Il Suono Prima Di Tutto
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CORSI SJU – SIENA JAZZ UNIVERSITY Diploma accademico di primo livello: Batteria e Percussioni jazz IL SUONO PRIMA DI TUTTO ANALISI ED ESPLORAZIONE DELL’UNIVERSO SONORO DEL JAZZ E DELLE MUSICHE IMPPROVVISATE DA ESSO DERIVATE CANDIDATO: Giuseppe Sardina MATRICOLA: FSJU000048 RELATORE: Fabrizio Sferra CORRELATORE: Stefano Battaglia Anno Accademico 2014 - 2015 INDICE ALCUNE PREMESSE: …………………………………………………………3 • JAZZ • IMPROVVISAZIONE O MUSICA IMPROVVISATA • RICERCA CREATIVA • SULLE FONTI: IL SUONO MISTIFICATO INTRODUZIONE ………………………………………………………………..6 1. IL SUONO …………………………………………………………………….8 2. TIMBRO: ANIMA DEL SUONO …………………………………………11 3. IL CAMMINO DEL SUONO ………………………………………………14 I. Dal Rinascimento al Tardo Romanticismo…………………………………...14 • Nascita della musica strumentale e sviluppo della polifonia: Rinascimento, Barocco, Classicismo • Berlioz • Wagner • I post-wagneriani: Mahler e Strauss • Debussy, Ravel e la scuola di Rimskij-Korsakov II. Il Novecento e le Avanguardie……………………………………………...……..23 Prima Avanguardia …………………………………………………………...25 • Schönberg, la scuola di Vienna e l’Espressionismo • Stravinskij • Bartók • Gli americani: Charles Ives e Edgar Varèse Seconda Avanguardia ……………………………….………………………...47 4. IL SUONO DEL JAZZ ……………………………………………………...53 • Eterogeneità sonora 1 • Aggregati timbrici • Il “cosa” europeo, il “come” africano • Improvvisazione • L’improvvisazione nel jazz • Gesto e timbro • I ricercatori timbrici: pittori della musica I. I legni: Sassofonisti e meta-sassofonisti II. Gli ottoni e lo scambio di inflessioni tra strumento e voce III. Pianoforte, contrabbasso, chitarra IV. Batteria e percussioni: generatori timbrici per eccellenza - Free Jazz - Sculture Sonore 5. INTERVISTE ……………………………………………………………….103 DOMANDE ………………………………………………………………......104 MARCO ARIANO ……………………………………………………………105 ROBERTO DANI …………………………………………………………….116 MICHELE RABBIA ………………………………………………………….123 ALESSIO RICCIO ……………………………………………………..……..131 6. CONCLUSIONI ……………………………………………………………..143 BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA, DISCOGRAFIA …………………………..149 2 ALCUNE PREMESSE • JAZZ Lungo l’esposizione di questo lavoro utilizzerò molto spesso il ben noto termine “jazz”; ritengo importante precisare che lo adopererò in maniera convenzionale, indicativamente per riferirmi a quella musica nata negli Stati Uniti tra la fine del Diciannovesimo e l’inizio del Ventesimo secolo dalla “fusione” culturale tra il popolo africano impiantato lì in seguito alla diaspora e i colonizzatori europei, sostanzialmente per differenziarla con quella che, sempre per convenzione, chiamerò musica colta o classica europea. Il motivo di questa premessa è legato al fatto che, come ormai è risaputo, quella che oggi chiamiamo musica jazz nel corso della sua breve esistenza, proprio per la sua intrinseca disposizione a una continua evoluzione e mutazione, ha subito talmente tante metamorfosi, si è talmente tanto espansa e contaminata con culture e musiche di tutto il mondo che musicologi e studiosi non sono a tutt’oggi riusciti a delinearne una definizione netta, univoca, come succede ad esempio con altre correnti o generi musicali dai caratteri inconfondibili tipo barocco, romantico, classico, rock, pop, blues ecc ...io credo che sia proprio questa sua “indefinibilità” il sua tratto distintivo1. • IMPROVVISAZIONE O MUSICA IMPROVVISATA Un’altra precisazione riguarda il termine “improvvisazione” o “musica improvvisata”. Anche questo è un termine dal significato enormemente controverso e complesso, un concetto che abbraccia tutte le culture musicale del mondo, una pratica estremamente multi-sfaccettata che ricopre all’interno del jazz un’importanza assoluta. Nel nostro caso questo termine verrà adoperato nel corso di questo saggio, sempre convenzionalmente, col significato principale di “improvvisazione totale”, pratica derivata in massima parte dal free-jazz degli anni Sessanta, sviluppatasi in seguito in tante direzioni diverse e che, come si evince dalla terminologia, consiste nel produrre della musica, in solo o con più musicisti, senza specificare per nulla o quasi ciò che si suonerà, affidandosi quindi totalmente all’istinto, al gusto, all’esperienza, alle idee, a tutto il background proprio e dei musicisti con cui si suona, dando luogo a questa sorta di alchimia musicale imprevedibile, di salto nel vuoto. Come vedremo, l’improvvisazione rappresenta l’ “habitat naturale” dello 1 Sulla definizione e i caratteri principali del jazz consultare: Stefano Zenni, I Segreti Del Jazz. Una guida all’ascolto, cap. 1, The song is you: vedi alla voce “jazz”, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2012 (1. ed. 2007), pp. 15-24; Arrigo Polillo, Jazz, “Introduzione” e cap. 1: “Le Radici Nel Folklore”, Arnoldo Mondadori Editore, 2009 (1 