Nirvana (G. Salvatores - Italia 1997) - Opinione - L'informazione È L'oppio Dei Popoli
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13.12.2017 Nirvana (G. Salvatores - Italia 1997) - Opinione - L'Informazione è l'oppio dei popoli Opinioni Shopping Il Mio Ciao Ok ! Pubblicita Home > Cultura e Spettacolo > Cinema > Tutti i film > N > Nirvana (G. Salvatores Italia 1997) > Opinioni Opinione su Pubblicita Nirvana (G. Salvatores Italia 1997) Valutazione complessiva (1): Tutte le opinioni su Nirvana (G. Salvatores Italia 1997) Modifica la tua opinione Opinione Leggi tutta l'Opinione L'Informazione è l'oppio dei popoli brest 05.11.2009 Vantaggi: Finalmente un sci fi italiano di sicura originalità Azione per questa opinione . Modifica la tua opinione Svantaggi: Scrivi un commento Pochi e trascurabili . Su di me: Recensioni di TUTTI i film che ho visto al cinema nella mia vita, Aggiungi brest agli Autori preferiti dal passato al presente (ad oggi: ... Richiedi le Opinioni di brest Consiglio il prodotto: Sì Continua... Iscritto da: 07.02.2001 Opinioni: 981 Fiducie ricevute: 533 Le valutazioni dell'Opinione Questa Opinione su Nirvana (G. Salvatores In media l'opinione è' stata valutata Eccellente da 18 utenti Ciao 1997) è stata letta 1169 volte ed è stata cos dagli iscritti: L’eroe (Diego Abatantuono) è Solo. Eroe del videogame, intendo. Jimi, il suo programmatore (Christopher Lambert), non se la passa certo meglio, ma "Eccellente" per (100%): almeno la sua tristezza è reale e non virtuale. In una società posttutto, la cybervita è l’unica dimensione in cui andarsi a raccattare un po’ di rivincite, 1. Bugsy ma né il malinconico creatore di mondi, né Lisa, la sua amante perduta (Emmanuelle Seigner) possono fermare il Mercato, moloch ingoiatutto che, ora 2. baol70 sotto forma della multinazionale Okosama Starr, impone al professionista confezionatore di universi finti di terminare il nuovo clamoroso gioco che sbancherà i luccicanti negozi di software del prossimo Natale: Nirvana. 3. achernarII_la_vendetta Problema: per colpa di qualche enigmatico virus del sistema, Solo capisce di essere un pupazzo pirandelliano, destinato all’infinita replica di situazioni, e ancora altri 18 iscritti parole, emozioni al silicio, e chiede al suo artefice di cancellarlo, di fermare quel mondo e farlo scendere da lì. Con l’aiuto di due bracconieri iper moderni, l’hacker pugliese Joystick (Sergio Rubini) e la smemorata Naima (Stefania Rocca), corsara delle banche dati, Jimi proverà a far cadere un La valutazione generale di questa Opinione granello di sabbia nell’ingranaggio perfetto dell’ipnosi collettiva al servizio del cieco profitto. basa solo sulla media delle singole valutazio Un granello bello grosso. Cè stato un tempo in cui Gabriele Salvatores, malgrado gli Oscar e il tanto denaro piovutogli nel frattempo in tasca, aveva ancora coraggio da vendere: Risultati simili a Nirvana (G. Salvatores solo che, invece di venderlo, lo usava in proprio per costruire un cinema ruspante e stracolmo di personalità, certamente anche un po’ ingenuo, ma 1997) fatto di una solida pasta materiale le cui venature di aurea originalità sfregiavano la deriva dei generi e la tradizione del cinema come intrattenimento e sottile additivo del pensiero. lg g2 lg g3 motorola moto g lg g2 min Era il 1997, entrai in un cinema di Brescia per vedere in compagnia di amici il nuovo film del napoletano partenopeo e parte milanese, di cui avevo troppo amato “Marrakech Express” (1989), “Turné” (1990, non visto al cinema) e “Mediterraneo” (1991) per non dare al regista una nuova chance dizionario ingleseitaliano anche dopo le delusioni che avevo patito ad opera di “Puerto Escondido” (1992) e “Sud” (1993). Triturando il precipitato di “Blade Runner” in un imprecisato futuro italico di globale decadenza e disarmo, GS (aiutato nella stesura dello script da Pino Cacucci e Glorica Corica) allestisce un geniale luna park riutilizzando con intelligenza i giganteschi spazi abbandonati degli stabilimenti Alfa Romeo del Portello, a Milano, combaciando il pragmatismo dell’idea produttiva con il valore storico di un recupero dell’archeologia industriale della sua città; riempie il racconto di riferimenti sociofilosofici (da cui il titolo del gioco e della pellicola) e il film di personaggi interpretati dai tanti Fotografie per Nirvana (G. Salvatores Italia 1997) amici e sodali della sua ciurma elfica (Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania, Bebo Storti, Gigio Alberti), che fanno squadra per appoggiare il manipolo di protagonisti veri, tra i quali spicca il recupero del più sfortunato ‘highlander’ del cinema, quel Christopher Lambert che era passato dalle stelle di Hollywood ai cantieri molto peggio pagati del cinema europeo (in “I Love You” di Ferreri non riuscì a far uscire il suo personaggio dal ridicolo involontario, ne “Il