Unità si osserva sotto la strada di Santa Caterina, dove raggiunge lo spessore di almeno 12 m e dove è ben visibile il passaggio al soprastante Calcare organogeno a Lithothamnium (Fig.10). Precedenti rilevamenti hanno individuato la presenza in questa unità di Ostreidi, Pectinidi, Veneridi, Spugne, Telline, Turritelle etc.

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Fig.9 – Un aspetto delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza al passaggio alle Argille della Val d’Orcia

Si presentano di colore giallo ocra, dovuto alla presenza di idrossido di ferro (Limonite), o di colore rosso vinato per la presenza di un ossido idrato di ferro, la Goethite (FeOOH), ed hanno una media permeabilità; sono sede di intense fratturazioni e contengono Molluschi e Foraminiferi riferibili al Pliocene Inferiore. Recenti studi micropaleontologici (Marini, 2001) hanno permesso di attribuire loro un’età riferibile alla parte media del Pliocene Inferiore (Zona a Globorotalia puncticulata-Globorotalia margaritae). La formazione, avente nella parte meridionale di Pienza, una immersione di 15-16 gradi verso S-SO e nella parte settentrionale una debole immersione di circa 5 gradi verso NE, ha uno spessore che diminuisce verso N fino a valori di 8-9 metri. Qui, non essendo più sormonata dal calcare organogeno, appare meno cementata (Losacco, 1963).

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Fig. 10 – L’aspetto massiccio delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza ed il passaggio al soprastante Calcare a Lithothamnium. Cava sottostante la strada di S. Caterina.

Calcare organogeno a Lithothamnium (PLIc) Il Calcare organogeno a Lithothamnium (sinonimi: “Calcare a Lithothamnium” in LOSACCO 1963; “Calcare organogeno a Lithothamnium e ad Amphistegina in LAZZAROTTO & MICHELUCCINI, 1992) ha un colore biancastro o giallo ocra; ha una stratificazione irregolare e spesso indistinta ed un aspetto talvolta travertinoso. E’ ricco di molluschi, foraminiferi ed alghe ed in sezione sottile appare essenzialmente costituito da biospariti contenenti abbondanti frammenti di resti organici quali: Elphidium, Miliolidae, Textulariidae, Orbulinidae, Globorotaliidae, frammenti e radioli di Echinidi, frequentissimi Briozoi, Molluschi, Lithothamnium e tubi di Anellidi (FAZZINI & MANTOVANI, 1968; LAZZAROTTO & MICHELUCCINI, 1992). Nell’abitato di Pienza possiamo osservare l’affioramento migliore sotto la strada di Santa Caterina, situato ad una quota di 480 m circa s.l.m. (Fig.10) Qui è ben visibile il contatto netto

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con le sottostanti Sabbie gialle e arenarie di Pienza, mentre nella parte settentrionale dell’abitato si registra il contatto superiore con le Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi (FAAb), che sono situate sopra e lateralmente ad esso. Questa formazione ha una superficie inferiore irregolare; ha uno spessore di 4-5 m nei pressi dell’abitato di Pienza, che diminuisce a NE fino ad annullarsi totalmente. Dal punto di vista tecnico, come osservava anche De Stefaní, il calcare in argomento ha costituito, per tutte le costruzioni della città di Pienza, un buon terreno di fondazione e ciò sia per resistenza meccanica che per caratteristiche idrologiche: sotto quest'ultimo aspetto merita notare che la sua buona permeabilità e l'andamento del substrato impermeabile non consentono all'acqua di raggiungervi forti accumuli, lasciando asciutte le abitazioni (Lazzarotto & Micheluccini, 1992). La presenza di Globorotalia puncticulata ha permesso di far attribuire il calcare in questione al Pliocene Inferiore.

Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi (FAAb) E’ da considerarsi una facies di transizione tra le Argille della Val Tuoma e le Sabbie gialle e arenarie di Pienza. Possiede uno spessore molto variabile (nella zona rilevata è di circa 4-5 m) e poggia sia sul Calcare organogeno a Lithothamnium sia sulle Sabbie gialle e arenarie di Pienza. E’ costituita da sabbie e argille sabbiose, con ciottoli sparsi, di color giallo ocra, con intercalazioni di sabbie argillose di color marrone scuro (ricche in sostanze organiche) con Calcinelle. Sono stati rinvenuti anche ciottoli di calcare organogeno nella zona del Cimitero e del Podere Beccacervello. Localmente appaiono ricche di una associazione di Brachiopodi, in gran parte assegnabili al gruppo dei Terebratulidi: Terebratula terebratula (Linné), e Terebratula sinuosa (Brocchi), e contenenti anche Pecten bipartitus (Foresti), Spondylus crassicosta (Linné),e denti, probabilmente palatali, di pesci (Fig.11). Anche questa formazione è assegnabile al Pliocene inferiore.

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Fig.11 – Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi

Argille della Val Tuoma (FAAt)

Le Argille della Val Tuoma (in LOSACCO, 1963; sinonimo: “Argille superiori” in FAZZINI & MANTOVANI, 1968), affiorano estesamente a nord dell’abitato di Pienza, dove sono attualmente oggetto di escavazione per l’industria del laterizio. Sono piuttosto marnose e di colore grigio azzurrognolo, ed hanno un debole contenuto sabbioso alla base (LOSACCO, 1963). Nell’area in esame hanno uno spessore da 10 a 50 m circa. In zone di frattura sono visibili bande di ossidazione e, dove è maggiore la circolazione di acqua, cristalli di selenite, di dimensioni da centimetriche a decimetriche (Figg.12 e 13).

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Fig.12 – Argille della Val Tuoma; sono visibili bande di ossidazione lungo fratture

A N dell’abitato di Pienza sono collocate sopra alle Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi. Alcuni chilometri a nord dell’area in esame, sono sormontate dalle Sabbie superiori (LOSACCO, 1963), equivalenti alla parte sommitale delle Arenarie e sabbie gialle (PLIs) della carta alla scala 1:10.000. Questa formazione è stata attribuita da FAZZINI e MANTOVANI nel 1968 al Pliocene Medio-Superiore. Studi micropaleontologici più recenti attribuiscono la formazione alla parte alta del Pliocene Inferiore (Zona a Globorotalia puncticulata) (MARINI, 2001).

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Fig. 13 – Argille della Val Tuoma con i cristalli di selenite.

DEPOSITI QUATERNARI

Detrito misto (dtm) Corpo geologico superficiale derivato dal disfacimento e dalla alterazione della formazione delle Argille della Val Tuoma e di quella delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza . Si rinviene unicamente al contatto tra le due formazioni menzionate.

Detrito di calcare (dtc) Sedimenti sciolti originatisi dal disfacimento della formazione delle Calcare organogeno a Lithothamnium, privi di struttura e coesione, con spessore di qualche metro e per lo più presenti in zone acclivi.

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Detrito di arenaria (dta) Sedimenti sciolti originati dal disfacimento della formazione delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza, privi di struttura e coesione, con spessore di qualche metro e per lo più presenti in zone acclivi.

Depositi eluvio-colluviali (b2a) Sono presenti o in corrispondenza di fondovalle privi di corsi d'acqua o di piccole valli tributarie. Sono costituiti per lo più da limi e sabbie depositatisi per alterazione in situ e/o a seguito di limitati trasporti operati dalle acque di ruscellamento e/o dalla gravità. Il loro spessore nella maggior parte dei casi è di alcuni metri.

Frane per movimento complesso (a1a) Sono state cartografate in questa categoria due frane, a nord del Pod. Fornacino e ad est del Pod. Casalprato, nelle quali si riscontrano sia movimenti per colamento, sia movimenti di scorrimento rotazionale.

Frane per colamento (a1a) Sono rappresentate da volumi di sedimento prevalentemente argilloso che, per azione della forza di gravità e delle acque meteoriche, fluiscono verso valle. Sono generalmente da ricondurre all’elevato contenuto d’acqua con superamento del limite di liquidità.

Frane per scorrimento (a1a) Rappresentano la categoria di frane più diffusa nella zona. Sono particolarmente frequenti nel settore meridionale dell’abitato di Pienza, dove è sempre riconoscibile una contropendenza nella parte sommitale del corpo di frana come ci si può aspettare da frane di scorrimento rotazionale.

DEPOSITI ANTROPICI

Terreni di riporto (h5) Terreni di qualunque natura, senza struttura interna, confinati o liberi, rappresentati in prevalenza da terrapieni e simili.

Abitazioni, asfalti, imbrecciature di strade (a) Opere antropiche che limitano ed impediscono l'infiltrazione delle acque meteoriche nel sottosuolo.

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4.4.2 Evoluzione paleogeografica e paleoambientale

La Soglia di Pienza è un elemento tettonico che ha caratterizzato la sedimentazione nell'area in esame durante il Pliocene. La presenza di questo alto strutturale è confermata dall'esiguo spessore dei sedimenti pliocenici qui esistenti. Ad est dell'abitato di Pienza, infatti, si rinvengono alcuni affioramenti di substrato preneogenico che ci permettono di misurare l'intero spessore dei sedimenti pliocenici,

Fig.14 – Sezione sismica longitudinale dal Bacino di Siena al Bacino di Radicofani, attraverso la Soglia di Pienza. La linea gialla indica la base dei depositi pliocenici. che non supera i 100 metri. Poco a sud della cittadina, invece, lo spessore degli stessi sedimenti è molto grande e il substrato non affiora mai nonostante l'erosione sia stata molto più accentuata. E' noto, inoltre, che ancora più a sud, nei dintorni di , i sedimenti pliocenici hanno uno spessore di oltre 2500 m (e le argille della Val d’Orcia di non meno di 600 m), come è emerso dalle stratigrafie di perforazioni effettuate dall’ENEL nella Valle del Paglia (Liotta, 1996) e del Pozzo Radicofani 1, effettuato dall’AGIP. Rifacendoci allo studio delle unità litostratigrafiche presenti nell'area di Pienza (Fig. 15), ed in particolar modo al loro contenuto microfossilifero, si osserva, inoltre, la presenza di due cicli sedimentari all'interno del Pliocene Inferiore. Il ciclo inferiore, iniziato con una trasgressione nella zona a Sphaeroidinellopds seminulina l.s. (base del Pliocene Inferiore), mostra caratteri regressivi in corrispondenza delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza (Zona a Globorotalia puncticulata-G. margarítae). Il secondo ciclo inizia con una nuova trasgressione in Zona Globorotalia puncticulata, durante la quale si deposita il Calcare organogeno a Lithothamnium, in parte eteropico alle Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi.

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Fig. 15 – Colonne stratigrafiche mostranti le successioni delle unità litostratigrafiche plioceniche rispettivamente nell’area comunale di Pienza (Colonna A – vedere legenda della Carta del territorio comunale alla scala 1:10000) e del Centro abitato (Colonna B – vedere carta alla scala 1:2000)

Durante il Pliocene Inferiore, in questa zona, dunque, si alternano contesti ambientali differenti: marino, lacustre-salmastro, marino. La sequenza inizia con un intervallo marino rappresentato dalle Argille della Val d'Orcia, trasgressive sulle formazioni preneogeniche. Esse sono riferibili all'intervallo di tempo Zona a Sphaeroídínellopsís semínulina s.l. - Zona a Globorotalía margaritae. Proseguendo verso l'alto si osserva un graduale passaggio in Zona a Globorotalia punctículata-G. margaritae, dalle Argille della Val d'Orcia alle Sabbie gialle e arenarie di Pienza. Le analisi micropaleontologiche dei campioni prelevati in queste unità, mostrano un trend regressivo dovuto al sollevamento dell'area in Zona a Globorotalía puncticulata-G. margaritae; le associazioni di Foraminiferi bentonici, infatti, indicano inizialmente una batimetria riconducibile alla parte meno profonda della zona circalitorale (Argille della Val d'Orcia) e,

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proseguendo verso l'alto (Sabbie gialle e arenarie di Pienza), una diminuzione di profondità fino ad un ambiente di spiaggia sommersa. A nord dell’abitato di Pienza (Fosso Mazzini), inoltre, affiorano sedimenti di tipo continentale e di ambiente lacustre dulcicolo di bassa profondità (RUSd-“Sasso porco”), riferibili all'intervallo di tempo relativo alla Zona a Gioborotalía punctículata - G. margaritae. Lateralmente e sopra a questi sedimenti lacustri, ne rinveniamo altri di ambiente lagunare che indicano influssi di mare probabilmente non lontano. Posteriormente alla formazione dei bacini lacustri si osserva la ripresa della sedimentazione marina delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza e dei Conglomerati di F. Mazzini, verosimilmente provenienti dalla Dorsale preneogenica Rapolano-Monte Cetona. Il rinvenimento di tracce fossili al tetto del "Sasso porco", riempite dalle arenarie sovrastanti, ci fa pensare che il dominio marino abbia invaso l'area a sedimentazione lacustre senza che questa sia mai emersa. Una nuova fase marina si realizza nell'ambito della Zona a Globorotalía puncticulata ed è rappresentata alla base dalla deposizione trasgressiva ed in acque poco profonde del Calcare a Lithothamníum e delle unità ad esso eteropiche. Durante questo nuovo ciclo francamente marino, si osserva un rapido approfondimento del mare evidenziato dalla deposizione delle Argille della Val Tuoma, nella zona circalitorale bassa. La successione del secondo ciclo termina con una facies regressiva rappresentata dalle Sabbie superiori, riscontrate a nord-est della carta presso Palazzo Massaini.

4.4.3 – L’assetto strutturale dell’abitato di Pienza

Gli elementi tettonici più significativi, emersi dal rilevamento, alla scala 1:2.000, della zona abitativa e industriale di Pienza, sono rappresentati da faglie e fratture che sono le principali responsabili dei dissesti del centro storico. In particolare sono stati rilevati due elementi deformativi, rispettivamente a SSO e a NNE dell’abitato. Il primo, noto con il nome di “Faglia di Pienza”, è in realtà costituito da un fascio di faglie, localmente vicarianti, a direzione ONO-ESE ed immersione verso i quadranti meridionali.

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Fig. 16 – I tre settori, con caratteri morfostrutturali diversi, nell’area di Pienza.

E’ il principale responsabile dei dissesti del Centro storico. Il secondo, che indicheremo con il nome di “Faglia delle Fontanelle”, ha direzione NO-SE ed immersione a NE; ha un rigetto di pochi metri e non sembra aver interessato il Centro storico, se non forse nella sua estremità sud-orientale. Questi due elementi tettonici permettono di suddividere l’area, mappata nella carta alla scala 1:2.000, in tre settori (Fig.16): un settore meridionale che, come vedremo risulta il più dissestato; un settore centrale, stabile, con un buon terreno di fondazione, che comprende gran parte del Centro storico; un settore nord – orientale, dominato da affioramenti argillosi, dove si è sviluppata l’industria del laterizio.

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4.4.3.1 ASSETTO STRUTTURALE DEL SETTORE MERIDIONALE

Gli elementi conoscitivi di tale settore ci sono stati forniti dalle osservazioni di campagna (vedere carte geologiche alle scale 1:10.000 e 1:2000), dalla fotogeologia (vedere Carta geomorfologia alla scala 1:2000) e dall'esame delle carote ricavate dai sondaggi a rotazione, eseguiti negli anni ’50 e negli anni ’80 per indagare sulle cause dei dissesti del Duomo (Izzo et al., 1992).

Fig.16a – Ubicazione dei sondaggi e faglie che interessano il Duomo di Pienza

Detti sondaggi, ubicati intorno alla Cattedrale, hanno rivelato la presenza di salti di quota delle superfici di contatto stratigrafiche che sono conseguenti a disturbi tettonici facilmente identificabili in faglie (Fig. 16a e 16b).

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Fig.16b – Le due faglie che interessano l’abside del Duomo di Pienza, ricostruite in base ai sondaggi (da Calabresi, 1992)

Ciò era già stato messo in evidenza, del resto, nella stessa relazione scientifica del 1956, curata, per la parte geologica, dal Prof. Manfredini dell'Università di Roma. In tale relazione era stata riconosciuta l'esistenza di due faglie parallele, orientate all'incirca in direzione E-O ed immergenti verso S e si era anche ipotizzata la presenza di una terza faglia obliqua, a direzione NO-SE, senza che ne fossero indicate le caratteristiche geometriche. Quest'ultima tuttavia, nell'ambito delle nuove indagini, non è stata identificata. Per quanto concerne le altre due, alla luce degli elementi geognostici, acquisiti negli anni ’80, e particolarmente di quelli scaturiti dal carotaggio continuo suborizzontale S15 (Fig.17), si può precisare quanto segue: alla grossa frattura che taglia l'abside del Duomo nella parte più meridionale e che costituisce la faglia principale, fanno seguito, a N di essa, alcune fratture di richiamo quasi tutte subverticali (tenendosi ovviamente in considerazione la stessa inclinazione del sondaggio che è di circa 15 gradi sull'orizzonte).

