PIETRO BADOGLIO

Biografia

Sulla figura di , sulle vicende che lo videro protagonista in cinquant'anni di storia italiana , sulle infinite discussioni che scaturirono dal suo comportamento si è scritto e altrettanto si è polemizzato.

Si tratta di una figura fra le più complesse del nostro recente passato, figura controversa e poco amata: paradossalmente oggi tra gli studiosi trova maggior simpatia un personaggio come Mussolini, più che uno come Badoglio. Da parte di biografi e cronisti Badoglio fu dapprima compiacentemente esaltato per le sue qualità di condottiero, conquistatore di Addis Abeba e dell'impero littorio, poi, nella seconda metà degli anni quaranta, quando la fortuna si volse a sfavore, fu “dimenticato” nella migliore delle ipotesi, se non attaccato apertamente.

Ritornato in auge dopo il 25 luglio del 1943, ecco ricomparire accanto a lui cortigiani, pronti ad esaltare le doti di fedeltà alla Casa regnante e agli ideali patriottici. Tramontato definitivamente il suo astro gli si riversò nuovamente contro un'ondata gigantesca di critiche, formulate da ideologie apertamente contrastanti tra loro, tese a dimostrare che in realtà il vecchio Maresciallo non era che uno sfrenato ambizioso, connivente con il regime fascista, scampato al siluramento dopo Caporetto per legami inconfessati con i poteri occulti, in sostanza un opportunista al quale ben poco interessava dei destini d'Italia. In questa sede ci proponiamo di presentare la figura e l'operato di Badoglio in forma affatto discorsiva, senza intenti di analisi scientifica e di critica. Ma cercando di offrire piuttosto un ritratto di questo personaggio , del tempo e dell'ambiente in cui visse, delle situazioni che si trovò a gestire, delle persone con cui fu in relazione.

L'abbondante apparato iconografico per buona parte inedito ci aiuterà a calarci nelle situazioni via via descritte per conoscere un Badoglio che non è soltanto un rigido militare ma anche un personaggio devoto alla famiglia e capace di affetti umani. DA GRAZZANO A ZANZUR 1871 – 1911

Pietro Badoglio nacque in una antica casa di Grazzano il 28 settembre 1871 da Mario e Antonietta Pittarelli. La famiglia Badoglio era molto antica in paese. Il cognome originario era Badolo, poi modificato.

Diversi esponenti della famiglia esercitarono il notariato, altri ancora intrapreseso la carriera ecclesiastica. La maggior parte si diede all'agricoltura ed accrebbe il patrimonio terriero , approfittando anche della disgregazione della proprietà feudale dell'Abate di Grazzano, un tempo potentissimo. Nel 1868, quando Mario si era sposato con Antonietta, era già vedovo di Edvige Mezzena dalla quale aveva avuto due figlie: Francesca e Giacomina. La seconda moglie proveniva dalla borghesia: un suo fratello medico era stato sindaco di Asti. Dal matrimonio erano nate tre femmine, Marianna, Alina e Palmina. Dopo la nascita di Pietro, nel 1873 sarà la volta di un altro maschio Giuseppe. Dopo gli anni delle elementari a Grazzano, Pietro passò ad Asti presso il liceo ginnasio Vittorio Alfieri. Doveva diventare medico.

Ma nel 1887 giunse in Monferrato l'eco del massacro a Dogali ( 500 soldati giudati da Tomaso De Cristoforis massacrati da Alula). Anche il sedicenne Pietro , alunno della quinta ginnasio apprese dalla stampa i particolari dell'accaduto e decise: non sarebbe più stato medico, bensì uomo d'armi per vendicare i caduti di Dogali. Il padre acconsentì al desiderio di Pietro, ma volle che si iscrivesse l'Accademia di Torino, dove, dopo aver frequentato un istituto privato di preparzione agli esami di ammissione all'Accademia, finalmente nel 1888 fu ammesso al 73/esimo Corso. Il 6 novembre 1890, dopo aver superato con onore gli esami finali, Badoglio venne nominato sottotenente d'artiglieria.

