ANTONINO SAETTA

Antonino Saetta nasce il 25 ottobre 1922 a Canicattì, in provincia di Agrigento. Dopo aver frequentato la Facoltà di Giurisprudenza a laureandosi nel 1944, supera il concorso per uditore giudiziario ed entra in magistratura nel 1948.

Nella sua lunga carriera magistratuale svolge, con riconosciuta perizia, numerosi incarichi, da prima come Pretore di Aqui Terme nonché giudice istruttore presso il medesimo Tribunale; dalla metà degli anni ’50, invece, tornando in Sicilia, lavora come giudice di Tribunale a Caltanissetta e poi di nuovo a Palermo. Nel 1969 è nominato Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sciacca.

Durante gli anni ’70, quale Consigliere della Corte di Appello di Genova, si occupa di importanti procedimenti aventi ampia risonanza mediatica come il naufragio Seagull e le azioni terroristiche delle Brigate Rosse. Poco dopo, Saetta torna nuovamente in Sicilia presiedendo la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta.

Disimpegnando quest’ultimo incarico, il giudice Saetta presiede il collegio giudicante del processo a carico della famiglia mafiosa dei Greco per la strage del giudice . Nonostante i tentativi di condizionamento, il giudice Saetta, accertò le responsabilità criminali e la sentenza che ne conseguì si distinse per un significativo innalzamento delle pene già irrogate nel precedente grado di giudizio.

Successivamente, Saetta, quale nuovo Presidente della prima sezione penale del Tribunale di Palermo, si occupa di un’altra e parimenti drammatica strage di mafia ai danni di coraggiosi servitori dello Stato: l’uccisione del Capitano dei Carabinieri avvenuta a Monreale l’aprile 1980.

Pur di ottenere l’assoluzione dei propri affiliati, in quel contesto di sanguinosa sfida mafiosa allo Stato, “Cosa nostra” provò ancora una volta a intimidire Saetta e il collegio giudicante, manifestando le proprie minacce fin dentro la cancelleria del Tribunale. Ciononostante, non vi fu alcun tentennamento e, pur consapevole dei timori suscitati dagli emissari di Riina in alcuni dei giurati popolari, il giudizio di appello arrivò a sentenza confermando gli ergastoli a carico degli assassini del Capitano Basile.

Come ricorda il giornalista Giovanni Bianconi nel libro “L’assedio”, edizioni Einaudi, la sera del 25 settembre 1988 sulla statale 640 - la stessa strada dell’assassinio del giudice – i mafiosi commentarono la morte di Saetta con le parole: “’Stu curnutazzu non li ha voluti assolvere, e questo gli è toccato”.

Difatti, quel 25 settembre, il giudice Antonino Saetta, in automobile col figlio Stefano di 35 anni, erano sulla strada del ritorno, in direzione Palermo, dopo aver assistito al battesimo del nipotino a Canicattì. Una autovettura di grossa cilindrata li affiancò facendo fuoco con una mitragliatrice sulla fiancata. Antonino e Stefano Saetta morirono sul colpo.

Dalle ricostruzioni, l’azione dei sicari incaricati da “Cosa nostra”, non fu scatenata solamente dalla volontà di “punire” il magistrato per non essersi lasciato influenzare nei processi Chinnici e Basile, bensì, ebbe un ruolo altrettanto determinante il timore che il c.d. maxiprocesso, giunto oramai in fase di gravame di appello, potesse essere assegnato ad un magistrato integerrimo e determinato come Antonino Saetta. Del resto, come testimonia ancora il giornalista Bianconi, immediatamente dopo la notizia dell’assassinio, Giovanni Falcone ebbe a dire: “è un’esecuzione decretata dai corleonesi, e non averlo ucciso a Palermo è solo il tentativo di sviare l’attenzione, per provare a far pensare a qualcosa di diverso tirando in ballo le cosche locali. Ma la decisione viene da lì, e secondo me ha anche fare sia con il processo Basile che con il maxi”.

Nel 1996 sono stati condannati all’ergastolo dalla Corte di Assise di Caltanissetta gli assassini del giudice Saetta.

Lo Stato ha onorato il sacrificio di Antonino Saetta con il riconoscimento concesso dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/1999 a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo.