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Note132 152 153 Bardonecchia

Note132 152 153 Bardonecchia

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER I SERVIZI TECNICI NAZIONALI SERVIZIO GEOLOGICO D’ITALIA

NOTE ILLUSTRATIVE della CARTA GEOLOGICA D’ITALIA alla scala 1:50.000

foglio 132-152-153

A cura di R. Polino1, F. Dela Pierre1,2, A. Borghi3 (per il basamento pre-quaternario) e di F. Carraro2, G. Fioraso1, M. Giardino2 (per la copertura quaternaria) Con contributi di: G. Bellardone4 (geologia applicata); A. Conti5 (geochi- mica isotopica); M. Gattiglio2, M. Malusà1, P. Mosca1 (basamento pre-qua- ternario)

1 CNR - Istituto di Geoscienze e Georisorse - Sezione di Torino 2 Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Torino 3 Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche - Università di Torino 4 Regione Piemonte - Direzione Servizi Tecnici di Prevenzione 5 Collaboratore PROGETTO esterno del CNR - Istituto di Geoscienze e Georisorse - Sezione di Torino

Ente realizzatore Regione Piemonte Direzione Regionale Servizi CARGTecnici di Prevenzione Direttore Vicario del Servizio Geologico d’Italia: N. Accardi

Responsabile del Progetto CARG per il Servizio Geologico d’Italia: F. Galluzzo

Responsabile del Progetto CARG per la Regione Piemonte: V. Coccolo

Comitato Geologico Nazionale (D.P.C.M. 23-3-1999 e 9-12-1999): N. Accardi (presidente), G. Arnone, S. Cocco, V. Coccolo, U. Crescenti, G. Ferrandino, M. Grasso, P. Manetti, G. Mariotti, E. Martini, G. Pasquarè R. Pignone, R. Polino, A. Praturlon, M. Santantonio, F. Trincardi Si ringraziano i componenti del precedente Comitato Geologico Nazionale per il loro contributo scientifico

PER IL SERVIZIO GEOLOGICO D’ITALIA:

Revisione scientifica: G. Conte, D. Delogu, M. D’Orefice, M.L. Pampaloni, R.M. Pichezzi, D. Terribili

Coordinamento cartografico: D. Tacchia (coord.), S. Grossi

Revisione informatizzata dei dati geologici: A. Lisi, R. Ventura, F. Visicchio

Coordinamento editoriale e allestimento per la stampa: M. Cosci (coord.), S. Falcetti, F. Pilato

PER LA REGIONE PIEMONTE:

Allestimento editoriale e cartografico: G. Fioraso, PROGETTO F. Lozar, S. Lucchesi, R. Polino, F. Dela Pierre

Coordinamento informatizzazione: E. Bonansea, R. Pispico (CSI-Piemonte) Informatizzatori: F. Lozar, G. Fioraso, F. Dela Pierre

Gestione tecnico-amministrativa CARG del Progetto CARG: M.T. Lettieri (Servizio Geologico d’Italia) INDICE

I - INTRODUZIONE ...... Pag. 5

II - CARATTERI GEOMORFOLOGICI ...... » 9

III - INQUADRAMENTO GEOLOGICO ...... » 13 1. - LE ALPI OCCIDENTALI...... » 13 1.1. - LE UNITÀ LIGURO-PIEMONTESI DELLE ALPI OCCIDENTALI . . . . » 17 1.2. - LE UNITÀ PIEMONTESI DI MARGINE CONTINENTALE ...... » 18 1.3. - LA FALDA DEL GRAN SAN BERNARDO ...... » 19 1.3.1. - Il basamento pre-mesozoico...... » 19 1.3.2. - Le coperture meso-cenozoiche ...... » 20 1.3.3. - Il Massiccio d’Ambin ...... » 20

IV - BASAMENTO PRE-QUATERNARIO ...... » 23 1. - UNITA’ DI MARGINE CONTINENTALE...... » 25 1.1. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL’AMBIN ...... » 25 1.1.1. - Basamento pre-triassico...... » 26 1.1.1.1. - Micascisti dei Fourneaux...... » 26 1.1.1.2. - Complesso di Clarea ...... » 26 1.1.1.3. - Complesso d’Ambin ...... » 30 1.1.1.4. - Metadioriti a relitti magmatici...... » 33 1.1.2. - Copertura mesozoica ...... » 33 1.2. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL VALLONETTO ...... » 36 1.3. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI GAD ...... » 38 1.4. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI VALFREDDA...... » 39 1.5. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELLO CHABERTON - GRAND HOCHE - GRAND ARGENTIER...... » 41 1.6. PROGETTO- UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEI RE MAGI...... » 43 2. - UNITA’ OCEANICHE ...... » 44 2.1. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL’ALBERGIAN...... » 44 2.2. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL LAGO NERO ...... » 45 2.3. - U NITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI CEROGNE-CIANTIPLAGNA . » 48 2.4. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL VIN VERT ...... » 49 2.5. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELLA ROCHE DE L’AIGLE. . . » 50 3. - UNITA’ TETTONOSTRATIGRAFICA DI PUYS-. . » 52 4. - GESSI ...... CARG...... » 53 5. - BRECCE TETTONICHE ...... » 53 V - COPERTURA PLIOCENICO(?) - QUATERNARIA ...... » 55 1. - UNITA’ COMPLETAMENTE FORMATE NON DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA ...... » 58 2. - UNITA’ COMPLETAMENTE FORMATE DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA ...... » 64 2.1. - BACINO DEL ...... » 64 2.1.1. - Allogruppo del Moncenisio ...... » 64 2.2. - BACINO DELLA ...... » 65 2.2.1. - Allogruppo di Clot Sesiàn ...... » 66 2.2.2. - Allogruppo di ...... » 67 2.2.3. - Allogruppo di S. Stefano ...... » 72 2.3. - BACINI TRIBUTARI...... » 74 3. - UNITA’ IN FORMAZIONE NON DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA ...... » 76

VI - EVOLUZIONE STRUTTURALE ...... » 81 1. - DEFORMAZIONI PLICATIVE...... » 81 1.1. - UNITÀ DELL’AMBIN ...... » 81 1.1.1. - Evoluzione prealpina ...... » 82 1.1.2. - Evoluzione duttile alpina ...... » 82 1.2. - UNITÀ OCEANICHE ...... » 84 1.3. - UNITÀ DI MARGINE CONTINENTALE ESTERNE ...... » 84 2. - EVOLUZIONE FRAGILE ALPINA ...... » 85 3. - NEOTETTONICA ...... » 86 4. - DEFORMAZIONI GRAVITATIVE PROFONDE DI VERSANTE ...... » 91

VII - EVOLUZIONE METAMORFICA...... » 95 1. - CICLO METAMORFICO PREALPINO ...... » 95 2. - CICLO METAMORFICO ALPINO...... » 96 2.1. - ASSOCIAZIONI DI ALTA PRESSIONE A LAWSONITE ...... » 98 2.2. - ASSOCIAZIONI DI ALTA PRESSIONE A EPIDOTO ...... » 99 2.3. - EVENTO DI BASSA PRESSIONE ...... » 100 3. - RICOSTRUZIONEPROGETTO DELLA TRAIETTORIA P-T ALPINA DEL MASSICCIO D’AMBIN ...... » 101 4. - CARATTERIZZAZIONE ISOTOPICA DI METACARBONATI DELL’ALTA VALLE DI SUSA ...... » 101 VIII - EVENTI ALLUVIONALI ...... » 107 IX - RISORSE MINERARIE EDCARG ATTIVITA’ ESTRATTIVE . . . . » 111 BIBLIOGRAFIA ...... » 113 5

I - INTRODUZIONE

Il Foglio 132-152-153 “Bardonecchia” della Carta Geologica d’Italia alla sca- la 1:50.000 è ubicato nelle Alpi Cozie, nel settore centrale dell’arco alpino occi- dentale. Dal punto di vista amministrativo il foglio ricade nella Regione Pie- monte ed è compreso nella Provincia di Torino al confine con la Francia. La parte italiana del foglio copre una superficie di circa 480 km2. Il foglio prende nome dal centro abitato di Bardonecchia, il maggiore dell’al- ta Valle di Susa in quanto a numero di abitanti e importanza economica, caratte- ristiche legate alla ricettività turistica e alla presenza dell’imbocco dei trafori (au- tostradale e ferroviario) del Fréjus. Quest’area è posta a cavallo di uno dei più importanti assi viari europei ed è attraversata dall’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, che collega l’Italia al Nord-Europa tramite il tunnel del Fréjus, dalla linea ferroviaria internazionale Torino-Chambery e dalla S.S. n. 24 del Monginevro, che consente il collega- mento con la Francia meridionale. Le conoscenzePROGETTO geologiche relative a quest’area sono relativamente scarse. Per quanto concerne le formazioni superficiali, sporadici contributi a caratte- re prevalentemente locale vennero sintetizzati in maniera organica in occasione del rilevamento dei fogli 54 “” e 66 “Cesana” (CARTA GEOLOGICA D’ITALIA, 1911a, 1911b) e 55 “Susa” (CARTA GEOLOGICA D’ITALIA, 1910) alla scala 1:100.000. In tali documenti venne evidenziato il ruolo svolto dalla morfogenesi glaciale, senza tuttavia proporre alcuna suddivisione cronologica dei depositi, in- dicati nel complesso come “würmiani, post-würmiani e recenti”. Solo successi- vamente SACCO (1921, 1928, 1943, 1948)CARG analizzò nel dettaglio i problemi lega- ti al modellamento glaciale nei bacini segusino e del Chisone, riconoscendo e descrivendo una successione di forme e di depositi attribuiti a tre distinte fasi di 6

ritiro dell’ultima glaciazione. Negli anni ’40 del secolo scorso CAPELLO affrontò specifici aspetti inerenti l’assetto geomorfologico della Valle di Susa, e in rela- zione ai processi di sovralluvionamento che interessarono in epoca storica il fon- dovalle (CAPELLO, 1941a, 1941b) ipotizzò l’esistenza, nell’attuale piana di Sal- bertrand, di un antico lago di sbarramento glaciale. Successivamente venne segnalata la particolarità morfologica dell’area di Sauze d’Oulx (CAPELLO, 1942), attribuita all’originario modellamento del ghiacciaio segusino e al successivo ri- modellamento erosionale operato dal reticolato idrografico affluente. Lo stesso Autore (CAPELLO, 1937, 1938, 1939a, 1939b) descrisse i fenomeni carsici che ca- ratterizzano vari settori della valle, interpretando come tali anche le manifesta- zioni di collasso gravitativo presenti lungo lo spartiacque Susa-Chisone (CAPEL- LO, 1955). I frequenti movimenti gravitativi distribuiti sui versanti della Valle di Susa so- no stati analizzati a più riprese da vari Autori. I primi riferimenti si trovano nel- le osservazioni effettuate da BARETTI (1881), SACCO (1898) e SEGRÈ (1920) in merito ai fenomeni di instabilità riscontrati lungo la linea ferroviaria - . Un impulso decisivo nella comprensione della dinamica dei versanti è avvenuto in occasione degli studi condotti per la realizzazione del collegamento autostradale Torino-Bardonecchia (RAMASCO & SUSELLA, 1978): solo a partire da questo momento nella media e alta Valle di Susa e nella contigua Val Chisone è stata rilevata e rappresentata in maniera organica la distribuzione dei fenomeni gravitativi superficiali e profondi (CARRARO et alii, 1979; MORTARA & SORZANA, 1987; PUMA et alii, 1984, 1989, 1990; AA.VV., 1996).

Anche per le unità geologiche del substrato non esistono abbondanti contri- buti recenti. Sono tuttavia da ricordare i fondamentali lavori di FRANCHI (1910, 1911, 1912, 1929) che nell'area del Foglio ritrovò alcuni dei fossili che gli per- misero di confermare l'età mesozoica delle succesioni a calcescisti delle Alpi oc- cidentali.

Le unità che affiorano nel Foglio sono state attribuite a due dei classici do- mini paleogeografico-strutturali della pila di falde pennidiche che affiorano nel- le Alpi occidentali: il dominio Piemontese e il dominio Brianzonese. Al primoPROGETTO sono state riferite le successioni a prevalenti calcescisti e subordi- nate ofioliti ritenute la testimonianza della cicatrice crostale dovuta alla collisio- ne continentale fra le placche europea ed insubrica. Al suo interno sono state ri- conosciute da tempo in varie parti dell’arco alpino unità di margine continentale e successioni di copertura oceaniche associate ad ofioliti (ELTER, 1971; LEMOINE, 1971; DEVILLE et alii, 1992).

Al secondo sono riferite le successioni di due porzioni distinte del foglio: la stretta fascia al margine nord-occidentale, CARG in cui affiorano unità mesozoiche di copertura brianzonesi che formano una struttura di dimensioni chilometriche re- troflessa sulle unità del dominio piemontese (cfr. ad es. CABY, 1964, 1996) ed il 7 quadrante nord-orientale del foglio, occupato interamente dal Massiccio d’Am- bin e dalle sue coperture, interpretati di affinità brianzonese (ELLENBERGER, 1958; LORENZONI, 1965; GAY 1971; ALLENBACH, 1982).

I contatti fra i vari tipi di unità sono complessi ed è stata messa in evidenza la giustapposizione di unità, provenienti da domini paleogeografici ben distinti al- l’origine, che hanno seguito traiettorie diverse durante le fasi compressionali e decompressionali alpine (CARON et alii, 1984; POLINO et alii, 1990).

Nella edizione del Foglio al 50.000, si è voluto mantenere al massimo il dato analitico. Questa scelta è stata fatta per mantenere il maggior numero di infor- mazioni sulle formazioni supeficiali, particolarmente sviluppate in quest'area. Poichè la distribuzione di queste ultime sembra essere collegata all'attività re- cente delle principali strutture fragili di dimensione regionale che sottintendono allo sviluppo morfologico dell'alta Valle di Susa, la rappresentazione analitica delle formazioni superficiali, fornisce informazioni non solo sulla distribuzione spazio-temporale dei corpi sedimentari, ma anche sulla evoluzione recente di questo settore alpino.

Anche se nella soluzione adottata l’interpretazione paleogeografica e/o strut- turale a piccola scala può non essere di immediata percezione, si è ritenuto utile lasciare le fasi interpretative alle sintesi a più piccola scala (cfr. Cap. 3).

PROGETTO

CARG 9

II - CARATTERI GEOMORFOLOGICI

Dal punto di vista geografico e geomorfologico l’elemento dominante è rap- presentato dal bacino della Dora Riparia (Valle di Susa s.l.), che nel suo com- plesso costituisce un sistema di drenaggio vallivo molto articolato ed esteso. La Valle di Susa è stata convenzionalmente suddivisa in tre parti: - l’alta valle, che comprende il settore altimetricamente più elevato del siste- ma vallivo, dall’attuale spartiacque alpino (con rilievi mediamente intorno ai 3.000 m) fino alla piana di Oulx-Salbertrand (1.000 m); qui confluiscono la Do- ra di Cesana, proveniente da Sud e alimentata dalla Val Thuràs e della Val Ripa, e la Dora di Bardonecchia, proveniente da Ovest e a sua volta alimentata nel trat- to iniziale dalla Valle Stretta e dalla Valle di Rochemolles; - la media valle, dalla confluenza dei due rami della Dora fino alla soglia di Susa (500 m), prima della confluenza fra la Dora Riparia e il Torrente Cenischia; - la bassa valle, dalla confluenza con la Val Cenischia (compresa) fino allo sbocco in pianura (300 m), dove si trovano le colline moreniche dell’Anfiteatro di Rivoli-. L’area PROGETTO del Foglio “Bardonecchia” comprende il ramo nord-occidentale del- l’alta Valle di Susa e l’intero segmento della media Valle di Susa. Inoltre, ai mar- gini SE e NE dell’area, il foglio si estende, rispettivamente, per un breve tratto nell’adiacente alta Val Chisone e in parte sul versante destro della Val Cenischia. I rilievi maggiori sono distribuiti lungo l’attuale spartiacque principale alpi- no: Rocca d’Ambin (3.378 m), Rognosa d’Etiache (3.382 m), Punta Pierre Me- nue (3.508 m e massima elevazione dell’area), Rocca Bernauda (3.226 m), Pun- ta Charra (2.984 m) e Punta Clotesse (2.872 m). Lo spartiacque Susa-Chisone è caratterizzato da rilievi meno elevati: CARG M. Genevris (2.583 m), Testa di Mottas (2.647 m), Punta del Gran Serin (2.689 m) e Cima delle Vallette (2.743 m). Nel breve tratto di spartiacque Susa-Cenischia il rilievo principale è costituito dalla 10

Punta Toasso Bianco (2.622 m). Dal punto di vista orografico va anche ricordato che in questo settore alpino vi sono alcuni importanti valichi, altimetricamente poco elevati e talora morfolo- gicamente fra i più favorevoli per attraversare la catena alpina. I più significativi sono il Colle del Moncenisio (2.083 m, che mette in comunicazione la Valle del- l’ e la Val Cenischia), il Colle della Scala (1.762 m, fra la Valle Stretta e la Valle della Clarée) e il Colle del Monginevro (1.850 m). Il Colle del (2.035 m), pur non compreso nell’area considerata, consente invece un’agevole comunicazione tra la Valle di Susa e la Val Chisone. L’orientazione più frequente e persistente degli elementi idrografici e orogra- fici è la direzione NE-SO (es. Val Chisone, media Valle di Susa, Vallone di Ro- chemolles). Nei settori orientale e occidentale del foglio sono invece prevalenti le direzioni NNW-SSE (es. Val Cenischia e Val Clarea) e NNE-SSW (reticolato affluente della Dora di Bardonecchia). Anche la posizione dei principali valichi risulta interposta a segmenti del reticolato idrografico che seguono, sui due versanti adiacenti, le suddette direzioni prevalenti. L’insieme di queste caratteri- stiche riflette il condizionamento alla morfogenesi indotto sia dall’assetto lito- strutturale regionale e locale, sia dall’evoluzione tettonica recente di questo set- tore della catena alpina (cfr. paragrafo “Neotettonica”). L’elevato grado d’incisione di numerosi tratti delle valli Susa e Chisone testi- monia il forte approfondimento erosionale registrato soprattutto lungo le direttri- ci NE-SW: questo fenomeno esercita un importante controllo anche sull’anda- mento dell’attuale spartiacque principale alpino, che proprio nel settore segusino si incunea profondamente verso Ovest, cioè verso l’esterno della catena. La Val- le di Susa rappresenta, analogamente alle altre principali vallate che defluiscono verso il margine padano occidentale, una direttrice di drenaggio persistente nella fase di progressiva migrazione dello spartiacque alpino verso l’esterno, instaura- tasi sin dal Miocene. L’attuale testata della Valle di Susa costituirebbe quindi un settore che originariamente drenava verso Ovest. L’evoluzione geomorfologica di questo settore montuoso può essere dedotta dalle forme di modellamento del rilievo e dalla distribuzione delle formazioni superficiali (cfr. paragrafo “Coper- tura pliocenico-quaternaria”). Chiarissime sono le tracce del modellamento glaciale pleistocenico legate al- l’ultima PROGETTO fase di massima espansione (Last Glacial Maximum, LGM), in cui il ghiacciaio principale della Valle di Susa ha raggiunto (come del resto nelle pre- cedenti fasi di massima espansione) lo sbocco in pianura costruendo l’Anfiteatro Morenico di Rivoli-Avigliana. La scarsità di testimonianze glaciali più antiche dell'ultimo episodio (LGM) è imputabile all’intensa azione erosiva operata dal ghiacciaio nella sua ultima fase di espansione e al nuovo modellamento imposto dal reticolato idrografico post-glaciale. A differenza delle valli Susa e Cenischia, nell’alta Val Chisone non si rinvengono tracce di modellamento riconducibili a un ghiacciaio regionale che occupava CARG l’intero sistema vallivo: sono invece rico- noscibili forme e depositi legati ai ghiacciai delle valli tributarie, che nelle fasi di massima espansione potevano anche raggiungere e occupare parte del fondoval- 11

le principale. Casi analoghi alle valli tributarie della Val Chisone si registrano an- che nella media Valle di Susa; in particolare la Val Clarea presenta al suo sbocco nella valle principale un importante apparato morenico frontale: il fatto che que- st’ultimo sia stato preservato dimostra che il ghiacciaio della Val Clarea è so- pravvissuto al definitivo ritiro di quello principale dal tratto inferiore della media Valle di Susa. Per quanto riguarda le tracce di modellamento glaciale successive alla massi- ma espansione, i cordoni morenici tardoglaciali e i più recenti, attribuibili alla “Piccola Età Glaciale”, sono concentrati soprattutto presso le testate dei bacini tributari che si originano dai rilievi montuosi del Massiccio d’Ambin. In que- st’area si rinviene anche la più consistente massa glaciale sopravvissuta, il Ghiac- ciaio dell’Agnello, nel settore laterale destro della testata della Val Clarea. Am- pia diffusione in tutta la fascia altimetrica più elevata del foglio (al di sopra di 2.000 m) hanno invece le forme di ambiente periglaciale, con significativi esem- pi di rock glacier, sia sui rilievi dello spartiacque principale che lungo lo spar- tiacque Susa-Chisone. L’evoluzione morfologica post-glaciale è caratterizzata, nei settori altimetri- camente intermedi (1.000-2.000 m) e meno elevati (al di sotto dei 1.000 m), da imponenti manifestazioni legate alla dinamica fluviale e torrentizia, al dilava- mento dei versanti e alla gravità. Gli ampi settori pianeggianti di fondovalle (es. piana di Oulx-Salbertrand e conca di Bardonecchia nell’alta Valle di Susa, piana di in Val Chisone) rappresentano i settori di maggiore sedimentazione da parte dei corsi d’acqua principali, i cui depositi si interdigitano con gli imponenti conoidi alimentati dai bacini tributari (es. Valloni di Rochemolles e del Fréjus, nella conca di Bardo- necchia). Le più evidenti forme di erosione fluviale si rinvengono sul fianco si- nistro della Valle di Susa, dove i corsi d’acqua tributari si sono notevolmente ap- profonditi dopo il ritiro delle masse glaciali, dando origine a vere e proprie forre (es. Rio Segurét); un altro esempio a questo riguardo è offerto dall’alveo epige- netico della Dora Riparia, che incide profondamente il fondovalle in corrispon- denza delle “gorge” di Susa. La morfogenesi gravitativa si sovrappone e in parte oblitera le tracce di mo- dellamento del glacialismo pleistocenico e talvolta anche quelle legate ai proces- si fluviali PROGETTO e torrentizi più recenti. Frane e deformazioni gravitative profonde di versante coinvolgono estesi settori di versante, modificando non solo l’assetto strutturale dell’ammasso roccioso ma anche l’originaria distribuzione altimetrica dei depositi quaternari. L’evoluzione di alcuni fenomeni ha in alcuni casi persino portato al ripetuto sbarramento del fondovalle principale (es. Serre La Voûte nel- la media Valle di Susa; Pragelato in ValCARG Chisone). 13

III - INQUADRAMENTO GEOLOGICO

1. - LE ALPI OCCIDENTALI

La catena alpina occidentale è il risultato di un complesso processo geodina- mico che, attraverso una prima fase di subduzione di litosfera oceanica ed una se- conda fase di collisione continentale tra i paleomargini europeo ed insubrico, ha portato alla formazione di una catena orogenetica in cui sono conservate e rico- noscibili unità di crosta continentale tettonicamente interposte ad unità ad affini- tà oceanica.

Storicamente nella catena sono stati riconosciuti quattro domini strutturali principali, cui è stata attribuita una forte connotazione paleogeografica, separati da superfici tettoniche principali. Ognuno di questi domini è caratterizzato da una storia geologica omogenea, ma parzialmente indipendente da quella dei domini adiacenti. Dall’alto al basso geometrico e dall’interno verso l’avampaese europeo sono stati distinti: PROGETTO il dominio Sudalpino, il dominio Austroalpino, il dominio Pennidi- co ed il dominio Elvetico-Ultraelvetico. Il dominio Sudalpino è un sistema tettonico rappresentato nel suo settore più occidentale dalla Zona del Canavese, dalla Zona -Verbano e dalla Serie dei Laghi. Rappresenta quella porzione del margine insubrico che non è stata inte- ressata dalla tettogenesi collisionale, si differenzia dalla catena vera e propria in quanto è privo della sovraimpronta metamorfica di età alpina. E’ separato dalla catena per mezzo della Linea Insubrica ed è caratterizzato da una vergenza inter- na delle strutture principali. Le unità CARGsudalpine si accavallano sull’avampaese pa- dano e il loro fronte, sepolto dai depositi della pianura padana, è prossimo ad in- terferire con il fronte appenninico NE vergente. 14

Il dominio Austroalpino, è posto in posizione strutturalmente elevate dell’e- dificio alpino. Gli sono attribuite unità di crosta continentale costituite da un ba- samento varisico intruso da granitoidi permiani e ricoperto da modeste coperture mesozoiche. Questo dominio viene correlato al dominio sudalpino e gli sono at- tribuiti, nelle Alpi occidentali, la Zona Sesia-Lanzo e quei numerosi lembi di ri- coprimento (klippen), indicati, in genere con il termine complessivo di Sistema della Dent Blanche s.l.. Il dominio Pennidico, sistema multifalda cui sono riferite tutte le unità che conservano traccia della crosta oceanica mesozoica (Zona Piemontese s.l., Zona dei Calcescisti con pietre verdi, ecc.), e un gruppo di falde di basamento in cui sono state distinte le Falde Pennidiche superiori (= , Gran Paradiso e Dora Maira), il Sistema Medio Pennidico (= Falda del Gran San Bernardo) e le Falde Pennidiche inferiori (= Antigorio, Lebendum, Monte Leone). E’ in questo dominio, come anche in quello precedente, che sono meglio conservate le tracce della evoluzione tettonometamorfica alpina. Il dominio Elvetico, rappresenta quella porzione dell’avanpaese europeo co- involto nella tettogenesi alpina ed è l’elemento strutturale più esterno della cate- na, separato dai domini più interni dal Fronte Pennidico. Questo dominio è co- stituito da un basamento cristallino e da successioni di copertura meso-cenozoiche più o meno scollate (Falde Elvetiche). Il basamento affiora in corrispondenza dei cosiddetti Massicci Cristallini Esterni (Argentera, Pelvoux, Belledonne, Monte Bianco - Aiguille Rouge e Aar-Gottardo). Poiché questo do- minio è stato coinvolto nell’orogenesi alpina solo durante le sue fasi finali (fase mesoalpina e fase neoalpina), in esso sono meglio conservati relitti metamorfico- strutturali dell’orogenesi caledoniana ed in modo ubiquitario quelle dell’oroge- nesi ercinica (MÈNOT, 1987).

Le più recenti indagini sulla struttura profonda delle Alpi eseguite alla fine degli anni '80 (ROURE et alii, 1990, 1996; PFIFFNER et alii, 1997) hanno messo in evidenza una strutturazione interna della catena relativamente semplice a picco- la scala e omogenea lungo tutto l’arco delle Alpi occidentali. Le Alpi costitui- scono infatti una catena a doppia vergenza, “europea” per il settore esterno e “in- subrica” o “apula” per quello interno, in cui si possono distinguere tre grandi domini PROGETTOstrutturali che ricalcano in parte le concezioni paleogeografiche dei mo- delli precedenti. Si distingue infatti (fig. 1): - un dominio interno, appartenente alla placca superiore del sistema collisio- nale, che corrisponde al dominio sudalpino dei vecchi Autori; - un dominio esterno corrispondente all’avanpaese, o a quella sua parte che è coinvolta nella porzione più esterna della catena, che corrisponde al dominio el- vetico-delfinese dei vecchi Autori; - una parte assiale, delimitata da due superfici di discontinuità maggiori alla scala crostale (Linea Insubrica all’internoCARG e Fronte Pennidico all’esterno), nella quale sono comprese le unità oceaniche e le falde pennidiche ed austroalpine del- la vecchia letteratura. 15 il Giura francese e la ll’Orco e dell’Isère. ll’Orco ine europeo. Nella zona ine europeo. etiche. E’ stata lasciata i.

PROGETTO

CARG Fig. 1. Stereogramma delle Alpi occidentali. Il lato anteriore è all’incirca coincidente con il profilo sismico CROP/ECORS tra coincidente con il profilo è all’incirca Alpi occidentali. Il lato anteriore delle Fig. 1. Stereogramma Pianura Padana nei pressi di Torino (ROURE et alii, 1990, 1996). Il profilo sismico ha attraversato la catena lungo le valli de (ROURE et alii, 1990, 1996). Il profilo di Torino Pianura Padana nei pressi dell’avanpaese e con tratteggio verticale le falde elv Nelle zone esterne sono indicati con tratteggio orizzontale le coperture e la parte riattivata del marg in bianco la zona assiale della catena, corrispondente alla catena collisionale vera e propria, i maggiori corpi ofiolitic principali duttili e fragili della pila di falde e, in nero, assiale sono schematizzate le strutture 16

L’aspetto più stimolante di questa interpretazione della catena è che la parte assiale, che costituisce la catena collisionale vera e propria, appare completa- mente svincolata dalle zone più esterne ed interne. In essa sono contenute tutte le unità che hanno subito una o più degli eventi metamorfici legati alla subduzione ed alla collisione, e la loro distribuzione all’interno della zona assiale non è il frutto di una evoluzione cilindrica dei domini paleogeografici, ma sembra essere rimessa continuamente in gioco dalle cinematiche locali. Ne consegue che ogni elemento strutturale della catena, definito come unità tettonostratigrafica (sensu DELA PIERRE et alii, 1997) o unità tettonometamorfica (sensu SPALLA et alii, 1998) può avere una storia tettonometamorfica autonoma rispetto alle unità vici- ne, e che prima di effettuare qualsiasi tipo di ricostruzione si dovrà conoscere in modo preciso quale è la storia collisionale di ogni singola unità.