Dopo l'accademia Pietro passò a frequentare due anni di scuola di applicazione. L'Istituto, teso a fornire ai neonati ufficiali una solida preparazione professionale, era comandato dal generale Tancredi Saletta , da poco ritornato dal comando di un corpo di spedizione in Eritrea. Il 7 agosto 1892 Pietro veniva promosso tenente e dal settembre di quell'anno fino al 1896 compì il prescritto periodo di comando al 19/esimo Reggimento di artiglieria da campagna, stanziato a Firenze. Nello stesso anno avvenne il disastro di Adua (16mila soldati italiani furono sconfitti da centomila abissini).

Anche se il destino era già segnato, Badoglio chiese di far parte del corpo di spedizione comandato dal generale Baldissera , che il governo inviava come supporto alle truppe d'Africa e restò in Eritrea per due anni dove studiò l'amarico e divenne esperto delle geografia e delle usanze locali. Nel 1898, compiuto il biennio di servizio, il tenente Badoglio preferì rimpatriare e chiese di essere ammesso la Scuola di Guerra, altro istituto formativo per gli ufficiali destinati a incarichi di prestigio. Dopo undici anni di di permanenza nel grado di tenente giunse la promozione di capitano.

Nel 1902 conobbe la diciottenne Sofia Valania e la sposò nel 1904. Nel 1905 il capitano Badoglio venne dichiarato idoneo al Servizio di Stato Maggiore transitandovi nel Corpo. Primo impiego a Bari presso il locale XI Corpo d'armata. Passò poi a Roma presso il Comando del Corpo di stato Maggiore. In questi anni si fece conoscere ed apprezzare dai superiori. Nel settembre del 1911, mentre si trovava a Grazzano, Badoglio venne richiamato a Roma: l'Italia stava per invadere la Libia. In novembre il Generale Frugoni, comandante del corpo d'armata della Cirenaica lo chiamò a far parte del suo comando : il quarantenne capitano svolgeva un importante ruolo di collegamento nell'azione di conquista dell'oasi di Henni, tanto da meritarsi una medaglia di bronzo al valore.

In breve divenne Capo di Stato maggiore del corpo di spedizione ed è in questa veste che predispose i piani per un'azione di forza tesa a strappare ai Turchi l'oasi di Zanzur, punto di snodo per i rifornimenti di armi agli arabi dalla vicina Tunisia. Per il fatto d'armi il capitano Badoglio si guadagnò la promozione a maggiore per merito di guerra. DAL SABOTINO A VITTORIO VENETO 1912 -1919

Tenente colonnello il 25 febbario del 1915, all'nizio della guerra Badoglio fu assegato alla Stato Maggiore della seconda armata e al comando della Quarta divisione nel cui settore insisteva il Monte Sabotino privo di vegetazione e fortemente fortificato dagli austriaci anche tramite gallerie ritenute imprendibili. In tale occasione riuscì a convincere lo Stato Maggiore che per conquistare quella cima bisognava ricorrere ad una tattica diversa da quella dell'attacco frontale che aveva provocato migliaia di morti. Ebbe quindi l'idea di espugnarlo attraverso un dedalo di gallerie scavate nella roccia a livello inferiore a quelle austriache , quasi a contatto delle posizioni nemiche.

I lavori durarono mesi. Nel frattempo , promosso colonnello nell'aprile del 1916 diventato capo di Stato Maggiore del VI corpo d'armata, continuò a dirigere i lavori e comandò personalmente la brigata che prese d'assalto di sorpresa il Sabotino e ne effettuò la conquista con poche perdite. Nell'agosto del 1916 fu promosso maggiore generale per meriti di guerra e in novembre prese il comando della Brigata Cuneo. Nel Maggio del 1917 fu incaricato nel comando del II corpo d'armata qualche giorno prima della decima battaglia dell'Isonzo e conquistò il Vodice e il monte Kuk, posizioni ritenute quasi imprendibili.

Fu allora che il comandante della II armata Luigi Capello, propose la promozione di Badoglio a Tenente generale per meriti di guerra e nella successiva undecima battaglia dell'Isonzo lo destinò al comando del XXVII corpo d'armata. Sulle responsabilità di Badoglio vere o presunte nella rotta di Caporetto si animò un dibattito infinito, con una altrettanto sterminata produzione storiografica. Si parlò di una disobbedienza agli ordini di Cadorna circa l'impiego delle artiglierie, di sostanziale incapacità strategica , addirittura di abbandono del posto di comando.