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Fig. 17 – Sondaggio suborizzontale. La spiegazione è nel testo

Queste interessano un intervallo di 25 m. La prima di esse, che si incontra alla progressiva 25,20 è quella più vistosa: si attraversa in corrispondenza della parte bassa dell'arenaria e presenta tracce di mineralizzazione (in particolare ossidi e idrossidi di ferro) ed un sottile strato di materiale cataclastico. Le altre, comprese fra le progressive 27,5 e 51,1, sono tutte all'interno dell'argilla e presentano superfici di taglio molto nette, tappezzate di cristallini di gesso. Ciascuna di esse è contornata da una banda di ossidazione della larghezza di alcuni centimetri. La faglia principale trova una sua individuazione anche col rilevamento di superficie, che ha consentito di seguirla verso O, attraverso l'abitato di Pienza, per le lesioni provocate nelle strutture murarie che si trovano lungo il suo decorso (Fig.18 e 19).

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Fig.18 – Lesioni sul muro del giardino pensile di Palazzo Piccolomini

Direttamente visibile appare poi lungo la strada di S. Caterina, dove la scarpata non è altro che lo specchio della faglia stessa (Figg. 20 e 21): qui è stato facile misurarne il rigetto, che è risultato di circa 12 metri. Esso decresce chiaramente da ONO a ESE; dal valore ora indicato, infatti, si passa a circa 4 metri sul lato occidentale del Duomo e a 3,5 su quello orientale (misure ricavate dai sondaggi verticali). Nel tratto interessante il Duomo e l'abitato di Pienza, la faglia in argomento ha una direzione

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Fig.19 – Altre lesioni lungo il “cretto” di Pienza molto prossima a ONO-ESE; il suo piano immerge sostanzialmente verso S con una inclinazione vicina alla verticale. Le faglie più settentrionali determinano una serie di gradini con un rigetto complessivo di circa 2 m e con valore maggiore sul lato orientale del Duomo rispetto a quello occidentale. Queste ultime non hanno potuto essere seguite al di fuori del Centro storico, attraverso il rilevamento di campagna. Per la loro individuazione si è tenuto conto dei sondaggi verticali, eseguiti intorno al Duomo, di quello suborizzontale, nonché delle fratture più recenti (e della loro direzione) all'interno del Duomo e degli edifici adiacenti (vedere Carta delle fratture alla scala 1:500). Prescindendo da un certo carattere di vicarianza, che le faglie minori sembrano esprimere rispetto a quella principale, riteniamo importante rilevare che tutte queste fratture, nel loro complesso, dividono l'area in esame in due blocchi principali con diverse inclinazioni: le misure effettuate sul blocco

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Fig.20 – La faglia di Pienza sotto la Strada di S. Caterina: si vede la ripetizione a quote diverse della superficie di separazione delle due formazioni PLIs e PLIc. Vedere anche Fig.21 settentrionale (che sostiene tutto l'abitato di Pienza) mostrano una generale immersione degli strati verso NE ed una loro inclinazione non superiore a 5 gradi; quelle effettuate sul blocco meridionale, in prossimità della faglia principale, mostrano invece una prevalente immersione verso SSO ed una inclinazione di 15-16 gradi. Le diverse indagini conoscitive fin qui esposte, hanno indotto ad attribuire i dissesti del Centro storico di Pienza a fattori strettamente collegati all'assetto geologico. Ci riferiamo al sistema di faglie e fratture che delimitano l'abitato nella parte meridionale. In particolare la faglia principale, messa in evidenza nelle carte geologiche, è a nostro avviso la principale responsabile dei dissesti, non solo del Duomo ma di tutto il bordo sud-occidentale dell'abitato di Pienza.

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Fig.21 – La faglia di Pienza sotto la strada di S. Caterina (da Izzo et al., 1992)

Una prima ipotesi di lavoro, emersa negli anni ’80 sull'onda degli studi di neotettonica, è che si trattasse di una faglia attiva. A favore di questa ipotesi esiste una testimonianza di Vincenzo Vannucci, cittadino pienzino, relativa ad un forte terremoto del 1545. E questo il più grave terremoto documentato nell'area di Pienza; un altro è citato nelle "Memorie capitolari" (4 aprile 1679, vol. IV, foglio 164) come un "terribile terremoto", verificatosi il 24 marzo 1679 e del quale tuttavia, non vengono riferiti i danni arrecati sulla cittadina (com. orale di Monsignor Franci). A seguito di queste notizie, Pienza, che nella classificazione sismica del 1982 non era stata inserita fra i comuni a rischio sismico, nella successiva ordinanza PCM n° 3274 del 20/03/2003, è stata collocata nella zona 3.

DEFORMAZIONI GRAVITATIVE PROFONDE DI VERSANTE (DGPV) Al fine di valutare quale significato potesse assumere questo sistema di faglie in relazione ai dissesti del Duomo e della parte meridionale dell'abitato di Pienza, la Commissione, nominata con D.M. del 16/02/1979, propose un intervento di livellazione di alta precisione lungo la fascia interessata dalla deformazione anzidetta. Nel 1983 furono posizionati 58 capisaldi lungo detta fascia e nell'arco di tempo di 10 anni (1983-1992), con esclusione del solo periodo 1990-1991, furono condotte 9 campagne di misura di spostamenti verticali per intervalli più o meno regolari (Izzo et al.,1992; Calabresi et al., 1995). Per ciascuna campagna furono registrati gli abbassamenti millimetrici, calcolati come differenza fra le quote misurate in ciascun rilievo e quella del primo rilievo. Tali dati furono elaborati con tecniche di cartografìa digitale (carte delle isocatabatiche). Fin dalle prime campagne apparve chiaro che alcuni settori erano soggetti ad un lento abbassamento mentre altri risultavano relativamente stabili. Il fenomeno assume la sua massima evidenza nella carta delle isocatabatiche del Novembre 1992 (Fìg. 22).

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Fig.22 – Carta delle isocatabatiche del novembre 1992

I settori soggetti ad abbassamento si estendono lungo due fasce: una, allungata in direzione ONO-ESE, si estende nella parte meridionale dell'abitato di Pienza, parallelamente all'andamento della faglia principale, in corrispondenza del blocco ribassato; l'altra interessa il settore sud-orientale dell'abitato e si allunga secondo una direzione NE-SO, formando con la prima un angolo di circa 110°. Pertanto la direzione di queste due fasce coincide perfettamente con le principali direttrici tettoniche rilevate nelle aree circostanti il centro storico (Fìg. 22). L'abbassamento lungo le fasce non è uniforme: il modello, calcolato in base alla campagna di misure più recente, evidenzia, per la prima fascia, due zone di sprofondamento maggiore.

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Fig.23 – Profili degli spostamenti verticali; le tracce sono indicate in fig.22

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Quella dove si verifica il massimo sprofondamento, interessa la parte meridionale del gruppo di edifici posti ad ovest del Duomo e solo marginalmente il Duomo stesso; l'altra si trova sotto il viale S. Caterina e presenta il massimo nella parte iniziale della strada. Per meglio evidenziare l'andamento degli abbassamenti sono stati effettuati 5 profili trasversali ed uno longitudinale la cui traccia è indicata in Fìg. 22. In ciascun profilo sono indicati, con simbologia diversa, gli abbassamenti calcolati nelle varie campagne di misura (Fìg. 23). Tutti i profili trasversali della prima fascia rivelano un forte gradiente di abbassamento fra la zona settentrionale stabile e la zona meridionale in sprofondamento ad indicare che il passaggio fra queste due zone si verifica lungo una superfìcie di discontinuità. In particolare nel profilo D-D' passante per il Duomo si nota che, mentre in un primo tratto si ha una stabilità pressoché assoluta, proprio all'altezza dell'abside inizia un repentino abbassamento. In un punto a circa 50 metri a sud dello stesso, nell'arco di 9 anni e 5 mesi si è raggiunto il valore massimo di 12 mm. Sulla base, dunque, dei risultati di misure topografiche di precisione, pluriennali, è emerso che il blocco di tetto della faglia di Pienza risulta essere tutt’oggi in costante abbassamento relativo. L'ipotesi che tale abbassamento sia dovuto ad attività odierna della faglia, non appare tuttavia suffragata dalla storia sismica del luogo che, dal catalogo dei terremoti, non risulta con sicurezza essere stato sede in tempi storici di epicentri di eventi sismici. Tuttavia uno dei due terremoti non catalogati, avrebbe provocato, oltre a vari danni agli edifici, un «cretto» nelle strutture del Duomo e del centro storico. Ma la mancanza nel catalogo di riscontri regionali ai due terremoti suddetti, farebbe pensare ad una attività sismica estremamente localizzata e poco profonda, che potrebbe essere anche imputabile ad un esteso fenomeno di Deformazione Gravitativi Profonda di Versante (Calabresi et al., 1995). Di tale fenomeno esistono numerose segnalazioni nella letteratura geologica in varie località italiane ed, in particolare, nell’Appennino meridionale (vedere in proposito gli atti del Seminario sulle DGPV del Gruppo informale CNR, svoltosi a Chiusi della Verna il 24-28 maggio 1993). E, sia pure più raramente, vengono presentati esempi anche su terreni simili a quelli del versante meridionale di Pienza, cioè su argille sovraconsolidate (Genevois & Tecca, 1984). Del dissesto sopraindicato, che interessa in pratica tutto il Settore Meridionale (Fig. 15), si hanno notevoli indizi geomorfologici (contropendenze, zone di accentuato ruscellamento etc.) come risulta dalla Carta Geomorfologica alla scala 1:2.000. Tali indizi indicano movimenti di vaste e profonde porzioni del sottosuolo. Le superfici di distacco di questi movimenti insisterebbero per la massima parte nelle Argille della Val d’Orcia, probabilmente in parte in corrispondenza di discontinuità tettoniche preesistenti, in parte in corrispondenza di orizzonti a diversa composizione litologica (livelli sabbiosi acquiferi) date le caratteristiche meccaniche delle suddette argille (Fig.24).

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Fig. 24 – Sez. geologica trasversale al settore meridionale, fra il Duomo e il Pod. Colombaiolo (da Calabresi et al., 1995)

Le forme derivate da tali dissesti sono state abbondantemente utilizzate e rimaneggiate nelle attività antropiche agricole e urbane, che si sono sviluppate nella zona da tempi lontanissimi. Nella Carta Geomorfologica alla scala 1:2.000, le aree, interessate dai dissesti sopraindicati, sono state contrassegnate con un retino grigio che non copre le caratteristiche geomorfologiche di maggior dettaglio del settore. Per concludere, concordiamo con Calabresi et al. (1995) nell’affermare che “Le cause dei dissesti in questione potrebbero quindi essere fatte risalire a una attività pre-olocenica di elevata intensità delle faglie accertate geologicamente o ipotizzate geomorfologicamente, che avrebbe impostato in un tempo breve il versante sud occidentale del dosso nonché l'approfondimento dell'incisione del tratto intermedio del T. Rigo. I fenomeni attuali potrebbero costituire la fase «finale» della evoluzione dei versanti in questione. Non si può escludere tuttavia che ad essi si aggiungano gli effetti di un trend continuo di attività delle faglie della zona, che peraltro in tempi storici non ha manifestato episodi parossistici”.

4.4.3.2 ASSETTO STRUTTURALE DEL SETTORE CENTRALE

Il settore centrale, comprendente gran parte dell’abitato di Pienza, costituisce un pilastro tettonico debolmente inclinato verso nord e delimitato dalla Faglia di Pienza a SSO e dalla Faglia delle Fontanelle a NNE. Data la generale, seppure leggerissima (circa 5°), immersione degli strati verso nord, dalla parte meridionale a quella settentrionale compaiono, in affioramento, sedimenti sempre più recenti e cioè: le Sabbie gialle e arenarie di Pienza (PLIs), all’estremità sud-orientale; il Calcare organogeno a Lithothamnium (PLIc), nell’area dove si estende la maggior parte del Centro abitato, le Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi (FAAb), lungo una fascia a nord del Centro abitato, ed infine le più instabili Argille della Val Tuoma (FAAt), all’estremità settentrionale.

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Da un punto di vista strutturale il settore non presenta al suo interno elementi deformativi di rilievo, se escludiamo una stretta fascia (alcune decine di metri) di fratture adiacenti e parallele alla Faglia di Pienza Lo sviluppo longitudinale di tali fratture è stato seguito analizzando le balze rocciose visibili lungo la circonvallazione e le pareti di alcune cavità artificiali (vedere Carta delle fratture alla scala 1:500). Da un punto di vista geomorfologico, solamente la parte settentrionale, dove affiorano le Argille della Val Tuoma, appare interessata da limitati fenomeni di soliflusso.

4.4.3.3 ASSETTO STRUTTURALE DEL SETTORE SETTENTRIONALE

Il settore settentrionale si estende a NNE della Faglia delle Fontanelle. In esso predominano terreni argillosi sia della formazione delle Argille della Val d’Orcia, sia delle Argille della Val Tuoma. Queste due formazioni sono separate da un esiguo spessore (inferiore ai 10m) delle Sabbie gialle e arenarie di Pienza e da uno spessore ancora più piccolo (3-4m) delle Sabbie e argille sabbiose a Brachiopodi. In questo settore scompare totalmente il Calcare organogeno a Lithothamnium. Da un punto di vista strutturale non sono stati rilevati elementi deformativi di rilievo; gli strati sono suborizzontali, come risulta dalle sezioni geologiche alla scala 1:2.000. Da un punto di vista geomorfologico, invece, numerosi sono i dissesti in corrispondenza dei versanti (vedere Carta geomorfologica alla scala 1:2.000).

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4.5 ANALISI DELLE LEGENDE LITOLOGICHE

A ciascuna unità litostratigrafica distinta nel territorio del comune di Pienza, sia nel corso del rilevamento geologico a scala 1:10.000, sia in quello di dettaglio a scala 1:2.000, è stato attribuito un valore numerico che esprimesse la predisposizione al dissesto in base alle caratteristiche litologiche possedute. Nel far questo ci siamo attenuti a quanto previsto nel testo “Metodologia di realizzazione delle carte della stabilità potenziale ed integrata dei versanti” secondo la Metodologia adottata dal Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Siena”; in questo elaborato al punto 1.1.1 è prevista la classificazione usata come riferimento.

Pertanto, per le caratteristiche litologiche possedute, alle formazioni affioranti nel territorio del comune di Pienza vengono attribuiti i pesi così come riportati nella tabella della pagina seguente.

LITOLOGIA PESO

B2a - Depositi pluvio - colluviali 4 FAA - Argille grigio-azzurre localmente fossilifere

h1- Discariche per inerti e rifiuti solidi urbani

h5 - Terreni di riporto

a1a_fsc - Corpi di frana per scorrimento

a1a_fco - Corpi di frana per colamento

a1a_fmc - Corpi di frana par movimento complesso

aa1 – Depositi di versante: sabbie e frammenti litoidi 5 aa2 – Depositi di versante: ghiaie e sabbie

b - Depositi alluvionali attuali e recenti

Ato - Depositi alluvionali terrazzati olocenici

Atp - Depositi alluvionali terrazzati pleistocenici

FAAb - Argille sabbiose e limi da nocciola a grigie

FAAd – Peliti e areniti risedimentate

FAAe – Areniti risedimentate 6

PLIs – Arenarie e sabbie gialle

FIA – Formazione di S. Fiora 7

STO – Scaglia Toscana

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LITOLOGIA PESO

RUSc – “Sasso Porco”

MLL – Formazione di M. Morello 8

PTF – Formazione della Pietraforte

PLIc – Calcari organogeni e calcareniti bioclastiche

PLIm – Conglomerati di Fosso Mazzini

FAAg – Conglomerati risedimentati

PLIb – Conglomerati marini poligenici

MAI - Maiolica 9

DSD - Diaspri

POD – Marne a Posidonomya

LIM – Calcare selcifero di Limano

RET – Calcari e marne a Rhaetavicula contorta

MAS – Calcare massiccio 10

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4.6 GEOSITI E PANORAMI GEOLOGICI

Nel voler ricostruire la storia geologica di un territorio occorre tener presente che: - ciascun corpo roccioso porta al proprio interno informazioni che permettono di risalire al suo ambiente di sedimentazione o di formazione e, talvolta, anche le testimonianze di travagliati piegamenti o traslazioni; - ogni corpo roccioso, in genere, ha un’età diversa dalle altre; - alcuni corpi rocciosi, ovvero quelli appartenenti alle successioni toscana e ligure, non si sono formati nella zona nella quale oggi li troviamo ma provengono da altre zone. Per questo motivo le vicende raccontate da queste rocce vanno riferite ad altre porzioni di territorio; si tratta in altre parole di storie geologiche che loro si sono “portate dietro” e quindi da noi “ereditate”. Per ottenere allora un quadro esauriente degli eventi geologici responsabili dell’ assetto del territorio che ci interessa occorre decifrare le informazioni fornite da ogni corpo roccioso, partendo dal più vecchio, e metterle in sequenza temporale. La storia geologica descritta dalle rocce e dalla morfologia che caratterizzano la zona di cui ci occupiamo è stata lunga ed in certi casi complessa. Essa è stata scritta sulle rocce dalla Natura nel corso di milioni di anni. Ma come un codice antico che abbia subito danneggiamenti e mutilazioni, anche i nostri corpi rocciosi sono andati soggetti ad erosioni ed asportazioni; pertanto non tutte le pagine di questa lunga storia sono giunte fino a noi. Quelle che possiamo leggere ci parlano di fatti accaduti milioni di anni fa: della geografia di quel lontano passato, del mare pliocenico, dei processi che avvenivano al suo interno, dei delta, dei fiumi di allora e delle loro aree di provenienza. Vi si leggono gli avanzamenti ed i ritiri del mare, le erosioni e le successive deposizioni, il lento accumulo dei sedimenti nelle parti più profonde del mare; tutti momenti che hanno determinato la formazione delle rocce. Possiamo inoltre vedere gli effetti provocati dagli agenti esogeni sulle nostre rocce e quindi sul nostro paesaggio. Alcune di queste pagine sono più belle ed interessanti di altre e costituiscono dei veri Monumenti della Natura (i geositi); pagine uniche ed irripetibili per il loro valore scientifico, didattico ed educativo. Le numerose singolarità geologiche suscettibili di interesse possono essere riferite a: Stratigrafia Affioramenti di particolari facies o associazioni di facies, Affioramenti con particolari strutture sedimentarie, Tettonica Affioramenti con particolari strutture tettoniche, Geomorfologia Forme che segnano la storia morfoevolutiva di una certa area,

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Forme che rivestono particolare importanza paesaggistica (monumenti geologici). Idrogeologia Sorgenti particolarmente importanti per il chimismo delle acque, sorgenti particolarmente importanti per la circolazione sotterranea delle acque.

