Famiglie E Gruppi Dirigenti a Genova (Secoli XII-Metà XIII)

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Famiglie E Gruppi Dirigenti a Genova (Secoli XII-Metà XIII) Università degli Studi di Firenze Scuola di Dottorato in Storia Dottorato di ricerca in Storia medievale Famiglie e gruppi dirigenti a Genova (secoli XII-metà XIII). Candidato: Luca Filangieri (XXII ciclo) Coordinatore: Chiar.mo Prof. Andrea Zorzi Tutori: Chiar.mo Prof. Giulia Barone Chiar.mo Prof. Jean Claude Maire-Vigueur Settore disciplinare: Storia medievale - M-STO/01 Firenze, 3 maggio 2010 1 INDICE INTRODUZIONE (pp. I-XVIII) - I. La storiografia più recente su Genova pieno medievale: alcune considerazioni (p. II). - II. Le fonti (p. XV). PARTE I (pp. 1-40) I SECOLI X-XI: ISTITUZIONI E SOCIETÀ - I.1. I secoli X-XI: questioni istituzionali e dinamiche sociali (p. 1). - I.2. I vicecomites a Genova nei secoli X-XI: un problema aperto (p. 8). - I.2.1. I visconti di Carmadino (p. 12). - I.2.2. I visconti di Isola (p. 20). - I.2.3. I visconti di Manesseno (p. 26). - I.2.3a. Gli Spinola (p. 27). - I.2.3b. I de Castro (p. 30). - I.2.3c. Gli Embriaci (p. 33). - I.3. Famiglie viscontili e società urbana: note conclusive (p. 38). 2 PARTE II (pp. 41-167) IL COMUNE CONSOLARE (1099-1190) - I. Questioni istituzionali. - I.1. La «compagna comunis» nel secolo XII (p. 41). - I.2. La magistratura consolare: una lenta affermazione (p. 51). - II. Famiglie e gruppi di governo in età consolare: un profilo politico e sociale(p. 59). - II.1. La partecipazione politica durante gli anni 1099-1129 (p. 60). - II.2. La partecipazione politica durante gli anni 1130-1190 (p. 73). - II.2a. Due casi di fallimento o disinteresse politico: le famiglie de Bombello e Vetulo (p. 74). - II.2b. La continuità nel governo: famiglie di successo in età consolare (p. 79). - I de Guidone (p. 80). - I discendenti di Mauro de Platealonga e di suo fratello Lamberto (p. 86). - Gli Alberici (p. 112). - III. Famiglie e gruppi di governo in età consolare: considerazioni conclusive (p. 132). - III.1. La partecipazione politica in età consolare: un profilo generale (p. 133). - III.2. Gruppo di governo e militia a Genova nel secolo XII: un’equazione verificabile? (p. 140). - III.3. Milites e mercanti: fortune economiche e partecipazione politica in età consolare (p. 149). PARTE III (pp. 168-192). IL COMUNE PODESTARILE (1191-1216) - I. Il comune podestarile: questioni istituzionali. - I.1. L’istituzione del regime podestarile a Genova (1190-1191): aspetti socio-istituzionali (p. 168). 3 - I.2. L’alternanza tra consoli e podestà: questioni istituzionali (p. 173). - II. La partecipazione politica durante gli anni 1191-1216 (p. 174). - II.1. Anni 1191-1200 (p. 175). - II.2. Anni 1201-1216 (p. 184). - II.3. La partecipazione politica durante il periodo 1217-1257. Elementi magnatizi ed elementi popolari: una proposta interpretativa (p. 188). CONCLUSIONE (pp. 193-195). Tavola delle abbreviazioni (p. 196). Fonti (p. 197). Bibliografia (p. 200). 4 INTRODUZIONE Sebbene non abbia ancora ottenuto risultati davvero definitivi, il lungo dibattito storiografico sullo sviluppo delle autonomie cittadine – inteso in senso ampio, cioè in una prospettiva non solo italiana, ma più generalmente europea – ha permesso oggi di raggiungere un sostanziale accordo su due punti fondamentali: il riconoscimento del ruolo determinante della crescita economica, avvertibile fin dal secolo VIII, nell’affermazione di poteri esplicitamente riferibili alla città, e la consapevolezza dell’inserimento di questa affermazione nell’ampio spazio aperto dopo la disgregazione delle istituzioni sovralocali1. Anche l’origine delle strutture cittadine autonome nell’Italia centro-settentrionale – quelle che, arrendendosi per comodità a un anacronismo di cui si è ormai ben consapevoli, si definiscono “comuni” già dal loro primo presentarsi sotto forma di organizzazioni rette da consoli2 – è stata di conseguenza fatta risalire a una peculiare capacità da parte degli abitanti di proporsi come soggetto politico forte, in concorrenza con il potere esercitato sulle stesse città da vescovi e signori locali, sempre nel contesto di un generale sviluppo economico- demografico3. In tal senso, lo studio dei comuni italiani è stato inserito, soprattutto nel corso degli ultimi tre decenni del Novecento, in una prospettiva che rimanda a uno stretto legame tra le dinamiche sociali e quelle politico-istituzionali4. Per lo svolgimento della ricerca qui presentata si intende così partire proprio da questa consapevolezza, ponendo come oggetto di indagine il vertice della società cittadina, nella sua dimensione famigliare e nei suoi funzionamenti di gruppo. Le note peculiarità riguardo alla conservazione documentaria, non derubricabili a semplice “primato” archivistico di fonti notarili, restituiscono la possibilità di identificare con precisione l’insieme delle persone che partecipano al governo del comune di Genova e di studiarne la composizione con procedimenti prosopografici o statistici. La disponibilità della serie completa degli Annali cittadini, la 1 Un inquadramento generale di tali acquisizioni storiografiche, esplicitamente rivolto a un contesto europeo, è ora disponibile in G. Milani, Il potere delle città, in Storia d’Europa e del Mediterraneo, VIII, Il medioevo (secoli V- XV). Popoli, poteri, dinamiche, a cura di S. Carocci, Roma 2006, pp. 629-664. 