L'archivio Di Gianna Manzini

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L'archivio Di Gianna Manzini PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO QUADERNI DELLA RASSEGNA DEGLI ARCHIVI DI STATO 108 L’archivio di Gianna Manzini Inventario a cura di CECILIA BELLO MINCIACCHI, CLELIA MARTIGNONI, ALESSANDRA MIOLA, SABINA CIMINARI, ANNA CUCCHIELLA, GIAMILA YEHYA MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIPARTIMENTO PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2006 DIPARTIMENTO PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI Direttore generale: Maurizio Fallace Coordinamento scientifico e cura redazionale: Mauro Tosti-Croce © 2006 Ministero per i beni e le attività culturali Dipartimento per i beni archivistici e librari Direzione generale per gli archivi ISBN 88-7125-285-3 Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato Piazza Verdi, 10 00198 Roma Stampato dalla Litografia Varo (Pisa) SOMMARIO Gianna Manzini. Una biografia, di Giamila Yehya 9 Un archivio da ricomporre, di Lorenzo Pezzica 37 Nota 45 Tavola delle abbreviazioni 47 PARTE PRIMA. ARCHIVIO GIANNA MANZINI (ARCHIVIO DEL NOVECENTO, DIPARTIMENTO DI STUDI FILOLOGICI, LINGUISTICI E LETTERARI DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA “LA SAPIENZA”) Introduzione e inventario a cura di Cecilia Bello Minciacchi 49 Introduzione, di Cecilia Bello Minciacchi 51 Struttura dell’archivio 57 Documenti e oggetti personali 58 Amministrazione 60 Corrispondenza 63 Scritti 115 Scritti di altri autori 127 Ritagli stampa 130 Fotografie 134 Appendice 136 PARTE SECONDA. FONDO GIANNA MANZINI (FONDAZIONE ARNOLDO E ALBERTO MONDADORI, MILANO) Inventario. Schedatura analitica e organizzazione documentaria a cura di Clelia Martignoni. Inventariazione informatica a cura di Alessandra Miola e Sabina Ciminari 145 8 L’archivio di Gianna Manzini Nota introduttiva alla schedatura analitica e organizzazione documentaria del Fondo, di Clelia Martignoni 147 Storia del Fondo, riordini e inventariazioni, di Sabina Ciminari 153 Struttura dell’archivio 159 Scritti 160 Corrispondenza 273 Ritagli stampa 288 Varia 303 PARTE TERZA. CARTE E MATERIALE MANOSCRITTO DI GIANNA MANZINI (BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE “VITTORIO EMANUELE II”, ROMA) Inventario a cura di Anna Cucchiella e Giamila Yehya 309 Introduzione, di Giuliana Zagra 311 Struttura dell’archivio 317 Corrispondenza 318 Scritti 321 Ritagli stampa 323 INDICI a cura di Lorenzo Pezzica 343 Periodici 345 Nomi ed enti 349 Titoli delle opere 362 Nota tecnica al cd-rom 375 GIANNA MANZINI. UNA BIOGRAFIA Gianna Manzini (all’anagrafe “Giovannina”) nasce a Pistoia il 24 marzo 1896, da Leonilda Mazzoncini (erroneamente registrata come “Leonida”), casalinga, nata il 22 dicembre 1864, anche lei pistoiese, e da Giuseppe, nato il 7 ottobre 1853 (e non nel 1872, come scrive Manzini in Ritratto in piedi), orafo di antiche origini modenesi, figura di grande rilevanza nella vita e nell’immaginario di Gianna, centrale nella ricostruzione del Ritratto contrito che la figlia gli dedicherà in tar- da età, rievocando le atmosfere della propria infanzia e adolescenza. Anarchico, amico di Errico Malatesta, uomo di altissima levatura morale, Giuseppe Manzini morirà nel settembre 1925 in seguito a un’ag- gressione fascista, sull’Appennino pistoiese, dove era stato esiliato ne- gli ultimi anni della sua vita. Alieno dai modi borghesi vigenti nella famiglia della