Nel territorio comunale sono stati individuati 19 geositi di cui 14 localizzati (GS1- GS 14) e 5 panoramici (GSP1-GSP5). I primi vengono raggruppati tenendo conto del tipo di informazione che ci forniscono (gli eventi del passato, le forme del paesaggio, le rocce e l’uomo). Inoltre i geositi che meglio di altri forniscono informazioni sugli eventi geologici (GS1-GS7) sono elencati secondo un ordine cronologico decrescente. Essi sono:

GEOSITI LOCALIZZATI (GS)

Eventi del passato (a partire da quelli più antichi) GS 1 La Cava di Poggio Castellaccia GS 2 La Cava di Pod. Pianoia GS 3 La successione di Fosso Mazzini GS 4 Le balze arenacee di Pienza GS 5 Le Areniti con Pectinidi di Poggio S. Pietro GS 6 La sorgente dell’Acqua Puzzola GS 7 La faglia del Duomo di Pienza

Le forme del paesaggio (geomorfologia) GS 8 La Buca del Beato GS 9 Il terrazzo di Pod. Pian di Maggio GS 10 Le biancane GS 11 I calanchi GS 12 L’alveo del F. Orcia

Le rocce e l’uomo GS 13 La cava Barbieri

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GS 14 Le areniti con ipogei in località La Macchia

GEOSITI IN PANORAMA (GSP)

GSP 1 Il bacino di Radicofani nella sezione tra il Monte Amiata ed il Monte Cetona (da Pienza) GSP 2 La soglia di Pienza tra Monticchiello e Montalcino (da Monticchiello) GSP 3 I Terrazzi di Pod. Le Rimbecche (da Pod. Poggio Meriggi Vecchio) GSP 4 La discordanza di Pod. Fabbrica GSP 5 I Conglomerati di Pod. Bellaria

Qui di seguito verrà fornita una sintetica descrizione dei geositi ad oggi individuati precisando che la loro valorizzazione e fruizione necessita di uno studio ad hoc che precisi le caratteristiche di ciascuno per proporli in maniera accessibile ed accattivante, ad un vasto pubblico. Inoltre è da sottolineare la necessità che i geositi vengano inseriti in percorsi di fruizione del territorio che, lungo il loro sviluppo, stimolino l’osservazione di ogni tipo di emergenza incontrata, sia essa naturalistica (geologica, botanica, zoologica), archeologica, storica, o architettonica. Se oltre ai percorsi di fruizione del territorio prima menzionati si vorranno realizzare percorsi a tema si dichiara la possibilità di realizzare percorsi geologici sfruttando i geositi e più in generale tutte le caratteristiche geologiche del territorio comunale.

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GEOSITI LOCALIZZATI Eventi del passato

GS 1 Cava di Poggio Castellaccia

Ubicazione La cava, oggi abbandonata, è ubicata 300 m a sudest di Poggio Castellaccia (Sezione 308080) a monte della strada che unisce con Torrenieri.

Descrizione In essa affiora un conglomerato di età pliocenica caratterizzato da ciottoli piccoli (raramente raggiungono i 5 cm) ben arrotondati. In cava si apprezza bene che la superficie di contatto con le sottostanti rocce, tutte molto più vecchie (di età dal Triassico al Giurassico, ovvero da 200 a 150 milioni di anni), è molto irregolare trovandosi a quote diverse, come si confà a corpi rocciosi rimasti esposti all’erosione degli agenti esogeni. La natura marina del conglomerato, suggerita non tanto dalla presenza di fossili, qui rarissimi, ma dai rapporti che intercorrono con altri corpi rocciosi marini della zona, induce a ritenere che la superficie di contatto di base dei conglomerati costituisca la testimonianza di una trasgressione marina pliocenica

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avvenuta su di una superficie accidentata. E’ perciò probabile che durante tale trasgressione il Poggio Castellaccia costituisse un piccolo isolotto lambito dal mare. Lungo le sue sponde affioravano prevalentemente calcari neri, ma anche calcari bianchi, e radiolariti rosse. La lunga esposizione di tali rocce all’erosione subaerea e marina determinò la formazione di pendii dal profilo molto accidentato al di sopra dei quali andarono ad accumularsi i ciottoli che oggi osserviamo in cava, fino a colmare tale morfologia accidentata .

Significato e valore In questa cava abbandonata sono quindi visibili le testimonianze di una parte di un’antica superficie morfologica emersa, successivamente interessata (nel Pliocene) da una trasgressione marina.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti di cava dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GS 2 La cava di Pod. Pianoia

Ubicazione A 300 metri a NE di Pod. Pianoia, visibile anche lungo la strada provinciale n° 88 di Monticchiello.

Descrizione In una cava abbandonata affiorano dei conglomerati matrice sostenuti, clinostratificati, immergenti verso NE. In presenza di tagli di cava variamente orientati essi possono essere esaminati secondo differenti angolazioni.

Significato e valore Importanti se messi anche in connessione con i conglomerati di Casa Bellaria che affiorano 2 chilometri più a sud. Quest’ultimi immergono verso NW e sono più antichi mentre quelli in oggetto, di età più recente, immergono verso NE.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti di cava dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GS 3 La successione di Fosso Mazzini

8

7

6

5

4 3

2

1

Ubicazione Lasciato l’abitato di Pienza in direzione di Chianciano, si prende la strada a sterro che conduce al Pod. La Miniera e poi al Pod. Strozzavolpi. 200 metri prima di quest’ultimo podere si incontra il fosso Mazzini che deve essere percorso in discesa ed in riva destra per circa 300 metri.

Descrizione In questa località è ricostruibile una successione stratigrafica, spessa circa 13 metri, che ci permette di osservare i rapporti esistenti fra un calcare di ambiente lacustre, noto con il nome di “sasso porco”, e le formazioni marine sopra e sottostanti. La successione, illustrata nella colonnina stratigrafica, è la seguente a partire dal basso:

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1) Conglomerato – E’ formato da ciottoli appiattiti ed isorientati, di diametro massimo di 3-5 cm. Questa particolare disposizione indica che questi conglomerati si sono depositati in un ambiente di spiaggia. 2) Calcare lacustre “sasso porco”. Ha uno spessore variabile da alcuni decimetri ad un metro e mezzo ed è intervallato da livelli neri di lignite, di spessore non superiore ai 20 cm. Contiene piccoli Gasteropodi di acqua dolce ed Ostracodi. All’interno degli strati superiori del calcare lacustre si notano delle tracce fossili riempite dall’arenaria marina sovrastante. 3) Arenarie marine trasgressive con rari ciottoli alla base e macrofossili. 4) Conglomerato eterometrico con Ostreidi di grandi dimensioni. 5) Arenaria marina con macrofossili. 6) Calcare organogeno a Lithothamnium. 7) Argille sabbiose. 8) Argille.

Significato e valore La presenza di un orizzonte di ambiente lacustre, intercalato a sedimenti di ambiente marino, testimonia il succedersi nel Pliocene inferiore di due cicli marini.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GS 4 Le balze arenacee di Pienza

Ubicazione Le balze sono visibili quasi costantemente tra la chiesa di S. Caterina e Porta al Giglio, per una lunghezza di quasi 900 metri; in particolare due a SSW del Viale Santa Caterina ed una tra Via dell’Addobbo e Porta al Giglio.

Descrizione La circostanza che in una zona siano visibili due balze ed in un’altra una sola è legata alle faglie che dislocano il corpo arenaceo-calcareo. E’ noto infatti che le rocce su cui è stato costruito il Duomo di Pienza siano dislocate da due faglie (Faglia dell’Abside e Faglia del Transetto) le cui superfici, nella zona del duomo, distano tra loro circa 20 metri. La faglia dell’abside è la più settentrionale e quella del transetto la più meridionale.

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Per quanto riguarda il rapporto tra faglie e balze si può dire che: -la balza immediatamente a SSW di Santa Caterina è a muro della faglia del Transetto, -la balza più bassa di cava Barbieri e quella tra Via dell’Addobbo e la cattedrale sono a tetto della Faglia del Transetto, -la balza tra la cattedrale e Porta al Giglio è a muro della Faglia dell’Abside. In tali balze affiorano per lo più arenarie plioceniche con spessore che si aggira sui 10 metri e di sopra di queste, soprattutto nella zona di cava Barbieri, affiorano inoltre circa 3 metri di calcare.

Significato e valore Queste pareti scoscese oltre a permettere di analizzare i corpi dislocati dalle stesse faglie che interessano la cattedrale presentano numerosissime interessanti fratture pseudoverticali. La loro importanza risiede nel fatto che avendo per lo più stessa orientazione delle faglie avanti menzionate è verosimile che siano in qualche modo ad esse connesse.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti di cava dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GS 5 Le areniti con Pectinidi di Poggio S. Pietro

Ubicazione Si trova immediatamente a valle della strada statale di Chianciano, circa un chilometro ad est di Palazzo Massaini. In sua prossimità vi è sulla strada un’area di sosta attrezzata.

Descrizione I livelli a Pectinidi in oggetto si trovano all’interno di un ampio affioramento di areniti a grana media di colore giallo e si sviluppano su distanze di alcune decine di metri. Uno in particolare è molto ricco di tali macrofossili.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GS 6 Sorgente dell’Acqua Puzzola

Ubicazione Si trova nei pressi della località Casalino, un chilometro a sud dell’abitato di Pienza.

Descrizione La risalita dell’acqua ha determinato la formazione di un piccolo laghetto all’interno del quale l’acqua è sempre mantenuta in movimento dalla fuoriuscita di gas CO2

Significato e valore L’esistenza di una sorgente di acqua all’interno di argille, notoriamente rocce impermeabili, stimola il geologo a cercare delle spiegazioni. L’acqua termale ed il gas provenendo generalmente da profondità di alcune centinaia di metri risalgono in superficie per lo più lungo piani di faglia che costituiscono una via preferenziale di risalita; un po’ quello che succede quando un buco in un pallone consente all’aria in pressione di uscire fuori. Anche la posizione della sorgente è sempre legata alla faglia essendo in genere prossima se non addirittura coincidente con l’intersezione del piano di questa con la superficie morfologica. Si conclude quindi che faglie e sorgenti termali sono sempre associate tra loro e che anche nel nostro caso sia impossibile prescindere dall’esistenza di una faglia. Le faglie però si rilevano bene in superficie quando a seguito del movimento vengono messe a contatto

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rocce diverse. Nel nostro caso per centinaia di metri intorno alla sorgente affiorano solo argille. Dobbiamo quindi ipotizzare che il movimento che è avvenuto lungo il piano della nostra faglia abbia determinato in superficie lo spostamento di argille rispetto ad argille. Un elemento strutturale importante che è necessario conoscere è la direzione della faglia. Non disponendo però, come detto di dati diretti, stante la sua non rilevabilità in superficie, possiamo ritenere che essa possa avere una delle tre direzioni possedute dalle principali faglie che si rinvengono nel bacino pliocenico di Siena. Esse sono: appenninica (NNW-SSE) - quella della maggior parte delle faglie e dell’allungamento dei bacini pliocenici, antiappenninica (NNE-SSW) - quella della cosiddetta “ soglia di Pienza” e nord-sud. La presenza circa 350 metri a nord di Podere Casalino, di un’altra piccola emanazione di CO2 sembrerebbe avvalorare la terza ipotesi.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre si dovranno evitare movimenti terra nelle vicinanze del lago e qualsiasi trasformazione delle aree limitrofe dovrà essere opportunamente verificata con appropriate valutazioni di carattere ambientale e geologico.

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GS 7 La faglia del Duomo di Pienza

Ubicazione Tale superficie strutturale corre lungo la balza a sudovest dell’alto di Pienza, e si segue per tre chilometri dall’abside del duomo fino oltre il Pod Favolello. Il contributo da essa fornito alla definizione della morfologia della zona lo si percepisce molto bene in corrispondenza della cava abbandonata esistente a sudest della chiesa di S. Caterina (cava Barbieri).

Descrizione In corrispondenza di tale località il versante degrada verso SW con due balze morfologiche raccordate da un pianoro largo da 30 a 50 metri. Lungo una stradina di campagna, 50 metri a nord di Pod. S. Giuseppe, è possibile osservare contemporaneamente entrambe le balze. Sia nella balza più settentrionale, alta circa 12 metri, sia in quella più meridionale, alta circa 10 metri e che riporta chiaramente i segni prodotti dall’escavazione dell’arenaria, affiorano le arenarie di Pienza sormontate dai Calcari a Lithothamnium.

Significato e valore E’ immediato da questo punto di osservazione constatare che la situazione geologica visibile nelle due balze (in particolare il contatto arenaria–calcare) sia esattamente la stessa ma si trovi a quote diverse,

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risultando quella a sud circa 12 metri più in basso. Tale posizione ribassata rispetto all’altra balza è dovuta all’azione di una faglia diretta, in particolare di quella che nel suo sviluppo verso sudest passa in corrispondenza della parte più meridionale del transetto del duomo. Il rigetto di questa faglia, massimo in quest’area (circa 12 metri), diminuisce procedendo verso il duomo, attraverso il centro abitato; in corrispondenza del Duomo il rigetto, deducibile dalle stratigrafie dei sondaggi, è di circa 4 metri. Questa faglia disloca sedimenti del Pliocene inferiore per cui si può dire con sicurezza che ha agito dopo questo periodo. Non si può escludere che si tratti di una faglia ancora attiva.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GEOSITI LOCALIZZATI Le forme del paesaggio

GS 8 La buca del Beato

Ubicazione E’ ubicata in una stretta gola del Torrente Tresa, 600 metri ad est di Podere Costarelle.

Descrizione Si tratta di una cavità carsica ricavata per lo più nella formazione liassica del Calcare Massiccio e subordinatamente nel soprastante Calcare selcifero. Dopo un ingresso che ha quasi la morfologia di un riparo e che ospita un piccolo monumento sormontato da una croce si scende in una serie di camere all’interno delle quali si possono apprezzare: piccole vele di incrostazione calcarea; il contatto tra il calcare massiccio ed il soprastante calcare selcifero; una serie di cunicoli di dissoluzione dalle pareti molto levigate; una piccola colonia di chirotteri ed una serie di affacci nel torrente Tresa di grande suggestione. Secondo le informazioni raccolte tramite uno stretto cunicolo si accederebbe anche ad una stanza nella quale sarebbero presenti incrostazioni calcaree quali stalattiti e stalagmiti.

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Significato e valore Come tutte le cavità carsiche anche questa è legata alla dissoluzione delle rocce calcaree operata dall’acqua. Vi si possono apprezzare: i condizionamenti operati dalle fratture, che hanno guidato la dissoluzione e la netta prevalenza della dissoluzione rispetto alla precipitazione. Affacciandosi nel Torrente Tresa inoltre si può constatare che il corso d’acqua, in corrispondenza di una cascata, compie un salto di almeno una quindicina di metri. Futuri studi spiegheranno se esistono delle connessioni tra l’escavazione del corso d’acqua e l’escavazione della cavità.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

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GS 9 Il terrazzo di Pod. Pian di Maggio

Ubicazione Questo sito è ubicato in riva destra del Fiume Orcia e precisamente a nord della confluenza del Torrente Vellora. Si può osservare molto bene percorrendo la strada provinciale (N.16) del Monte Amiata in direzione nord, verso il Pod. Pian di Maggio, appena passato il ponte sul Fiume Orcia.

