Bassi Parole Che Mobilitano Phd Th PDF A.Pdf
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! ! ! UNIVERSITÀ DI TRIESTE — UNIVERSITÀ DI UDINE UNIVERSITY OF READING DOTTORATO DI RICERCA! INTER-ATENEO IN STORIA DELLA SOCIETÀ, DELLE ISTITUZIONI E DEL PENSIERO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ CONTEMPORANEA DOTTORATO IN CO-TUTELA CON LA UNIVERSITY OF READING XXIX CICLO! ! PAROLE CHE MOBILITANO. IL CONCETTO DI ‘POPOLO’ TRA STORIA POLITICA E SEMANTICA STORICA NEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO ! Settore scientifico-disciplinare:! M-STO/04 DOTTORANDA ! GIULIA BASSI ! SUPERVISORE DI TESI Prof. Paolo Ferrari (Università di Udine) SUPERVISORE DI TESI IN CO-TUTELA! Prof. Federico Faloppa (University of Reading) COORDINATRICE! Prof.ssa Elisabetta Vezzosi ! ! ANNO ACCADEMICO 2016 / 2017! ! PREMESSA ! CAPITOLO! UNO ‘Qu’est-ce que le peuple?’ Sulle forme di costruzione narrativa di una categoria (1921-1942) ! 1.1. (Un) popolo, (una) comunità 1.2. Una comunità immaginata? 1.3. Un corpo politico? 1.4. Costruzione storica, linguistica, culturale, sociale della comunità 1.5. Pòppolo, pòpulo, pòpulu, pòvelo, pòvo, pòvolo, puòbolo, puòlo, puòpolo, puòvelo 1.6. Popolo, discorso egemonico della modernità 1.7. Il popolo sovietico: narod, narodničestvo, narodnik, populizm ! 1.8. Come è morta una classe, come è nato un popolo: il popolo comunista italiano CAPITOLO! DUE Un popolo, il Popolo. La costruzione discorsiva dell’unità del popolo (1943-1945) ! 2.1. Sul lessico e le strategie discorsive del partito comunista italiano 2.2. «Unità di popolo e di lotta»: la svolta di Salerno 2.3. «Riprende il suo posto fra di noi, in contatto diretto con il popolo italiano»: la sacralizzazione del capo 2.4. «(Tutto) il popolo italiano è in fermento»: la costruzione dell’appartenenza 2.5. «Come lottano i comunisti… per l’unità del popolo»: la modalizzazione comunista dell’informazione 2.6. «Il partito più vicino al popolo»: la concettualizzazione del partito nuovo 2.7. «Sull’Altare della Patria… un popolo intiero»: la semantizzazione dell’unità 2.8. «Nel fondo dell’anima popolare»: la deresponsabilizzazione del popolo italiano 2.9. «I migliori militanti della classe operaia e del popolo»: la narrazione di Rinascita ! 2.10. Un popolo, il Popolo CAPITOLO! TRE Popolo/Popoli. La decostruzione discorsiva dell’unità del popolo (1946-1948) ! 3.1. Sui paradigmi e le metanarrazioni del partito comunista italiano 3.2. «Un governo del popolo e per il popolo»: la costruzione della democrazia progressiva 3.3. «Il comune al popolo! Il popolo al comune!»: le elezioni amministrative 3.4. «In nome del popolo»: la concettualizzazione della legittimazione popolare 3.5. «Tutto il popolo condannerà la monarchia»: la questione istituzionale 3.6. «(Ecco) le donne del popolo»: figlie, madri e spose 3.7. «Evviva la vittoria del popolo»: le elezioni politiche 3.8. «Il popolo è sceso in piazza»: l’attentato a Togliatti 3.9. Popolo/Popoli ! ! ! 3 CAPITOLO QUATTRO Popolo e Masse lavoratrici. Popolarizzazione politica e dispositivi di difesa identitaria !(1949-1955) 4.1. Sulle pratiche, le convenzioni e i rituali del partito comunista italiano 4.2. «Caduto nelle mani dei nemici del popolo»: l’espulsione del PCJ dal Kominfórm 4.3. «La popolarizzazione della nostra linea politica»: la massificazione del discorso comunista 4.4. «Al servizio del popolo»: la politica culturale del PCI 4.5. «L’eroico cammino alla testa del popolo»: la logica dietro il leader 4.6. «La grande forza dirigente del popolo sovietico»: mitologia e santificazione dell’URSS 4.7. Popolo e Masse lavoratrici ! CAPITOLO CINQUE Popolo e Popoli. Idiomatizzazione del linguaggio e universalizzazione di una !categoria (1956-1967) 5.1. Sulle trasformazioni sociali e il partito comunista italiano 5.2. «Le condizioni del nostro paese e le necessità vitali del nostro popolo»: il 1956 5.3. «Il popolo cinese è divenuto padrone di una nuova società»: la Cina popolare 5.4. «Vogliono togliere al popolo le sue conquiste democratiche»: il governo Tambroni 5.5. «Si affaccia alla storia… il nuovo grande mondo dei popoli fino a ieri asserviti»: colonialismo e imperialismo 5.6. «Non è libero il popolo che opprime altri popoli»: la decolonizzazione 5.7. «Sapeva suscitare la fiducia del popolo»: la morte di Togliatti 5.8. Popolo e popoli ! ! CONCLUSIONI Dall’Èra del Popolo all’Èra del Populismo. Tra moderno e postmoderno (1968-1991) ! Appendice iconografica ! Appendice lessicometrica ! !Riferimenti bibliografici 4 ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! AVVERTENZA Nelle note a pie’ di pagina, gli articoli citati provenienti dalla stampa periodica del partito comunista italiano sono di regola anonimi, salvo diversa indicazione. 