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MISURE / MATERIALI DI RICERCA DELL’ISTITUTO CATTANEO 36 Isbn: 9788894112603 Misure / Materiali di ricerca dell’Istituto Cattaneo – © 2015 Periodico registrato presso il Tribunale di Bologna, n. 4882 del 17 marzo 1981 Direzione e amministrazione: Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo 40125 Bologna, Via Santo Stefano, 11 – tel. +39 051239766 E-mail: [email protected] Sito: www.cattaneo.org Progettazione grafica della copertina: Valentina Reda Una pubblicazione della Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo TRIPOLARISMO E DESTRUTTURAZIONE Le elezioni regionali del 2015 A cura di Silvia Bolgherini e Selena Grimaldi Istituto Carlo Cattaneo Dedichiamo questo volume alla memoria di Aldo di Virgilio amico, collega, appassionato (e) esperto di elezioni Le curatrici e gli autori INDICE Parte prima. Una visione d’insieme 1. La fine del bipolarismo regionale tra destrutturazione e 9 diversificazione di Silvia Bolgherini e Selena Grimaldi 2. La partecipazione in calo (ma non troppo) 43 di Marta Regalia 3. I nuovi sistemi partitici delle regioni italiane 55 di Gianluca Passarelli e Filippo Tronconi 4. Novità e conferme nel voto di preferenza 77 di Marco Valbruzzi e Rinaldo Vignati 5. Analisi dei flussi elettorali in 12 città 101 di Andrea Pedrazzani e Luca Pinto 6. Luci e ombre delle primarie regionali 129 di Stefano Rombi e Marco Valbruzzi Parte seconda. Le regioni al voto 7. Liguria. Un’alternanza (im)prevedibile 157 di Mara Morini 8. Veneto. L’occasione mancata del centrosinistra 177 di Selena Grimaldi 9. Toscana. Nuovi sfidanti in vecchi scenari 205 di Giorgia Bulli 10. Marche. Da laboratorio politico a caso nazionale 227 di Andrea Prontera 11. Umbria. Timidi segnali di mutamento 249 di Francesco Marangoni 12. Campania. Con o senza partito 267 di Fortunato Musella e Valentina Reda 13. Puglia. Il trionfo del sindaco 289 di Federica Cacciatore Note sulle curatrici e sugli autori 315 PARTE PRIMA UNA VISIONE D’INSIEME 1. La fine del bipolarismo regionale tra destrutturazione e diversificazione di Silvia Bolgherini e Selena Grimaldi 1. Elezioni regionali 2015: tre evidenze Bipolarismo addio? Con questa domanda inizia il rapporto Itanes a se- guito delle elezioni politiche del febbraio 2013, nel quale D’Alimonte, Di Virgilio e Maggini (2013) sottolineavano la salienza dei risultati di queste consultazioni. La ripartizione del voto in tre blocchi di peso elettorale pres- soché equivalente, rompeva i precedenti assetti partitici che, negli anni della cosiddetta Seconda repubblica – o del secondo sistema partitico italiano (Pa- squino e Valbruzzi 2015), si erano invece assestati su una chiara competi- zione bipolare. La portata di queste consultazioni rispetto a molti aspetti, e in particolare proprio rispetto alla fine del bipolarismo, è certamente la cifra comune alle analisi post-elettorali che si sono susseguite in questi anni re- centissimi (tra gli altri Chiaramonte e De Sio 2013; De Sio, Cataldi e De Lu- cia 2013; Itanes 2013). Le elezioni regionali del 31 maggio 2015 hanno coinvolto sette delle 15 regioni a statuto ordinario, ovvero Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Mar- che, Campania e Puglia. Queste elezioni, che concludono il ciclo elettorale iniziato nel 2013 per il rinnovo delle assemblee legislative e dei presidenti delle regioni, hanno confermato anche a livello regionale il cambiamento in atto nel sistema politico-partitico italiano. E, pur con gli ovvi scarti dovuti sia al differente livello territoriale di competizione elettorale, sia alle pecu- liarità delle diverse realtà locali, una cesura con il recente passato sembra es- sere stata sancita anche in queste consultazioni regionali. Se ancora è prematuro affermare che si tratti di una giuntura critica per- ché ancora nulla si può dire sulla (capacità di) persistenza dei mutamenti che sono avvenuti, possiamo però sicuramente affermare che le differenze rispet- to alla tornata immediatamente precedente, quella del 2010, sono decisamen- te di ampia portata. Almeno tre sono infatti le evidenze che emergono dall’analisi di questo appuntamento elettorale. Una prima è appunto quella che sancisce la fine del bipolarismo anche a livello regionale e l’avvio di una (provvisoria) nuova configurazione potenzialmente tri- o multipolare. Una seconda evidenza, che a questa si accompagna, lascia intravvedere una destrutturazione del sistema partitico regionale. La terza evidenza è quella verso una sempre maggiore diversificazione degli stessi sistemi politici e partitici regionali. 9 Nei paragrafi seguenti analizziamo meglio ciascuna di queste evidenze, partendo dalla crisi del bipolarismo e cercando di vedere come e quanto que- sta si sia manifestata nelle elezioni regionali, in particolare in quelle della tornata 2015 (par. 2). Nel par. 3 vengono analizzati, in modo traversale tra le sette regioni al voto, quegli elementi che possono far parlare o meno di de- strutturazione del sistema partitico a questo livello territoriale, con una parti- colare attenzione all’aspetto partitico. La diversificazione dei sistemi regio- nali – la terza evidenza – è invece affrontata nel par. 4, dove, concentrandosi particolarmente sulle regioni al voto nel 2015, vengono analizzati sia alcuni elementi di differenziazione presenti già prima delle elezioni, sia altri che invece emergono nel momento post elettorale. 