2 Già negli anni Settanta del secolo scorso Ottavio Banti metteva in guardia dall’approccio troppo disinvolto a un problema che, ovviamente, non è soltanto di natura terminologica: O. Banti, «Civitas» e «commune» nelle fonti italiane dei secoli XI e XII, in «Critica storica», IX (1972), pp. 568-584. 3 Una sintesi non recentissima, ma ancora imprescindibile per l’ampiezza e la strutturazione dei problemi affrontati, è rappresentata dal saggio di R. Bordone, Nascita e sviluppo delle autonomie cittadine, in La Storia. I grandi problemi dal medioevo all’età contemporanea, a cura di N. Tranfaglia e M. Firpo, II, Torino 1986, pp. 427-460. 4 Per uno sguardo d’insieme si veda M. Vallerani, La città e le sue istituzioni. Ceti dirigenti, oligarchia e politica nella medievistica italiana del Novecento, in «Annali dell’Istituto italo-germanico di Trento», XX (1994), pp. 165- 230. Ancora fondamentale è la messa a punto metodologica operata da G. Tabacco, Storia delle istituzioni come storia del potere istituzionalizzato, in Forme di potere e strutture sociali in Italia nel medioevo, a cura di G. Rossetti, Bologna 1976, pp. 33-40. 5 documentazione prodotta dal comune, quella conservata dal vescovo e dai più grandi monasteri rendono insomma il caso genovese, già dal secolo XII, un eccezionale osservatorio della sperimentazione politica: l’obiettivo di questa tesi sarà dunque quello di sfruttare in maniera originale le possibilità offerte da questo osservatorio, per individuare anche a Genova lo stesso primato di una cultura di governo che si osserva in tutta l’Italia comunale. I. La storiografia più recente su Genova pieno medievale: alcune considerazioni. Quanti si sono occupati della realtà genovese, Grendi escluso, hanno posto l’accento più sulle istituzioni in sé che sugli uomini o gruppi che le hanno espresse, privilegiando il fatto giuridico-istituzionale e trascurando invece la dinamica sociale, la storia del costituirsi di un sistema sociale come sistema di potere, per usare un’espressione di Tabacco. Questo atteggiamento, che è solo in parte giustificabile con la formazione dei singoli studiosi, mi sembra motivato da una ragione contingente: la maggior facilità con cui si può studiare uno statuto o un testo normativo come fatti isolati, rispetto a un’operazione di storia globale o sociale che dir si voglia, che mediante l’uso combinatorio delle fonti addivenga all’individuazione di persone, di famiglie, di gruppi che possiedono una base economica, un prestigio, un potere o una coscienza capaci di orientare il proprio modo di vita e le proprie ambizioni in una determinata prospettiva politico culturale5. Alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, Giovanna Petti Balbi, certamente stimolata dai risultati di una ricca stagione di studi che proprio in quel periodo avevano interessato i ceti dirigenti delle città e dei comuni italiani6, fotografava in questa maniera una grande questione aperta della storiografia genovese: quella dello studio della società urbana nei secoli del pieno medioevo. Se si esclude infatti una serie di ricerche dedicate negli stessi anni allo studio dei ceti dirigenti di città e aree rurali in Liguria, che ha portato al raggiungimento di risultati molto diversificati per ampiezza di interessi e spessore scientifico7, si può certamente concordare con la studiosa genovese sul fatto che la società cittadina genovese − specie quella dei primi due secoli dell’esperienza comunale − sia stata e a tutt’oggi sia ancora ben poco indagata. Senza dubbio le difficoltà che si trova a dover 5 G. Petti Balbi, Genesi e composizione di un ceto dirigente: i «populares» a Genova nei secoli XIII e XIV, in Spazio, società e potere nell’Italia dei comuni, a cura di G. Rossetti (Quaderni GISEM, 1), Napoli 1986; anche in Ead., Una città e il suo mare. Genova nel medioevo, Bologna 1991, p. 116; il riferimento è soprattutto a E. Grendi, Profilo storico degli alberghi genovesi, in «Mélanges de l’Ècole française de Rome», 87 (1975), pp. 241-302. 6 A titolo di esempio, evidentemente senza pretese di completezza, si possono citare i saggi raccolti negli Atti dei Convegni del Comitato di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana: I ceti dirigenti in Toscana nell’età precomunale, Atti del I Convegno (Firenze, 2 dicembre 1978), Pisa 1981 e I ceti dirigenti dell’età comunale nei secoli XII e XIII, Atti del II Convegno (Firenze, 14-15 dicembre 1979), Pisa 1982. 7 Si tratta dei saggi raccolti nei primi tre volumi di La storia dei genovesi. Atti del I, II e III Convegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Genova, Genova 1981-1983, curati dall’Associazione nobiliare ligure. 6 affrontare chiunque voglia studiare delle fonti genovesi, e la più facile individuazione in sede storiografica dei momenti e dei problemi di natura giuridica, politica e istituzionale rispetto a quelli di carattere sociale, sono alla base di questa mancanza di indagini di ampio respiro8.
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