Storia Della Riviera Di Salo Di F. Bettoni

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Storia Della Riviera Di Salo Di F. Bettoni STORIA DELLA RIVIERA DI SALÒ IN QUATTRO VOLUMI CONTE F. BETTONI. VOL. II. BRESCIA. STEFANO MALAGUZZI EDITORE. MDCCCLXXX. CAPO XVIII; Alla dominazione angioina in Brescia succede quella del vescovo Berardo Maggi — Egli per il primo s' intitola duca di Vallecamo- nica, marchese della Riviera, conte di Bagnolo — Nostro supposto sulla derivazione di questi titoli — Potenza vescovile — Il castello di Venzago e i Boccaccio ribelli alla medesima — Notizie storiche intorno alla famiglia dei Boccaccio — Opere di Berardo Maggi nella Riviera — Essa cerca far rivivere i propri privilegi — Verifica degli stessi avvenuta in Brescia — Che ne seguisse — Muore Berardo Maggi — Arrigo VII in Italia — Aiuto prestato dai Betiacensi ai Bresciani nel famoso assedio di queir imperatore — Gli abitanti di Bagolino scacciano i Lodroai e si danno alia città — Torbidi civili in Riviera — I guelfi offrono la Signoria di Brescia a re Roberto di Provenza, i ghibellini allo Scaligero — La Riviera soccorre la fazione guelfa — Ingratitudine dei cittadini verso i Rivieraschi — Questi fanno appello al Re per il riconoscimento dei loro privilegi — Sua decisione — Ricomincia la lotta fra Bresciani e Benacensi. La dominazione angioina frattanto s'andava in Bre- scia affievolendo, e i suoi governatori poca o nulla au- torità esercitavano, laddove invece il vescovo Berardo Maggi stringeva le redini del governo e se ne valeva a grandezza propria e della patria. PrT^oi- ^tcr 1 delli R -.i/..: u :. l . \W. li. ; 5 CAPO XVill Esso per primo si fregiò dei titoli di duca di Valleca- monica, di marchese della Riviera occidentale e di conte di Bagnolo, che negli atti vescovili suoi e de' suoi suc- cessori sono espressi più laconicamente coi titoli di du- ca, marchese e conte, e ciò a cagione dei vastissimi pos- sessi che la sede vescovile bresciana vantava vuoi nella Vallecamonica, vuoi nella Riviera, che, il lettore troverà in parte elencati nel nostro codice diplomatico i). Di questi titoli non si conosce l'origine né sussiste diploma, ma noi però riteniamo fossero elargizione di re Carlo d'Anjou, che, come capo della fazione guelfa, è probabile cercasse blandire in Brescia 1' orgoglio della prima dignità ecclesiastica. Il vescovo Domenico Dome- nici neir anno 1477 ne ottenne dall' imperatore Fede- rico III, IV secondo la cronologia tedesca, la conferma di cui si conserva l'atto nell'Archivio vescovile di Bre- scia; ma quando il vescovo Gabrio Maria Nava nel 181 chiese al Governo austriaco di poter fregiarsi di quei titoli, come avevano usato fare i suoi predecessori da Berardo Maggi fino al 1797, la commissione araldica connota 16 giugno 181 5 non vi acconsenti, adducendo il pretesto che mancavano le prove della legittimità 2). Il vero motivo del rifiuto era di non perpetuare titoli principeschi in dignitari ecclesiastici di provincie ita- liane soggette all'Austria. ') Cod. Dijil. pag. 68 e seguenti. /'/.'./ =) Prof. Scandali. i - </('/ vescm\> Gabrio Maria Sava. STORIA DELLA RIVIERA DI SALÒ Frattanto la potenza di Berardo Maggi andava as- sodandosi, e le riottose borgate della provincia e i feu- datari a poco a poco dovettero chinare la testa alla sua autorità, e alla forza cittadina. Fra quelli che non vol- lero sopportare il giogo vi furono i Boccaccio, di fami- glia illustre nella storia bresciana, feudatari del castello di Venzago, di cui diremo succintamente le memorie che sono riunite in un volume manoscritto che si con- serva presso l'Ateneo di Salò. IL CASTELLO DI VENZAGO E I BOCCACCIO Omettendo le notizie di questo castello che si riferi- scono ai secoli anteriori al XIII, come la strage che gli Unni fecero dei Bresciani guidati da Suppone, il ricetto dato alla regina Adelaide, e le vicende narrate nella cronaca d'Ardiccio degli Aimoni, passeremo a quelle più a noi vicine e più certe, cioè alle notizie dateci dal codice succitato. I Boccaccio, dichiarati ribelli, furono assaliti nel 1290 nel loro castello di Venzago che cadde rovinato in mano dei Bresciani, che non contanti di ciò lu posero air incanto insieme co' vasti beni che vi possedevano tutto intomo. Nel 1307 però la famiglia dei Boccaccio tentò ricuperare parte delle avite proprietà, incontrando tuttavia gravi difficoltà tanto dallato dei privati acqui- sitori, fra cui principali erano i Maggi, quanto dal lato del comune di Lonato che se ne era impossessato. Se GAFO XVIII nonché più tardi nel 1385 Martino Boccaccio, che si era grandemente segnalato nel regno di Cipro, potè otte- nere dal duca di Milano un decreto col quale gli ven- nero conferiti nuovi privilegi sopra quel feudo : ma la città di Brescia, sollecitata dai Maggi, citò il 13 mag- gio del 1400 il Boccaccio nel suo palazzo municipale perchè presentasse i documenti relativi alla pretesa pro- prietà del castello, e sentenziò che le terre circostanti spettassero in parte ai