Descrizione Risulta evidente all’osservatore che tale podere è costruito sopra una morfologia apparentemente orizzontale (spianata del terrazzo) che si snoda per un paio di chilometri. In realtà tale spianata morfologica è leggermente inclinata verso ovest sviluppandosi da quota 295 a quota 280. Tale spianata a sua volta si raccorda al piano delle alluvioni recenti del Fiume Orcia (mediamente 7-8 metri più in basso) tramite un piccolo versante inclinato (scarpata del terrazzo). Le alluvioni attuali e l’alveo dell’Orcia si trovano ancora più in basso di circa 3 metri.

Significato e valore Questo sito ci da l’opportunità di osservare uno dei depositi alluvionali terrazzati meglio conservati del territorio comunale: nel nostro caso infatti sono molto ben visibili sia la spianata, sia la scarpata. Un deposito alluvionale terrazzato fornisce importanti informazioni riguardo la storia deposizionale ed

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erosiva del corso d’acqua che lo ha generato e più in generale dell’area nel quale è ospitato. In particolare questo ci testimonia che in tempi antecedenti agli attuali, che possono risalire fino a 10.000 anni fa, si verificarono più episodi di esondazione che determinarono l’accumulo di sedimenti sabbioso- ciottolosi e la conseguente formazione di una pianura alluvionale. Successivamente, ovvero da allora fino ai tempi nostri, probabilmente a causa di un generale sollevamento dell’area, il Fiume Orcia ha inciso e parzialmente eroso le alluvioni che lui stesso aveva precedentemente depositate, lasciandone però alcune testimonianze (il nostro terrazzo appunto) a quote di 10 –11 m più in alto rispetto all’attuale alveo.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

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GS 10 Le biancane

Ubicazione Sono situate prevalentemente nella parte sudorientale del comune di Pienza che fa parte della Riserva Naturale di Lucciola Bella istituita dalla Provincia di Siena. Particolarmente belle quelle di Pod. Marliana, Poggio delle Capanne, Pod. Pian di Biliardo e Casa Tuoma.

Descrizione Nella loro forma tipica le biancane costituiscono delle cupole argillose con il lato meridionale privo di vegetazione e di colore biancastro (da cui il nome) causato dalla precipitazione soprattutto di solfato di sodio (thenardite). In questo ultimo decennio si è particolarmente intensificato il processo di inerbimento delle biancane le quali sono sempre più ricoperte dalla vegetazione.

Significato e valore Costituiscono una particolare forma erosiva dei versanti argillosi. Il territorio della Val d’Orcia non sarebbe più lo stesso se queste particolari forme morfologiche venissero a mancare. Sarebbe altresì una

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perdita anche per il patrimonio geologico e geomorfologico in particolare poiché le biancane hanno estensione limitata nel territorio nazionale.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

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GS 11 I calanchi

Ubicazione Sono situati prevalentemente nella parte centrorientale del comune di Pienza. Particolarmente ben conservati quelli a nord di Lucignanello e lungo la valle del Torrente Rigo.

Descrizione I calanchi costituiscono una particolare forma di erosione dei versanti in cui affiorano le argille. L’intensa e rapida erosione che si verifica lungo i fianchi di tali versanti determina profonde incisioni che producono vallecole prive di vegetazione, separate da creste sottili e molto ripide. In questo ultimo decennio si è particolarmente intensificato il processo di inerbimento dei calanchi i quali sono sempre più ricoperti dalla vegetazione.

Significato e valore Costituiscono una particolare forma erosiva dei versanti argillosi. Se queste particolari forme morfologiche venissero a mancare il territorio della Val d’Orcia perderebbe uno dei suoi aspetti più caratteristici.

Indirizzi di tutela

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Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. GS 12 L’alveo del F. Orcia

Ubicazione La porzione di alveo fluviale interessato riguarda i tre chilometri a valle della confluenza del Torrente Formone. Lungo questa porzione tre tratti, ad oggi, sono particolarmente significativi per le osservazioni che vi si possono fare (tratti 1, 2 e 3; ubicati rispettivamente 2,7, 2 ed 1 km a valle della confluenza con il torrente suddetto). Vista l’estrema variabilità dell’ambiente fluviale non è detto che in futuro nei tratti indicati si possano fare le stesse osservazioni che è possibile fare quest’anno.

Descrizione Nei tratti 1, 2 e 3, in periodi in cui la portata è bassa e conseguentemente parte dell’alveo è a giorno, si possono agevolmente osservare e campionare i depositi ciottolosi trasportati dal Fiume Orcia. Si possono prendere in considerazione i ciottoli per quanto riguarda la loro dimensione, forma e natura litologica e fare considerazioni riguardo le loro zone di provenienza. In particolare nel tratto 3 si possono fare confronti tra i depositi attuali e quelli più antichi e constatare l’attuale potere erosivo del fiume.

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Significato e valore I ciottoli di un corso d’acqua raccontano la storia erosiva e deposizionale del corso stesso e la distribuzione dell’energia della corrente al momento del loro accumulo. Inoltre il sollevamento relativo in atto nella zona è testimoniato bene nel tratto n°3.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S. e la normativa vigente in materia.

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Quadro Conoscitivo – Studi di Geologia 74 Studio di geologia e ambiente Geologo Marco Antoni

GEOSITI LOCALIZZATI

Le rocce e l’uomo

GS 13 La cava Barbieri

Ubicazione E’ situata nel versante sudovest dell’alto di Pienza, in prossimità della località di S. Caterina. Nella stessa località è presente anche un interessante sito archeologico.

Descrizione In corrispondenza di tale località il versante degrada verso SW con due gradoni morfologici. In quello più basso, che si estende per più di 80 metri, la parete verticale, scavata nelle arenarie e nei soprastanti calcari, presenta chiaramente i segni prodotti dall’escavazione di numerosi e regolari blocchi di arenaria utilizzati verosimilmente per costruire o restaurare i palazzi pientini.

Significato e valore L’importanza di questa cava che è stata coltivata fino a circa il 1960, risiede nel fatto che essa costituisce la testimonianza dell’utilizzo dei corpi rocciosi locali da parte dell’uomo. A questo proposito un suo

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oculato uso potrebbe consentire l’approvvigionamento di modesto materiale lapideo utile in occasione di restauri. Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti di cava dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GS 14 Le areniti con ipogei in località La Macchia

Ubicazione E’ rinvenibile poco più di tre chilometri a SE di Monticchiello lungo la strada provinciale omonima. Si trova precisamente a valle di una piazzola attrezzata nella quale è presente un cartello del Parco Naturale della Val d’Orcia.

Descrizione Il corpo roccioso in parola, particolarmente privo di vegetazione, è costituito da areniti marine plioceniche a grana medio fine, di colore giallo e grado di cementazione medio-basso, che affiorano a strapiombo verso la vallata del Fiume Orcia. In esse sono scavate alcune cavità artificiali molto interessanti di epoca etrusca.

Significato e valore Non tutti i corpi rocciosi presenti nel territorio sono adatti per ricavarvi cunicoli, grotte, cavità; da sempre l’uomo li ha realizzati in presenza di rocce relativamente omogenee, facilmente scavabili e con buone caratteristiche meccaniche. Le areniti marine plioceniche in oggetto, infatti, hanno un grado di

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cementazione basso, risultando pertanto di facile escavazione, ma sufficiente a garantire stabilità alle pareti anche se scavate in verticale. La presenza di cavità artificiali solo in corrispondenza di questo tipo litologico costituisce la prova di una scelta precisa da parte dell’uomo che ha saputo sfruttare già in passato le diverse caratteristiche geologiche del territorio.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S.. Inoltre i fronti dovranno essere mantenuti puliti dalla vegetazione in modo che si possa apprezzare la stratificazione. I fronti inoltre non dovranno subire variazioni nella forma. Non saranno consentite ne asportazioni ne riporti di materiale.

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GEOSITI IN PANORAMA

GSP 1 La terrazza affacciata sulla Val d’Orcia (antico mare pliocenico) (da Pienza)

Il Bacino pliocenico di Radicofani nella sezione tra il Monte Amiata ed il Monte Cetona

Punto di osservazione Nel tratto più orientale di Via del Casello ci si può affacciare in uno dei punti più panoramici del territorio pientino.

Descrizione Guardando sotto strada, in direzione SSE, oltre le blande colline punteggiate da filari di cipressi, sullo sfondo svettano da E verso W: il Monte Cetona, Radicofani ed il Monte Amiata. Tra questi, in posizione altimetricamente più bassa una serie di piccoli rilievi.

Significato e valore Il transetto, visibile da questo punto panoramico ed illustrato nella figura, permette di osservare, per tutta la sua larghezza, il bacino pliocenico di Radicofani che corrisponde alla depressione morfologica fra i due

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rilievi del M. Cetona ad est ed il M. Amiata ad ovest. Al centro della fossa tettonica si eleva il camino vulcanico di Radicofani.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

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GSP 2 La soglia di Pienza tra Monticchiello e Montalcino (da Monticchiello)

Punto di osservazione Il punto di osservazione migliore è situato a Monticchiello nel piazzale immediatamente fuori la porta denominata S. Agata.

Descrizione Affacciandoci all’inferriata e guardando in direzione WNW (cioè in direzione di Pienza) è possibile osservare la porzione di Val d’Orcia che si estende da Monticchiello a Montalcino e che contiene al proprio interno l’alto di Pienza. E’ proprio quest'elemento fisiografico a colpire la nostra attenzione dal momento che il resto del paesaggio davanti ai nostri occhi si sviluppa a quote decisamente più basse.

Significato e valore La superficie morfologica che osserviamo, è il prodotto degli eventi deposizionali ed erosivi accaduti in questa porzione di territorio pientino oltre che dell’intervento dell’uomo. La dorsale di Montalcino che si vede in lontananza, la depressione della Val d’Orcia, l’alto di Pienza davanti ai nostri occhi e la dorsale - Monte Cetona dalla quale effettuiamo l’osservazione, oggi elementi fisiografici di spicco della zona, hanno una precisa giustificazione geologica.

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Le indagini geologiche condotte all’interno del bacino pliocenico di Siena, ed in particolare in questa specifica porzione hanno precisato che durante il Pliocene qui era presente un alto strutturale, ovvero una porzione di bacino rialzata rispetto al resto della depressione dall’azione di due faglie parallele con direzione antiappenninica. Tale alto strutturale costituì infatti un alto morfologico che interruppe lo sviluppo longitudinale appenninico del bacino. In altre parole in mezzo al bacino pliocenico si venne ad individuare una soglia in corrispondenza della quale il mare aveva profondità molto più basse rispetto alle zone circostanti.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

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GSP 3 I Terrazzi di Pod. Le Rimbecche (da Pod. Poggio Meriggi Vecchio)

Punto di osservazione E’ visibile appena al di fuori del territorio comunale, in riva sinistra del Fiume Orcia subito dopo la confluenza del Torrente Formone. Il punto di osservazione migliore è da Pod. Poggio Meriggi Vecchio.

Descrizione Guardando in direzione sud, ovvero verso il Monte Amiata, tra il corso del Fiume Orcia e quello del Torrente Formone, si osservano tre spianate morfologiche (spianate di terrazzo), a quote diverse (la più alta circa a quota 335, l’intermedia a quota 315, l’inferiore a quota 293), che degradano verso il Fiume Orcia, a ciascuna delle quali sono associate altrettante scarpate (scarpate di terrazzo). Sia in corrispondenza delle superfici, sia in corrispondenza dei gradoni è possibile verificare la natura del corpo roccioso responsabile di questa particolare forma del paesaggio. Si tratta infatti di un deposito incoerente costituito da sabbie e ciottolami, costituito da una parte volumetricamente preponderante di sabbia di colore rosso-marrone in cui è immersa una ghiaia i cui elementi variano dai 20 cm al mezzo centimetro di diametro.

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Significato e valore In questa zona sono particolarmente ben conservati almeno tre ordini di terrazzi che ci testimoniano un sollevamento relativo della zona rispetto al corso d’acqua. Nel Pleistocene superiore (circa 400.000 anni fa) il Fiume Orcia scorreva come adesso verso ovest ma circa 50 metri più in alto rispetto ad oggi. I periodi di alluvionamento che si sono succeduti nel tempo hanno determinato la formazione di una piana alluvionale la cui esistenza è testimoniata dalla spianata più alta. Successivamente il sollevamento della zona ha innescato l’ incisione dei depositi alluvionali; si è venuta a formare la scarpata più alta e quindi si è formato compiutamente il primo ordine di terrazzo. Con il trascorrere del tempo il sollevamento relativo è perdurato e si sono alternati periodi di alluvionamento e periodi di erosione, con la formazione dei due terrazzi a quota più bassa. La dimostrazione che il sollevamento è tuttora in atto è costituita dal fatto che il fiume Orcia e il torrente Formone dopo avere inciso le proprie alluvioni si trovano oggi a erodere il substrato di queste, qui costituito dalle argille marine del Pliocene. Ne deriva che la valle dell’Orcia, come noi la conosciamo, è soltanto l’ultima pagina di una storia evolutiva iniziata verosimilmente 3,5 milioni di anni fa.

Indirizzi di tutela Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

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GSP 4 La discordanza di Pod. Fabbrica

Ubicazione Questa particolare situazione si verifica nella balza di Podere Fabbrica che guarda verso SSW. La migliore osservazione si effettua da sud lungo la strada che da Pod. Fonte Bernardi porta a Pod Santa Maria.

Descrizione L’elemento caratterizzante e molto ben visibile è costituito da una superficie netta, suborizzontale, che separa i conglomerati inclinati di 20 gradi sottostanti, dalle arenarie gialle orizzontali soprastanti.

Significato e valore In geologia la non coincidenza tra le giaciture degli strati di due corpi rocciosi sovrapposti fornisce informazioni importanti circa ciò che è accaduto nel momento della transizione tra l’uno e l’altro. Nel nostro caso secondo una prima ipotesi essa dovrebbe essere dovuta ad una nuova trasgressione marina avvenuta durante il Pliocene inferiore.

Indirizzi di tutela

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Valgono gli indirizzi generali delle N.T.A. del P.S..

GSP 5 I Conglomerati di Podere Bellaria

Ubicazione E’ collocato immediatamente al di fuori del territorio comunale, nel Comune di Montepulciano. La parete verticale, esposta a sud in corrispondenza della quale affiora, è tuttavia ben visibile solo osservandola da Casa Bellaria, nel comune di Pienza. L’area è anche conosciuta nella tradizione popolare con il toponimo di “Pocce lattaie”.

Descrizione In corrispondenza della parete sono visibili almeno sette corpi rocciosi tabulari pseudorizzontali, spessi dai 3 ai 6 metri, ciascuno dei quali costituito da conglomerati visibilmente clinostratificati (ovvero stratificatisi originariamente inclinati). I ciottoli dei conglomerati, la maggior parte dei quali è calcarea e proviene da formazioni di facies toscana e ligure, hanno dimensioni variabili da pochi millimetri fino a 70 centimetri. Le indagini condotte hanno permesso di accertare che in questo settore del bacino di Radicofani la sedimentazione si è sviluppata in un ambiente deltizio particolare.

