words in movement through languages & landscapes écritures flottantes entre langages & paysages scritture in movimento tra linguaggi & paesaggi International Literary Magazine

N.4/2010 Luglio/Settembre 2010 international literary magazine www.formafluens.net

Direttore Editoriale / Editor N.4/10 – Luglio/Settembre 2010 Tiziana Colusso

Redattori/Editorial Staff EDITORIALE: MAXXI avventure Manuela Cipri (La Sapienza Università di Roma, di Tiziana Colusso Ass.Eurolinguistica-Sud); Marco De Bernardo

(Anglophone Literatures and Ecocriticism) Paolo CONTATTI FLUDI/ Fluid Contacts ►Mark Guzzi (poet, translator of French poetry); Simo- Strand (USA) interviewed by Luigi Monteferrante netta Pitari (journalist – Italians abroad) (Italy/Canada) ► Remo Remotti (I) intervistato da

Gabriella Maramieri (I) ► Barolong Seboni, Comitato scientifico/Scientific Commitee Laurent Beghin (Institut Marie Haps Bruxelles) (Botswana) a conversation with Lauri Kubuitsile Daniele Comberiati (Université Libre Bruxelles) (Botswana) and the text Spring in Harare/Primavera ad Rino Caputo (Preside Facoltà di Lettere e Filosofia Harare► Entretien avec Gerardo Di Crola Università di Roma "Tor Vergata") (I/France) par Paolo Guzzi (I) Jean-Charles Vegliante (Directeur de Recherches Sorbonne Nouvelle -III) DIALOGHI DI FRONTIERA ► Poesia, narrati- Consulenti / Consultants va e arte degli italiani d’altrove a cura di Simonetta Gualberto Alvino (scrittore, filologo, critico) Pitari – intervista a Fulvio Caccia (Canada/France) Vincenzo Barca (expert Lusophone Literatures) Mrinal Basu Chowdhuri (poet, Kolkata, India) DOSSIER ► Haiku, dialoghi tra Italia e Giappo- Valentina Davidenko (Journalist, Poet, Ukraina) ne (1° parte) Elisa Ceccarelli, La forma haiku – Luigi Monteferrante (poet composer Ita- Haiku in italiano e giapponese di Tiziana Colusso, lia/Canada) Franco Falasca, Paolo Guzzi, Mario Lunetta, tra- Sebastian Schloessingk (poet, editor QUALM duzioni di Daisuke Ninomiya e Paola Mastropa- UK) squa Miroslava Vallova (translator and critic, Slovakia) Traduttori/Translators MATERIALI/Materials (a/z) ► Gualberto Alvi- Michela Della Croce (Spanish) Kim Sambati no (Italy) translates in Italian William Blake ► Lauri (English) Elisa Ceccarelli (Japanese) Kubuitsile (Botswana) Revelations ► Cetta Petrollo Web design – photography Franco Falasca (I) traduite en français par Paolo Guzzi (I) Direttore Responsabile/Legal director Guido Bossa INTERAZIONI/Interactions ►Seni Seneviratne (UK) and Tiziana Colusso (I) : mutual translations [email protected] in El Gouna (Egypt) May 2010 fax +39.06.233201754 PROGETTI SPECIALI / Special projects Il labo- Registrazione Tribunale Civile di Roma n.133 del 10 aprile ratorio di ecocritica “Leggere il bosco” e Forma- 2009 – ISSN 2038-3932 fluens.net lanciano un’antologia su temi ambientali. /Call for papers in poetry and prose for a project on Environ- con il patrocinio di mental Themes

L’ immagine di copertina è di Franco Falasca, ripresa duran- te l’inaugurazione del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma (maggio 2010); nell’atrio interno sono visi- bili (come linee rosse) le installazioni di Maurizio Mochetti: Linee rette di luce nell'Iperspazio curvilineo. Le foto delle pagine interne sono di Franco Falasca, Gerar- I loghi di FORMAFLUENS (logo per il web e logo do Di Crolla, Tiziana Colusso, Silvano Palazzetti, come editoriale) sono rielaborazioni di un'opera pittorica di specificato dalle singole didascalie. Salvatore Giunta. Riproduzione vietata, tutti i diritti ri- servati I diritti dei testi e delle immagini rimangono agli autori e/o di altri aventi diritto, i quali hanno dato liberatoria all’utilizzo in forma tem- poranea e non vincolante.

© ©

2

international literary magazine www.formafluens.net

EDITORIALE ►

MAXXI avventure

di Tiziana Colusso

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

Questo numero della rivista è illustrato da una serie di foto del MAXXI, scattate il giorno dell’inaugurazione. L’apertura di questo Museo delle Arti del XXI secolo ci coinvolge per due ra- gioni: la prima è prettamente logistica, visto che la redazione di FORMAFLUENS è a pochi metri dal museo, in quei palazzi che nelle foto riprese fanno da fondale alle opere del piano superiore, al di là della vetrata aggettante. Questa vicinanza, che ci entusiasma perché ravviva un quartiere piutto- sto spento nonostante la presenza non lontana dell’Auditorium-Parco della Musica, non ha mancato di creare negli abitanti dei popolosi palazzi anni 30 della zona una coda di polemiche “domestiche”, che fanno da contraltare ad alcune polemiche “alte” di architetti e critici d’arte sulla presenza troppo “ingombrante” dell’opera-museo rispetto alle opere esposte. Tra gli abitanti delle strade adiacenti al MAXXI, c’è chi ha protestato per tanto “spreco” (SIC!) di spazio, quando si poteva utilizzare la va- sta area delle ex-caserme per un parcheggio, magari multipiano. E c’è chi è restato sconvolto dalle note arrivate attraverso le finestre aperte nella notte estiva durante uno degli eventi-concerto che si sono tenuti nello spiazzo antistante al MAXXI. A noi non sembrava vero di poter ascoltare un con- certo di musica contemporanea senza muoversi dalla postazione dei computer. Ma altri condomini non hanno apprezzato questa imprevista sovrapposizione ai programmi televisivi proferiti e la dire- zione del Museo è stata sommersa di proteste. Ne abbiamo ricavato - e volentieri accettato - biglietti

3

international literary magazine www.formafluens.net di entrata gratuita al Museo, recapitati in tutte le cassette postali del comprensorio, ma certo il fatto ci ha fatto riflettere …. Si parla di crisi della cultura, di tagli alla cultura, di agonia della cultura: ma quando si crea uno spazio concreto per la vita culturale, c’è sempre chi si prende l’onere di polemiz- zare… Da parte nostra c’è una speranza che è anche una precisa richiesta: che il MAXXI non di- venti un’astronave estranea al quartiere, piombata da imperscrutabili cieli ad ospitare per qualche evento mondano critici narcisisti e autorità attente più all’arte del potere che al potere dell’arte. Se il MAXXI saprà connettere il “locale” e il “globale”, come si usa dire oggi, ovvero coniugare l’ascolto del territorio – ovvero delle sue realtà associative e dei suoi bisogni sociali - e insieme tenere lo sguardo alto sul panorama artistico internazionale, avrà senz’altro raggiunto un MAXXI risultato…

La seconda ragione è semantica, per fluidi accordi. La nostra rivista già dal nome) e dal pro- gramma di “scritture in movimento tra linguaggi & paesaggi”, pone la forma FLUIDA come la stella pola- re della sua esistenza e la sua ragione d’essere. Fluidamente i nostri autori passano da una lingua all’altra, traducono e intervistano altri autori, creano fluide reti con altre riviste e con artisti e scritto- ri di ogni parte del pianeta, dalle cascate del Niagare al Gange, dalle nevi nordiche al molteplice scacchiere africano. Un multilinguismo e multiculturalismo di fatto, non annunciato o teorizzato ma fluidamente agito, scorrendo rapidi senza lamentarsi tra le difficoltà non solo italiane dei settori cul- turali.

Abbiamo scelto come titolo della rivista forma fluens, un’espressione che si trova soprattutto in studi antichi sul moto e la materia e denota ciò che scorre e scorrendo si trasforma, cambiando proprietà e identità. Come dicevamo nell’editoriale del primo numero, andato on line a navigare nel grande fluido mare di Internet nel marzo del 2009, “in questo spazio letterario virtualmente globale, l’espressione forma fluens è diventata in qualche modo lo stemma poetico del movimento come irriducibile vitalità di ciò che caparbiamente esiste e resiste ad ogni tentativo di fermare in una definizione, in una lingua, in un genere, in una biografia, ciò che fluisce indiviso, come il mitico fiume della mistica araba a cui ogni essere umano come umile goc- cia torna dopo la morte. Viaggiando e frequentando lingue e culture diverse, l’immagine della forma fluens è diven- tata poco a poco il simbolo di un état de poésie, di una poetica vitale che continuamente si nutre degli incontri con l’Altro, o meglio gli Altri, plurali e irriducibili: altre lingue, altre geografie, altri orizzonti, altre religioni, altre storie. Così, inevitabilmente, quando è nata l’esigenza non tanto di “creare un’altra rivista” quanto di raccogliere, connettere e rilanciare in fluida rete tutti gli scrittori e le scrittrici incontrati in dimensione diverse di viaggio, il nome di forma fluens si è imposto con la naturalezza delle certezze ormai quasi connaturate”.

A partire da questa concezione del mondo, non può che farci piacere che di fronte alle no- stre finestre sia cresciuta, al posto delle forme squadrate e rigide (in tutti i sensi, fisico e morale) del- le caserme di via Guido Reni, la forma fluida e tutta curve del MAXXI. Solo dall’alto, dalle fotogra- fie aeree, si percepisce l’edificio del Museo in tutto il suo imponente volume. L’impatto visivo a li- vello del suolo o anche di una finestra del quartiere è invece il minimo possibile, si vede qualche li- nea curva di un discreto color cielo nebbioso, oppure la “testa” vetrata che la notte, illuminata dall’interno, sembra un faro per orientare le navi nel buio fluido del mare.

L’architetta che lo ha progettato, Zaha Hadid, lo definisce “un complesso quasi urbano, un modo nel quale tuffarsi più che un edificio”. Il critico Bartolomeo Pietromarchi, in un articolo apparso su FLASH ART, lo definisce come “una forma non-forma, intercambiabile, permeabile, suscettibile, mutabile”.

Ci auguriamo che questa deliziosa fluidità della struttura si rispecchi anche nella sua futura programmazione, evitando ogni sclerotizzazione e ogni sottomissione a logiche estranee al divenire dell’arte, facendone il “Museo Laboratorio” che era in progetto, aperto a tutte le fluide ondate di ar- te e di pensiero che passando da un punto all’altro del pianeta possono lambire anche le fluide curve del Museo adagiato vicino ad un’ampia ansa del nostro fiume cittadino.

4

international literary magazine www.formafluens.net

CONTATTI FLUDI/ FLUID CONTACTS

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

► Mark Strand (USA) interviewed by Luigi Monteferrante (Italy/Canada)

► Remo Remotti (I) intervistato da Gabriella Maramieri (I)

► Barolong Seboni, (Botswana) a conversation with Lauri Kubuitsile (Botswana)

► Entretien avec Gerardo Di Crola (I/France) par Paolo Guzzi (I)

5

international literary magazine www.formafluens.net

Mark Strand (USA)

interviewed by Luigi Monteferrante

(Italy/Canada) MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

Mark Strand is one of the major contemporary American poets as well as an accomplished editor, translator and prose writer, Named the U.S. Poet Laureate in 1990. Strand was interviewed at John Cabot U on 3 June 2010

- What started you writing? - I don't know whether it was one thing that started me writing. I started out as a painter, and I al- ways thought I would be a painter. I went to art school, but it became clear that that was not my destiny. That is what I discovered when I got to art school; there were lots of students there who had as much or more talent than I had, and I'd always been a reader of poetry in my childhood, or rather, adolescence, and gradually I began writing sort of rough notes to poems, then a few poems, then more and more, and I woke up when I was around forty years old and I'd been published with a few books and I was too old to do anything else. - So that's when you were convinced that you could do it. When you first started, and later, what was the most im- portant character trait in writing, what's helped you along? - Persistence. Patience. Not to be satisfied too easily at the beginning. To keep poems around for awhile to make sure they're ready to be seen. - What is your writing process? Do you retire to your room, or is there a moment in the day? - It's changed over the years. At the beginning, I made myself sit down a few hours each day to write, hoping it's a poem I wrote, but very often it was a letter, but over the years I've become lazier about making writing a routine or a habit, so now I write when I feel like it. Now, when I'm work- ing on a book, or once I'm started on a book or project I tend to sit down sometimes more than three hours a day to help push it along, but I sometimes take two or three years without writing any poems.

6

international literary magazine www.formafluens.net

- In fact, last night (at the reading organized and hosted by John Cabot University) you said it's been two years since writing a poem. Are you writing something else? - Well, I'm writing those prose poems, and I've discovered that over this past year or so that I've written about twenty of them, not quite finished, but when I'm writing something else, I'll jot down notes that seem like they might become a poems someday and I've accumulated a bunch of those. - Who influenced you early on? - Wallace Stevens. I remember reading him in high school, Thirteen Ways of Looking at a Blackbird, and being not merely impressed but dazzled, and Elizabeth Bishop, Robert Lowell, those were my earliest influences. - And through the years? - Wordsworth. Re-reading Wordsworth carefully, having to lecture about the Prelude has meant that I've re-read it several times. A poet I think is a great poet is an American poet named Emily Dickin- son who has not influenced me at all. I don't think it's possible to be influenced by her because her style is so idiosyncratic, unless you want to sound exactly like her, but those are the big influences. But people forget there are other influences as well. Parents influence you. Friends influence you. Novels influence you, essays you read influence you, and also the events in the world, not that you write about them directly. - How has your training in the visual arts influenced your way of writing, or vice-versa? - It gave me respect for the formal enterprise of making art. Art is not life. Art has a separate identi- ty. To a certain degree it's artificial. Painting is a made object; so is a poem, so I think the attention one pays to form in one art can carry over to what one does in another art. - Do you paint? - No, because I'm no good at it. - Have you written for theater? - No, I never have. It's something I'd love to do, but every time I'd start a play, it's just a monolo- gue. It's only character, one single voice. I just don't have the gift, or the intelligence, that one needs for writing plays. I've never written a novel either. I would like to do that. I think that maybe it's more within my capacity, but here again, it could be a very bad novel that I write. - You don't know unless you try... - I wrote a book of short stories, and they're not very good. - If you were to write a novel, what would it be? Characters, plot, situation? - I have an idea for an art world novel, in which there's a huge scam involved, and a lot of ambition. I went to art school. It would begin with characters in art school, those who are driven by honora- ble motives, and those who are driven by the desire for money. - And stardom. How do you know when a piece is finished? - Sometimes I don't. Sometimes I have to put it away and look at it a month later and decide: does it need more work? Is it done? - So, is it instinct, a gut feeling, or because it makes you sleepless, you wake up in the middle of the night...? - No, no. Sometimes when I'm working on something a certain excitement is generated, and I got to work at it right away. It doesn't keep me up but I'm ready in the morning to work. Very often I'm just bored with something I'm writing and I can't think of anything else to do to it. If it remains ter- rible or lousy, I'll just throw it away even if I may have worked on it for a month. I just feel that it's unsalvageable. - When you go back to read an old piece, how often are you surprised, whether it be a feeling of pride or disappoint- ment? - I'm rather happy when I read my early poems because some of them are pretty good, but people who reject their early poems are rejecting themselves in a way. I'm the same person. I've grown old- er, but if I said that everything I wrote when I was younger is no good, I would be saying or judging my earlier self in too harsh a way, and not giving my earlier self credit for producing the self I am today, or the writer I am. - In looking back, do you see a coherence in your work?

