Marco Cuzzi 26 Ottobre 1927. Principessa Mafalda Riva Trigoso

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Marco Cuzzi 26 Ottobre 1927. Principessa Mafalda Riva Trigoso 1 Marco Cuzzi 26 ottobre 1927. Principessa Mafalda Riva Trigoso. Una frazione di Sestri Levante, in Liguria. È il 22 settembre 1907. La campana della chiesa di Trigoso, il borgo più antico che si erge sulla collina, rintocca mezzogiorno. Il suono, autorevole, grave e minaccioso, giunge verso il mare, a Riva, il paese costiero che vent’anni prima è stato unito al vecchio villaggio dell’entroterra. Un torrente lo divide: lo chiamano Petronio, come l’arbiter elegantiae di Nerone. All’uso ligure, qui non esiste né l’ovest né l’est. C’è Riva di ponente e Riva di levante. E in mezzo, c’è il Petronio. Ponente è il passato: un borgo di pescatori, una spiaggia intonsa, non ancora invasa dal turismo e soltanto presidiata dai gozzi, le antiche barche da pesca della tradizione. Allora erano strumenti necessari per sopravvivere, e non status symbol del vanesio di turno, pronto a deturparne la sacralità della loro antica natura. Ma Riva di ponente, quel tiepido primo giorno d’autunno, non raccoglie vanesi. Semmai, tanti increduli spettatori di ciò che sta accadendo oltre il Petronio. Perché la frazione di levante, per l’ennesima volta, sta per varare una nave. Riva di levante è il futuro. Nel 1898, al posto di osterie e reti da pesca, sono stati innalzati enormi capannoni e telai giganteschi: sono i cantieri navali della Società Esercizio Bacini, ovvero il mondo di domani sognato dal comandante e senatore Erasmo Piaggio, armatore e finanziere genovese, discendente dalla più schietta, tenace, pragmatica borghesia mercantile della Superba. Erasmo ha capito che l’età dei velieri è tramontata, e in breve tempo porterà con lei, nei musei del passato, anche i tempi delle carrozze e delle mongolfiere. Il nuovo mezzo di trasporto è il piroscafo transoceanico, straordinaria miscela fatta di grandi hotel di lusso per le antiche e le nuove aristocrazie, sobrie pensioni per il dinamico ceto medio e dignitosi dormitori per chi migra in cerca di fortuna. Eleganza, opulenza, funzionalità, tecnologia. Comodamente, si viaggia veloci verso il nuovo mondo. Piaggio non è l’imprenditore genovese di vecchio stampo, ottuso, bigotto, reazionario, come i personaggi che verranno interpretati da Gilberto Govi. A ventun’anni ha combattuto a Bezzecca, indossando la camicia rossa. Eletto alla camera dei deputati, ha militato nelle fila della sinistra, prima di passare al Senato del Regno. Dopo essere stato per alcuni anni alla guida della Navigazione Generale Italiana insieme alle potenti famiglie Florio, Rubattino e Raggio, nel 1904 ha fondato il Lloyd Italiano, la prima compagnia di navigazione che destina piroscafi principalmente alla terza classe, e quindi agli emigranti. Piaggio lo fa per interesse, ovviamente: da bravo genovese sa fare i conti, e tra un centinaio di capricciosi aristocratici e alto borghesi ai quali bisogna presentare un piroscafo trasformato in un palazzo reale e un paio di migliaia di semplici disperati abituati a sopravvivere nelle mense solidali, decide che gli 2 conviene riempire le navi di questi ultimi. Che, a differenza dei baroni e dei capitani d’industria, crescono ogni anni in modo esponenziale: tutti si imbarcano alla ricerca di un futuro, oltre l’Oceano. Ma conoscendone la biografia e la grande propensione alla solidarietà, si può comprendere perché questo vecchio garibaldino trasformatosi in uno degli uomini più ricchi del Regno introduca un concetto rivoluzionario, almeno in Italia: quello del comfort garantito per tutti, anche per la terza classe. Ha scritto lo storico della marina e della navigazione Giorgio Giorgerini: Chi ricorda le sofferenze atroci cui erano sottoposti gli emigranti durante i giorni di navigazione su vecchi e malconci bastimenti? Ammassati in locali malsani, in promiscuità, senza alcuna aereazione, in condizioni sanitarie e di vita estreme. Ogni traversata provocava la morte del 6-10 % dei passeggeri migranti e la triste falcidia si abbatteva soprattutto sui bambini. Senza parlare dei naufragi, con alta perdita di vite umane.1 Piaggio, e con lui una nuova generazione di armatori, vuole dare dignità al viaggiatore, di qualunque ceto sociale sia, secondo un combinato di convenienza e positivismo umanitario caratteristico di quell’epoca. Il comfort sarà ovviamente progressivo: di base per tutti, con ampi benefits per chi può spendere di più. Ma non c’è solo questo. Il comandante Piaggio ha idee che vanno ben oltre la semplice copertura delle rotte atlantiche, oppure la garanzia di viaggi comodi e sicuri. L’armatore, non dimentichiamocelo, è un ex garibaldino, ha militato nella Sinistra di Depretis e Crispi. Probabilmente ha letto Alfredo Oriani, il cantore della più grande Italia. Da Riva Trigoso devono essere messi in mare gli emblemi di una Nazione giovane ma determinata. L’Italia che crede di essere in grado di riscattare secoli di dominazioni, umiliazioni, divisioni. L’Italia che si sente, all’alba del nuovo secolo, finalmente erede legittima di un antico impero. Dopo la Roma dei Cesari e dei Papi, ecco comparire all’orizzonte la Roma di questo nuovo secolo che –non v’è alcun