Franco E Mussolini
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«SAGGI» Storia GENNARO CAROTENUTO FRANCO E MUSSOLINI SPERLING & KUPFER EDITORI MILANO FRANCO E MUSSOLINI Proprietà Letteraria Riservata © 2005 Sperling & Kupfer Editori S.p.A. ISBN 88-200-3938-9 92-I-05 Questo libro è stato pubblicato con il contributo dei fondi assegnati al Dipartimento di Scienze Storiche e Documentarie dell’Università di Macerata, quota 60%. La Sperling & Kupfer Editori S.p.A. potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un quindicesimo del presente volume. Le ri- chieste vanno inoltrate all’Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell’ingegno (AIDRO), via delle Erbe 2, 20121 Milano, tel. e fax 02809506. Indice Introduzione 1 1. Il mito dei due imperatori mediterranei 21 La quiete tra le due tempeste 21 Il fascismo italiano come modello? 28 L’eredità economica della guerra civile 37 Il debito di guerra, un’opportunità per i franchisti 44 Italia e Spagna: due economie lontane 48 E la FIAT creò la SEAT 51 2. «España no puede entrar por gusto» 59 Franco verso l’Asse 59 Le ambizioni di Serrano Súñer 62 Prime delusioni per Ciano in Spagna 70 L’Italia in guerra 72 Spagnoli nell’Italia in guerra 79 La tentazione di Franco 81 Churchill e Roosevelt: il bastone e la carota 87 Fame 90 Il fallimento del vertice di Bordighera 92 Considerazioni finali sulla rinuncia alla partecipazione spagnola 99 3. Da Bordighera a Salò 113 La guerra lontano dal Mediterraneo 113 La caduta di Serrano Súñer 115 Il neutralista Jordana agli Esteri 119 Dalla caduta di Ciano a quella di Mussolini 123 Ultime pressioni su Franco 126 Il 25 luglio visto dalla Spagna 129 I giorni del Gran Consiglio 133 I 45 giorni: l’inizio della fine del franchismo? 138 4. Le due Italie a Madrid 153 Il dilemma dell’ambasciatore 153 Da Brindisi a Madrid e verso il resto del mondo 159 La Spagna di fronte alle due Italie 164 La linea Jordana contro la linea Franco 166 Repubblichini a Madrid 170 Il dramma della corazzata «Roma» e della flotta internata 176 Il wolframio, cartina tornasole delle fortune belliche 179 I divergenti interessi delle due Italie 181 5. «Italia fuera de combate» 191 La Spagna antitaliana 191 Torna il pericolo rosso 197 Spagnoli nell’Italia occupata 201 Verso la Liberazione 205 Vie di fuga 208 Ieri in Spagna, oggi in Italia 215 Bibliografia 229 Indice dei nomi 237 Introduzione NELL’APRILE del 1939, Benito Mussolini volge lo sguardo da occidente verso la nuova avventura albanese. Non appare preoccupato dai costi sproporzionati, e i labili benefici per l’Italia fascista, dell’imponente partecipazione alla guerra civile appena conclusasi in Spagna. Eppure è la sua stessa azione di governo, con la prodigalità necessaria ad alimen- tare l’immagine del condottiero generoso di un paese pro- spero, ad aggravare i passivi e restringere i benefici, almeno quelli a breve, di una guerra costata la vita a 4.000 soldati italiani. È Mussolini in prima persona a sciogliere il nodo gor- diano della riduzione da 8 a 5 miliardi di lire dell’enorme debito di guerra contratto dalla Spagna con l’intervento ita- liano. È una manifestazione di disponibilità, unita a inter- venti di lungo periodo (scuole, istituti culturali, borse di studio, l’esportazione – più progettata che realizzata – di strutture del regime), che configura una prosecuzione in tempo di pace dell’azione politica fascista in Spagna. Il du- ce crede di possedere le chiavi per costringere Franco a 1 partecipare all’imminente conflitto mondiale. Si trova inve- ce a dover constatare giorno per giorno – sotto la spinta dei continui insuccessi bellici italiani – come i rapporti di forza con l’alleato tedesco si modifichino fino a far divenire Mussolini solo un intermediario delle relazioni ispano-ger- maniche. E così il duce del fascismo sarà più realista, più disilluso, e prima del führer, sulla praticabilità e utilità di un intervento spagnolo nel conflitto mondiale. Già durante la guerra civile, Mussolini e il CTV (Corpo Truppe Volon- tarie) sono continuamente frustrati dal dilatorio attendismo di Franco. Nonostante le continue dichiarazioni di comu- nanza e gemmazione ideologica, la Spagna non è mai pie- namente quel satellite italiano che, nel 1939-40, anche mol- ti osservatori neutrali credono di scorgere. Con la guerra mondiale l’Italia si ritrova presto mero intermediario tra una Spagna, che potrebbe schiudere all’Asse il controllo dello Stretto di Gibilterra, e una Germania che quel con- trollo dovrebbe finanziare con armi, forniture e, soprattutto, risorse alimentari. È un dato di fatto che rende meno appas- sionante il dibattito, che pure ha interessato la storiografia, sulla convinzione, intensità e volontà di Mussolini di indur- re il caudillo a prendere parte al secondo conflitto mondia- le. Tale dibattito sottovaluta le condizioni materiali e so- pravvaluta le volontà politiche. A lungo la storiografia – quasi tutta straniera, che dedica costante interesse al tema del quale tratta