Una ulteriore complicazione dell’assetto geometrico della collisione viene in- trodotto dalla complessa interazione delle cinematiche alpina ed appenninica che avvengono a partire dal Neogene. Il risultato conferisce alla catena la caratteri- stica forma arcuata del suo settore occidentale che simula una rotazione antiora- ria della zona di collisione tra la placca europea e quella apula.

La letteratura alpina risente ovviamente di questa complessa evoluzione del- le conoscenze ed interpretazioni, da cui sorge un grave problema di nomenclatu- ra. Questa infatti, ereditata da modelli passati, non viene ridefinita nelle interpre- tazioni più recenti. Ne consegue che termini abitualmente presenti nella bibliografia sono impiegati con significato diverso a seconda degli Autori oppu- re significato col tempo. A questo si aggiunge le naturale inerzia della comunità scientifica ad accettare nuove interpretazioni che mettono in discussio- ne modelli che sembravano consolidati qualche lustro prima, e soprattutto la no- menclatura che ne consegue. Un esempio classico è costituito dalle successioni a ofioliti che segnano la su- tura oceanica nella catena. Dalla primitiva definizione di “Zona delle pietre ver- di”, introdotto nella nomenclatura alpina nella metà del secolo scorso, si è avuto un proliferare di etichette (Zona piemontese dei calcescisti con pietre verdi, Schi- stes Lustrés, Ophiolit decke, Ensemble Ligure, Complesso dei calcescisti con pietre verdi,PROGETTO Zona del Combin, ...) con significato via via paleogeografico, geo- grafico, litostratigrafico, tettonico, metamorfico, con valenza regionale o locale, che non hanno certo contribuito a semplificare la comprensione al lettore non specialista. Nell’area del foglio affiorano estesamente unità appartenenti, nelle interpre- tazioni classiche, ai “domini paleogeografici” piemontese e brianzonese. Sembra opportuno quindi fornire qui di seguito un breve inquadramento regionale delle unità affioranti nell’area, in cui si illustrano anche le scelte effettuate per l’inter- pretazione. CARG 17

1.1. - LE UNITÀ LIGURO-PIEMONTESI DELLE ALPI OCCIDENTALI

Un insieme di successioni che rappresentano la testimonianza del bacino oceanico mesozoico interposto alle placche europea ed insubrica e definito in let- teratura come Bacino Oceanico Ligure Piemontese (ELTER, 1971; LEMOINE, 1971; DAL PIAZ, 1974a, b) affiora in maniera continua lungo tutto l’arco alpino occidentale nel settore compreso tra la linea Sestri - Voltaggio ed i ricoprimenti pennidici inferiori dell’ - Ticino. Altri affioramenti di successioni meta- morfiche litologicamente equivalenti si trovano nelle due finestre tettoniche del- l’Engadina e degli Alti Tauri (Alpi orientali), in Corsica nord-orientale, all'Isola del Giglio ed al promontorio dell'Argentario e nell’arco calabro. Queste succes- sioni sono ritenute essere l'equivalente metamorfico delle Liguridi interne ed esterne dell'Appennino (ELTER et alii, 1966). Negli ultimi decenni le successioni metamorfiche delle Alpi occidentali sono state studiate considerando talora gli aspetti stratigrafici, talaltra quelli metamor- fici o strutturali. Ne è risultato un quadro fortemente innovativo rispetto alle co- noscenze che si avevano all’inizio degli anni settanta, in cui sono state distinte unità tettoniche caratterizzate da successioni litostratigrafiche proprie e/o da evo- luzioni tettonometamorfiche indipendenti che registrano condizioni metamorfi- che proprie di ambienti crostali diversi della catena collisionale. Queste unità so- no giustapposte per mezzo di contatti di età varia (eoalpine, mesoalpine e neoalpine) che possono formarsi in qualsiasi ambiente crostale (CARON et alii, 1984). Nelle Alpi Cozie settentrionali fra le unità ritenute deposte nel bacino inter- posto tra le placche europea ed insubrica prima della collisione continentale, si riconoscono prevalentemente tre tipi di unità: i) unità che mostrano una sicura affinità oceanica, cioè che mostrano o un substrato oceanico o una copertura sedimentaria che sicuramente si è deposta su un substrato oceanico; ii) unità che contengono ofioliti ma che non mostrano affinità di copertura oceanica; iii) unità incertae sedis, in cui sono raggruppate quelle successioni di meta- sedimenti (calcescisti s.l.) senza ofioliti che non mostrano di avere vincoli strati- grafici e/oPROGETTO cronologici con il substrato oceanico ligure-piemontese. i) unità caratterizzate da un substrato costituito da porzioni di litosfera ocea- nica che mostra una natura composita (ELTER, 1971; STEEN et alii, 1977; LEMOI- NE, 1980; A UZENDE et alii, 1983; TRICART et alii, 1985; LAGABRIELLE, 1987; DE- VILLE et alii, 1992) conseguente ad una fase di strutturazione precoce, precedente alla deposizione dei primi sedimenti. La successione sedimentaria poggia infatti indifferentemente su peridotiti ± serpentinizzate, gabbri, brecce ofiolitiche e ba- salti. In alcuni casi è stato anche dimostrato CARG che le colate basaltiche si sono mes- se in posto su un substrato oceanico già strutturato, che conserva tracce di un evento metamorfico assente nelle colate (LOMBARDO & POGNANTE, 1982). A loro 18

volta i gabbri mostrano una pervasiva foliazione di origine tettonica tagliata in discordanza dai filoni basaltici (MEVEL et alii, 1978). In nessun caso si ritrova co- munque la sequenza ofiolitica prevista nei classici modelli di litosfera oceanica, costituita da ultramafiti tettonizzate, gabbri cumulitici, complesso filoniano e co- late basaltiche. La copertura spesso mostra forti affinità con le successioni so- praofiolitiche dell’Appennino (da cui il nome di successioni “liguri”) ed è carat- terizzata da livelli silicei basali (radiolariti dell’Oxfordiano-Kimmeridgiano, DE WEVER & CABY, 1981; o del Calloviano medio-superiore, DE WEVER et alii, 1987), marmi chiari attribuiti al Titoniano-Neocomiano (= Calcari a Calpionel- la), alternanze di marmi e filladi di età cretacea medio-inferiore definite come Formazione della Replatte nella regione di Briançon (LEMOINE, 1971) e simili agli Scisti a Palombini dell’Appennino, ed una successione di scisti calcarei. Ca- rattere peculiare di queste successioni è la presenza di materiale detritico preva- lentemente ofiolitico a differenti livelli della successione (LEMOINE et alii, 1970; LEMOINE & TRICART, 1979; LAGABRIELLE et alii, 1982; LAGABRIELLE et alii, 1984; LEMOINE, 1984; LEMOINE & TRICART, 1986). Sono anche conosciute unità in cui nella successione di copertura ofiolitica sono presenti livelli detritici provenienti dal margine continentale (unità del Lago Nero, POLINO & LEMOINE, 1984).

ii) queste unità non mostrano un substrato oceanico evidente né affinità con le successioni liguri. Contengono tuttavia nella successione sedimentaria ele- menti ofiolitici e possono quindi essere interpretate come porzioni del bacino oceanico in cui la crosta oceanica è completamente scomparsa durante le fasi di subduzione, oppure come successioni deposte nella fossa convergente ma che non mostrano rapporti stratigrafici diretti con il substrato oceanico.

iii) si riconoscono infine volumi rocciosi costituiti da metasedimenti preva- lentemente carbonatici (calcescisti s.l.) e terrigeni, senza ofioliti, che al momen- to attuale non sono facilmente correlabili con gli altri tipi di unità sopra descrit- ti. Successioni analoghe sono già state descritte in altre parti delle Alpi Cozie (LEMOINE & TRICART, 1986) e sono state attribuite al Bacino Ligure Piemontese. L’assenza di chiari vincoli stratigrafici e cronologici, ne rende problematica ogni interpretazione. Si ritiene tuttavia che queste successioni, a causa dell’elevata componente PROGETTO terrigena, si possano interpretare come deposte nella fossa conver- gente tra le due placche durante la fase di subduzione/collisione, così come su uno dei due margini prospicienti. 1.2. - LE UNITÀ PIEMONTESI DI MARGINE CONTINENTALE

Nell’area del foglio affiorano due unità di sedimenti mesozoici attribuite al- ternativamente al margine europeo CARG (“prepiemontesi”: LEMOINE, 1971) o insubri- co (“ultrapiemontesi”: POLINO et alii, 1983 con rif. bibliografici) a causa della lo- ro sorprendente affinità con le coeve formazioni delle Alpi Meridionali (Dolomia 19

Principale e Calcari di Zu). La successione di litofacies sottolinea l’evoluzione distensiva della crosta che porterà, attraverso ad una fase di rifting continentale ben sviluppata, alla oceanizzazione del bacino piemontese. Gli eventi più carat- teristici sono il passaggio dalla piattaforma carbonatica tardo-triassica alle suc- cessioni liassiche, l’orizzonte siliceo a radiolari interpretato come un repere lito- logico utilizzabile in tutto il bacino piemontese ed il livello a black shales che sottolinea l’instaurarsi di condizioni pelagiche in tutto il bacino (BOURBON et alii, 1979). Anche all’interno di queste successioni di margine continentale sono presen- ti orizzonti detritici a testimonianza di attività tettonica sin-sedimentaria (DU- MONT et alii, 1984).

1.3. - LA FALDA DEL GRAN SAN BERNARDO

Il sistema multifalda del Gran San Bernardo occupa una posizione strutturale intermedia all’interno del Dominio Pennidico e si estende, con relativa continui- tà, lungo tutta la parte esterna dell’arco alpino occidentale partendo dal Vallese fino a Briançon dove viene coperta da terreni meso-cenozoici sovrascorsi; esso torna poi ad affiorare più a sud nei pressi di Acceglio, fino alle coste liguri. La Falda del Gran San Bernardo è costituita da un basamento pre-Triassico, una successione di parascisti talora carboniosi associati a prodotti vulcanici (Per- mo-Carbonifero), e da una successione di carbonati triassici e di sedimenti pela- gici di età Giurassico-Cretacica (cf. 1.3.2.). Nell’arco alpino occidentale, il basa- mento della Falda del Gran San Bernardo affiora in corrispondenza della Zona di Acceglio, del Massiccio d’Ambin, della Zona di Sapey, della Vanoise meridiona- le o Massiccio di Chasseforêt, della Vanoise settentrionale o Massiccio del M. Pourri-Bellecôte e, più estesamente, dalla Val d’Aosta (Massiccio del Ruitor) al Vallese.

1.3.1. - Il basamento pre-mesozoico Il basamento PROGETTO pre-mesozoico viene suddiviso in due complessi, uno polimeta- morfico ed uno monometamorfico (BOCQUET, 1974). Il primo è costituito da una sequenza di parascisti, presumibilmente pre-cambriani, associati a rocce magma- tiche sia acide che basiche. Vi si distinguono tre principali eventi metamorfici prealpini ad un primo evento in facies eclogitica (THÉLIN et alii, 1990) seguono due eventi di medio grado, uno di più alta pressione, con blastesi di cianite (BAU- DIN, 1987) e l’altro di bassa pressione osservato sia nel basamento del Ruitor (BOCQUET, 1974) sia nel basamento brianzonese ligure (CORTESOGNO, 1984). Il basamento monometamorfico è costituito CARG da successioni che poggiano sullo zoc- colo polimetamorfico e considerate di età compresa tra il Carbonifero superiore ed il Permiano superiore (Zona Houillère). In base alle osservazioni fatte nella 20

Vanoise settentrionale (GUILLOT & RAOULT, 1984) e nel Massiccio d’Ambin (GAY, 1970a, b) il contatto tra il basamento monometamorfico e quello polime- tamorfico sembra essere primario.

1.3.2. - Le coperture meso-cenozoiche

Le successioni sedimentarie meso-cenozoiche della Falda del Gran San Ber- nardo (Zona Brianzonese della letteratura francese) testimoniano l’evoluzione di un bacino subsidente interessato da un regime tettonico regionale a carattere dis- tensivo (STAMPFLI & MARTHALER, 1990). La successione stratigrafica mostra una sorprendente omogeneità lungo tutto l’arco alpino, dalle Alpi liguri ai Grigioni, tanto che la definizione di Brianzone- se deriva principalmente dalla peculiarità delle sequenze mesozoiche più che dal- le caratteristiche del basamento. La successione è caratterizzata da quarziti basali di età triassica inferiore, che testimoniano l’ingressione marina sul continente. Esse sono seguite da una suc- cessione di piattaforma carbonatica che si sviluppa attraverso tre cicli principali: il primo (Anisico) è caratterizzato dalla deposizione di calcari, il secondo (Ani- sico-Ladinico) dalla deposizione di dolomie chiare e dolomie scure ed il terzo (Ladinico superiore) è costituito da dolomie subtidali. Nel Trias superiore la sub- sidenza subisce un temporaneo arresto, come testimoniato da depositi lagunari ed evaporitici e da una lacuna stratigrafica, corrispondente a gran parte del Liassico, talvolta testimoniata da depositi residuali indicanti l’emersione della piattaforma triassica o di parte di essa. Lo sprofondamento definitivo della piattaforma car- bonatica avviene tra il Dogger ed il Malm, periodo in cui incomincia la deposi- zione a carattere pelagico (sequenze calcaree e siliceo-marnose). Le pelagiti del Cretaceo superiore-Paleocene contengono notevoli volumi di brecce a testimo- nianza di un’intensa attività tettonica sin-sedimentaria. L’evoluzione sedimenta- ria continua fino all’Eocene con la deposizione dei calcari nummulitici e delle se- quenze torbiditiche del Priaboniano che segnano la fine della sedimentazione.

1.3.3. - PROGETTOIl Massiccio d’Ambin Il Massiccio d’Ambin affiora a cavallo del confine tra Italia e Francia. É sta- to interpretato come l’emergenza di una grande culminazione assiale al di sotto di vari elementi tettonici appartenenti alla Falda Piemontese. ARGAND (1911) e HERMANN (1938) associarono il Massiccio d’Ambin con la Falda pennidica su- periore del Dora Maira sulla base delle loro affinità litologiche, mentre STAUB (1942) ed ELLENBERGER (1958) lo attribuirono alla Zona Brianzonese s.l., sulla base delle caratteristiche della sua CARGcopertura mesozoica. Sulla base di affinità li- to-stratigrafiche il Massiccio d’Ambin viene correlato con la Falda di Pontis (THÉLIN et alii, 1990) e con il Massiccio dello Chasseforet (DESMONS, 1992). 21

Vengono distinti due unità litostratigrafiche pre-mesozoiche conosciute in lette- ratura con i termini di “Serie di Clarea” e “Serie di Ambin” (MICHEL, 1956, 1957; LORENZONI, 1965; GAY, 1970a, b; CALLEGARI et alii, 1980). Al di sopra si trova un ulteriore elemento di copertura di probabile età permiana superiore che costi- tuisce la “Serie di Etache” (GAY, 1970a, b). Sono inoltre preservati sporadici lem- bi di copertura carbonatica mesozoica autoctoni e/o parautoctoni (CARON & GAY, 1977; DELA PIERRE et alii, 1997). Il complesso inferiore viene ritenuto di età pre-namuriana da alcuni Autori (MICHEL, 1956; GAY, 1970a, b; BOCQUET, 1974; BOCQUET et alii, 1974; CALLE- GARI et alii, 1980) in base alla presenza di relitti mineralogici (granato, mica bian- ca e biotite) e/o microstrutturali (cerniere di piega sradicate) pre-alpini, mentre il complesso superiore costituirebbe la sua copertura di età permiana, anche se al- cuni Autori lo considerano di età più antica (DESMONS & FABRE, 1988). Datazio- ni recenti eseguite da BERTRAND et alii (2000) rimettono in discussione le attri- buzioni cronologiche dei basamenti alpini, grazie al rinvenimento di età pre-erciniche nelle successioni ritenute permiane della Vanoise e del Massiccio d’Ambin.

PROGETTO

CARG 23

IV - BASAMENTO PRE-QUATERNARIO

Nella “Guida al rilevamento” della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50.000 (AA.VV., 1992), viene suggerito di seguire i criteri previsti dall’Inter- national Stratigraphic Guide (ISG) (ISSC, 1994), che prevedono di utilizzare il criterio litostratigrafico in qualsiasi contesto geologico. Le rocce metamorfiche intensamente deformate dovrebbero quindi, in accordo con la ISG, essere carto- grafate come formazione, gruppo ecc. (= unità litostratigrafiche convenzionali) ove i caratteri pre-metamorfici siano ancora ben riconoscibili, o come comples- so quando questi siano sconosciuti o quando i corpi rocciosi siano costituiti da più tipi litologici con rapporti geometrici complicati. Volendo seguire questo approccio, ci si è resi conto che l’applicazione rigida della litostratigrafia in aree di catena metamorfica caratterizzate da successioni metasedimentarie, si scontra con sostanziali problemi di rappresentazione e com- porta problemi sia di tipo formale che sostanziale. L’applicazione rigida di que- ste regole non consente infatti di rappresentare al meglio la complessa evoluzio- ne post-deposizionale dei volumi rocciosi e comporta il rischio di cartografare in una sola unitàPROGETTO litostratigrafica successioni di metasedimenti litologicamente si- mili ma di età diversa, o di distinta provenienza paleogeografica o che hanno se- guito traiettorie significativamente differenti durante l’evoluzione tettonometa- morfica della catena. Questo problema si presenta in modo particolare per le monotone successioni a prevalenti calcescisti che affiorano estesamente nell’a- rea. Una analisi approfondita di queste problematiche è discussa in DELA PIERRE et alii (1997). Nel tentativo di rappresentare in carta il maggior numero di informazioni pos- sibili sulla storia geologica dei corpi CARGrocciosi si sono utilizzate le unità tettono- stratigrafiche, definite come “volumi rocciosi delimitati da contatti tettonici e contraddistinti da una successione stratigrafica e/o una sovraimpronta metamor- 24

fica e/o un assetto strutturale significativamente diversi da quelli dei volumi roc- ciosi adiacenti” (DELA PIERRE et alii, 1997). Qui di seguito vengono descritti i cri- teri fondamentali e la filosofia che hanno condotto al rilevamento ed alla stesura di una legenda con una impostazione tettonostratigrafica.

In fase di rilevamento si è privilegiato il riconoscimento di quei caratteri stra- tigrafici primari (litostratigrafici) che hanno permesso di definire successioni li- tostratigrafiche coerenti. Ad esempio nel caso delle unità a prevalenti calcescisti che affiorano su una buona parte del foglio, si è cercato di mettere in evidenza successioni litostratigrafiche ad affinità oceanica o continentale sulla base della presenza di ofioliti, della loro posizione nella successione litostratigrafica e sulla organizzazione spaziale delle diverse litofacies. Contemporaneamente si sono messe in evidenza quelle superfici meccaniche di estensione regionale che pote- vano rappresentare limiti significativi tra volumi rocciosi ad evoluzione orogeni- ca indipendente (cfr. ad es. CARON et alii, 1984).

Sono state così riconosciute un certo numero di unità geometriche con carat- teristiche interne omogenee. L’analisi della storia post-deposizionale delle singo- le unità geometriche ha permesso quindi di ricostruire la loro evoluzione tetto- nometamorfica, utilizzando indagini petrografiche, strutturali, petrologiche e geochimiche.

In fase di sintesi sono state poi definite le unità tettonostratigrafiche descritte in legenda, raggruppando quelle unità geometriche che mostravano stratigrafia correlabile ed evoluzione orogenica confrontabile. All’interno di ogni unità tet- tonostratigrafica, delimitata da superfici tettoniche duttili o fragili, le unità lito- stratigrafiche (potenzialmente formalizzabili) ed i complessi sono state disposte secondo i normali criteri stratigrafici (dal basso verso l’alto stratigrafico). Poiché si ritiene che una carta al 1:50.000 possa ancora essere utilizzata co- me uno strumento analitico, nella definizione della legenda si è evitato di forni- re attribuzioni paleogeografiche, al fine di ridurre al massimo l’interpretazione. Seguendo l’approccio tettonostratigrafico, la legenda è stata quindi organizzata costituendo gruppi omogenei di unità in cui sono state inserite le unità di margi- ne continentale, PROGETTO le unità oceaniche ed isolando infine quelle unità a prevalenti metasedimenti carbonatici di incerta età e collocazione. Nelle unità di margine continentale sono state comprese sia le unità di basamento mono- e polimeta- morfico, sia quelle di copertura mesozoica. Per quanto concerne le unità a calce- scisti prevalenti è stato distinto un gruppo di unità definite come oceaniche, quando si è potuta ricostruire una successione sedimentaria ad affinità ligure, op- pure sono stati riconosciuti legami con una crosta oceanica, oppure quando con- tenevano masse più o meno grandi di metabasiti interpretabili come ofioliti. Infi- ne sono state separate quelle unità CARG di calcescisti senza ofioliti che, pur senza attribuzioni cronologiche, vengono tentativamente interpretate come deposte nel- la fossa convergente a causa della forte componente terrigena. 25

1. - UNITÀ DI MARGINE CONTINENTALE

1.1. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL’AMBIN

E’ l’unità tettonostratigrafica strutturalmente più profonda e comprende un basamento cristallino pretriassico su cui poggia una successione di metasedi- menti mesozoici, di limitato spessore. Affiora sul versante sinistro della Valle del- la Dora Riparia, tra e Oulx, ed è sovrascorsa da diverse unità tetto- nostratigrafiche, costituite da successioni di margine continentale. Verso SE il Massiccio d’Ambin è troncato da una zona di taglio subverticale, a direzione N60E circa, sottolineata da boudins pluriettometrici di unità di copertura, e su cui si è impostata la Valle della Dora Riparia. Il basamento è stato suddiviso in un complesso inferiore (complesso di Clarea), costituito da scisti polimetamorfici con relitti di metamorfismo prealpino, ed in un complesso superiore (complesso d’Ambin) monometamorfico, in cui prevalgono meta-vulcaniti acido-intermedie ritenute di età permiana. Rari affioramenti di micascisti polimetamorfici presen- ti lungo zone di taglio sono stati distinti dal complesso di Clarea in base a diffe- renze mineralogiche ed indicati come micascisti dei Fourneaux. I complessi d’Ambin e di Clarea sono separati da un orizzonte discontinuo (potente fino ad alcune decine di metri) di metaconglomerati di età stefano-per- miana a ciottoli di quarzo e rari litici, passanti a quarziti metaconglomeratiche in parte carbonatiche, già descritti in questa posizione litostratigrafica da GOGUEL (1958) e GAY (1970a, b). Il contatto tra i due complessi può venire considerato di origine stratigrafica e il livello a metaconglomerati potrebbe rappresentare il re- litto dell’originaria trasgressione tardo-varisica discordante su di un basamento già metamorfico e strutturato. Questa interpretazione è compatibile con l’evolu- zione monometamorfica del complesso d’Ambin, dove la paragenesi magmatica viene direttamente sostituita da fasi di alta pressione di presumibile età alpina (es. Ab = Jd + Qtz; simboli dei minerali secondo KRETZ, 1983). La copertura mesozoica del Massiccio d’Ambin è conservata in lembi limita- ti sul versante meridionale del Massiccio. La successione di riferimento era clas- sicamente ritenuta quella di Punta Bellecombe - Roche Carlina, sul versante fran- cese del PROGETTOMassiccio (ELLENBERGER, 1958; GOGUEL & ELLENBERGER , 1952; GOGUEL & LAFFITTE, 1952; CARON & GAY, 1977); studi recenti (SIDDANS & OUAZZANI, 1984)1 hanno però dimostrato che questa successione è scollata dal basamento pretriassico.

1Sono stati utilizzati anche i seguenti studi: MALUSÀ M., 1997- Studio geologico-stratigrafico del settore occidentale del Massiccio d’Ambin (Alpi Occidentali) - Tesi di Laurea, 334 pp.; MOSCA P., 1997) - Studio geologico-strutturale del settore occidentale CARG del Massiccio d’Ambin (Alpi Occidentali).- Tesi di Laurea, 340 pp.; MONDINO F., 1998 - Studio geologico-petrografico del versante meridionale del Mas- siccio d’Ambin (Complesso di Clarea) - Tesi di Laurea, 227 pp.; Zaccone P., 1998 - Studio geologico- petrografico del versante del Massiccio d’Ambin (Complesso d’Ambin) - Tesi di Laurea, 216 pp. 26

La copertura mesozoica riposa in discordanza sul basamento pretriassico e inizia con quarziti bianco-verdastre attribuite al Werfeniano. Questi metasedi- menti sono seguiti da una successione carbonatica di spessore assai ridotto (max 20 m), caratterizzata dall’assenza di sedimenti carbonatici triassici e dalla pre- senza di brecce e livelli detritici a vari livelli stratigrafici. La struttura a grande scala è messa in evidenza dalla scistosità regionale al- pina che nel settore rilevato immerge mediamente verso SW, S e SE. A causa del- le fasi deformative tardive, la scistosità mostra un andamento suborizzontale nei settori centrali e più profondi del massiccio mentre è molto inclinata nelle zone periferiche.

1.1.1. - Basamento pre-triassico

1.1.1.1. - Micascisti dei Fourneaux (FOU)

Scaglie di basamento polimetamorfico in sporadici affioramenti lungo la zo- na di taglio che separa il Massiccio d’Ambin dalle sovrastanti unità tettonostrati- grafiche e non ancora menzionate in letteratura, sono state cartografate come mi- cascisti dei Fourneaux. Sono costituite principalmente da micascisti a cloritoide e glaucofane con relitti di granato e staurolite prealpini a cui sono associati sub- ordinati calcescisti a granato. Formano livelli di spessore metrico, per lo più la- teralmente discontinui, ad eccezione del livello caratterizzato da buona continui- tà laterale che dalla parete settentrionale di Punta Galambra giunge ai Passi dei Fourneaux. I rapporti dei micascisti dei Fourneaux con gli altri litotipi del Mas- siccio d’Ambin sono tettonici e non è pertanto possibile inquadrarli in una suc- cessione litostratigrafica coerente. Queste rocce, di colore grigio e ad alterazione localmente grigio-nocciola, so- no di composizione essenzialmente cloritico-quarzosa. Presentano numerosi li- velli millimetrici di fillosilicati che definiscono una scistosità fortemente crenu- lata. La composizione del granato (58% almandino, 22% grossularia, 10% piropo e spessartina) è, ad esclusione della periferia, abbastanza omogenea. La posizio- ne strutturale PROGETTO e la composizione dei granati, che differisce notevolmente da quel- la dei granati del complesso di Clarea, ne giustifica la distinzione (MALUSÀ, 1997; MOSCA, 1997; cfr. nota 1). I calcescisti marmorei a granato, costituiti da carbonato e rara clorite e con sporadici livelli millimetrici a prevalente mica chia- ra, costituiscono un livello di spessore metrico a quota 3160 m sulla parete set- tentrionale della Punta Galambra.

1.1.1.2. - Complesso di Clarea CARG

Il complesso di Clarea rappresenta l’elemento geometricamente più profondo 27

del basamento metamorfico del Massiccio d’Ambin. Gli affioramenti più estesi si trovano in Val Clarea, nel Vallone di Tiraculo, nel Gran Boursey, nella conca del Rio Ponté e nella conca del Rio Geronda. Sul versante sinistro della Valle di Susa gli affioramenti del complesso di Clarea sono ubicati in corrispondenza di strutture plicative antiformi associate sia alle fasi deformative sin-scistogene, sia a quelle tardive. Lo spessore massimo affiorante si aggira intorno ai 700-800 me- tri.

E’ costituito prevalentemente da metasedimenti pelitico-arenacei rappresenta- ti da micascisti in facies scisti blu ± retrocessi e trasformati in micascisti filladi- ci e in gneiss minuti albitizzati. Alla mesoscala sono ancora riconoscibili alter- nanze composizionali decimetrico-metriche di micascisti quarzosi e micascisti ricchi in mica bianca, anfibolo e cloritoide. Inoltre sono anche presenti masse di rocce originariamente intrusive a chimismo acido-intermedio, di metabasiti e di sottili livelli di marmi impuri e scisti carbonatici non cartografabili. Nei livelli più profondi si riconoscono mega-relitti strutturali preservati dalla sovraimpronta tettonometamorfica alpina. In questi relitti la foliazione principa- le, considerata di età prealpina, è definita da minerali cresciuti in condizioni me- tamorfiche di facies anfibolitica di media-bassa pressione. L’impronta tettono- metamorfica di età alpina, più pervasiva man mano che ci sposta verso livelli strutturali più elevati, ha cancellato ogni traccia dell’impronta metamorfica pre- cedente.