ed. 1975, nuova ed. aggiornata a cura di Franco Fayenz, 1997), pp. 9-53 3 sperimentatore timbrico; si può sperimentare e agire timbricamente anche in contesti musicali dove l’improvvisazione è ridotta al minimo ma è molto importante comprendere che il grado di libertà espressiva del “ricercatore timbrico” è direttamente proporzionale allo spazio “improvvisativo” che egli ha a disposizione durante l’esecuzione. • RICERCA CREATIVA Accostato all’improvvisazione spesso troveremo il termine “ricerca creativa”. Intendo con esso riferirmi ad un ulteriore ampliamento dei propri confini, qualcosa quindi che pone ancora meno limiti dell’improvvisazione totale che è comunque un concetto legato all’esecuzione musicale, sconfinando ad esempio in tutte le altre forme d’arte (pittura, letteratura, teatro ecc.), suonando strumenti non convenzionali (come oggetti “rubati” dalla vita quotidiana destinati a tutt’altro scopo), progettando e costruendo autonomamente strumenti musicali sperimentali, inserendo in generale nelle proprie opere e creazioni qualsiasi cosa si ritenga efficace a soddisfare ed esprimere le proprie idee artistiche, senza porsi nessun limite, correndo, con grande entusiasmo, tutti i “rischi” che un’approccio simile si porta dietro. • SULLE FONTI: IL SUONO MISTIFICATO Tutte le ricerche, le analisi, gli approfondimenti e le conseguenti discussioni, i commenti e le conclusioni che da essi sono scaturiti e che costituiscono la base soprattutto dei capitoli riguardanti l’evoluzione del suono nella musica colta europea (“Il cammino del suono”) e quello sull’aspetto sonoro della musica jazz e i suoi derivati (“Il suono del jazz”) sono per forza maggiore soggette ad un’inevitabile “mistificazione”. In questa ricerca, tutto il lungo lavoro di ascolti che ho fatto per poter descrivere e parlare del “suono” della musica, ascolti che di conseguenza vengono proposti al lettore come unica strada possibile per una completa comprensione di quanto esposto, è avvenuto inevitabilmente attraverso supporti di riproduzione audio-visiva (per lo più digitali), unici mezzi che ci è dato adoperare oggi per ascoltare musica proveniente dal passato: non esistono oggi magici mezzi che ci consentano il privilegio di ascoltare ad esempio il suono di Charlie Parker durante le jam session nella Cinquantaduesima strada o di Davis, Coltrane e Adderley durante la storica registrazione di Kind of Blue ecc., ne tanto meno il suono reale del pianoforte di Chopin o delle orchestre di Wagner, considerando soprattutto che questa musica era prodotta proprio da altri strumenti, ad uno stadio evolutivo molto diverso rispetto agli strumenti che si adoperano oggi; il musicista jazz che volesse accostarsi il più possibile alla concezione sonora di un determinato musicista del passato ormai scomparso potrà al massimo avvicinarsi al suono che di questo musicista è 4 giunto a noi tramite i mezzi di riproduzione o, in rarissimi casi, sfruttando l’opportunità di passare attraverso un altro musicista che a sua volta ha potuto ascoltare quel suono dal vivo e che di questo può dare in qualche modo una, seppur comunque distorta, versione; il direttore d’orchestra che proponesse un determinato repertorio con l’obiettivo di aderire nel modo più coerente possibile a quelli che sembrerebbero essere gli ideali sonori del compositore che questo repertorio l’ha scritto, potrà farlo solo attenendosi ad indicazioni a lui giunte attraverso canali orali e scritti e dell’ascolto (dal vivo o sempre tramite mezzo di riproduzione) di altre orchestre a lui contemporanee, tutti passaggi in più che per forza di cose renderanno il risultato finale solo vicino all’idea di partenza. Dobbiamo pertanto affidarci per le nostre analisi e i nostri approfondimenti alla “mistificazione” del suono che passa attraverso tutti questi filtri poiché questa è l’unica possibilità che abbiamo, ed è su questa che è basata tutta questa ricerca. Mi rendo conto che questa precisazione possa sembrare ovvia e superflua ma a forza di riflettere, ragionare e scrivere di “suoni” che in realtà né io né nessun altro ha mai realmente udito ho provato una sorta di senso di imbarazzo e ho sentito l’esigenza di aggiungere a posteriori quest’altra piccola premessa. La sola musica che oggi possiamo ascoltare col suo suono originale è soltanto quella ascoltata nel momento e nel luogo in cui essa avviene e solamente quella figlia di processi compositivi e linguistici appartenenti all’epoca in cui viviamo. 5 INTRODUZIONE Le ragioni che mi hanno spinto a scegliere di trattare questo particolare argomento sono di natura molto profonda. Quella della sperimentazione timbrica, pratica strettamente legata all’improvvisazione, le cui possibilità espressive sono appunto proporzionali al grado di improvvisazione, quindi di “libertà d’azione”, che si sceglie di adottare nel luogo dell’esecuzione,