In realtà, responsabilità dei fatti di fine ottobre '17 Badoglio ne ebbe di certo, derivanti dal clima di incertezza e confusione di quei giorni specialmente negli alti comandi.

In considerazione della grave situazione in cui si trovò Badoglio a dover agire, ci sembra di poter dire che la sua opera di direzione del fuoco prima e delle operazioni di ripiegamento poi, fu sostanzialmente efficace anche in quelle circostanze disastrose avendo saputo agire con prontezza all'improvvisa irruenza nemica.

La vittima più illustre della ritirata fu Cadorna sostituito da Diaz al quale furono affiancati come Sottocapi di Stato maggiore due monferrini :Gaetano Giardino e Pietro Badoglio. Nel frattempo furono respinte due offensive austriache: quella del Grappa e quella del Piave (15giugno 1918). Per Badoglio il 23 giugno arrivò una nuova promozione per meriti di guerra , al grado di Generale d'armata. Il 24 ottobre la battaglia definitiva di Vittorio Veneto chiuse le ostilità .

Badoglio guidò la delegazione italiana che trattava l'armistizio a Villa Giusti presso Padova comportandosi verso l'avversario con lealtà (ciò gli fu riconosciuto anche da qualche biografo critico). Nel novembre del 1920 a Rapallo il generale prese parte in qualità di consulente militare del Presidente del consiglio, Giolitti, alla conferenza italo-iugoslava per definire la questione adriatica e nel marzo del 1922 venne inviato in Libia per rendersi conto della difficile situazione derivante dalla resistenza anti-italiana del movimento senussita: ne avrebbe riferito al senato criticando l'esistenza del doppio Governatorato di Tripolitania e di Cirenaica e la pesantezza dell'apparato burocratico amministrativo nelle colonie.

Nella primavera del 1921 si era intanto dimesso dalla carica di Capo di Stato maggiore dissentendo dell'istituzione del Consiglio dell'esercito, organo collegiale, che avrebbe di molto ridimensionato la sua figura. Dalla Venezia Giulia alla Libia 1919 - 1934

Il 12 settembre del 1919 D'Annunzio alla testa di un corpo di volontari entrava in Fiume rivendicandone l'italianità. La questione fiumana era la spina nel fianco dei politici di quel primo dopoguerra. Fiume, secondo il patto di Londra del 1915, faceva parte dei compensi territoriali per il nostro intervento a fianco di Gran Bretagna e Francia e a fronte di un plebiscito che ne aveva deciso per l'annessione.

Forti pressioni di nazionalisti e irredentisti si scontravano con la posizione degli alleati contrari all'annessione e favorevoli alla creazione di uno Stato- cuscinetto fra Italia e Iugoslavia.

Due giorni dopo il governo italiano vista la gravità della situazione propose di nominare Badoglio Commissario militare straordinario per la Venezia Giulia, con il compito si esaminare sul posto la situazione e prendere tutte le misure atte a ristabilire l'ordine in città. Si prospettarono tre soluzioni: aderire alla richiesta degli insorti e proclamare l'immediata annessione, stroncare i moti con la forza, usare la persuasione e pervenire ad una fase di trattative.

Anche se Badoglio avrebbe voluto che senz'altro si proclamasse l'annessione, le autorità di Roma decisero per una soluzione meno traumatica e si passò a trattare. Due giorni dopo il governo italiano vista la gravità della situazione propose di nominare Badoglio Commissario militare straordinario per la Venezia Giulia, con il compito si esaminare sul posto la situazione e prendere tutte le misure atte a ristabilire l'ordine in città. Si prospettarono tre soluzioni: aderire alla richiesta degli insorti e proclamare l'immediata annessione, stroncare i moti con la forza, usare la persuasione e pervenire ad una fase di trattative.

Anche se Badoglio avrebbe voluto che senz'altro si proclamasse l'annessione, le autorità di Roma decisero per una soluzione meno traumatica e si passò a trattare. A complicare la situazione ci fu l'occupazione di Zara da parte delle truppe filodannunziane e i risultati delle elezioni politiche in Italia, dove per la prima volta le forze parlamentari storiche persero la maggioranza , facendo emergere come vincitori socialisti e popolari. Il proposito del Commissario sulla questione fiumana tra governo italiano e occupanti dannunziani era da stabilire una sorta di Modus vivendi da raggiungersi senza usare la forza.