dubbio- sarà dominato dalla pace, dal progresso, dalla prosperità. E da un’Italia sempre più grande. Ci vogliono dunque navi imponenti, che possano perlomeno sostenere il confronto con le grandi compagnie britanniche (la White Star o la Cunard), tedesche (la Norddeutscher Llyod e la Hamburg-Amerika) o asburgiche (il Lloyd Austriaco). La politica di potenza non è solo militare. Tutti, in quel primo scorcio del nuovo secolo, desiderano varare mastodonti transoceanici, gareggiando per stabilire chi detiene il primato del tonnellaggio più grande, dei fumaioli più numerosi, dello scafo più lungo, del salone più sfarzoso, del più estremo nodo raggiunto sulla rotta. Ogni transatlantico diventa così la messa in scena della vanità di Narciso, dell’arroganza di Prometeo, dell’opulenza di Creso, della cupidigia di Mida. E l’Italia si aggrega, in un combinato di interessi privati e ambizioni nazionali. 1 Giorgio Giorgerini, Il disastro del Principessa Mafalda: un’ombra sulla politica marittima italiana di inizio XX secolo, in: Luciano Gariboldi, Giorgio Giorgerini, Enrica Magnani Bosio, Principessa Mafalda Titanic italiano, a cura di Riccardo Garosci, Novara, DeAgostini, 2010, p. 56. 3 E così, Erasmo Piaggio ha deciso: costruirà le più grandi navi passeggeri italiane. Non potranno forse competere con le ciclopiche produzioni straniere, come il sontuoso Amerika, varato nel 1905 dalla tedesca Hamburg-Amerika, un palazzo galleggiante di più di 22 mila tonnellate (di “stazza lorda”), arredato in stile tudor, giacobiano, old England e Luigi XIV, con ascensori elettrici intarsiati in uno sconcertante stile rinascimentale; oppure la coppia gemella del Mauritania e del Lusitania, transatlantici di circa 30 mila tonnellate ciascuno, varati nel 1907 dalla Cunard, e definiti da Kipling “mostruose città a nove ponti e settantamila cavalli”.2 Corre anche voce che la White Star di Pierpont Morgan stia per rispondere ai concorrenti commissionando ai cantieri di Belfast tre meravigliose mostruosità di almeno 46 mila tonnellate ciascuna, dalla dimensioni davvero titaniche. No, competere con tali trust internazionali è impossibile per il dinamico ma lillipuziano Lloyd Italiano. Meglio muoversi su stazze più abbordabili, ribadendo anche nel campo del trasporto navale il principio dell’Italia “più piccola tra le grandi potenze”, tante volte sbandierato dalla retorica patriottica dell’epoca. E poi, si può contrastare comunque la concorrenza di casa: la Navigazione generale italiana prosegue il dominio delle rotte sud-atlantiche con le ottomila tonnellate e i sedici nodi di velocità garantiti dei piroscafi Re Vittorio, Regina Elena, Principe Umberto. E a questi nomi regali, Piaggio risponderà con nomi altrettanto augusti: i suoi nuovi piroscafi si chiameranno Principessa Jolanda e Principessa Mafalda di Savoia, le due prime figlie del sovrano. E saranno davvero imponenti, per la media italiana: 9.210 tonnellate di stazza lorda, 148 metri di lunghezza, 17 metri di larghezza, un pescaggio di poco meno di 8 metri. Erano navi dal profilo piacevole ed elegante, contraddistinte da due alberi e due fumaioli, a scafo continuo flush deck con prora dritta e poppa ellittica, con ponti superiori estesi e passeggiate coperte. La propulsione era assicurata da 4 motrici a quadruplice espansione che agivano su due assi portaelica. La velocità raggiungeva il ragguardevole valore di 17.5 nodi.3 Le due navi hanno 100 cabine di lusso, 80 di prima classe e 150 di seconda. Per i 1200 emigranti di terza classe sono state predisposte soluzioni spartane ma confortevoli, secondo il principio già detto della dignità del viaggiatore. Il primo varo spetterà al Jolanda di Savoia, mentre la gemella è ancora in fase di allestimento. Torniamo così al 22 settembre 1907. La popolazione dell’antico borgo marinaro di Riva di Ponente, interprete inconsapevole di un’Italia altra, in apparenza antica e superata, guarda emozionata oltre il fiume Petronio il varo del primo vero gigante dei mari del giovane Regno. A levante, presso lo scivolo, il palco delle autorità è gremito. Ci sono numerosi giornalisti stranieri, sempre presenti quando uno di quei mastodonti viene fatto calare in acqua. Il varo è un evento, e come tale deve essere celebrato dalla carta stampata. 2 Richard Davenport-Hines, Lo spettro del ghiaccio. Vite perdute sul Titanic, Torino, Einaudi, 2012, pp. 69-70. 3 Giorgio Giorgerini, cit., p. 60. Il flush deck è un termine dell’architettura navale che si riferisce a un ponte “liscio” o “raso”, e quindi senza sovrastrutture (“tughe”) o casseri. 4 Madrina della cerimonia è Ester, la moglie di Erasmo Piaggio. Quello che accade di lì a poco è incredibile. Alle 12.25 il Jolanda, pavesato a festa, inizia la sua discesa, dopo i discorsi ufficiali e la tradizionale benedizione con la bottiglia di champagne. Tra le acclamazioni della folla, la nave scivola dolcemente ed entra in acqua. Subito dopo aver preso l’abbrivio, a poco più di cento metri dalla riva, ecco che questo gigante inizia a ingavonarsi sul lato sinistro.4 Mentre la nave si inclina fino a 80 gradi, dalle aperture sul fianco (devono ancora essere montati oblò, portelli e finestroni), l’acqua entra, aumentando lo sbandamento.
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