7

international literary magazine www.formafluens.net

- Yes. It's amazing I discover one central theme that keeps coming back from an early poem: whe- rever I am/I am what is missing/this is always the case. In another one: in the field/I am the ab- sence of field/this is always the case. - Where does that come from? - I don't know. Maybe because I moved a great deal as a child. It may be that I feel that the world can get along very well without me - In a life dedicated to writing, to poetry, is there anything you feel you gave up? - I didn't give up anything. I gained access to a world that I feel is privileged: the world of the im- agination. - So, on a sunny day you turn your back to an open window? - Well, no. There's a balance one sort of strikes in one's life. I mean, it's a beautiful day I'll go out in- to it; otherwise I'd be a maniac. What is your greatest joy? - My children. My close friends. - What is the greatest line of poetry you can remember? MARK - I have a poor memory, but there are many great lines, but there is a line from Waiting for Godot, not a poem, but I play, that I've used and that I like: 'Nothing is more real than nothing.' - A blank page. What is the one book you would take with you to a desert island? - I think Auden was asked this, and he said: the dictionary. I think I'd probably take the Oxford English Dictionary, all 24 volumes. - That's cheating. Or Shakespeare's Collected Works. That's cheating too. - Yes, maybe, yes. - When and where have you been happiest? - I've been happy in many places and unhappy in many places, sometimes in the same place and at the same time. I had a very happy childhood. I'm happy now. I'm happy in . I always seem to be happy when I'm in Rome. - You lived here in 1960. - I came to Italy as a Fulbright student. I was to study in , but I liked Rome better. - And have you been coming back? - I've come back. It took me fifteen or sixteen years, but then I came back a dozen times for a week or two, but now that there's a shortage of money everywhere, including in my pockets, my trips be- come infrequent. - What do you look forward to on waking? - Dinner. - What is the last book you read? - The last book I read was a novel by Ian McEwan. - Solar? - Yes. - Do you read much? - I read a lot. I read the newspaper, magazines, a couple of books a month. - Which books have you promised yourself to read, and haven't yet? - Oh, God. I've never finished Proust, but I want to. I love it. I started... - How far did you get? - First three volumes. And I've never read all the plays of Shakespeare. I haven't read all of the Can- terbury Tales. Those are big books. - Do you read other poets or writers when you're writing? - I don't read other poets, but I'll read the papers. - Five novels you can't live without. - There's no one I couldn't live without, but five writers I think are great writers are: Philip Roth is a great writer. Charles Wright, my contemporary, is a great poet. Joey Graham is the most powerful poet writing today, anywhere probably. I think Ian McEwan is a terrific writer especially Enduring

8

international literary magazine www.formafluens.net

Love and Atonement. Both those books are very good. There are quite a few. Don Delillo is a good writer. - You were born in Prince Edward Island, in Canada, lived in for awhile, traveled a lot; where is it you call home? - Right now it's New York. I'm a New Yorker but I carry the landscape of Nova Scotia with me. I spent summers in Nova Scotia, most all of them, and so that seaside is what I drawn on. - How would you characterize your poetic voice? - The middle voice. It's a middle voice. - What do you think of critics, and what is your relationship to them? - I have none. - Academia? - I don't have any friends who are real academics. I am a parasite in academia. - How so? - I am not a Ph.D. I am not a dottore. I think I'm more broadly educated than most academics who have a specialty. There are people who teach English who don't know anything about the world of art or music. It's appalling really. They have a very narrow, constricted area of interest. - Why do you teach? - I like to teach and I think poetry should be disseminated. - And what's the most important lesson you try to convey to your students? - Keep an open mind. - Looking back, do you think: had I done this, or had I done that? In other words, crossroad? - I used to. Now it'd be ridiculous for a seventy-six year old man to think: I should've been a waiter, or I should've been a tennis player. If only I'd taken lessons when I was nine-years old, there's no telling. I might have been one of the greatest tennis player that ever lived. Or I should've gone to Hollywood! - Yeah. - What do you teach? - I teach literature and creative writing, but I teach literary figures I like. Kafka, Stevens, Becket. I've taught Calvino, Landolfi. I taught Emily Dickinson, Walt Whitman. - Has teaching affected the way you write? - No, it's another thing. - Mentors? Wallace Stevens, I suppose? - He influenced me, yes, but I had three great teachers. In college, Nolan Miller who made me feel I could be a writer. Then in art school: Josef Albers, and he was great. Then I went to the Iowa Writ- er's Workshop where Donald Justice, who's a fine fine poet, convinced me that I was a poet, really. - Protegees? - I have a lot of old students who have become poets, some of whom are very good poets, but it's kind of boasting. - The Great American Novel? - Moby Dick. - The poem you have not written? - You tell me. Okay, the next one. - Is there a project you've put off because you're not ready to confront it for whatever reason? - As one gets older one's energies are somewhat depleted, and one does not have the stamina to en- gage in huge projects. I'm reconciled to the fact that I'm a minor poet, one who's written a lot of short poems, a couple of longer poems, but big projects in the future? No. The biggest project I have in mind is a novel, and it won't be a long novel. Do you rely more on your eyes or inner ear? - I speak my poems as I'm working on them out loud, but writing poetry is not looking out, but looking in. It's not really pictures that I'm describing. It's words that suggest the possibility of other words that eventually create a world, but it's a verbal world. Poetry suggests; it doesn't delineate.

9

international literary magazine www.formafluens.net

- Is art, or the life of the artist or poet, a faith, a religion? - It's preferable to religion. A poem asks you to believe only for the length of time you're reading it. A religion asks you to believe it for your life, and for your salvation. A poem never says: read me and I'll save you; if you reject me, you're going to be damned forever. A poem is kind of benign. Re- ligion is potentially horrific. - Is the act of writing a faith? - You have to have faith when you're writing a poem. You have to believe that it's not ridiculous, and sometimes that's difficult, but in order to finish a poem you have to be convinced that it's going somewhere, that it's worth working on, because poems take a long time. I don't think anybody writes anything they don't believe in. I don't believe it's possible. - So, it's not an affliction or a curse? - No, it's a privilege. - What do you say to a stranger you meet at a party or in the street, and they ask you, what do you? - I used to be ashamed of saying I was a poet for fear they would think I was overly emotional or unstable, but now I say I'm a poet. - The funniest reaction you ever got? - It used to be that people, when I said I was a poet, they would look over or look around to see if there was anyone else they could talk to, in order to escape, but the funniest reaction was a woman on a plane who sat down next to me and asked me what I did. I thought I'd get rid of her, because one doesn't want to talk on a plane, so I said I was a poet; only she jumped up and said: Oh, well, I'm a poet, too! And then I knew I was... - In for a long eight hours. - Horrible - If you had to paint tomorrow, what would you paint? - I have no idea. I'd wait until tomorrow. - Who are you? - I am who I pretend to be. - And who would that be? - Mark Strand. - Thank you very much, Mr Strand.

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

10

international literary magazine www.formafluens.net

Remo Remotti

intervistato da Gabriella Maramieri

Provo molta simpatia per lei. Credo che sia una persona umana capace di gentilezza interiore, oltre che un arti- sta che parla di sesso senza mezzi termini e che descrive la fisicità del corpo con passione e, a volte, anche con feroce i- ronia. Però devo porle qualche domanda che comporta da parte sua una sorta di complicità. Proviamo a fare una chiacchierata stravagante. È disponibile? Sono pronto. Nel suo ultimo libro (“Con Remotti alla ricerca di Dio”, Edizioni Noubs) lei parla di fede, di trascendenza, di riti collettivi in cui la vita e la morte si confrontano per trasformare il dolore in elemento di forza. Mi sembra di vedere un atteggiamento religioso in tutto questo: lei crede in Dio? Pur non seguendo alcuna pratica religiosa, posso dire che l’idea del divino mi abita incondizio- natamente. Ma l’essere abitato da questa idea non ha attinenza, certo, con la religione cattolica, con il “peccato”, con il timore di ricevere la punizione dal cielo, bensì con un sentimento del trascen- dente “giocoso”. Ovvero con un profondo collegamento a quella forza magica che ci rende capaci di resistere allo sfacelo, al dolore... Forza magica? Sì. Anche nei momenti peggiori, se vogliamo, possiamo attingere a quella forza magica che è in noi e che ci spinge istintivamente di nuovo verso la gioia. Quanto più riusciamo ad attivare questa forza magica, tanto più ci è possibile vivere in uno stato di congiunzione con il divino, con il cielo. Il cielo è l’equivalente di uno stato d’animo positivo che ci permettere di esprimere quanto di noi vi è di più nobile ed elevato. In che modo? Ad esempio, imparando a sorridere dei nostri difetti, ammettendo i nostri limiti e anche quelli degli altri. Qualcuno mi dice qualcosa di sgradevole che mi dà fastidio? Il problema è suo, non mio. Una volta che ho reagito, magari anche con una parolaccia, mi giro dall’altra parte, mi sintonizzo con qualcos’altro. In questo modo mi ricollego con la gioia, con i pensieri positivi, con la salute, con il benessere. Ognuno di noi dovrebbe dire a se stesso: amo vivere e la vita mi darà quello di cui ho bisogno. Bussate e vi sarà aperto. Chi ha fede, sa quello che vuole e lo otterrà nella misura in cui si impegnerà a ottenerlo, senza usare come mezzi altre persone, senza vivere nel rancore, senza perde- re la capacità di amare. Ma avere fede vuol dire soprattutto avere fede in se stessi, volersi bene, ri- spettare gli altri, amare la vita. Amare significa essere felici. A proposito di amore, abbiamo tutti bisogno d’amore. Lei di quanto amore ha bisogno?

11

international literary magazine www.formafluens.net

Una bella domanda. L’amore è il motore dell’universo e coincide spesso con la gioia di vivere. Io ho sempre sentito molto forte in me la gioia di vivere, quel sentimento che congiunge il sé al tut- to. E ho sempre avuto un grandissimo bisogno di amare e di essere amato. Amare significa sapere ascoltare gli altri, vivere la sessualità in modo armonico, con semplicità, con istinto e, soprattutto, con affetto. Quando si ama, ogni momento è sacro, ogni gesto è grazia e si diventa più consapevoli di essere parte del tutto. Il rapporto con l’altro è un ponte che mette in contatto la terra con il cielo. Il sesso è naturale. Non è né sporco, né animalesco in nessun caso, quando non c’è prevaricazione. Poi, quando è unito all’amore, si eleva a qualcosa di divino. La pura verità è che il sesso è il punto di partenza dell’amore. Il sesso è l’inizio del viaggio verso l’amore. La trasformazione dell’energia ses- suale, la fioritura dell’amore proviene dal seme del sesso. Ma non tutti lo ammettono. L’inimicizia verso il sesso distrugge ogni possibilità di amore. Il fiume dell’amore è chiuso all’interno dell’uomo: lo si deve liberare. L’amore è energia pura. Il perbenismo ha imposto all’uomo una lotta tra sé stesso e la sua energia. L’energia primaria del sesso porta in sé il riflesso di Dio. Il sesso è l’energia che crea nuova vita, è la forza più grande e misteriosa che esista. Durante l’orgasmo la mente si svuota di o- gni pensiero e questo vuoto mentale è fonte di una pioggia di gioia divina. All’uomo è stato insegna- to ad opporsi ai propri istinti sessuali. Il sesso invece dovrebbe essere elevato alle vette più pure. Il sesso è anche divertimento: in fondo è un ottimo sport! L’amore, nel senso più ampio del termine, non è un bisogno, ma un traboccamento, un lusso, un’abbondanza. Significa possedere così tanta vita che non sai più cosa farne, quindi la condividi. Significa avere nel cuore infinite melodie da can- tare, che qualcuno ascolti o meno, è irrilevante. Anche se nessuno ascolta, devi comunque cantare, devi danzare la tua danza. Molti riescono ad amarsi senza sesso. In quel caso non sono i corpi che si incontrano: sono le anime. Cambiamo argomento. Ha un buon rapporto con il denaro? No. Spendo sempre tutto. I soldi per me hanno senso solo se servono a essere felici. Quando viveva mia madre ho anche rischiato di essere diseredato dell’appartamento dove vivevo, perché lei mi accusava di spendere tutto con le prostitute. Per la psicanalisi questa tendenza a dissipare denaro, esprime una personalità autodistruttiva… È quello che diceva anche mia madre. Io, però, come forse si deduce dal mio precedente libro (“Diario segreto di un sopravvissuto” Einaudi ed,) mi sono sempre reputato un uomo positivo, ot- timista, felice, innamorato della vita, innamorato del mondo e di tutti i suoi abitanti. Nonostante gli errori e i casini con le donne. Nonostante le paure. Ha paura della vecchiaia? La vecchiaia non esiste! È un concetto borghese. Se preghi… io prego, anche se non sono reli- gioso. Se sei in contatto con le energie del cosmo. Sei fai palestra tutti i giorni. Se non fumi e non ti droghi, a 86 anni te ne senti 24! E poi l’arte aiuta. Ti permette di continuare a giocare con la creativi- tà, ti aiuta a stupirti ancora... Cosa pensa dell’arte contemporanea? È caotica e incoerente. Ma la sua forza sta proprio nella coerenza di tanta incoerenza. L’arte deve domandare o rispondere? L’arte, la vera arte, quando è tale, non solo pone domande, ma riesce a creare continuamente nuovi interrogativi. La scrittura in particolare, se è buona, suscita nel lettore domande stimolanti che lo spingono ad andare sempre un po’ più in là, sempre un po’ oltre il rischio della banalità… Mi faccia i nomi degli artisti che stima. Sono tantissimi. Non farò nomi. Lo ritengo inutile. Ma l’arte contemporanea valida è veramente un totem, un quadro di Picasso, un collage, una sintesi dove non c’è più il senso del divenire, dove tutto è rappresentato in modo sincronico, in un tempo ridotto al grado zero. Questo si avverte in tutte le espressioni dell’arte, non solo nella pittura, ma anche nella musica, nella poesia, nella lettera- tura e in altri tipi di scrittura. In un certo senso, la profezia futurista si è avverata, perché il mondo in cui ci muoviamo è caratterizzato dalla simultaneità. Per quanto riguarda il mio personale itinerario artistico, sia nella pittura che nella scrittura, ho sempre cercato di sperimentare nuovi percorsi, con l’intento di fare aderire il più possibile il mio modo di vedere le cose – il mio linguaggio – alla realtà

12

international literary magazine www.formafluens.net rappresentata. Secondo lei, oggi, c’è ancora speranza di cambiare il mondo? C’è ancora l’entusiasmo di prendere le distanze da una condizione sentita da tutti come insoddisfacente, e mettersi insieme per progettare un futuro diverso? La gente è stanca, ma non rassegnata. Il progetto di cambiare il mondo è un progetto perenne, che non si attua né in dieci giorni e neanche in dieci anni. È vero che non trovando più l’energia di sostenere qualcosa che ancora non c’è e che bisogna costruire faticosamente, molti purtroppo cer- cano solo la sicurezza. O peggio, si lasciano prendere da una nostalgia del passato falsamente rassi- curante. Creare un mondo più giusto è difficile, richiede l’impegno di tutti. Che cosa la infastidisce di più? La stupidità, l’ipocrisia, gli atteggiamenti dogmatici, la mancanza di umorismo. La mancanza di umorismo è una cosa tremenda. Dove non c’è umorismo non c’è umanità, non c’è libertà, non c’è quel giusto distacco, quella giusta distanza da se stessi. Come diceva Ionesco mi pare, dove non c’è umorismo, c’è in agguato il campo di concentramento. Cosa significa coltivare l’umorismo? Sorridere di se stessi. Guardare le cose da un nuovo punto di vista. Ma, soprattutto, smetterla di continuare a vedere il mondo secondo certezze dogmatiche. L’umorismo è un modo per mettersi in discussione, per ricordarsi che la verità non sta solo da una parte. Crede nel destino? Credo nel destino che ci creiamo noi, con il nostro atteggiamento, con le nostre scelte. Lei ha iniziato a dipingere a 30 anni, è diventato attore a 50 e scrittore a 60. Se dovesse definirsi con una paro- la? Sono un umorista. Un altro mestiere che le sarebbe piaciuto fare? L’architetto. A cosa sta lavorando? A un libro sulla vecchiaia. Cosa significa la morte, per lei? È una cosa necessaria. Abbiamo il dovere di morire. Dopo aver vissuto, però. E, possibilmente, dopo aver vissuto bene!

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

13

international literary magazine www.formafluens.net

Barolong Seboni (Botswana)

a conversation with Lauri Kubuitsile (Botswana)

At the end of 2006, Motswana poet Barolong Seboni was contacted by Marisa Cechetti, an Italian translator and poet, who had read some of Mr. Seboni’s poetry. She liked it and was interested in translating his poetry into Italian and having it published in Italy. Mr. Seboni agreed and the collaboration began. In May of this year the book from this collaboration, The Disquiet Air of the Kalahari, was published. It is a collec- tion of forty of Seboni’s poems written over the last thirty plus years. Barolong Seboni is a senior English lecturer at the University of Botswana in Gaborone, and is one of Botswana’s most accomplished poets. He has a masters degree in English literature from University of Wisconsin- Madison and in 1993 he was the poet-in-residence at the Scottish Poetry Library in Edinburgh. He was also a participant in the pres- tigious University of Iowa Interna- tional Writing Programme in 2003. He is a founding member of the Writers Association of Botswana (WABO) and currently its chairper- son. He writes a weekly humorous column for the country’s only na- tional, private daily newspaper, Mme- gi, about the fictional shebeen The Nitty Gritty. He also has a weekly arts and culture radio show on GabzFM in Gaborone.

Mr. Seboni started writing poetry during his second year at uni- versity and almost immediately he found publishing success in the Uni- versity of Botswana literary journal Barolong Seboni (middle) handing out prizes to secondary school students Marang and later in South Africa in © 2007 photo Tom Holzinger

14

international literary magazine www.formafluens.net

Donga Magazine and the anthology The Return of the Amasi Bird.

He has three published collections of poetry: Images of the Sun (University of Wisconsin, 1986), Lovesongs (Morula 1994) and Windsongs of the Kgalagadi (Macmillan 1995). His poetry is widely antholo- gized around the world, especially in academic texts in South Africa. Lately, Mr. Seboni has ventured into play writing.

Speaking about the process of translating his poetry into Italian, Seboni said that he and Cechetti communicated though email when she came across parts of his work that needed further clarification. In most cases it involved cultural words such as kgotla (the traditional meeting place and court in Botswana) and other background information.

The entire process of translation, finding a publisher, and the time taken for the design and printing of the book took just over three years. Seboni is proud to be at the front when it comes to putting Batswana poets on a world-wide stage. “This is a milestone,’ he said. “For her (Cechetti) and me, but also for Botswana as well.”

He says the book is primarily targeted at Italian uni- versities offering African studies courses. People know little about the small, stable Southern African country of Botswana and Seboni’s poetry will give people a different insight into this fascinating coun- try, a success story of Africa. “It can only be a good thing to have our stories and experiences and poetry shared in this way,” Seboni said. “You never know what might happen.”

Concerning the state of poetry in Botswana, Seboni said, “It’s growing steadily.” But he admitted, “There is a lack of quality publications.” At the same time, performance poetry is on the increase. Poets such as TJ Dema and Andreattah Chuma are working hard and producing some powerful work. But they tend not to publish their work in book form, rather opting for recording on CD.

The Disquiet Air of the Kalahari of Barolong Seboni is published in Italian translation by LietoColle and is available on their website (www.lietocolle.info)

From that book we report a text, in English and in Italian translation

15

international literary magazine www.formafluens.net

Spring In Harare Primavera ad Harare

There are no seasons Non ci sono stagioni In Africa, they say in Africa, dicono Only steaming hot summers solo calde estati che fumano Of thunderous clouds burdened di nubi tonanti gonfie With rain of the conventional type di pioggia del tipo convenzionale And wintry nights whistling e notti invernali che fischiano Over the yellow sands of the Kgalagadi. sulle sabbie gialle del Kgalagadi.