La presenza di una foliazione prealpina, seppur in forma dubitativa ed in- completa, era già nota in letteratura. Qui ne viene confermata l’esistenza e viene riconosciuta la sua diffusione pervasiva nei livelli strutturali più profondi dove rappresenta la foliazione tettonica principale. Secondo alcuni Autori francesi (DESMONS & FABRE, 1988; DESMONS, 1992) questa foliazione in facies anfiboli- tica, osservata anche in altri settori del sistema multifalda del Gran San Bernar- do, viene considerata cambriana o anche più vecchia. Questa opinione si basa sul- le età radiometriche tardo-cambriane ottenute per il protolito del complesso monometamorfico del Mont Pourri (Massiccio della Vanoise). Secondo questa interpretazione l’impronta metamorfica varisica risulterebbe assente all’interno del basamento PROGETTO brianzonese in quanto quest’ultimo durante l’orogenesi ercinica si sarebbe mantenuto a livelli strutturali superficiali, evitando ogni tipo di ricristal- lizzazione metamorfica (DESMONS, 1992). Tuttavia, prendendo in considerazione le età radiometriche Ar/Ar (340-350 Ma) prodotte da MONIÈ (1990) su miche del complesso di Clarea affioranti sul versante francese del Massiccio, si preferisce considerare varisica l’età della foliazione regionale prealpina osservata nel com- plesso di Clarea e, pertanto, permocarbonifera l’età del sovrastante complesso monometamorfico d’Ambin. Il complesso di Clarea è stato suddivisoCARG nelle seguenti subunità litostratigra- fiche informali: 28

Micascisti e gneiss minuti albitizzati riequilibrati in facies scisti blu di età eo-al- pina (CLR) Sono caratterizzati da una paragenesi generalizzata di alta pressione e bassa temperatura, verosimilmente di età alpina, e da locali riequilibrazioni in facies scisti verdi che hanno obliterato quella prealpina. Affiorano nei livelli strutturali più elevati del complesso di Clarea in prossimità del contatto con il complesso d’Ambin. Il passaggio tra i micascisti a prevalente paragenesi prealpina ed i mi- cascisti glaucofanici a prevalente paragenesi alpina è estremamente graduale e non costituisce un limite cartografabile con esattezza, perché avviene nell’inter- vallo di almeno un centinaio di metri. Sono prevalentemente costituiti da quarzo, albite, miche bianche (fengite e paragonite), clorite, anfibolo sodico, cloritoide ± biotite ± granato. In quantità ac- cessorie sono presenti rutilo, zoisite, ilmenite, titanite. Mostrano una evidente scistosità di natura traspositiva sviluppata in condizioni di HP e LT e definita dal- la orientazione preferenziale di mica bianca, clorite, cloritoide e glaucofane. So- no presenti numerosi rods di quarzo parallelizzati alla scistosità principale alpi- na. Talvolta i nastri di quarzo disegnano cerniere isoclinali sradicate che, nelle zone maggiormente riequilibrate in condizioni metamorfiche alpine, sono ap- piattite e quasi completamente obliterate. Queste rocce sono generalmente di co- lore blu intenso per la presenza abbondante di anfibolo sodico. L’affioramento più rappresentativo si trova a Grange della Valle. Localmente questa scistosità viene parzialmente obliterata dalla crescita di peciloblasti albitici avvenuta a spese di mica bianca e glaucofane durante l’even- to decompressionale di bassa pressione e bassa temperatura. Questo evento tra- sforma i micascisti in gneiss minuti albitizzati a causa della sostituzione di mica bianca da parte di albite. In questi gneiss è presente un granato euedrale di pic- cole dimensioni cresciuto in equilibrio con biotite o incluso in peciloblasti a lo- sanga di albite. A sua volta la biotite ha sostituito la clorite. In questi litotipi so- no anche presenti aggregati al losanga a quarzo + clorite + albite cresciuti su originario anfibolo sodico.

Micascisti a paragenesi prealpina preservata (CLRa) Rappresentano il litotipo più diffuso del settore strutturalmente più profondo del complesso PROGETTO di Clarea. I principali affioramenti si trovano in Val Clarea, nella conca del Rio Ponté e nella conca del Rio Geronda. In Val Clarea questi litotipi costituiscono una fascia potente circa 400 m. Sono generalmente molto quarzo- si, massicci e contengono numerosi rods di quarzo di dimensioni pluridecimetri- che. Nei litotipi in cui la mica bianca è abbondante, il colore è più chiaro e la sci- stosità è naturalmente più pervasiva. Queste diverse varietà litologiche sono in- tercalate tra loro e non sono delimitate da contatti netti ma sfumano gradatamen- te l’una nell’altra. CARG Al microscopio si osservano quarzo, muscovite, plagioclasio, biotite, clorite, granato e pseudomorfosi sericitiche. In quantità accessorie sono presenti rutilo, 29

ilmenite, titanite ed epidoto. I micascisti mostrano una foliazione tettonica carat- terizzata da un layering composizionale centimetrico definito dall’alternanza di livelli a muscovite + biotite con domini quarzoso-feldspatici. Sono anche pre- senti porfiroblasti plurimillimetrici di granato. In generale, la roccia mostra un’a- spetto microstrutturale prealpino ben preservato, anche se le principali fasi mi- neralogiche, ad eccezione del granato e della muscovite, sono state pervasivamente sostituite, in condizioni statiche, da strutture coronitiche e pseu- domorfosi sviluppatesi durante l’evento metamorfico alpino di alta pressione. Una foliazione relitta, caratterizzata dalle stesse fasi che definiscono la foliazio- ne prealpina principale, è talvolta preservata in microlitoni. Sono anche frequen- ti pseudomorfosi prismatiche sericitico-cloritiche su probabile cianite. In altri ca- si si sono osservati aggregati sericitici di forma romboidale all’interno dei quali è cresciuto abbondante cloritoide alpino in cristalli prismatici allungati privi di orientazione preferenziale dimensionale. Queste ultime pseudomorfosi sono sta- te ragionevolmente interpretate come relitti di porfiroblasti di staurolite prealpi- na. Anche l’originario plagioclasio prealpino si è destabilizzato in aggregati saus- suritici, mentre la biotite è stata sostituita da fengite ricca in inclusioni di rutilo.

Metabasiti a relitti prealpini (CLRb) Si tratta di metabasiti ad albite ed epidoto a struttura listata e di colore verde scuro. Spesso si riconosce un layering metamorfico che sottolinea la scistosità principale, definito dall’alternanza di domini anfibolici, di spessore centimetrico, e di domini ad albite ed epidoto, potenti qualche millimetro. Sulle superfici di sci- stosità è possibile osservare una lineazione d’estensione definita dall’isorienta- zione dell’anfibolo calcico. Costituiscono corpi lenticolari, il cui spessore varia da dimensioni metriche a decametriche. Nella conca del Rio Geronda sono state osservate limitate porzioni, non di- stinguibili cartograficamente, nelle quali sono presenti relitti di granato. Questo si presenta in porfiroclasti di dimensioni plurimillimetriche che possono rag- giungere anche il centimetro, con un orlo di reazione bianco, composto da albite ed epidoto, che testimonia in modo chiaro il suo disequilibrio con la paragenesi prealpina sviluppatasi in facies anfibolitica. Al microscopio la foliazione prealpina risulta definita da una paragenesi ad anfibolo calcico,PROGETTO albite, epidoto, titanite in assenza di clorite. Generalmente l’or- neblenda prealpina viene parzialmente sostituita da glaucofane alpino cresciuto in corone. Saltuariamente, in corrispondenza di vene estensionali sviluppatesi ve- rosimilmente durante l’evento metamorfico di alta pressione, è cresciuto anfibo- lo sodico che ha pseudomorfosato il precedente anfibolo calcico. Le metabasiti riequilibrate in condizioni di alta pressione di età alpina si trovano in corrispon- denza dei domini più riequilibrati in condizioni metamorfiche alpine, all’interno delle masse di anfiboliti ad albite ed epidoto, ma spesso costituiscono corpi len- ticolari di estensione decametrica, associatiCARG ai micascisti glaucofanici a preva- lente paragenesi alpina. In esse si osserva una parziale o totale obliterazione del- la paragenesi di medio grado metamorfico. Le metabasiti completamente 30

riequilibrate in condizioni di alta pressione mostrano una paragenesi a granato- glaucofane-clorite che definisce una foliazione tettonica riferibile all’evento al- pino di alta pressione, mentre quelle riequilibrate in condizioni di bassa pressio- ne sono caratterizzate dalla associazione anfibolo calcico - clorite - clinozoisite - albite.

Ortogneiss polimetamorfici (CLRc) Gli ortogneiss polimetamorfici affiorano in masse ettometriche nei pressi dei Laghi delle Monache, nella località Clot delle Selle ed in corrispondenza della parete nord del Monte Chabrière, e in corpi decametrici lungo il Rio Clapier, sul versante destro della Val Clarea, sul versante destro del Gran Bourseg e sul ver- sante sinistro del Rio Geronda. Quando la paragenesi prealpina è ancora preser- vata si osservano rocce leucocrate a grana medio-fine a quarzo, grosse lamelle di mica bianca e feldspato. Benché questa roccia abbia subito un’intensa ricostru- zione metamorfica, spesso mostra un aspetto granoblastico, in quanto l’origina- rio fabric magmatico è stato parzialmente preservato, come ad esempio si osser- va a quota 2500 m nella conca del Rio Geronda. L’assenza di feldspato alcalino fa presupporre che l’originario protolite magmatico di queste rocce fosse rappre- sentato da rocce intrusive a composizione tonalitica. L’originario contatto intru- sivo è stato trasposto e parallelizzato alla foliazione prealpina principale, testi- moniando un’età di intrusione chiaramente precedente alla deformazione. Solo in pochi casi è stato possibile osservare la presenza di piccole apofisi, di dimensio- ni decimetriche, intercalate negli scisti incassanti. Gli ortogneiss mostrano una foliazione tettonica concordante con la scistosi- tà prealpina degli scisti incassanti, definita da muscovite e biotite, ora sostituita da aggregati di età alpina a fengite + glaucofane + clorite. Piccoli cristalli idio- blasti di granato zonato sono molto abbondanti. Nei differenziati più basici l’ori- ginario plagioclasio calcico viene sostituito da un aggregato dactilitico ad albite + epidoto. Un’età più vecchia della foliazione prealpina deve quindi venir ipotizzata per la messa in posto di queste rocce di natura magmatica. Ortoderivati pre-varisici di composizione acida ed intermedia sono ben conosciuti e descritti in altre uni- tà polimetamorfiche delle falde di Pontis e Siviez-Mischabel (THÉLIN, 1989; THÉ- LIN et aliiPROGETTO, 1993), ma per la prima volta vengono segnalati ortogneiss pre-ercini- ci nel complesso di Clarea.

1.1.1.3. - Complesso d’Ambin Il complesso d’Ambin è prevalentemente costituito da gneiss occhiadini albi- tico-cloritici che mostrano una grande omogeneità composizionale e tessiturale e da gneiss leucocrati a giadeite già segnalatiCARG in letteratura (GAY, 1970a, b, 1972a; CALLEGARI et alii, 1980). Queste rocce sono ritenute di origine magmatica, vul- canica e/o vulcanoclastica e appartenenti allo stesso complesso magmatico. 31

Intercalate con le rocce di derivazione magmatica, si rinvengono metapeliti costituite da quarzo-micascisti a clorite con rari boudins di scisti glaucofanici e, in quantità subordinate, da micascisti quarzosi con rari livelli di metaconglome- rati, quarziti e livelli carbonatici. Orto e paraderivati non presentano continuità laterale e mostrano potenze estremamente variabili probabilmente già dovute a originari rapporti di eteropia. La caratterizzazione petrografica delle metapeliti mostra che queste ultime derivano dallo smantellamento delle rocce magmatiche. In questo quadro gli or- togneiss albitico-cloritici e gli ortogneiss leucocrati rappresenterebbero il prodot- to metamorfico di corpi magmatici effusivi o sub-intrusivi portati rapidamente in erosione. L’età degli ortoderivati è sconosciuta, ma sono stati considerati di probabile età tardo-varisica, in accordo con le abbondanti sequenze vulcaniche e vulcano- clastiche di età permo-carbonifera descritte all’interno del sistema multifalda del Gran San Bernardo (e.g. ESCHER, 1988). Il complesso d’Ambin mostra inoltre no- tevoli affinità litostratigrafiche anche con il tegumento permo-carbonifero de- scritto nel brianzonese ligure, in Vanoise e nelle falde di Pontis e Siviez-Mischa- bel (DESMONS & MERCIER, 1993; THÉLIN et alii, 1993). Recenti datazioni su zirconi eseguiti in vari corpi intrusivi del basamento della Falda del Gran S. Ber- nardo mettono in discussione queste attribuzioni cronologiche attribuendo loro un'età di 496-500 Ma (BERTRAND et alii, 2000). Se questi dati sono accettabili, non solo l'età dell'intrusivo e dell'incassante del Complesso d'Ambin è da rimet- tere in discussione, ma anche i rapporti apparentemente stratigrafici con le co- perture permo-triassiche e le relazioni geometriche di questo complesso con il Complesso di Clarea.

Nel complesso d’Ambin sono state riconosciute le seguenti unità:

Metaconglomerati e quarziti conglomeratiche (AZA) Costituiscono un orizzonte discontinuo potente fino ad alcune decine di me- tri alla base del complesso d’Ambin. Sono caratterizzati dalla presenza di clasti da millimetrici a centimetrici di quarzo biancastro e da rari litici gneissico-mica- scistosi isorientati parallelamente alla scistosità regionale e immersi in una ma- trice quarzosa PROGETTO con subordinata mica bianca, che conferisce alla roccia una carat- teristica colorazione bianco-lattea. I metaconglomerati presentano passaggi laterali graduali a quarziti conglo- meratiche. In entrambi i litotipi sono presenti diffuse cariature di colore marrone dovute all’alterazione di carbonati ferriferi spesso concentrati in livelli millime- trico-centimetrici.

Micascisti quarzosi, quarziti, marmi (AZM) Affiorano estesamente a basse quoteCARG lungo il versante sinistro della Dora Ri- paria tra Chiomonte e Salbertrand e nei pressi del Rifugio Vaccarone. Si tratta di un insieme di paraderivati in cui si riconoscono micascisti quarzosi passanti late- 32

ralmente a quarziti che costituiscono bancate decimetrico-metriche, alternate a li- velli di potenza analoga di micascisti a glaucofane, mica chiara, clorite e carbo- nati. Talvolta il contenuto in carbonati (generalmente ankerite) è decisamente im- portante e conferisce alla roccia il tipico aspetto di calcemicascisto caratterizzato, sulle superfici alterate, da diffuse cariature contenenti ossidi e idrossidi di ferro derivanti dall’alterazione dei carbonati ferriferi. Nella zona tra Ruinas e Maison, all’interno dei micascisti, si osservano alcuni livelli decimetrici di marmi mica- cei con colore di alterazione rossastro. Nella zona del Rifugio Vaccarone i micascisti a glaucofane, mica chiara e clo- rite sono più abbondanti. Sono inoltre presenti discontinui livelli metrici di me- taconglomerati a elementi di quarzo di dimensioni centimetriche e rari litici, in matrice micascistosa.

Gneiss leucocrati a giadeite (AZC) Gneiss molto compatti a grana fine di colore biancastro con caratteristica co- lorazione rosso ruggine, affiorano diffusamente allo sbocco della Val Clarea e sul versante sinistro della Dora Riparia fino ad . Sono rocce molto omogenee costituite da quarzo, albite, mica bianca e, in quantità accessoria, opachi. Raramente si rinvengono porfiroclasti di K-feldspa- to al cui interno è presente giadeite relitta già segnalata da GAY (1972a). La gia- deite, pseudomorfa su originaria albite magmatica, si presenta in aggregati seri- citici a grana molto fine associata a quarzo. Talvolta viene sostituita da mica bianca. Sono anche presenti porfiroclasti magmatici plurimillimetrici di plagio- clasio parzialmente sericitizzato. La roccia presenta inoltre tessitura debolmente scistosa definita dall’isorientazione delle miche. Interpretati come metatufiti riolitiche (GAYY, 1970a, b, 1972a) o come meta- granofiri (CALLEGARI et alii, 1980), mostrano una composizione di tipo alcali- granitico (POGNANTE & PICCARDO, 1984). Non sono state osservate evidenze di terreno che permettano di attribuire a questi corpi magmatici un’origine intrusi- va o effusiva.

Gneiss occhiadini ad albite e clorite (AZD) Gneiss di colore verde chiaro costituiti prevalentemente da quarzo, albite, mi- ca bianca, PROGETTO clorite con subordinati cloritoide relitto, biotite tardiva e carbonati, co- stituiscono il litotipo prevalente del complesso di Ambin. La roccia presenta una foliazione tettonica ben sviluppata definita da mica bianca e clorite ed è caratte- rizzata da una tessitura occhiadina definita da aggregati granoblastici plurimilli- metrici ad albite, quarzo, clorite e magnetite cresciuti su pirosseno giadeitico e aggregati a quarzo, clorite e albite cresciuti su anfibolo sodico. La clorite si pre- senta in grosse lamelle isolate probabilmente cresciute su originaria biotite mag- matica. Sono inoltre molto abbondanti CARGi minerali accessori, alcuni dei quali tipici di rocce magmatiche a chimismo intermedio: opachi (ilmenite e magnetite), rutilo trasformato in titanite, tormalina, zircone, apatite ed epidoto. 33

Considerati come il prodotto metamorfico di grovacche (DESMONS & MER- CIER, 1993), vengono interpretati come rocce di origine magmatica vulcanica e/o vulcanoclastica in base alle caratteristiche petrografiche e alla omogeneità com- posizionale e tessiturale su tutta l’area.

Micascisti quarzosi a clorite (AZE) Micascisti e quarzomicascisti leucocrati a grana media di colore bianco e con foliazione ben sviluppata, affiorano principalmente nell’alto Vallone Galambra, nella zona di Punta Sommeiller e nella zona Rifugio Vaccarone - Gros Muttet - Col Clapier. Sono rocce molto omogenee costituite da quarzo, mica bianca, clo- rite, cloritoide e carbonati. Localmente passano a quarzomicascisti e quarziti mi- cacee in cui le quantità di clorite e cloritoide diminuiscono sensibilmente. Sono stati indicati con un sovrassegno rari boudins di scisti glaucofanici (AZE*).

1.1.1.4. - Metadioriti a relitti magmatici (DRT)

Nel complesso di Clarea e più diffusamente in quello di Ambin sono presen- ti corpi tabulari e ammassi di metadioriti e metagabbri con ancora parzialmente preservata l’originaria tessitura magmatica. Già segnalati da POGNANTE & PIC- CARDO (1984) sulle pendici del versante sinistro della Val Clarea, affiorano anche nella parte bassa del versante sinistro della Valle di Susa tra Exilles e La Ramat. Si tratta di rocce massicce di colore verde scuro a grana medio-fine con debole sviluppo di foliazione, nelle quali sono macroscopicamente riconoscibili i siti de- gli originari femici magmatici (probabile orneblenda e biotite), mentre in sezio- ne sottile si riconosce il sito dell’originario plagioclasio. Presentano una paragenesi costituita da anfibolo calcico, clorite, epidoto, al- bite, carbonato e quarzo, in quantità minori sono presenti mica bianca e granato e tra gli accessori rutilo, titanite, zircone e opachi. La debole foliazione tettonica è definita dalla isorientazione di anfibolo, clorite e titanite. In base ai rapporti con le rocce incassanti queste rocce sono interpretate co- me originari corpi filoniani. La loro presenza nei due complessi (Clarea e Ambin) suggerisce PROGETTO un’età tardo-ercinica. 1.1.2. - Copertura mesozoica Quarziti d’Etache (QET) Affiorano in corrispondenza del massiccio della Rognosa d’Etiache, ai piedi della parete sudorientale del M. Segurét e alla base del versante sinistro della Val di Susa, tra Pont Ventoux ed il Rio Segurét.CARG Sono costituite da un’alternanza di scisti sericitici e quarziti conglomeratiche discordanti sui diversi termini del sottostante complesso d’Ambin. 34

Gli scisti sericitici, di colore grigio-verdastro, costituiscono livelli di spesso- re da centimetrico a decametrico e sono formati prevalentemente da mica chiara e quarzo, con tormalina e zircone di chiara origine detritica in quantità accesso- rie; caratteristica distintiva è una scistosità pervasiva che registra le fasi defor- mative tardive come un clivaggio di crenulazione che localmente evolve in una nuova scistosità di piano assiale. Il passaggio con i sottostanti gneiss del com- plesso d’Ambin è graduale e viene interpretato come stratigrafico. Le quarziti massicce conglomeratiche, di colore verde pallido e ad alterazio- ne grigio-nocciola, costituiscono bancate di spessore da centimetrico a decame- trico. Sono costituite prevalentemente da quarzo, con subordinata mica chiara, ra- ri individui millimetrici di feldspato alcalino e sporadica albite; tra i minerali accessori è da segnalare l’abbondanza di zircone. Sono inoltre presenti, in quan- tità variabili, clasti subangolosi di quarzo rosa a lucentezza vitrea le cui dimen- sioni, solitamente millimetriche, possono essere occasionalmente centimetriche. La locale presenza di bancate ad alterazione rugginosa intercalate alle normali bancate di colore verde pallido può conferire al litotipo un aspetto a bande. Que- st’ultima varietà affiora alla base della parete settentrionale di Punta Galambra. Questi metasedimenti, sebbene ampiamente citati in letteratura, sino agli ini- zi degli anni ‘70, non erano stati distinti dai restanti termini della copertura. So- lo GAY (1970a, b; 1972a, b) ha definito questa successione come “Groupe d’E- tache”. Sulla base della loro posizione stratigrafica, sono attribuite al Permiano sup. (?) - Triassico inferiore.

Quarziti del Rio Segurét (QSE) Affiorano estesamente nel settore della Rognosa di Etiache e in destra oro- grafica della Dora Riparia tra Beaume e C.na Portetta. Altri affioramenti sono sta- ti rinvenuti sul versante orientale del Monte Segurét e del Monte Pramand, lun- go la cresta di confine con la Francia, tra il Colle dell’Agnello e la Rocca d’Ambin e nei pressi di Exilles. Si rinvengono inoltre in scaglie tettoniche lungo contatti maggiori al Colle di Etache e lungo la cresta Toasso Bianco - Grange Marzo. Le quarziti del Rio Segurét, di colore bianco-verdastro e ad alterazione bian- co-giallastra, PROGETTO presentano un fabric massiccio ed una composizione prevalente- mente quarzosa con sporadica mica chiara. Costituiscono bancate molto regola- ri, di spessore da decimetrico a metrico. La grana della roccia è fine ed omogenea: la mica chiara si concentra soprattutto lungo i piani delimitanti le ban- cate. Il passaggio con le sottostanti quarziti d’Etache è stratigrafico e avviene in modo graduale. Lo spessore di questi metasedimenti è estremamente variabile: le potenze maggiori si riscontrano in corrispondenza del Massiccio della Rognosa d’Etiache (circa 250 metri) e nei pressi di Beaume,CARG mentre altrove sono potenti solo alcuni metri. Inoltre, in alcune località (ponte sulla Dora tra Exilles e Chiomonte, Val Clarea) essi sono assenti e la parte restante della successione mesozoica poggia 35

direttamente sul basamento pretriassico. Localmente (Colle del Sommeiller) so-

no presenti quarzo-micascisti a cloritoide (QSEa), interpretati come equivalente metamorfico di sedimenti di età verfeniana nel vicino Foglio Lanslebourg della Carta geologica di Francia al 1:50.000. Le quarziti del Rio Segurét costituiscono il prodotto metamorfico di sedi- menti quarzoarenitici deposti in ambiente littorale (LORENZONI, 1965) e vengono attribuite al Triassico inferiore (Werfeniano) per analogia litologica con le suc- cessioni brianzonesi (ELLENBERGER, 1958; LORENZONI, 1965; ALLENBACH & CA- RON, 1986).

Marmi di Exilles (MEX) Poggiano con un contatto netto sulle quarziti del Rio Segurét (Beaume, ver- sante meridionale del Segurét e del Pramand) o direttamente sul basamento pre- triassico (Exilles, ponte sulla Dora tra Exilles e Chiomonte). Sono metasedimen- ti prevalentemente carbonatici, potenti pochi metri e costituiti da: a) scisti carbonatici scuri, con ciottoli arrotondati di dolomie rosate e di quar- ziti (M. Segurét) e talvolta livelli lenticolari di marmi dolomitici (M. Pramand). Localmente la successione inizia con quarziti micacee e micascisti, facilmente confondibili con il basamento pretriassico. L’attribuzione di questi livelli alle co- perture mesozoiche si basa sulla presenza di livelli di marmi nocciola e calcesci- sti intercalati alle quarziti. Queste ultime possono essere interpretate come livel- li detritici mentre i marmi ed i calcescisti come il sedimento pelagico; b) marmi grigi a patina chiara in livelli di potenza metrica contenenti local- mente livelli di micascisti quarzosi (M. Pramand, C.na Portetta) o ciottoli deci- metrici di dolomie rosate (M. Segurét). Al ponte sulla Dora e a Exilles, si osser- vano brecce ad elementi quarzitici e carbonatici, con matrice costituita da marmi scuri spesso di aspetto fluidale. I clasti carbonatici sono rappresentati sia da do- lomie e calcari dolomitici sia da marmi cristallini a grana grossa interpretabili co- me encriniti.

Calcescisti della Beaume (CBM) Sono costituiti da calcescisti albitici a rara mica bianca e quarzo a patina di alterazione marroncina contenenti intercalazioni di brecce a clasti centimetrici di marmi, dolomiePROGETTO e micascisti. Gli affioramenti più significativi sono localizzati nel settore di Beaume, al ponte sulla Dora (Exilles) e alla Rocca d’Ambin. Altri affioramenti sono stati rinvenuti nei pressi del Rifugio Vaccarone e allo sbocco della Val Clarea. In questa località, i calcescisti della Beaume poggiano diretta- mente sul basamento pretriassico (complesso d’Ambin) e contengono clasti de- cimetrici arrotondati di marmi mineralizzati nerastri (hard grounds ?). Corrispondono all’ensemble carbonaté superieur di ALLENBACH & CARON (1986) e sono da questi autori attribuiti CARG al Cretacico superiore. Secondo ALLENBACH (1982) e ALLENBACH & CARON (1986) la successione rappresentata dai marmi di Exilles e dai calcescisti della Beaume è fortemente la- 36

cunosa. Questi autori riferiscono i metasedimenti carbonatici qui cartografati co- me marmi di Exilles al Giurassico medio-superiore (intervallo a, corrispondente al loro “ensemble inferieur”) e al Malm (intervallo b, corrispondente al loro “en- semble carbonaté inferieur”); i calcescisti della Beaume sono invece riferiti al Cretacico superiore - Paleocene per analogia con i Marbres cloriteux delle suc- cessioni brianzonesi, che sono datati paleontologicamente. L’assenza di datazioni rende tuttavia altamente speculativa ogni attribuzione cronologica. Gli unici sedimenti facilmente correlabili con le successioni brian- zonesi sono i “calcescisti della Beaume” (Cretacico superiore - Paleocene). L’e- sigua potenza della successione, l’assenza di superfici di discontinuità evidenti e l’elevata componente terrigena suggeriscono che tutta la successione si è deposta in questo intervallo di tempo e che quindi anche i marmi di Exilles siano da rife- rire al Cretacico superiore.

1.2. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL VALLONETTO

Affiora estesamente tra l’alto vallone di Rochemolles e il Monte Pramand ed è interposta tra le unità del Vin Vert, della Roche de l’Aigle e di Valfredda a tet- to e l’unità dell’Ambin a letto. Il contatto tettonico di base corrisponde ad un pia- no di sovrascorrimento a basso angolo, sottolineato da brecce tettoniche. Costi- tuisce inoltre klippen poggianti tramite piani a basso angolo sull'Unità d’Ambin ed affioranti al Monte Niblé, alla Rocca d’Ambin e lungo la cresta Monte Clo- paca - Cima del Vallone - Cima dei Quattro Denti. Altri affioramenti si rinven- gono infine nei pressi del Rifugio Vaccarone. Scaglie tettoniche di limitata esten- sione in sinistra orografica della Dora di Bardonecchia, tra Constans e Savoulx, sono tettonicamente imballate nei gessi. I metasedimenti sono caratterizzati da una foliazione di natura traspositiva sviluppatasi in condizioni sincinematiche rispetto allo sviluppo delle paragenesi in facies scisti blu di alta T (mica bianca, clorite, epidoto, glaucofane + cloritoi- de e rutilo). Si osserva inoltre una riequilibrazione in facies scisti verdi sviluppa- tasi in condizioni sostanzialmente statiche e caratterizzata dalla blastesi di albite peciloblastica a spese di mica bianca e di biotite su clorite. La successionePROGETTO stratigrafica, estremamente tettonizzata, può essere ricostrui- ta in tutto il suo sviluppo solamente nell’alto vallone di Rochemolles. Dal basso all’alto stratigrafico essa è costituita da: Dolomie del Segurét (DSR) Costituiscono le imponenti falesie della cresta Monte Segurét - Cima del Val- lonetto - Truc Peyron; altri affioramenti si rinvengono al Monte Pramand, nel- l’alto Vallone di Rochemolles e nella parte alta della Valfredda (Roche Ronde). Sono costituite da dolomie grigio-rosate CARG e da dolomie grigie a patina di altera- zione giallastra, in bancate massicce di potenza da decimetrica a metrica, cui si intercalano livelli di calcari dolomitici nerastri fetidi. Localmente (alto vallone di 37

Rochemolles) si rinvengono livelli di calcari dolomitici con abbondanti gallerie di bioturbazione a sezione subcircolare, che possono essere confrontati con i “Calcaires vermiculés” delle successioni mediotriassiche brianzonesi. Interpretati come depositi caotici ad enormi blocchi (megabrecce), deposti al piede di scarpate di faglie distensive di presunta età giurassica da ALLENBACH & CARON (1986), vengono qui considerati, in accordo con LORENZONI (1965), come depositi di piattaforma carbonatica, cui viene attribuita un’età mediotriassica per correlazione con le successioni brianzonesi.

