Giancarlo Fatigati
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361 giancarlo fatigati Il coro dei padri di Padula. Avvio alla conoscenza del manufatto, per la sua analisi tecnica e conservativa* I certosini attribuiscono al canto corale, nella forma della pre- ghiera cantata, una eccezionale funzione liturgica; i padri riser- vano ad essa circa cinque ore al giorno. Il tempo dedicato al canto eÁ uno dei momenti della vita certosina in cui si concretizza il mo- dello comunitario e cenobitico dei monaci. Il corrispettivo ideale di vita anacoretico, svolto in solitudine, all'interno della cella, con la pratica giornaliera della meditazione, la preghiera, la lettura, il lavoro manuale, completa il loro disegno dottrinale. Il canto, visto da un'angolazione diversa, rappresenta per i certosini un vero e proprio esercizio fisico, collegato alle tecniche di respirazione, alle contrazioni del diaframma, all'espansione to- racica, alla postura 1. Il luogo deputato al canto nelle certose eÁ il coro in legno, posizionato all'interno della chiesa (fig. 1). La fun- zione per cui il manufatto eÁ stato ideato, progettato e realizzato investe ogni suo aspetto, dalla struttura con le sue partizioni, ai volumi intagliati, alle superfici intarsiate. Ogni elemento del coro costituisce un segno, un rimando a significati di non facile decifra- zione per chi non sia ``iniziato'' 2. *Lefigg.3, 4, 7, 11, 12, 26 e 28 sono riportate a colori alla fine del volume. 1 San Bruno, fondatore nel 1084 dell'ordine certosino, morõÁ nel 1101 senza lasciare una regola scritta, redatta solo nel 1127 da Guigo I, priore di Grenoble; nel 1133 le Consuetudines Guigonis furono approvate e nel 1163 furono diffuse a tutte le case certosine; M. De Cunzio, V. De Martini, La certosa di Padula, Firenze 1985,p.10. Per il tema del canto e l'organizzazione quotidiana della vita dei certosini si veda F. eP.Pollice, Aspetti del canto nelle comunitaÁ certosine,inLa certosa sotterranea, a cura di V. De Martini, Napoli 1992,pp.113-123. 2 Le difficoltaÁ di lettura, di interpretazione e in ultima analisi di comprensione degli impianti iconografici dei cori sono una inevitabile costante delle pubblicazioni sull'argomento; la complessitaÁ dei programmi ha determinato un naturale approccio iconografico di alcuni contributi moderni, che in area meridionale hanno raccolto un 362 Giancarlo Fatigati Fig. 1 - Il coro dei padri, ripresa fotografica stereometrica. Un esempio puoÁ valere piuÁ di molte spiegazioni: nel coro dei padri della Certosa di Padula gli appoggi degli stalli sulla pedana raffigura- no uno zoccolo di animale er- bivoro ungulato, con l'unghia bipartita (fig. 2); la loro pre- senza eÁ probabilmente un ri- ferimento alle prescrizioni alimentari dettate da Dio al popolo di Israele nel Deutero- nomio, 14, 3-21 «Questi sono gli animali che potrete man- giare: il bue, la pecora e la ca- Fig. 2 - Uno degli intagli alla base degli pra, il cervo, la gazzella, il stalli. daino, lo stambecco, l'antilo- lungimirante consiglio di Raffaello Causa del 1961; R. Causa, Giovan Francesco d'A- rezzo e Prospero i maestri di commesso e prospettiva, in ``Napoli Nobilissima'', III s. I, 1961,p.132. Per il coro dei padri di Padula si veda L. Gaeta, L'iconografia e lo stile dei cori lignei di S. Lorenzo,inLa certosa sotterranea, a cura di V. De Martini, Napoli 1992, pp. 95-108;C.Restaino, Alle radici dell'identitaÁ certosina: le storie eremitiche nelle tarsie del coro dei padri di San Lorenzo,inStoria del Vallo di Diano,IV.La cultura artistica,a cura di Francesco Abbate, Nocera Inferiore 2004,pp.89-154. Per un orientamento di tipo metodologico per lo studio dei cori intarsiati e per una bibliografia sulla funzione del manufatto si confronti M. Ferretti, I maestri della prospettiva,inStoria dell'arte italiana, XI, Forme e modelli, Torino 1982,pp.484-486. Il coro dei padri di Padula 363 pe, il bufalo e il camoscio. Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l'unghia bipartita, divisa in due da una fessura, e che rumina.» 3. Un particolare a prima vista insignificante per un occhio ``profano'', inserito al limite in una corrente di gusto diffusa nell'arredamento antico, rappresenta invece un probabile richiamo visivo alle prescri- zioni alimentari bibliche, di rimando a quelle certosine prescritte nella Regola e attentamente osservate dai monaci nella pratica di vita quotidiana 4. Il coro intarsiato in legno, in cui la comunitaÁ religiosa si riuni- sce in preghiera, canto e meditazione, eÁ stato giustamente messo in relazione, a partire dalle prime manifestazioni della tarsia rinasci- mentale prospettica, con lo studiolo umanista, luogo deputato al raccoglimento interiore, alla lettura, alla concentrazione. Non a caso la scelta di molti temi rappresentati sui pannelli eÁ comune ai due manufatti: oggetti inanimati, libri, figure geometriche, pro- spettive urbane. Il carattere meditativo, raccolto, circoscritto, iden- titario, del coro intarsiato eÁ stato ben sintetizzato da Ferretti, che ne ha dato una felice definizione: «il legno che rappresenta il legno...», per indicare la tarsia che finge gli sportelli intarsiati o i reali oggetti in legno, «la tautologia del legno». La stessa compenetrazione con- cettuale degli oggetti raffigurati, la specularitaÁ della finzione, puoÁ 3 Il testo eÁ tratto da La Bibbia di Gerusalemme, a cura di un gruppo di biblisti sotto la direzione di F. Vattioni, Bologna 1996,p.355. 