They say there are no seasons Dicono che non ci sono stagioni In Africa, only a hurricane in Africa, solo un uragano That whirls through the bush che sibila attraverso la boscaglia Like a gigantic spinning top come una vetta gigantesca che ruota Leaving broken walls and roofless lasciando muri infranti e capanne Huts in its wake, sradicate al suo risveglio, Or the hungry harmattan o il famelico harmattan Eating away the life-giving land che divora la terra vitale Of the herdsmen, leaving it bare and desolate. dei mandriani, lasciandola nuda e desolata.

You say there are no seasons in Africa, Tu dici che non ci sono stagioni in Africa, Do you forget the raging winds of autumn dimentichi i venti furiosi d'autunno That shed the laurels of Rhodesia? che hanno sparso gli allori di Rodesia? Do you not remember the dusty wind Non ricordi il vento polveroso That slapped two-faced Zimbabwe-Rhodesia, che schiaffeggiava lo Zimbabwe-Rhodesia bifronte, Spitting and stinging, singing the song con soffi e flagelli, cantando il canto Of future harvests? di raccolti futuri? Was it not the autumn wind Non era questo il vento d'autunno Seasoned'by the will of the people? maturato dalla volontà della gente?

Tell me again that Dimmi ancora che There are no seasons in Africa, non ci sono stagioni in Africa, And I will show you the yellowing e io ti mostrerò le foglie che ingialliscono Leaves of the English rose among della rosa inglese in mezzo Mophane forests, green with vigour and strength, alle foreste di mophane, verdi di vigore e forza, I will show you the withering petals ti mostrerò i petali che appassiscono Of the protea under the sizzling sun of the Namib. della protea sotto il sole bollente di Namibia. Say there are no seasons in Africa, Dimmi che non ci sono stagioni in Africa, I will show you the fading colours of imperial flags; ti mostrerò i colori languenti delle bandiere imperiali; Red, white, royal blue and the paling orange rosso, bianco, blu reale e pallido arancio Losing its lustre in the heat of the moment: che perdono ora il lustro nel calore: Weather-beaten crevices of the colonial monuments. screpolature dei monumenti coloniali segnate dal tempo.

There are no seasons in Africa? Non ci sono stagioni in Africa? We say spring is here today Diciamo che oggi è qui la primavera Come take a stroll with us venuta a far due passi con noi Down Harare or Bulawayo way. giù da Harare o da Bulawayo. Let the benevolent breeze soothe La sua brezza benevola vi consoli Your nostrils with the aroma le narici con l'aroma Of abundant flora in bud, di abbondante flora in boccio, Open out your arms to embrace spalanchi le vostre braccia ad accogliere The newfound freedom breezing il soffio recente di libertà Through the cities and war-weary villages, attraverso le città e i villaggi sfiancati dalla guerra, And catch the purple confetti floating and falling e afferri i coriandoli di porpora che fluttuano e cadono On tree-lined pavements, roofs and cars; su marciapiedi alberati, tetti ed automobili; A festival of flowers in Harare today, un festival di fiori oggi ad Harare, Spring has come to Zimbabwe to stay: primavera è venuta in Zimbabwe per restare: Jacaranda is in full bloom. la jacaranda è in piena fioritura.

16

international literary magazine www.formafluens.net

Entretien avec Gerardo Di Crola (Italie/France) par Paolo Guzzi (Italie)

Gerardo Di Crola, Haïti, triptyque, stampa su metallo, 90x40 cm, anno 2010

Di Crola, artiste Italien, travaille et vit à Paris depuis 1968

Paolo Guzzi : A quelles motivations répondait ta décision de t’installer en France, à Paris ? Gerardo Di Crola : Les conditions économiques que connaissaient alors ma famille ont été à l’origine de cette décision. Après le décès de mes parents, mon frère ainé dut endosser le rôle de chef de famille. C’est lui qui le premier vint à Paris –en 1964- puis, quelques mois plus tard, m’invita à le rejoindre. A ce moment, j’avoue qu’au plan artistique, j’aurais préféré la ville de … - Qu’as-tu trouvé à ton arrivée à Paris ? - Mon premier séjour n’a duré que 3 mois. J’avais trouvé un logement dans le quartier huppé du 8ème arrondissement, à deux pas de l’Arc de Triomphe. A cette époque, je ne vis dans les galeries de Paris que les représentants conventionnels de la pein- ture traditionnelle au milieu desquelles l’avant-garde semblait se résumer à Picasso ! C’est pour échapper à cette tristesse qu’au terme de ces 3 mois, répondant à un impérieux « Courage, fuyons » je retournais à Salerno où, me semblait-il, soufflait plus fort le vent de la modernité ! Ce n’est donc qu’en janvier 1968, lors de mon retour à Paris, que j’ai découvert l’ARC* au Musée d’art moderne. Parallèlement, j’ai eu la chance, à l’occasion d’une conférence à l’Institut culturel ita- lien, de rencontrer Lucio Del Pezzo, dont je devenais rapidement l’assistant. Ma décision de demeu- rer à Paris est née de cette double rencontre. - De quelle manière as-tu débuté ta carrière à Paris ? - J’ai tout d’abord exercé une activité très en vogue à cette époque à Paris : celle d’artiste-opérateur culturel. Inscrit à l’association des peintres et sculpteurs italiens de France, j’organisais, au sein de

17

international literary magazine www.formafluens.net l’Institut culturel italien que dirigeait alors Dottore Caruso des expositions d’artistes internationaux, tels que Hans Stalder, Bory. Jean-Jacques Lebel, Montesano, Salvo, ainsi que le philosophe Alain Finkielkraut avec une conférence de Pierre Restany. Il était important d’être parmi les acteurs de la culture. Ma première prestation, en tant qu’artiste, a lieu en 1973, lors d’une des premières biennales de Paris. - Quelle est la différence avec ce qu’il se passe aujourd’hui ? - Malgré les années, je continue de voir les choses avec la même jeunesse d’esprit, la même curiosité. Ainsi, j’adhère totalement à l’assertion du philosophe allemand Peter Sloterdijk, qui prétend qu’aujourd’hui un philosophe peut parfaitement être également Commissaire d’une exposition, tant il est vrai que l’art contemporain doit être pensé comme un discours à part entière et non comme une simple illustration. Je pense en effet qu’un hybridisme constructif est préférable à une en- nuyeuse tautologie. Pour cette raison, j’ai intitulé un récent manifeste : « Dicrola-Hybride », ce qui n’est que l’avatar cohérent du classement d’artiste caméléon auquel je n’ai en fait jamais dérogé - sauf en apparence- tout au long de ma carrière et qui fut toujours la condition première de ma liber- té. - Comment définirais-tu l’art en Italie, au moment où tu as quitté le pays ? - L’art italien en était resté au futurisme de Mari- netti. Mon adolescence fut influencée par Boccio- ni et par le métaphysicien De Chirico, avec lequel j’ai entretenu une correspondance, ce qui contribua très forte- ment à l’élaboration de mes choix ultérieurs et notam- ment, en France ceux de Marcel Duchamp et de l’Arte Povera. - Quelles rencontres, à Paris, ont été déterminantes dans la structuration de ton travail ? - Parmi les rencontres d’importance, je peux ci- ter le marchand d’art et directeur de la Galerie de France Gildo Caputo, Lucio Del Pezzo, Gui- do Biasi, Gina Pane, Giovanni Lista, Jean – François Bory , Yvon Lambert, Gian Marco Montresano, Peter Klasen, Jean-Jacques Lebel, Jean Le Gac, César, Jean Lesniewski, Christian Boltanski, Christian Rigal, Julien Lebel, Jacques Dongguy, Carlo Prosperi, Ada Lombardi, Gé- rard-Georges Lemaire, Antonio Furone, Gilles Deleuze, Felix Guattari, Jean Bodeillard, Lucre- zia de Domizio-Durini,Buby durini et beaucoup d’autres ! - Comment ton art a-t-il évolué jusqu’à aujourd’hui ? - Aujourd’hui : ce mot résume ma philosophie. Le « Carpe diem » du poète Horace. En fait, de- puis que j’ai fait « table rase » en 1968, rien n’a changé. L’instant, le présent, l’existence, le mou- vement continu, l’interactivité ! Je suis opposé à l’immobilisme, au statisme. - Où en es-tu aujourd’hui ? - Aujourd’hui ? Toujours aussi curieux ! L’artiste doit être attiré par l’art, avant d’attirer ensuite l’art à lui-même par réciprocité. Une osmose doit se créer entre l’un et l’autre et aboutir, par amalgame, à ne plus constituer qu’un seul corps. Au

18

international literary magazine www.formafluens.net terme du processus, l’artiste se transforme lui-même en œuvre d’art, c’est ma conviction. Mon art a toujours évolué dans le droit fil d’une même philosophie, mais en empruntant des habits différents. On parle ici de la pure plasticité empruntée au théâtre : la performance, le corps comme oeuvre vive et parfaite, considérés au travers du prisme de mes glaces éphémères, rouilles interac- tives, photo et vidéo, autant de traces d’événement ayant eu lieu. Mon unique clé : l’éclectisme. - Quelle influence Paris a-t-il exercé sur ton travail ? - J’ai essentiellement été influencé par les philosophes, ainsi que par la découverte de la poésie vi- suelle. Les artistes qui m’ont le plus profondément marqué ont d’abord été les précurseurs de « l’Arte povera » italien. - Dans quelle ambiance se trouve le monde artistique à Paris et quels sont les rapports des artistes avec les institu- tions ? - A Paris les institutions m’ont beaucoup aidé. En France, le métier d’artiste est reconnu comme une profession à part entière. J’ai moi-même rapidement obtenu de l’administration l’attribution d’un atelier comportant un appartement à des conditions très avantageuses, ainsi qu’une couverture sociale. Enfin, cette même administration française, nonobstant cette « italianité » que je n’ai jamais cessé de revendiquer, m’a décerné la médaille de Chevalier des Arts et des Lettres. Pour ce qui est de l’ambiance artistique, elle me semble caractérisée par une attitude largement tautologique. Je re- connais néanmoins que quelques artistes –reconnus ou non- produisent un travail intéressant en al- lant puiser ailleurs l’inspiration : à New-York, à Londres, à Berlin ou à Bruxelles… Mais on vient tout de même d’ouvrir un second « » à Metz, en Moselle…

*Animation-Recherche-Confrontation. L’ARC est une structure qui a été créée au sein du Musée d’art moderne de Paris en 1966.

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

19

international literary magazine www.formafluens.net

DIALOGHI DI FRONTIERA ► Poesia, narrativa e arte degli italiani d’altrove

a cura di Simonetta Pitari

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca sullo sfondo un’installazione di Fabio Mauri, Il muro occidentale o del pianto, 1993

20

international literary magazine www.formafluens.net

L’art de la méthode, c’est la méthode de l’art

Fulvio Caccia intervistato da Simonetta Pitari

«Certi libri – come quelli di Caccia - ci trascinano verso luoghi imprevisti, flottando tra realtà e finzione, disegnando abilmente la trama di singolari sdoppiamenti di personalità. Rifrangenze di specchi che ci rimandano la nostra stessa immagine. Questi libri ci svelano un po’ del loro mistero senza mai concedersi troppo alla curiosità del lettore. Come un gruppo di individui che si ritrag- gono da uno sguardo troppo insistente» - (Dominique Blondeau).

Scrittore, poeta, saggista italo-québécois. Militanza transculturale da Montréal a Parigi: «Viceversa» e «Observatoire de la diversité culturelle». Narrativa, luogo della trasfigurazio- ne culturale. Emigrazione, experimentum linguae. La repubblica meticcia. «Le voyage».

Engagement

Non è facile intervistare un intellettuale prolifico come te, che in poco più di vent’anni ha svariato tra la militanza transculturale, la saggistica storico-politica, la critica letteraria, la poesia e la narrativa. Siamo di fronte a un caso di sopravvivenza di un engagement tipico di certi intellettuali francesi oppure a una versatilità interdisciplinare post mo- derna? Un modo di essere presenti e attivi nei diversi luoghi di confronto delle idee nelle odierne società multietniche? Ad ogni modo, quale forma espressiva senti sia più adatta al tuo impegno?

«Direi prima di tutto che mi ritrovo nella prospettiva di un engagement intellettuale alla francese, come dici. Oggi lo spazio in cui si muove la società civile è minacciato in modo radicale. Più che mai la minaccia, già intuita da Pasolini, è costituita dall’omologazione dell’uomo da parte forze del libero mercato, marché, che sta sciogliendo gli ultimi legami che lo collegano alla civiltà. Occorre, dunque, rielaborare questo contratto sociale-intellettuale, ed è questo che mi ha spinto ad una militanza tran- sculturale. Purtroppo, questa causa rimane isolata e marginale. La ragione è semplice: non è legata a un siste- ma classico di potere territorializzato. In quest’ottica la narrativa rimane per me il luogo della trasfigurazione culturale per eccellenza. È stata una lenta evoluzione: ho iniziato con la poesia, poi mi sono esercitato nel racconto breve tra- mite la saggistica e, finalmente, sono andato verso il romanzo: come un fiume va al mare. In effetti

21

international literary magazine www.formafluens.net il filo narrativo, come un filo d’Arianna, era già presente nelle mie poesie, un filo interrotto, spezza- to, ma che ho cercato di riallacciare alla mia esperienza. Il romanzo mi permette di tenere insieme addirittura tutte le forme, lasciandomi comunque libero di fronte ad esse. Il romanzo è la forma più compiuta dell’ironia. Perciò il mio progetto etico-estetico è quello di tirare il lettore da questa parte della linea gotica e farne il co-autore della storia che sta leggendo, come è sempre stato».

Poco più che ventenne eri già in prima linea nelle battaglie culturali a Montréal, un centro molto vivo e aperto sulle questioni del multiculturalismo e delle dinamiche interetniche. Alla fine degli anni ottanta, tuttavia, hai deciso di la- sciare il Canada e di trasferirti a Parigi. Per quale ragione hai compiuto questo passo? La forza del richiamo delle tue origini europee o il ritorno alle radici culturali e linguistiche del Québec? Il fascino di una delle capitali culturali del mondo, al quale non hanno resistito tanti altri intellettuali americani, o la scelta di un osservatorio di più ampio orizzonte? Ma Parigi è ancora oggi un punto importante di confluenza delle culture mondiali o sotto questo profilo si è formata una rete policentrica nella quale sono attivi più laboratori interculturali, tra i quali il Canada?

«Tante domande in poche righe! Ragioni personali e professionali si sono intrecciate in modo tale da indurmi ad attraversare di nuovo l’Atlantico. In parole povere, avevo bisogno di un riferimento che non fosse solamente lo spazio infinito dell’America: il tempo europeo. Paradossalmente l’Italia, quella immaginata, si è allontanata man mano che si avvicinava quella reale: parlo molto meno l’italiano, anche perché l’assimilazionismo nazional-repubblicano francese lascia poco spazio alle differenze. Ciò detto, Parigi rimane l’ultima sfida per chi, come me, scrive in francese. La Ville Lu- mière ha perso parte del suo fascino e il suo spazio letterario si è assai ridotto. La crisi dell’editoria si fa sentire in modo acuto. Parigi “c’est la belle endormie”. Però rimane la “Ciudad letrada”, la “cité des lettres” di forte risonanza internazionale. Come diceva Regis Debray, parole dette o scritte a Pa- rigi possono avere un’eco nel mondo. Il laboratorio socio-culturale vero oggi si trova ai margini del territorio parigino: gli arrondissements dell’est e dell’ovest e le periferie più vicine, come quella del Dipartimento della Seine-Saint-Denis, dove abito, logorato tra violenza e invenzioni culturali. Il mio progetto iniziale era ritrovare i luoghi d’incontro simili a quelli che avevano permesso l’emergere di una rivista come «ViceVersa» in Canada e così contribuire all’ampliamento di quella re- te policentrica che esiste, ma che ruota soprattutto intorno ad individui o a piccolissimi gruppi. Pur- troppo finora non è stato possibile. Il peso delle culture nazionali, il modo in cui inchiodano gli in- dividui ai soliti territori disciplinari e identitari, si fa sentire molto di più che in America».

Emigrazione, experimentum linguae

I tuoi primi lavori sono orientati verso autori italo-canadesi. Penso a Quêtes: Textes d’auteurs italo-québécois (1983), scritto con Antonio D’Alfonso, e a Sous le signe du Phénix. Entretiens avec quinze créateurs italo-québécois (1985). Anche nei tuoi successivi approfondimenti critici sulle scritture migranti, che collochi tra esotismo ed eclettismo, proponi diversi nomi di scrittori di origine italiana tra quelli che hanno dato impulso e fluenza a questo fenomeno: Tonino Be- nacquista, Jean-Claude Izzo (Francia), Nino Ricci (Canada, Ontario), il gruppo dei quebecchesi, tu stesso. Ce ne sono altri che segnaleresti? Questa ricchezza di riferimenti, a tuo avviso, dipende dalla grande estensione territoriale che l’emigrazione italiana ha avuto o anche da qualche elemento più interno alla cultura degli italiani, come l’inclinazione al confronto e al dialogo? Ma, a pensarci, è poi vero che la cultura italiana è così avvezza a proiettarsi verso altri orizzonti?

«La domanda è molto giusta e pertinente. Mi sembra che sia legata al destino stesso della lingua ita- liana. Quando Dante definisce l’eloquenza volgare, che non è ancora lingua nazionale ma il sogno della lingua della poesia, la descrive proprio come una “lingua pellegrina che domanda ospitalità in ogni città” dove si reca. In questo senso, l’italiano è già una lingua che si trova al di là dell’esilio, al di là della Storia, ossia una lingua delle odierne migrazioni.

