Melodie Criminali Canta Napoli E Poi Muori

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Melodie Criminali Canta Napoli E Poi Muori di Giovanni Vacca C’è un genere musicale che continua ad affascinare « ’ un pezzo di società campana; era da noi un’altra poesia indigena che nacque in seguito allaCdominazione spagnola, era quella sui banditi che il rigore della legge se lo rimbalzano radio e tv libere, faceva scappare nei boschi, e sulle montagne. Il bandito (...) era il difensore MELODIE CRIMINALI del popolo contro l’insolenza dei signori, e lo vendicava delle comuni tiran- alberga nelle bancarelle nie del governo. (...) L’immaginazione del popolo che ne aveva ammirato l’audacia, cantava ancora di questi eroi la vita avventurosa». Così lo storico e nella discografia marginale. Pietro Ulloa, discutendo di lingua e letteratura napoletana del secolo di- ciottesimo nella Littérature du Royaume de Naples, dava notizia della pre- Racconta di «vite al limite», senza a Napoli, già tre secoli fa, di un repertorio di canti banditeschi. Tutte le musiche popolari e popolaresche annoverano al loro interno canzoni di contrabbando e latitanza. dedicate al mondo della marginalità sociale (dagli «outlaws» statunitensi alla musica «rebetika» del Pireo). In Italia la canzone di malavita è presente Dai musicisti «di giacca», tanto in Calabria (qualche anno fa i due controversi cd La musica della mafia, stampati all’estero, vendettero parecchio), quanto nel milanese (la alla sceneggiata, ai neomelodici canzone «nera» segnò negli anni ‘50 l’esordio di Ornella Vanoni). Ma è senz’altro a Napoli che il genere I LA STRANA STORIA DELLA CANZONE DI CRONACA I ha assunto una dimensione di massa, sconfinando, grazie al cari- 45AUS14AF01 sma di alcuni interpreti e all’ege- 6.0 monia musicale della città, nelle al- 10.0 tre regioni del sud. A Napoli la can- CantaNapoliepoimuori zone «di mala», per come si è venu- ta a configurare nel secolo scorso, non poteva non fare i conti con la canzone napoletana: quella che sa- sta dell’epoca, che si fondava sulla Un’immagine nisti di contribuire all’avallo dei più rà la futura canzone di malavita na- rappresentazione del contrasto in- di Eugenio Fumo ignobili pregiudizi su Napolieina- poletana, infatti, quella di Mario sanabile tra le aspirazioni e le emo- (della compagnia poletani. Merola e Pino Mauro,diMario zioni dell’individuo e l’ipocrisia e le «Cafiero-Fumo»), La canzone di mala degli anni Abbate, Mario Trevi e Tony Bruni contraddizioni delle convenzioni nell’ultima sequenza ’70 e ‘80, e la rinnovata sceneggiata (e poi di Tommy Riccio ediGianni sociali (e che aveva già avuto nel della sceneggiata, ad essa contigua, infatti, si presen- Celeste, continuatori del genere romanzo d’appendice il suo pro- «Senza mamma» tano entrambe particolarmente nell’attuale calderone dei neome- dotto più tipico). (tratto dal libro cruente: un concentrato di «avver- lodici, i cantanti napoletani di La canzone drammatica ebbe di Enzo Grano, timenti» e di «infamità», di vendet- quartiere), discende storicamente un successo straordinario presso il «La sceneggiata», ed. te, affronti e «riparazioni», di storie da un preciso repertorio, quello pubblico popolare (a essa si dedi- Attività bibliografica di «rispetto» e di tradimenti, di col- detto canzone «di giacca». carono anche grandi interpreti del- editoriale). A destra, telli, sfregi e pistolettate. Ma la vio- la canzone classica, come Salvato- una storica locandina lenza della scrittura non deve trarre Altri prodotti re Papaccio, Gennaro Pasqua- del 1926 in inganno e far pensare a un facile La canzone «di giacca» ebbe origi- riello, Enzo Romagnoli)eandòa della compagnia naturalismo; il tratto «iperrealista» ne agli inizi del ‘900, quando, esau- intrecciarsi con la «sceneggiata», il «Cafiero-Fumo» dei testi delle canzoni, infatti, ne ritosi il primo periodo della canzo- genere teatrale nato intorno agli (da Ibidem) svela il senso ultimo di modelli ne napoletana, quello aureo e «ar- anni ‘20 che spesso proprio dalla «rappresentativi» a carattere sim- cadico» che si identifica soprattutto canzone drammatica traeva i con- bolico, dove l’esasperazione serve nella figura di Salvatore Di Giaco- tenuti e le situazioni da, appunto, proprio a far risaltare maggiormente la dimensione emble- mo, la nascente industria della mu- «sceneggiare». matica dei contenuti, valori tradizionali ma «induriti» dal sica aveva bisogno di nuovi pro- La sceneggiata «tradizionale», nuovo contesto sociale: le figure del boss e dei «cumparielli», dotti (come la coeva «macchietta») quella per esempio della celeberri- ad esempio, a evidenziare le gerarchie e i ruoli del mondo po- da proporre a un pubblico sempre ma compagnia Cafiero-Fumo, era polare (’O mpicciuso d’’a Sanità, ‘O boss, ‘E cumparielle); la più vasto e differenziato. molto diversa da quella che poi il legge dei tribunali percepita