Università Degli Studi Di Padova Politica Estera E Colonialismo Nell

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Università Degli Studi Di Padova Politica Estera E Colonialismo Nell Università degli Studi di Padova Dipartimento di scienze storiche, geografiche e dell'antichità Corso di laurea Magistrale in Scienze Storiche Politica estera e colonialismo nell'opinione pubblica in età giolittiana. «Il Gazzettino» di Venezia, 1911 Relatore: Prof. Enrico Francia Laureando: Michele Iseppi Matricola: 1040945 Anno accademico 2015-2016 INDICE Introduzione p. 3 CAPITOLO PRIMO: LE POTENZE 1.1 La corsa dei giganti p. 9 1.2 Funamboli tra giganti p. 24 1.3 Da funamboli a saltimbanchi p. 35 1.4 Cambiare per non cambiare p. 41 1.5 La rivincita del saltimbanco p. 48 CAPITOLO SECONDO: CULTURA E IMPERIALISMO IN ITALIA 2.1 Nel «nuovo secolo» verso lo «Stato nuovo» p. 57 2.2 La crisi del liberismo e la necessità imperiale p. 61 2.3 Una coscienza coloniale p. 65 2.4 Presentare l’impresa p. 72 2.5 La stampa nazionale p. 84 CAPITOLO TERZO: VENEZIA 3.1 La nobile decaduta p. 101 3.2. L’eccezionale stabilità p. 106 3.3. La «discesa in piazza» p. 109 3.4. La destra modernizzatrice p. 112 3.5. La stampa p. 120 1 CAPITOLO QUARTO: IL GAZZETTINO 4.1 Gli occhi d’altri p. 127 4.2 Libia: non pervenuta p. 129 4.3 Il vicino d’oriente e l’autodeterminazione nazionale p. 133 4.4 Il lungo respiro p. 141 4.5 L’omologazione p. 148 APPENDICE p. 173 FONTI, BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA p. 187 2 INTRODIZIONE Nel corso dell’Ottocento la guerra acquisisce un protagonista: l’opinione pubblica. Questa novità ha varie madri tra cui il maturare dello spirito nazionale, la politica liberale che porta ad un maggior coinvolgimento dei cittadini nella vita dello stato, lo sviluppo della stampa e l’abbattimento dell’analfabetismo. L’intento di questo studio è stato quindi quello di gettare uno sguardo sul maturare dell’opinione pubblica italiana in merito alla guerra. È noto che a spingere il governo Salandra alla scelta interventista nella prima guerra mondiale fu anche una serrata campagna stampa. Quando però si possa individuare una sviluppata attenzione nel pubblico dibattito alle tematiche della guerra e della politica estera in generale è argomento che la storiografia deve ancora approfondire. Per farlo bisogna volgere lo sguardo soprattutto al seguito avuto dalle politiche coloniali, unico campo in cui gli stati europei tra 1870 e 1914 hanno potuto concentrare il proprio attivismo espansivo frustrato in continente da una situazione ingessata. Nel caso italiano l’espansione coloniale inizia timidamente negli anni Ottanta, ha un’infelice esperienza negli anni Novanta e si ripropone con più successo ad inizio secondo decennio del nuovo secolo. È proprio studiando il caso libico che si è pensato di dare seguito ad una segnalazione di Nicola Labanca1 che costatava come se alcuni studi erano stati fatti sul comportamento delle principali testate nazionali mancassero sia uno studio generale sull’argomento che un’approfondita analisi delle realtà minori. Questo è il solco nel quale la presente tesi si inserisce. La realtà che si è deciso di prendere in esame è stata quindi il Veneto, regione nella quale mancano, a conoscenza di chi scrive, studi specifici. Essendo il Veneto una regione, oggi come ad inizio Novecento, priva di quotidiani d’importanza nazionale verso il cui studio puntare con decisione, si è cercato di individuare le testate, o la testata, più adatta. La ricerca ha quindi volto lo sguardo verso Venezia, città lungamente egemone del panorama locale sia dal punto di vista politico che da quello culturale e città storicamente votata verso l’esterno, verso l’espansione della propria area d’influenza. In tale contesto, ricco di produzioni giornalistiche d’ogni tipo, un prodotto spicca per le sue peculiarità: «Il Gazzettino». Innanzitutto questo è l’unico quotidiano veneziano presente a inizio Novecento ancora in vita, la qual cosa ha portato allo sviluppo di una bibliografia, per quanto modesta, decisamente superiore a quella delle altre testate. Bibliografia 1 Nicola Labanca, La guerra italiana per la Libia: 1911-1931, Il mulino, Bologna 2012, p. 257. 3 peraltro fortemente carente sull’argomento ed il periodo presi in esame. In secondo luogo «Il Gazzettino» è l’unica testata a riuscire ad affermarsi su tutto il territorio regionale, mentre le altre non riescono ad espandersi, o non provano nemmeno, oltre i confini della città o della provincia di appartenenza. Inoltre è particolarmente interessante il pubblico a cui il proprietario-direttore destina il giornale, proprio quella cittadinanza, composta dai nuovi ceti cittadini, operai e impiegatizzi, che da pochi anni sta entrando nella vita pubblica e inizia a leggere il giornale per scoprire il mondo oltre la quotidianità della vita e che in questa realtà deve essere indirizzato. Infine «Il Gazzettino» è un caso unico anche per la sua collocazione politica ed economica. A dirigerlo e a detenerne la proprietà è Gianpietro Talamini, un irredentista anticlericale e moderato-progressista slegato da ogni partito e da ogni legame politico vincolante che possano influenzarne in modo eterodiretto la linea editoriale. Oltre a ciò, in un