Amedeo De Vincentiis Battaglie Di Memoria
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Amedeo De Vincentiis Battaglie di Memoria. Gruppi, intellettuali, testi e la discontinuità del potere papale alla metà del Quattrocento. Con l’edizione del regno di Leodrisio Crivelli [A stampa Roma 2002 (Roma nel Rinascimento) @ dell’autore – Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, www.retimedievali.it]. ROMA NEL RINASCIMENTO 2002 1 INDICE INTRODUZIONE : DISCONTINUITÀ 1. GRUPPI 1.1. Le reliquie di Pio II 1.2. Strategie 2. TESTI 2.1. Battaglie 2.2. Il regno 3. TRADIZIONI 3.1. Aronne, le gemme e latiara 3.2 Storie EPILOGO APPENDICE I Le gemme di Paolo II. Interpretazioni tra XV e XVI secolo APPENDICE II Il De regno di Leodrisio Crivelli. Testo e traduzione FONTI BIBLIOGRAFIA 2 INTRODUZIONE : DISCONTINUITÀ Gli storici hanno proposto diverse date di nascita dello stato della chiesa nel medioevo. Tra queste, il papato di Gregorio Magno, quello di Innocenzo III, quello avignonese 1. E, nel XV secolo, il definitivo ritorno dei papi a Roma nel 1420 2. A partire da questa data, in effetti, i papi si impegnarono ad affermare la loro autorità con costanza nei domini della chiesa. Si posero così all’avanguardia nella schiera dei principi cristiani intenti a intensificare il controllo su territori e sudditi. Tuttavia, quando la competizione tra potenze nello spazio politico europeo si andava facendo sempre più serrata, il papato dovette fare i conti con una sua debolezza, peculiare rispetto agli altri principati, connessa alla natura stessa della istituzione. Sentiamo in proposito la voce di un papa veneziano della fine del XV secolo. La sera del 28 febbraio 1471, verso le sette, il fiorentino Gentile Becchi venne ricevuto da papa Paolo II. Becchi doveva consegnare una lettera del suo signore Lorenzo dei Medici al pontefice e sondarne le intenzioni 3. Il papa lesse la lettera. Lodò la prudenza di Lorenzo, ben lontana da una certa veemenza del padre. Quindi interrogò l’ambasciatore sul sostegno concreto di Firenze a una eventuale crociata. Becchi cercò di tergiversare, accampando le ingenti spese sostenute dalla sua città per contrastare gli attacchi del condottiero Bartolomeo Colleoni. Il papa si mostrò comprensivo, offrì il suo aiuto. Voleva tranquillizzare l’ambasciatore e il suo signore sulla solidità del legame tra Firenze e Roma. «Fasemo più che non possiamo», assicurò: l’amicizia con la chiesa era sicura e «stabile» 4. Appena pronunciata questa parola però il pontefice si rese conto di essersi esposto a una facile obiezione. Si affrettò dunque a prevenirla, togliendo all’ambasciatore le parole di bocca: Vu dirì: ‘O la Chiesa per la morte dei pontefici non varia ella?’ Digho che nella terra de’ zieghi Argo è che z’ha uno ochio. Nil perpetuum sub sole . Et anchora sempre il subcessore vorà mantegnere el facto so. Et 1 Vastissima la bibliografia in proposito, per gli snodi citati si v. almeno G. Arnaldi, Alle origini del potere temporale dei papi , in Storia d’Italia , Annali , 9, La chiesa e il potere politico , a cura di G. Chittolini- G. Miccoli, Torino 1986, pp. 45-71 e Id., Le origini del Patrimonio di S.Pietro , in Storia d’Italia , dir. G. Galasso, 7/2, Torino 1987, pp. 3-151; Innocenzo III . Urs et Orbis , a cura di A. Sommerlechner, Roma 2002, da un punto di vista particolarmente significativo, F.M. Bischoff, Urkundenformate im Mittelalter: Grösse, Format und Proportionen von Papsturkunden in Zeiten expandierender Schriftlickeit (11.-13. Jahrhundert) , Marburg an der Lahn 1996; G. Mollat, Les papes d’Avignon , Paris 1965 e Aux origines de l’Etat moderne. Le fonctionnement administratif de la Papauté d’Avignon (actes de la table ronde, Avignon 23-24 janvier 1988), Roma 1990, cfr. anche A. Vasina, Il periodo avignonese nella storiografia degli ultimi decenni , in Aspetti culturali della società italiana nel periodo del papato avignonese (Atti del XIX convegno di studi, Todi 15-18 ottobre 1978), pp. 11-48. 2 P. Partner, The papal state under Martin V. The administration and government of the temporal power in the early Fifteenth century , London 1958; M. Caravale, Lo stato pontificio da Martino V a Gregorio XIII , in Storia d’Italia , dir. G. Galasso, 14, Lo Stato pontificio. Da Martino V a Pio IX, Torino 1978, pp. 3-138; P. Prodi, Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna , Bologna 1982. 3 Sulla intricata situazione diplomatica di quei mesi R. Fubini , Gentile Becchi tra servizio mediceo e aspirazioni cardinalizie, e una sua intervista bilingue a papa Paolo II (1 marzo 1471) (1996), in Id. , Quattrocento fiorentino. Politica, diplomazia, cultura , Pisa 1996, pp. 333-354, che pubblica anche il testo della relazione di Becchi a Lorenzo dei Medici, pp. 350-354. 4 Cit. ivi, p. 351. 