5 ! ! ! ! ! ! ! ! Caro Babbo,! non sai come vorrei che la forza non ti abbandonasse mai per averti qui e non arrendermi mai. ! Andrea Bocelli, “A mio padre”, Sogno! !PREMESSA ! ! ! «El mundo era tan reciente, que muchas cosas carecían de nombre, y para mencionarlas había que señalarlas con el dedo»1 . Era con queste parole che il colonnello Aureliano Buendìa, davanti al plotone di esecuzione, ricordava Macondo ai tempi in cui, insieme a suo padre, si recava alla tenda dei gitani per ammirare con stupore la dimostrazione delle fantasmagoriche invenzioni della modernità. Le parole sono fondamentali, come sembra suggerire Gabriel García Marquez, perché, senza di esse, saremmo obbligati per esprimerci a usare le stesse tecniche a cui è costretto un bambino che ancora non ha imparato a usarle, indicando le cose con il dito. Elemento basilare del discorso e unità minima di trasmissione di un concetto, la parola è l’asse portante di ogni forma di comunicazione interpersonale. Che sia parlata, scritta o gestualizzata come nel linguaggio dei segni, essa è il nucleo di ogni relazione tra gli individui, di ogni loro scambio sociale, politico, o simbolico. Ogni parola acquista questa sua importanza attraverso il discorso della comunità in cui essa viene pronunciata, tramite una rappresentazione che è stata pensata come una relazione tra due (de Saussure: significato e significante)2 , tre (Peirce: segno, oggetto e interprete)3 o quattro elementi (Mitchell: oggetto di rappresentazione, oggetto rappresentato, produttore e osservatore)4 . In questo senso la parola deve essere intesa come una forma di potere, come ha sostenuto nel diciannovesimo secolo il filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson, 1 Gabriel García Márquez, Cien años de soledad (Buenos Aires: Sudamericana, 1967), p. 3 [edizione italiana, Cent’anni di solitudine (Milano: Feltrinelli, 1967), p. 1]. 2 Ferdinand De Saussure, Cours de linguistique générale (Paris: Payot, 1955) [edizione italiana, Corso di linguistica generale (Roma; Bari: Laterza, 2011)]. 3 Il pensiero di Charles S. Peirce è stato raccolto nei Collected Papers tra 1931-1935 per opera di Charles Hartshorne e Paul Weiss: Charles S. Peirce, Collected Papers, eds. Charles Hartshorne & Paul Weiss, 6 voll. (Cambridge: Harvard University Press, 1931-1935). Recentemente sono stati ristampati con l’aggiunta di due volumi: Charles S. Peirce, Collected Papers, ed. Arthur W. Burks, 8 voll. (Cambridge: he Belknap Press of Harvard University Press, 1994-1998). Si veda anche la raccolta di saggi di Jacqueline Brunning & Paul Forster (eds.), he Rule of Reason: the Philosophy of Charles Sanders Peirce (Toronto; Buffalo: University of Toronto Press, 1997). 4 William J.T. Mitchell, “Representation”, Critical terms for literary study, eds. Frank Lentricchia & homas McLaughlin (Chicago: University of Chicago Press, 1990), pp. 11-22. Altre informazioni qui: Ken Smith et al. (eds.), Handbook of Visual Communication. heory, Methods, and Media (New Jersey: Lawrence Erlbaum Associates, 2005). PREMESSA inaugurando, a sua insaputa, un filone di studi filosofici sul linguaggio che arriva fino ai giorni nostri. Le parole sono inoltre fondamentali per un’analisi storico-politica. Il linguaggio, infatti, non solo permette di comunicare e di pensare la politica, ma la costituisce anche5 . In questo senso, il linguaggio è parte imprescindibile del fare politica, perché, secondo la teoria degli atti linguistici, non è solo ‘parola’, ma è anche ‘azione’: esso, plasmando la realtà e riflettendo nel contempo un meccanismo di potere, ha un effetto performativo sugli agenti collettivi. Del resto, fattore rilevante, non esiste parola che nel vocabolario non abbia più significati. Questa plasticità semantica e narrativa dei concetti è del resto fondamento stesso della retorica politica, il cui linguaggio mira tanto a sollecitare passioni, quanto a cercare il consenso razionale di agenti impersonali6 . Infatti, la politica ha da sempre modulato l’uso di parole e concetti al fine di raggiungere obiettivi specifici: intenzioni che a volte hanno coinciso con la creazione di stati di conservazione degli assetti sociali costituiti e altre volte hanno avuto lo scopo di mobilitare o sollecitare azioni sovversive delegittimando lo status quo. Conseguenza di ciò, tra le parole ve ne sono alcune che culturalmente hanno avuto (e continuano ad avere tutt’oggi) un portato politico e un peso simbolico particolarmente rilevante. ‘Popolo’ è certamente, come vedremo, una di queste. Ben più di ‘moltitudine’, ‘massa’, o ‘folla’, il termine ‘popolo’ sembra aver conquistato uno spazio di primo piano nel discorso pubblico e politico contemporaneo in tutti i paesi occidentali, senza eccezione. Se infatti ‘moltitudine’, in derivazione dal latino multitudo, ‘massa’, dal greco máza, e ‘folla’, dal verbo latino fullare, sono tutti storicamente connotati come quantità amorfa, instabile, senza un ordine preciso, eventualmente da plasmare, ‘popolo’, dal latino pōpŭlus, si riferisce invece (almeno a