Marmi de I Frati (MFR) Affiorano nell’alto Vallone di Rochemolles (I Frati, cresta Passo di Valfredda - Passi dei Fourneaux), e lungo la cresta settentrionale del Vallonetto. Si tratta di marmi rosa laminati, ricchi in mica bianca. Molto spesso questi metasedimenti sono brecciati e cataclasati ed assumono l’aspetto di “carniole” (ad es. lungo la cresta Passo di Valfredda - Passo dei Fourneaux). Sulla base della posizione stratigrafica, i marmi de I Frati rappresentano l’e- quivalente, più metamorfico e deformato, dei “Marbres de Guillestre” delle suc- cessioni brianzonesi. Sono ritenuti quindi di età giurassica superiore (Malm).

Complesso del Vallonetto (CVN) Affiora nell’alto vallone di Rochemolles, sui versanti meridionale e sudocci- dentale della Cima del Vallonetto, lungo la cresta Monte Clopaca - Cima del Val- lone, e nel settore del Monte Niblé - Rifugio Vaccarone, ove costituisce un klip- pe tettonicamente sovrapposto a termini diversi appartenenti all’unità tettonostratigrafica del Massiccio d’Ambin. E’ costituito da scisti carbonatici grigi, caratterizzati dall’alternanza di livelli submillimetrici di colore grigio-biancastro a composizione prevalentemente quarzosa e di livelli grigio scuri prevalentemente fillosilicatici. Queste rocce, a patina di alterazione brunastra, sono caratterizzate da una scistosità pervasiva ir- regolarmente crenulata. Il klippe del M. Niblé è rappresentato nella cartografia precedente come di pertinenza “piemontese” (CARTA GEOLOGICA D’ITALIA, 1911a, LORENZONI, 1965; FUDRAL et alii, 1994a, b). Tuttavia l’esistenza di calcescisti carbonatici massicci a patina diPROGETTO alterazione ocra simili ai “Marbres cloriteux” delle successioni brian- zonesi e di livelli di scisti quarzoso-micacei (CVNb) analoghi a quelli del Vallo- ne di Rochemolles, l’assenza di ofioliti e la posizione geometrica suggeriscono di interpretare questo settore come appartenente al complesso del Vallonetto. Considerando la posizione stratigrafica e la somiglianza di alcuni livelli con i metasedimenti di età cretacica delle successioni brianzonesi, il complesso del Vallonetto è riferito al Cretacico superiore. Entro i calcescisti del complesso del Vallonetto sono assai diffuse le interca- lazioni di livelli detritici. Sono stati distinti:CARG - CVNa: brecce poligeniche a cemento carbonatico ad elementi quarzitici, do- lomitici e carbonatici, e quarziti bianco-verdastre contenenti clasti dolomitici e 38

carbonatici. Sono ben esposte nell’alto vallone di Rochemolles e lungo la cresta M. Segurét - Cima del Vallonetto. Sul versante meridionale della cresta Punta Valfredda - Passi dei Fourneaux sono presenti, intercalati nei calcemicascisti bru- ni, corpi decametrici di dolomie triassiche interpretate come olistoliti;

- CVNb: micascisti quarzoso-micacei e gneiss, contenenti clasti dolomitici ro- sati di dimensioni fino a decimetriche (basamento ricostituito Auct.) Sono parti- colarmente diffusi lungo la cresta Segurét - Cima del Vallonetto e al Monte Ni- blé, ove costituiscono livelli di potenza decametrica che sottolineano le principali strutture plicative. Infine sulla cresta M. Segurét - Cima del Vallonetto è stata indicata con que- sta sigla anche una scaglia tettonica, imballata entro i metasedimenti del com- plesso del Vallonetto, costituita da scisti cloritico-anfibolici completamente re- trocessi in facies scisti verdi.

1.3. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI GAD

Affiora lungo la Valle della Dora Riparia, in scaglie tettoniche a forma di lo- sanga che sottolineano la zona di taglio ad alto angolo a direzione circa N60E, che separa l'Unità d’Ambin dalle unità liguo-piemontesi. Scaglie tettoniche di li- mitata estensione sono state inoltre rinvenute, nella stessa posizione strutturale, in bassa Val Clarea. I metasedimenti mostrano una foliazione di natura tettonica definita da mica bianca e clorite al cui interno sono preservate pseudomorfosi pri- smatiche di mica bianca, carbonati ed opachi su originaria lawsonite. Considerata di pertinenza piemontese esterna da CARON (1977), l’unità tetto- nostratigrafica di Gad presenta una successione che può essere agevolmente con- frontata con quelle del dominio brianzonese. Tale successione può essere osser- vata in tutto il suo sviluppo solo tra Gad e Salbertrand, poiché nelle altre località di affioramento è sempre troncata da contatti tettonici. Dal basso all’alto sono stati distinti i seguenti termini:

Dolomie di Gad (DGA) Dolomie grigie a patina di alterazione chiara, in bancate dello spessore di 40/50 cm,PROGETTO senza evidenti strutture sedimentarie preservate, cui si intercalano lo- calmente livelli di brecce a clasti dolomitici spigolosi (brecce intraformazionali) e di marmi biancastri a grana fine, a frattura concoide (Chiomonte). A Est di Pra Piano, alle dolomie si intercalano inoltre livelli di potenza metrica di argillosci- sti nerastri. Le dolomie di Gad, potenti circa 200 m tra Gad e Salbertrand, rappresentano facies di piattaforma carbonatica. In questi metasedimenti ZACCAGNA (1887) ha rinvenuto, nei pressi di Gad d’Oulx, alcuni fossili successivamente determinati da PORTIS (1889) come appartenenti CARG ai generi Natica, Myophoria e Lima. Su que- ste basi le dolomie di Gad sono attribuite al Triassico medio (Anisico). 39

Brecce di Serre Blanche (BSB) Brecce a cemento carbonatico con clasti sia dolomitici che quarzitici. Costi- tuiscono un livello discontinuo, potente alcuni metri, poggiante sulle sottostanti dolomie tramite una evidente superficie erosionale. Seguono quarziti micacee biancastre a clasti dolomitici che talvolta poggiano direttamente sulle dolomie triassiche. Gli affioramenti più significativi di questa successione sono localizza- ti a Est di Gad. Localmente (stazione ferroviaria di Exilles), questo intervallo de- tritico è rappresentato da micascisti verdastri ricchi in clorite, direttamente so- vrapposti alle dolomie. L’età delle brecce di Serre Blanche è sconosciuta. Considerando la loro posi- zione stratigrafica, vengono dubitativamente riferite al Giurassico.

Calcescisti di Monfol (CMN) Calcescisti carbonatici massicci, a patina di alterazione ocra, costituiti da pre- valente calcite cui si associano mica bianca, quarzo e rara albite. Costituiscono bancate massicce di potenza metrica, affioranti esclusivamente a NW di Monfol. Questi metasedimenti contengono frequenti intercalazioni da decimetriche a me- triche di calcemicascisti ricchi in quarzo, corrispondenti ad originari livelli detri- tici terrigeni e localmente (Cappella di S. Domenico) di quarziti micacee mas- sicce. I calcescisti di Monfol sono confrontabili, sia come facies che come posizio- ne stratigrafica, con i “Marbres cloriteux” delle successioni brianzonesi e sono pertanto riferiti al Cretacico superiore.

1.4. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI VALFREDDA

Affiora nell’alto vallone di Valfredda, ed è costituita da una potente succes- sione di margine continentale, già descritta da CARON (1977) CARON & GAY (1977) e ALLENBACH & CARON (1986). E’ giustapposta all’unità del Vin Vert per mezzo di una faglia subverticale a direzione NW-SE; a NW è sovrascorsa dall’unità della Roche de l’Aigle. A NE è accavallata sull’unità del Vallonetto. Il piano di sovrascorrimento è troncato da una faglia PROGETTO subverticale a direzione NW-SE. Sono state distinte le seguenti unita litostratigrafiche: Dolomie dello Chaberton (DCH) Dolomie stratificate grigie, a patina di alterazione biancastra, in bancate mas- sicce di potenza metrica. Al tetto degli strati si riconoscono frequentemente la- mine ondulate di spessore millimetrico, di probabile origine algale, e brecce da disseccamento a clasti piatti che testimoniano CARG una deposizione avvenuta in am- biente tidale. Potenti alcune decine di metri, sono stati attribuite al Norico per analogia litologica con le successioni piemontesi di margine continentale, datate 40

paleontologicamente (ad es. MEGARD GALLI, 1974; POLINO et alii, 1983) ed af- fioranti alla base della successione dell’unità dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier, cui si rimanda per una descrizione più dettagliata.

Calcari di Côte Belle (CBF) Costituiti da filladi, scisti carbonatici alternati a marmi grigi di aspetto “no- dulare” e a livelli di dolomie a lumachelle. Affiorano esclusivamente in destra orografica del Rio Segurét, a quota 2800 circa, ove poggiano con contatto netto sulle sottostanti dolomie e sono potenti alcuni metri. Lateralmente, i calcari di Côte Belle mancano per erosione e sulle dolomie dello Chaberton poggiano di- rettamente i metasedimenti carbonatici del complesso di Valfredda. Nonostante il limitato spessore, i calcari di Côte Belle sono confrontabili con i metasedimenti datati al Retico - Hettangiano delle successioni del Pic de Roche Brune (DUMONT, 1983) e dello Chaberton - Grand Hoche (POLINO et alii, 1983). Sono interpretabili come originari sedimenti di piattaforma esterna, testimonian- ti il progressivo annegamento della piattaforma carbonatica norica.

Complesso di Valfredda Unità litostratigrafica costituita prevalentemente da calcescisti, in cui sono stati distinti: - CVF: alternanze di calcescisti a patina rugginosa a mica bianca, clorite, glaucofane e di marmi grigio-scuri in livelli di potenza decimetrica. A questi me-

tasedimenti si intercalano potenti livelli di brecce a cemento carbonatico (CVFa) che localmente (Grange di Valfredda) poggiano direttamente sulle dolomie nori- che tramite un’evidente superficie erosionale. Le brecce sono costituite da clasti eterometrici di dimensioni da centimetriche a metriche di rocce carbonatiche (do- lomie, marmi scuri) e silicee (quarziti micacee, micascisti). Questi ultimi sono decisamente preponderanti, raggiungono dimensioni cospicue e sono spesso spi- golosi ed allungati. La potenza delle brecce diminuisce verso il tetto della suc- cessione. L’età dei metasedimenti sopra descritti non è conosciuta. Sulla base della lo- ro posizione stratigrafica essi vengono riferiti al Giurassico, in accordo con AL- LENBACH & CARON (1986); - CVDPROGETTO: calcescisti filladici nerastri, con rare intercalazioni di calcescisti car- bonatici. Questi metasedimenti, affiorano per poche decine di metri lungo la cre- sta Vallonetto - Vin Vert e rappresentano facies di black shales riferibili alla par- te alta del Cretacico inferiore (DUMONT, 1983; POLINO et alii, 1983; ALLENBACH & CARON , 1986); - CVC: calcescisti grigiastri a patina di alterazione rugginosa, fissili, dal tipi- co detrito in scaglie decimetriche. Affiorano all’estremità sud-occidentale della cresta Vallonetto - Vin Vert, ove poggiano con contatto netto sulle facies tipo black shale (CVD ) e su entrambi iCARG versanti della Valfredda, ove riposano in dis- cordanza sui metasedimenti riferiti al Giurassico (CVF). I calcescisti possono essere confrontati con i termini sommitali della succes- 41 sione dell’unità dello Chaberton - Grand Hoche e vengono pertanto riferiti al Cre- tacico superiore (Aptiano? - Cenomaniano? secondo ALLENBACH & CARON, 1986). Mostrano una foliazione tettonica definita da mica bianca, clorite + rutilo e rara biotite tardiva.

1.5. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELLO CHABERTON - GRAND HOCHE - GRAND ARGENTIER

Affiora estesamente nel settore SW del foglio, lungo la dorsale Punta Clotes- se - Punta Charrà, a tetto dell’unità oceanica del Lago Nero su cui riposa tramite un piano di sovrascorrimento a basso angolo. Altri affioramenti, più limitati co- me estensione, si rinvengono a Ovest dell’abitato di Melezet sino alla cresta di confine con la Francia, tra il e la (Grand Argentier). Questi affioramenti sono interpretabili come scaglie pizzicate nella zona di taglio che separa l’unità tettonostratigrafica dei Re Magi dalle successioni a prevalenti calcescisti dell’unità del Lago Nero. La successione stratigrafica, osservabile in tutto il suo sviluppo lungo la dor- sale Grand Hoche - Punta Charrà, è costituita da una potente successione di mar- gine continentale, di grado metamorfico molto basso (120°C max, MARINI et alii, 1983), che conserva ancora abbastanza chiaramente i caratteri sedimentari origi- nari nonostante la deformazione alpina. E’ l’unica unità tettonostratigrafica in cui sono stati ritrovati fossili in buon stato di conservazione. Questa unità è conside- rata classicamente appartenente al margine continentale europeo ed è definita co- me “prepiemontese” in molta letteratura alpina (v. ad es. LEMOINE, 1971). La sua pertinenza paleogeografica è stata messa in discussione (MEGARD GALLI, 1974; POLINO et alii, 1983) a causa della forte analogia, soprattutto della parte inferio- re della successione, con le formazioni norico-retiche della Dolomia Principale e dei Calcari di Zu delle Alpi Meridionali. In questa ipotesi sia l’Unità dello Cha- berton – Grand Hoche – Grand Argentier, sia quella di Valfredda, sono da consi- derare come lembi della copertura mesozoica della placca superiore (insubrica) del prisma orogenico. La successionePROGETTO è costituita da: Dolomie dello Chaberton (DCB) Successione ciclica di banchi di spessore da decimetrico a metrico di dolomie grigio scure alla base, interpretabili come depositi da sub- a intertidali, e di dolo- mie chiare a strutture di disseccamento di ambiente supratidale. Frequentemente i banchi sono separati da sottili interstrati pelitici grigi o neri. Nella parte alta del- la successione questi possono formare livelli potenti alcuni centimetri e riempire anche fratture da disseccamento formate CARG al tetto dei banchi dolomitici. Sono pre- senti anche locali corpi di brecce interpretate come riempimento di canali tidali. Sono potenti diverse centinaia di metri, ed hanno età norica confermata da faune 42

a gasteropodi (Wortenia contabulata), Lamellibranchi (Myophoria inaequicosta- ta, Gervilleia exilis, Avicula contorta, Megalodon sp.), foraminiferi (Glomospi- rella cfr. parallela, Agathammina sp.?) ed alghe dasicladacee (Diplopora pauci- forata, Gyroporella aequalis, G. curvata) (MEGARD GALLI, 1974; POLINO et alii, 1983).

Calcari di Côte Belle (CBL) Alternanza di argilloscisti più o meno carbonatici, calcari talora nodulari e do- lomie a lumachelle. Lo spessore di questa successione varia da pochi metri sino ad un massimo di 150 nel Massiccio di Rochebrune dove è stata definita (DU- MONT, 1983). Nell’area del foglio supera raramente le poche decine di metri. Questa successione rappresenta la transizione tra i depositi di piattaforma carbo- natica sottostanti e quelli pelagici del complesso di Les Arbours e sottolinea l’i- nizio della distensione liassica del dominio piemontese. L’età è compresa nel- l’intervallo Retico-Hettangiano, grazie al ritrovamento di coralli (Astreomorpha sp., Thamnasteria sp., Stylaphyllium sp., Oppelismilia sp., Thecosmilia sp.), bra- chiopodi (Terebratula gregaria), lamellibranchi (Gryphaea arcuata, Rhaetavicu- la contorta, Dymiopsis intusstriata, Ostrea heidingeriana, Lopha sp., Cardita au- striaca, C. munita, Chlamis falgeri) e crinoidi (Isocrinus sp.) (FRANCHI, 1910, 1911; DUMONT, 1983; POLINO et alii, 1983).

Complesso di Les Arbours (CLW) E’ costituito da un complesso di calcescisti, largamente affiorante sul versan- te NE della dorsale Grand Hoche - Punta Charrà, che testimonia il progressivo annegamento della piattaforma carbonatica norica. Al suo interno sono stati di- stinti:

- CLWa: alternanza di marmi e filladi, potenti circa 120 metri, che alla Grand Hoche hanno conservato una fauna a belemniti ed ammoniti in genere indeter- minabili, tra le quali è stato ritrovato un esemplare incompleto di Echioceras sp. (POLINO et alii, 1983) indicante un’età sinemuriana sup.;

- CLWb: un intervallo di calcescisti con intercalazioni di livelli detritici gros- solani che testimoniano probabilmente le fasi distensive liassiche legate all’aper- tura della Neotetide; - CLWPROGETTOc: un orizzonte siliceo costituito da quarziti micacee varicolori, inter- pretate come l’equivalente degli orizzonti silicei, di età compresa tra l’Oxfordia- no ed il Kimmeridgiano, associati alle ofioliti della porzione oceanica del baci- no; - CLW d: brecce a cemento carbonatico a clasti calcareo-dolomitici e silicei (quarziti, micascisti), in corpi lenticolari potenti 2-3 m (Ovest di Melezet).

Complesso della Grand Hoche (CGH) E’ costituito da una potente successione CARG carbonatico-terrigena, considerata di età cretacica per inquadramento, al cui interno sono stati distinti:

- CGHa: calcescisti, passanti verso l’alto a marmi grigiastri con sottili livelli 43

silicei (Titoniano-Neocomiano?);

- CGHb: filladi grigio-nerastre interpretate come l’equivalente metamorfico delle argilliti nere di età aptiano-cenomaniana diffuse in tutto il dominio della Te- tide e dell’Atlantico settentrionale. Verso l’alto, questi metasedimenti passano a calcescisti grigiastri, contenenti sottili intercalazioni arenacee, che possono esse- re interpretati come un deposito di tipo flyschioide.

1.6. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEI RE MAGI

E’ stata delimitata e cartografata all’estremità occidentale del foglio, lungo la cresta di confine con la Francia, tra il Col des Acles ed il Colle della Rho. Ripo- sa tramite una zona di taglio Est-vergente a basso angolo, ripresa da faglie sub- verticali a direzione circa NS, sull’unità oceanica del Lago Nero o sulla succes- sione dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier. La zona di taglio è contrassegnata da un grande sviluppo di brecce tettoniche (Punta delle Tre Cro- ci) e da gessi (Rio Fosse). Questa unità tettonostratigrafica è costituita al suo interno da tre unità geo- metriche sovrapposte da piani di sovrascorrimento a basso angolo, questi ultimi contrassegnati da brecce tettoniche a spese di dolomie. L’unità strutturale inter- media forma una grande piega coricata Est-vergente, ad asse NNE-SSW, ben vi- sibile sul versante orientale della catena dei Re Magi. Nel suo insieme, questa unità non mostra evidenze di riequilibrazione metamorfica. E’ tuttavia presente una debole foliazione di natura tettonica, definita dall’orientazione preferenziale dimensionale (OPD) della mica bianca, osservabile solo in rari livelli arricchiti in silicati.

La successione stratigrafica è costituita da:

Micascisti nerastri lucenti (MCN) Visibili in due affioramenti lungo il contatto tettonico alla base dell’unità (Comba della Gorgia e quota 2.545 ad Est di Pian dei Morti), sono costituiti da micascisti cloritico-albitici a grana fine di colore verde-nerastro ± milonitici. So- no stati interpretatiPROGETTO come scaglie di substrato pretriassico brianzonese implicate nella zona di taglio basale.

Complesso dei Re Magi (CRM) Si tratta una potente successione calcareo dolomitica mediotriassica in facies di piattaforma carbonatica, a chiara affinità brianzonese, descritta in dettaglio da CABY (1964). Lungo la cresta meridionale della Punta delle Quattro Sorelle, so- no state distinte le seguenti subunità litostratigrafiche: - CRMa: dolomie scure a patina diCARG alterazione grigia e calcari bioturbati assi- milabili ai “Calcaires vermiculés” delle successioni brianzonesi (Anisico);

- CRMb: calcari grigio-scuri, talvolta a patina di alterazione rossastra, con al 44

tetto calcari bioturbati di aspetto “tigrato” (Ladinico inferiore); dolomie e calca- ri dolomitici grigio-scuri, talvolta “fetidi”, con livelli di brecce dolomitiche a cla- sti arrotondati, assimilabili alle “dolomies cendrées” delle successioni brianzo- nesi (Ladinico sup.); dolomie biancastre e dolomicriti a patina di alterazione chiara, in strati sottili, alternati a dolomie grigio-scure (Ladinico sommitale). In quest’ultima facies è stato rinvenuto, alla base della cresta NE delle Quattro So- relle, un livello di probabili cineriti triassiche.

Marmi rosati (MML) Marmi rosati laminati, intensamente ripiegati, correlabili con i “Marbres de Guillestre” delle successioni brianzonesi e pertanto ritenuti di età giurassica su- periore. Affiorano sporadicamente alla testata della Comba della Gorgia.

Calcescisti carbonatici (CCQ) Calcescisti carbonatici massicci, a patina di alterazione di colore ocraceo, co- stituiti da prevalente calcite cui si associano mica bianca, quarzo e rara albite. Af- fiorano sporadicamente alla testata della Comba della Gorgia e sono correlati ai “Marbres cloriteux” delle successioni brianzonesi (Cretacico sup.).

2. - UNITÀ OCEANICHE

2.1. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL’ALBERGIAN

Affiora per una limitata estensione in destra orografica del Torrente Chisone, al margine SE del foglio, ed è separata dall’unità di Cerogne-Ciantiplagna da una fascia di deformazione subverticale a direzione circa N60E. Questa struttura, di estensione regionale, si estende da Cervières (nella valle della Durance) al Colle delle Finestre (v. schema tettonometamorfico). Nell’area del foglio controlla l’o- rografia dell’alta Valle Chisone ed è visibile solo come strutture fragili minori nella parte alta dei versanti. L’unità PROGETTO tettonostratigrafica dell’Albergian è interpretata come un’unità ocea- nica perché al margine meridionale del foglio (Gran Muels) e più a Sud, nel Fo- glio “Cesana”, affiorano rocce basaltiche corrispondenti ad un vero e proprio substrato oceanico ed una copertura ridotta che mostra affinità liguri. Soprattutto le metabasiti mostrano spettacolari associazioni metamorfiche in facies scisti blu. La successione stratigrafica è costituita da:

Metabasalti (MBA) Sono rappresentati generalmente CARG da prasiniti listate ricche in anfibolo sodico. Talora sono preservate (Gran Muels) strutture brecciate primarie, corrispondenti in certi casi ad autoclastiti ed in altri a brecce risedimentate. Sono inoltre presen- 45

ti rari livelli di brecce ad elementi di gabbro.

Copertura ofiolitica indifferenziata (QMM) Una sottile successione metasedimentaria ad affinità ligure è talora associata alle ofioliti della Punta Gran Muels e dell’Albergian. Si riconoscono quarziti (Ra- diolariti?), marmi chiari (Calcari a Calpionelle?), alternanze di marmi e scisti non carbonatici (Fm. de la Replatte - Scisti a Palombini?) ed infine micascisti nera- stri (black shales?). Questa successione poggia con contatto netto sulle metaba- siti e a causa del limitato spessore è stata rappresentata in modo comprensivo.

Calcescisti (ALW) Successione monotona di scisti + carbonatici indifferenziati e calcescisti mar- morei a grana grossolana che affiorano estesamente al di sotto delle ofioliti e re- lative coperture dell’Albergian e del Gran Muels. Microscopicamente sono state osservate due foliazioni di natura tettonica. La prima è relitta ed è conservata al- l’interno di porfiroblasti di lawsonite, ora pseudomorfosati in aggregati a mica bianca, carbonati, opachi. La seconda foliazione mostra caratteri traspositivi ed è definita dalla OPD di mica bianca e clorite. Questi metasedimenti sono giustapposti per mezzo di una faglia subverticale a direzione N60E a:

Marmi (ALQ) Calcescisti marmorei e marmi chiari, debolmente micacei, massicci. Affiora- no estesamente nelle dorsali costituenti il versante meridionale della Val Chiso- ne.

2.2. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL LAGO NERO

E’ costituita da un basamento oceanico formato da serpentiniti e oficalciti, su cui poggia una successione sedimentaria ad affinità ligure comprendente brecce di serpentiniti e di basalti, radiolariti dell’Oxfordiano superiore - Kimmeridgiano medio (?), marmi a patina di alterazione chiara (Titoniano - Neocomiano ?), fil- ladi alternanti PROGETTO a banchi carbonatici con bordi silicizzati (F. della Replatte, Creta- cico inferiore?), filladi nere in facies di black shales (Cretacico inferiore?) ed in- fine scisti carbonatici “arenacei” alternati a peliti carbonatiche (Cretacico superiore?). Caratteristica di questa unità è la presenza di intercalazioni detritiche e di olistoliti di origine sia oceanica che continentale, diffuse a tutti i livelli stra- tigrafici ma soprattutto nella porzione sommitale (cretacica) della successione. L’area tipo di affioramento di questa unità tettonostratigrafica, descritta in dettaglio da POLINO (1984) e POLINO & LEMOINE (1984), è localizzata immedia- tamente a Sud del Foglio (F. Briançon: CARG BARFETY et alii, 1995, 1996). Nell'area del F. Bardonecchia non affiora il basamento oceanico e solo localmente i termini più bassi della copertura sedimentaria. Sporadiche masse di ofioliti interpretabili co- 46

me scaglie dell'originario basamento ofiolitico sono allineate lungo contatti tet- tonici interni all'unità, soprattutto sul versante della cresta che va dal Colle del Fréjus al Colle della Pelouse. Tuttavia i caratteri litostratigrafici, la posizione strutturale e soprattutto la continuità geometrica permettono di delimitare questa unità anche nell’area del Foglio “Bardonecchia”. I metasedimenti appartenenti a questa unità sono caratterizzati da una folia- zione regionale mostrante caratteri traspositivi, definita da un’associazione a mi- ca bianca, clorite, cloritoide e relitti di lawsonite e glaucofane. In condizioni sta- tiche tardive è cristallizzata albite a spese di mica bianca e rara biotite. E’ inoltre presente una foliazione tettonica relitta, preservata all’interno di porfiroblasti di lawsonite.

