Storia Dell'architettura E Della Città

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Storia Dell'architettura E Della Città Dottorato di ricerca in "Storia dell’architettura e della città" “Architettura e città in Africa Orientale Italiana negli anni dell’impero” Dottoranda Tutore Dott.ssa Anna Nuzzaci Prof. Ezio Godoli Premessa p. 9 Capitolo I Il dibattito sull’urbanistica e l’architettura coloniale 1.1 Gli esordi del dibattito p. 13 1.2 Il Congresso Nazionale degli Architetti Italiani (Napoli, 1936) p. 29 1.3 Il Primo Congresso Nazionale di Urbanistica (Roma, aprile 1937) p. 41 1.4 Il mutamento di prospettive all’indomani della creazione dell’Impero p. 53 Capitolo II I progetti urbanistici delle città dell’A.O.I. e le principali architetture pubbliche 2 I piani regolatori 2.1 Le vicende del piano di Addis Abeba (Scioa) p. 63 2.2 Asmara (Eritrea) p. 115 2.3 Mogadiscio (Somalia) p. 141 2.4 Harar (Harar) p. 159 2.5 Gondar (Amara) p. 181 2.6 Gimma (Galla Sidama) p. 197 2.7 I piani regolatori di Massaua, Assab, Dire Daua p. 213 2.8 I piani regolatori dei centri minori p. 221 7 Capitolo III Il programma e gli organi degli enti esecutori 3.1 Gli organi di governo p. 237 3.2 Gli enti pubblici a partecipazione statale L’I.N.C.I.S. (Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato) p. 249 L’I.F.A.C.P. (Istituto Fascista Autonomo Case economico Popolari) p. 279 La C.I.A.A.O. (Compagnia Immobiliare Alberghi Africa Orientale) p. 297 L’O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti) p. 323 Capitolo IV Le opere edilizie 4.1 Problemi realizzativi dell’edilizia in A.O.I p. 339 4.2 I materiali p. 349 4.3 I materiali speciali p. 363 4.4 La casa smontabile p. 367 4.5 Le tipologie di opere edilizie Edifici per l’amministrazione p. 381 Architetture per il commercio p. 391 Architetture per il tempo libero p. 401 Ospedali e sanatori p. 411 Architetture “minori” p. 421 Conclusioni p. 425 Fonti bibliografiche p. 431 Fonti archivistiche p. 475 8 Premessa La mia tesi ha come fine quello di colmare la mancanza di una trattazione sistematica delle vicende dell’urbanistica e dell’architettura in Africa orientale italiana durante gli anni dell’impero, vale a dire nell’arco di tempo che intercorre dal 1936 al 1941. Il massimo sforzo nel settore delle opere pubbliche in Africa orientale venne prodotto dal governo fascista italiano che a partire dagli anni 1930 mise a punto i piani regolatori per la costruzione dei principali centri urbani e i progetti per la costruzione di villaggi operai e agricoli. Poiché la fondazione dell’impero dà l’avvio ad un momento fondamentale del dibattito sull’urbanistica e sull’architettura coloniale, il primo capitolo della tesi tratta dell’evoluzione del dibattito evidenziandone le due fasi, la prima, degli esordi, che si concentra sulla questione relativa alla nuova architettura da progettare nella colonia libica compresa tra la fine degli anni 1920 e il 1936 e una seconda che dalla proclamazione dell’impero prosegue negli anni seguenti in cui si registra un marcato mutamento di prospettive, con l’affermazione della cosiddetta “urbanistica razzista”. La mia ricerca ha utilizzato principalmente materiali conservati in archivi italiani. Fondamento della ricerca sono stati i fondi conservati a Roma nell’Archivio Centrale dello Stato (A.C.S.), in particolare il fondo M.A.I. (Ministero Africa Italiana), che ha permesso la ricostruzione puntuale dell’iter progettuale dei piani urbanistici dei principali centri urbani e dei progetti delle principali architetture pubbliche, argomento cardine della tesi che è oggetto del secondo capitolo. Poiché il ruolo dell’apparato statale e parastatale nell’arco di tempo considerato è decisamente prevalente sono state analizzate sempre all’Archivio Centrale dello Stato, le buste relative agli enti a partecipazione statale che hanno operato nei diversi settori dell’edilizia come l’I.F.A.C.P., l’I.N.C.I.S., la C.I.A.A.O., l’O.N.C. e ricostruiti interamente i processi di ideazione, progetto e realizzazione di ciascuno di questi enti. Gli enti a partecipazione statale sono un fenomeno peculiare delle colonie italiane. È tipico infatti del contesto coloniale italiano (come anche in Libia) che lo stato abbia sollecitamente provveduto alla realizzazione delle infrastrutture urbanistiche, del sistema dei servizi e delle strutture scolastiche, ospedaliere, ricettive e ricreative, operando attraverso una serie di organismi da lui pilotati, col fine di 9 attirare solo in un secondo momento gli interventi dei privati. Nel caso dell’Africa orientale l’intervento dell’edilizia privata avverrà in misura molto limitata per la vita breve dell’impero. Questo argomento, oggetto del terzo capitolo, ha come premessa un’analisi relativa alla struttura degli organi di governo preposti alla progettazione (come gli uffici tecnici dei Ministeri, gli uffici delle OO.PP., gli uffici tecnici delle Amministrazioni Municipali, il Genio militare) e al loro ruolo nei progetti. Tra questi, un ruolo fondamentale sia decisionale che operativo, è svolto dalla Consulta Centrale per l’Edilizia e l’Urbanistica presso il Ministero dell’A.O.I., istituita nel novembre 1936, che è chiamata a dare parere sulle direttive generali