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Significato e valore Dall’alto al basso dell’intera parete si possono contare 15 livelli di conglomerati clinostratificati, dei quali vediamo i più alti. Affinché i ciottoli si possano accumulare con queste modalità occorre che nel delta esistano canali incassati, in modo che vi sia un impedimento alla distribuzione dei clasti su ampie superfici. E’ ipotizzabile che questo delta si sia impostato su una paleovalle che nel corso del tempo ha poi finito per riempire. In questo tipo di sedimentazione i ciottoli, sospinti dalla corrente, arrivati sul fronte del delta, precipitarono per gravità e si accumularono su superfici inclinate rispetto al fondale davanti al delta (prodelta), formando le strutture a foreset (strati conglomeratici clinostratificati), mentre il materiale sabbioso venne trasportato più al largo. I ciottoli sono essenzialmente di calcari derivanti da formazioni delle successioni toscana e ligure che si rinvengono sulla dorsale ad est e sud est del delta. Il corso d’acqua che li trasportava proveniva quindi da questo settore della dorsale, ovvero da est o da sud est. Anche le direzioni di corrente riscontrate in campagna (immersione dei foreset, assi di canale, increspature del fondo), confermano questa provenienza, aggiungendo inoltre che i depositi del delta non venivano deviati in modo sensibile dalle correnti marine. Un ruolo molto importante nel processo di accumulo dei conglomerati lo giocò la lunga faglia diretta che attualmente separa i Conglomerati PLI b dalle formazioni liguri. In sua corrispondenza il costante abbassamento del tetto (lato sul quale si depositavano i conglomerati) creò continuo spazio per consentire che essi si accumulassero con notevole spessore (circa 400 metri). La ripetizione in verticale (almeno 15 volte) dei livelli conglomeratici clinostratificati può essere considerata una sequenza ritmica generata da variazioni eustatiche del livello del mare: rapide trasgressioni e lente regressioni. Durante la regressione il delta avanzava sul mare con barre (entro i suoi canali) occupando quasi tutta la colonna d’acqua. Durante la trasgressione, invece, il mare rielaborava i sedimenti del delta, in parte cancellandoli. Pertanto è plausibile che il grande spessore sia dovuto principalmente alla tettonica mentre il ripetersi quasi regolare dei 15 conglomerati clinostratificati sia dovuto ad oscillazioni eustatiche del livello del mare relative ad eventi astronomici che ricorrevano con alta frequenza. L’ elevata percentuale di matrice sabbiosa ed i grandi spessori di sabbie rilevate più al largo nel bacino dimostrano che il retroterra doveva essere piuttosto esteso; molto di più dell’esile dorsale ora presente. La zona della Val di Chiana a ridosso di questo tratto di dorsale infatti non era ancora una depressione; lo diventerà soltanto successivamente, come dimostra l’età dei suoi primi sedimenti, riferibili al Pliocene medio. La presenza, inoltre, di grossi ciottoli, meno arrotondati, spesso con fori di Litodomi e di Spongiari e incrostati da Ostreidi e Balanidi, suggerisce che la costa doveva essere, almeno localmente, ripida o avere delle isole rocciose da cui si staccavano grossi clasti, poi arrotondati.

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Indirizzi di tutela Nessuno in quanto il sito si colloca immediatamente al di fuori del limite comunale di Pienza rientrando nel territorio di Montepulciano. Comunque la verticalità della parete e l’altezza della stessa sembrano costituire una circostanza già di per se favorevole ai fini della conservazione.

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5 - IL PATRIMONIO IPOGEO DEL COMUNE DI PIENZA

CAVITÀ ARTIFICIALI ESAMINATE NEL SOTTOSUOLO DELL’ABITATO DI PIENZA ED INFORMAZIONI GEOLOGICHE IN

ESSE RICAVATE

Grazie all’interessamento dell’Amministrazione comunale e segnatamente dell’Architetto Ferrigno ed alla cortese collaborazione di alcuni cittadini sono state investigate le cavità artificiali qui di seguito riportate:

N° 1 Cavità Piazza Pio II n° 57 (proprietà Papini Anna) Cavità scavata in arenarie. Nulla da segnalare.

N° 2 Cavità Via Gozzante n° 10 (proprietà Piselli Franco) Cavità all’interno della quale è possibile osservare il contatto di sovrapposizione del calcare sull’arenaria. Tale contatto si trova circa 4 metri al di sotto del piano stradale e quindi circa a quota 482. Al di sopra di esso affiora il calcare per 4 metri mentre al di sotto affiorano circa 1,5 metri di arenaria. Rilevato inoltre un fascio di fratture pseudoverticali, orientate circa N100.

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N° 3 Cavità Via Gozzante n° 33 (proprietà Bai Linda) Cavità all’interno della quale è possibile osservare il contatto di sovrapposizione del calcare sull’arenaria. In questa splendida cavità, nella quale è ricavato un bel negozio, si possono osservare 2,5 metri di arenaria ed il soprastante calcare per 1 metro. Nelle pareti e sul soffitto del negozio si possono osservare quattro superfici strutturali pseudoverticali, l’esame delle quali non ha consentito di individuare chiari rigetti in corrispondenza dei piani di ciascuna di esse. Pertanto anche se fossero delle superfici di faglia il loro rigetto sarebbe minimo. Partendo da quella più settentrionale la loro orientazione è N120, N120, N115, N110. Queste quattro presunte faglie si collocano a tetto della faglia diretta principale del Duomo che passa alla sua estremità meridionale. Da segnalare inoltre un pozzo di 18 metri di profondità. In via dell’Addobbo, in corrispondenza di un affioramento di arenarie sono visibili 5 fratture distanziate mediamente 2-3 metri. Una di queste potrebbe essere su prolungamento di quella individuata nella cavità 2. A valle del n° civico 9 si intercetta la faglia principale del Duomo.

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Quadro Conoscitivo – Studi di Geologia 91 Studio di geologia e ambiente Geologo Marco Antoni

N° 4 Cavità in località “La Ragnaia” (proprietà Fregoli / parco privato) Cavità scavate in arenarie. Da segnalare una prima cavità per i solchi lasciati dagli utensili usati per la sua escavazione. Le loro traiettorie e la loro forma somigliano moltissimo a quelle rinvenute nelle pareti e sui soffitti dei Bottini senesi (foto 1848 –1850). Molto interessante una cavità con soffitto sorretto da una colonna quadrata scavata in arenaria (foto 1855-1860).

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Quadro Conoscitivo – Studi di Geologia 92 Studio di geologia e ambiente Geologo Marco Antoni

N° 5 Cavità Via del Casello (proprietà Valentini Amelia) Cavità scavata in arenarie. Nulla da segnalare.

N°6 Cavità Corso Rossellino n° 75 (proprietà Formichi Enzo) Cavità scavata in arenarie. Nulla da segnalare.

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Quadro Conoscitivo – Studi di Geologia 93 Studio di geologia e ambiente Geologo Marco Antoni

N° 7 Cavità Corso Rossellino n° 51 (proprietà Colombini ) Cavità scavata in arenarie. Nulla da segnalare.

N° 8 Cavità Via Gozzante n° 67 (proprietà Società Esecutori di Pie Disposizioni di Siena) Cavità parzialmente scavata in arenarie, sede di un negozio di ceramiche. Nella stanza attigua al negozio buona parte del soffitto è crollato. All’estremità nord orientale della seconda stanza si diparte un cunicolo orientato Nord 25 che in origine si ricollegava con quello che corre in sotterraneo sotto al muro di Palazzo Piccolomini parallelo al duomo. In questo cunicolo sono state individuate numerose fratture, sia nelle rocce, sia nelle murature la cui direzione varia da Nord 85 a N 105. Alcune di esse sono chiaramente delle faglie nelle quali gli indicatori cinematici permettono di definire il verso del movimento.

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N° 9 Cavità corso Rossellino n° 89/91 (proprietà Bernardini Silvia) Cavità scavata in arenarie. Nulla da segnalare.

N° 10 Cavità nel sottosuolo di Palazzo Piccolomini (proprietà Società Esecutori di Pie Disposizioni di Siena) Si coglie l’occasione per ringraziare il Rettore della Società (Prof. Carnesecchi) per aver concesso l’autorizzazione ed il Sig. Mario Ciolfi per averci accompagnato. Le cavità in oggetto sono situate nel piano seminterrato del palazzo e si raggiungono tramite una scalinata a cui si accede dalla corte interna. Esse si sviluppano per tre dei quattro lati del perimetro del palazzo ed in particolare lato est, nord ed ovest. Numerose sono le fratture che vi si possono rinvenire, alcune in arenaria altre che interessano la copertura a mattoni: due nel lato ovest ed 11 nel lato est. Procedendo da nord verso sud la loro orientazione varia da N 80 a N 120.

N° 11 Cavità Via Gozzante (proprietà Società Esecutori di Pie Disposizioni di Siena) Alla cavità si accede dalle vecchie stalle di Palazzo Piccolomini. Lungo il lato ovest del palazzo, nel sottosuolo di via del Bozzello, da una stanza sotterranea si accede a due cunicoli in direzione opposta, percorribili per circa dieci metri ciascuno. La funzione di tali cunicoli doveva essere di smaltimento delle acque. Al loro interno sono visibili cinque fratture orientate per lo più N110. Anche nella stanza sotterranea da cui si accede a due cunicoli vi è una frattura molto evidente che ha lesionato visibilmente la muratura; essa è orientata circa N90.

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N° 12 Cavità Via del Casello n° 1 Da segnalare due fratture orientate Nord 120 e Nord 115.

N° 13 Cavità Via Buia n° 9 ( proprietà Armellini Idro) Da segnalare frattura orientata Nord 85

N° 14 Cavità Vicolo della Chiocarella n° 1 (proprietà Formichi Fausto) Da segnalare frattura orientata Nord 110.

N° 15 Cavità Via del Rossellino n° 50 (proprietà Fratelli Bassi) Da segnalare piccole fratture orientate Nord 0 e Nord 140.

N° 16 Cavità Via S. Carlo n° 2 (proprietà Bartalucci Roberto) Da segnalare lesioni all’interno della cantina e più evidenti nella cucina del ristorante orientate circa N60.

N° 17 Cavità Via S. Carlo n° 5 (proprietà Amarilidi Norma) Nulla da segnalare

N° 18 Cavità Via della Volpe n° 22 (proprietà Bartalucci Roberto) Da segnalare una frattura orientata N115.

MINIERE

A nord dell’abitato di Pienza, tra Pod. La Miniera e Strozzavolpi, è esistita fino al primo dopoguerra una miniera di lignite. Ad oggi sono giunti fino a noi alcuni imbocchi situati lungo la riva destra del Fosso Mazzini e quella sinistra del suo affluente che scorre ad ovest del Pod. La Miniera.

POZZI ESAMINATI NELL’ABITATO DI PIENZA ED INFORMAZIONI DA ESSI RICAVABILI

N° 1 Pozzo Palazzo Piccolomini lato Piazza Pio II Profondità del pozzo e livello acqua dal piano campagna non definiti

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N° 2 Pozzo Via Condotti n° 1 Profondità del pozzo dal piano campagna: 21,70 m. Livello acqua dal piano campagna: 18,70 m.

N° 3 Pozzo Via Buia n° 9 ( proprietà Armellini Idro) Profondità del pozzo e livello acqua dal piano campagna non definiti

CAVITÀ NATURALI

La buca del Beato E’ ubicata in una stretta gola del Torrente Tresa, 600 metri ad est di Podere Costarelle. Si tratta di una cavità carsica ricavata per lo più nella formazione liassica del Calcare Massiccio e subordinatamente nel soprastante Calcare selcifero. Dopo un ingresso che ha quasi la morfologia di un riparo e che ospita un piccolo monumento sormontato da una croce si scende in una serie di camere all’interno delle quali si possono apprezzare: piccole vele di incrostazione calcarea; il contatto tra il calcare massiccio ed il soprastante calcare selcifero; una serie di cunicoli di dissoluzione dalle pareti molto levigate; una piccola colonia di chirotteri ed una serie di affacci nel torrente Tresa di grande suggestione. Secondo le informazioni raccolte tramite uno stretto cunicolo si accederebbe anche ad una stanza nella quale sarebbero presenti incrostazioni calcaree quali stalattiti e stalagmiti.

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6 - CARTA GEOMORFOLOGICA

6.1 CENNI GENERALI

La carta geomorfologica è stata redatta sia su base vettoriale C.T.R. in scala 1:10.000 che su base raster in scala 1:2.000 relativamente al centro abitato di Pienza. Per la raccolta dei dati sono state utilizzate le seguenti metodologie: - rilevamento geologico in scala 1:10.000 e scala 1:2.000 - analisi da foto aeree voli 1957, 1996 e 1998 - verifica della Carta geomorfologia del P.R.G. - verifica diretta in campagna delle forme indicate nella Carta geologica della Regione Toscana e nella Carta geomorfologia del P.R.G. ed individuazione di nuove forme difficilmente identificabili con le altre metodologie.

6.2 ANALISI DELLA LEGENDA

La legenda della Carta Geomorfologica raggruppa tutti gli elementi morfologici e le principali informazioni territoriali in tre categorie secondo le linee indicate nel D.C.R. 94/85; i dati sono stati ottenuti effettuando un’analisi dettagliata di tutto il territorio sia da foto aeree che con rilevamenti di superficie. In particolare:

“Forme, processi e fenomeni gravitativi di versante” – in questa categoria rientrano tutti quei fenomeni legati all’instabilità dei versanti ed in particolare le frane, gli orli di scarpata naturali, i depositi di versante ed i fenomeni di soliflusso. Per quanto concerne le frane queste sono state suddivise in tre classi e cioè frane per scorrimento , per colamento e frane per movimento complesso. Nel cartografare tali corpi, è stato seguito il criterio della definizione del corpo di frana e, laddove identificabile, è stata cartografata anche la nicchia di distacco. Inoltre le frane cartografate sono state suddivise in attive e non attive, identificando generalmente come frane attive quelle che presentavano nicchie di distacco con scarpate di coronamento in evoluzione, affioramenti di acqua nel fronte ed eventuali fenomeni di deviazione di alvei al piede dell’accumulo. Gli orli di scarpata naturali sono stati suddivisi in attivi e non attivi; non sono stati segnalati gli orli di scarpata di terrazzi o alluvioni in quanto già identificati nella categoria delle “Forme, processi e depositi per acque correnti superficiali”. A seguito del rilevamento geologico di superficie e dall’analisi di foto aeree è stato possibile inoltre cartografare le aree interessate dall’accumulo di depositi di versante i quali sono stati suddivisi in due

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classi, così come nella Carta Geolitologica, a seconda delle caratteristiche litologiche e morfologiche delle componenti. Infine, per quanto riguarda l’area immediatamente a sud del centro abitato di Pienza, è stata rilevata la presenza di deformazioni gravitative di versante profonde.

“Forme, processi e depositi per acque correnti superficiali” – in questa categoria sono compresi depositi alluvionali attuali e recenti, depositi alluvionali terrazzati olocenici e pleistocenici, depositi eluvio-colluviali, , forme erosive quali calanchi e biancane e fenomeni di ruscellamento diffuso, lineazioni di erosione concentrata e alvei in approfondimento.

“Forme, processi e depositi antropici” – in questa categoria sono stati raggruppati tutti quegli elementi che sono riconducibili ad azioni antropiche quali le discariche per inerti e rifiuti solidi urbani, le coperture antropiche in genere ed i terreni di riporto. Inoltre sono stati indicate in carta tutte le scarpate di erosione di origine antropica attive e non attive.

6.3 ANALISI DELLA CARTA GEOMORFOLOGICA

L’elemento morfologico principale del territorio del Comune di Pienza è l’area valliva del Fiume Orcia, che si snoda lungo il confine meridionale, con i suoi principali affluenti in destra idraulica che, da nord verso sud, sono il Fosso del Sambuco, il Torrente Tresa, il Torrente Rigo ed il Torrente Miglia. La rete idrografica sopraindicata definisce le principali aree con sedimenti alluvionali terrazzati e recenti del Comune oltre a quella molto meno estesa del Torrente Tuoma presente a NW del territorio. Nel corso degli studi è stato possibile rilevare come il Fiume abbia depositato, nel corso del suo defluire, almeno due ordini di alluvioni terrazzate di età pleistocenica ed olocenica. Il sistema idrografico, influenzato da una geologia che vede la prevalenza di terreni argillosi caratterizzare l’intero territorio del comune, è di tipo dendritico parallelo o subparallelo.

Dal punto di vista geomorfologico il territorio può essere suddiviso macroscopicamente in tre aree: 1. quella relativa al Fiume Orcia, caratterizzata da elementi morfologici propri di un ambiente deposizionale fluviale; 2. quella centrale, che dal Fiume Orcia si sviluppa fino al centro abitato di Monticchiello, caratterizzata da affioramento prevalentemente argillosi; 3. quella orientale che da Monticchiello si sviluppa verso est, caratterizzata da affioramenti di litotipi lapidei propri della Serie Toscana o relativi al Flysch Cretaceo.

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Tale suddivisione influenza totalmente i processi morfologici definendo forme e tipologie di erosione differenti. Il paesaggio che riscontriamo nella porzione di territorio limitrofa al Fiume Orcia è definito da superfici pianeggianti o subpianeggianti relative alla piana alluvionale attuale ed alle superfici dei terrazzi alluvionali olocenici e pleistocenici intervallate da fasce ad acclività medio-bassa rappresentanti le scarpate di terrazzo. Le sommità dei rilievi collinari risultano spesso subpianeggianti a tratti con ampie superfici debolmente ondulate. In prossimità dei fossi minori, caratterizzate da incisioni poco profonde, si rinvengono spesso depositi eluvio-colluviali.

La fascia centrale del territorio comunale è caratterizzata da una morfologia collinare con le forme del rilievo tipiche degli affioramenti argillosi. I rilievi collinari si presentano con versanti da mediamente a debolmente acclivi con fondi valle ampi e le sommità sono spesso caratterizzate da superfici ondulate, talvolta subpianeggianti ma raramente di ampie dimensioni. I versanti sono interessati da frane di colamento, scorrimento e fenomeni di soliflusso, nonché fenomeni di erosione lineare causati dal progressivo incanalamento verso valle delle acque di ruscellamento. I valori maggiori di acclività si rinvengono nelle aree calanchive che sono ben definite così come le biancane; a tal proposito si segnala una tendenza al progressivo inerbimento delle biancane dovuto probabilmente al trasporto solido delle acque di ruscellamento provenienti dai terreni coltivati a seminativi di monte e ricche in sostanza organica.