22

international literary magazine www.formafluens.net

All’opposto del colonizzato che subisce la conquista di uno Stato straniero, l’emigrante sceglie di partire e di diventare uno straniero. Però nella percezione di coloro che lo vedono arrivare nel loro paese, l’emigrante realizza la sua italianità proprio nel momento della sua mutazione. Essa diventa un’esperienza intima, interiorizzata, che si concretizza nel momento in cui scrive ai familiari per convincerne qualcuno a partire. La lingua italiana, parlo di quella scritta e non di quella orale, riaf- ferma così l’italianità di coloro che sono partiti e che purtroppo non sono più italiani. Paradossal- mente, al contrario della condizione postcoloniale, la condizione postemigratoria fonda una identità denazionalizzata, comune denominatore di tutte le culture, ossia della transcultura. Perciò si può af- fermare che l’emigrazione è, innanzi tutto, un “atto di lingua” un experimentum linguae. Come lingua “debole”, nel senso datogli dal filosofo del pensiero debole Gianni Vattimo, l’italiano fuori d’Italia compie meglio il destino stesso della propria alterità, come esperienza del “trasumanar”, intravisto all’origine dallo stesso Dante. “Transculturar”, “trasumanar”, la stessa lotta? Con tutta la prudenza retorica che la circostanza ri- chiede direi di sì. Il “trasumanar” di Dante non sfocia nel superuomo, fabbricato dalla volontà di potenza teorizzata in seguito da Nietzsche e poi più tardi strumentalizzato dallo Stato nazista, si trova proprio all’opposto dello Stato, cioè al di là della cittadinanza di cui lo Stato è regolatore. Si pone al margine (Valéry), ai bordi di ciò che diventerà il continente nascosto della modernità, il cui scopritore è proprio Dante, che fa dell’esperienza della lingua il luogo della trasfigurazione della condizione umana. Alla lingua madre, alla lingua volgare, corrisponderebbe dunque una lingua paterna, divina, straniera che sarebbe la causa, la condizione della città terrestre; essa avrebbe la funzione di impostare la leg- ge, e dunque la parola, come distinta dalle cose, dalle “cose terrestri”. Insomma, come spiega lo stu- dioso e amico canadese Robert Richard che ha dedicato bellissime pagine a Dante, la legge della cit- tà non deve sorgere dal funzionamento della città, come esige un certo liberalismo; la legge, la causa, deve nascere piuttosto da una estraneità che circola addirittura nella città stessa, un’estraneità che ne costituirebbe il cuore intimo. Questa estraneità sarebbe Dio, ossia il testo letterario o l’arte in gene- rale. È proprio questo che Dante ha scelto di esprimere nel sintagma eloquentia volgare. Per dirlo in modo più diretto “non è la lingua nazionale che Dante inventa, ma una lingua straniera” (R. Ri- chard, L’émotion européenne: Dante, Sade, Aquin, Montréal, Varia, 2004, pag. 55)».

La république métis

È ormai un’idea consolidata quella di considerare il multiculturalismo canadese come un’esperienza avanzata ed e- semplare. Eppure, nel saggio La République Métis (1997), risalendo alle origini del multiculturalismo canadese, ne fai una critica serrata. In esso, infatti, richiami alla memoria quella sorta di Masaniello canadese, Louis Riel, fonda- tore di una repubblica métis in Manitoba, che cercava di mettere in discussione il patto di convivenza tra i due imperi coloniali francese e inglese, alla fine vincente. Quel patto ha condizionato la struttura costituzionale del Canada e ha impedito la nascita e il riconoscimento di altre identità, diverse da quelle ufficiali. Allargando il concetto di meticcio a tutti quei popoli che hanno concorso a sviluppare il Canada, e sono tanti, tu pensi sia un errore considerare popoli fondatori solo i francesi e gli inglesi. Come si collocano gli italo-canadesi in questa revisione critica della storia del Ca- nada?

«Il Canada è nato dello spartizione di un impero coloniale bicefalo: l’impero francese e quello ingle- se delle Americhe. Come tutti gli imperi, anche quello era multiculturale. Non è un caso, infatti, che una canadese haitiana, collaboratrice tra l’altro della rivista «ViceVersa», sia stata nominata governa- trice generale del Canada, ossia capo di Stato. La revisione critica di queste origini finora non è mai stata veramente affrontata. Perché? Perché il modo in cui è stato concepito e realizzato il progetto statale canadese, sotto il controllo del Parla- mento inglese negli anni sessanta dell’Ottocento, è legato alla corruzione generalizzata delle élite, e- videnziata alla fine degli anni novanta da un giovane storico, Stéphane Kelly, in La petite loterie. Que- sti vantaggi di classe, tuttora operanti, hanno un costo: l’omertà sulla nazione o sull’idea nazionale.

23

international literary magazine www.formafluens.net

E un corollario: l’interiorizzazione del monarchismo liberale anglosassone. È proprio su questo sfondo che si colloca il multiculturalismo canadese. Per permettere di sciogliere gli ultimi legami che il Canada ha con il suo passato coloniale, occorre creare un vera e propria repubblica meticcia. Cosa che non ha voluto capire la classe politica quebec- chese. Per farlo, occorre fondare un partito repubblicano, che non esiste ancora, non a caso. Gli ita- lo-canadesi sarebbero ben disposti a portare avanti, assieme a tutti gli altri cittadini canadesi, un vero progetto repubblicano. Ovviamente, questa non deve essere la rivendicazione di una minoranza o una velleità di ritornare all’impero, come negli intenti del partito repubblicano americano, ma un o- biettivo politico e civile fondato sull’odierna transcultura e sul rispetto delle minoranze».

Militanza transculturale

La ricerca e la sperimentazione multiculturale e multilinguistica sono state per te fin dall’inizio un terreno privilegiato. Ricordo che, assieme a Lamberto Tassinari e a Antonio D’Alfonso, hai dato vita e pubblicato dal 1983 al 1997 a Montréal la rivista transculturale «ViceVersa», che presentava testi in francese, inglese, italiano e spagnolo, senza traduzione. Un’esperienza sulla quale proprio in questi mesi si è compiuto un approfondimento critico in un’opera col- lettanea da te curata, dal significativo titolo La transculture et ViceVersa. A Parigi, hai proseguito su questa strada animando l’«Observatoire de la diversité culturelle» e dirigendo «Combats Magazine - Périodique multi- lingue. Culture. Citoyenneté. Littérature». Tra le due esperienze, vi è una sostanziale continuità di ispirazione e di temi o, invece, il dibattito di questi ultimi anni ha portato motivi di superamento e di innovazione?

«C’è continuità, naturalmente. Ma il momento e il contesto non sono gli stessi. Il progetto vicever- siano si sviluppava sul prolungamento di un’altra grande e vecchia tradizione europea: la république des lettres. Era il disegno di un intellettuale che aveva l’ambizione di raccogliere altri intellettuali at- torno ad un progetto editoriale. «ViceVersa», poi, nasceva negli anni ottanta, nel momento in cui il liberalismo si trasformava in ultraliberismo dando l’avvio alla globalizzazione, con le sue crisi a ca- tena. Oggi siamo alla fine di questa sequenza. La risposta che avevamo dato allora, rimane valida tuttora. Ma la sfida è tradurla in modi di azione politica e culturale da realizzare sul terreno in cui si svolgono e si confrontano questi cambiamenti radicali. La Francia non è il Canada. Il tempo euro- peo pesa nel riconfigurare spazi nuovi di riflessione e di azione in un momento così critico, in cui si sono dissolte le vecchie solidarietà sospinte dalle rivendicazioni e dalle culture operaie. E poi c’è un divorzio più marcato con l’Università e gli intellettuali in generale. Me ne rendo conto con l’«Observatoire de la diversité culturelle». Tutti gli spazi sono già omologati. Sebbene vi siano diver- se associazioni che lavorano e s’impegnano sull’emigrazione, noi siamo i soli a portare avanti questo tipo di riflessione nel Dipartimento più meticcio di Francia, quello della Seine-Saint-Denis. E, per dirla in parole povere, l’élite francese non è abituata a pensare in questo modo: vecchio riflesso gia- cobino. L’educazione rimane il modello insuperabile d’integrazione, senza porsi domande sul con- tenuto. Difatti, i politici francesi non riescono a concepire il superamento dello stato-nazione che avevano creato 200 anni fa. L’avverarsi di una cittadinanza transnazionale, ossia europea, è legato a un pratica transculturale. Essa deve essere un modo di vivere. Quale sarebbero i dispositivi? Creare o favorire la Relazione, come dice anche il grande filosofo martinicano Édouard Glissant. E quello che cerchiamo di fare anche noi».

La cultura postemigratoria

La tua produzione narrativa, dopo i racconti degli anni novanta (Golden Eighties, 1994), è legata soprattutto ai ro- manzi della trilogia: La ligne gothique (2004), La coïncidence (2005) e Le secret (2006), ai quali ha fatto seguito La frontière tatouée (2008). Sono romanzi vicini nel tempo, ma distanti, o almeno oscillanti, per contenuti e stile. La ligne gothique presentava una «struttura complessa ed esigente», legata da una grande padronanza stilistica, che suc-

24

international literary magazine www.formafluens.net cessivamente, ad esempio ne Le secret, a metà tra il noir e il romanzo canonico reso con fluidità narrativa, sembra es- sersi diluita. Ne La frontière tatouée, invece, attraverso figure socialmente provvisorie e improbabili, come i «graffita- ri», si parla in realtà di arte, di metafisica, di filosofia, della natura umana e di altri temi universali, in un modo che «irradia intelligenza», ha scritto Dominique Blondeau. Ora, voglio chiederti intanto qual è il filo comune che lega questi romanzi all’apparenza così diversi. E poi, hai piegato la tua scrittura così astratta e limpida, quasi vitrea ver- rebbe da dire, alle diverse trame e ai messaggi che intendi proporre oppure hai costruito ormai un solo codice espressivo con forti articolazioni interne alle quali ricorri quando tocchi temi all’apparenza distanti?

«Il filo d’Arianna dei miei romanzi è il legame che unisce cultura alta e cultura popolare, tradizione e modernità, vecchie tecniche confrontate alle nuove. Vecchio e Nuovo continente. In due parole, la questione della modernità, della narrativa. Ieri, il cinema riprendeva i codici e i contenuti del roman- zo; la televisione ha fatto lo stesso in certe serie teletrasmesse. Penso, ad esempio, a certe trasmis- sioni americane della PBS. Oggi i giochi video on line stanno spingendo sempre più in là le frontiere della narrativa. Con il loro potenti mezzi virtuali, mettono il giocatore nel cuore del dispositivo nar- rativo, ma non sempre per elevarlo! E lì che il romanzo coglie l’occasione per reinterpretare il mes- saggio dell’umanesimo rinascimentale, riportando in primo piano l’uomo e il nuovo progetto di civi- lizzazione transculturale che sta scaturendo dalle forze che l’uomo stesso ha liberato. Quest’uomo postmoderno sta emergendo all’interno della classe media nata dalle minoranze postcoloniali e po- stemigratorie. Ha in comune un modo d’essere diverso dalle idiosincrasie nazionali, ha due o più cit- tadinanze e altrettante lingue. È una congiuntura che fa di questa classe media un attore non ancora consapevole del suo ruolo politico».

Italie et autres voyage

Anche per te, come per altri autori canadesi tuoi coetanei, la poesia (Irpinia, 1983; Scirocco, 1985) è stata la prima forma di espressione. Aknos ha ottenuto nel 1994 il Governor General’s Award, massimo riconoscimento letterario del Canada. Nel corso del tempo l’ispirazione e la scrittura della tua poesia sono rimaste legate al nucleo originario o hanno subito cambiamenti significativi? Dopo una lunga parentesi narrativa, proprio in queste settimane compare una tua nuova raccolta, Italie et autres voyages, in cui il tuo paese di nascita è evocato con queste parole: «Proche ou lointaine, réelle ou imaginaire, l’Italie est l’espace où se conjuguent l’innocence de l’enfance et l’approche amoureuse d’un homme cultivé». Un ritorno sentimentale alle origini o, come si allude nel titolo, un viaggio che s’intreccia con al- tri viaggi culturali e affettivi mediati da una sensibilità intellettuale sofisticata e complessa?

«Il “viaggio in Italia”, come sai, era l’itinerario rituale che l’intellettuale o artista di ogni epoca dove- va affrontare per “scoprire” il proprio destino. Viaggio iniziatico, che fu compiuto da Montaigne fi- no ad André Gide, passando per Freud e tanti altri. Per un figlio di emigrante italiano questo viaggio è la rivelazione dell’Italia ereditata dal mondo. In questo poema ho voluto rovesciare questa tradizione, interrogando non i luoghi fisici e letterari con la loro retorica obbligata - Firenze, Dante, Petrarca, Roma, - ma le immagini prodotte da Fra- nçois Morelli, un altro italo-canadese, e la musica del ricordo. Ispirato dai suoi disegni, sono stato attratto dalla musica delle parole. I titoli di ogni poesia che costituiscono la prima parte della raccol- ta sono le lettere che formano la parola ITALIA. Come nel classico voyage, quando l’artista che visi- tava l’Italia scopriva la sua vocazione. L’Italia odierna rimane la metafora della cultura moderna, che è sempre ad un nuovo inizio».

25

international literary magazine www.formafluens.net

Fulvio Caccia

“L”

L’art de la méthode, c’est la méthode de l’art. Elle consiste à gruger la colonne ionienne sur laquelle repose l’univers: le mien, le tien, le vôtre Ceci est une allégorie qui ne dit pas son nom C’est l’allégorie de notre monde, son dialogue incessant Commençons (Pause) – Combien de temps faudra-t-il… – Ah! non pas encore le temps? – Cesse de m’interrompre! – Je te vois venir avec tes gros sabots – Alors, réponds si tu es si malin… – C’est déjà fait mon lapin! – Ce n’est pas une réponse C’est une pirouette! – Mais personne ne le sait, alouette! – Personne? – Du moins pas ceux qui savent: ils font semblant (eux aussi) mais n’en savent rien – Ceux qui ne savent pas, le savent donc déjà? – Bonne pioche! – Arrête de m’embrouiller, laisses-moi terminer ma question – A la bonne heure – Qui gruge l’ancien monde? – Le nouveau, pardi! – Mais le «nouveau» est déjà «vieux», n’as-tu pas les journaux? – Jamais! Je préfère lire Lénine avec sa barbichette et ses yeux bridés – Mais Lénine est mort et son empire avec ! – Sûr? – Je peux me tromper… – Nul n’est parfait – Tu ne doutes de rien, toi? – De toi! – De moi? Pourquoi? – Parce tu es mon double, mon théâtre intérieur, mon ombre – Qu’est-ce que tu attends de moi? – Rien – Tu dois bien attendre quelque chose? – Ta mort, comme cette lettre «I» que je plante tel un pieu dans ton cœur – Suis-je devenu un vampire à tes yeux? – Parfaitement – Au lieu d’avoir ces sombres pensées, tu devrais te réjouir, c’est le printemps! – C’est vrai La nature exulte Les radicelles font de jolis nœuds aux papillons Les rhizomes champignonnent Les torrents trompettent – Les paysages tièdes se couchent sous la lune Les dents poussent dans la bouche des enfants Tout ce festival de surabondance, de lumière… Et toi qui penses à l’Italie

26

international literary magazine www.formafluens.net

Fulvio Caccia

“A”

Arbre Amérique tout frémissant du refrain de l’enfance traversée aveva una casetta piccolina in Canadà, con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà e tutte le ragazze che passavano di là dicevano: "Che bella la casetta in Canadà!"

Maintenant que la maison est décollée qu’il ne reste plus qu’un ectoplasme bicéphale Maintenant que nous approchons de l’horizon où le monde connu s’élance vers le bleu précipice Maintenant que ton iris devient mon soleil Que je scande ton nom Que le voyage se prolonge Maintenant que l’Italie n’est plus l’Italie Qu’elle n’est même plus l’Amérique Qu’elle n’est plus l’ombre des Pères Toi, tu te détournes de moi Ma un giorno, per dispetto, Pinco Panco l'incendiò, e a piedi, poveretto, senza casa lui restò "Allora cosa fece?" Voi tutti chiederete Ma questa è la sorpresa che in segreto vi dirò

27

international literary magazine www.formafluens.net

DOSSIER ► Haiku, dialoghi tra Italia e Giappone (1° parte)

photo Silvano Palazzetti

Elisa Ceccarelli, La forma Haiku

Haiku in italiano e giapponese di

Tomaso Binga, Tiziana Colusso, Franco Falasca, Paolo Guzzi, Mario Lunetta

traduzioni di Daisuke Ninomiya e Paola Mastropasqua

28

international literary magazine www.formafluens.net

Elisa Ceccarelli

La forma Haiku

photo Silvano Palazzetti

“Nel vecchio stagno Una rana si tuffa. Il rumore dell’acqua.”

Questi semplici tre versi hanno il potere di evocare in noi un mondo di sensazioni e di emozio- ni…diverse, lontane dalla nostra realtà quotidiana, ma allo stesso tempo cosi familiari e vicine alla nostra più intima natura. E quest’ultima parola,“natura”, è proprio l’universo nel quale questa breve forma di poesia giap- ponese – la più breve al mondo – si immerge. Nasce dalla natura e si rivolge alla natura. Con essa si intende in primo luogo ciò che ci circonda, i monti, i fiumi, gli astri, la neve, lo scorre- re dell’acqua, un antico stagno e soprattutto lo scorrere delle stagioni. Attraverso il rimando di una parola, denominata kigo – ki: stagione, go: parola – che ha la funzione di simboleggiare una delle quattro stagioni, viene suggerito così, quasi inavvertitamente, il colore del contesto. Ma lo haiku si riferisce anche alla natura intesa come quella umana. La natura fuori di noi, non è infatti diversa da quella dentro ogni essere umano, e cantando di es- sa si risveglia un universo di sensazioni che ci portano ad entrare in sintonia con la parte più pro- fonda di noi. Scopriamo che quello che un paesaggio può evocare in un momento solo al crepuscolo di un nuovo giorno è in realtà lo stesso mondo che ci appartiene da sempre, e in quell’istante percepiamo l’integrazione tra il microcosmo e il macrocosmo. Tutto questo ci placa e ci dona quel senso primordiale di serenità e armonia… E’ per questo motivo che, nonostante nello haiku si “descriva” – in realtà non si tratta di descri- zione, ma di una semplice fotografia del momento vissuto – un mondo a noi lontano e sconosciuto, lo sentiamo invece, cosi vicino e intimo, come se ci avesse accompagnato da sempre sin dalla nostra nascita. Il poeta si immerge, così, dolcemente nella natura, nel suo mutare e riconoscersi “docile fibra dell’universo”(Ungaretti).