periodo in cui il mondo della stampa sta cambiando attraverso una maggiore complessità delle strutture aziendali che porta ad un accentramento della stampa giornaliera sui grandi centri editoriali a scapito della stampa provinciale, «Il Gazzettino» continua ad ampliare il proprio pubblico e riesce a mantenersi economicamente indipendente anche dai nuovi gruppi finanziari che iniziano ad interessarsi alla stampa e ad influenzarla. «Il Gazzettino» è quindi il caso studio veneto migliore sia per la vastità e varietà di pubblico che raggiunge, arrivano a 100 mila al giorno le copie vendute nel 1911, sia per la sua indipendenza, che per il contesto bibliografico del quale gode. Individuata la fonte più adatta da studiare era necessario padroneggiare il contesto storico e l’oggetto in questione. Da qui la struttura della tesi che ricalca il percorso di studio compiuto. Innanzitutto è stato necessario chiarire il contesto generale nel quale lo studio si colloca: il contesto internazionale imperialista nei suoi aspetti quantitativi, politici e culturali, con le interpretazioni storiografiche ad esso collegate. In secondo luogo si è cercato di comprendere come l’Italia si sia inserita politicamente nel contesto. È stata studiata allora l’evoluzione della politica estera italiana durante il primo cinquantennio del paese, comprendendo come la classe politica non fosse in generale contraria all’espansione coloniale ed anzi ne sia il soggetto promotore e la progetti in modo costante, sebbene disarticolato e con risultati dubbi, almeno a partire dai primi anni Ottanta. Nell’ambito libico però l’interesse diplomatico italiano si focalizza solamente, ma con efficacia, ad inizio XX secolo, nel disperato tentativo di diventare una potenza degna di sedere al tavolo delle grandi senza timori reverenziali. Di questi due argomenti tratta il primo capitolo della tesi. A lavoro ultimato ci si è resi conto che questa parte pur fondamentale 4 avrebbe potuto essere più contenuta, tuttavia essendo frutto del percorso sostenuto non è stata modificata ulteriormente. Chiarita la cornice si è indirizzata l’attenzione verso l’opinione pubblica in merito all’imperialismo in generale e alla questione libica in particolare. Per cercare di comprenderne l’evoluzione è stata quindi necessaria l’osservazione della cultura italiana nel primo decennio del Novecento, argomento di cui tratta il secondo capitolo. A varcare la soglia del nuovo secolo è infatti un paese in ebollizione, in rapida trasformazione economica e sociale, in cui la sensazione e la volontà di rinnovamento è palese. Il decollo industriale, il definitivo ingresso delle masse nella vita pubblica, il livello culturale in rapida ascesa, sono tutte facce di una società che inizia ad interessarsi agli equilibri internazionali e che si interroga sul proprio ruolo, che rinnova il proprio sguardo attraverso le svolte irrazionalista, idealista e nazionalista. Una cultura che mentre entra in crisi il liberalismo si apre più che in passato alle influenze e al confronto col mondo europeo arrivando, in alcune aree, in diverse forme e per diversi motivi, a maturare il desiderio coloniale. Dimostrazione di ciò è la nascita e l’attività di associazioni ed istituti come la Lega Navale Italiana e Istituto Coloniale Italiano, nonché una produzione letteraria molto varia. Messo a fuoco il contesto italiano il percorso di avvicinamento all’interpretazione della fonte è dovuto passare attraverso la conoscenza del suo contesto vitale: Venezia. È così che si titola e di questo tratta il terzo capitolo. La città lagunare era allora, come è oggi, un luogo complesso, unico e affascinante. Ad inizio secolo la fu capitale è ancora alla ricerca di una nuova identità e di un nuovo ruolo dopo la fine del suo dominio. È in sospeso tra la scelta modernizzatrice e quella contemplativa del suo patrimonio e della sua storia. Deve scegliere che tipo di sviluppo cavalcare, in che forme e con che equilibri: quello commerciale, quello turistico, quello manifatturiero, quello industriale e finanziario? Ma a premere è anche la tragica situazione urbanistica, igienica e abitativa, che vede larghe fette della popolazione vivere in condizioni di sovraffollata precarietà, senza acqua corrente, servizi igienici e illuminazione di tipo moderno. Anche per questo si sviluppa velocemente, fino a diventare primo partito cittadino, un attivo Partito Socialista di tendenza massimalista. Eppure, nonostante le difficoltà e le agguerrite opposizioni, Venezia è politicamente una eccezione nel panorama nazionale in quanto, dal 1895 ed ininterrottamente per un quarto di secolo, a governare la città è una giunta clerico-moderata costituita grazie alla lungimiranza del patriarca Giuseppe Sarto e della classe dirigente conservatrice. È in questo contesto che pone le sue basi un gruppo industrial-finanziario che riesce ad indirizzare la città verso una 5 modernizzazione economica e infrastrutturale con rilevanti conseguenze a livello locale e nazionale. Collegato a questo sviluppo e alla storia della città prende forma infatti anche un peculiare spirito imperialista e nazionalista al quale partecipa uno dei maggiori alfieri nazionali, Gabriele D’Annunzio.
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