Badoglio riuscì a gestire con intelligenza le trattative e il 15 dicembre del 1919 il Consiglio nazionale fiumano approvò un testo di accordo che riconosceva l'italianità di Fiume e prevedeva vari provvedimenti a favore della città e dei volontari. Il modus vivendi proposto da Badoglio non convinse d'Annunzio che ruppe unilateralmente le trattative , denunciando l'accordo che aveva invece convinto la parte moderata del suo movimento. L'occupazione di Fiume sarebbe ancora durata per un anno. A Roma Nitti se ne era andato lasciando il posto a Giolitti, il quale ordinò al Generale Caviglia di bombardare la città stroncandone l'ultima resistenza.

Badoglio tornò a Roma per assumere la carica di Capo di Stato maggiore dell'esercito alla quale era stato nominato il 24 novembre, tre giorni dopo essere stato promosso per meriti di guerra a Generale d'esercito: “ tornava a Roma più autorevole e apprezzato di come era partito”. Sempre nella primavera del 1921 Badoglio fu a capo della missione che si recò in Romania per consegare a re Ferdinando la medaglia d'argento al valor militare in riconoscenza della partecipazione dell'esercito rumeno alla guerra da poco conclusa.

In estate intraprese un viaggio propagandistico di due mesi negli Stati uniti, incontrando oltre alle comunitàdi emigrati italiani , pure con il Generale Pershing, già comandante del corpo di spedizione statunitense in Europa durante la prima guerra mondiale. In Italia si stava intando delineando la possibilità sempre più concreta di un colpo di mano dei fascisti. Ai primi di ottobre del 1922 il Presidente del Consiglio, Facta, lo interpellò per sapere quale atteggiamento avrebbe tenuto l'esercito in una eventuale prova di forza con i fascisti; Badoglio si disse certo che “con dieci o dodici arresti al massimo , a cominciare da Mussolini” il governo avrebbe stroncato il movimento.

Nei mesi precedente il Generale aveva già avuto contatti con Giovanni Amendola e con il ministro della Guerra, Marcello Soleri, forse gli unici esponenti liberali di rilievo che avevano sempre dimostrato ferma opposizione al fascismo. Quali fossero i sentimenti di Mussolini verso il Generale lo si può comprendere leggendo l'articolo che comparve sul Popolo d'Italia il 24 ottobre 1922: “Il generale Badoglio si sarebbe espresso in questi termini: 'al primo fuoco, tutto il fascismo crollerà': (...)Il generale Badoglio si sarebbe assunto il compito di affogare nel sangue il fascismo italiano. (...) Noi crediamo che i torbidi propositi del Generale non avranno mai una realizzazione”.

Il 23 dicembre del 1923 giunse per Badoglio la nomina ad Ambasciatore straordinario e plenipotenziario d'Italia in Brasile: fu un atto in cui i biografi videro l'intenzione di Mussolini di allontanare un personaggio che per popolarità e prestigio stava diventando un concorrente pericoloso. La missione diplomatica in Brasile terminò il 4 maggio del 1925 e per Badoglio segnò l'inizio della quindicennale collaborazione con l'oramai consolidato regime fascista, dopo essere stato nominato Capo di Stato Maggiore. Nel 1926 venne la promozione a maresciallo d'Italia per meriti di guerra. D'ora in poi sarà chiamato per antonomasia “il Maresciallo”.

Dopo le dimissioni del Generale De Bono, il Maresciallo alla fine del 1928 fu designato alla carica di Governatore unico di Tripolitania e Cirenaica. In Tripolitania Badoglio svolse operazione di conquista, affidando la conduzione delle operazioni militari al Generale : in breve venne occupata l'estesa regione meridionale del Fezzan, nella quale bande di ribelli avevano finora impedito la penetrazione italiana. Ben diversa la situazione in Cirenaica dove restava attivo il movimento politico religioso della Senussia capeggiata da Omar el-Muktar. Il 19 gennaio 1931 fu occupata l'oasi di Cufra, centro nevralgico della resistenza anti- italiana e Omar venne catturato e condannato alla forca dopo un ridicolo processo. All'inizio di gennaio del 1932 la Libia poteva dirsi pacificata.