“Nel tuffo della rana che muove l’acqua del lago antico, sentiamo il suono di un istante che illumina e fa da con-

29

international literary magazine www.formafluens.net trappunto al silenzio dei secoli”

“Lo haiku non descrive mai: la sua arte è anti-descrittiva nella misura in cui ogni stadio della cosa è immediatamente, caparbiamente, vittoriosamente trasformato in una fragile essenza di apparizione” (Roland Barthes). Spoglia di qualsiasi ornamento, eppure legata a quanto nell’uomo è più fondamentale e insondabi- le, gli haijin – i poeti di haiku – colgono nello haiku un battito della vita dell’universo. Come la parola haiku può anche voler significare quello spazio piccolo di una conchiglia con cui sentiamo il rumore del mare, così il poeta diventa un arpa eolica che si lascia suonare. In esso il soggetto riesce a scomparire per lasciare posto all’oggetto, all’evento: si concretizza la leggerezza – o karumi –, la rapidità , l’esattezza e la visibilità. A differenza della poesia occidentale e in conformità con il pensiero autoctono giapponese che è stato sempre caratterizzato da una certa nota di concretezza, lo haiku non è una poesia di idee, ma di cose: come un frutto maturo che il poeta spicca da sé e in questa separazione diviene universale e acquista eternità. E’ una forma disinteressata e immediata che non descrive, non declama, non giudica o spiega. Solamente, presenta un’immagine La stessa unità al suo interno è frammentata, lontana da un’organizzazione di discorso. Questo grazie anche all’effetto dato dal cosiddetto kireji, una manciata di sillabe con la sola fun- zione di creare una pausa, una vaga attesa o di concludere. Parole senza un vero significato, quasi segni di interpunzione ma con un aspetto fonico e talvolta messaggere di un’emozione. Tutto questo, aggiunto alla vaghezza della lingua giapponese, contribui- sce a dare il famoso senso di indeterminatezza e universalità tipico dello Haiku. Come già sopra specificato, lo haiku è il più breve componimento poetico al mondo, composto di 17 sillabe suddivise in tre versi ognuno dei quali formato da 5-7-5 sillabe. L’estrema semplicità e immediatezza di questa forma di poesia ha fatto sì che si diffondesse in tut- to il mondo. L’origine dello haiku si può ritrovare nella prima metà dell’VIII sec., nella più antica antologia poeti- ca giapponese, il Manyōshū. In esso troviamo la prima forma di waka - poesia giapponese-, denominato tanka – poesia breve – costituito da cinque versi organizzati come segue: 5-7-5-7-7 sillabe. Essa rispecchia già quella tipi- ca tendenza giapponese a compattare e preferire ciò che è minuto, poiché, secondo le Note del Guan- ciale di Sei Shōnagon: “in verità, tutte le cose piccole sono belle”. Nel corso del tempo questo componimento si sfalda, fino a che nel XI e XII sec. assistiamo al co- stume secondo il quale un poeta compone la prima strofa o kami-no-ku e il suo interlocutore la se- conda o shimo-no-ku, quasi una gara di virtuosismo, in una divertita ricerca di legami sempre più inu- sitati. A questi due primi poeti se ne aggiungono altri, trasformando cosi il tanka in un kusari-renga - poesia a catena- mantenendo sempre il legame solamente con il ku – strofa – precedente, in un ef- fetto globale totalmente estraneo a ogni progressione logica o intenzione narrativa e in un piacevole zigzagare senza tempo da un’immagine all’altra. Già in questa fase è chiara l’importanza dello hokku, primo emistichio del renga che si affrancherà poi dai seguenti per divenire haiku e imprimere il tono all’intero componimento. Tra le nuove generazioni di poeti si inizia però a manifestare una certa insofferenza verso le regole intricate che lo avevano progressivamente imprigionato nell’ultimo periodo, e nuovi contenuti ven- gono a riempirlo: è la nascita dello haikai-no-renga, una versione più spontanea e spesso umoristica o leggera che nel XVI e XVII secolo conosce una grande diffusione.

È in questo scenario che fa il suo ingresso Matsuo Bashō, il grande sacerdote dello haiku, su uno sfondo nel quale un profondo rinnovamento sociale si intreccia con nuovo fervore artistico.

30

international literary magazine www.formafluens.net

E’ l’età prospera in cui sale alla ribalta la classe borghese, che viene ad occupare il centro della classe sociale, culturale ed artistica. Lo stile di Bashō è caratterizzato da una lingua semplice, uno stile piano, e un ritorno a una natura vera. Nei renga il legame tra le strofe non è più dato da un’allusione erudita ad antichi modelli letterari, ma dal nioi, la fragranza che le pervade, dallo hibiki, l’eco che tra le due strofe si muove e dall’utsuri, il riflesso che le unisce in un balenio senza tempo. La natura non è più quella delle convenzioni letterarie: è la natura reale, compagna delle lunghe peregrinazioni del poeta, ed entra tutta nella sua poesia, nelle sue manifestazioni più infinitesimali e in quelle meno adatte a essere cantate. In questi microscopici componimenti, Bashō riesce a cogliere il respiro di questo mondo, a proiet- tarlo in una dimensione senza tempo. Contro uno sfondo grande, spesso solo suggerito, un movimento infinitesimale ci scuote e ci fa riconoscere il fueki ryūkō, “l’impermanenza” e “l’eternità”, rimando al buddhismo zen al quale Ba- sho si avvicina.

Itō Shintoku ( 1634-1698)

Ito Shintoku nasce a Kyōtō in una famiglia della borghesia mercantile, fascia sociale che nel Sei- cento inizia ad emergere e a svolgere un ruolo chiave in molti campi, tra cui quello artistico. La sua prima formazione si svolge nella scuola di Teitoku, di cui fa parte Takase Baisei, suo mae- stro. Nel corso di uno dei suoi viaggi ad Edo (l’attuale Tōkyō), Shintoku ha l’occasione di entrare in contatto con la scuola Danrin, che lì era molto fiorente, e con Bashō e Yamaguchi Sodo compone uno haikai-no-renga. Ancora molto legato allo stile renga, ovvero della poesia a catena, se ne distanzia decisamente con la raccolta Shichihyakugojūin (750 versi), pubblicata nel 1681.

Ame no hi ya Pioggia: kodo sagete yuku attraversa il mio cancello, kakitsubata un iris.

Ikenishi Gonsui. (1650-1722)

Gonsui è tra i primi poeti a cantare dell’ambiente cittadino nei suoi componimenti, argomento che sarà invece tipico dello haiku dei secoli successivi. In un primo tempo apprendista di Teitoku, si avvicina presto alla scuola Danrin. Fu amico di Bashō, di cui include dei componimenti in alcune sue opere, tra cui Edo Shinmichi (Nuove strade per Edo) e Azuma nikki (Diario di Azuma) entrambi pubblicati nel 1678.

U no hana mo Anche i fiori di u shiroshi yonaka no sono bianchi: nel mezzo della notte, Ama-no-gawa. la Via Lattea.

Kogarashi no Il vento autunnale hate wa arikeri ha una meta: umi no oto. il rumore del mare.

31

international literary magazine www.formafluens.net

Uejima Onitsura (1661-1738)

Onitsura mette al centro della sua poetica il makoto ovvero “sincerità” e “verità”: un concetto fon- damentale dell’estetica giapponese, attraverso il quale auspica a liberarsi degli artifici e della gratuita ingegnosità e artificiosità che avevano caratterizzato la poesia del XVII secolo. Il fine della poesia di Onitsura è quello di dare un effetto di sostanzialità grazie a un atteggiamento che può essere paragonato a quello di un bambino, che si avvicina al mondo e alla natura con occhi onesti, capaci di coglierne l’essenza. Usa quindi, uno stile colloquiale, al di fuori di ogni ordinarietà. Nato ad Itami da una famiglia di samurai, studia poesia sin dalla più giovane età, soprattutto sotto la guida di Nishiyama Sōin, il fondatore della scuola Danrin. L’opera autobiografica Hitorigoto (Soliloquio) pubblicata nel 1718 contiene le sue idee; I suoi saggi e versi sono raccolti negli altri lavori, tra cui Nana-kuruma (Sette Carri) del 1783, e Oni- tsura kusen (Poesie scelte), pubblicato nel 1769.

Ōashita Il Grande Mattino mukashi fukinishi antichi venti da Ovest matsu no kaze. soffiano fra i pini.

Matsuo Bashō (1644-1694)

Bashō è denominato “il sommo poeta” giapponese. La sua immagine è circondata ancora oggi da un’aura di sacralità e la sua vita fu ispirata a una povertà che noi oggi potremmo definire francesca- na. Nasce a Ueno, in una famiglia di samurai e, grazie all’amicizia con il figlio del signore locale, di- venta allievo del grande letterato e poeta Kitamura Kigin. Dal 1666 si dedica a una vita ritirata, sempre più incentrata sull’attività poetica. Nel 1672 si trasferisce ad Edo dove, venendo in contatto con i migliori poeti del tempo, pubblica alcuni versi, nei quali si può scorgere l’influenza della scuola Danrin. Nel ’77 crea una sua scuola e poco dopo si trasferisce a Fukugawa, una località vicino Edo. Lì, un albero di banano – bashō – piantato nel giardino della proprietà, ispirerà il suo pseudonimo, con il quale sarà sempre ricordato. In questo periodo si avvicina inoltre al buddhismo zen, grazie al quale si rivolge verso la ricerca di un’ispirazione più profonda. In seguito all’incendio che nel 1682 devasta Edo, Bashō dà inizio alle sue peregrinazioni, durante le quali percorre a piedi lunghi viaggi per le faticose strade del Giappone, con l’unico scopo di ap- profondire le sua poesia. Tutto questo dà vita a cinque straordinari resoconti in prosa di hokku, di cui abbiamo il massimo esempio in Oku no hosomichi (La stretta strada per Oku) del 1689. Nel corso delle sue peregrinazioni, Basho calca le orme dei poeti del passato, visita templi e attra- verso una vita di solitudine e povertà continua la sua ricerca di ascesi marcata dalla consapevolezza che essa sia conseguibile solo attraverso la fusione con le piccole cose della natura e con il fluire dei suoi tempi. Bashō nel corso della sua vita, si dedicò alla realizzazione di sette antologie – Shichibushū – e tra le quali ricordiamo Fuyu no hi (Giorno d’inverno) e Sarumino (Il mantello della scimmia), nelle quali si può ben notare l’evoluzione del suo stile, denominato shōfū, termine che non a caso può significare “lo stile di Bashō” o “lo stile giusto” a seconda degli ideogrammi con i quali è scritto.

Haru nare ya È primavera: na mo naki yama no una montagna senza nome asagasumi. nascosta tra le nubi del mattino.

32

international literary magazine www.formafluens.net

HAIKU di autori italiani (1° parte)

Tomaso Binga

しわこそは Solo le rughe 命を刻む Disegnano la vita タトゥーかな Tatuaggio vero.

「お日様よ Non mi seccare 嫌が(枯)らせないで」と Disse la foglia al sole 飛び去る葉 E filò via.

カミソリの Io gioco sempre 上でふざける sul filo del rasoio ヒゲ親父 Uffa che barba!

Tiziana Colusso

Haiku tra deserto e laguna

© photo 2010 Tiziana Colusso

影流れ discreta orma 軽い足取り è questo passo lieve - 残る跡 fluida ombra

柔らかく soavemente 心も開く la gru spiega le ali 鶴の羽 apre la mente

砂風で Insieme a me 我が身とともに nel vento del deserto しなう椰子 palme flessuose

潟の上 mani-nuvole 日と月ふれる sfiorano sole e luna 雲の手で sulla laguna

33

international literary magazine www.formafluens.net

Franco Falasca

夜は見る La notte vede 出会い別れる e dirime gli incroci 交差点 di sempre ora.

Paolo Guzzi

透きとおる Riga alle ciglia 水に沈んだ L’acqua che la circonda つけまつげ Dà trasparenza

ああ、舌よ Lingua sei un letto, 言の葉流れる come un fiume segnali 川床よ t’attraversano

悲しみだけに Interessante 泣ければいいのに Se piange per dolore, unicamente

Mario Lunetta

Haikai del sonno bianco 白夜の俳諧

木々が揺れ Alberi inquieti 緑さえぎり chiusi nel loro verde 黒さ増し che si fa nero

マッチの火 Cerini accesi 遠くに燃ゆる i lumi in lontananza 丘の上 sulla collina

迫る空 Il cielo basso とがめし平野 condanna la campagna al suo sudario 聖骸布

蟋蟀の Inavvertito 黙せし狂気 è lo strazio furente 誰ぞ知る del grillo muto

野は眠り Dorme la piana: 白夜に浮かぶ e dal suo sonno bianco 朧かな salgono spettri.

34

international literary magazine www.formafluens.net

MATERIALI/Materials (a/z) ►

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

Gualberto Alvino (Italy) translates William Blake ► Lauri Kubuitsile (Botswana) Revelations ► Cetta Petrollo (I) traduite en français par Paolo Guzzi (I) ► Seni Seneviratne (UK) trans- lated in Italian by Tiziana Colusso (I)

35

international literary magazine www.formafluens.net

Gualberto Alvino

translates William Blake1

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

… Ma io dico che ogni traduzione (di poesia, beninteso, e poetica: altre, e di natura diversissima, le questioni inerenti il puro import editoriale, diplomatico o di servizio) è un atto di perfetta disperazione, il gesto più o meno volontario della capitale rinunzia, e non già — come taluni, tra continenti e farisaici, seguitano a proclamare con sempre maggior insistenza — dimen- sione autentica dell’approccio esegetico, antonomastica lectura, e insomma il preziosissimo fra i molti reparti della critica lettera- ria: no di certo, o almeno (acquisito in via definitiva il truismo secondo cui interpretare equivale ineluttabilmente a riscrivere), non esclusivamente. Chi traduce un poeta se ne infiamma per sùbito tradirlo, lo esalta per annientarlo, ne assimila i valori tra fibra e fibra della carne viva per alfine espropriarlo senza ritegno. E si badi: quel tradimento è radicalmente programmatico, an- nientamento ed espropriazione capillarmente premeditati, salvo travisarsi — uno degli sport internazionali gaudenti, oggi più che ieri, di miglior salute — sotto le mentite spoglie della minor violenza possibile, del massimo accordabile ossequio o del confine cui oltre non dato avventurarsi, pena il grottesco asservimento al dettato. E proprio qui è il punto: miete più vaste mèssi «la diligenza laboriosa e seguace» di chi «si attiene alla lettera del suo autore»2 o la temerarietà di quanti, varcando le colonne d’Ercole del modello donde traggono nutrimento, s’attentano a viaggi so- litarî e inauditi? In verità non esistono traduttori, ma poeti che traducono, e traducendo — scilicet: alimentandosi di pretesti — mirano a far poesia in proprio, scevri dai più gravosi impegni, per così dire, costituzionali e immaginativi, caldamente protetti da un hu- mus larvatamente attivo e da scenarî accuratamente predisposti. Dalla struttura linguistica al pensiero che la sostanzia, da que- sto a un pensiero nuovo, espresso da un congegno linguistico irremissibilmente altro: può concepirsi tragitto più distruggitore e vandalico? orbita più ardita e ingenitamente proditoria? Tale — in termini, forse, meno ideologicamente estremistici che visceralmente sentiti — la lucida consapevolezza che ha costantemente guidato le mie numerose escursioni anglo-ispaniche da Shakespeare a García Lorca, da Whitman a Neruda, da Yeats ad Alonso, da Joyce a Rafael Alberti, su su fino a questo Blake minimale e nenioso, elementare e cantilenante — non profetico, niente affatto visionario — dei Songs of Innocence e del Rossetti manuscript, cui, beninteso, approdo non già sull’onda dell’affinità elettiva (mai poetica fu più assolutamente antipode alle mie personali inclinazioni) […]. L’opzione d’ordine formale è solo apparentemente contraddittoria con quanto premesso (l’assoluto, aprioristico rispetto della disposizione strofica e del respiro versale: misure ritmiche, battute ideative che reputo congeniali all’Alluminato) e da un particolare atteggiamento tecnico che direi mutuato dal doppiaggio cinematografico: aderire plenariamente al testo-base, spiarne ogni minima inflessione timbrica e tonale, intuirne contorni e sfumature per poi, azzerato l’audio, imporre il proprio fascio di re- gistri vocali badando a non forzare le pareti d’ogni singola emissione di fiato o unità bioritmica. Il resto […] è frode.

1 Ripropongo qui, rivedute e corrette, le mie traduzioni da Blake apparse in «Philo<:>logica» (IV 1995, 7 pp. 42-51) col titolo Dieci poesie di William Blake, con una lettera non spedita a Gianfranco Contini. 2 G. Contini, Bacchelli traduttore, in Id., Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (1938-1968), Torino, Einaudi, 1970, p. 284.

36

international literary magazine www.formafluens.net

DA SONGS OF INNOCENCE

The little black boy Il negretto

My mother bore me in the southern wild, Mamma mi fece nel meridione selvaggio, And I am black, but O! my soul is white; E sono negro sì, ma bianco in cuore; White as an angel is the English child. Come un angelo è bianco l’inglesino, But I am black, as if bereav’d of light. Io nero, invece, quasi morto alla luce.

My mother taught me underneath a tree, Mia madre mi erudiva sotto un albero, And, sitting down before the heat of day, E sedendo prima che infocasse il giorno She took me on her lap and kissèd me, Mi prendeva in braccio, mi baciava, And, pointing to the east, began to say: E indicando il levante cominciava:

«Look on the rising sun, — there God does live, «Guarda il sole che nasce, — è là il Signore, And gives His light, and gives His heat away; Dà la sua luce, dispensa calore; And flowers and trees and beasts and men receive E fiori alberi bestie uomini Comfort in morning, joy in the noonday. Ne hanno ristoro il mattino, a mezzodì allegria.