questo saggio, abbastanza trascurato invece in Italia – ha risolto il problema parlando di Franco come di una carta mal giocata da Mussolini. È una tesi che, alla pro- va documentale, rivela debole consistenza. Le riletture del- l’ultimo decennio (García Queipo de Llano più che Tusell, Preston, Heiberg)1 smussano questa visione, avvicinandosi 2 a quella di un Mussolini più realista nel valutare la cosid- detta «carta spagnola».2 L’Italia fascista è costretta a ridisegnare continuamente i suoi scenari bellici. Il conflitto va male. La supposta guerra parallela e breve è un’ipotesi velleitaria e l’Italia si ritrova alla mercé delle sorti e soprattutto delle iniziative naziste. Queste si allontanano sempre più dal Mediterraneo. Nean- che la Spagna è padrona del proprio destino. Anzi; essa sup- pone di controllare la propria politica estera. Balla più giri di valzer, firmando trattati economici con gli Alleati, ma di- chiarandosi sempre a un passo dalla belligeranza contro quegli stessi paesi, i quali la allontanano, ma, volutamente, non la sottraggono alla carestia. L’incertezza – causata dalle opposte pressioni di Asse e Alleati in Spagna – cristallizza la situazione. Il cuore del caudillo batte però sempre per l’Asse e sono altre le componenti del regime che traghetta- no la Spagna tra neutralità e non belligeranza. Sarà il pre- supposto per la sopravvivenza della dittatura oltre la sconfit- ta dell’Asse. Proprio la penuria favorisce il regime. Non solo nello scacchiere internazionale, risparmiandogli la guerra, ma anche a fini interni, rimandando per anni la resa dei conti tra le componenti che sostengono la dittatura: par- tito, monarchici, gerarchie ecclesiastiche, esercito, potere economico. Ma la corda sulla quale il franchismo è in equi- librio precario sono già gli Alleati a tenderla. L’equilibri- smo, al quale Franco è costretto suo malgrado, finisce per favorirlo tanto verso gli angloamericani che verso le classi dirigenti spagnole. Al contrario, gli omologhi italiani delle classi dirigenti spagnole, proprio per lo sbilanciamento ec- cessivo causato dalla scelta bellica del duce, vanno via via 3 privando il regime di quel consenso del quale ha beneficiato con larghezza nel corso del ventennio. È dunque in questo ambito che va cercato il segno distin- tivo delle relazioni ispano-italiane nel periodo che trattiamo in questo lavoro. Il fascismo, che sfida la Società delle Na- zioni in Etiopia, già con la guerra di Spagna si avvia alle sec- che di un conflitto mondiale che non solo o non tanto in ter- mini geopolitici ne segna la fine, quanto ne sancisce l’incapacità propositiva in politica estera e lo stringe nella morsa tedesca. Mussolini non è ignaro di ciò. Può però solo covare un rancore inespresso verso il führer. Altrimenti crol- lerebbe un castello di carte che sul destino imperiale ha di- segnato l’immaginario collettivo nazionale. Dichiara guerra alla Francia, la pugnalata alla schiena di André François- Poncet, per non restare indietro. Poi alla Grecia, per dimo- strare al mondo che è ancora in grado di una politica auto- noma. Quindi all’Unione Sovietica, perché convinto di non poter fare altrimenti – e non solo per la già massiccia pre- senza tedesca nella penisola –, ma anche perché il gesto è conforme alla sua visione strategica e geopolitica della guerra. È un percorso che non può non portarlo a ricalcare le orme del führer, nel cammino che va dal Gran Sasso a Piazzale Loreto. Tenta anche goffi voli, d’azione o di parola, nei Balcani o nel Nord Africa per riportare, via via con cre- scente disperazione, l’alleato tedesco su di uno scenario me- diterraneo sul quale incombono gli Alleati e nel quale il supposto satellite spagnolo non risponde al controllo. Ma perfino nella diversità patente tra il Mussolini giusti- ziato e il Franco che può celebrare il Te Deum della pace mondiale ritrovata, e navigare per ulteriori trent’anni di dit- tatura fino a morire nel suo letto, vi è analogia. Molto unisce 4 l’Italia del tardo fascismo, che perdura e si esplicita con la Liberazione e la democrazia, alla Spagna. Questa, con il suo totalitarismo spurio – ufficialmente rinnegato dall’8 settem- bre in avanti e la data non è casuale –, si rende funzionale agli interessi occidentali e sopravvive così alla guerra. Quanto unisce più di tutto la storia dei due paesi è dunque la continuità dell’eterodirezione delle rispettive politiche este- re. Eterodirezione che travalica i cambi traumatici (quello italiano) o pacifici (quello spagnolo) dalla dittatura alla de- mocrazia, senza modificarne i tratti di fondo delle società, classi dirigenti, rapporti di produzione. Tutto è cambiato, nel Mediterraneo, meno che questo tratto della collocazione internazionale. Troppo piccole, o povere o in ritardo di industrializzazio- ne per essere grandi potenze, ma troppo grandi e rilevanti sia dal punto di vista strategico che da quello economico per es- sere marginali, Italia e Spagna ambiscono finché possono al loro «spazio vitale».