moglie Nilda, venne da questa allontanato in seguito anche ai disordini provocati tra gli operai (dei quali sosteneva i diritti, inci- tandoli a uno sciopero che all’epoca dette scandalo) nell’azienda del cognato (zio della scrittrice, nella cui casa essa e la madre abiteranno, a Pistoia, dopo la dolorosa separazione), e, dopo un periodo di domici- lio coatto a Porto Ercole, aprì una modesta bottega di orafo e orolo- giaio che gli forniva il poco di cui vivere, negli anni dell’infanzia di Gianna. Nel 1921, dopo varie persecuzioni, processi e condanne, ven- ne mandato al confino a Cutigliano, dove rimase durante il regime fascista (e pure era stato amico di Mussolini, ai tempi dei suoi inizi socialisti), in coincidenza con l’adolescenza fiorentina di Gianna, e qui troverà la morte. Prima della separazione, la famiglia risiede a Pistoia in Via Ventura Vitoni (Via del Vento, dove si trovava anche la tipografia di Alighiero Ciattini, l’amico di Manzini che stampava i fogli anarchici a cui questi collaborava), al numero 3, e in Via Curtatone e Montanara, nei pressi di Via della Madonna, mentre la bottega di Manzini si trova proprio in Via degli Orafi, e sarà frequentemente luogo di convegno con i com- 10 L’archivio di Gianna Manzini pagni di fede anarchica, riunioni alle quali Gianna bambina si troverà spesso ad assistere nei molti pomeriggi trascorsi con il padre («quasi tutti i giorni»), quando i genitori si erano già divisi («Doveva essere talmente isolato, nella bottega di via degli Orafi, nonostante l’andiri- vieni dei compagni»). Bambina «gracile», figlia unica, divisa tra l’affetto e le attenzioni dei genitori, tanto diversi e separati forse loro malgrado, Gianna abita dunque presso la casa dello zio, con la madre, la zia Ersilia e le cugine Lavinia e Lina, mentre il padre, solo, si trasferisce in una «camera d’af- fitto […] al terzo piano, nel corso, vicino al teatro Manzoni, con la finestra in faccia agli orti, i famosi orti di Pistoia». Fin da piccola di salute delicata, si ammala di «tosse convulsa», «e, più o meno, mi ri- mase addosso». A partire dalla quarta elementare frequenta le scuole pubbliche; in anni molto più tardi rievocherà l’iniziazione ai «paradisi della sintassi» ad opera della professoressa Morselli, alla scuola media di Pistoia, che le spiegò gli usi della punteggiatura («in quel momento, m’innamorai della prosa», scriverà in Un uovo fra due virgole, raccolto nel volume del 1963 Il cielo addosso1) e compie gli studi inferiori al Liceo Classico Niccolò Forteguerri. Si laurea al Magistero, a Firenze, con una tesi sulle opere ascetiche di Pietro Aretino. Intorno al 1916 infatti, ormai ventenne, con la madre lascia Pistoia per trasferirsi a Firenze, «in una pensione di via Maggio nei primi mesi», poi nella casa in Oltrarno di Borgo San Jacopo 33, dove Gianna abite- rà in seguito col marito, il letterato-giornalista fiorentino Bruno Falla- ci, sposato il 20 dicembre del 1920, col quale si trasferirà poi sul Lungarno Archibusieri, al numero 4. La città immediatamente le «dette alla testa»: Prospettive che, illusoriamente, mi spiegavano un presente, il mio, illimi- tato […] Che specchio generoso, quella città, che alfabeto particolare. […] La nuova città, Firenze, mi abbracciava, mentre io l’abbracciavo. Godetti la felicità d’essere viva su quel lastricato, fra quelle pietre, rasente a quel fiume, gettata, raccolta e sostenuta nel suo multiplo movimento. Fui l’orecchio ap- poggiato