E’ stata riconosciuta e cartografata: - lungo la cresta spartiacque Valle di Susa - Val Chisone, tra il Colle dell’As- sietta ed il Colle Bourget, ove riposa sull’unità tettonostratigrafica di Cerogne- Ciantiplagna; - in destra orografica della Dora di Bardonecchia, ove è compresa tettonica- mente tra l’unità dello Chaberton - Grand Hoche a tetto e l’unità a calcescisti di Puys-Venaus a letto (complesso del Puys); - tra la Punta delle Tre Croci ed il Colle della Rho, ove è sovrascorsa dall’u- nità dei Re Magi e localmente (Grand Argentier) da quella dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier; - affiora inoltre estesamente nei valloni del Fréjus e di Rochemolles sino alla Cresta di San Michele ed al M. Jafferau, ove riposa tettonicamente sull’unità del- la Roche de l’Aigle. La successione stratigrafica che affiora nell’area del foglio è costituita da:

Quarziti (QLN) Si tratta di quarziti listate varicolori, correlabili con i sedimenti silicei (Ra- diolariti e diaspri) di età giurassica superiore (Calloviano - Kimmeridgiano) del- le successioni liguri non metamorfiche. Questi metasedimenti sono stati ricono- sciuti in un solo sito, ubicato nell’alto Vallone del Fréjus, a sud della Punta del Fréjus, PROGETTOlungo un piano di taglio interno all’unità e associati a ofioliti. Marmi (MPB) Marmi marmi a patina di alterazione biancastra, grigio-scuri in frattura fresca, in bancate massicce potenti 40-60 cm. Questi metasedimenti sono ritenuti essere l’equivalente metamorfico dei Calcari a Calpionelle delle unità liguri e sono per- tanto riferibili all’intervallo Titoniano-Neocomiano. Gli affioramenti più signifi- cativi sono stati rinvenuti nei pressi del Lago dell’Assietta, al Monte Genevris, al Monte di Mucrons e a Sud della Punta del Fréjus. In ques’ultima località, i mar- mi sono associati a prasiniti e contengono CARG lenti di scisti cloritici, interpretabili co- me livelli detritici ofiolitici che testimoniano un’intensa attività tettonica sinsedi- mentaria durante il Giurassico superiore (POLINO & LEMOINE, 1984). 47

Complesso del Lago Nero (CNR) Questa unità litostratigrafica comprende le successioni a prevalenti calcesci- sti, ritenute essere la porzione di età cretacica delle successioni liguri. Essa è co- stituita da tre sub-unità litostratigrafiche informali distinte in carta quando carto- grafabili:

- CLNa: alternanze più o meno regolari di marmi a patina bruna, spesso a tra- me rossastre e con bordi silicizzati e di filladi nerastre in livelli da centimetrici a decimetrici. Questi metasedimenti sono confrontabili con la Formazione della Replatte, distinta da LEMOINE (1971) nell’area del Monginevro, che rappresenta l’equivalente metamorfico degli Scisti a Palombini delle successioni di copertu- ra liguri e pertanto è riferibile al Cretacico inferiore. Gli affioramenti più estesi si rinvengono lungo lo spartiacque Susa-Chisone (a Est del Colle Lauson e al Mon- te Genevris), nella zona del Colle della Mulatera e lungo la cresta di confine con la Francia, negli alti valloni della Rho e del Fréjus;

- CLNb: filladi nerastre, lucenti, con subordinate intercalazioni di calcescisti carbonatici e marmorei. Questi metasedimenti sono generalmente interpretati co- me derivanti da sedimenti ricchi in sostanza organica e vengono collegati all’e- pisodio anossico, diffuso a scala tetidea al limite tra il Cretacico inferiore ed il Cretacico superiore (Aptiano-Albiano). Essi sono stati riconosciuti in tutto l’a- reale di affioramento dell’unità, dal Colle dell’Assietta alla cresta della Pierre Menue e costituiscono solitamente degli intervalli di pochi metri di spessore che sottolineano piani di taglio interni all’unità. Affiorano anche sul versante meri- dionale dello Jafferau, tra quota 2500 circa e quota 2600, dove formano una strut- tura coricata vergente a Est di dimensioni ettometriche. Alla Testa del Ban e lun- go la Costa del Becco contengono localmente intercalazioni di scisti quarzosi grigio-verdastri in livelli decimetrici e di marmi neri e ocra fittamente ripiegati;

- CLNc: calcescisti carbonatici a patina di alterazione ocra, ricchi in ankerite, in bancate massicce di spessore metrico. Questi metasedimenti, interpretabili co- me depositi detritici, sono stati riferiti al Cretacico superiore per inquadramento stratigrafico e per confronto con analoghe facies presenti in tutta la catena alpina (DEVILLE et alii, 1992). Essi sono diffusi in tutto l’areale di affioramento dell’u- nità, dal Colle dell’Assietta alla Pierre Menue. All’interno PROGETTO di questa successione a prevalenti calcescisti sono intercalate: - CLNd: quarziti micacee ± fuchsite e Na-anfibolo, che danno luogo a banca- te con scarsa continuità laterale dello spessore massimo di alcuni metri. Questi metasedimenti, interpretabili come livelli detritici di origine “continentale” (- LINO, 1984; POLINO & LEMOINE, 1984) sono stati rinvenuti nei pressi del Lago dell’Assietta e sul versante SW della Pierre Menue;

- CLNe: metagabbri e metabasiti (prasiniti) costituenti corpi isolati decame- trici che sono stati interpretati come olistoliti. Al microscopio mostrano una para- genesi in facies scisti blu a lawsonite CARG (glaucofane, lawsonite, clorite, albite e ti- tanite). Affiorano al Colle Bourget e sul versante meridionale della Punta del Fréjus e della Punta Bagnà, ove sono associati ai marmi a patina chiara di pre- 48

sunta età titoniana. Con questa sigla è stato indicato anche un affioramento di brecce basaltiche, isolato in depositi quaternari, lungo la strada che da Oulx sale a Pierremenaud. Già citato da GAY (1966), mostra una associazione metamorfica confrontabile con quella del Lago Nero ed è quindi stato attribuito a questa uni- tà anche se geometricamente è correlabile con i calcescisti dell'unità di Puys-Ve- naus;

- CLNf: serpentiniti massicce e oficalci, costituenti olistoliti decametrici che affiorano a Sud del Colle di Costa Piana, a Ovest del Colle Bourget e nel Vallo- ne del Fréjus;

- CLNg: brecce a matrice carbonatica a patina di alterazione chiara, conte- nenti clasti deformati di marmi a patina grigiastra, di micascisti e quarziti. For- mano livelli di spessore metrico ed estensione limitata affioranti lungo la cresta M. Jafferau - Testa del Ban e nei pressi del Colle della Rho.

2.3. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI CEROGNE-CIANTIPLAGNA

E’ stata riconosciuta in destra orografica della valle di Susa, tra Oulx e Sal- bertrand, ed in sinistra orografica della Val Chisone, tra Soucheres Basses e l’e- stremità orientale del foglio. Verso Est, l’unità tettonostratigrafica di Cerogne- Ciantiplagna prosegue fino al Colle delle Finestre, ove è troncata da una zona di taglio ad alto angolo a direzione circa NS. Geometricamente affiora al di sotto dell’unità del Lago Nero, da cui è sepa- rata da un piano a basso angolo. E’ inoltre giustapposta all’unità dell’Albergian per mezzo di una zona di deformazione a direzione circa N60E. Le relazioni geo- metriche con l’unità di Puys-Venaus (complesso di Venaus) non sono visibili a causa della copertura quaternaria; in armonia con il quadro deformativo regiona- le e in base alla posizione geometrica delle due unità si ipotizza una loro giu- stapposizione tramite una zona di deformazione subverticale a direzione NW-SE. La successione stratigrafica dell’unità di Cerogne-Ciantiplagna è confronta- bile con i termini superiori, cretacici, di una successione di copertura di tipo li- gure. Benché il substrato di questa successione non sia in affioramento, la sua pertinenza oceanica è suggerita dagli elementi detritici ofiolitici (olistoliti ser- pentinitici PROGETTO e di metabasiti) e soprattutto dalle quarziti mineralizzate a Mn che rap- presentano presumibilmente il prodotto metamorfico di originarie radiolariti del Giurassico superiore. Le associazioni metamorfiche che si sviluppano in questa unità (scisti blu ad epidoto) permettono di differenziarla dalla sovrastante unità del Lago Nero, ca- ratterizzata da associazioni in facies scisti blu a lawsonite. La successione stratigrafica è costituita da:

Complesso di Cerogne (LCS ) CARG Potente successione costituita da prevalenti calcescisti in cui si possono di- stinguere le seguenti subunità litostratigrafiche informali: 49

- LCSv: marmi massicci grigi con intercalazioni di filladi, affioranti estesa- mente sul versante orientale di Rocca del Colle, a Sud delle Grange Faussimagna e a Est di Soucheres Basses, allo sbocco della Comba del Pis (Santuario della Madonna delle Nevi). Questa successione è confrontabile con la Formazione del- la Replatte dell’unità del Lago Nero ed è pertanto riferita al Cretacico inferiore;

- LCSu: micascisti e filladi non carbonatici, affioranti sporadicamente sul ver- sante orientale di Rocca del Colle e assimilabili ai black shales delle successioni liguri. Sono stati riferiti alla parte alta del Cretacico inferiore;

- LCSt: calcescisti carbonatici massicci a patina ocra, con intercalazioni da centimetriche a millimetriche di scisti micacei. Costituiscono il litotipo più dif- fuso ed affiorano estesamente a Est del Colle dell’Assietta (dorsale Grand Serin - Grand Pelà - Cima delle Vallette) ed in destra orografica della Valle di Susa, a SE di Salbertrand. In questi metasedimenti si osservano localmente mineralizza- zioni a pirite cuprifera (Grange d’Himbert), considerate come singenetiche da DEBENEDETTI (1964). Nei metasedimenti del complesso di Cerogne, si intercalano livelli detritici ed elementi di provenienza sia oceanica che continentale: I primi sono rappresentati da:

- LCSs: serpentiniti e serpentinoscisti, in corpi decametrici interpretabili co- me olistoliti. Sono intercalati sia nei marmi (LCSv) (sbocco della Comba del Pis), sia nei calcescisti carbonatici massicci (LCSt) (vallone a Sud delle Grange di Faussimagna);

- LCSb: metabasiti listate; generalmente costituite da prasiniti ad albite, epi- doto, Na-anfibolo, mostrano talora (Rocca del Colle) relitti di tessiture che pos- sono essere interpretate come brecce ofiolitiche (elementi di dimensioni centi- metriche, ricchi in Na anfibolo, immersi in una matrice a clorite e anfibolo). Sono intercalati sia in metasedimenti riferibili al Cretacico inferiore (LCSv) (Rocca del Colle), che in calcesicsti di presunta età cretacica superiore (LCSt) (Grange Faus- simagna, Vallone dell’Assietta, Colle del Gran Serin);

- LCSd: quarziti mineralizzate a Mn (Grange d’Himbert, versante Sud del Gran Serin, Faussimagna), intercalate nei calcesicsti del Cretacico superiore e talvolta associate alle prasiniti (Faussimagna). Nelle quarziti, associati alle mine- ralizzazioni a Mn, si sviluppano piccoli granati. I livelli PROGETTO detritici di provenienza continentale sono invece rappresentati da: - LCSf: quarziti micacee ad Na-anfibolo costituenti bancate di spessore me- trico con scarsa continuità laterale intercalate nei calcescisti (G. Berge, Cassas, Rocca del Colle, Madonna delle Nevi).

2.4. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL VIN VERT

E’ caratterizzata da una successione CARG stratigrafica che mostra qualche affinità con le successioni liguri (ALLENBACH, 1982) e dalla presenza di “pietre verdi” in- terpretate come blocchi risedimentati intercalati nella successione sedimentaria. 50

Affiora in corrispondenza del M. Vin Vert. Due faglie subverticali a direzio- ne NW-SE giustappongono questa unità verso SW e verso NE rispettivamente al- l’unità della Roche de l’Aigle e a quella di Valfredda. Il contatto inferiore con la sottostante unità del Vallonetto non è visibile. Mostra un’associazione metamorfica in facies scisti blu di bassa T definita da mica bianca, clorite, glaucofane, lawsonite ± rutilo. Queste evidenze petrografiche, oltre ai criteri geometrici e litostratigrafici, permettono di differenziare questa unità dall’unità della Roche de l’Aigle; inol- tre in questa unità non si osserva il substrato oceanico. E’ interamente costituita da:

Complesso del Vin Vert (CVL) Costituito prevalentemente da calcescisti, cui si intercalano orizzonti detritici di provenienza oceanica e continentale. I calcescisti sono piuttosto carbonatici e sono caratterizzati da una scistosità pervasiva che conferisce alla roccia una no- tevole fissilità. Si differenziano da quelli dell’unità tettonostratigrafica della Ro- che de l’Aigle per la presenza di peciloblasti di albite. Le intercalazioni detritiche, largamente affioranti sul versante orientale del Vin Vert, sono costituite da:

- CVLa: quarziti micacee ricche in Na-anfibolo, che formano bancate metri- che lateralmente discontinue, interpretate come di provenienza continentale. La foliazione di natura tettonica è definita dalla isorientazione di mica e Na-anfibo- lo;

- CVLb: elementi decametrici di serpentiniti e subordinate metabasiti; - CVLc: sporadici livelli di marmi massicci chiari confrontabili con i marmi tardo-giurassici delle successioni sopraofiolitiche (“Calcari a Calpionelle”).

2.5. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELLA ROCHE DE L’AIGLE

Anche questa unità tettonostratigrafica è caratterizzata da una successione stratigrafica ad affinità ligure (ALLENBACH, 1982) e dalla presenza di “pietre ver- di” che costituiscono sia il substrato della successione sedimentaria sia blocchi risedimentati PROGETTO in essa intercalati. Affiora a letto dell’unità del Lago Nero, dallo Jafferau sino alla Cresta di San Michele, da cui è separata da un piano di sovrascorrimento a basso angolo. E’ giustapposta all’unità del Vin Vert per mezzo di faglie subverticali a dire- zione NW-SE e sovrascorre le unità di Valfredda e del Vallonetto. Il piano di so- vrascorrimento è a basso angolo ed è raramente visibile. Costituisce tuttavia una superficie importante poichè sul versante destro della Valfredda, che percore per alcuni chilometri, è costellato da sorgenti incrostanti. Mostra un’impronta metamorfica CARG prevalente in facies scisti blu a epidoto, con parziale riequilibrazione di basso grado e di bassa pressione. In particolare i me- tasedimenti sono caratterizzati da una foliazione di natura traspositiva sviluppa- 51 tasi in condizioni scisti blu di alta T. E’ inoltre presente una foliazione tettonica relitta definita da glaucofane, clorite, mica bianca e lawsonite (facies scisti blu di bassa T). Infine, in condizioni statiche, si sviluppano peciloblasti di albite a spe- se di mica bianca e biotite che sostituisce clorite. La successione stratigrafica è costituita da:

Serpentiniti e oficalci (SEB) Costituiscono affioramenti di limitata estensione (alcuni metri) sul versante meridionale della Roche dell’Aigle, a quota 2600 circa e sono stati interpretati come “substrato” oceanico a causa della posizione stratigrafica. Non ci sono tut- tavia elementi per escludere a priori una loro origine detritica.

Complesso dell’Aigle (CAI) Potente complesso di metasedimenti, costituito prevalentemente da calcesci- sti, in cui sono state distinte le seguenti subunità litostratigrafiche informali:

- CAIa: quarziti micacee ad anfibolo blu in banchi di potenza metrica diretta- mente poggianti sulle serpentiniti ed affioranti esclusivamente sul versante meri- dionale della Roche de l’Aigle. Sulla base della loro posizone stratigrafica, que- sti metasedimenti sono stati interpretati come l’equivalente, più metamorfico, delle radiolariti rosse a Mn descritte da POLINO (1984) nella successione dell’u- nità tettonostratigrafica del Lago Nero; essi possono pertanto essere attribuiti al- l’intervallo Calloviano-Oxfordiano;

- CAIb: marmi grigiastri a patina di alterazione biancastra, in bancate mas- sicce di spessore metrico. Poggiano con contatto netto sulle sottostanti quarziti e sono correlabili con gli analoghi metasedimenti dell’unità tettonostratigrafica del Lago Nero che rappresentano l’equivalente metamorfico dei “Calcari a Calpio- nelle” delle successioni liguri non metamorfiche. Sono pertanto attribuiti al Tito- noniano-Neocomiano;

- CAIc: calcescisti filladici nerastri, talvolta con intercalazioni di marmi scu- ri a patina rugginosa, correlabili con la Formazione della Replatte (Cretacico inf.) della successione del Lago Nero; localmente sono presenti livelli estremamente tettonizzati di spessore decimetrico, non cartografabili, di scisti grafitici neri lu- centi, correlabili ai black shales del Cretacico inferiore; - CAI PROGETTOd: calcescisti carbonatici, di aspetto “arenaceo” a patina ocra, caratte- rizzati da una fissilità piuttosto marcata. Sono costituiti prevalentemente da cal- cite, cui si associano mica bianca, quarzo, clorite. Sono inoltre presenti scarse percentuali di opachi, albite e sericite. Sono il litotipo arealmente più diffuso e vengono interpretati come depositi flyschioidi attribuiti, per posizione stratigra- fica, al Cretacico superiore;

- CAIe: marmi dolomitici e marmi grigio-scuri, alternati a calcescisti. Questi metasedimenti affiorano solo sulla strada Forte Pramand - Forte di Foens; con- tengono olistoliti decametici di dolomie CARG chiare, livelli di quarziti micacee verda- stre e corpi di brecce a scarsa continuità laterale di spessore decametrico. Le brecce sono caratterizzate da un cemento carbonatico e contengono clasti arro- 52

tondati decimetrici di calcari scuri, dolomie e quarziti micacee. Sono inoltre pre- senti rari clasti di micascisti, interpretabili come provenienti dallo smantella- mento di un basamento continentale. Vista la loro posizione geometrica al tetto della successione litostratigrafica, viene ipotizzata un’età Cretacico superiore - Paleocene (?). In tutti i metasedimenti carbonatici sopra descritti, ma con maggiore frequen-

za nei calcescisti carbonatici (CAId) sono diffusi elementi e livelli detritici di ori- gine sia continentale che oceanica. I primi sono rappresentati da:

- CAIf: livelli discontinui di quarziti micaee biancastre, ricche in Na-anfibo- lo. I secondi sono costituiti da:

- CAIg: olistoliti di metagabbri e metabasiti, affioranti sulla vetta della Roche de l’Aigle e sul versante settentrionale della Costa del Becco. I metagabbri mo- strano una tessitura magmatica preservata, in cui è ancora possibile riconoscere l’originario plagioclasio magmatico, ora completamente sostituito da zoisite, e il pirosseno primario, trasformato in pirosseno sodico (egirin-augite) parzialmente destabilizzato in glaucofane. Nelle porzioni di roccia più retrocesse, la paragene- si di alta pressione viene sostituita da un’associazione di bassa pressione a clori- te, attinoto, albite e clinozoisite;

- CAIh: olistoliti di serpentiniti, affioranti sul versante meridionale della Te- sta del Coin e nei pressi del Rifugio Valfredda.

3. - UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI PUYS-VENAUS

Questa unità composita è geometricamente sottostante alle unità del Lago Ne- ro e di Cerogne-Ciantiplagna nella media e alta valle di Susa, mentre è sovrap- posta all’unità d’Ambin in Val Cenischia. Comprende un insieme di litofacies ba- nali di metasedimenti carbonatici che non possono essere univocamente attribuite alle unità oceaniche o di margine presenti nel foglio, meglio caratterizzate dal punto di vista litostratigrafico e/o tettonometamorfico. E’ stata suddivisa in due complessi, individuati su basi puramente geometri- che, chePROGETTO non mostrano rapporti reciproci. Complesso di Chiomonte-Venaus (GCC) Affiora sul versante destro della Dora Riparia, tra Salbertrand e Chiomonte, prosegue nel contiguo Foglio “Susa” e riappare all’estremità orientale del foglio (versante destro della Valle Cenischia e settore Colle del Monceniso - Passo del- le Finestre). E’ costituito da calcescisti ± filladici, solitamente con tessitura milonitica, da micascisti carbonatici di colore plumbeoCARG e da calcescisti carbonatici massicci. In questi metasedimenti si intercalano: - GCK: quarziti micaceo-cloritiche e gneiss albitici (Gneiss di Charbonnel 53

Auct.). Molto sviluppati nel contiguo Foglio “Susa” ed in Moriana, sono presen- ti in sporadici affioramenti al margine orientale del foglio. Il modesto spessore di questi livelli ed i rapporti con i metasedimenti incassanti suggeriscono di inter- pretarli come orizzonti detritici di origine continentale. Localmente (Punta Mulatera, Passo delle Finestre), si osservano:

- GCCs: serpentiniti, in corpi di dimensioni decametriche entro i metasedi- menti.

Complesso di Puys (CPY) Affiora sul versante destro della Dora di Bardonecchia, tra Bardonecchia e Oulx. E’ costituito da una successione di calcescisti di età sconosciuta in cui so- no state distinte tre sub-unità litostratigrafiche:

- CPYa: alternanze di scisti quarzoso-micacei, quarziti, micascisti e filladi ge- neralmente poveri o privi di carbonato di calcio;

- CPYb: alternanze di scisti più o meno carbonatici e marmi a patina ocra; questa associazione, che può essere interpretata come un flysch a dominante car- bonatica, è ben esposta lungo la strada che da Oulx sale a Puys;

- CPYc: scisti carbonatici e marmi grigio plumbei, in bancate massicce di spessore metrico, con subordinata mica bianca, che costituiscono le scoscese pa- reti in sinistra orografica della Dora Riparia a monte di Oulx.

4. - GESSI (GSE)

Affioramenti di dimensioni pluriettometriche di rocce evaporitiche si osser- vano nella zona di Baumas ed in quella del Rio Fosse, associati agli orizzonti di scollamento principali che separano le unità oceaniche da quelle di margine con- tinentale. Nella prima località, i gessi sottolineano la megazona di taglio che so- vrappone le unità della Roche de l’Aigle e del Vin Vert sulle unità del Vallonetto e d’Ambin. Nella seconda, i gessi sono pizzicati entro le strutture che giustap- pongono i calcescisti dell’unità del Lago Nero alle unità di margine continentale dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier e dei Re Magi. Nei gessi, che sono talvolta associati a carniole, si osservano localmente (Rio Fosse) spettaco- lari strutture PROGETTO fluidali a “fungo” che testimoniano una loro risalita per fenomeni diapirici.

5. - BRECCE TETTONICHE (BCC) Si tratta di brecce tettoniche a matrice carbonatica, contenenti clasti spigolo- si, di dimensioni fino a decimetriche, di rocce carbonatiche (marmi e dolomie) e subordinatamente di calcescisti, micascisti CARG e quarziti. Queste rocce sono associa- te ai principali contatti tettonici e derivano dalla cataclasi di originarie rocce car- bonatiche. 55

V - COPERTURA PLIOCENICO(?) - QUATERNARIA

Le specificità delle problematiche stratigrafiche implicite nello studio delle formazioni superficiali in aree di catena montuosa hanno indotto gli operatori del Progetto CARG a scegliere come unità di riferimento le “unità allostrati- grafiche”, definite “a mappable stratiform body of sedimentary rock that is de- fined and identified on the basis of its bounding discontinuities” (NACSN, 1983) e indicate nella recente letteratura (NELSON et alii, 1984; AUTIN, 1992; BINI, 1994; OVIATT et alii, 1994; NELSON & SHROBA, 1998) come le più ade- guate per effettuare l’analisi stratigrafica dei depositi continentali. L’approc- cio allostratigrafico nel rilevamento delle formazioni superficiali in una valla- ta alpina impone tuttavia alcune cautele nella correlazione stratigrafica: infatti, se da un lato i contatti stratigrafici sono raramente visibili sul terreno, dall'altro l'elevato grado di rimodellamento operante lungo i versanti rende estremamente frammentario l'originario record stratigrafico. La facies, la pe- trografia dei clasti e il grado di alterazione dei sedimenti consentono di effet- tuare confronti e differenziazioni fra i diversi lembi di depositi, ma l’indivi- duazione PROGETTOdelle principali discontinuità può avvenire solo se si analizza al contempo l’assetto e quindi l’evoluzione geomorfologica dell’area studiata. A questo proposito è indubbio che la complessa morfologia di una valle glacia- le è resa tale sia dalle infinite variazioni di volume, di posizione e, in ultima analisi, dall’attività erosivo-deposizionale della massa glaciale (BOULTON, 1974; IVERSON, 1995), sia dai fenomeni gravitativi da sin- a post-glaciali che ne rimodellano i versanti (GORDON & BIRNIE, 1986; MORTARA & SORZANA, 1987). Rispetto a una valle fluviale a fondo piatto, una valle glaciale presenta un profilo longitudinale articolato daCARG una serie di irregolarità quali gradini e conche di sovraescavazione, talora in contropendenza; le forme di accumulo sono invece conservate prevalentemente alla fronte e ai lati dell’originaria 56

massa glaciale e la loro distribuzione consente di ricostruire alcune delle infi- nite e diverse configurazioni raggiunte di volta in volta dal ghiacciaio (ROSE & MENZIES, 1986; GIBBONS et alii, 1984). Fra le rotture di pendenza che caratte- rizzano invece il profilo trasversale di una valle, alcune sono il risultato del- l’intersezione tra forme di erosione legate all’ultima glaciazione e forme con- nesse a precedenti fasi evolutive del ghiacciaio, altre sono il prodotto delle variazioni di volume della massa glaciale durante l’ultima fase di massima espansione (OWEN et alii, 1995; SMITH et alii, 1997). Nella storia erosivo-de- posizionale di una valle queste intersezioni rappresentano delle discontinuità la cui natura, e quindi utilizzabilità in senso allostratigrafico, dev’essere però con- fermata dalla diversità nei caratteri dei depositi e dal diverso grado di conser- vazione delle forme presenti al di sopra e al di sotto di esse (NELSON & SHRO- BA, in stampa). Gli elementi necessari per una corretta suddivisione stratigrafica della suc- cessione di depositi conservati in una vallata alpina sono pertanto molteplici: - l'allineamento longitudinale delle rotture di pendenza trasversali all’asse vallivo principale, che possono corrispondere al luogo in cui le discontinuità stratigrafiche si manifestano come superfici limite fra corpi sedimentari; - la presenza di forme di accumulo che segnalano i limiti raggiunti nel tem- po dal ghiacciaio nelle sue varie configurazioni; - la diversa espressione morfologica dei depositi glaciali e il differente gra- do di rimodellamento delle originarie forme di accumulo; - le variazioni di facies, nella natura dei clasti e nel grado di alterazione dei depositi. Per valutare la distribuzione e i rapporti fra le forme di esarazione e i depo- siti glaciali si è rilevata utile la realizzazione di un profilo longitudinale passan- te per l’asse vallivo rettificato, sul quale sono state proiettate le forme di mo- dellamento glaciale, le superfici di discontinuità e i lembi di depositi ad esse correlati (cfr. GIARDINO & FIORASO, 1998). L’interpolazione dei lembi di super- fici di discontinuità e la correlazione dei lembi di depositi ha permesso di indi- viduare una serie di fasce di modellamento che scandiscono altimetricamente i versanti e/o articolano il sottosuolo del fondovalle. La facies e il grado di alte- razione dei depositi, la natura e il grado di rimodellamento delle forme hanno fornito PROGETTOi criteri per la caratterizzazione delle singole unità allostratigrafiche (cfr. OWEN et alii, 1997).

Per quanto concerne la copertura pliocenico-quaternaria sono state distinte in modo informale unità di diverso rango gerarchico: con “alloformazione” si è in- tesa una successione di sedimenti riferibile ad un determinato evento erosivo- deposizionale, ben differenziabile da altri eventi per la presenza di discontinui- tà significative alla scala del bacino e generalmente legate, in ambiente intravallivo, ad episodi di approfondimento CARG erosionale; il termine “allogruppo” è stato invece riferito ad un’associazione di depositi attribuiti a più eventi erosi- vo-deposizionali, talvolta non suddivisibile in unità di rango inferiore per man- 57

canza di elementi. Diverso è il caso di quei depositi prodotti da eventi a carattere locale (es. il distacco di una frana oppure la formazione e l’interramento di un bacino lacu- stre), svincolati dalla combinazione dei fattori che controllano l’evoluzione complessiva del bacino nel quale è invece in atto una generalizzata fase erosiva; anche se le discontinuità che delimitano i corpi sedimentari sono evidenti, il ca- rattere episodico e circoscritto di questi eventi ha suggerito di applicare il crite- rio litostratigrafico, cartografando i depositi come “unità ubiquitarie”.

In legenda le unità relative alla copertura pliocenico-quaternaria sono state ordinate in base al perdurare dei processi responsabili della loro messa in posto, e in secondo luogo in base al bacino di pertinenza. In quest’ottica sono state de- finite “completamente formate” quelle unità deposizionali attualmente svincola- te dall’agente fisico al quale sono geneticamente legate (es. un lembo di depo- siti fluviali attualmente non più inondabile da parte del corso d’acqua che l’ha generato); queste unità, quando non sepolte, sono soggette a rimodellamento. Le unità deposizionali generate da processi fisici potenzialmente riattivabili sono invece state raggruppate nelle “unità in formazione”. Il fatto che un’unità non sia più in rapporto con l’agente che l’ha generata non significa tuttavia che que- sta sia stabilizzata: ad esempio un accumulo di frana non più in rapporto con la sua nicchia di distacco può essere rimobilizzato per erosione al piede da parte di un corso d’acqua; oppure la superficie terrazzata di un deposito alluvionale completamente formato, sebbene non più invasa dal corso d’acqua al quale è le- gata geneticamente, può essere inondata ad opera del reticolato idrografico af- fluente. L’approccio allostratigrafico richiede imprescindibilmente che nella carta geologica vengano distinte tra loro unità, anche se in prima approssimazione co- eve, appartenenti a bacini idrografici diversi. L’evoluzione di un determinato settore della superficie terrestre è infatti controllata non solo da variabili clima- tiche, come ritenuto in passato, ma anche di natura geodinamica, litologica e morfologica. La combinazione di più fattori fa sì che ciascun bacino idrografi- co abbia una propria storia evolutiva e, in ultima analisi, una successione di for- me e depositi che non è mai direttamente correlabile con quella di un altro. Ciò ha comportato PROGETTO il riconoscimento di successioni sedimentarie distinte per ciascu- no dei tre bacini maggiori in cui si articola l’area di studio: la Val Cenischia, la Valle di Susa e la Val Chisone. Ad ogni unità corrisponde pertanto un colore che è stato graficamente diversificato mediante l’adozione di un retino con orienta- zione diversa a seconda del bacino di appartenenza. Nell’area del foglio sono tuttavia comprese solo la media e l'alta Valle di Susa e settori marginali della Val Cenischia e della Val Chisone. Per ricostrui- re le successioni complete di ciascun bacino si è quindi fatto riferimento, oltre ai dati provenienti dal contiguo Foglio CARG “Susa”, anche ai risultati di una serie di studi condotti, in aree limitrofe, come tesi di laurea presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, applicando la stessa metodolo- 58

gia1. Non essendo attualmente disponibile per il Quaternario una scala cronologi- ca di riferimento formalmente accettata dalla comunità scientifica internaziona- le, si precisa che è stata qui adottata quella proposta da RICHMOND (cfr. AIQUA, 1982), modificata, che si riporta di seguito. Tutte le datazioni proposte sono sta- te ricavate da dati pedostratigrafici, calibrati, provenienti da aree esterne al fo- glio.