Siciliano” di Michael Cimino il suo Salvatore Giuliano ancora aspetta una seconda e più partecipata espressione facciale, in “Druids” il suo Vercingetorige, nato per imitare la popolarità gladiatoria Russell Crowe, venne dimenticato a tempo di record: insomma, negli ultimi quindici anni la sua carriera è stata, per così dire, in declino), ma che qui, curiosamente, trova nel suo strabismo di Venere la cifra ideale e la chiave interpretativa perfetta di un personaggio perplesso, stanco e stralunato. Abatantuono poi, anche se fotocopiando i reali atteggiamenti del proprio carattere da uno all’altro dei suoi forse troppi personaggi salvatoresiani (solo ne “Il testimone dello sposo” dell’altrimenti isterilito Pupi Avati lo vidi esercitare una diversa e ben più interessante densità recitativa) riesce a ‘funzionare’ nella comicità agrodolce di una parte obliqua, stranita, assolutamente propizia a manifestare l’identità compromessa del classico individuo figlio di Magritte, Svevo, Kafka. Uguale forza e adeguatezza dimostrano (ed è sempre segno di elevata qualità di un film la caratura dei gregari) le due ‘spalle’ Sergio Rubini e Stefania Rocca; l’uno perché gloriosamente esaltato dalla radice vernacolare di una genuinità astuta, Locandina originale morfologicamente incisiva (ottima la scena del ‘cambio di occhi’), verbalmente effervescente; l’altra perché ben inserita nella generale maschilità del tono narrativo proprio in funzione di sembianze accattivanti sì, ma volutamente borderline, androgine e di rilevante somiglianza (nell’abbigliamento, nella postura, nello sguardo) a quelle del tenente Ripley di “Alien”. Dieci anni prima di Second Life, ma quindici dopo “Tron” della Disney (qualcuno lo ricorda ancora?) ecco dunque apparecchiato l’ennesimo futuro cibernetico, stavolta in salsa italica: il dilagare di una decadenza alla Philip K. Dick si sposa benissimo con l’eterno ritardo socioculturale de nostro paese, divenuto, nella fantasia degli autori, una federazione ufficiosa di ghetti etnici permeabile ad ogni lusinga corruttiva, ad ogni virus informatico, ad ogni incubo alla “Matrix”. Peraltro, e contrariamente al suo solito, qui Salvatores non ‘ritrae’ il proprio ambito geosocioculturale di provenienza, ma fabbrica un territorio neutro, un nonpaese cui attribuiamo agevolmente attributi di italianità solo perché popolato da figure e personaggi a noi sin http://www.ciao.it/Nirvana__Opinione_1156217 1/3 13.12.2017 Nirvana (G. Salvatores - Italia 1997) - Opinione - L'Informazione è l'oppio dei popoli troppo familiari, e illuminato dalla caratterizzazione regionalista del pugliese Rubini. Nella sua artificialità a mezza via tra futuro imprecisato e rettilinea esattezza delle autostrade informatiche, il gioco in cui il regista ci conduce è a suo modo ipnoticamente ‘naturale’, tanto più potendolo giudicare da un decennio abbondante di distanza cronologica, e riesce a reggere l’ingombro di un plot vagamente noir grazie all’avventura, completamente esistenzialista, dell’eroe Solo, che pur sbracando il solito quid di simpatia mattatoriale in molte scene isolate e quasi sempre amaramente divertenti, alla fine della fiera restituisce bene lo spirito di abbandono e disillusione che accompagna ogni innovazione a pagamento nel futuro di un’umanità annegata nel gorgo del troppo : troppe informazioni, troppo aggiornate, troppo pervasive, troppo personalizzate e troppo simili a una modernissima versione dell’oppio di Noodles in “C’era una volta in America”, così tanto da rendere preferibile la fuga (altro tóposcardine in Salvatores) in un Mondo Altro, governato non dalla crudeltà del Caos, ma dalla rassicurante stupidità del Gioco (e qui filtra lo sguardo cieco e veggente di Jorge Luis Borges). La resa visiva dell’universo virtuale è, ancora oggi, davvero convincente nella sua metafisica sobrietà, e alcuni squarci di ortogonale solitudine fotografano le distese deserte degli algoritmi, o gli abissi frattali dei canyon di dati, con un rigore espressivo che toglie la stretta attualità dall’aspettativa estetica, e la sostituisce con il freddo ricamo del più asettico mondo possibile, solo in apparenza finto ma in realtà tanto più vero quanto maggiori e più numerose sono le deleghe (di lavoro, esperienza, di capacità di giudicare e valutare) che regaliamo alle macchine. Anche per questo “Nirvana” rimane un film da conservare e consigliare: non vedremo comunque mai un film di produzione italiana con l’etichetta del genere fantascientifico, e l’esplorazione (profonda, letteraria e scopertamente filosofica) della virtualità computerizzata era forse l’unico modo ragionevole in cui una cosa tanto rara potesse accadere davvero, della cui cosa bisogna dare atto a Gabriele Salvatores, la maggior parte delle cui ultime opere (perlomeno “Amnesia” nel 2002, “Quo Vadis, Baby?” nel 2005 e soprattutto “Come Dio comanda”