a un’enorme conchiglia. E la città mi si raccolse, orecchio compia- 1 Ma il racconto era già stato anticipato, col titolo Un uovo sul vassoio, sul «Gior- nale di Sicilia», il 22 settembre 1955 e, col titolo Un colpetto al destino, sulla «Gazzet- ta del Popolo», il 21 ottobre 1961. Gianna Manzini. Una biografia 11 cente e favoloso, sul cuore. Palazzi, pietre, muri, mi diventavano oroscopi. […] In pieno gennaio, è primavera; e sono innamorata. Così è. Punto e basta (da Ritratto in piedi). Una città-specchio, città-alfabeto, città-oroscopo: da subito Firen- ze le appare «innamorante», e contiene già tutte le premesse per la scrittura, e per la magia che ne deriverà. Una città-sintassi. In una tar- da rievocazione diaristica, così l’autrice ricorda le emozioni di quella scoperta: Natale 1968 […] La scoperta di Firenze coincise con l’inizio della mia giovinezza (16 anni). La scoperta della biblioteca naz.[ionale] (ricordo che dovetti dire una bugia su gli anni: me ne aumentai 2) fu come avere a disposizione tutti i continenti. Gli studi cosidetti superiori che autonomia, che esultanza, che formidabile promozione a una vera età maggiore. Di quel periodo: finestre, glorie delle finestre: quelle della scuola, quelle della mia casa, tutte le finestre dalle quali potevo contemplare sia Firenze che il cielo. E l’Arno. Amicizie. Letture. Incontri con autori moderni. Roba extra-scolastica. Papini e La libreria della Voce vicino a piazza San Marco. “I pesci rossi” di Cecchi nella vetrina di Beltrami e, finalmente, miei. La facciata del duomo su cui misuravo la mia vera temperatura. Vale a dire capivo se ero innamorata o no (cosa bellissima da spiegare: ma non ho più tempo). I miei gatti di allora. Truffaldino (un certosino tutto grigio con zampe d’argento). Poi Rubattino. Infine l’amore: un ragazzo poco maggiore di me (4 anni maggiore) che poi diventò mio marito. Qualche anno più tardi, rievocando in modo distaccato e insieme nostalgico le proprie radici fiorentine, che sono innanzitutto radici let- terarie, Manzini annoterà ancora nel Diario: Un giorno bisognerà che scriva del mio rapporto con Firenze. Quella città mi autorizza ad essere me stessa. Lì mi riconosco. Un tempo fu un peno- so riconoscermi. Ora non più. Perdo ogni incertezza, sono spedita in ogni pensiero, so muovermi, risolvermi. Capisco che cosa fu la mia giovinezza e, ad onta di tutto, ne sono fiera. Quelle distanze mi sono accessibili; da quelle distanze deriva alla mia gior- nata un ritmo che s’intona al mio; quei colori e quelle linee corrispondono per lo meno a certe mie cadenze mentali; mi viziano, mi restituiscono i miei vizi, e con essi il mio brio. Vizi in senso di abusi di persuasioni, forzature di compiacimenti. Nell’albergo mi sono lagnata perché la camera aveva una finta finestra: un metro di spazio e poi il muro. Il portiere disse: «Ma non vede che c’è il 12 L’archivio di Gianna Manzini rampicante: e pare un giardino?» Su una lurida grondaia penzolavano poveri ciuffi di foglie. Nella consolazione del rampicante c’è un lato della gentilezza – ironica e patita gentilezza – fiorentina che mi piglia il cuore, anche se un po’ la disprezzo perché ci scorgo una povertà accivettata, un gusto di fare del sacrificio uno scherzo con una mossetta smorfiosa: tutto ciò ha dato luogo a tanta cattiva letteratura da Franchi a certo Pratolini; Cicognani ci ha dato dentro; con più Palazzeschi.
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