Maggi e in parte ai Boccaccio. Sembra però che Martino di mala voglia s'acquietasse a quel giudizio in quanto, che tre anni dopo, nel 1403, i Maggi si rivolsero alla duchessa di Milano instando perchè facesse cessare le molestie che continuamente soffrivano dai Boccaccio; e la Duchessa Caterina Vi- sconti ordinò ai capitani di Brescia, di Lonato e di Salò di impedire le offese dei Boccaccio di Venzago e di Rivoltella contro Y altrui proprietà. Per questa sentenza forse, e forse per altri motivi che non conosciamo, i Boccaccio si gettarono alla rivolta contro il dominio visconteo, e qualche tempo di poi con- tro il dominio del Malatesta, dichiarandosi partigiani di Facino Cane, in modo che il 30 di luglio dell'anno 1412 il Podestà di Brescia, « sono campanarum et voce preco- niim et personarum multitudine congregata » dichiarò ri- bcìli al Malatesta le seguenti persone appartenenti alle famiglie Boccaccio di Venzago e di Rivoltella : Giuliano Martino ' figliuoli di Giacomo; Lorenzo ] . , STORIA DELLA. RIVIERA DI SALÒ Filiperia di Guido ; Franceschina moglie di Guido e madre di Fiiiperio; Luchina moglie di Giuliano; Oria e Zia sorelle di Fiiiperio; Catterina moglie di Giacomo; » et quemlibet eorum proditores seditiosos rihelles ac maìce conditionis conversationis àc fatine » Questi avevano intanto nel forte di Rivoltella rac- colto una forte mano d'uomini e d'armi, che il docu- mento intitola: icftires et latrones » ma vedendo come le terre a loro soggette non volevano prender parte alla sommossa, e che i custodi delle rocche di Desenzano e di Venzago, tentati da Franceschina, Zia e Caterina, non aderivano ad aprire le porte alle armi di Facino si unirono alla schiera di lui sul Veronese, e di là vol- sero verso Carpenedolo e Calvisano che tolsero al Ma- latesta. Ma fu di breve durata la vittoria, perchè scon- fitti dal Malatesta poco dopo, il podestà di Brescia Bollano, in suo nome, pubblicava con grande solennità la condanna dei Boccaccio alla morte, « caput a spatulis amputeiur », e la confisca di tutti i loro beni. I beni confiscati passarono nel 141 3 parte in mano dei conti Prato di Mantova che li ricevettero in dono dal Malatesta e li cedettero a Lonato, parte in mano del duca Francesco Gonzaga di Mantova, che, accondi- scendendo alle istanze di Antoniolo Panizza lonatese, li vendette allo stesso comune per il misero prezzo di novecento cinquanta ducati d'oro; cosi che Lonato CAPO XVIII divenne proprietario di Venzago. E da qui le contro- versie per la giurisdizione su quel territorio fra la Ri- viera che lo riteneva compreso nel proprio territorio, e Lonato che ne possedeva il fondo, controversie che si prolungarono sotto il dominio veneziano per molto tempo, finché vennero determinati esattamente i confini fra i due paesi. Erano intanto passati parecchi anni, e i Boccaccio aspettavano ansiosi un' occasione per riguadagnare il perduto; occasione che si presentò loro favorevole nella caduta del governo di Malatesta e nel ritorno dell'au- torità viscontea. Colto il momento in cui Filippo Maria Visconti nel 142 1 riacquistava Brescia e la sua pro- vincia, i Boccaccio, condotti dal loro Giuliano, invasero il castello di Venzago, e scacciandone gli uomini di Lonato, lo ritennero fino quasi all' anno 1440. Sembra che il comune di Lonato, forse a cagione della guerra sorta in quel tempo fra Visconti e Veneti, non curasse il riacquisto del castello perchè non fu se non nell'anno citato che, calmatisi i tempi, Lonato pensò rivendicare il proprio, e intentò dinanzi ai tribunali della Repubblica contro i Boccaccio una lite che durò per più di tre lustri e finalmente venne decisa con sentenza in data 4 marzo 1456 in favore dei Lonatesi. Trentasei anni dopo, ridotti i Boccaccio alF ultima miseria ripensarono al perduto Venzago, e per riotte- nerlo promisero ad un Averoldi la metà del fondo se fosse venuto a capo, col mezzo del fratello prelato, di stjria della riviera di salò farglielo riavere. Né aveano mal pensato il colpo, per- chè, senza che alcuno lo potesse presentire, tutto ad un tratto venne nel 1539 scagliata da Roma una scomunica contro gli usurpatori del castello di Venzago, con or- dine all'arciprete di Lonato che nel mezzo delle sacre funzioni estinguesse le candele e le gettasse a terra in segno di anatema, uscendo dal tempio, e lanciando con- tro Lonato tre pietre in segno di maledizione. Ma l'ar- ciprete non s'attentò di pubblicare la scomunica, perchè le leggi veneziane lo vietavano senza il consenso del governo, né Venezia aderì alla pubblicazione. Fece però in modo che i Boccaccio con atto in data 13 luglio 1540 rinunciassero definitivamente alle loro pretese, e cosi terminò la lunghissima lite restando il Venzago al co- mune di Lonato. In quel tempo v' era pure un anti- chissimo monastero detto di S. Maria di fontana co- perta, nome di via che spesso si riscontra nell'atto di- visionale summentovato fra i Maggi e i Boccaccio.
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