3 quando non volesse ha sempre presso chi ne lo po storre, che non acade così con altro prinzipe 5. La conversazione attesta che il problema della discontinuità del papato era moneta corrente nelle valutazioni politiche del tempo. Certo, Paolo II sottolineava che la precarietà era un elemento comune a tutti gli stati6. Inoltre, l’incognita delle successioni al vertice accomunava il papato al suo contraltare ideologico tradizionale. Pure l’impero infatti era una monarchia elettiva. Ma ormai nell’occidente cristiano l’impero si avviava a diventare una potenza tra le altre; anche per i papi, che sempre più frequentemente avevano dovuto fronteggiare la concorrenza di altri principi europei. Questi però si erano dotati da tempo di meccanismi di trasmissione del potere che favorivano una maggiore continuità, attraverso regole dinastiche sempre più stabili. E i piccoli principati italiani che circondavano i domini dei papi si sforzavano di seguire il loro esempio. Non a caso dunque Paolo II, passando dal generico al concreto, vantava una caratteristica del sistema politico della chiesa di Roma che in qualche modo ne arginava la discontinuità, esaltando la funzione di raccordo tra un papato e l’altro svolta dal collegio cardinalizio e dalla curia nel suo insieme. In realtà però, da un pontefice all’altro, la continuità a Roma non era affatto scontata. E i primi a constatarlo erano proprio gli uomini di curia. Se tale discontinuità poteva costituire uno svantaggio nella competizione tra gli stati europei, il potere dei papi aveva però altre frecce al suo arco. Quando nel 1440 Lorenzo Valla terminò il suo opuscolo polemico contro il potere temporale dei papi, si trovava al sicuro presso la corte di Alfonso V di Aragona. La sua opera era stata patrocinata dallo stesso sovrano, allora in forte contrasto con papa Eugenio IV. Ma Valla continuava a non sentirsi del tutto sicuro: contro «i dardi invisibili» della potenza dei papi non vi erano rifugi certi 7. Attaccare il papa si pagava con un «doppio terrore», speculare alla natura della sua autorità, temporale e spirituale 8. Un’autorità virtualmente sconfinata, pronta ad essere esercitata ovunque venisse accolta. Nei fatti però Valla poteva ancora ritenersi al sicuro stando lontano da Roma, giacché durante il XV secolo i papi si impegnarono ad intensificare il loro controllo soprattutto all’interno dello stato, per plasmare una forma di dominio originale che mirava a controllarne non solo i corpi dei sudditi, ma anche le loro coscienze 9. 5 Ibid. il riferimento scritturale è a Ecl . 2, 11. 6 Indicazioni generali in I re nudi. Congiure, assassini, tracolli ed altri imprevisti nella storia del potere , (Atti del Convegno di studio della Fondazione Ezio Franceschini, Certosa del Galluzzo, 19 novembre 1994), a cura di G. M. Cantarella- F. Santi, Spoleto 1996. Sulle percezioni della discontinuità del potere papale anche in epoca successiva, R. Ago, Carriere e clientele nella Roma barocca, Roma 1990, pp. 43,82, 88, ricco di suggestioni anche su altri aspetti. 7 Cito dal §.1 del De falso credita et ementita Constantini donatione: «Quique invisibilibus me potestatis sue iaculis persequatur, ut ire possim dicere: “Quo ibo a spiritu tuo et quo a tua fugiam facie?”, nisi forte putamus patientius hec esse laturum summum sacerdotem, quam ceteri facerent». L’edizione di riferimento è W. Setz, Lorenzo Valla schrift gegen die Konstantinische Schenkung, ‘De falso credita et ementita Constantini donatione’. Zur Interpretation und Wirkungsgeschichte , Tübingen 1975; uso la traduzione di O. Pugliese in Lorenzo Valla, La falsa donazione di Costantino , Milano 2001, p. 61 che si fonda sul testo edito da W.Setz. 8 «Verum non est causa, cur me duplex hic periculi terror conturbet arceatque a proposito», ivi, §.2, Valla, La falsa cit., p.63. 9 Prodi, Il sovrano cit. Ancora a metà del XV secolo i papi si concentrarono nel rafforzamento del controllo dei sudditi nei propri domini, puntando piuttosto a esercitare la loro influenza nei rapporti con gli altri stati italiani attraverso l’assegnazione dei benefici ecclesiastici locali, A. Prosperi, “Dominus beneficiorum”: il conferimento dei benefici ecclesiastici fra prassi curiale e ragioni politiche negli stati 4 Tra queste due caratteristiche della monarchia papale si può scorgere un legame di compensazione. L’esaltazione delle qualità sacrali del sacerdote principe, trasmesse intatte da Cristo a Pietro e ai suoi successori, contribuiva a sminuire almeno sul piano ideale l’aleatorietà di un sistema elettivo. Da tempo anche i rituali legati alla persona del pontefice avevano cercato a loro modo di armonizzare i due aspetti. Contrariamente a quanto avveniva in altre corti cristiane, infatti, a Roma i sovrani pontefici dovevano morire anche simbolicamente. L’esaltazione della transitorietà corporea dell’individuo che in vita aveva incarnato l’istituzione papale era condizione necessaria alla esaltazione della sacralità perenne della carica 10 . Nel XV secolo la ritualità della corte pontificia accentuò questo messaggio. Allo stesso tempo però un’altra ritualità, tramandata da secoli nelle strade di Roma, si accaniva a sottolineare ogni rottura provocata dalla morte di un papa attraverso saccheggi che colpivano i suoi beni e quelli degli uomini a lui legati 11 .