La fascia più orientale, nell’area ad est di Monticchiello, ha un paesaggio caratterizzato da rilievi collinari con profonde incisioni, valli strette e versanti da mediamente a fortemente acclivi e le sommità delle dorsali hanno superfici poco estese; la presenza a tratti di una folta vegetazione ha comunque contribuito nel tempo a ridurre i processi erosivi e a salvaguardare l’assetto idrogeologico. Il territorio si definisce piuttosto stabile se si eccettuano alcuni fenomeni gravitativi che si sono instaurati nei tratti di versante a maggiore acclività.

6.4 ANALISI DELLA CARTA GEOMORFOLOGICA DI DETTAGLIO

Il centro abitato ed il centro storico della cittadina di Pienza si sviluppano su di una morfologia mediamente pianeggiante, leggermente inclinata verso NNO, ad una quota di quasi 500 m s.l.m. Il rilievo è delimitato sul lato meridionale da scarpate o, comunque, da versanti molto acclivi, mentre sul lato settentrionale tende a degradare più dolcemente, soprattutto verso NNO. Questa particolare morfologia è dovuta principalmente alla presenza di due elementi tettonici presenti a SSO e a NNE dell’abitato (vedi

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relazione geologica); il primo, con un rigetto più rilevante del secondo, è responsabile della maggiore acclività dei versanti meridionali.

I due elementi tettonici permettono di suddividere l’area in tre settori: settentrionale, centrale e meridionale; quello centrale risulta quasi del tutto privo di elementi geomorfologici di particolare rilievo.

La costituzione geologica e l’assetto strutturale dell’area favoriscono la formazione di ampie zone interessate da deformazioni gravitative profonde di versante, frane e soliflusso generalizzato, concentrate nel settore settentrionale e meridionale. La rete idrografica non è ben sviluppata; sono presenti unicamente alcuni solchi di erosione concentrata, che solo più a valle, riunendosi, danno vita a fossi o torrenti.

FORME, PROCESSI E FENOMENI GRAVITATIVI DI VERSANTE

▪ Orlo di scarpata di frana : rappresenta il bordo della nicchia di distacco della frana e presenta, generalmente, una forma arcuata. Nell’area in esame sono presenti quattro orli di scarpata di frana, tutti attivi, ben visibili da foto aerea. Impostandosi su terreni facilmente erodibili, gli orli delle scarpate non presentano morfologie nette, piuttosto appaiono frammentati e modellati dall’erosione stessa. ▪ Orlo di scarpata naturale di erosione : sono presenti numerose scarpate naturali, soprattutto lungo la “Faglia delle Fontanelle”, ai lati dei principali solchi di erosione concentrata e lungo la scarpata nella zona della Chiesa di S. Caterina. Tranne queste ultime, che presentano rotture di pendio con altezze anche decametriche, le scarpate hanno normalmente altezze esigue di appena qualche metro. In genere, sono state indicate come inattive le scarpate ben vegetate o con morfologia non più soggetta all’erosione. Le scarpate indicate nella carta topografica, ma non caratterizzate in quella geomorfologica, sono scarpate non più esistenti sia per cause naturali sia antropiche. ▪ Area interessata da soliflusso generalizzato : sono aree in cui si sviluppano movimenti gravitativi prevalentemente traslativi, lenti e fortemente influenzati dai periodici eventi di saturazione ed essiccazione della porzione più superficiale del terreno. Queste lente deformazioni sono per lo più localizzate nei terreni di natura argillosa del settore settentrionale dell’area in esame. Vanno considerate come non attive le aree rivegetate o stabilizzate sia naturalmente sia per intervento antropico. ▪ Corpo di frana per scorrimento rotazionale : nelle frane per scorrimento rotazionale il movimento avviene lungo superfici di neoformazione generalmente con concavità rivolta verso l’alto, così da determinare, in genere, la formazione di un ripiano in contropendenza nella parte sommitale del corpo di frana. Sono particolarmente frequenti nel settore meridionale e

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nella zona più a N dell’area in esame, costituendo, così, la maggior parte delle frane presenti. Nella zona di Pienza si impostano principalmente su terreni di tipo argilloso e al contatto tra sabbie e argille, probabilmente per la presenza di acqua che favorisce gli scorrimenti gravitativi. ▪ Corpo di frana per colamento : nelle frane per colamento la superficie di distacco non è mai ben visibile e si attiva durante il movimento stesso. Nell’area di Pienza i corpi di frana per colamento, abbastanza numerosi, si impostano principalmente sui terreni argillosi del settore settentrionale e, quindi, il loro sviluppo è da ricondurre alla presenza di acqua in quantità tali da far diminuire la coesione tra i granuli. ▪ Corpo di frana con movimento complesso : nelle frane con movimento complesso le dislocazioni derivano dalla combinazione nello spazio e nel tempo dei due tipi di movimento descritti prima. ▪ Ripiano di frana con contropendenza : sono indicate le porzioni di versante, comprese all’interno del corpo di frana o del movimento gravitativo profondo di versante, che presentano un’accentuata diminuzione nell’acclività del versante stesso, in genere accompagnata da una più o meno marcata contropendenza. Sono particolarmente numerosi nel settore meridionale e, in genere, si trovano sulla parte sommitale dei corpi di frana per scorrimento rotazionale. ▪ Area interessata da deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV), attualmente attiva : sono presenti due vaste aree interessate da DGPV, che si sviluppano nel settore meridionale e nella porzione sud-orientale dell’area in esame. La prima si estende a sud della Faglia di Pienza, fino all’altezza del Pod. La Chiusa, interessando una striscia meridionale del Centro Storico. La seconda interessa il margine orientale del Centro Storico (Porta al Giglio) e tutto il versante sottostante fino al Fosso Rigo. Le caratteristiche morfostrutturali delle due aree interessate da DGPV sono state illustrate dettagliatamente nella relazione geologica.

FORME, PROCESSI E DEPOSITI PER ACQUE CORRENTI SUPERFICIALI

▪ Depositi eluvio-colluviali : sono coltri derivanti essenzialmente dall’alterazione fisico-chimica della litologia in posto (eluvio) o dei sedimenti rimossi e trasportati al piede dei versanti dall’azione della gravità e/o delle acque di ruscellamento (colluvio). Lo spessore delle coltri varia a seconda dell’assetto geomorfologico; nell’area di Pienza i depositi colluviali sono poco diffusi e, generalmente, raggiungono spessori esigui.

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▪ Area interessata da ruscellamento diffuso : sono aree, generalmente a bassa acclività e/o a bassa densità di drenaggio, interessate da scorrimento superficiale delle acque meteoriche con conseguente attivazione di processi erosivi diffusi. L’area maggiormente colpita si trova dietro la vecchia fornace a NE di Loc. Ponticino; il ruscellamento interessa terreni argillosi estremamente impermeabili e dà origine a profondi e numerosi solchi di erosione concentrata con tendenza all’approfondimento. ▪ Solco di erosione concentrata : sono incanalamenti dell’acqua piovana che scorre lungo i versanti ed in cui si concentra l’azione erosiva delle acque superficiali. Sono presenti principalmente nel settore settentrionale, impostandosi su terreni argillosi impermeabili.

FORME, PROCESSI E DEPOSITI ANTROPICI E MANUFATTI

▪ Riporti : tranne i riporti di Pod. Favolello e quelli presenti all’interno del settore centrale, i riporti nell’area in esame sono generalmente estesi e con spessori talvolta anche di alcuni metri, come quelli della vecchia cava a N di Pod. S. Giuseppe, di Loc. Ponticino e dell’area adiacente alle vecchia fornace. ▪ Area interessata da attività estrattiva : esistono, nell’area di Pienza, due grandi cave per l’estrazione dell’argilla usata nell’industria del laterizio: una, non più attiva, presente a NE di Loc. Ponticino, la cui fornace è del tutto dismessa; l’altra, adiacente a Loc. Ponticino, tuttora in attività con conseguente ampliamento dei confini della cava, così che risultano, ad oggi, ben diversi da quelli riportati sulla carta topografica. ▪ Orlo di scarpata antropica di erosione : sono presenti numerose scarpate antropiche, associate principalmente a strade, sentieri, limitazioni di campi ed orti, orli di scarpate di cava, di scavi e accumuli e bordi dei riporti. Sono state indicate come orli di scarpata antropica di erosione NON ATTIVA anche i principali muri di sostegno che bordano il centro storico sul lato meridionale.

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7 - CARTA IDROGEOLOGICA

7.1 CENNI GENERALI

La Carta idrogeologica è stata realizzata recependo anche le indicazioni del PTC ed utilizzando non solo i dati relativi alle sorgenti, ai pozzi ed alle falde individuate nel territorio comunale ma anche i dati provenienti dal rilevamento geologico e dalla loro interpretazione come le sezioni geologiche.

7.2 ANALISI DELLA LEGENDA

Le formazioni rilevate nel territorio sono state catalogate seguendo il metodo che definisce i vari tipi di circolazione idrica sotterranea che caratterizzano i vari ammassi rocciosi, e cioè:

‰ circolazione per fessurazione – si intende una permeabilità di tipo secondario determinata nel corpo roccioso da fratture derivate da movimenti tettonici della crosta terrestre nel corso della sua storia evolutiva;

‰ circolazione per porosità – si intende una permeabilità di tipo primario determinatasi al momento della formazione dell’ammasso roccioso (singenetica) ed è funzione delle dimensioni dei granuli e della loro reciproca disposizione;

‰ circolazione per porosità e fatturazione – si intendono ammassi rocciosi con permeabilità per porosità che hanno subito stress tettonici che hanno generato una permeabilità secondaria per fratturazione.

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Nella legenda, in funzione delle caratteristiche litologiche, sono stati distinti i vari ammassi rocciosi sia secondo la tipologia sopraindicata sia secondo il grado di permeabilità definita come capacità della roccia di farsi attraversare dall’acqua sotto un determinato carico idraulico; la permeabilità è stata quindi suddivisa in: alta ed elevata, prevalentemente media, bassa e molto bassa.

Tale metodologia ha prodotto la classificazione degli ammassi rocciosi riportata come nella tabella della pagina precedente; le sigle riportate in tabella corrispondono alla classificazione geologica redatta per la carta geologica e per le relative sezioni geologiche.

Per la redazione della carta idrogeologica sono stati utilizzati anche i dati relativi ai pozzi “P”, alle sorgenti “S” ed agli approvvigionamenti “A” censiti nel territorio. Il lavoro è consistito nel censimento e nella loro catalogazione come da tabelle seguenti (TABELLA A, B e C), inoltre, per quanto riguarda i pozzi, sono stati rilevati dove possibile i livelli freatici, i dati catastali ed i nominativi dei proprietari, il numero della pratica autorizzativa presente nel fascicolo presso gli uffici competenti dell’Amm.ne Prov.le e dove possibile è stato verificato anche l’uso a cui la risorsa è stata destinata. Dal censimento sono stati catalogati n° 59 pozzi di cui due ad uso idropotabile (P21-produttivo attivo e P51- produttivo di riserva) gestiti dal CIGAF, le cui acque vengono utilizzate per l’approvvigionamento idrico del centro storico di Montepulciano e delle zone limitrofe, due ad uso zootecnico (P2 e P31), cinque ad uso irriguo (P3, P4, P7, P33 e P53) mentre i restanti risultano tutti destinati ad uso domestico. Risultano inoltre due pratiche di approvvigionamento in acque pubbliche delle quali la prima riferita ad un invaso ubicato a nord di Podere il Mandorlo e la seconda relativa alla derivazione delle acque del Torrente Miglia, nei pressi di Pod. Pian del Biliardo. Le 28 sorgenti rilevate sono tutte relative ad emergenze di acqua fredda ad eccezione della S28 – Acqua Puzzola che presenta emissioni liquide e gassose con alta concentrazione di solfuri. Le Tabelle vengono fornite all’Amm.ne Com.le in formato Excel al fine di poter effettuare tutti gli eventuali aggiornamenti che si renderanno necessari.

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LIV.PIEZ. N° PRATICA PROPRIETARIO LOCALITA' 10k 2K Fg. P.lla USO (m) 1 4286 FREGOLI MARILENA POD. SAN LORENZO A 42 12 DOM 5,4 2 3551 MAZZI CURZIO POGGIORAGNUZZI A 3 34/A ZOO 4,8 3 0009063 POD.ALBERGACCIO A IRR 0,5 4 0009064 POD.CASALE A/B IRR 2,35 5 0008751 PIENZA A/B DOM 0,5 6 0009578 PODERE CASE NUOVE B DOM 2 7 BARBI POD.SERAFINA A/B IRR 1,65 8 7214 FOLHEN WAITZ HANS LA ROCCACCIA A 31 66 DOM 56,5 9 7067 COTICH FRANCESCO LA SARACINA A 28 22 - 25 DOM 4,5 10 5484 FOSSATI GILDO CASA SERVI A/B 73 193 DOM 35 11 4449 BARBI ALBANO E ARTIMIO SERAFINA A/B 69 113 DOM 7 12 4424 CECCUZZI ROBERTO SEDIME A/B 46 66 DOM 50 13 4097 ANDREI IVO E FOSCO POD. SASSO A/B 51 145-146 DOM 15 14 3812 DAMIANO GIUSEPPE E SANSO CATERINA PONTICELLO A 41 17 DOM 11 15 3793 BAI MAURO LA FOCE B 112 39 DOM 10 16 3719 BUFFETTI FERDINANDO COSTARELLE A/B 62 33 DOM 10 17 3557 BAI UMBERTO CERRETO A 14 13 DOM 0,5 18 3490 FRANKEL MERULA JANE POD. COSTAVECCHIA A 19 10 DOM 28 19 3239 FRANCI FOSCO IL SASSO B 51 27 DOM 4 20 3183 ROBERT JACOBUS MARIA ALESSIE LA CASELLA A 31 21 DOM 52 21 3061 C.I.G.A.F. MONTICCHIELLO-P.TELLE A/B 62 36 IDROP. 183 22 2889 VALENTI IDRO IL SASSO A/B 51 32 DOM 13 23 2862 CHIUCHIU' DANTE FABBRICA A/B 47 12 DOM 48 24 2738 FRANCI FOSCO IL SASSO A/B 51 27 DOM 8 25 2650 POMPEI ELIO POD. MADONNINO II A/B 45 56 DOM 60 26 2210 MULAS BATTISTA POD. BAGNOLO A 25 17 DOM 10 27 1918 TORRI GIANCARLO TORRIONE A 49 28 DOM 56 28 3998 IMHOF ELISABETH MARIE POD.TELLE A/B 62 7 DOM 25 29 1534 VALENTI IDRO IL SASSO A/B 51 32 DOM 13 30 933 ANSELMI RODOLFO PIENZA X 54 171 DOM 21 31 3892 ANTONETTI MICHELE GIUSEPPE CASA PICCHIATA B 102 53 ZOO 16 32 127 PECCI SILVANO VIA DEGLI ULIVI 3 X 54 12 DOM 20 33 8388 AZ.AGR.SOLAZZO DELIA POD.FRERA A 42 9 IRR 29 34 0000731 LA TORRE X DOM 56 35 0000738 PIENZA X DOM 20 36 0009892 STROZZAVOLPI A DOM 18 37 0010059 SPEDALETTO B DOM 4 38 8276 BIAGIOTTI VALERIA FONTANELLE B 55 137 DOM 39 8344 JAFFE MARGARET EXTON P.COLOMBAIO B 87 31 DOM 40 4365 BARBIERI CARLO LA MINIERA A 43 52 DOM 41 3147 ALTIERI MARIO LA SARACINA A 48 3 DOM 42 3041 PIETROBON ELENA SARACINA A 48 121 DOM 43 2744 DE SANTIS ALFREDO VALLONE A/B 71 5 DOM 44 3681 PELLEGRINI ALBO POD. SAN FRANCESCO 11 A 30 24 DOM 45 3843 CERRETANI ALEANDRO VIA PIAN DEL NOCIO X 121 477 DOM 46 920 BANCONI ARCANGELO S.CATERINA X DOM 47 0008624 PIENZA X DOM 48 0009876 CASE FRATI A/B DOM 49 0009980 POD. MARINELLO B DOM 50 0001105 POD.SAN GIOVANNI A DOM 51 509 C.I.G.A.F. MONTICCHIELLO-P.TELLE A/B IDROP. 183 52 9065 POD. PALAZZO DI PAPA C DOM 53 9066 POD. FONTE BERNARDI A/B IRR 54 9143 POD. POZZUOLO X DOM 55 744 POD. PIAN PORCINO C DOM 56 744 POD. PIAN PORCINO C DOM 57 744 POD. PIAN PORCINO B/C DOM 58 744 POD. PIAN PORCINO C DOM 59 744 POD. PALAZZO GONZAGA C DOM TABELLA A – POZZI