come entità anonima e intrusiva, Canzoni come Guapparia,del pubblico italiano avrebbe cono- a giustificare i codici comportamentali delle classi subalterne 1914, o Zappatore, del 1929, di Li- sciuto con il revival di massa degli (Sentenza ‘e guappo, Per legittima difesa, ‘O vendicatore, Trib- bero Bovio, considerato unanima- anni ‘70 e ‘80: coloro che hanno bunale e malavita); la società civile percepita solo nei suoi mente il «creatore» del genere (su avuto la fortuna di assistere alle «terminali» (la corte, la polizia, il carcere, l’ospedale) come al- musiche, per i due brani in que- rappresentazioni che si tennero fi- terità totale, a rafforzare la coesione, la compattezza e la legit- stione, di Rodolfo Falvo e di Ferdi- no agli anni ‘60 nei teatri napoleta- timità delle regole comunitarie (Cella 17, ‘Nnanze ‘a corte, ‘A nando Albano), sono tra i più cele- ni di periferia la descrivono come polizia ringrazia). bri di questo repertorio, così chia- un teatro popolare a forte contenu- Al mondo «esterno», nella sua incomprensibilità e nella mato perché l’interprete abbando- to emozionale (succedeva, ad sua distanza, si oppongono quindi il vicinato, il vicolo, il quar- nava il classico abito da sera per in- esempio, che il pubblico chiedesse tiere, la parrocchia, l’onorata società, la festa (matrimoni e dossare la comune e quotidiana con forza il bis della scena dell’uc- battesimi, soprattutto, da sempre fondamentali nella defini- giacca, aderendo così, idealmente, cisione del «cattivo», il quale era zione identitaria per gli ambienti popolari dell’intero meridio- a una canzone viscerale e «popola- costretto ad alzarsi e a ripetere la ne), i legami di sangue e di parentela. E, insieme a questo, tut- re». A differenza del periodo prece- sequenza!), con «tipi» fissi e cano- to il fardello kitsch proprio di ogni cultura subalterna, che a dente, dunque, ma anche a diffe- vacci stereotipati; un genere estre- Napoli non poteva che prendere l’inevitabile distillato di oleo- renza, ad esempio, dei contempo- mamente formalizzato, quindi, grafia e di pittoresco tipici della locale cultura borghese (la cit- ranei Murolo e Nicolardi, il nuovo una perfetta macchina teatrale, tà e i suoi simboli, il mare, i man- genere «drammatico» trattava (e qualcosa a metà tra lo spettacolo di dolini, ecc.). Pochi all’epoca seppe- stessi, ma al tabacco viene sostitui- con voce spiegata che tiene a lungo di G. Va. I INCONTRI I «IO SONO IL RE DELLA SCENEGGIATA» I lo... E anche io sono visto dalla gen- letteralmente «metteva in scena») burattini e l’Opera cinese. ro cogliere che, in realtà, tutto ciò ta l’eroina e la camorra diventa le note della melodia (riallaccian- te come uomo ‘positivo’, perché se contenuti nuovi per la canzone na- altro non era che il riflesso della un’organizzazione quasi paramili- dosi allo stile della canzone classi- vedo dei torti mi arrabbio, sono ca- poletana d’autore: non più (o non Pubblico marginale drammatica mutazione che inve- tare che, con Cutolo, mira a ottene- ca) e quella accentuata nasalizza- pace di intervenire... E non credo al solo) la vibrante poesia di Vincen- Quando la sceneggiata accolse te- stiva gli ambienti popolari di Na- re anche una compiuta egemonia zione tipica della canzone urbana « La voce che uccide. ‘porgi l’altra guancia!’ Se uno mi da zo Russo o le leggiadre romanze di matiche sempre più «estreme» e poli e della sua provincia, travolti «ideologica»: essa costruisce anzi- popolaresca. Spesso si ascolta la ri- urreva ‘o motosca- uno schiaffo io gliene do due... E Mario Costa ediEnrico De Leva, devianti, intercettando un pubbli- da una modernizzazione violenta e tutto una retorica dell’identità presa deformata del canto di stile fo, eCtu sparaste senza avé pietà...». che aspetto che quello mi manda la leggerezza di Funiculì funiculà o co sempre più marginale e curvan- improvvisa che avrebbe, nel giro di (contrapporsi come «campani», e etnico detto a fronna ‘e limone, tra- Ha cantato l’epopea del contrab- all’ospedale?». l’incanto di ’O sole mio, ma anche dosi quasi in un vero e proprio sot- pochi anni, anche grazie alla scelle- quindi non solo «napoletani» alle dizionalmente usato per la comu- bando e per molti napoletani è lui Parola di Pino Mauro vicende che echeggiavano fatti di toprodotto malavitoso, per «dissol- rata complicità del potere politico, infiltrazioni malavitose da altre re- nicazione cifrata tra carcerati e pa- il re della sceneggiata: Pino Mauro, Tabacco vs droga cronaca nera quasi sempre a sfon- versi» poi in una produzione cine- coagulato città e campagna in gioni), elabora poi una vera e pro- renti. Il «sound» complessivo è un sbrigativamente etichettato come «Al teatro 2000, a Napoli, una do passionale, storie di galeotti e di matografica di intenti esplicita- un’unica gigantesca conurbazione, pria mistica
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