OLOCENE –––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 0.01 Ma PLEISTOCENE SUPERIORE –––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 0.13 Ma PLEISTOCENE MEDIO –––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 0.73 Ma PLEISTOCENE INFERIORE ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––______1.67 Ma PLIOCENE

1. - UNITÀ COMPLETAMENTE FORMATE NON DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA

Unità del Segurét - La Riposa (USR) (Pliocene? - Pleistocene sup.) Questa unità comprende buona parte dei depositi indicati nei precedenti do- cumenti cartografici (CARTA GEOLOGICA D’ITALIA, 1910, 1911a, 1911b) come “carniole”, termine con il quale sono stati in passato raggruppati litotipi diversi, interpretati complessivamente come evaporiti eo- o medio-triassiche, in preva- lente giacitura secondaria sui principali piani di movimento tettonico (“lubrifi- canti tettonici”). Gli studi effettuati negli ultimi tre decenni nell’arco alpino oc- cidentale PROGETTO hanno invece messo in evidenza che queste rocce, sia per la loro

1 Nell’ambito del Bacino della Dora Riparia sono stati utilizzati anche i seguenti studi: ANTO- NUCCI E. (1989), Ricostruzione dell’evoluzione quaternaria del versante destro della Valle di Susa nel tratto compreso tra Bussoleno e S. Ambrogio AGGIO Ricostruzione plio-pleistocenica del ; B P. (1992), versante sinistro della Valle di Susa nel tratto compreso tra Susa e ; OLIVERO S. (1992), Stu- dio geologico del “fenomeno gravitativo” di Serre la Voûte, alta Valle di Susa; NICOLUSSI S. (1993), Revisione dell’anfiteatro Morenico di Rivoli-Avigliana; FIORASO G. (1994), Ricostruzione dell’evolu- zione quaternaria del versante destro della CARGmedia Valle di Susa nel tratto compreso tra Exilles e Gra- vere. JOSA S. (1999), Studio geologico del fenomeno gravitativo di Sauze d'Oulx (Valle di Susa - Pro- vincia di Torino). Nel Bacino della Val Chisone si è fatto riferimento allo studio effettuato da GIRAUD V. (1985), Ricostruzione dell’evoluzione quaternaria dell’alta Val Chisone, Alpi Cozie. 59 composizione (contengono clasti di rocce che hanno sperimentato l’intera suc- cessione delle fasi metamorfiche e deformative duttili alpine e hanno una matri- ce arenacea, non foliata), sia per la loro giacitura (colmano spesso depressioni di presumibile origine carsica completamente demolite o si estendono al piede di al- te pareti), devono avere un’età decisamente più recente. Il rilevamento ha consentito di riconoscere entro a questo eterogeneo insieme di rocce tre principali gruppi di litofacies: brecce residuali; brecce detritiche; cal- ciruditi, calcareniti e calcilutiti. Le brecce residuali sono formate da ammassi caotici di clasti e blocchi ango- losi e da cospicue porzioni di roccia carbonatica fratturata e disarticolata, ce- mentati da una matrice calcarea micritica. Danno origine a corpi di forma irrego- lare e di dimensioni variabili da decine a decine di migliaia di metri cubi, localizzati entro ai complessi carbonatici del substrato (es. M. Segurét) o in pros- simità dei principali contatti tettonici (es. Comba della Gorgia e Tre Croci). Le discontinuità che separano le brecce dal substrato, quando non corrispondono a superfici di corrosione, sono difficilmente individuabili per il loro carattere trans- izionale, per l’andamento alquanto irregolare e per la diffusa presenza di incro- stazioni secondarie superficiali. Dati di sottosuolo attestano la presenza di brec- ce residuali anche in profondità, associate a fenomeni di decementazione e di dissoluzione di corpi carbonatici o solfatici (marmi e gessi e/o anidriti), ubicati in prevalenza sui maggiori piani di taglio. La formazione delle brecce risulta in ogni caso successiva all’intera evoluzione strutturale in regime duttile. Le brecce detritiche sono costituite da clasti centimetrico-decimetrici e da subordinati blocchi con struttura parzialmente aperta, immersi in una matrice cal- carenitica e micritica. I clasti, angolosi e in alcuni casi smussati, sono di natura calcareo-dolomitica oppure sono costituiti da frammenti di brecce residuali, seb- bene possano essere presenti anche altri litotipi (calcescisti, quarziti, ecc.) in re- lazione al tipo di substrato in rapporto con i corpi di brecce. Le brecce detritiche formano masse irregolari, talvolta tabulari, lenticolari o prismatiche, di spessore metrico o decametrico e in generale rapporto di sovrapposizione o appoggio la- terale con il substrato (es. Col des Acles); nei punti in cui non è mascherato da incrostazioni secondarie, il contatto mostra di corrispondere ad una superficie netta (es. versante sinistro della Comba della Gorgia). Entro PROGETTOalle brecce residuali e detritiche si osservano corpi di calciruditi, calca- reniti e calcilutiti di spessore centimetrico o decametrico (es. M. Segurét) con geometria tabulare, lenticolare o più comunemente irregolare; frequenti le lami- nazioni planari, incrociate e le strutture gradate legate all’azione di correnti trat- tive. I sedimenti appaiono inoltre intensamente deformati per la presenza di on- dulazioni più o meno blande, di laminazioni convolute e di strutture di dislocazione (fratture e faglie). La distribuzione dei depositi riferibili all’Unità del Segurét - La Riposa e i lo- ro rapporti con il substrato sembrano CARG inquadrabili nel modello evolutivo propo- sto da CARRARO & MARTINOTTI (1993) e ripreso da GIARDINO (1995). La bassa temperatura e il contenuto salino quasi nullo delle acque subglaciali, congiunta- 60

mente all’aggressività (riconducibile alla dissoluzione di gessi e anidriti presenti nella successione stratigrafica triassica) delle acque circolanti in profondità, so- no riconosciute come possibili cause in grado di indurre imponenti fenomeni di carsificazione. Il fenomeno si sarebbe originato presumibilmente ben prima del Quaternario, non appena le acque di infiltrazione, venute in rapporto con rocce solubili, formarono cavità ipogee soprattutto in prossimità del contatto con un substrato impermeabile o non carsificabile. Il progressivo sollevamento delle masse carbonatiche e il conseguente modellamento della superficie topografica a livelli sempre più bassi avrebbe determinato il collasso delle cavità ipogee con propagazione del fenomeno fino alla superficie. Il procedere dell’erosione avreb- be successivamente portato ad affiorare i prodotti residuali del processo carsico, dando luogo a generalizzati fenomeni di inversione del rilievo. L’intensa frattu- razione delle rocce in prossimità dei contatti tettonici ha indubbiamente facilita- to la circolazione delle acque e condizionato la distribuzione dei prodotti di dis- soluzione e di risedimentazione degli ammassi carbonatici. Questa circostanza è confermata dalla distribuzione delle brecce che sottolinea, seppure in modo dis- continuo, i principali contatti tettonici tra unità di margine continentale e unità oceaniche da un lato (es. Comba della Gorgia, Col des Acles e Tre Croci), e tra coperture mesozoiche e basamento cristallino del Massiccio d’Ambin dall’altro (es. M. Segurét e Pra Piano). Nel modello interpretativo adottato, le brecce detritiche deriverebbero dalla rielaborazione superficiale delle brecce residuali, come confermato dai rapporti geometrici che permettono di escluderne l’origine per degradazione diretta, su- perficiale del substrato. Calciruditi, calcareniti e calcilutiti costituirebbero invece il prodotto della sedimentazione detritica operata dalle acque circolanti in am- bienti ipogei di dimensioni e caratteristiche molto diverse (pozze d’acqua, picco- li bacini chiusi, alvei, ecc.). Le diverse tappe del processo evolutivo vanno intese come momenti che si sono ripetuti e che si vanno ripetendo tuttora indefinitamente nell’evoluzione geologica dell’area: se da un lato si può ipotizzare un’origine remota del feno- meno (pliocenica o addirittura precedente?), dall’altro è immaginabile che un processo con caratteristiche analoghe, ma con diversa intensità in relazione alle mutate condizioni climatiche e geodinamiche, sia tuttora in atto. In superficie so- no riconoscibili PROGETTO solo i prodotti degli stadi finali delle fasi più antiche del feno- meno, in disequilibrio con il paesaggio recente (inversione del rilievo) e svinco- lati dall'attuale circolazione idrica sotterranea. Il fatto che alcuni corpi di brecce detritiche inglobino talora ciottoli arrotondati e striati tipicamente glaciali, con- ferma quanto meno un’età pre-pleistocenica superiore delle brecce. Unità ubiquitarie (UIN) (Pleistocene sup. - Olocene) Sono considerate come tali alcune unità litostratigrafiche individuate, nella successione stratigrafica, in base aiCARG soli caratteri interni: si tratta di corpi sedi- mentari che pur non essendo necessariamente delimitati da discontinuità di esten- sione regionale, hanno comunque una loro individualità ben definita. 61

Depositi detritici (UINa3). La testata di alcuni bacini tributari è rivestita da estesi campi di blocchi, caratterizzati superficialmente da una struttura aperta o parzialmente aperta e articolati in una serie di rilievi allungati che configurano dei lobi subparalleli ai margini degli accumuli; nella parte centrale di quest’ulti- mi si osservano frequentemente depressioni chiuse di varia forma e dimensioni. I caratteri sedimentologici e morfologici permettono di interpretare i depositi co- me il prodotto della rielaborazione di originari detriti di falda ad opera di rock glacier (non più attivi), particolarmente diffusi nelle aree soggette ad intensa pro- duzione di detrito quali quelle localizzate in corrispondenza delle successioni cal- careo-dolomitiche (es. Col des Acles e Passo della Mulattiera) o nei settori di af- fioramento dei litotipi gneissici e quarzitici del Massiccio d’Ambin (es. versante nord-orientale del Toasso Bianco).

Accumuli gravitativi (UINa1). Il bacino della Dora Riparia è caratteriz- zato dalla notevole diffusione degli accumuli di frana, alcuni dei quali con esten- sione superiore al chilometro quadrato e potenza visibile conservata dell’ordine delle decine e, in qualche caso, del centinaio di metri. La distribuzione degli ac- cumuli riflette le differenti caratteristiche litologiche, strutturali e giaciturali del substrato roccioso e la varia composizione e distribuzione delle coperture super- ficiali coinvolte. I settori che presentano una maggiore frequenza di fenomeni gravitativi corrispondono agli areali di affioramento delle successioni metasedi- mentarie a prevalenti calcescisti, mentre sui versanti modellati nelle successioni carbonatiche di margine continentale e nel basamento cristallino del Massiccio d’Ambin gli accumuli sono meno numerosi. I caratteri sedimentologici degli accumuli sono determinati in parte dalla na- tura del substrato e delle formazioni superficiali coinvolte, in parte dal tipo di movimento gravitativo. Diamicton a supporto di matrice contraddistinguono gli accumuli legati a fenomeni di fluidificazione della coltre detritico-colluviale e di depositi glaciali, oppure a fenomeni di tipo complesso che hanno coinvolto por- zioni di substrato intensamente fratturate. Accumuli caotici di blocchi angolosi o subangolosi sono invece riconducibili a meccanismi di ribaltamento e crollo op- pure a fenomeni roto-traslativi; i blocchi possono talvolta essere di dimensioni ri- levanti (decine o centinaia di metri cubi) come nel caso dell'accumulo di Bard, in Val Cenischia. PROGETTO Gli accumuli maggiormente estesi, spesso di difficile perimetra- zione (es. Sauze d’Oulx), presentano litofacies generalmente assai differenziate da punto a punto e costituiscono il prodotto di fenomeni ripetuti nel tempo. In al- cuni accumuli è inoltre possibile riconoscere porzioni anche molto estese di sub- strato rilasciato e disarticolato ad opera di meccanismi di tipo rotazionale o tras- lativo (es. parte sommitale della frana del Rif, in Val Chisone). L’espressione morfologica varia in relazione all’entità del rimodellamento in- tercorso dal momento della deposizione e quindi, in prima approssimazione, al- l’età dell’accumulo. CARG Particolarmente numerosi sono i fenomeni ubicati sia sul versante destro (ac- cumuli della Testa del Mottas e di Pietra Grossa) sia su quello sinistro (accumu- 62

li di Eclause e del Papillon) della media Valle di Susa. La morfologia piuttosto articolata suggerisce in questi casi la natura complessa del meccanismo di messa in posto, con evidenze di scivolamenti traslativi e/o rotazionali evolutisi in cola- ta. I depositi, alquanto eterogenei ed eterometrici, hanno struttura generalmente caotica e un basso grado di addensamento; le litofacies più rappresentate sono co- stituite da diamicton a matrice sabbioso-limosa e da ammassi caotici di blocchi rocciosi fratturati; anche in questi casi, parziali e progressive rimobilizzazioni hanno localmente modificato l’originaria configurazione della massa franosa. Per alcuni accumuli si può ragionevolmente ipotizzare uno stretto legame genetico con le deformazioni gravitative profonde che interessano ampi settori della Valle di Susa: significativo in tal senso è il fenomeno di Eclause, ubicato a monte del- la stretta di Serre la Voûte e indotto dai movimenti gravitativi profondi che coin- volgono l’intero versante sud-orientale delle Casses Blanches. Anche in Val Chisone è stata osservata un’ampia casistica di fenomeni gravi- tativi: frane di crollo con accumuli caotici di blocchi; scorrimenti traslativi e ro- tazionali a spese di porzioni più o meno estese di substrato dislocato in genere per brevi distanze; fenomeni complessi talora di grande estensione (es. Clos del Chardonnet, in Val Chisone). Come per la Valle di Susa, anche in Val Chisone, e in particolare sul suo versante sinistro (es. M. Blegier e Gran Serin), alcuni ac- cumuli sono connessi all’evoluzione di settori già coinvolti da fenomeni di de- formazione gravitativa profonda.

Accumuli di origine mista (UINi). Il termine “deposito misto” è stato utilizzato con l’accezione di sedimento avente carattere poligenico, ora di origi- ne gravitativa, ora di debris flow, ora torrentizio e ora di valanga. La facies più è rappresentata da diamicton a matrice sabbiosa o ghiaioso-sabbiosa con locale presenza di blocchi; la petrografia e la forma dei clasti variano alquanto in funzione della natura degli originari sedimenti a spese dei quali si sono formati i depositi misti. Conoidi piuttosto acclivi, originantisi allo sbocco di ripidi e stret- ti canaloni, costituiscono l’espressione morfologica più tipica di questi depositi, come quelli conservati nei pressi di Beaulard, Oulx e del Forte di Exilles; altri lembi di depositi profondamente dissecati si osservano nel Vallone del Gran Bo- sco, neiPROGETTO pressi di Montagne Seu, a circa 1.700 m di quota. Depositi travertinosi (UINf1). Nelle valli Susa e Chisone sono stati indi- viduati numerosi lembi di travertino fitoermale e stromatolitico (sensu D’ARGE- NIO & FERRERI, 1987) con episodici passaggi a facies detritiche. Nel primo caso si tratta di concrezioni carbonatiche porose e vacuolari, incrostanti vegetazione igrofila in posizione di crescita; i travertini stromatolitici sono invece costituiti da un aggregato compatto di cristalli di calcite, organizzato in una successione più o meno regolare di lamine di colore alternativamente chiaro e scuro. Lo sviluppo locale di facies "detritiche" è infine CARG da ricondursi a processi di incrostazione su resti vegetali, talvolta di grandi dimensioni (tronchi, rami e altri frammenti vege- tali), nonché su clasti carbonatici provenienti dallo smantellamento di preesi- 63

stenti corpi travertinosi. All’interno delle masse carbonatiche sono inoltre stati rinvenuti sporadici livelli, di spessore centimetrico o decimetrico, di travertino bibliolitico (sensu D’ARGENIO & FERRERI, 1987), costituito da incrostazioni su pacchetti di foglie il più delle volte isoorientate e con disposizione embricata (es. Le Selle e Sauze d’Oulx). Pur mancando tracce di sostanza organica, la presenza di impronte che riproducono anche nei minimi dettagli le originarie strutture fo- liari permette di attribuire le stesse a latifoglie (Fagus, Corylus, Alnus, Ulmus) e a conifere (Larix, Pinus). Le masse travertinose presentano talvolta un’evidente stratificazione, sottoli- neata da livelli stromatolitici, che ricalca quasi sempre l’andamento della super- ficie di appoggio basale e corrispondentemente quella locale del versante. Lo spessore dei lembi solitamente non supera qualche metro, con la sola eccezione del travertino conservato nei pressi di Le Selle, che si sviluppa in altezza per cir- ca 10 m. Significativi anche i travertini localizzati in Valle di Susa nei pressi del Gad d’Oulx, a 1.350 m di quota, e quelli distribuiti sul versante che sovrasta Chiomonte, a 1.050 m di quota. In Val Chisone particolarmente esteso è il lembo di travertino stromatolitico conservato nei pressi del Gran Puy, a monte di Pra- gelato, tra i 1.900 e i 1.750 m di quota. La distribuzione dei travertini è strettamente connessa alla presenza di un sub- strato carbonatico pervasivamente fratturato, allentato e disarticolato che favori- sce l’instaurarsi di intensi processi di dissoluzione della frazione carbonatica e la sua successiva precipitazione in corrispondenza dei punti di affioramento delle acque di percolazione (FIORASO, 1999). Le originarie condizioni chimico-fisiche, morfologiche e idrologiche favorevoli al fenomeno di precipitazione sono tutta- via in alcuni casi cessate per lasciare il posto ai processi di rimodellamento che hanno talvolta profondamente modificato l’originaria espressione morfologica dei depositi, dando luogo a fenomeni di inversione del rilievo (es. Grange Selle). Questa serie di elementi consente di stabilire che l’origine di queste rocce non è particolarmente recente.

Depositi lacustri (UINe2). Alla base della dorsale in roccia sulla quale è ubicata la frazione di Moliere (media Valle di Susa) è stato individuato un lembo di depositi lacustri, costituito da sedimenti limosi con intercalazioni di livelli sab- biosi e, sporadicamente,PROGETTO di sostanza organica. L'espressione morfologica di que- sti sedimenti è costituita da un'estesa superficie subpianeggiante, al cui centro è localizzata una blanda depressione chiusa di forma ellittica. Il deposito costitui- sce il prodotto del colmamento di un originario solco in roccia di modellamento glaciale, allungato per alcune centinaia di metri in direzione SW-NE e impostato in corrispondenza del sistema di fratture dirette N60E che sottolinea il tratto me- diano della Valle di Susa. CARG 64

2. - UNITÀ COMPLETAMENTE FORMATE DISTINTE IN BASE AL BACI- NO DI PERTINENZA

Nel capitolo che segue sono descritti, in ordine cronologico, dal più antico al più recente, i diversi termini delle successioni stratigrafiche riconosciute nel ba- cino del Cenischia (considerato ramo principale del bacino segusino), nel bacino della Dora Riparia s.s. e nei bacini tributari.

2.1. - BACINO DEL CENISCHIA

I termini della successione stratigrafica quaternaria riconosciuta in questo bacino sono stati riuniti nell’Allogruppo del Moncenisio, comprendente le Allo- formazioni di Frassinere, di Magnoletto e di Venaus. La scelta di denominare le unità sulla base di toponimi relativi a località ubicate nel contiguo Foglio “Su- sa” è motivata dal fatto che il bacino del Cenischia è stato il principale alimen- tatore del glacialismo della bassa Valle di Susa, come testimonia la soglia di in cui le forme di modellamento del ghiacciaio proveniente dalla media Valle di Susa sono dissecate da quelle più recenti attribuibili al ghiacciaio pro- veniente dalla Val Cenischia. La successione, interpretata come espressione del- la massima espansione dell’ultima glaciazione (Last Glacial Maximum Auct.) e di due fasi di ritiro, è stata riferita al Pleistocene superiore in base ai rapporti geometrici che presenta nei confronti della successione del bacino della Dora Riparia.

2.1.1. - Allogruppo del Moncenisio

Alloformazione di Frassinere (AFR) (Pleistocene sup.) E’ costituita da prevalenti diamicton a matrice ghiaioso-sabbiosa con ciottoli centimetrico-decimetrici subangolosi e arrotondati, talora levigati e striati, di gneiss e micascisti del Massiccio d’Ambin e subordinatamente di quarziti e quar-

ziti micacee (till di allogamento, AFRc4). Ai precedenti si associano diamicton a matrice PROGETTO sabbioso-ghiaiosa caratterizzati in superficie dalla presenza di grossi blocchi di gneiss e micascisti (till di ablazione, AFRc5) e diamicton a matrice sab- bioso-ghiaiosa con clasti da subangolosi ad arrotondati (till indifferenziati,

AFRc1). I lembi di depositi riferibili a questa unità, profondamente rimodellati, sono distribuiti entro una fascia altimetrica compresa tra i 1.650 e i 1.350 m di quota. La superficie di appoggio basale dei depositi è ben conservata, come nel ca- so dei terrazzi in roccia visibili nei pressi delle località Arcangel, Grangia Plan Suffì e Case Poisaton, per i quali CARGla natura glaciale del modellamento è docu- mentata da evidenti tracce di levigatura e striatura. 65

Alloformazione di Magnoletto (AML) (Pleistocene sup.) Nell’ambito di questa unità sono stati distinti dei diamicton a matrice limoso- sabbiosa con clasti centimetrico-decimetrici, subarrotondati, levigati e talora striati, interpretati come till di allogamento (AMLc4); i depositi sono conservati in un unico lembo ubicato a Est della località Arcangel, a valle della S.S. n° 25 del Moncenisio. Ad essi si associano dei till di ablazione (AMLc5), localizzati nei pressi del Lago Piccolo del Moncenisio e costituiti da diamicton poco addensati con matrice sabbioso-ghiaiosa nella quale sono immersi clasti e blocchi suban- golosi. Infine, nei pressi del Lago Grande del Moncenisio, è stato individuato un unico lembo di till indifferenziati (AMLc1) costituito da diamicton a matrice sab- bioso-limosa e subordinatamente sabbioso-ghiaiosa con clasti da subangolosi ad arrotondati. Nell'insieme i clasti di questa unità sono costituiti da gneiss e mica- scisti del Massiccio d’Ambin e da calcescisti. I depositi riferibili a questa unità poggiano su un’ampia superficie erosiona- le, attraversata in più punti dalla strada che collega la S.S. n° 25 all’abitato di Moncenisio, sulla quale sono frequentemente conservate forme di modellamento glaciale quali levigature e montonature.

Alloformazione di Venàus (AFV) (Pleistocene sup.) E’ costituita da diamicton a matrice sabbioso-limosa con blocchi e ciottoli, talvolta ben arrotondati, di calcescisti, micascisti e brecce a cemento carbonatico

(till di allogamento, AFVc4). I depositi, conservati in un unico lembo nei pressi della Grangia S. Pancrazio, sono articolati in una serie di dorsali allineate per al- cune centinaia di metri in direzione Est-Ovest, sulle quali sono distribuiti nume- rosi blocchi di brecce a cemento carbonatico. Verso Sud i till di allogamento so- no mascherati da un esteso e caotico accumulo con struttura aperta di blocchi tabulari metrici di calcescisti marmorei. Lo stesso accumulo è stato in preceden- za interpretato come il prodotto dell’attività esarativa del ghiacciaio della Val Ce- nischia (LEBLANC, 1841) e come corpo di frana recente (FUDRAL et alii, 1994b): la singolarità del suo aspetto e soprattutto la particolare posizione al centro del ri- piano su cui sorge l’abitato di Moncenisio, suggeriscono invece una sua inter- pretazione come “frana con trasporto glaciale” (sensu CASTIGLIONI, 1958) (till di ablazione, AFVc5). La superficiePROGETTO di appoggio basale dell’unità è visibile lungo il margine meri- dionale dell’accumulo, in corrispondenza dell’incisione posta a valle del Lago Piccolo di Moncenisio, e lungo la strada Moncenisio-. 2.2. - BACINO DELLA DORA RIPARIA

Nell’alta e nella media Valle di Susa, oltre ad una successione di depositi grossomodo correlabile con l’Allogruppo CARG del Moncenisio (dal quale peraltro dif- ferisce per numero e tipo di suddivisioni), sono state rilevate le tracce di un’e- spansione glaciale più antica, conservate in una fascia altimetrica più elevata e 66

sensibilmente più rimodellata (Allogruppo di Clot Sesiàn). In assenza di qualsia- si elemento diretto di datazione, quest’ultima unità è stata indicativamente riferi- ta al Pleistocene medio.

2.2.1. - Allogruppo di Clot Sesiàn (CS) (Pleistocene medio?)

E’ costituito prevalentemente da diamicton a matrice limosa con ciottoli e blocchi spesso molto alterati di metabasiti, quarziti e subordinatamente di mica- scisti, calcescisti e dolomie. L'areale di provenienza di questi sedimenti, inter-

pretati come till di allogamento (CSc4), è quindi da riferire soprattutto al Mas- siccio d’Ambin. Lungo il crinale che separa la Val Clarea dalla Val Cenischia, nei pressi di Pra Piano a 1.500 m di quota, sono inoltre stati individuati alcuni

lembi di depositi glaciali interpretati come till indifferenziati (CSc1) e di abla- zione (CSc5). L’entità e la durata dei processi di rimodellamento che hanno ope- rato nella fascia altimetrica di distribuzione di questa unità trova riscontro nel ri- trovamento, su alcune superfici rocciose levigate (es. dorsale di Cappella Bianca), di sparsi e isolati ciottoli arrotondati e levigati (“morenico scheletrico sparso” Auct.). I depositi glaciali risultano nel complesso alterati (colore 5-7,5 YR) in tutto lo spessore visibile in affioramento, generalmente non superiore ai 2 m. La superficie di appoggio basale è modellata in roccia, mentre quella sommi- tale, con andamento piuttosto irregolare, è il frutto dell’intenso e talvolta estremo rimodellamento operato a spese degli originari corpi sedimentari. L’areale di dis- tribuzione dei rari lembi in cui è conservata questa unità è compreso fra i 1.900 e i 1.460 m di quota e corrisponde alla fascia altimetrica più elevata in cui sono stati trovati depositi riferibili al glacialismo regionale. Verso il fondovalle la fa- scia di distribuzione è in molti tratti delimitata dal ciglio superiore di una netta scarpata di erosione (Fig. 2). Il brusco cambiamento del grado di rimodellamento e di alterazione che si re- gistra rispetto ai sedimenti conservati nella fascia altimetrica immediatamente sottostante, permette di considerare i depositi dell’Allogruppo di Clot Sesiàn co- me i più antichi di cui si è conservata traccia nell’area del foglio. Sebbene PROGETTO la frammentarietà del record sedimentario in questa fascia altimetri- ca non consenta di effettuare correlazioni puntuali fra i singoli lembi di depositi, tenuto però conto del loro progressivo abbassamento verso valle, le quote delle loro superfici di appoggio basale permettono di correlarli con i depositi glaciali distribuiti nella bassa Valle di Susa, assimilabili, per caratteristiche interne e po- sizione, a quelli dell’Allogruppo di Clot Sesiàn. Allo sbocco vallivo in pianura tali depositi possono inoltre essere stratigraficamente correlati a quelli della cer- chia di Monsagnasco, riferibile alla penultima maggiore espansione glaciale (NI- COLUSSI, 1993; cfr. nota 2) e datata CARG al Pleistocene medio. 67

2.2.2. - Allogruppo di Salbertrand

Grazie alla correlabilità con le cerchie più alte e meglio preservate dell’Anfi- teatro Morenico di Rivoli-Avigliana, al grado di conservazione delle forme e dei depositi e al confronto con quanto avviene nelle altre maggiori valli dell’arco al- pino occidentale, il complesso di depositi che nella media Valle di Susa può es- sere riferito all’ultima glaciazione si presenta articolato in maniera diversa ri- spetto ai corrispondenti depositi del bacino del Cenischia (Fig. 3). All’interno di questo allogruppo è stato quindi possibile riconoscere una successione di unità di rango inferiore denominate informalmente come Alloformazioni di Frénèe, di Fenìls e di Deveys.