«And we are put on earth a little space, «Noi siamo messi in terra un breve istante That we may learn to bear the beams of love; Per imparare a soffrire i raggi d’amore; And these black bodies and this sunburnt face E questi corpi neri, quest’arso viso Is but a cloud, and like a shady grove. Non sono che nube, un boschetto ombroso.

«For when our souls have learn’d the heat to bear, «Quando il caldo le nostre anime imparano a patire, The cloud will vanish; we shall hear His voice, La nuvola svanisce; e sentiremo la Sua voce Saying: “Come out from the grove, My love and care, Dire: “Amori, Mie cure, uscite dal boschetto And round My golden tent like lambs rejoice”.» E gioite come agnelli intorno alla Mia pergola d’oro.”»

Thus did my mother say, and kissèd me; Così Mamma disse, e mi baciò; And thus I say to little English boy. Lo stesso dico all’inglesino. When I from black and he from white cloud free, Quando saremo liberi, io dalla nera, lui dalla nube bianca, And round the tent of God like lambs we joy, E intorno alla pergola del Padre come agnelli gioiremo.

I’ll shade him from the heat, till he can bear Dal caldo gli darò riparo, finché imparerà a tollerarlo To lean in joy upon our Father’s knee; Per riposare in gioia in braccio al Signore; And then I’ll stand and stroke his silver hair, E poi mi fermerò, gli liscerò l’argento della chioma, And be like him, and he will then love me. E gli somiglierò; comincerà ad amarmi.

Laughing song Canzone ridente

When the green woods laugh with the voice of joy, Quando verdi i boschi ridono con voce di gioia, And the dimpling streams runs laughing by; E crespo corre ridendo il ruscello; When the air does laugh with our merry wit, Quando l’aria ride al nostro spirito allegro, And the green hill laughs with the noise of it; E verde il colle ride di quel chiasso;

When the meadows laugh with lively green, Quando i prati ridono col loro verde vivo, And the grasshopper laughs in the merry scene, E ride la locusta a quella gaia scena, When Mary and Susan and Emily Quando Maria, Susanna ed Emilia With their sweet round mouths sing «Ha, Ha, He!» Con dolci tonde bocche cantano «Ah, Ah, Ih!»

When the painted birds laugh in the shade, Quando ridono gli uccelli colorati nell’ombra Where our table with cherries and nuts is spread, Dove la nostra mensa è cosparsa di noci e ciliegie, Come live, and be merry, and join with me, Su, venite in letizia e con me divertitevi To sing the sweet chorus of «Ha, Ha, He!» A cantare il dolce coro che fa «Ah, Ah, Ih!»

37

international literary magazine www.formafluens.net

The blossom Il fiore d’albero

Merry, Merry sparrow! Gaio, passero gaio! Under leaves so green, Sotto foglie così verdi, A happy blossom Felice un fiore d’albero Sees you, swift as arrow, Ti vede, veloce come un dardo, Seek your cradle narrow Cerca la tua stretta gabbia Near my bosom. Vicina al mio cuore.

Pretty, pretty robin! Grazioso, bel pettirosso! Under leaves so green, Sotto foglie così verdi, A happy blossom Felice un fiore d’albero Hears you sobbing, sobbing, Ti sente singhiozzare, Pretty, pretty robin, Grazioso, bel pettirosso, Near my bosom. Vicino al mio cuore.

DA ROSSETTI MANUSCRIPT

Never seek to tell thy love Taci l’amore, non affannarti a dirlo

Never seek to tell thy love, Taci l’amore, non affannarti a dirlo, Love that never told can be; L’amore non può essere mai detto, For the gentle wind does move Perché palpita morbida la brezza Silently, invisibly. Silenziosa, invisibile. I told my love, I told my love, Io dissi il mio amore, lo dissi, I told her all my heart; Aprendole tutto il mio cuore; Trembling, cold, in ghastly fears, Tremando, freddo, in orrori abissali, Ah! she doth depart. Ah! lei se ne andò.

Soon as she was gone from me, Non appena da me si fu staccata, A traveller came by, Un pellegrino passò, Silently, invisibly: Taciturno, invisibile: He took her with a sigh. La prese con un sospiro.

I laid me down upon a bank Mi sdraiai su una riva

I laid me down upon a bank, Mi sdraiai su una riva, Where Love lay sleeping; Dove Amore giaceva addormentato; I heard among the rushes dank Udii fra i giunchi bagnati Weeping, weeping. Lamenti, lamenti.

Then I went to the heath and the wild, Allora m’inoltrai nella brughiera solitaria, To the thistles and thorns of the waste; Verso i cardi, i dumi del deserto; And they told me how they where beguil’d, E mi dissero l’incanto subìto: Driven out, and compell’d to be chaste. Proscritti, forzati alla purezza.

38

international literary magazine www.formafluens.net

I saw a chapel all of gold Vidi un Tempietto tutto d’oro

I saw a chapel all of gold Vidi un Tempietto tutto d’oro That none did dare to enter in, In cui nessuno osava entrare, And many weeping stood without, E tanti piangendo restavano fuori, Weeping, mourning, worshipping. Piangendo, spasimando, venerando.

I saw a Serpent rise between Vidi un Serpente issarsi The white pillars of the door, Fra le colonne bianche della soglia, And he forc’d and forc’d and forc’d; E forzava, forzava, forzava; Down the golden hinges tore, Divelse i gangheri dorati.

And along the pavement sweet, Per tutto il pavimento delicato, Set with pearls amd rubies bright, Fatto di perle e rubini lucenti, All his shining length he drew, Trascinò la lunga figura scintillante, Till upon the altar white Finché sul bianco altare

Vomiting his poison out Non vomitò veleno On the Bread and on the Wine. Sul Pane, sul Vino. So I turn’d into a sty, Così me ne andai dentro un porcile, And laid me down among the swine. E m’accucciai fra i maiali.

A cradle song Una ninna nanna

Sleep! sleep! beauty bright, Dormi, dormi, bel tesorino Dreaming o’er the joys of night; Sognando le gioie della notte; Sleep! sleep! in thy sleep Dormi, dormi, e nel tuo sonno Little sorrows sit and weep. Riposino, piangano i piccoli tormenti.

Sweet Babe, in thy face Frugolo dolce, nel tuo faccino Soft desires I can trace, Posso scoprire leggeri desiderî, Secret joys and secret smiles, Gioie celate e nascosti sorrisi, Little pretty infant wiles. Astuzie bambine, piccine, carine.

As thy softest limbs I feel, Quando ti sfioro l’esile persona, Smiles as of the morning steal Sorrisi come d’un mattino espugnano O’er thy cheek, and o’er thy breast La tua guancia, il tuo petto Where thy little heart does rest. Dove riposa il tuo cuoricino.

O! the cunning wiles that creep Ah, i deliziosi inganni che serpeggiano In thy little heart asleep. Nel tuo piccolo cuore addormentato. When thy little heart does wake Quando si sveglia il tuo cuoricino Then the dreadful lightnings break, Si frantumano i fulmini atroci,

From thy cheek and from thy eye, Dalla guancia, dal tuo ciglio, O’er the youthful harvests nigh. Sopra i vicini raccolti giovanili. Infant wiles and infant smiles Astuzie bambine, bambini sorrisi Heaven and Earth of peace beguiles. Ammaliano di pace Terra e Cielo.

39

international literary magazine www.formafluens.net

I askèd a thief Dissi a un ladro

I askèd a thief to steal me a peach: Dissi a un ladro rubami una pèsca: He turnèd up his eyes. Guardò da un’altra parte. I askèd a lithe lady to lie her down: Dissi sdràiati a una snella signora: Holy and meek, she cries. Docile e pia si mise a implorare.

As soon as I went Non appena me ne andai An Angel came: Venne un Angelo: He wink’d at the thief, Fece l’occhietto al ladro, And smil’d at the dame; Sorrise alla signora;

And without one word said E senza una parola Had a peach from the tree, Ebbe una pèsca dall’albero And still as a maid E zitto come un’ancella Enjoy’d the lady. Si godé la signora.

I fear’d the fury of my wind Temevo che il furore del mio vento

I fear’d the fury of my wind Temevo che il furore del mio vento Would blight all blossoms fair and true; Seccasse tutti i fiori belli e veri; And my sun it shin’d and shin’d, E il mio sole brillava brillava, And my wind it never blew. E mai soffiò il mio vento.

But a blossom fair or true Ma un fiore bello o vero Was not found on any tree; Su nessun albero fu mai trovato; For all blossoms grew and grew Perciò tutti i fiori crebbero a iosa Fruitless, false, tho’ fair to see. Infecondi, bugiardi, pur belli a vedersi.

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

40

international literary magazine www.formafluens.net

Lauri Kubuitsile

Revelations

Chapter 1

The transparent blue scarf fluttered in the morning breeze, trying to get free, but it was stuck on a branch at the bottom of the hedge. When Elizabeth spotted it, she sucked in a frightened breath. Did Ditiro see it on his way out that morning? Did he see the scarf and did he finally know? Know that everything they’d built was a lie; that she held awful secrets that ate at her without rest. Did the scarf finally reveal everything? Im- agining for a moment it had, she felt scared at first, and then, strangely, she felt relief. She was not made for secrets. Keeping this one was taking its toll on her. Though she knew once it was known everything would fall apart, she wondered if that might not be for the better.

A dry updraft of winter air flipped the end of the chiffon scarf up and caught the other edge of it on a higher branch. It flicked back and forth and struggled to be let free, but to no avail. It was caught -completely now with no chance of freedom.

She knew it was from him. He had taken to leaving markers, like a dog defining its territory. She was always on the look out, ready to grab them up and hide them from her husband’s eyes.

“What’s your favourite colour?” he’d asked that night.

“Blue… cerulean actually. Why?”

“Just curious,” he’d said.

He’d obviously stored the information for later, to be used when standing in a shop trying to choose a scarf to leave for her at her gate.

She walked to the hedge and unhooked the scarf from where it had been caught. Opening the lid to the rub- bish bin, she dropped the scarf inside. It lay bright and welcoming among the curled orange peels and coffee grounds. She didn’t like leaving it like that. It shouldn’t stay in there full of such jubilance, it didn’t seem right. She reached in and grabbed the edge of a soggy newspaper deep down in the bin and flipped the lot over so that the scarf was lost in the rubbish, its colour soiled and ruined by what surrounded it. It was gone. He was gone. At least, for now. She knew despite her desperate wishes for it all to stop, it wouldn’t until he decided he was finished with her. She’d begged him so many times to leave her alone but he continued- she was at his mercy.

In the meantime, she would have to be on the look out. She’d have to get to the phone first each time it rang. She’d have to look for his signs and remove them before her husband could somehow piece it all to- gether. She had to be vigilant. She had to be thorough.

She decided it was unlikely Ditiro had seen the scarf. No secrets would be revealed just yet. It had been placed for her eyes only. Ditiro’s mind, full of his clients and cases, his busy schedule of court dates and high profile meetings, made room for little else. A cerulean scarf caught in the bush had no place in his life. Her husband didn’t notice such things. She would not be caught out today, her secret was safe. She stared down at the thin piece of soiled blue and dropped the dustbin’s lid in place.

41

international literary magazine www.formafluens.net

Cetta Petrollo tradotta in francese da Paolo Guzzi

Tiriamo le fila, serriamo le righe Tirons nos conclusions, serrons les rangs

Tiriamo le fila, serriamo le righe, salviamoci, salvatevi! pesiamoci, pesatevi! sulla bilancia calcolando i gonfiori a piedi nudi la mattina con lo smalto scrostato e i capelli crespi balliamo nella stanza al suono di Edith Piaf sperando che il caffè sia pronto, quelli che c'erano prima se ne sono andati sono appena appena usciti proprio un attimo prima sento di loro lo strascico il costume la vie en rose ne è rimasto appena di loro il profumo l'odore di loro che si chiama storia quelli che stanno venendo sono dietro alla porta e ancora non si fanno vedere se ne sente il vociare ma è confuso per lo più è ancora un rumore che non li salverà da loro la rappresentazione è già chiusa è tirato il sipario quelli di prima hanno girato l'angolo proprio un attimo prima quelli di adesso non escono ancora dalle quinte se ne sente di loro il rumore giro per la stanza aggrappata al valzer di un attimo prima la vie en rose sento con te gli chansonnier con te esordiente in una serata di ottobre che anche recitasti benino con me in una parte avuta a caso (esordiente in una serata di maggio) allegra comunque di esserci stata sicuramente mentre ballo anche se incoscientemente molto irresponsabilmente pensando puntualmente a mangiare tre volte al giorno la vie en rose facendo da mangiare tre volte al giorno la vie en rose senza acchiappare il prima senza tirare dentro il dopo per caso, solo, solo per caso, irrimediabilmente la vie en rose e non so se saranno gli uccelli a fare pulizia ci gratteranno poi sui ghiacci disciolti dell'artico alla ricerca di come eravamo quale malanno ci portò via la vie en rose qui ora nominata in chiusura di programma MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma in attesa di transito di attrazione di definizione. © 2010 photo Franco Falasca

42

international literary magazine www.formafluens.net

Tirons nos conclusions, serrons les rangs

Tirons nos conclusions, serrons les rangs, sauvons - nous, sauvez-vous !pesons - nous, pesez-vous ! sur la balance évaluant les enflures nu-pieds le matin le vernis à ongles écaillé, les cheveux crépus dansons par la pièce sur la musique d’Edith Piaf dans l’espoir que le café soit prêt, ceux d’ avant sont partis ils viennent de sortir juste un moment avant Je perçois leur traîne leur costume la vie en rose* il vient de rester leur parfum leur odeur qu’on appelle histoire ceux qui vont arriver restent derrière la porte et encore ils ne se montrent pas on entend leur crier mais il est confus une sorte de bruit qui ne les sauvera pas d’eux-mêmes le spectacle est déjà fini le rideau est tiré ceux d’avant ont tourné l’angle juste un moment avant ceux de maintenant ne sortent pas encore des coulisses on entend leur bruissement je tourne par la pièce grimpée à la valse d’un moment avant la vie en rose* j’écoute avec toi les chansonniers *avec toi débutante pendant une soirée d’octobre où tu as joué assez bien avec moi dans un rôle obtenu par hasard (débutant pendant une soirée de mai) gaie pourtant pour y avoir été bien sûr pendant la danse même si inconsciente très irresponsable je pensais ponctuellement à manger trois fois par jour la vie en rose* à préparer le manger trois fois par jour sans attraper l’avant sans concevoir la suite par hasard, seulement, seulement par hasard, irrémédiablement la vie en rose* et je ne sais pas si les oiseaux vont faire le ménage on nous raclera puis sur les glaciers dissous de l’arctique à la recherche de comme nous étions quelle catastrophe nous aurait emporté la vie en rose* ici maintenant citée à la fin du programme dans l’attente du transit d’une attraction d’une définition.

(Versione francese di Paolo Guzzi )

*in francese nel testo

43

international literary magazine www.formafluens.net

INTERAZIONI / Interactions:

Seni Seneviratne (UK) and Tiziana Colusso (I)

mutual translations in El Gouna (Egypt) May 2010

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca

Gino DE DOMINICIS Palla di gomma (caduta da 2 metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo (1968-69) Collezione privata, Bari

44

international literary magazine www.formafluens.net

Seni Seneviratne

Cinnamon Roots Radici di cannella

traduzione di Tiziana Colusso

(da Wild Cinnamon & Winter Skin, Peepal Tree Press, UK 2010)

Cinnamon Roots

Cinnamon, sweet wood spice, once traded like gold, when I look for my roots I find you, yellowish brown like my winter skin, native of Sri Lanka, growing wild in the jungles of the Kandy Highlands.

Fourteen ninety-two, Columbus never finds you, sailing westwards to the lands of the Arawak Indians – he promises spices and gold, trophies for a Spanish Queen. Brings her Taino slaves as gifts.

But Portugal travels East to an island that falls like a teardrop from the tip of India. Finds your soft sweetness, wraps it in hard cash, grows rich on your rarity, founding a spice trade, that deals in blood.

The Dutch make plantations to tame your wild fragrance that can never sweeten their breath. Demand quotas of your bark, enforced by death and torture. Burn down your August harvest, fabled fuel of the phoenix fire, to keep up the prices.

45

international literary magazine www.formafluens.net

Dutch East India becomes British East India. Your acres grow in the rain and heat of Sri Lanka, filling the coffers of the British Empire.

Nineteen ninety-two I buy your ground aroma in pre-packed jars, fry you with aubergines and coriander, look for my roots, find you yellowish brown, like my winter skin, native of Sri Lanka growing wild in the jungles of the Kandy Highlands.

Radici di cannella

Cannella, dolce spezia legnosa, prezioso oro antico, cercando le mie radici trovo te, ocra pallido come la mia pelle invernale, nata selvaggia a Sri Lanka nelle giungle delle alture di Kandy.

Nel quattrocento novantadue Colombo non ti trova, veleggiando a ovest verso le terre degli Indiani Arawak – promette spezie ed ori alla regina degli spagnoli. Le porta in dono solo schiavi Taino.

Ma il Portogallo raggiunge verso est un’ isola caduta come una lacrima dall’India. Trova la tua soave dolcezza, la chiude in duri forzieri, si arricchisce con la tua rarità, fondando un commercio delle spezie sanguinoso.

Gli olandesi domesticano in colture la tua fiera fragranza che non addolcisce il loro fiato. Pretendono pedaggi dai raccolti, con mortale forza. Bruciano i tuoi raccolti estivi come la Fenice leggendaria per lievitare i prezzi.

L’India Orientale olandese divenne britannica. Acri di spezie crebbero nella pioggia calda di Sri Lanka, colmando i forzieri dell’Impero Britannico.