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NUMERO LOCALITA' CORPO IDRICO SFRUTTATO 10k 2K 1 A NORD DI POD.IL MANDORLO INVASO B 2 POD. PIAN DEL BILIARDO TORRENTE MIGLIA C TABELLA B – APPROVVIGIONAMENTI

NUMERO LOCALITA' 10k 2K 1 A NORD DI POD.PIANOIA B 2POD. CASATO B 3 POD.PIANOIA B 4 POD.IL B 5POD. B 6 A NORD DI POD. BELLARIA B 7 POD.BELLARIA B 8 POD. CASTELLUCCIO B 9 POD. BELVEDERE B 10 POD. CASALSAVIO B 11 POD. CASA NUOVA B 12 POD. SANT'ANTONIO B 13 POD. FONTE TETTA B/C 14 POD. LA FORNACE B/C 15 POD. CAMPINELLI B/C 16 POD. CERRETO B/C 17 POD. GIUNCHETO C 18 POD. CAPANNELLE B/C 19 POD. MARLIANA B/C 20 POD. PALAZZO DI POLO B 21 MONTICCHIELLO A/B 22 POD. AGONIA B 23 POD. FONTE SENESI B 24 POD COLLOSODO B 25 POD. CASTELLETTO B 26 POD. MONTELLO B 27 POD.FONTE ALL'OPPIO A/B 28 POD. CASALINO - ACQUA PUZZOLA A/B TABELLA C - SORGENTI

In carta sono stati riportati tutti i corpi idrici rilevati incrociando i dati ottenuti dal rilevamento di superficie, dall’analisi delle foto aeree e dai dati cartografici, oltre i corsi d’acqua classificati dalla D.C.R. 230/94 con le relative sigle di identificazione che sono riportati a seguire in TABELLA D:

CORSO D'ACQUA SIGLA D.C.R. 230/94 AMBITO TORRENTE ASTRONE E ASTRONCELLO SI2459 AB FOSSO GRAGNANO E DI FICO SI1268 AB FOSSO LA GONZOLA SI1253 A FOSSO MIGLIA SI1408 AB FIUME ORCIA SI738 AB FOSSO DI PIAN DEL VESCOVO O DELLA FAGGETA SI1511 A FOSSO RIGO SI2 AB FOSSO RIGO SI1570 AB FOSSO DEL SAMBUCO SI1713 AB FOSSO DELLO SCIGO O TORRENTE RIGO SI1738 AB FOSSO DEL SORBO SI3003 AB FOSSO DELLO STAGNO E TROGONE SI1783 A TORRENTE TRESA SI343 AB TORRENTE TROVE SI2919 AB TORRENTE TUOMA SI2920 AB TABELLA D – CORSI D’ACQUA CLASSIFICATI E RELATIVI AMBITI COME DA D.C.R. 230/94

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7.3 ANALISI DELLA CARTA IDROGEOLOGICA

La Carta idrogeologica realizzata secondo le specifiche sopraindicate, permette di identificare con chiarezza le aree a diversa permeabilità che risultano:

Aree a permeabilità alta ed elevata – in questa categoria rientrano i terreni appartenenti alla Formazione del sasso Porco (RUSd), i Conglomerati di Fosso Mazzini (PLIm), le Arenarie e sabbie gialle (PLIs), la Formazione della Pietraforte (PTF), i Diaspri (DSD), i Calcari massicci (MAS), i Calcari e marne a Rhaetavicula contorta (RET), i terreni relativi a discariche per inerti e rifiuti solidi urbani (h1), i Terreni di riporto (h5), tutti i Depositi di versante (aa1 e aa2), i Depositi alluvionali attuali e recenti (b), tutti i Depositi alluvionali terrazzati (Olocenici:Ato – Pleistocenici:Atp) ed i Depositi eluvio-colluviali (b2a).

Aree a permeabilità prevalentemente media – in questa categoria rientrano i Calcari organogeni e calcareniti bioclastiche (PLIc), i Conglomerati risedimentati (FAAg), la Maiolica (MAI), le Marne a Posidonomya (POD), il Calcare selcifero di Limano (LIM), i corpi di frana per scorrimento (a1a-fsc), i corpi di frana per colamento (a1a-fco) ed i corpi di frana per movimento complesso (a1a-fmc), le Areniti risedimentate (FAAe) ed i terreni costituiti da alternanze decimetriche e metriche di peliti ed areniti risedimentate (FAAd) frequenti nel settore nord occidentale del territorio comunale.

Aree a permeabilità bassa e molto bassa – in questa categoria rientrano le superfici con abitazioni, asfalti, lastricati e strade imbrecciate (a), le Argille grigio-azzurre del Pliocene (FAA), le Argille sabbiose e limi di colore variabile da nocciola a grigio (FAAd), i terreni propri della Formazione di M.Morello (MLL), quelli relativi alla Formazione di S.Fiora (FIA) e la Scaglia Toscana in genere (STO).

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8 - CARTA DELLA VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI E DELLE AREE DI TUTELA

8.1 CENNI GENERALI

La Carta della vulnerabilità degli acquiferi e delle aree di tutela, è stata redatta coerentemente a quanto indicato in Allegato 1 del P.T.C. della Provincia di Siena ed utilizzando anche come riferimento di base la cartografia dello stesso strumento di pianificazione urbanistica provinciale. La carta della vulnerabilità è stata redatta seguendo il principio della vulnerabilità intrinseca e cioè in funzione delle litologie ospitanti l’acquifero e quindi della loro porosità, del loro grado di fratturazione e quindi della loro permeabilità primaria e/o secondaria. In dettaglio si è preso a riferimento le situazioni idrogeologiche indicate in All.1 del P.T.C. sotto la voce “Caratteristiche degli acquiferi” al fine di catalogare per confronto diretto sia gli acquiferi rinvenuti che le litologie probabilmente sede di acquifero.

Per quanto fin qui esposto risulta evidente come la base della Carta idrogeologica sia il riferimento essenziale per la redazione della vulnerabilità.

Inoltre, per quanto indicato negli Art.A2, Art.A3 del PTC, sono state individuate le Aree sensibili di classe 1 e di classe 2.

Nella carta sono inoltre state ubicate e classificate le potenziali fonti di inquinamento (allevamenti, distributori di carburanti, impianti produttivi con scarichi e/o rifiuti inorganici, aree di cava così come da P.R.A.E.R. 2005, cimiteri,depuratori ed aree destinate a fertirrigazione); inoltre sono stati riportati tutti i corpi idrici rilevati nel territorio, i pozzi, le sorgenti e gli approvvigionamenti idrici localizzati nel territorio comunale.

8.2 ANALISI DELLA LEGENDA

La legenda della carta della vulnerabilità degli acquiferi e delle aree di tutela, è stata realizzata in coerenza a quanto indicato nelle norme del PTC, individuando cinque classi di vulnerabilità: bassa, media, alta, elevata ed estremamente elevata.

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La classificazione è stata definita in funzione della diversa potenzialità delle litologie ad ospitare acquiferi; si passerà quindi da corpi rocciosi scarsamente impermeabili fino ad arrivare a litologie che rappresentano acquiferi di un certo rilievo e quindi significativi per la gestione della eventuale risorsa.

Partendo dalla legenda della carta idrogeologica, ed integrandola con i dati relativi alla effettiva presenza di acquiferi nel sottosuolo, sono state accorpate le formazioni in funzione del medesimo grado di permeabilità. In tal modo è stato possibile ricondurre le distinzioni effettuate in sede di costruzione della carta idrogeologica, in cinque classi di vulnerabilità.

Le cinque classi risultano quindi accorpare le formazioni secondo il seguente schema:

Vulnerabilità estremamente elevata RET – Calcari e marne a Rhaetavicula contorta PLIb – Conglomerati marini poligenici

Vulnerabilità elevata b – Depositi alluvionali attuali e recenti Ato, Atp – Depositi alluvionali terrazzati Olocenici e Pleistocenici b2a - Depositi eluvio-colluviali aa1, aa2 – Depositi di versante

Vulnerabilità alta h1 – Discariche per inerti e rifiuti solidi urbani h5 – Terreni di riporto RUSd – Sasso Porco PLIm – Conglomerati di Fosso Mazzini PLIs – Arenarie e sabbie gialle PTF – Formazione della Pietraforte DSD – Diaspri MAS – Calcare Massiccio

Vulnerabilità media a- abitazioni, asfalti, lastricati, imbrecciatura di strade a1a-fsc – Corpi di frana per scorrimento a1a-fco – Corpi di frana per colamento

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a1a-fmc – Corpi di frana per movimento complesso PLIc – Calcari organogeni e calciruditi bioclastiche FAAg – Conglomerati risedimentati FAAe – Areniti risedimentate MAI – Maiolica POD – Calcari e marne a Psidonomya LIM – Calcare selcifero di Limano

Vulnerabilità bassa FAAb – Argille sabbiose e limi di colore variabile da nocciola a grigio FAAd – Alternanze decimetriche di peliti e areniti risedimentate FAA – Argille grigio-azzurre localmente fossilifere MLL – Formazione di M.Morello FIA – Formazione di S.Fiora STO – Scaglia Toscana

In coerenza con il PTC, sono state attribuite le Classi di sensibilità 1 e 2 .

La Classe di sensibilità 1 è stata attribuita alle aree definite in Vulnerabilità estremamente elevata, in quanto le litologie qui raggruppate possono essere per le loro caratteristiche sede di acquiferi profondi importanti. La Classe di sensibilità 2 è stata attribuita alle aree definite in Vulnerabilità elevata, in quanto le litologie qui raggruppate possono essere, ed in parte per i dati rilevati già lo sono, per le loro caratteristiche sede di acquiferi superficiali di un certo rilievo ma non importanti ed eventualmente strategici come i precedenti.

Alla captazione ad uso potabile, relativa al pozzo produttivo ubicato nei pressi di Pod.Telle e gestita dalla Società C.I.G.A.F. S.p.A., è stata attribuita in base alla normativa vigente una zona di salvaguardia con raggio di 200 m..

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8.3 ANALISI DELLA CARTA DELLA VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI E DELLE AREE DI TUTELA

La costruzione della carta della vulnerabilità, seguendo le modalità sopraindicate, ha suddiviso il territorio secondo uno schema che, sostanzialmente, rispecchia l’assetto geologico cartografato nell’intero comune. Risaltano le fasce alluvionali ad elevata vulnerabilità che si sviluppano in tutto il territorio integrate dalle zone a vulnerabilità estremamente elevata che sono localizzate perlopiù nel settore orientale del territorio comunale relative ai Calcari e marne a Rhaetavicula contorta ed ai Conglomerati marini poligenici.

Nella parte centrale del comune si sviluppa il dominio delle Argille plioceniceniche grigio-azzurre che individuano le aree a vulnerabilità bassa intervallate a zone da depositi di versante (vulnerabilità elevata) e dai corpi di frana in genere (vulnerabilità media).

8.4 ANALISI DELLA CARTA DELLA VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI E DELLE AREE DI TUTELA DI DETTAGLIO

La Carta della vulnerabilità degli acquiferi e delle aree di tutela in scala 1:2.000 di Pienza rispecchia sostanzialmente la carta in scala 1:10.000 in cui l’area è inserita.

La Carta in oggetto classifica la gran parte del territorio a vulnerabilità bassa, in quanto relativa a depositi argillosi pliocenici, alla quale si associano le aree ben delimitate dei corpi di frana classificate a vulnerabilità media. L’area limitrofa al centro urbano è invece interessata da una fascia che borda l’abitato a sud e nel settore nord-orientale nella quale sono stati rilevati depositi di versante, classificati come aree a vulnerabilità elevata, e le Sabbie gialle e Arenarie di Pienza che a loro volta sono state inserite nella classe di vulnerabilità alta.

Per quanto riguarda invece il centro abitato, si alternano zone relative a terreni di riporto (vulnerabilità alta), nelle quali possono verificarsi fenomeni di infiltrazione di acque nel sottosuolo, alle zone relative alle coperture antropiche in genere che, risultando praticamente impermeabili, sono state inserite all’interno della classe a bassa vulnerabilità.

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9 - CARTA DELLA STABILITA’ POTENZIALE INTEGRATA DEI VERSANTI

9.1 CENNI GENERALI

La carta della stabilità potenziale integrata è stata realizzata in ottemperanza di quanto indicato in All. 4 del P.T.C. ed ai sensi del DCR 94/85. La carta in esame è uno degli elementi fondamentali per la redazione della Carta della Pericolosità geologica e quindi per la successiva Carta della Fattibilità geologica. Il metodo adottato è quello indicato nel PTC (Amadesi et alii 1977, Amadesi e Vianello 1978 e 1985) e consta nella realizzazione di una carta intermedia denominata Carta della Stabilità potenziale in cui il territorio è suddiviso in cinque classi. Ciascuna classe è formata da un range di valori numerici derivanti dall’incrocio di tre carte tematiche ciascuna con propri pesi; le carte tematiche in questione sono: la carta litologica, la carta delle pendenze e la carta delle giaciture rilevate nei corpi rocciosi. La carta litologica è stata redatta seguendo le indicazioni dell’All. 4 del PTC, così come la carta delle giaciture. La carta delle pendenze invece ci è stata fornita da Etruria Telematica S.r.l.. Le cinque classi di instabilità così ottenute sono successivamente incrociate con la Carta dell’Uso del suolo in modo da sommare o sottrarre ai valori di instabilità i valori di impedenza positivi o negativi dati dalle coperture vegetali e dall’attività antropica. Quest’ultima è stata elaborata prendendo a riferimento la Carta Vegetazionale del PTC, che classifica il territorio comunale in varie tipologie vegetazionali e di coperture antropiche.

In base alla copertura vegetale l’impedenza può risultare nulla, minima, mediocre, buona o massima assumendo un peso che varia da –2, -1, 0, +1, +2 in base alla seguente tabella:

VALORE PES DESCRIZIONE USO DEL SUOLO IMPEDENZ O A Aree estrattive Nulla -2 Discariche Cantieri Seminativi in arre non irrigue e irrigue Altre colture permanenti Sistemi colturali e particellari complessi Rocce nude, falesie in affioramento Aree percorse da incendi Calanchi e biancane Frutteti Minima -1 Boschi di latifoglie Prati – pascoli naturali e praterie Brughiere e cespuglieti

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Vigneti ed oliveti Zone residenziali a tessuto continuo Media 0 Aree industriali, commerciali e dei servizi pubblici e privati Aree verdi urbane Aree ricreative e sportive Corsi d’acqua, canali, idrovie Bacini d’acqua Case sparse Aziende agricole e annessi, casali, cascine e masserie Pertinenze verdi delle abitazioni Fontane, vasche, piscine Viabilità stradale e sue pertinenze Oliveti con sistemazione a gradoni Misto di arbusteti e lembi di querceto Greti fluviali Boschi di latifoglie Buona +1 Boschi di leccio Boschi di querce caducifoglie Boschi di specie igrofile Boschi di abete bianco e rosso Boschi misti di querce caducifoglie e leccio Rimboschimenti di pini mediterranei e cipresso ------Massima +2

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9.2 ANALISI DELLA LEGENDA

Il territorio è classificato in cinque classi di instabilità che sono:

Classe 1 - Instabilità massima (Valori compresi tra 0 e 4) Classe 2 - Instabilità forte (Valori compresi tra 5 e 8) Classe 3 - Instabilità media (Valori compresi tra 9 e 12) Classe 4 - Instabilità limitata (Valori compresi tra 13 e 16) Classe 5 - Situazione stabile (Valori compresi tra 17 e 23)

Nell’attribuire i pesi ai corpi rocciosi per costruire le varie carte tematiche necessarie alla realizzazione della carta della stabilità potenziale, si è compiuta la scelta di seguire per quanto possibile le indicazioni del PTC effettuando nuove attribuzioni alle formazioni non contemplate nelle matrici dello stesso PTC. Relativamente al peso giocato dalle giaciture degli strati si sottolinea che nel caso dei depositi colluviali e dei riporti questo è stato molto penalizzante. Condividendo il suggerimento riportato al punto 1.1.3. della “Metodologia di realizzazione delle carte della stabilità potenziale ed integrata dei versanti secondo la metodologia adottata dal P.T.C.P di Siena” si è adottato il criterio correttivo (anche se non del tutto soddisfacente) di migliorare numericamente il peso aggiungendo al valore relativo alla giacitura quello che compete nel caso di versanti poco acclivi. Nella redazione della carta delle giaciture, inoltre, la mappatura delle diverse classi è stata effettuata tenendo conto dello sviluppo tridimensionale ricostruito dei corpi rocciosi. Le aree individuate, quindi, non derivano da un processo di mediazione matematica dei dati puntuali ma da una elaborazione geologica di dettaglio.