2. La fine del bipolarismo regionale L’evoluzione del sistema partitico italiano nel ventennio della lunga transizione (definita in molti modi, da «lunga» a «infinita», da «impossibile» a «incompiuta» (Ceccanti e Vassallo 2004, Grilli di Cortona 2007, Bull 2012, Morlino 2013) verso la seconda repubblica, è andato progressivamente asse- standosi su una configurazione bipolare. Tale assetto bipolare, che si è consolidato nel corso di cinque elezioni (appunto tra il 1994 e il 2008), è stato anch’esso variamente aggettivato in funzione delle diverse connotazioni che nel tempo assumeva. Si è parlato molto di bipolarismo frammentato (D’Alimonte 2005) in cui un alto numero di partiti si assemblavano in due ampie coalizioni pre-elettorali alternative tra loro, al loro interno estremamente variegate dal punto di vista ideologico e frammentate dal punto di vista numerico. Ma anche di bipolarismo pola- rizzato (Sabbattucci 2003; Ieraci 2008) in cui la definizione indicava la forte distanza ideologica tra le due coalizioni, o, dopo le elezioni del 2008, di bi- polarismo limitato in cui la meccanica bipolare rimaneva immutata ma cam- biava il formato dei due poli con una netta diminuzione della frammentazio- ne (Chiaramonte 2010) o coatto (Massari 2015) cioè in qualche modo forza- to dalla normativa. Si è parlato anche di bipolarismo conflittuale (Lippolis e Pitruzzella 2007), sottolineando soprattutto la mancanza di reciproca legitti- mazione tra maggioranza e opposizione che conduceva a un’elevata eteroge- neità coalizionale. Recentemente è stata utilizzata anche l’etichetta di bipo- larismo destrutturato, a indicare un sistema partitico non pienamente istitu- zionalizzato che assume forme e formati diversi a ogni elezione (Pasquino e Valbruzzi 2015, 116). Le elezioni politiche del 2013, come si è detto, hanno segnato un mo- mento di svolta nella storia elettorale del paese e anche un cambiamento nel sistema partitico che potrebbe durare nel tempo. In queste elezioni si è assi- 10 stito alla fine del bipolarismo e all’emergere di un (nuovo) terzo polo costi- tuito dal Movimento Cinque Stelle (M5s) che è andato affiancandosi, prati- camente in ogni regione, alle tradizionali coalizioni di centrodestra e centro- sinistra1. E a livello regionale, cosa è successo nel ciclo elettorale 2013-2015? È rintracciabile la stessa evoluzione individuata per il livello nazionale? Pos- siamo parlare anche per le elezioni regionali di fine del bipolarismo e di un nuovo sistema partitico nelle regioni? Delle varie dimensioni analitiche di bipolarismo e dei relativi indicatori (Chiaramonte 2007a, 382 ss.) prenderemo in considerazione qui soltanto la concentrazione del voto sulle prime due coalizioni – in altre parole l’indice di bipolarismo (Chiaramonte e Emanuele 2013, 2) – e, come si è detto, pro- cederemo in questa sede a un confronto con le sole elezioni del 2010. Consi- dereremo in prima istanza tutto il ciclo elettorale 2013-2015, quindi non solo le sette regioni al voto il 31 maggio 2015 ma tutte e 15 le regioni a statuto ordinario. La Fig. 1 mostra appunto il livello di concentrazione elettorale (% voti) sulle due maggiori coalizioni regione per regione per le elezioni del 2010 e per quelle del ciclo 2013/2015, con il relativo scarto. Come si può osservare, l’andamento a livello regionale è assolutamente in linea con quello naziona- le, qui preso relativamente alle elezioni politiche del 2008 e del 2013. In tut- te le regioni il tasso di concentrazione sulle due principali coalizioni è dimi- nuito tra la tornata 2013/2015 e quella precedente, con un arretramento me- dio, nelle 15 regioni, di 18,8 punti rispetto a un differenziale nazionale pari a 26,1 punti. Nelle singole regioni la concentrazione dei voti sulle prime due coalizioni è calata da un minimo di 7,3 punti in Calabria a un massimo di 32 punti in Liguria. Scendendo nel dettaglio delle sette regioni che sono andate al voto in questa tornata 2015 (le ultime sette colonne del grafico in fig. 1), la diminu- zione media del tasso di bipolarismo è stata di 22,7 punti. Più vicina quindi, seppur di poco, al decremento nazionale (-26,1) che non a quello medio complessivo delle 15 regioni (-18,8). Si va da un minimo scarto tra il 2013/2015 e il 2010 di 13,7 punti in Umbria al massimo della Liguria con 32 punti, che come si è visto poc’anzi, è quella con lo scarto massimo tra tutte le regioni ordinarie e quella, insieme alla Toscana, che nel 2015 ha fatto re- gistrare l’indice più basso (68,0%). Delle sette al voto, la regione con l’indice di bipolarismo più alto nel 2015 è invece l’Umbria (81,9%). 1 Le elezioni politiche del 2013 hanno mostrato un cambiamento anche rispetto a altre caratteristiche strutturali del sistema partitico come la frammentazione (di nuo- vo in aumento), la disproporzionalità (al livello massimo), la volatilità elettorale (a livello aggregato anch’essa al massimo storico) (Chiaramonte e Emanuele 2013).