Alloformazione di Frénèe (FRE) (Pleistocene sup.) E’ costituita da diamicton addensati a matrice limosa (till di allogamento,

FREc4) e da diamicton a matrice limoso-sabbiosa con clasti da subangolosi a sub- arrotondati (till indifferenziati, FREc1). I clasti sono costituiti da metabasiti, quar- ziti, gneiss, micascisti, calcari e dolomie. I depositi, localmente alterati con ma- trice di colore 7,5-10 YR, sono spesso impregnati da cemento carbonatico particolarmente sviluppato in spessore nel lembo di Auberge Sup., sul versante sinistro dell’alta Valle di Susa. Il tetto deposizionale è rappresentato da una superficie di accumulo rimodel- lata e in alcuni casi sepolta da accumuli gravitativi. Le superfici di appoggio ba- sale e laterale corrispondono a forme erosionali di modellamento glaciale, con strie e solchi di esarazione e configurazione planare in grande. Sul versante sini- stro della Valle di Susa, nella porzione più elevata della fascia di distribuzione di questa unità, l’andamento delle superfici basali è prevalentemente molto inclina- to verso il fondovalle; sul versante destro le superfici hanno invece giacitura sub- orizzontale e sono talvolta interrotte da piani di scivolamento gravitativo. La fascia di distribuzione dei depositi, compresa fra i 1.690 e i 1.350 m di quota, è delimitata verso l’alto dalla base di scarpate rocciose (es. versante sini- stro a Ovest di Eclause e versante destro nei pressi di Case Berge), oppure dal brusco passaggio a ripiani modellati in roccia. Al di sotto di tale limite, corri- spondente al margine inferiore di distribuzione dell’Allogruppo di Clot Sesiàn, il grado di alterazionePROGETTO e di rimodellamento dei lembi glaciali conservati si riduce in modo evidente, lasciando supporre che l’insieme delle forme e dei depositi ap- partenenti all’Alloformazione di Frénèe siano riferibili a un episodio glaciale sensibilmente più recente rispetto a quello di Clot Sesiàn. Sul versante sinistro della valle, a NE della frana del M. Pramand, il limite in- feriore della fascia di distribuzione dei depositi è individuato da una ex-morena con nucleo in roccia sulla quale si rinvengono rari ciottoli arrotondati. Sullo stes- so versante si possono osservare alcuni lembi di superfici che definiscono altret- tante contropendenze in roccia levigate, CARG striate e talora montonate, la cui posi- zione altimetrica (quota minima 1.320 m nel settore ad Est di S. Colombano) si raccorda con il limite inferiore della fascia di distribuzione dell’Alloformazione 68

di Frénèe. Nell’insieme queste forme sono visibilmente intersecate dalla superfi- cie di appoggio laterale dell’Alloformazione di Fenìls (cfr. Fig. 3). Nel settore orientale del Foglio “Bardonecchia” e nel contiguo Foglio “Susa”, la superficie limite superiore di distribuzione dell’Alloformazione di Frénèe si correla altimetricamente con la cresta di alcuni argini morenici laterali che po- trebbero testimoniare la quota più alta raggiunta dal ghiacciaio nel corso dell’ul- tima glaciazione. La superficie di appoggio basale risulta invece correlabile con la soglia in roccia di Gravere, determinata dell’intersezione del fondovalle unita- rio su cui si sono deposte le Alloformazioni di Frénèe (media Valle di Susa) e di Frassinere (Val Cenischia), con quello più basso e più recente che si è venuto a creare con l’approfondimento del ghiacciaio del Cenischia e la connessa sedi- mentazione dell’Alloformazione di Frassinere; la media Valle di Susa si è venu- ta così a configurare come una valle sospesa. Nell’Anfiteatro Morenico di Rivo- li-Avigliana l’Alloformazione di Frénèe mostra di correlarsi altimetricamente con i depositi della cerchia di Cresta Grande, attribuita alla parte inferiore del Pleistocene sup. (NICOLUSSI, 1993; cfr. nota 2).

Alloformazione di Fenìls (FEN) (Pleistocene sup.) Diverse sono le facies che caratterizzano i depositi di questa unità: diamicton molto addensati a matrice limosa e ciottoli arrotondati, levigati e talvolta striati

(till di allogamento, FENc4); diamicton scarsamente addensati a matrice sabbio- sa e sabbioso-limosa (colore 10 YR) e clasti poco arrotondati (till indifferenziati,

FENc1); diamicton a scarsa matrice sabbioso-ghiaiosa e prevalenti ciottoli e bloc- chi subangolosi (till di ablazione, FENc5). Clasti e blocchi, da poco alterati ad al- terati, sono costituiti da metabasiti, quarziti e dolomie, secondariamente da gneiss, micascisti e calcescisti. I depositi sono distribuiti tra i 1.450 e i 970 m di quota; i lembi più estesi so- no conservati sul versante destro dell’alta Valle di Susa, fra Royeres (a monte di Beaulard) e Oulx, nonché sul versante sinistro della media Valle di Susa. A Beau- lard i lembi di depositi poggiano su una serie di ripiani posti a varie quote e ta- lora separati da scarpate in roccia e da dossi montonati. Sul versante sinistro del- la media Valle di Susa, poco a valle dell’accumulo di frana del M. Pramand, il limite superiore di distribuzione dei depositi è rappresentato dalla cresta della ex- morena PROGETTO con nucleo in roccia che costituisce il moncone di un argine profonda- mente rimodellato, mentre a valle di Salbertrand il limite corrisponde, su en- trambi i versanti, alla base di alcune scarpate in roccia molto inclinate; queste passano gradualmente verso l’alto a una serie di contropendenze di versante, con dossi montonati e superfici pianeggianti sulle quali si rinvengono i depositi del- l’Alloformazione di Frénèe. I rapporti intercorrenti tra l’appoggio basale del- l’Alloformazione di Frénèe e l’appoggio laterale dell’Alloformazione di Fenìls indicano che quest’ultima è incastrata nella precedente (cfr. Fig. 3). Presso Fenìls, fra i 1.300 e i 1.200CARG m di quota, è conservato un argine more- nico arcuato, costituito da till di ablazione poco addensati, la cui cresta è dislo- cata per alcune decine di metri in direzione NO-SE a causa dei movimenti diffe- 69

renziali del fenomeno gravitativo di Serre la Voûte; presso Devéis lo stesso tipo di deposito è conservato in un piccolo lembo, poggiante su substrato roccioso le- vigato e striato, e superiormente in contatto, per mezzo di una superficie erosio- nale, con altri till di allogamento. Dati ricavati da sondaggi accertano che la su- perficie su cui poggiano i depositi glaciali del lembo di Fenìls è modellata in roccia fratturata e disarticolata ed è ubicata ad una quota compresa fra i 1.100 e i 1.025 m. I depositi dell’Alloformazione di Fenìls sono distribuiti, a monte di Oulx, an- che sui versanti del bacino della Dora di Cesana; tuttavia l’evidente diversità nel tipo di substrato affiorante in questo bacino si riflette nella natura dei clasti, co- stituiti da calcescisti, calcari e dolomie, pietre verdi e gabbri.

Alloformazione di Devéis (DEV) (Pleistocene sup.) E’ costituita da diamicton a matrice limosa con ciottoli centimetrico-decime-

trici arrotondati, levigati e talvolta striati (till di allogamento, DEVc4). I depositi rappresentati da questa facies sono distribuiti prevalentemente ai margini della piana di Salbertrand e nei pressi di Costans, a Est di Beaulard; alcuni sondaggi hanno inoltre incontrato gli stessi depositi al di sotto dei sedimenti alluvionali di fondovalle. Depositi simili, ma con clasti più grossi, meno arrotondati e con una matrice meno addensata, sono stati individuati a valle di Salbertrand (till di abla-

zione, DEVc5); in particolare quelli ubicati nei pressi di Serre la Voûte hanno una struttura caotica e un’espressione superficiale irregolarmente ondulata con dor- sali e depressioni. Alcuni lembi sono infine rappresentati da diamicton a matrice limoso-sabbiosa con clasti da subangolosi ad arrotondati (till indifferenziati,

DEVc1). I clasti sono costituiti da metabasiti, micascisti, calcescisti, dolomie, subordinatamente da marmi, quarziti e gneiss. I clasti sono per nulla o poco alte- rati, ad eccezione di quelli carbonatici che si presentano talvolta profondamente corrosi. Nei pressi di Costans affiorano depositi sabbioso-limosi fittamente stra-

tificati, interpretati come depositi glaciolacustri (DEVe2). Nell’insieme i depositi di questa unità sono distribuiti prevalentemente sul versante sinistro della Valle di Susa fino ad una quota massima di 1.200 m; in prossimità del limite superiore della loro fascia di distribuzione essi poggiano la- teralmente contro superfici di erosione subverticali modellate in roccia e, local- mente, neiPROGETTO depositi dell’Alloformazione di Fenìls (settore di Serre la Voûte), nel- la quale risultano pertanto incastrati (cfr. Fig. 2). L’appoggio basale non è quasi mai visibile poiché mascherato dai depositi fluviolacustri della piana di Salber- trand. Solo a valle di Serre la Voûte la superficie affiora in due punti posti a 950 m di quota: in un caso, nei pressi di Devéis, la superficie è impostata nei till di al- logamento dell’Alloformazione di Fenìls, nell’altro è modellata nel substrato roc- cioso. Il fatto che a valle di Exilles e a quote via via meno elevate si rinvengano altri depositi riferibili all’Alloformazione CARG di Devéis, senza tuttavia poterne os- servare l’appoggio basale, lascerebbe supporre che il limite altimetrico inferiore di distribuzione di questa unità sia situato, almeno nel settore orientale, a meno 70 Frénèe; FEN: ibutari; UIN: uni- di pertinenza

PROGETTO

CARG Alloformazione di Allogruppo di Clot Sesiàn; FRE: Schema dei rapporti stratigrafici della copertura pliocenico-quaternaria. CS: Fig. 2. Alloformazione di Fenìls; DEV: Alloformazione di Devéis; CHI: Alloformazione di Chiomonte; UGT: depositi glaciali dei bacini tr Alloformazione di Chiomonte; UGT: Alloformazione di Devéis; CHI: Alloformazione di Fenìls; DEV: tà completamente formate non distinte in base al bacino di pertinenza; UID: unità formazione 71 di 850 m di quota. Depositi correlabili all’Alloformazione di Devéis sono stati individuati anche sui versanti della Dora di Cesana (es. Amazas e S. Marco): si tratta di till di allo- gamento con ciottoli arrotondati, levigati e talora striati di calcescisti, calcari, pie- tre verdi e gabbri, oltre a rari ma quanto mai significativi ciottoli di radiolariti e arenarie.

Schema dei rapporti cronostratigrafici

PROGETTO Fig. 3. Schema dei rapporti cronostratigrafici della copertura pliocenico-quaternaria. Le Alloformazioni di Fenìls e di Devéis sono conservate in forma di argini morenici laterali e come depositi fluvioglaciali in facies di ice-contact. La distri- buzione dei lembi di depositi, ubicati a quote progressivamente minori e con areali via via più ridotti e più prossimi CARG all’asse vallivo procedendo dal termine più antico a quello più recente, testimonia la progressiva riduzione di ampiezza e di volume della massa glaciale. Le Alloformazioni di Fenìls e di Devéis, a differen- 72

za dell’Alloformazione di Frénèe, non sono correlabili con le unità glaciali del- l’anfiteatro pedemontano; le analogie nella posizione altimetrica e nelle caratte- ristiche interne esistenti fra queste unità e quelle riconoscibili in altri settori del- la Valle di Susa inducono ad interpretare le prime come il prodotto di distinte pulsazioni intravallive successive alla massima espansione glaciale.

2.2.3. - Allogruppo di S. Stefano

Contemporaneamente al regresso delle masse glaciali hanno cominciato a operare i processi di rimodellamento legati alla dinamica torrentizia: l’Unità di Seigneur e l’Alloformazione di Chiomonte esprimono in tal senso due episodi dell’evoluzione sedimentaria intravalliva post-glaciale. I depositi dell’Unità di Chiomonte testimoniano in particolare le ultime fasi di approfondimento erosio- nale della Dora Riparia seguite al ritiro del ghiacciaio segusino e a quello della Val Clarea.

Unità di Seigneur (SEG) (Pleistocene sup.) A valle di Chiomonte è stato individuato un complesso di depositi ghiaiosi e ghiaioso-sabbiosi cementati o molto cementati con struttura a supporto di clasti. I ciottoli, ben classati e arrotondati, sono costituiti da micascisti e gneiss, cui si aggiungono subordinate quarziti, metabasiti, calcari e dolomie; significativa la presenza di serpentiniti e radiolariti provenienti da specifici settori della media e alta Valle di Susa. La facies dei depositi è tipica di un ambiente fluviale intraval-

livo di energia relativamente bassa (SEGb). I depositi sono stratificati in banchi di spessore metrico o decimetrico separati da superfici erosionali talora debol- mente ondulate, talaltra molto irregolari e sottolineate da lag deposits. La strati- ficazione è suborizzontale, ad eccezione del settore di confluenza del Rio Clarea nella Dora Riparia, ove si osservano valori di inclinazione molto elevati (fino a 50° verso Est); questa evidenza, unitamente ad una serie di faglie normali a ri- getto metrico, con direzione N130 e inclinazione di 50-70° verso SO, indica la presenza di deformazioni compatibili, dal punto di vista cinematico, sia con il campo di sforzi legato all’evoluzione geodinamica recente, sia con fenomeni di glaciotettonica PROGETTO connessi alle variazioni di volume del ghiacciaio della Val Clarea successivamente alla messa in posto dei sedimenti. I depositi dell’Unità di Sei- gneur sono distribuiti fra i 725 e i 645 m di quota. La superficie di appoggio ba- sale è sempre modellata in roccia e mostra, nel tratto compreso tra lo sbocco del- la Val Clarea e l'abitato di Susa, un andamento anomalo con giacitura in contropendenza rispetto al versante. L’originario tetto deposizionale non è con- servato poiché profondamente rimodellato oppure perché obliterato da superfici erosionali ad opera del ghiacciaio della Val Clarea. Non è chiaro se i depositi del- l’Unità di Seigneur siano direttamente CARG soggiacenti ai depositi dell’Alloformazio- ne di Devéis, ultimo episodio glaciale della media Valle di Susa, e quindi con- temporanei (potrebbero costituire il riempimento di una forra di escavazione 73

subglaciale), o se vi siano incastrati: in quest’ultimo caso sarebbero interpretabi- li come depositi fluviali successivi all’ultimo ritiro locale del ghiacciaio segusi- no. In entrambe le ipotesi, le cause delle condizioni di energia relativamente bas- sa che ne hanno controllato la sedimentazione vanno ricercate nell’ostacolo al deflusso locale delle acque indotto, oltre il gradino di Gravere, dal ghiacciaio al- lora ancora presente nella Val Cenischia e nella bassa Valle di Susa. La soggia- cenza dell’Unità di Seigneur ai depositi legati all’episodio glaciale più recente della Val Clarea consente di attribuirne con certezza un’età pleistocenica supe- riore. Lo sbarramento operato dal ghiacciaio della Val Cenischia ha condizionato l’intera evoluzione tardo-pleistocenica superiore della media Valle di Susa, come testimoniato dal complesso di depositi lacustri distribuiti nel tratto terminale del- la stessa (CARTA GEOLOGICA D’ITALIA, 1999): i depositi fluviali di Seigneur po- trebbero in tal caso rappresentare un corpo eteropico a questi, e quindi essere so- lo coevo, oppure esservi incastrati dentro e rappresentare le ultime fasi di sopravvivenza del bacino lacustre. La distribuzione planimetrica dei depositi di questa unità ricalca l’andamen- to della Dora Riparia nel tratto a monte de La Maddalena, ma se ne discosta nel tratto a valle seguendo un percorso nettamente spostato verso Nord, passante per S. Giovanni, fino a raccordarsi nuovamente all’attuale direttrice a Sud di S. Ste- fano. Tale deviazione è l’effetto prodotto dall’ultima avanzata del ghiacciaio del- la Val Clarea che ha portato alla formazione della morena frontale de La Madda- lena: l’alveo della Dora Riparia nel tratto compreso fra La Maddalena e S. Stefano è quindi epigenetico.

Alloformazione di Chiomonte (CHM) (Pleistocene sup. - Olocene) A valle dell'abitato di Exilles, lungo la scarpata che delimita la sponda destra della Dora Riparia, sono stati individuati dei depositi ghiaiosi e ghiaioso-sabbio- si ben stratificati, con intercalazioni sabbiose di spessore decimetrico e talvolta metrico, nei quali sono inglobati ciottoli e blocchi ben arrotondati (depositi flu-

viali, CHMb). I sedimenti, localmente ben cementati e poggianti lateralmente su una superficie modellata in roccia, sono irregolarmente distribuiti lungo l’asse vallivo e sospesi a varie altezze (fino a 100 m nei pressi di Chiomonte) sull’al- veo della PROGETTODora Riparia (cfr. Fig. 2). In posizione analoga e del tutto simili ai precedenti sono i depositi affioranti nei pressi del Ponte Nuovo di Exilles, alcune decine di metri al di sopra dell’al- veo della Dora Riparia. Si tratta di sedimenti ghiaiosi e ghiaioso-sabbiosi, ben stratificati e cementati, presumibilmente di origine fluvioglaciale. Situati in posi- zione laterale rispetto all’incisione della Dora Riparia e in parte mascherati da un piccolo conoide alluvionale che si innesta alla base del versante destro, i deposi- ti poggiano lateralmente su una dorsale in roccia interpretata come un’originaria soglia glaciale (OLIVERO , 1992; cfr. notaCARG 2). A valle di Serre la Voûte, tra Campbons e Chiomonte, sono stati individuati altri lembi di depositi ghiaioso-sabbiosi e ghiaioso-ciottolosi, talvolta grossola- 74

namente stratificati, inglobanti grossi blocchi. I caratteri sedimentologici, l’e- spressione superficiale dei corpi sedimentari (in forma di conoidi alluvionali dis- secati) e la loro localizzazione in prossimità dei punti di confluenza hanno per- messo di interpretare gli stessi come il prodotto di processi torrentizi e di trasporto solido in massa (debris-mud flow) sviluppatisi lungo il reticolato af- fluente. L’attuale espressione morfologica è il risultato di una variazione nella configurazione del fondovalle principale, legata in particolar modo al suo gra- duale approfondimento, che ha indotto i torrenti, e in secondo luogo la Dora Ri- paria, a incidere profondamente i conoidi alluvionali precedentemente edificati dagli stessi.

2.3. - BACINI TRIBUTARI

Accanto alle forme e ai depositi connessi al glacialismo regionale, in parti- colare alla sua ultima maggiore espansione (Last Glacial Maximum Auct.) e al- le sue oscillazioni di ritiro, all’interno dei bacini tributari sono state individuate numerose tracce del glacialismo locale. Tuttavia, nell’impossibilità pratica di stabilire una successione stratigrafica per ogni bacino (Fig. 4) come imporreb- bero i canoni dell’allostratigrafia, i diversi gruppi di depositi sono stati carto- graficamente riuniti in un’unica successione-tipo, indicata come “depositi gla- ciali dei bacini tributari”, comprendente anche i sedimenti distribuiti nell’alta Val Chisone.

Depositi glaciali dei bacini tributari (UGT) (Pleistocene sup. - Olocene) I depositi riferibili a questa unità nel bacino della Dora Riparia sono costitui- ti da diamicton a matrice sabbiosa e sabbioso-limosa, nella quale sono immersi ciottoli e blocchi di varia forma: arrotondati o subarrotondati, talvolta levigati e

striati, nel caso dei till di allogamento (UGTc4); subangolosi e subarrotondati per quanto riguarda i till indifferenziati (UGTc1); angolosi e subangolosi nel caso dei till di ablazione (UGTc5). Questi ultimi sono poco addensati e in qualche caso mostrano superficialmente (es. Vallone di Galambra) tracce di lisciviazione e os- sidazione. Nella stessa località sono stati individuati sedimenti limoso-sabbiosi stratificati, PROGETTO interpretati come depositi glaciolacustri (UGTe2). L’attribuzione di questo insieme di depositi alle ultime fasi di ritiro pleistoce- niche superiori è giustificata dalla loro distribuzione, dall’esclusiva natura locale dei clasti in essi contenuti e dai rapporti con sedimenti e forme legati al glaciali- smo regionale. In Valle di Susa i lembi più significativi sono conservati alla testata dei val- loni della Rho, del Fréjus e di Rochemolles, confluenti nella conca di Bardonec- chia, e lungo le incisioni laterali (es. Rio Segurét, Rio Secco, Rio Geronda, Rio Ponté, Vallone di Galambra e Val Clarea).CARG Sul versante destro della media Valle di Susa le tracce più evidenti del glacialismo locale sono conservate nei pressi di Case dell’Orsiera, di Bergeria Soubeirand e del Fràis. L’espressione superficiale 75

dei depositi è rappresentata da argini morenici laterali, allungati parallelamente ai fianchi dei valloni tributari, e da argini frontali, entrambi spesso accompagna- ti da spill-way channel (es. Rio Ponté). In alcuni casi il rimodellamento interve- nuto successivamente alla fase cataglaciale, soprattutto ad opera di processi tor- rentizi, ha determinato fenomeni di approfondimento erosionale e quindi la dissezione degli originari lembi glaciali (es. Rio Geronda e Rio Supire). Le superfici di appoggio basale dei depositi, sempre di natura erosionale, so- no impostate nel substrato o, più raramente, sono incastrate nei depositi glaciali delle unità precedentemente descritte o nei depositi dell’Allogruppo di Salber- trand: l’analisi dei rapporti geometrici fra depositi e forme legati al glacialismo regionale e locale lasciano infatti intendere che quest’ultimo in alcuni casi è so- pravvissuto a quello della valle principale dopo il ritiro del ghiacciaio segusino. Significativo è l’esempio del Rio Ponté, tributario di sinistra della Dora Riparia, lungo il quale si osserva chiaramente l’intersezione dei depositi legati al ghiac- ciaio locale con quelli delle Alloformazioni di Frénèe (a quota 1.600 m circa), di Fenìls e di Devéis (nei pressi delle omonime località). Situazione analoga è stata osservata per la Val Clarea da BERTONE et alii (1986). Nel bacino del Rio Berta, tributario di destra del T. Cenischia, sono stati in- dividuati lembi di depositi glaciali costituiti da diamicton a matrice sabbiosa e sabbioso-limosa con ciottoli da subangolosi a subarrotondati e rari blocchi. I clasti sono costituiti da micascisti e gneiss del Massiccio d’Ambin e da quarzi- ti. I depositi più significativi sono distribuiti sul versante settentrionale del Toasso Bianco e nei pressi di Bar Cenisio; in questa ultima località i lembi so- no articolati in una serie di dorsali allineate parallelamente all’incisione torren- tizia.

Attribuibili esclusivamente al glacialismo locale in base alla posizione e alla petrografia dei clasti, i depositi conservati in Val Chisone, sono costituiti da dia- micton poco addensati e alterati, con matrice sabbioso-limosa e clasti centimetri- co-decimetrici talora arrotondati. I lembi glaciali sono conservati in prossimità dello spartiacque Susa-Chisone (es. Rio Pomerol, Rivo Roccia e Vallone del- l’Assietta) e alla testata di alcuni tributari di destra del T. Chisone (es. Vallone Gran Muels PROGETTO e Rio Combe Turge). Nel complesso l’originaria espressione morfo- logica dei depositi è mal espressa, come attesta il limitato numero di forme di ac- cumulo riconosciute (es. Rio Combe Turge). La natura dei clasti rinvenuti nei de- positi di fondovalle conferma il legame di quest’ultimi ad apparati glaciali locali scesi, nella fase di massima espansione, fino e oltre il punto di confluenza nella valle principale: si citano ad esempio i ghiacciai della Val Troncea e del Vallone Gran Muels, le cui tracce (depositi e superfici di modellamento) sono state indi- viduate nei pressi di Souchères Hautes CARG (Fig. 4). 76

Fig. 4. Limite massimo di distribuzione dei depositi dell’ultima glaciazione (LGM Auct.), con suddi- visione inPROGETTO bacini idrografici dell’area del foglio. 3. - UNITÀ IN FORMAZIONE NON DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA Depositi glaciali recenti e attuali (UID) (Olocene - Attuale) Sono costituiti da accumuli caotici di blocchi, non lichenizzati, con struttura

aperta o parzialmente aperta (till di ablazione, UIDc5), formanti le morene fron- tali e laterali conservate ai margini CARG delle masse glaciali attualmente in fase di ar- retramento. Meno frequentemente si rinvengono diamicton a matrice sabbioso-li- mosa, per nulla o poco addensati, con ciottoli e blocchi da subangolosi a 77

subarrotondati (till di allogamento, UIDc4), e diamicton a matrice sabbioso-limo- sa con clasti da subangolosi a subarrotondati (till indifferenziati, UIDc1). Sono in- fine stati rinvenuti sporadici lembi di depositi sabbioso-limosi (depositi glaciola-

custri, UIDe2). Nell’insieme i depositi rappresentano da un lato le tracce della massima avan- zata olocenica (“Piccola Età Glaciale”), dall’altro i prodotti del glacialismo at- tuale; quest’ultimi sono in diretto rapporto o molto prossimi alle poche masse glaciali presenti nei settori più elevati del Massiccio d’Ambin (ghiacciai dell’A- gnello, del Galambra e del Muttet, confinati al di sopra dei 2.850 m di quota), in qualche caso ridotte a semplici glacionevati (es. Ghiacciaio dei Fourneaux).

Unità ubiquitarie (UID) (Pleistocene sup. - Attuale) In Valle di Susa buona parte dei settori di fondovalle sono colmati da deposi- ti legati alla dinamica torrentizia. Sulla base della litofacies e dell’espressione su- perficiale dei sedimenti sono stati distinti quattro contesti morfologici: 1) la piana alluvionale compresa tra Beaulard e Salbertrand, costituita in su- perficie da depositi ghiaiosi e ghiaioso-sabbiosi stratificati, con ciottoli arroton- dati a disposizione embricata e subordinati blocchi; frequenti le intercalazioni

sabbiose e i livelli sabbioso-limosi di spessore metrico (UIDb). Una campagna di sondaggi effettuata nel 1991 poco a monte di Serre la Voûte ha permesso di ac- certare in profondità la presenza di depositi fluviolacustri originatisi in seguito al- lo sbarramento causato dai fenomeni gravitativi di Serre la Voûte e della Testa del Mottas, ubicati rispettivamente sui versanti sinistro e destro della Valle di Susa (TROPEANO & OLIVE, 1993). Nell’ambito della medesima campagna geognostica, due sondaggi effettuati in prossimità dell’imbocco di monte della galleria ferro- viaria “Exilles” hanno campionato alle quote 956 e 948 m s.l.m., all’interno del complesso fluviolacustre, due frammenti di legno subfossile, la cui età 14C è ri- sultata rispettivamente di 9.525 ± 85 e 8.380 ± 95 anni BP (TROPEANO & OLIVE, 1993); 2) il settore a valle di Serre la Voûte, in cui l’areale di distribuzione dei depo- siti alluvionali si restringe considerevolmente. L’accentuata pendenza del profilo longitudinale del corso d’acqua si riflette in una variazione della facies dei sedi- menti, che vede l’incremento della frazione ghiaioso-ciottolosa e dalla percen- tuale di grossiPROGETTO blocchi in parte ereditati da originari depositi glaciali dilavati dai processi torrentizi; 3) i settori di confluenza dei bacini tributari nel fondovalle principale, ove i depositi della Dora Riparia si interdigitano con quelli degli imponenti conoidi che vi si aprono. Questi ultimi sono costituiti da ghiaie-ciottolose grossolana- mente stratificate, inglobanti grossi blocchi; le sporadiche intercalazioni di dia- micton sono da ricollegarsi a fenomeni di debris flow. I coni alluvionali mag- giormente estesi sono alimentati dalla Valle della Rho, dalla Valle del Fréjus e dal T. Rochemolles, e alcuni di essi (es. CARGPian del Colle e Les Arnauds in Valle Stret- ta) sono ricorrentemente interessati da processi di debris flow. A valle di Serre la Voûte l’estensione areale dei conoidi decresce e, corrispondentemente, si registra 78

un incremento dell’acclività delle superfici di accumulo e della percentuale di blocchi inglobati nei depositi. Si segnala infine la presenza di una serie di conoi- di, sospesi sull’alveo della Dora Riparia, che modellano il piano di Chiomonte; 4) altri depositi, caratterizzati da estensione e spessori alquanto modesti, so- no ubicati alla testata dei bacini tributari (es. Val Clarea e Valle di Rochemolles) in settori pianeggianti talora corrispondenti a conche di sovraescavazione glacia- le. In Val Cenischia i depositi alluvionali sono localizzati nei pressi di Bard e so- no legati agli estesi e piatti conoidi alimentati dai corsi d’acqua che drenano il versante nord-orientale del M. Giusalet. Anche il fondo della Val Chisone è per lunghi tratti articolato in una serie di pianori modellati in depositi fluviali di bassa energia, costituiti da sabbie e sab- bie ghiaiose, formatisi in seguito a fenomeni di sbarramento vallivo: si citano ad esempio le superfici sulle quali sorgono gli abitati di Pragelato e Pourrières, po- ste rispettivamente a monte dell’accumulo del Clos del Chardonnet (staccatosi dalle pendici nord-occidentali del M. Albergian) e dell’imponente fenomeno gra- vitativo del Laux, in cui accumulo ricade interamente nell’adiacente Foglio “Su- sa”. Altri depositi alluvionali, costituiti da ghiaie ciottolose con intercalazioni ghiaioso-sabbiose e sabbiose, sono il prodotto dell’attività torrentizia sviluppata- si lungo il reticolato affluente che alimenta i conoidi che si aprono sul fondoval- le principale, oppure colmano piccole depressioni originariamente modellate dai ghiacciai tributari nei settori di testata (es. rii Assietta, Faussimagna e Gran Muels).