4 M. A. Giusti, La mensa degli Angeli,inLa certosa sotterranea, a cura di V. De Martini, pp. 59-71. 364 Giancarlo Fatigati rappresentare una delle ``chiavi'' di ingresso per i meccanismi mentali propri di un atteggiamento meditativo 5. Il coro intarsiato certosino in virtuÁ della sua organizzazione spaziale, delle sue ripartizioni modulari, della distribuzione dei temi e delle sequenze narrative e/o iconiche rappresentate nei pannelli, ± nell'interazione con quanto viene squadernato negli intagli ± poteva probabilmente essere utilizzato come una com- plessa macchina mnemonica al servizio dei frati che vi si riunivano per cantare, pregare e meditare. Come per altrettanti loci, entitaÁ proprie delle tecniche mnemoniche, le immagini potevano rappre- sentare solo ``l'esca'' per il richiamo alla memoria di concetti, pa- role, testi riemersi attraverso l'emanazione dei significati dai segni. La stratificazione e l'organizzazione della memoria in strutture e architetture complesse, in qualche modo poteva riflettere o trarre lievito dalla stessa organizzazione e partizione dell'architettura reale che le ``conteneva''. Nel caso dei certosini il canto, prescritto dalla Regola, eÁ lode al Signore ed eÁ vera e propria preghiera, se- condo la massima attribuita a Sant'Agostino: Qui bene cantat bis orat. In quanto preghiera e lode nella contemplazione di Dio, il canto si evolve secondo un modello fatto di stadi successivi, distri- buiti lungo il percorso ascendente della ``Scala del Paradiso''; at- traverso la lectio divina, il primo dei quattro gradini, si ascende alla meditatio, all'oratio e infine alla contemplatio. La lettura dei messaggi, il percorso che si dipana nell'organiz- zazione spaziale del coro, sono intellegibili a coloro che hanno i meccanismi mnemonici ``attivati''; l'arte della memoria coltivata dai monaci condivideva alcuni tratti con l'arte della retorica classica, ma si poneva obiettivi diversi concretizzandosi in pratiche diverse 6. 5 M. Ferretti, I maestri..., cit., pp. 484, 494-495. A tutt'altro genere di ragioni appartiene la scelta del materiale per questi manufatti, dettata dalla necessitaÁ di ri- scaldare gli ambienti coprendo le fredde pareti in muratura; si veda a questo riguardo il passo sulle funzioni delle sagrestie rinascimentali in M. Haines, La Sagrestia delle Messe del Duomo di Firenze, Firenze 1983,pp.28-31. 6 Sull'argomento si veda A. Montefusco, Sui cori e la sacra scrittura,inLa certosa sotterranea, a cura di V. de Martini, Napoli 1992,pp.109-111, con un interessante excursus sui motti incisi nell'architrave dei dossali del coro dei padri, le loro relazioni con le sacre scritture, con le Consuetudines e con le Meditationes di Guigo I. Si veda inoltre l'interessante studio di MaryCarruthers, Machina memorialis: Meditazione, retorica e costruzione delle immagini (400-1220), Pisa 2006,pp.14-54, 128-130, in cui, sebbene su una cronologia precedente, sono analizzati ed esposti contenuti del tutto Il coro dei padri di Padula 365 I cori intarsiati rinascimentali presenti nel meridione d'Italia e realizzati nel periodo aureo della tecnica, prima che questa si spe- gnesse in improbabili tentativi di resa mimetica e pittorica della raf- figurazione, sono rappresentati da un numero esiguo di opere; sulle quali tra l'altro, gli studi non hanno fatto grandi progressi fino ad ora. In Campania la serie delle opere conservate potrebbe iniziare dai banconi della sagrestia di Sant'Angelo a Nilo a Napoli, conti- nuare con il coro di San Pietro a Maiella, per passare all'esempio piuÁ noto e meglio studiato dell'oratorio di Monteoliveto, e a quello successivo nell'abside della stessa chiesa, il coro dei conversi della Certosa di San Martino, i due cori presenti nella chiesa della cer- tosa di Padula, il coro dell'Annunziata a Capua, e infine i resti di un coro nella chiesa di Santa Maria di Piedigrotta a Napoli 7. applicabili alle funzioni di un coro intarsiato rinascimentale. A titolo generale possono essere consultati F. Yates, L'arte della memoria, Torino 1966;L.Bolzoni, La stanza della memoria. Modelli letterali e iconografici nell'etaÁ della stampa, Torino 1995. 7 Alcuni pannelli delle disastrate spalliere di Sant'Angelo a Nilo sono stati a piuÁ riprese - ma solo in margine ad alcune note ± accostati alla pittura di Francesco Pagano; M. Ferretti, cit, p. 537 n. 6;P.Leone De Castris, Napoli capitale mediterra- nea. La pittura al tempo di Alfonso e Ferrante d'Aragona, in Quattrocento aragonese. La pittura a Napoli al tempo di Alfonso e Ferrante d'Aragona, catalogo della mostra, a cura di P. Leone de Castris, Napoli 1997,p.44 n.