9.3 ANALISI DELLA CARTA DELLA STABILITA’ POTENZIALE INTEGRATA DEI VERSANTI

L’analisi della carta della stabilità potenziale integrata alla scala 1:10.000, individua un territorio prevalentemente in classe 4, con le aree di fondovalle e la zona ad est, nella quale affiorano rocce appartenenti alla Serie Toscana, in classe 5. Le aree in classe 3 sono distribuite piuttosto omogeneamente su tutto il territorio comunale e corrispondono perlopiù a zone situate su versanti collinari mediamente acclivi. Le aree in classe 1 ed in classe 2 sono associate ai corpi di frana, ai depositi eluvio – colluviali, alle aree a biancane ed alle forme calanchive in genere, e caratterizzano maggiormente la porzione centro- orientale del territorio del comune.

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Complessivamente il territorio comunale risulta per oltre il 70% non superare la classe 4 di instabilità, per il 25% essere caratterizzato dalla classe 3 e per un 5% evidenziare classi 1 e 2. Queste percentuali, anche se con un lieve margine di errore, confermano un territorio sostanzialmente in equilibrio ma con un 30% di superficie complessiva dove è opportuno calibrare correttamente le modalità degli interventi antropici al fine di diminuire l’instabilità evidenziata.

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10 - CARTA DEGLI ASPETTI SISMICI

10.1 CENNI GENERALI

La Carta degli aspetti sismici è stata eseguita in conformità alla D.C.R. 94/85 in quanto il Comune di Pienza è rientrato nella nuova classificazione effettuata con l’Ordinanza del Consiglio dei Ministri n° 3274 dell’Aprile 2003 che lo identifica in CLASSE 3. In cartografia, sono state quindi evidenziate quelle situazioni considerate tipiche e che se presenti, inducono variazioni nella risposta sismica locale e che vanno tenute presenti in corso di progettazione. Per i Comuni classificati in CLASSE 3 la normativa prevede di evidenziare: - i depositi che possono indurre instabilità dinamica per cedimenti e cedimenti differenziali; - i fenomeni franosi che possono indurre instabilità dinamica.

I depositi che possono indurre instabilità dinamica e che sono stati evidenziati in carta sono i depositi di versante, i depositi alluvionali attuali e recenti, depositi alluvionali terrazzati, depositi eluvio-colluviali, , discariche per inerti e terreni di riporto.

Per quanto concerne i fenomeni franosi, sono stati segnalati tutti i corpi franosi attivi per scorrimento, colamento e movimento complesso; non sono stati invece rilevati pendii ricadenti nella classificazione proposta dalla D.C.R: 94/85, art. 3.5.6. comma E. Inoltre sono state inserite nella cartografia in oggetto “Aree con possibile attivazione di movimenti franosi a seguito di evento sismico” relative alle zone classificate a “Instabilità massima” e “Forte instabilità” derivanti dalla Carta della Stabilità Potenziale Integrata dei Versanti.

10.2 MISURE GEOFISICHE ESEGUITE A PIENZA

Nell’area posta ai piedi del pianoro che ospita la città di Pienza è stata eseguita una campagna di misure di sismica passiva (Figura 1). Scopo dell’indagine è stata la identificazione e la caratterizzazione di possibili variazioni in profondità delle caratteristiche litologiche e/o fisico meccaniche del sottosuolo. In particolare si è tentato di valutare la presenza di eventuali orizzonti caratterizzati da significativi contrasti di impedenza sismica ovvero da variazioni significative della rigidità e/o della densità che potessero essere indizio di superfici di scivolamento associate ai fenomeni franosi in atto.

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La tecnica di esplorazione utilizzata è basata sulla misura e l’analisi del rumore sismico ambientale prodotto da sorgenti naturali e antropiche. In questa indagine sono state impiegate due modalità di prospezione.

La prima (antenna sismica o seismic array) è basata sul monitoraggio del rumore ambientale attraverso un sistema di geofoni verticali disposti sul terreno con una spaziatura irregolare. A partire dall’analisi di queste misure è possibile risalire alla curva di dispersione delle onde superficiali presenti nel rumore e da questa risalire al profilo di velocità delle onde S nel sottosuolo dell’area indagata. L’andamento della velocità di propagazione delle onde S è informativa della rigidità del terreno considerato.

La seconda tecnica di prospezione (a stazione singola) è basata sull’analisi del rumore sismico ambientale misurato puntualmente mediante una terna di sensori ortogonali. Dall’analisi spettrale del segnale così ottenuto è possibile, tramite opportune tecniche di analisi (HVSR) risalire alla frequenza di risonanza fondamentale del sottosuolo al di sotto del punto in cui la misura è stata effettuata. La frequenza di risonanza dipende dalla profondità delle eventuali transizioni fra materiali caratterizzati da diverse proprietà fisico-meccaniche (interfacce risonanti) e dal profilo di velocità delle onde S. Se quest’ultima grandezza è disponibile (per esempio dalle misure condotte sull’antenna sismica) è quindi possibile interpretare le misure su stazione singola e definire la profondità delle eventuali superfici risonanti.

Questo genere di analisi ha finalità essenzialmente esplorative in quanto non permette un elevato livello di risoluzione delle strutture indagate. Tuttavia, è un metodo assolutamente non invasivo (si tratta di misure passive condotte in superficie) che consente di indagare in tempi ridotti e bassi costi aree relativamente estese. Inoltre, entro certi limiti, la profondità di esplorazione è piuttosto elevata (fino alle centinaia di metri ed oltre) e comunque superiore a molte tecniche standard.

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Figura 1

Le misure Complessivamente la campagna di misure ha avuto una durata di 6 ore circa con l’impiego di quattro unità di personale specializzato. Sono state eseguite 8 misure a stazione singola ed una con l’antenna sismica. L’attrezzatura utilizzata per il primo tipo di misure consiste di uno strumento appositamente progettato dalla ditta Micromed per misure di rumore (per informazioni tecniche si veda il sito WEB www.tromino.it). La misure su array sono state eseguite utilizzando geofoni verticali con frequenza propria pari a 4.5 Hz ed un sistema di acquisizione a 16 canali ad alta dinamica (24 bit) anch’esso prodotto dalla ditta Micromed (modello Brainspy).

Misura su antenna sismica La misura su antenna sismica è stata eseguita al centro dell’ipotetico corpo di frana identificato dall’analisi geomorfologica delle foto aeree. L’obiettivo è stato quello di definire il profilo di velocità all’interno dei sedimenti argillosi che costituiscono il substrato della formazione carbonatico/sabbiosa su

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cui è edificato l’abitato di Pienza. Il risultati dell’analisi, condotta utilizzando la tecnica ESAC) sono riportati nella figura 2 seguente.

Figura 2

La curva di dispersione così definita può essere ben interpretata utilizzando un semplice modello di velocità nella forma seguente

0.44 VS ()Z = 100 (1+ Z ) [1] dove la velocità delle onde S (Vs) in funzione della profondità (Z) è espresso in metri al secondo. L’andamento descritto dalla relazione [1] è riportato nella figura 3 seguente.

Figura 3

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Naturalmente questo andamento costituisce solo una prima approssimazione dell’andamento effettivo al di sotto del punto di misura e va interpretato come rappresentativo di un andamento medio. Tuttavia, il buon accordo delle previsioni del modello e i dati sperimentali (figura 2) suggerisce un elevato grado di affidabilità di questa interpretazione.

Misure a stazione singola Le misure a stazione singola sono state eseguite lungo un transetto che attraversa longitudinalmente l’intero corpo di frana e si spinge fino all’abitato. La tecnica di analisi utilizzata è stata quella detta dei Rapporti Spettrali H/V. Questa tecnica è basata sull’analisi dei rapporti spettrali fra le componenti orizzontali e verticali del rumore sismico ambientale. Si dimostra che un massimo nell’andamento dei rapporti spettrali in funzione della frequenza indica la presenza di una possibile interfaccia risonante ovvero di una variazione significativa nelle proprietàò meccaniche del sottosuolo (essenzialmente la sua rigidità). In presenza di materiali caratterizzati da un profilo di velocità delle onde S del tipo della [1], ovvero

x Vs = v0 ()1+ z [2]

è possibile stimare la profondità h dell’interfaccia risonante a partire dal valore fr della frequenza corrispondente al massimo dei rapporti spettrali H/V (frequenza di risonanza). Si dimostra infatti che

1 ()1−x ⎡v0 ()1− x ⎤ h = ⎢ +1⎥ −1 [3] ⎣ 4 f r ⎦

Nella tabella che segue sono riportati i diversi valori di fr nei diversi punti di misura così come sono stati misurati lungo il transetto illustrato in figura 1.

Posizione Lat GPS Lon GPS Fr (Hz) h (m dal pc) H ( m slm) 5 011°40.6898 E 43°05.4508 N 0.78 190 292 C 011°40.3500 E 43°04.4490 N 0.81 178 307 B 011°40.3790 E 43°04.5200 N 1.12 103 307 A 011°40.6250 E 43°04.6300 N 1.19 93 297 1 011°40.3337 E 43°04.3920 N 1.25 86 294 2 011°40.3245 E 43°04.3139 N 1.53 62 298 3 011°40.2652 E 43°04.2553 N 1.56 60 275 4 011°40.2308 E 43°04.2047 N 1.81 47 273

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In tutti i siti di misura è stato possibile identificare un massimo principale nell’andamento dei rapporti spettrali H/V. Con la sola eccezione del massimo relativo al punto 4, tutti i massimi sono risultati statisticamente significativi secondo i criteri internazionali definiti dal progetto europeo SESAME. Questi massimi indicano la presenza di una interfaccia risonante al di sotto di tutti i punti di misura. Nella tabella, i punti di misura sono stati indicati nella loro progressione dalle quote più elevate a quelle minori. Si vede che le frequenze di risonanza tendono ad aumentare in modo monotono spostandosi verso valle, passando da 0.78 a 1.81 Hz (Quarta colonna). Utilizzando la relazione [1] è stato quindi possibile stimare le profondità dell’interfaccia risonante al di sotto di ciascun punto di misura (quinta colonna). Si nota una progressiva riduzione della profondità di questa interfaccia progredendo dai punti a quota maggiore a quelli a quota minore. Se si tiene conto della quota relativa dei diversi punti rispetto al livello del mare e del livello di precisione di queste misure, si nota come l’interfaccia risonante possa essere considerata circa orizzontale lungo tutto il profilo (sesta colonna della tabella) e giaccia ad una quota compresa fra i 280 e i 300 m slm.

In due punti di misura (3, B), le curve dei rapporti spettrali hanno messo in evidenza la presenza di un massimo secondario attorno ai 3-4 Hz. Questo, per quanto non pienamente significativo in termini di analisi statistica, potrebbe indicare la presenza di una ulteriore (più debole) interfaccia risonante posta a profondità dell’ordine dei 20 metri al di sotto del piano di campagna. Deboli tracce di una simile risonanza sono visibili anche nelle misure relative ai siti 2 e 4.

Interpretazione Il risultato forse più interessante dell’indagine esplorativa qui descritta è stato l’individuazione di una superficie risonante sub orizzontale lungo tutta l’area indagata (Figura 4). Questa può essere interpretata come una superficie di separazione fra un corpo sedimentario superficiale (argille) ed un substrato presumibilmente caratterizzato da maggiore rigidità (serie Toscana?). Un aspetto interessante è che questa superficie, posta ad una profondità di circa 180 m al di sotto del piano campagna relativo all’abitato di Pienza, non sembra caratterizzata da dislocazioni significative in corrispondenza dalla scarpata che borda il centro abitato in direzione SW. Questa evidenza, se confermata da ulteriori e più accurate indagini sismiche, potrebbe indicare come l’antica faglia non rappresenti ora un elemento dinamicamente importante. Più plausibilmente, questa vecchia struttura potrebbe avere “guidato” la formazione della nicchia di distacco di una grande corpo di frana che coinvolge l’intero corpo argilloso posto al di sopra dell’interfaccia risonante. Questo corpo potrebbe essere mobilizzato dall’infiltrazione di acque meteoriche attraverso orizzonti sabbiosi la cui presenza è dimostrata dai dati disponibili. Traccia di

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queste possibili superfici di scivolamento ad una profondità dell’ordine dei 20 m dal piano campagna sono rintracciabili in alcune delle misure effettuate. Se questa interpretazione è corretta, l’attuale mobilità del margine della scarpata su cui poggia il Duomo di Pienza sarebbe l’effetto del progressivo arretramento della nicchia di distacco della frana che porterebbe al progressivo coinvolgimento di parti sempre più consistenti dell’abitato nella frana stessa. In quest’ottica, una possibile stabilizzazione dell’intero versante coinvolto nella frana potrebbe essere l’unica soluzione per una duratura ed efficace opera di stabilizzazione delle fondazioni del Duomo.

Figura 4

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11 - CARTA DEI DATI DI BASE

11.1 CENNI GENERALI

La Carta dei dati di base è stata redatta al fine di poter avere un quadro completo delle eventuali indagini geologiche e geofisiche condotte nel territorio comunale. La ricerca ha permesso di individuare alcune indagini geognostiche effettuate a supporto di progettazioni edilizie e raccolte nell’apposito Allegato dei Dati di Base che è parte integrante della presente relazione.

11.2 ANALISI DELLA LEGENDA

In carta sono state riportate, numerandole progressivamente, le ubicazioni delle indagini raccolte indicando anche il progetto nel cui ambito sono state effettuate. Qui di seguito riportiamo la tabella con indicati il numero di riferimento assegnato e riportato in carta, l’ubicazione, l’indicazione del progetto e la tipologia di indagini svolte.

N° LOCALITA’ PROGETTO INDAGINI Inquadramento geologico n. 15 sondaggi svolti tra il 1981 1 Pienza regionale ed il 1983 Creazione di scarichi per n. 1 prova penetrometrica 2 Pian di Maggio insediamento civile dinamica continua Realizzazione di un annesso n. 4 prove penetrometriche 3 Podere I Sogli agricolo ad uso fienile, rimessa dinamiche macchine e stalla n. 1 prova penetrometrica 4 Via della Vecchietta Piano di recupero dinamica n. 4 prove penetrometriche 5 Pod. La Piana Realizzazione di una piscina dinamiche Realizzazione di una piscina 6 Castello di Cosona Verifica di stabilità del pendio interrata 7 Pod. Casella Realizzazione di una piscina n. 1 prova penetrometrica Progettazione di un nuovo n. 2 prove penetrometriche 8 Loc. Villa Nano edificio statiche Realizzazione di fabbricato ad 9 Monticchiello n. 1 prova dinamica uso agricolo Piano di recupero di un n. 3 prove penetrometriche 10 Monticchiello fabbricato dinamiche Realizzazione di una piscina e n. 3 prove penetrometriche 11 Pod. Fonticone garages interrati dinamiche

Realizzazione di garage n. 1 prova penetrometrica 12 Pod. San Rocco interrato e recupero fabbricato dinamica

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Piano di comparto per piano di n. 1 sondaggio elettrico 13 Foro Boario – Le mura lottizzazione multielettrodo n. 2 prove penetrometriche 14 Pod. Pennella Ristrutturazione del fabbricato dinamiche Realizzazione di garage n. 1 prova penetrometrica 15 Monticchiello interrato dinamica n. 2 prove penetrometriche 16 Via delle Mura - Pienza Consolidamento prefabbricato statiche Realizzazione piscina e scarichi n. 1 prova penetrometrica 17 Pod. Le Prugnole di insediamento agrituristico dinamica 18 Pod. Il Capanno Interventi a fabbricato esistente Indagine sismica a rifrazione Ristrutturazione e ampliamento n. 2 prove penetrometriche 19 Viale del Rossellino - Pienza edificio dinamiche n. 2 prove penetrometriche 20 Pod. Marinello Realizzazione di una piscina dinamiche n. 2 prove penetrometriche 21 Colle Frati Realizzazione di una piscina dinamiche n. 3 prove penetrometriche 22 Pod. Pennella Realizzazione di una piscina dinamiche Indagine sismica a rifrazione, verifica di stabilità del pendio e 23 Casa al Prato Realizzazione invaso interrato calcolo della portata di massima piena Realizzazione di cantina, n. 3 prove penetrometriche 24 Pod. Colombaiolo porcile e pollaio, dinamiche ristrutturazione alloggio Zona Lucciolabella, Pod. 25 Realizzazione di una piscina Sismica a rifrazione Bandita n. 1 prova penetrometrica 26 C. Andrei Realizzazione di annesso dinamica 27 Pod. Spedalone Realizzazione di un edificio Saggio con escavatore Piano di recupero di parte di 28 Podere Serafina n. 1 prova penetrometrica fabbricato rurale Realizzazione di garage 29 Pod. Casa al Prato Indagine sismica a rifrazione interrato Ristrutturazione fabbricato e 30 Pod. Le Moggiaglie n. 1 prova penetrometrica realizzazione garage

Montalcino, Settembre 2005

Geol. Marco Antoni

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