Nel novecento novantadue acquisto in buste il tuo terrestre aroma, sistemato tra aubregines e coriandolo per ritrovare le radici nel tuo colore ocra pallido come la mia pelle invernale, nativa di Sri Lanka, nata nelle giungle delle alture intorno a Kandy.

46

international literary magazine www.formafluens.net

Tiziana Colusso

Di suoni piena corre l’India India, a torrent of sounds and possibilities

© 2009 photo Tiziana Colusso translated by Seni Seneviratne

A Nantej Singh (*)

I. L’India, piena di suoni e ogni possibile, brulica ronza si espande, respira di un miliardo di fiati, grande d’ogni pensabile: tempietti come occhi arancioni nella notte, pappagalli tra le mura antiche a Delhi corvi padroni delle albe soffocanti di Calcutta, camion camionette biciclette taxi e risciò in sonora competizione (Horn please! A tutto spiano!) un bambino agita con la testa ossuta sonagli nelle orecchie assuefatte dei turisti un cavallo macilento bruca il nulla accanto ad una sentinella; ipermercati con indiani ipernutriti sotto iperbolici archi di palloncini serial TV con mitologici dèi con molte ingioiellate braccia Mahatma Gandhi con ghirlande sempre fresche al collo. India is great. Nulla manca, dall’Himalaya al Gange, dal Mar Arabico al Golfo del Bengala. Namasté.

II. Nell’atrio elettrizzato dell’Indira Gandhi Airport il creato si manifesta nella dorata danza di Shiva Nataraja e il tamburo dell’eterno si fonde con i boarding now, gli I-Pod, il frastuono sincopato di un gigante che dall’abisso del tempo si lancia nel futuro –

47

international literary magazine www.formafluens.net

India is great, lo sa anche la mendicante dignitosa nel suo sari pellegrina ai templi di prima del tempo, quando l’America era solo un’immensa prateria e il Dio Uomo non si era manifestato ad Occidente. Kalachakra. Lungo la ruota del tempo il tamburo millenario scandisce il ritmo – l’universo si espande e si ritira come un’onda in ogni atomo la danza si ripete.

III. I bodhisatva di oggi sono passanti scalzi spigolatori di cascami di opulenze ai bordi della mandria ottusa delle auto; manodopera di piccole mani all’opera nelle fabbriche delocalizzate di tutti gli occidenti; figuranti di Bollywood solo sfiorati dalla magia dorata delle fiction, Buddha delle periferie che cercano la Luce sotto lampioni rugginosi, fachiri dell’esistenza in attesa di un treno che non passerà, in bilico sul marmo straniero d’una panchina, in balia del karma e della bestia umana.

Nota: (*) l’indiano sikh bruciato “per noia” da un gruppo di teppisti nella stazione di Nettuno

India, a torrent of sounds and possibilities

I India, a torrent of sounds and possibilities, swarming, humming, expanding with a billion breaths, a vast vessel, to contain all things: street temples, bright orange eyes in the night; parrots on Delhi's ancient walls; crows overseeing humid dawns in Kolkata; Horn please! Flat out! - the competitive clamour of buses, dump trucks, rickshaws, rusted cars; a boy shakes his bony head, rings his jester’s hat in the tourists careless ears; a hungry horse, beside the sentry box, paws the barren ground; hypernourished Indians squeeze through hypermarkets ornate arches; bejewelled gods of myth with many arms appear on TV soaps; and Mahatama Ghandi, showered with fresh garlands every day. India is great. A shortage of nothing, from the Himalayas to the Ganges, the Arabian Sea to the Gulf of Bengal. Namaste

II The shimmering entrance hall of Indira Ghandi airport shines with golden Shiva Natajara dancing out the world and an endless drumbeat melts with calls for Boarding Now

48

international literary magazine www.formafluens.net above a drone of I-Pods, the missed heartbeat of a giant hurtling from times long past towards the future – India is Great. Even the old woman begging on the street knows this, binding her dignity in each careful fold of her sari she stands like a pilgrim outside the temples of a bygone age - a time when America was still a wasteland, before God was made flesh in the Western world. Kalachakra. Time hears the drum speak and turns, the Universe ebbs and flows and in each atom the dance repeats itself.

III The Bodhisattva of today are shoeless travellers, in the gutters, choked by fumes from mindless herds of cars, who glean survival from the debris of the wealthy; cheap child labour chained to sweatshops linked with wealthy corporations; disappointed extras gathering what dust they can from Bollywood’s gold stars suburb Buddhas, under rusty streetlamps, seeking Light fakirs of life, waiting for a train that never arrives in a foreign station, where they shiver on a bench of marble at the mercy of karma and the human beast.

49

international literary magazine www.formafluens.net

PROGETTI SPECIALI / Special projects

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma © 2010 photo Franco Falasca sullo sfondo un’installazione di Fabio Mauri, Il muro occidentale o del pianto, 1993

50

international literary magazine www.formafluens.net

«Leggere il bosco» International laboratorio Literary di ecocritica Magazine

Richiesta di testi in poesia e prosa PER UN PROGETTO DEDICATO AI TEMI AMBIENTALI

Leggere il bosco, laboratorio di ecocritica (http://ecoculture.noblogs.org ) sta organizzando per il 2010 un ciclo di letture e di incontri seminariali in varie sedi, fra cui la Biblioteca Villa Leopardi di Roma, sui temi legati al rapporto tra ecologia e letteratura. A proseguimento di tale esperienza il laboratorio, insieme a FORMAFLUENS - International Literary Magazine (www.formafluens.net), intende realizzare un'antologia letteraria dedicata ai temi ambienta- li, raccogliendo vari approcci e percezioni del fenomeno tra autori di diversi paesi. L'antologia, pubblicata in volume, sarà preceduta da un dossier tematico su uno dei prossimi numeri della rivista bimestrale FORMAFLUENS.

Con la sua vocazione alla libertà e alla critica dell'esistente, la letteratura svolge un ruolo importante anche rispetto alla questione ambientale, nell'interrogarsi sul rapporto fra società ed ecosistemi. Questo non significa ridurre l'opera creativa a un ruolo strumentale, di veicolo di tesi o di messaggi politici: si tratta piuttosto di confrontarsi su un punto di vista critico e creativo che metta in relazio- ne l'arte, la storia e la natura, in un'epoca di ricerca.

Invitiamo gli interessati a contribuire con testi in poesia o in prosa che esprimano diverse visioni e percezioni della tematica. I testi, inediti o provvisti di liberatoria per la nuova pubblicazione, scritti in italiano, inglese, francese, spagnolo, o corredati di traduzione in una di queste lingue, non do- vranno superare la lunghezza di 6000 battute, e dovranno pervenire, insieme a una breve biografia dell'autrice o autore,

ENTRO IL 30 SETTEMBRE 2010 a uno degli indirizzi indicati di seguito.

Per i testi in italiano e in francese: Tiziana Colusso, [email protected] Per i testi in inglese: Marco De Bernardo, [email protected] Per i testi in spagnolo: Manuela Cipri, [email protected]

Il comitato organizzativo si riserva di selezionare tra i materiali pervenuti quelli da destinare al dos- sier sulla rivista e/o all’antologia cartacea. La selezione avverrà in base a criteri di pertinenza lette- raria, oltre che di valorizzazione della diversità di genere, di lingue e di aree geografiche.

Roma, 25 aprile 2010

51

international literary magazine www.formafluens.net

«Leggere il bosco» International laboratorio Literary di ecocritica Magazine

Call for submissions: ECOLITERATURE IN DIFFERENT LANGUAGES

Leggere il bosco (in English: "reading the woods"), workshop of ecocriticism (http://ecoculture.noblogs.org) is organizing a series of seminars in various locations, including the Biblioteca Villa Leopardi in Rome, on topics pertaining to the relationship between ecology and li- terature. In connection with this program, the workshop and its partner FORMAFLUENS - International Li- terary Magazine (www.formafluens.net) intend to produce a literary anthology dedicated to environ- mental topics, collecting various responses, approaches and perceptions by authors from different countries. The anthology will be preceded by a thematic dossier in a forthcoming issue of the bimonthly mag- azine FORMAFLUENS.

With its vocation to freedom and to social and cultural criticism, literature plays an important role in relation to environmental issues, in questioning the relationship between societies and ecosys- tems. This does not mean reducing the creative work to an instrumental function, as the vehicle of an ideological or political message: it is rather a matter of finding new critical and creative points of view, linking art, history and nature in an epoch of search.

We invite submissions of texts in poetry or prose that express different views and perceptions of the issue. The texts, in English, French, Italian, Spanish, or with a translation into one of these lan- guages, unpublished or provided with written permission for the new publication, should not ex- ceed 6000 characters in length, and must be sent, along with a brief biography of the author,

BY SEPTEMBER 30, 2010 to one of the following addresses.

Texts in Italian and French: Tiziana Colusso, [email protected] Texts in English: Marco De Bernardo, [email protected] Texts in Spanish: Manuela Cipri, [email protected]

The organizing committee will select, among the materials received, those to be included in the magazine dossier and/or in the printed anthology. The selection will be based on criteria of lite- rary relevance, as well as of diversity of gender, language and geographical areas.

Rome, May 1, 2010

52

international literary magazine www.formafluens.net

The editorial staff and authors of N.4/2010

(a/z order)

Gualberto Alvino - Filologo e critico letterario, ha dedicato particolare attenzione all’opera di Antonio Piz- zuto pubblicando, tra l’altro, in edizione critica Giunte e virgole (Roma, Fondazione Piazzolla, 1996), Spegnere le caldaie (Cosenza, Casta Diva, 1999), Ultime e Penultime (Napoli, Cronopio, 2001), Si riparano bambole (Palermo, Sellerio, 2001) e i carteggi del prosatore siciliano con Giovanni Nencioni, Margaret e Gianfranco Contini (tutti editi dalla Polistampa di Firenze). Fra i suoi lavori ricordiamo la raccolta di saggi Chi ha paura di Antonio Pizzuto? (Firenze, Polistampa, 2000, introduzione di Walter Pedullà), gli studi sulla lingua degli autori adunati in Tra linguistica e letteratura. Scritti su D’Arrigo, Consolo, Bufalino (Roma, Fondazione Pizzuto, 1998) e la curatela dell’ultima silloge poetica di Nanni Balestrini, Sconnessioni (Roma, Fermenti, 2008). Nel 2008 ha esordito nella narrativa con un romanzo dal titolo Là comincia il Messico (Polistampa). Attualmente attende a un progetto di ricerca sulla letteratura contemporanea presso il Dipartimento di Filologia, linguistica e letteratura dell’Università «La Sapienza» di Roma.

Tomaso Binga nata a Salerno vive e lavora a Roma. In arte ha assunto un nome maschile per contestare con ironia e spiazzamento i privilegi del mondo degli uomini. Si occupa dal ’70 di “Scrittura Verbo-Visiva” ed è tra le figure di punta della Poesia Fonetico-Sonora-Performativa. E' stata docente presso l'Accademia di Belle Arti di Frosinone. Tra i suoi progetti: Scrittura asemantica (1972), Scrittura Vivente (1975), Dattilocodice (1978), Biographic (1985), Picta/Scripta (1995), Ideazione/Esecuzione, progetto multimediale (1997). Tra le innumere- voli partecipazione a mostre, rassegne e festival in Italia e all’estero sono da ricordare:1978 e 2001, Biennale di Venezia; 1981, Biennale di S. Paolo do Brazil; 1986, Quadriennale di Roma; 1995, III Festival di Polipoesia di Barcellona; 1998, “Poesia Totale”, Mantova; 1999, Festival Internazionale d'Art Vivant "Polisonnerys" di Lione e VII Convegno Internazionale Art Media dell'Università di Salerno; 2005, personale antologica Auto- ritratto di un matrimonio, MLAC dell’Università “La Sapienza” di Roma; nel 2008 al VI Festival Internazio- nale “Art Action”, Monza, a cura di Nicola Frangione. Attiva organizzatrice dirige dal '74 il centro culturale “Lavatoio Contumaciale”, Roma, e dal '92 partecipa, in qualità di Vice Presidente, alla gestione della “Fonda- zione Filiberto Menna”, Salerno.

Fulvio Caccia è uno scrittore, poeta, saggista, giornalista canadese di lingua francese. Nato nel 1952 a Firen- ze da genitori napoletani e baresi, ha vissuto trent’anni a Montréal. Nel 1979 ha conseguito la laurea in Scien- za della Comunicazione all’Università del Québec. Dal 1988 vive e lavora nel Dipartimento della Seine-Saint- Denis, “il più meticcio di Francia”. E' stato tra i fondatori della rivista transculturale multilingue «ViceVer- sa» di Montréal (1983-1997). Numerose le opere di Fulvio Caccia. Poesie: Irpinia, (Guernica, 1983), Scirocco (Triptyque, 1985), Aknos (Guernica, 1994), con cui ha ottenuto il Governor General’s Award, Lilas (Trip- tyque, 1998), La chasse spirituelle (Éditions du Noroît, 2005). Nell’aprile 2010 è uscita la raccolta Italie et autres voyages (Éditions du Noroît/ Bruno Doucey éditeur) Parigi-Montréal. E’ autore insieme ad Antonio d’Alfonso dell’antologia Quêtes: Textes d’auteurs italo-québécois (Guernica, 1983).Ha curato Sous le signe du Phénix. Entretiens avec quinze créateurs italo-québécois (Guernica, 1985), raccolta di interviste con artisti di origine italiana in Canada. Nel 1994 Fulvio Caccia ha pubblicato i racconti Golden Eighties (Balzac) Ha scritto quattro romanzi: La ligne gothique (2004), La coïncidence, (2005), Le secret (2006) e La frontière tatouée (2008), tutti pubbli- cati nelle edizioni Triptyque. Del 1995 è il saggio Les connexions dangereuses: Essai sur la cyberculture (Arléa, 1995). Nel 1997 ha pubblicato La République Métis, essai (Balzac-Le Griot), una riflessione sui rapporti tra cultura, politica e globalizzazione. Del 2000 è il Manifeste pour une autre littérature (Le Devoir).Nell’aprile 2010 ha pubblicato con Bruno Ramirez e Lamberto Tassinari La transculture et viceversa (Triptyque), una riflessione sull’esperienza editoriale della rivista «ViceVersa». Fulvio Caccia dirige l’associazione culturale l’«Observatoire de la diversité culturelle» e la rivista online «Combats-Magazine.org». E’ nella redazione di «Eurocanada.info. Le magazine des deux mondes». Collabora a «Viceversamag.com» e a «Transfinito.eu».

Manuela Cipri (Italia) - Laurea in Scienze Politiche, master in Mediazione Linguistico-Culturale, corso di Al- ta Formazione in Traduzione Specializzata, Geopolitica presso Università “La Sapienza” di Roma. Assegnista di ricerca dal 2004 al 2006 per la cattedra di Lingua Inglese per il Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche. Ha svolto attività di ricerca in Canada presso Geonames di Ottawa. Fa parte di diversi gruppi di ricerca sia italiani che esteri, come la REI Rete di Eccellenza Istituzionale Italiana. Ha fondato diverse riviste anche internazionali come AtlasOrbis. È membro della Società Geografica Italiana, dell’Associazione Euro-

53

international literary magazine www.formafluens.net linguistica-sud e dell’Associazione Italiana Studi Canadesi e Associazione Italiana di Anglistica. Dal 1999 cura la rubrica di toponomastica sulla rivista International Tourism. Principali pubblicazioni: M.Cipri, Antonio Castorina, cura del volume: Semplificazione, Innovazione, Internazionalizzazione della didattica nelle lingue europee (2009) ed. A.E.S. - Processi di formazione di parole nella toponomastica Inglese, Guaraldi Editore (2004) – M.Cipri, L. Kovac: Oltre le utopie: razionalismo evoluzionista e noocrazia. in: A.A.V.V. Biologia moderna e visioni dell'umanità. Roma, Università "La Sapienza"(2004) – M.Cipri M., Helga Nowotny: Sulla difficile relazione tra le scienze della vita e le attività umane. in: AA.VV. Biologia moderna e visioni dell'umanità, Roma: Casa Editrice Università La Sapienza (2004).