In ambito amministrativa l'opera di Badoglio fu rivolta soprattutto alla realizzazione di opere pubbliche necessarie (ospedali, ferrovie, scuole, acquedotti). Nel 1933 cessava dall'incarico. Gli subentrerà il quadrunviro . DA MASSAUA AD ADDIS ABEBA 1934-1940

Le ambizioni coloniali del Duce nei confronti dell'Abissinia avavano trovato un facile pretesto nell'eccidio di Ual Ual, presidio controllato dagli italiani nell'Ogaden (5 dicembre 1935), quando reparti regolari del Negus avavano ucciso più di 100 persone. La nomina di Be Bono ad Alto Commissario dell'Africa Orientale e l'invio di truppe accelerarono l'inizio del conflitto.

Nell'ottobre del 1935 Mussolini dal balcone di piazza venezia nei soliti discorsi ne dichiarò l'inizio: “...ma è un intero popolo di quarantaquattro milioni di abitanti, contro il quale si tenta di consumare la più nera delle ingiustizie: quella di toglierci un pò di posto al sole”. De Bono era troppo cauto nell'avanzata verso l'interno. Il Duce aveva bisogno di successi spettacolari , quindi un mese dopo sostitutì De Bono con Badoglio. Il Maresciallo tenne subito a precisare che non avrebbe preso ordini da nessuno in materia militare, come invece era successo al suo predecessore.

Sbarcato a Massauia il 28 novembre il suo disegno era quello di far funzionare la macchina bellica. Trovò validi collaboratori ai quali si devono i successi della seconda fase del conflitto: il generale Merchiade Gabba, Capo di Stato Maggiore, L'Intendente Generale Fidenzio Dall'Ora, il colonnello Quirino Armellini.

In patria si assisteva, intanto, ad una straordinaria mobilitazione dettata dal regime contro le cosiddette “inique sanzioni” imposte dalla Società delle Nazioni contro l'Italia colpevole di aggresioni all'Etiopia.

Si lanciò la campagna “oro alla patria” che in effetti coivolse tutte le classi e le categorie ponendo le basi di quell'autarchia che avrebbe dominato negli anni del secondo conflitto mandiale. Mussolini non era soddisfastto delle cautele dimostrate da Badoglio e voleva sostituirlo. Ma con il nuovo anno si stavano aprendo buone prospettive sia sul fronte eritreo che su quello somalo. Il 12 gennaio 1936 Graziani iniziò l'avanzata che lo portò a ricacciare le forze del ras Destà, mentre dal 21 a 23 gennaio Badoglio sconfisse nel Tembien i due agguerriti ras Cassa e Sejum costringendoli alla ritirata.

La norma del maresciallo era: “ essere meticolosi nella preparazione per essere irruenti nell'azione”.

Mentre l'armata del Negus si stava dissolvendo, le truppe di Badoglio proseguivano nella loro marcia di avvicinamento alla capitale. Occupata Dessiè il 15 aprile , ai primi di maggio Hailè Selassiè abbandonò l'Etiopia. Il 5 maggio le nostre truppe entrarono in Addis Abeba. Il 9 maggio venne proclamato l'impero e Badoglio ebbe il titolo di Vicerè d'Etiopia e Governatore Generale.

Qui i biografi iniziarono a scrivere di lui in modo esagerato ed adulatorio. Dopo circa un mese il Maresciallo tornò in Italia. Ad attenderlo a Napoli c'era il principe di Piemonte. In Senato il vice segretario Serena gli consegnò la tessera onoraria del Partito Nazionale Fascista; gli fu conferita la cittadinanza onoraria di Roma e Pio XI lo ricevette in udienza privata. Il Re lo creò duca di Addis Abeba. Ritornò anche a Grazzano accolto come un gran condottiero. I Comuni della neonata provincia di Asti indissero una sottoscrizione per donargli una villa , a San Marzanotto. Divenne la residenza estiva del Maresciallo, che vi installò un attrezzato campo da boccie per sfidare gli amici.