per lo sviluppo edilizio e sui progetti di piani regolatori dei centri urbani di maggior importanza, sui progetti di edifici pubblici di carattere artistico o monumentale, sui complessi di costruzioni edilizie. La consulta centrale non è solo un organo con competenza di giudizio ma svolge anche una funzione di analisi e redazione dei piani stessi attraverso l’operato delle commissioni di competenza che approfondiscono alcuni aspetti dei piani regolatori, trasmettendo successivamente il proprio lavoro al vaglio della consulta centrale. Di particolare interesse è risultata l’analisi dei verbali della Consulta che ha permesso di cogliere sfumature, giudizi, aspetti nuovi su tutti gli argomenti e i temi trattati, dall’analisi dei piani regolatori al progetto di costruzione di edifici di rilevante importanza, fino alla discussione relativa all’opportunità di utilizzo dei materiali da costruzione. Il quarto capitolo ha messo a fuoco l’argomento relativo alle opere edilizie dove è sembrato opportuno dedicare la prima parte ai numerosi problemi organizzativi incontrati dagli architetti nelle costruzioni, ai materiali utilizzati, inclusi quelli “speciali”, cioè i nuovi materiali al cui utilizzo furono indotti i progettisti anche in Italia in seguito al problema dell’autarchia. Un capitolo a parte è dedicato anche alla casa smontabile, prototipo inventato e utilizzato specificamente in Africa orientale soprattutto nel primo periodo di occupazione, prima in ambito solo militare e in seguito adeguato alle esigenze della popolazione civile a causa della mancanza di materiali o di carenza di mano d’opera. A conclusione del capitolo è stata fatta una campionatura per tipologie delle architetture di maggior rilievo ed importanza costruite nel periodo : architetture per il commercio, edifici per l'amministrazione, architetture per il tempo libero (cinema, teatri, dopolavoro), ospedali e sanatori, non tralasciando di segnalare anche quelle 10 architetture cosiddette “minori” come le stazioni di servizio o i bar che sono stati anch’essi banco di prova per le nuove forme dell’architettura coloniale . La ricerca dei documenti di archivio conservati all’Archivio Centrale dello Stato - dal cui fondo M.A.I. sono stati estratti e riprodotti 35 elaborati utili alla ricerca - è stata incrociata con fonti bibliografiche che finora non sono state adeguatamente utilizzate dagli studi storici, mi riferisco in particolare ai quotidiani pubblicati in Africa orientale negli anni trattati e di altre pubblicazioni con periodicità settimanale o mensile. Una delle fonti privilegiate prese in considerazione sono stati gli Annali dell’Africa Italiana , pubblicazione trimestrale a cura del ministero dell’Africa italiana il cui primo volume è uscito nel 1938 e l’ultimo nel 1943. Data la vastità e la varietà degli argomenti trattati non è stato possibile, né era il mio intento, approfondire in larga misura tutti i temi affrontati, e questo lavoro non ne ha la pretesa. Lo scopo della tesi è quello di gettare uno sguardo d’insieme su tutti gli aspetti della vicenda dell’architettura e dell’urbanistica in Africa orientale nell’arco cronologico 1936-1941. 11 12 1.1 Gli esordi del dibattito Quando nel maggio 1936 Etiopia, Eritrea e Somalia sono costituite in impero dell’Africa Orientale Italiana, il dibattito sull’urbanistica e l’architettura coloniale italiana è avviato da meno di un decennio. La storiografia individua due fasi del dibattito, la prima compresa tra la fine degli anni 1920 e il 1936 e una seconda che dalla proclamazione dell’Impero prosegue negli anni seguenti in cui si registra un marcato mutamento di prospettive. Gli esordi del dibattito si riferiscono alla nuova architettura da progettare nella colonia libica e sono legati alla questione sorta in seguito alle distruzioni nel tessuto urbano del centro antico di Tripoli. Alcuni tra i temi principali sono affrontati in modo esplicito nell’articolo dal titolo “Per una Tripoli più bella” 1 firmato da Maurizio Rava 2 segretario generale della Tripolitania, che appare nel settembre 1929 sul quotidiano Avvenire di Tripoli . Nel testo della relazione - elaborato in realtà dal figlio Carlo Enrico che aveva già realizzato a Homs poco tempo prima, l’albergo “Agli scavi di Leptis Magna” - è vista in modo favorevole la separazione tra la città europea e quella araba (precetto questo che sarà affermato con forza nel seguito del dibattito) e si nota una particolare attenzione verso l’architettura “minore”. È sottolineata l’importanza di preservare le zone della città araba che presentano caratteristiche ambientali di interesse che possono offrire spunti per l’ideazione della nuova architettura. Proprio affrontando il tema del nuovo linguaggio architettonico, nella parte finale dello scritto l’autore si scaglia contro l’uso indiscriminato dello stile “moresco” per il suo arbitrario soggettivismo privo di preoccupazioni filologiche. Gli edifici in stile per l’autore sono privi di funzionalità, è opportuno rifarsi piuttosto alla casa araba con corte interna, con portici e logge, interpretata come derivazione dall’archetipo della domus romana, e perfettamente adatta al clima della colonia.
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