Tiziana Colusso (Italy) - Poet, writer, journalist. She studied Comparative Literature in the Universities of Rome and Paris, In charge for International Projects for Sindacato Nazionale Scrittori from 2001, she is also from 2005 an elected member of the Board of the EUROPEAN WRITERS’ COUNCIL, based in Brussels. She published writings of narrative, poetry, stories and fairy tales. Il sanscrito del corpo Fermenti Rome 2007; I- taliano per straniati, Fabio D'ambrosio editore, Milan, 2004; Né lisci né impeccabili Arlem, Rome 2000, Mida au pé- riperique est, ed. Brandes, Belgium; La criminale sono io – ciò che è stato torna a scorrere, Arlem 2002. Il Paese delle Orme, Edizioni Interculturali 1999. Le avventure di Gismondo, mago trasformamondo Giara, Rome, 1998); La terza riva del fiume Edizioni Impronte degli Uccelli, Rome, 2003). She has contributed to several anthologies, both in poetry and prose. Her texts are translated and published in English (UK) French (France and Belgium); in Slovak, Latvian, Bulgarian, Ukrainian and Bengali. www.tizianacolusso.it

Gerardo Di Crola (Italie) - Né le 8 avril 1941 à Giffoni, Valle Piana. Travaille et vit à Paris depuis 1968. Di Crola se déclare artiste de l'Ephémère, de l'Instant, du Présent. Dès lors son discours corrosif s'attaque à la convention, à la mode, à l'oeuvre statique en tant que valeur pécuniaire. Ses interventions et ses installations de glace parmi lesquelles: « Hommage à Vinci » à la Biennale de Paris en 1973, « Espace Matérialisé », inter- vention de Dicrola et du Groupe VID le 29 avril 1976 à 12 heures au Salon de Mai sur l'Esplanade de la Dé- fense, « Processus » : Installation de glace au Salon « Grands et Jeunes d'aujourd'hui » au Grand Palais et au Salon de Mai à La Défense en 1977, des œuvres qui ne sont plus aujourd'hui que des souvenirs rétiniens tel que l'a voulu l'artiste, quelques photos sur toiles émulsionnées, quelques films 16 mm, des traces d'oxydation sur des plaques chauffantes. En 1979 il peint, mais à l'opposé de la Peinture Cultivée Italienne, il revisite l'his- toire et traite la citation avec ironie. Il participera entre autres à l'exposition « Pictura Loquens » avec no- tamment Adami, Du Buffet, Yves Klein, organisée par Gérard-Georges Lemaire en 1986 à la Villa Arson de Nice et au Palais Royal de Milan. En 1991 – A partir de 1995, l'artiste reconsidère la trace au travers de cli- chés, de coupures de journaux qu'il remanie : télescopages d'images, apparitions/disparitions. C'est une série d'impressions jet d'encre sur toiles exposées à l'Université du Mirail à Toulouse en 1998, et des impressions jet d'encre sur tôles. En 2000 il participe à l'exposition « Cantico » - Musée de la Permanente à Milan avec une oeuvre intitulée « La cappella della natura » et participe parallèlement à l'exposition «Castelli in aria » au Musée Castel Sant'Elmo de Naples. En 2002, dans le cadre de l'exposition « Strategia della Differenza» (couverture du catalogue : La Main de l'artiste – Dicrola - 1978) organisée par Giacomo Zaza au Museo La- boratorio d'Arte Contemporanea – Université « la Sapienza » de Rome avec notamment Georges Brecht, Pie- ro Gilardi, Ray Johnson, Janis Kounellis, Robert Longo, il expose un ensemble d'oeuvres traitant de l'identité « S. Paolo di Tarso (le un et le multiple) » - 1974, « La Donna Fantasma » - 1975, « Stella Polare » 1991, « Main lumineuse » 2001. 2002 – Capodopera – Framart/Studio – Naples avec J. Beuys, D. Oppenheim, V. Pisani, M. Zaza 2007 – Biennale de Venise – Difesa de la Natura – présentée par Lucrezia de Domizio Du- rini à l'Espace Thetis – Vidéo et happening « Lux Corpus 2008 – Una superacion del arte MAYO68 o el es- pectaculo de la sociedad – Fondation Rafael Boti Puertanueva – Cordoba (Espagne). 2009 “The Creative Room”, Isola di Certosa, Venise. 2009 “Expo CO2 TERRE”, Tour & Taxis, Bruxelles

Marco De Bernardo (Italia) – Dottore di ricerca in Letterature di lingua inglese presso l'Università “La Sa- pienza” di Roma, con tesi su “Metamorfosi e mito nell'opera di Wole Soyinka”. Ha pubblicato saggi, curato volumi e partecipato a convegni nell'ambito delle letterature anglofone di Africa e Caraibi. Attualmente si occupa soprattutto del poeta e drammaturgo caraibico Derek Walcott, dal punto di vista dell'uso di riferi- menti al mito omerico e della rappresentazione della natura. Nel quadro degli studi su letteratura e ambiente, è ideatore e coordinare del laboratorio interdisciplinare di ecocritica “Leggere il bosco”, avviato a Roma all’inizio del 2010.

Franco Falasca (Italia) Nato a Civita Castellana (VT), vive a Roma. Ha prodotto, oltre a poesie e racconti,

54

international literary magazine www.formafluens.net anche poesie visive, films super 8, video, fotografie, performances. Ha organizzato rassegne e manifestazioni. Nel 1973 fonda (con C. M.Benveduti e T.Catalano) l’Ufficio per la Immaginazione Preventiva con cui collabora fino al 1979; partecipando come artista alla Biennale di Venezia 1976. Suoi testi e materiali vari so- no stati pubblicati, oltre che nei cataloghi delle mostre alle quali ha partecipato, anche su varie riviste ed anto- logie e nei volumi:: "Una casa nel bosco - Prose e racconti", Edizioni Latium/Ouasar, Roma, 1990, vincitore del Premio Letterario Orient-Express 1990 - “Nature improprie (poesie 1976-2000)”, Fabio D'Ambrosio Editore, Milano, 2004, vincitore del Premio di Poesia Lorenzo Montano XIX edizione (2004-2005) della Provincia di Verona. www.webalice.it/francofalasca/

Paolo Guzzi (Italie) - Poète, critique et traducteur, né à Rome en 1940, actuellement il vit et travaille entre Rome et Paris. Il a de nombreuses publications dont des poésies : Consumo pro capite, 1972 ; Moduli di trasfor- mazione, 1980 ; Continuum, 1985; Dizionario in versi, 1991, Ecografie, 1999 ; Verbatim, 2003; Arcani Archetipi, 2006. Des Essais : Il café chantant a Roma, 1995 ; Il teatro a Roma, 1998 ; Teatro e no, 2004 ; Linee di tendenza della perfor- mance (dans Avanguardia 2001) ; Il teatro di ricerca in Italia (dans Avanguardia, 2002) ; Teatro e no : il teatro del ver- bo-visivo (dans Avanguardia 2003). Il a publié aussi différentes traductions dont Dom Juan de Molière ; Un mangeur d'opium de Baudelaire ; Juliette de Sade et Une ténébreuse affaire de Balzac. Et Six contes marins dans l'anthologie française ; Une journée de littérature en Méditerranée, préfacée par François Renucci, chez Al- biana, Ajaccio, 2005. Il a été traduit dans différentes langues : français, ukrainien, anglais, polonais, espagnol et roumain. Ses textes figurent dans plusieurs anthologies italiennes et étrangères. Il anime des récitals poétiques en Italie et à l'étranger. Il organise, aussi, des expositions de poètes visuels à Rome et à Paris. Il collabore égale- ment avec la Radio Italienne et plusieurs journaux et revues littéraires.

Luari Kubuitsile (Botswana) is a full time, award-winning writer from Botswana. She has three published children’s books, two detective novellas, a romance novella, and three collections of short stories for children co-written with two other Batswana writers. She was the 2007 recipient of the Botswana Ministry of Youth and Culture’s Orange Botswerere Award for Creative Writing. In 2009 she won the Baobab Literary Prize (USA) in the junior category.

Mario Lunetta – (Italia) poeta, narratore, drammaturgo, saggista. Ha pubblicato: Poesia: Tredici falchi, 1970; Lo stuzzicadenti di Jarry, 1972; Chez Giacometti, 1979; La presa di Palermo, 1979; Convenevoli d’uso, con L. Fontanel- la, 1980; Lunario Totemico, con G. Toti, 1981; Flea Market, 1983; Morsure, 1983; La Torre dell’Ammiragliato, 1985; Cadavre exquis, 1985; Autoritratto con acrostici, 1987; In abisso, 1989; Wunderkammer, 1990; Panopticon, 1990 con di- segni e litografie di F.P. di C.Cattaneo; Piano-sequenza, 1990, con acqueforti e acquetinte di S.Paladino; Sorella acqua, 1991, con serigrafie di C.Budetta;Saldi di fine stagione, 1992, con pastelli di F.P. Delle Noci; Antartide, 1993; Catastrofette, 1997, con un acquerello di E.Masci; Cunnichiglie, 1997, con acquerello di E.Masci; Roulette occidentale, con un disegno di B.Caruso, 2000; Lettera morta, 2000, con disegni di G.Porziano; Ersatz; con stam- pe a secco di C.Budetta. Saggistica: La scrittura precaria, 1972; Invito alla lettura di Italo Svevo, 1972; Il surrealismo, 1976; Sintassi dell’altrove, 1978; L’aringa nel salotto, 1984; Da Lemberg a Cracovia,, di certi poeti, di certe poetiche1984; Et dona ferentes, 1986; Le dimore di Narciso, 1997; Invasione di campo: proposte, rifiuti, utopie (2002). Ha curato l’Azione letteraria, scritti e teorici di Velzo Mucci; I Viceré di Federico De Roberto; Una vita, Senilità, La coscienza di Zeno, i Racconti di ItaloSvevo; Canti Orfcidi Dino Campana; le antologie Poesia italiana oggi, 1981; Verso Roma/Roma in versi, 1986; Poesia italiana della contraddizione, con F. Cavallo, 1989; Poesia civile e politica italiana, 1996. E’ coautore con F. Bettini e F. Muzzioli di Letteratura degli anni Ottanta, 1985. Narrativa: Comikaze, 1972; Dell’elmo di Scipio, 1974- premio Pisa; I ratti d’Europa Editori Riuniti, 1977 - finalista al Premio Strega; Mano di fragola, Editori Riuniti ,1979 - finalista al Premio Viareggio; Ritratto di cavaliere, 1985; Guerriero Cheyenne, Piero Manni, 1987; Cucaracha, Empiria, 1988; Puzzle d’autunno Camunia, 1989 - finalista al Premio Strega; L’ubicazione di Lhasa,, Camunia, 1993; Mercato delle anime, Piero Manni,1998; Penalty, 1998; Montefolle , Piero Manni-Quasar,1999; Soltanto insonnia , Odradek, 2000 e molti altri. La sua ultima pubblicazione è La forma dell’Italia. Poema da compiere (Manni, 2009).

Gabriella Maramieri (Italia) - Nata a Roma, vive a Cerveteri. Laureata in lettere, è giornalista e counselor somato-relazionale. Conduce seminari di consapevolezza e di equilibrio tra le energie che collegano la psiche al soma. È autrice di poesie, fiabe, racconti e di una storia a puntate di genere erotico satirico pubblicata sul mensile "Kiss me!". Da sempre coltiva l'hobby della pittura e della ceramica. Ha partecipato a mostre collet- tive e personali, vicendo premi artistici.

55

international literary magazine www.formafluens.net

Paola Mastropasqua (Italia )Nel 2003 si è laureata all’Università “La Sapienza” di Roma in Lingue e Civiltà Orientali, specializzandosi in lingua giapponese. Dopo la laurea ha compiuto diversi viaggi in Giappone tra cui nel 2005 un soggiorno di tre anni a Osaka, grazie al quale ha potuto approfondire la conoscenza della lin- gua e della cultura. Tornata in Italia nel 2008 ha continuato a rimanere in contatto con quel mondo, lavoran- do per brevi periodi all’Istituto Giapponese di Cultura dove si è occupata di traduzioni e dell’ufficio stampa relativo alle mostre e ai concerti a cui ha collaborato. Attualmente vive a Roma dove svolge attività di tradu- zione e interpretariato free-lance e continua a collaborare con l’Istituto Giapponese di Cultura.

Luigi Monteferrante is a Canadian poet & composer. He works as Gang of Tolstoy, manufacturers of mu- sic for the savant-garde: www.myspace.com/gangoftolstoy. MP3 album downloads at: www.cdbaby.com/Artist/GangofTolstoy Also: Napster, Amazon, iTunes. Luigi's recent poetry has been published in: Neon,Quills Canadian Poetry Magazine, Yellow Mama, Word Slaw, poetryfriends, Poe- sia/Indiana Bay, kudos, Sonar4, Poet’s Ink Review, TheBattered Suitcase/Vagabondage Press, Twisted Ton- gue, DanseMacabre,Language & Culture, Kritya, Burst Now, Motel 58,greenbeard, Glass Poetry Journal, Wow, Orbis, Faraway Journal,riverbabble, Blueprint Review. Short stories appeared in: ChicagoQuarterly Review, Happy. Just completed, a play and a musical.

Ninomiya Daisuke (Giappone) (secondo l’uso giapponese, il cognome precede il nome proprio) si è laurea- to presso la Kwansei Gakuin University con una tesi sulla nascita della mafia. Attualmente (giugno 2010) fre- quenta il Corso di laurea in Lettere presso l’Università di Roma Tre. Appassionato di letteratura contempo- ranea, in particolare quella d’infanzia, sta svolgendo una ricerca su Gianni Rodari, noto autore italiano per ra- gazzi. Inoltre, attraverso il sito Internet "Osaka Doughnuts Club" (www.osakadoughnutsclub.com), è da tempo nel settore della mediazione culturale, nel tentativo di presentare la cultura italiana al pubblico giappo- nese.

Cetta Petrollo (Italia) é nata a Roma dove dirige la biblioteca Vallicelliana dopo aver diretto la biblioteca An- tonio Baldini e la Biblioteca Universitaria Alessandrina. Moglie del poeta Elio Pagliarani, é autrice di poesia e prosa. Ha pubblicato Sonetti e Stornelli con prefazione di Amelia Rosselli ( ed. tam Tam,1984), Poesie e no (Manni ed.,2000), Pasta fatta in casa (ed.Le Impronte degli uccelli, 2001), Senza permesso con prefazione di Wal- ter Pedullà (Stampa alternativa,2007), Che se volemo di'? con prefazione di Mario Lunetta ( ed. le impronte degli uccelli,2009). Con Cosimo Budetta ha pubblicato La Peppina (ed. OGopoco,2004) e Otto fate rumene (ed. ogo- poco,2005). In via di pubblicazione la raccolta di prose Il salto della corda per Manni.

Simonetta Pitari (Italia) - Nata a Rovigo, vive e lavora a Roma. Ha compiuto presso l'Università “La Sa- pienza” di Roma studi di linguistica, filologia italiana e filologia romanza. Giornalista pubblicista, dal 1996 è impegnata nell'informazione rivolta agli italiani all'estero. Ha lavorato per le agenzie di stampa Aise e Grtv e dal 2004 per l’agenzia Inform. Si occupa da tempo di tematiche legate alla diaspora italiana nel mondo e ai migranti che s’insediano in Italia, con particolare riguardo per gli aspetti di elaborazione e di espressione cul- turale. Tra gli interessi: narrativa internazionale, letterature migranti, diritti umani, America Latina.

Remo Remotti (Italia) Nato a Roma nel 1924, attore, pittore, scultore, da giovane dopo la laurea in legge si trasferisce in Perù dove scopre il mondo dell'arte frequentando corsi serali. Rientrato in Italia trova lavoro a Milano e nel 1960 si sposa con Maria Luisa Loy, sorella del regista Nanni Loy. Frequenta l'ambiente artistico milanese ed espone i suoi quadri in gallerie private. Nel 1968 si trasferisce in Germania, dove era già stato per qualche tempo nel 1964 come assistente di Emilio Vedova, e vi rimane fino al 1971. Successivamente torna a vivere in Italia e inizia il suo lavoro nel mondo dello spettacolo con Marco Bellocchio, Renato Mambor, Ro- dolfo Roberti, Nanni Moretti, Carlo Mazzacurati, Egidio Erodico e altri. Recita ne Il gabbiano (1977) e Salto nel vuoto(1980) con Michel Piccoli, poi si impegnerà per la televisione nelle miniserie I vecchi e i giovani (1977) e La mano sugli occhi (1979). Diventato un vero e proprio oggetto di culto vivente, i fratelli Vittorio e Paolo Taviani lo inseriscono nel loro film Il prato (1979), mentre Ettore Scola lo affianca alle grandi star di ca- sa nostra (Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli) ne La terrazza (1980). Dopo essere stato diretto da Mauro Bolognini ne La storia vera della signora delle camelie (1981), viene diretto prima da Nanni Moretti in Sogni d'oro (1981), Bianca (1984) e Palombella rossa (1989), poi da Gianfranco Min- gozzi ne La vela incantata (1983) e Tobia al caffè (2000). Ma Remotti avrà anche la fortuna di recitare con Gregory Peck nel film tv Scarlatto e nero (1983), ancora con Mastroianni ne Juke-box (1983), per il cognato Nanni Loy ne Mi manda Picone (1983), poi seguiranno Luigi Faccini (Inganni, 1985) e Carlo Mazzacurati

56

international literary magazine www.formafluens.net

(Notte italiana, 1987). Ha scritto e messo in scena quattro suoi pezzi teatrali. Ha pubblicato:Ho rubato la mar- mellata Ed. Parole Gelata, Memorie di un maniaco sessuale di sinistra Ed. Noubs, Donne etc. Ed. Noubs, Con Remotti alla ricerca di Dio Ed. Noubs 2010..

Barolong Seboni (Botswana). Nato in Botswana nel 1957 ed è vissuto a Londra con la famiglia dal ’66 al ’70. Laureatosi all’Università di Gaborone, ha insegnato al Mater Spei College, poi si è trasferito negli USA per una specializzazione, Attualmente insegna presso il Dipartimento di Inglese dell’Università di Gaborone. E’ membro fondatore dell’Associazione degli scrittori del Botswana. Alcuni dei titoli delle sue pubblicazioni pubblicazioni: Windsongs of the Kgalagadi, Lovesongs, Images of the Sun, Thinking Allowed, Looking at Tomorrow, Songs. La casa editrice LietoColle ha pubblicato la traduzione italiana del volume The Disquiet Air of the Kalahari .

Seni Seneviratne (UK) is a widely acclaimed poet and live artist of English and Sri Lankan heritage. Her poetry collection, Wild Cinnamon and Winter Skin (Peepal Tree Press 2007) has been described as "a virtual master class between covers." Her performances combine spoken word and a cappella song - ".folk-tinged numbers that take all the air out the room, and make everyone shiver.." Seni has recently released a CD of poetry and song.

Mark Strand is one of the major contemporary American poets as well as an accomplished editor, translator and prose writer. Named the U.S. Poet Laureate in 1990, Strand’s career has spanned nearly four decades. A Recipient of the Gold Medal in Poetry from the American Academy of Arts and Letters, in 1999 he was awarded the prestigious Pulitzer Prize for Poetry for his collection Blizzard of One. He was in Rome as Poet- in-Residence at John Cabot University's Summer Institute for Creative Writing and Literary Translation.

arti del XXI secolo, Roma Roma XXI secolo, arti del © 2010 photo Franco Falasca MAXXI Museo nazionale delle MAXXI Museo nazionale delle

© formafluens.net 2010 - Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati Articoli e foto sono pubblicati per concessione liberatoria degli aventi diritto. È vietata la riproduzione.

57