In questa villa ricevette i principi di Piemonte nel 1938 in occasione del suo cinquantesimo di vita militare. Sempre per il prestigio di cui godeva, alla morte di Marconi nel 1937 salì alla presidenza del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il fascismo seppe sfruttare bene il “fenomeno Badoglio”, affidandogli funzioni di rappresentanza e allontanadolo gradualmente dai centri decisionali del potere militare. Dal regime Badoglio ottenne anche significativi vantaggi materiali, distinati a formare oggetto delle critiche feroci (e faziose) che imperverseranno nel dopo guerra.

Scivevano ad esempio di lui che “parte del bottino (di Adis Abeba) l'aveva venduta; col resto ammobiliò la sua villa di Roma, usando il trono del Negus come cuccia del suo barboncino...”. Il 22 maggio del 1939 venne firmato il “patto d'acciaio” tra Italia e Germani, poche settimane dopo che l' Italia aveva occupato l'Albania. Il Maresciallo espresse le sue riserve sull'impreparazione militare dell'Italia. Scrisse al Duce che nemmeno nel 1943 le nostre forze armate sarebbero state pronte a intraprendre una guerra. Il Duce di fronte alle sue riserve gli affermava che nel settembre del 1940 tutto sarebbe finito, e che “io ho bisogno di alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo della pace quale belligerante”.

Nonostante le numerose perplessità sull'effettiva preparazione militare italiana, il Maresciallo non ritenne di dover portare il proprio dissenso alle estreme conseguenze e di rassegnare le dimissioni dalla carica ricoperta. Dal “giorno delle baionette” ai “governi di guerra” 1940- 1944

Ciano scriveva alla fine di maggio del 1940 che Badoglio faceva oramai buon viso a cattivo gioco e si prepara alla guerra. Nella prima campagna contro la Francia, l'unico successo militare dell'azione fu per gli italiani la conquista di Mentone.

La molto sommaria preparazione logistica della campagna ci costerà oltre a 1200 fra morti e dispersi e 2600 feriti. Badoglio fu a capo della commissione che trattò l'armistizio con i francesi a Villa Incisa Dell'Olgiata, presso Roma il 25 giugno. Fu poi la volta della Grecia attaccata il 28 ottobre del 1940. Badoglio disapprovava l'intervento consapevole della nostra impreparazione militare. Da subito le cose si misero male: la resistenza greca bloccò la nostra offensiva e quindi l'ordine di ripiegamento. Attaccato da Farinacci che accusava il Maresciallo di imprevidenza e di intempestività , decise di dare le dimissioni.

Venne sostituito da che polemicamente dichiarò:”siano di nuovo a Caporetto e come allora devo rimediare agli errori di Badoglio”. Il cambio della guardia aveva lo scopo di tranquillizzare l'opinione pubblica e dimostrare che la colpa dell'insuccesso in Epiro era da attribuire al Maresciallo. Badoglio si ritirò a vita privata. La situazione militare si ere fatta, intanto, critica (disfatta della spedizione in Russia, persa l'Etiopia e anche la Libia stava per cedere, gli Usa entrarono in guerra a fianco degli inglesi). Il 9 luglio gli angloamericani sbarcarono in Sicilia. Già nel giugno del 1943 Badoglio incontrò vari esponenti dell'antifascismo liberale (Bonomi, Casati, Bergamini) per discutere del governo che si sarebbe dovuto insediare dopo la caduta di Mussolini.

Il 24 e 25 luglio il duce venne sfiduciato, esautorato e arrestato. A sostituirlo fu chiamato proprio Badoglio. Il Vecchio Maresciallo - stava per compiere 72 anni- costituì un gabinetto composto di militari e alti funzionario dello Stato.

Nel suo primo proclama alla nazione ribadì la fedelta alla Corona e la prosecuzione del conflitto con tre parole che se da un lato spensero le speranze di un'immediata uscita dal conflitto, dall'altra sarebbero state rinfacciate all'infinito , anche post mortem, a Badoglio.: “ la guerra continua”. Notò Ivanoe Bonomi: “il Maresciallo non ha voluto rompere subito con la Germania; egli vuole indubbiamente negoziare il nostro distacco dall'Asse e perciò usa un linguaggio che non allarmi i tedeschi e li mantenga tranquilli per alcuni giorni”.

Badoglio si trovò quindi a gestire una difficile transizione da un ventennale regime dittatoriale ad una forma costituzionale di governo. Venne disciolto il partito fascista , furono soppressi il Tribunale Speciale, la Camera dei Fasci e delle corporazioni, il Gran Consiglio, gli organi corporativi; la Milizia venne incorporata nell'esercito e posta agli ordini del generale Armellini. Contemporaneamente Badoglio dovette proseguire le trattative con gli angloamericani a Lisbona.

L'armistizio , quindi la resa senza condizioni, venne firmato il 3 settembre in una tenda militare presso Cassibile, in Sicilia.

Subito cominciò un estenuante braccio di ferro fra Badoglio ed Eisenhover, circa la pubblicazione dell'armistizio, che ancora restava segreto. L'americano promise elusivamente un aviosbarco in grande stile nei pressi di Roma, sei ore dopo il quale si sarebbe dovuto proclamare l'armistizio da ambo le parti. In realtà lo sbarco non avvenne, ma Eisenhover impose che venisse dichiarato l'armistizio la sera dell'8 settembre.

La situazione impose di accettare la richiesta americana e alle 19,42 Badoglio lesse alla radio la notizia della resa. Subito venne deciso ed organizzato il trasferimento verso est dei vertici politici e militari dello Stato da Roma verso una località più sicura. Nella notte dall'8 al 9 settembre1943 si attuò quello che cronisti e storici avrebbero definito “fuga a Pescara”. In realtà si trattò di un trasferimento verificatosi in circostanze di eccezionale gravità: prevedibilmente i tedeschi avrebbero occupato Roma e arrestato subito il Re, il Capo del governo e i vertici militari: Sarebbe stata allora la fine dello Stato italiano per “debellatio”.

La corte e il governo si portarono a Pescara , donde si imbarcaronpo per Brindisi. Con Badoglio non parti il figlio Mario rimasto nella capitale, dove avrebbe collaborato con la resistenza; scoperto e catturato nella primavera del 1944 fu deportato al campo di Mauthausen e in seguito trasferito a Dachau. La risposta tedesca si fece subito sentire ad iniziare dal nord i nostri reparti militari vennero accerchiati e neutralizzati. In patria come all'estero si verificarono episodi di eroismo da parte dei nostri soldati che non volevano consegnarsi all'ex alleato in forza della cosidetta “Memoria OP 44” diramata nei giorni precedenti. Polemiche a non finire sull'applizazione di tale direttiva per la scarsa chiarezza del testo , taluno addirittura dubitando del suo effettivo invio ai comandi.

Mentre al nord Mussolini veniva liberato dai tedeschi e messo a capo dell'effimera Repubblica sociale italiana, il 13 ottobre Badoglio lesse la dichiarazione di guerra alla Germania; in cambio dagli alleati l'Italia ottenne il riduttivo Status di cobelligerante: le sue forze armate regolari avrebbero collaborato con quelle delle nazioni unite, inquadrati nei loro reparti ma con segni distintivi propri. Mentre gli angloamericani risalivano la penisola la propaganda fascista si faceva feroce contro Badoglio, con vignette, filastrocche e storielle :gli venivano rinfacciati gli onori ottenuti dal regime. Le ricche prebende e le sue manifestazioni di lealtà verso l'allora duce. All'inizio del 1944 si ripropose di allargare la compagine nel governo a personalità politiche.

Il secondo governo Badoglio si costitui a Salerno il 22 aprile. Ne facevano parte esponenti dei sei partiti del CLN: Croce, Togliatti e Sforza. Questo gabinetto sarebbe rimasto in carica fino alla liberazione di Roma.

Questa compagine assunse , nei pochi mesi di vita, importanti provvedimenti legislativi in ambito economico e sociale; istituì anche un organismo per l'accertamento e la punizione dei crimini fascisti e del collaborazionismo. Apprezzamenti per l'opera del Maresciallo avvennero anche da Togliatti, personaggio non certo sospetto di filobadoglianesimo.

Il 4 giugno del 1944 le avanguardie americane emtravano in Roma . Vittorio Emanuele firmò il decreto in favore del figlio e Badoglio rimise il mandato. Sperava in cuor suo che gli Alleati lo riconfermassero: gli preferirono Ivanoe Bonomi, già presidente negli anni del primo dopoguerra. Si ritirerà a Grazzano . Morì il 1 novembre del 1956.