Depositi lacustri e di torbiera (UIDe4). I primi sono caratterizzati da una facies limosa con sporadiche intercalazioni sabbiose; nelle torbe si osserva invece un elevato contenuto in sostanza organica frammista ad una scarsa frazio- ne limoso-sabbiosa. Questi depositi hanno sempre un’estensione areale piuttosto limitata e sono localizzati alla testata dei bacini tributari, ove spesso mascherano l’originaria morfologia glaciale colmando conche di sovraescavazione o depres- sioni intramoreniche, in origine occupate da specchi d’acqua. Lenti torbose co- stituiscono inoltre il parziale riempimento di alcune delle imponenti depressioni allungate (es. Col Blegier) che articolano lo spartiacque tra le valli di Susa e Chi- sone. PROGETTO

Depositi di origine mista (UIDi). La facies più tipica è rappresentata da diamicton a matrice sabbiosa con blocchi subangolosi e con intercalazioni sab- bioso-ghiaiose. I depositi formano conoidi, ubicati allo sbocco di piccole incisio- ni, che talora si interdigitano alle falde detritiche poste alla base delle pareti roc- ciose; in altri casi gli stessi depositi si sovrappongono, mascherandoli, ai sedimenti glaciali e alluvionali che rivestono il fondo dei valloni tributari. Il ca- rattere poligenico è dovuto soprattutto CARG alla rimobilizzazione del detrito per effet- to di debris flow, nonché all’intercalazione di sedimenti legati al periodico dis- tacco di valanghe. 79

Detrito di falda (UIDa3). Si presenta come un sedimento con struttura aperta o parzialmente aperta, con clasti e blocchi di forma angolosa e sub-ango- losa frammisti a scarsa matrice. Il detrito è organizzato in forma di conoidi o pri- smi di sedimenti comunemente clinostratificati, con pezzatura e forma variabili a seconda dello stato di fratturazione del substrato da cui provengono. Imponenti falde e coni di detrito contraddistinguono la base di pareti di roccia carbonatica (es. lungo le dorsali Punta Gran Bagna - Punta delle Quattro Sorelle e Cima del- la Sueur - Punta Clotesse), oppure la base dei rilievi modellati nelle rocce quar- zitiche e gneissiche del Massiccio d’Ambin (es. Cima del Vallonetto, Vallone di Galambra e Val Clarea). Per contro i depositi detritici presenti nell'areale di dis- tribuzione dei calcescisti hanno estensione e spessori modesti (es. dorsale spar- tiacque Susa-Chisone); si tratta in genere di detrito con struttura parzialmente aperta nel quale la frazione sabbioso-limosa, quantitativamente significativa, è frammista a piccoli blocchi; il detrito è distribuito in lembi più o meno estesi al- la base delle pareti e solo dove i calcescisti sono più ricchi nella frazione carbo- natica esso ammanta estese porzioni di versante (es. versanti occidentale e set- tentrionale del M. Albergiàn).

Depositi gravitativi (UIDa1). L’ampia casistica di fenomeni gravitativi ri- scontrata e la presenza di distintivi caratteri morfologici e di facies ricorrenti nei vari accumuli, hanno consentito di individuare diverse tipologie di movimento e di messa in posto. Si è inoltre potuta accertare una correlazione tra il tipo di fe- nomeno e le caratteristiche geomeccaniche delle rocce e delle formazioni super- ficiali coinvolte. Quest'ultima osservazione è confermata dall’elevato numero di fenomeni gravitativi originatisi a spese di calcescisti più o meno ricchi in frazio- ne carbonatica e con caratteristiche geomeccaniche piuttosto scadenti. Si tratta in genere di fenomeni complessi, ai quali non è possibile associare un’unico tipo di movimento in relazione alla variabilità delle litofacies coinvolte e al loro assetto strutturale: questi si esprimono nell’estrema complessità delle forme riscontrabili in uno stesso accumulo. I corpi di frana più imponenti, tal- volta con una superficie superiore al chilometro quadrato, sono quelli del Gran Bosco, del Cassas, di Grangia Ruine e di Grangia Jeunchatre, situati sul versan- te destro della media Valle di Susa, di Millaures e di Rochas sul versante sud-oc- cidentale PROGETTOdel M. Jafferau. Altri accumuli sono localizzati sul versante sinistro del- le valli della Rho e del Fréjus. In Val Chisone particolarmente significativi sono i fenomeni del Rif e di Comba Mendie, ubicati rispettivamente sul versante sinistro e destro all’altezza dell’abitato di Souchères Hautes, e l’accumulo sul versante settentrionale del M. Albergiàn. Accumuli di minori dimensioni sono distribuiti un po’ ovunque nell’area in esame. Localmente possono verificarsi scorrimenti rotazionali e traslativi che dislocano considerevoli volumi di rocciaCARG lungo superfici di movimento ben defi- nite, come quello che coinvolge parte del versante nord-occidentale del M. Al- bergiàn, impostato in corrispondenza di un sistema di fratture subverticali con di- 80

rezione N60E. Frequenti anche i fenomeni di colamento, legati a saturazione e fluidificazione della coltre detritico-colluviale e delle formazioni superficiali in generale. I fenomeni di crollo, arealmente meno estesi dei precedenti, sono ca- ratterizzati da accumuli a grossi blocchi localizzati prevalentemente nel Massic- cio d’Ambin. Si segnalano infine casi di riattivazione di porzioni di versante già interessate da precedenti fenomeni di instabilità: è il caso delle frane del Cassas (AA.VV., 1996) e del Rif (GIARDINO & BAGGIO, 1998), ubicate rispettivamente in Valle di Susa e in Val Chisone.

Depositi travertinosi (UIDf1). Si tratta di lembi carbonatici, il più delle volte non cartografabili, con spessore di qualche metro ed estensione areale non superiore ad alcune centinaia di metri quadrati. Morfologicamente danno luogo a corpi lenticolari o domiformi, ad estesi crostoni e colate subverticali, oppure a semplici incrostazioni su cuscinetti di muschio. Le principali masse sono state in- dividuate a S. Domenico (a breve distanza dall’apice del conoide su cui sorge l’a- bitato di Gad), ad una quota compresa tra i 1.700 e i 1.500 m, e nei pressi del Fràis (Vallone di Comba Scura), tra i 1.550 e i 1.300 m di quota. I travertini in formazione sono sempre associati a sorgenti il più delle volte caratterizzate da de- flussi a regime stagionale. Analogamente a quanto avvenuto per i travertini com- pletamente formati, la presenza di masse travertinose in formazione è sistemati- camente legata a settori di versante coinvolti da deformazioni gravitative profonde impostate in rocce carbonatiche.

Coltre eluvio-colluviale e detritico-colluviale (UIDb2) (Pleistocene sup. - Attuale). Sotto questa dicitura sono stati riuniti i prodotti dell’alterazione in situ del substrato roccioso e delle coperture superficiali, nonché i sedimenti provenienti dalla rielaborazione delle formazioni quaternarie inalterate. Litofa- cies e potenza variano alquanto in funzione della natura delle aree sorgenti: sedi- menti fini massivi con spessori significativi, seppure non superiori a qualche me- tro, si osservano negli areali di affioramento delle successioni metasedimentarie a prevalenti calcescisti, soprattutto nei settori più elevati dei versanti interessati da diffusi quanto imponenti fenomeni di creeping superficiale. La distribuzione pressoché ubiquitaria della coltre eluvio-colluviale in corrispondenza delle unità a calcescisti PROGETTO è determinata dalla bassa resistenza e dall’elevata alterabilità di que- ste rocce e dalle pessime condizioni lito-strutturali in cui versa l’ammasso roc- cioso per effetto dei ricorrenti fenomeni di deformazione gravitativa profonda. La coltre detritico-colluviale, caratterizzata da una struttura massiva a sup- porto di matrice, si diversifica rispetto alla coltre eluvio-colluviale per la presen- za di un’apprezzabile frazione detritica più o meno residua, che rappresenta una componente di rilievo del sedimento; la coltre detritico-colluviale è distribuita prevalentemente nelle aree di affioramento del basamento cristallino del Massic- cio d’Ambin e delle unità calcareo-dolomitiche. La scelta di rappresentare in alcuniCARG settori della carta la distribuzione della coltre eluvio-colluviale e detritico-colluviale è legata all’impossibilità oggettiva di giungere a un’interpolazione locale affidabile del substrato pre-quaternario. 81

VI - EVOLUZIONE STRUTTURALE

L’evoluzione strutturale delle unità dell’arco alpino occidentale mostra una storia deformativa polifasica complessa. Ogni unità, come per l’evoluzione me- tamorfica (cfr. Cap. 7), mostra una evoluzione precoce indipendente mentre, col procedere della storia deformativa, lo stile di deformazione diventa via via co- mune per tutte le unità. Queste ultime conservano quindi solo al loro interno re- litti di una evoluzione strutturale duttile polifasica complessa. Le ultime fasi deformative sono avvenute in ambiente crostale superficiale, e uno dei risultati innovativi dell’analisi condotta è stata la distinzione di impor- tanti strutture di tipo fragile, rappresentate da piani di sovrascorrimento a basso angolo o da faglie subverticali. Queste strutture, generalmente sottostimate in tut- to l’arco alpino, si sviluppano durante le fasi tardive dell’evoluzione e corrispon- dono abitualmente ai limiti tra le unità tettonostratigrafiche distinte sulla carta. Il quadro strutturale duttile delle unità a calcescisti del dominio piemontese è stato analizzato con grande dettaglio in lavori recenti (ALLENBACH, 1982; AL- LENBACH & CARON,, 1986; CABY, 1996) e non è stato quindi ripreso in queste no- te. Nuovi PROGETTO dati sono stati invece raccolti per l'unità d’Ambin, che hanno permes- so di definire un quadro deformativo duttile più dettagliato rispetto a quello proposto dagli Autori precedenti. 1. - DEFORMAZIONI PLICATIVE

1.1 - UNITÀ DELL’A MBIN CARG L’unità dell’Ambin ed il suo inviluppo di unità di copertura mesozoiche han- 82

no una deformazione polifasica già nota da tempo (LORENZONI, 1965; GAY, 1971; CALLEGARI et alii, 1980; ALLENBACH & CARON, 1986; BORGHI & GATTIGLIO, 1997) che può essere sintetizzata nei seguenti eventi: - evoluzione strutturale prealpina (presente solo nel complesso di Clarea); - sviluppo delle prime due fasi deformative scistogene di età alpina ad assi trasversali (F1 + F2); - traslazione delle falde alloctone al di sopra dei terreni autoctoni del Massic- cio d’Ambin, associata allo sviluppo della terza fase di deformazione alpina a vergenza orientale (F3); - fasi tardive del sollevamento del massiccio caratterizzate da una generazio- ne di pieghe a doppia vergenza centrifuga, verso Nord e verso Sud (F4).

1.1.1. - Evoluzione prealpina

Le evidenze strutturali riferibili a deformazioni di età prealpina sono state in- dividuate sia a scala mesoscopica, sia a scala microscopica. Una prima foliazione è unicamente preservata alla scala microscopica ed è definita da relitti microstrutturali quali cerniere intrafoliari, microlitoni e superfi- ci tettoniche sigmoidali preservate all’interno dei porfiroblasti di granato. Una seconda fase deformativa con carattere fortemente traspositivo e defini- ta da minerali sviluppatisi in facies anfibolitica, è associata ad una foliazione di piano assiale e traspone una superficie metamorfica preesistente, testimoniata dalla presenza di pieghe intrafoliali preservate solamente a scala microscopica. Questa foliazione definisce la scistosità regionale nei livelli strutturali più pro- fondi di questo complesso. Negli ortogneiss questa foliazione è mal definita ed è sottolineata dalla orien- tazione preferenziale dimensionale (OPD) delle pseudomorfosi su biotite e da grosse lamelle muscovitiche che mostrano chiari segni di deformazione intracri- stallina. Nelle metabasiti la foliazione è definita dall’isorientazione dei nemato- blasti di orneblenda e talvolta anche da un layering metamorfico definito dall’al- ternanza PROGETTO di domini anfibolici e di domini feldspatici. 1.1.2. - Evoluzione duttile alpina

La prima fase di deformazione alpina (F1) si è sviluppata in condizioni me- tamorfiche della facies scisti blu s.l. Nel complesso di Clarea la sua intensità di espressione è variabile ed aumenta verso i livelli strutturali più elevati. Nella par- te più profonda la F1 deforma la scistosità prealpina realizzando pieghe meso- scopiche da chiuse a serrate, con piani assiali suborizzontali senza evidente svi- luppo di nuove superfici metamorfiche, CARG ed assi orientati circa N-S. Nei livelli strutturali più elevati la F1 sviluppa una superficie di piano assiale che progres- sivamente traspone la precedente foliazione prealpina, conservata come relitto al- 83

l’interno di microlitoni o visibile come lineazione di intersezione. Nel comples- so di Ambin, la prima fase alpina (F1) è solo più riconoscibile in corrispondenza delle cerniere di piega mesoscopiche della successiva fase traspositiva (F2). La seconda fase alpina (F2) è responsabile della strutturazione meso- e me- gascopica e corrisponde probabilmente alla fase ad assi trasversali precoci di GAY (1972b) e CALLEGARI et alii (1980). Realizza pieghe di tipo isoclinale e sviluppa una lineazione di estensione E-W obliqua rispetto agli assi, che sono debolmen- te inclinati ed orientati NE-SW. La foliazione di piano assiale mostra caratteri tra- spositivi definiti da cerniere intrafoliari, microlitoni separati da superfici di cli- vaggio spaziate, fabric bimodale delle miche. Essa coincide con la scistosità principale e si è sviluppata in condizioni scisti blu a lawsonite. Le prime due fa- si di deformazione alpine si sono quindi sviluppate in condizioni metamorfiche di alta pressione e bassa temperatura. La terza fase di deformazione alpina F3 (sviluppata in condizioni metamorfi- che di facies scisti blu ad epidoto), risulta spesso l’elemento planare maggior- mente pervasivo nei livelli strutturali più elevati del Massiccio d’Ambin ed è identificabile come una scistosità di piano assiale a marcati caratteri di slip-clea- vage. Gli sforzi compressivi risultano diretti da W verso E sulla base delle asim- metrie tipo Z guardando verso N disegnate dalle cerniere di piega F3, responsa- bili della vergenza orientale delle strutture duttili. Le pieghe F3 hanno assi orientati circa N-S ed hanno il piano assiale immergente sempre verso i quadranti occidentali, riorientato ovviamente dalla tettonica successiva, e con una caratte- ristica inclinazione che tende a diminuire da W verso E. La fase F3 sviluppa una scistosità di crenulazione (strain slip cleavage) il cui carattere fortemente traspositivo tende ad aumentare verso i livelli strutturalmen- te superiori ed è ampiamente indicato da cerniere intrafoliari e da microlitoni nei quali è conservata la precedente foliazione. Generalmente le due scistosità (S2 e S3) sono disposte a basso angolo (<20°), condizione che può determinare una certa difficoltà nella loro distinzione mesoscopica. Associate all’evento di F3, sono state riconosciute vari tipi di strutture linea- ri: lineazione di intersezione, lineazione di crenulazione e lineazione di estensio- ne. La lineazione di estensione mineralogica è definita dalla orientazione prefe- renziale del glaucofane ed è orientata perpendicolarmente agli assi di fase F3, cioè parallelamente PROGETTO alla direzione di trasporto tettonico (circa E-W). Infine, la quarta fase di deformazione duttile alpina (F4) mostra caratteri di crenulazione e solo raramente è accompagnata dallo sviluppo di un clivaggio di piano assiale. Gli assi, sempre poco inclinati, si disperdono secondo orientazioni comprese tra NNE-SSW ed E-W e le pieghe associate sono pieghe a cascata di tipo aperto e asimmetrico, che mostrando una vergenza centrifuga orientata ver- so i bordi del massiccio. Questa particolare strutturazione è probabilmente da as- sociare alle fasi tardive di esumazione, considerato anche che la fase F4 si è svi- luppata in condizioni metamorfiche diCARG basso grado e bassa pressione. 84

1.2. UNITÀ OCEANICHE

Gli importanti volumi di calcescisti delle unità oceaniche conservano con dif- ficoltà, alla scala megascopica, memoria delle fasi deformative duttili che si so- no sviluppate in concomitanza delle fasi metamorfiche (cf. Cap. V): l'unica strut- tura pluri-ettometrica cartografata nelle unità oceaniche è infatti la piega est-vergente della P. Jafferau. Dalla scala dell'affioramento a quella della sezione sottile è tuttavia possibile riconoscere la sovrapposizione di più fasi deformative plicative. La fase più antica (F1) è riconoscibile solo in limitati affioramenti, e più in generale in sezione sottile) ed è rappresentata da una foliazione ripiegata (S1), ri- conoscibile solo più nei livelli più pelitici come scistosità crenulata da una se- conda fase deformativa F2. A questa seconda fase corrisponde in generale una forte trasposizione, cui corrisponde la cosiddetta scistosità regionale (S2), che parallelizza le partizioni litologiche e la scistosità sviluppata durante la fase F1. Entrambe queste fasi sembrano svilupparsi in condizioni metamorfiche di alta pressione. Ad una terza fase deformativa F3, che si sviluppa in condizioni metamorfiche scisti verdi, corrisponde una blanda scistosità di crenulazione che spesso mostra orientazioni vicine alla F2 ed è difficilmente distinguibile da questa. Sono inoltre presenti blande strutture plicative (F4?; ALLENBACH & CARON, 1986), che sviluppano localmente una scistosità concentrata. Queste ultime strut- ture vengono tentativamente collegate ai grandi piani di sovrascorrimento est- vergenti che interessano tutte le unità di calcescisti. La forte trasposizione, l'assenza di marker litologici significativi ed i contatti riattivati tra le varie unità a calcescisti, rende dubbio qualsiasi tentativo di corre- lazione tra le varie fasi di deformazione riconoscibili nelle stesse.

1.3 - UNITÀ DI MARGINE CONTINENTALE ESTERNE

Le unità di margine continentale dei Re Magi e dello Chaberton - Grande Ho- che sono unità di copertura completamente scollate dal loro substrato. Sono ca- ratterizzate PROGETTO da grandi strutture plicative di raggio chilometrico, ben evidenti nel paesaggio. Le più significative sono: - la piega "retroflessa" dei Re Magi: piega coricata est-vergente a piano as- siale suborizzontale costituita da una successione carbonatica di età anisico-ladi- nica sovrascorsa su un elemento di successione brianzonese rovesciato (Passo della Gallina) per mezzo di un piano di taglio sottolineato da brecce tettoniche (BRE) (Fig. 5). - la struttura della P. Charra-Passo della Sanità; anche in questo caso si tratta di una struttura est-vergente ad asseCARG circa NS e piano assiale poco inclinato ver- so W di cui sono conservati un piano di taglio a medio angolo, il fianco rovescio di una probabile anticlinale di rampa e di una piega rovesciata. 85

La fase deformativa responsabile della formazione di queste strutture non svi- luppa evidenti superfici di scistosità. L'assenza di fasi metamorfiche significati- ve ed i contatti freddi (faglie con associate brecce tettoniche) che delimitano que- ste unità rendono delicato qualsiasi tentativo di correlazione di queste strutture con quelle delle unità vicine.

2. - EVOLUZIONE FRAGILE ALPINA

Un carattere peculiare della deformazione è rappresentato da un’intensa de- formazione di tipo fragile, che si manifesta attraverso una serie di discontinuità meccaniche presenti a tutte le scale che condizionano i principali caratteri mor- fologici di tutta l’area. Tre sono i principali sistemi di faglie, la cui orientazione media è N60, N100/N140 e submeridiana, in base alla maggior frequenza dei valori della dire- zione dei piani: - il sistema diretto N60, con intervallo di valori compresi tra N40 e N70, pre- senta sistemi coniugati di tipo distensivo con piani immergenti a NW e a SE e marcate evidenze di trascorrenza sinistra;

PROGETTO

CARG Fig. 5 - Catena dei Re Magi; piega est-vergente nelle successioni triassiche brianzonesi. La piega si sviluppa a spese di una successione anisico-ladinica; è delimitata a letto ed a tetto da due piani di taglio a basso angolo "freddi" caratterizzati da brecce tettoniche. 86

- il sistema diretto N100/N140 mostra un debole carattere trascorrente destro e evidenze di distensione con prevalente ribassamento dei lati meridionali. - il sistema submeridiano, con valori di direzione dei piani compresi tra N160 e N10 è, caratterizzato da movimenti di tipo distensivo. I sistemi fragili riconosciuti trovano una chiara corrispondenza nell’orienta- zione di faglie regionali segnalate in altri settori confinanti con il Massiccio d’Ambin: fra queste bisogna ricordare la faglia N60, denominata “Modane-Ter- mignon-Ruisseau de la Chavière” (FUDRAL, 1998), che si sviluppa attraverso la Valle dell’Arc, al confine NW del Massiccio d’Ambin; tale faglia è evidenziata da specchi di faglia plurimetrici, diffusi nei gessi lungo il versante settentrionale della valle suddetta, e presenta un carattere distensivo che ribassa il settore SE (FUDRAL, 1998). Il Massiccio d’Ambin risulterebbe dunque delimitato dai se- guenti lineamenti fragili di importanza regionale: la faglia della Valle dell’Arc (FUDRAL, 1998), il lineamento fragile a carattere trascorrente diretto da N120 a submeridiano nel settore di Susa-Condove e la zona di deformazione della Valle di Susa diretta N60 che, sebbene scarsamente evidente come struttura singola, mo- stra di essere molto pervasiva sia nell'unità d’Ambin che nelle unità oceaniche.

3. - NEOTETTONICA

Fra le diverse accezioni del termine, la “neotettonica” viene qui intesa come lo studio dell’evoluzione geodinamica recente esteso a un intervallo di tempo sufficiente per inquadrare correttamente la tettonica in atto e permettere valuta- zioni sugli attuali tassi di deformazione crostale (VITA-FINZI, 1986). Poiché l’a- rea considerata si estende all’interno di una catena in cui la lunga e complessa storia deformativa è ancora attiva, l’intervallo di tempo considerato non è stret- tamente limitato al Quaternario, ma comprende anche gli episodi deformativi tar- do-cenozoici che hanno determinato l’assetto recente della catena e ne condizio- nano l’attuale evoluzione superficiale. Il lavoro svolto è basato sull’analisi strutturale delle deformazioni tettoniche che interessano le formazioni superficiali o che presentano indicatori cinematici a carattere superficiale, e sullo studio di elementi geomorfologici che abbiano re- gistrato PROGETTO eventi deformativi. Le evidenze strutturali, stratigrafiche e morfologiche relative all’evoluzione tettonica recente attualmente conosciute per quest’area sono concentrate lungo una fascia di ampiezza plurichilometrica a direzione N60E che comprende setto- ri delle valli Susa e Chisone e del relativo spartiacque. Entro questa fascia sono presenti deformazioni superficiali variamente orientate e faglie subverticali a va- ria scala con direzioni prevalenti N60E e N120E, subordinatamente N20E e N160E (Figg. 6A, 6B, 7); nel substrato roccioso queste faglie tagliano tutte le al- tre discontinuità strutturali rilevabili, CARG talvolta interessano le formazioni superfi- ciali e in qualche caso mostrano di aver interagito con il modellamento erosiona- le. Gli stessi sistemi di discontinuità più frequenti definiscono le aree di maggior 87

concentrazione dei depositi quaternari e delimitano molti accumuli gravitativi. Le relazioni geometriche e i dati sulla cinematica rilevati nella media Valle di Susa indicano che le più recenti superfici di taglio del substrato roccioso sono prevalentemente dirette N60E (Fig. 6A): queste costituiscono un sistema di faglie decametriche-ettometriche particolarmente evidente nel settore sinistro della val- le sui versanti del M. Clopaca - Quattro Denti, del M. Niblé e del Toasso Bian- co, dove si registrano movimenti sia normali che trascorrenti; la sovraimposizio- ne di strie meccaniche e fibre di calcite su strie in quarzo e clorite fa ritenere che i movimenti normali e sinistri postdatino le traslazioni a componente destra. La frequenza dei piani di taglio a direzione N60E decresce sul versante destro della media Valle di Susa dove prevalgono invece le faglie a direzione N20E e N160E con movimenti normali e/o destri; tutti i tre sistemi sono rilevabili lungo lo spar- tiacque Susa-Chisone, dove imponenti fenomeni di deformazione gravitativa profonda mettono in particolare evidenza i caratteri strutturali dei principali si- stemi disgiuntivi. Nelle formazioni di copertura plio-quaternarie le più frequenti deformazioni tettoniche sono state rilevate in corrispondenza dei depositi dell’Unità del Segu- rét - La Riposa affioranti presso l’omonimo rilievo montuoso; si tratta di faglie subverticali metriche/decametriche a direzione N120E, N60E e N20E che taglia- no indistintamente anche il substrato roccioso (Fig. 6B); gli indicatori cinemati- ci rilevati sono costituiti da strie meccaniche e di calcite fibrosa e definiscono movimenti prevalentemente normali. Le caratteristiche sedimentologiche dei lembi di brecce residuali dell’Unità del Segurét - La Riposa indicano che in pros- simità dei piani di faglia il cemento carbonatico di precipitazione chimica delle brecce può essere legato a circolazione di fluidi lungo le superfici di taglio. L’e- spressione superficiale di queste discontinuità nel settore Segurét - Vallonetto corrisponde talvolta ai limiti di depressioni e settori collassati evolutisi anche in relazione a fenomeni di dissoluzione o crollo legati a circuiti carsici. Altri indizi di deformazione superficiale sono distribuiti lungo la media Val- le di Susa in una fascia allungata in direzione NNE e sono collocabili dal punto di vista cronologico durante o subito dopo le fasi di modellamento glaciale che hanno interessato l’area. Si tratta innanzitutto delle deformazioni di stile dis- giuntivo che attraversano i depositi ghiaiosi stratificati dell’Unità di Seigneur al- lo sbocco PROGETTO della Val Clarea: faglie normali metriche/decametriche con direzioni N120E (inclinazione 70° -> SW) e N80E (inclinazione 45° -> S) alle quali si as- sociano vene di estensione disposte en echelon e faglie minori decimetriche con eguale orientazione; il senso di movimento delle strutture maggiori è ricavabile dall’uncinatura degli strati e dalla presenza di duplex estensionali, mentre il ri- getto massimo valutabile è di circa un metro. Nella stessa area si rilevano giaci- ture molto inclinate nella stratificazione di questi depositi, con valori fino a 50- 60° -> E. Anche le superfici di modellamento glaciale del versante sinistro della media Valle di Susa sono interessate CARG da dislocazioni superficiali: nei pressi di Morliere la culminazione del dosso montonato è spezzata in più tronconi per ef- fetto di piani di taglio subverticali a direzione N50E. Lo stesso accade per alcu- 88

PROGETTO

Fig. 6. A) Proiezione stereografica dei principali CARG elementi deformativi nel settore della media Valle di Susa. 1: faglie normali; 2: faglie trascorrenti; 3: altre faglie; 4: principali sistemi di trincee di DGPV. B) Proiezione stereografica dei principali elementi deformativi nel settore Segurét-Vallonetto. 1: faglie normali; 2: faglie trascorrenti; 3: altre faglie; 4: assi delle principali strutture di collasso. 89

ne superfici rocciose levigate e striate a NE del M. Niblè, sul cui versante meri- dionale si rileva anche una scarpata di faglia decametrica a direzione N60E che interrompe la continuità laterale di un argine morenico dislocandolo con un ri- getto morfologico massimo di un metro. Le evidenze morfostrutturali di deformazioni superficiali sono particolar- mente frequenti lungo lo spartiacque Susa-Chisone, dove si rinvengono impo- nenti sdoppiamenti della cresta, fratture beanti, trincee e anche vere e proprie val- li sommitali; questi fenomeni dimostrano una stretta connessione geometrica con i principali sistemi di deformazione recente del substrato: lungo il settore di spar- tiacque, le deformazioni gravitative profonde di versante riutilizzano prevalente- mente i sistemi a direzione N60E e N160E e si sviluppano soprattutto in corri- spondenza delle principali zone di taglio subverticali. Esiste quindi una forte convergenza fra le forme e le strutture causate dalla tettonica gravitativa e le ma- nifestazioni geodinamiche di stile fragile. In altri settori del foglio l’intervento di- namico della tettonica nell’evoluzione del rilievo sembra essere manifestato dal- la presenza di forme “anomale” (sensu CARRARO, 1976), soprattutto per quanto riguarda l’assetto del reticolato idrografico e la configurazione plano-altimetrica dei solchi vallivi. Alcune segnalazioni si riferiscono al settore della conca di Bar- donecchia, già considerata “area ad idrografia centripeta” in cui confluiscono tratti d’alveo con andamento anomalo, nonché sede di fenomeni di deviazione fluviale (indizi morfologici del Col des Acles e della stretta del Bramafan) (ENEL, 1981). Il condizionamento sulla morfogenesi in questo settore potrebbe essere stato esercitato dall’evoluzione tettonica esplicatasi lungo piani di taglio subverticali orientati secondo i sistemi N20-40E e N120-140E rispettivamente, discontinuità strutturali che allo stato attuale delle indagini trovano però un ri- scontro sul terreno solo dal punto di vista geometrico, limitatamente al substrato roccioso pre-quaternario. Un gruppo più consistente di anomalie morfologiche si ritrova nel settore centro-orientale del foglio: a partire dalla piana di Oulx-Sal- bertrand, il versante sinistro della media Valle di Susa presenta una serie di ele- menti (orrido del Rio Segurét e alvei molto incisi degli affluenti in sinistra; valli laterali talora fortemente sospese; forme di erosione accelerata e uncinatura del- la direzione di deflusso nel tratto di confluenza Clarea - Dora Riparia; asimme- tria dei bacini idrografici affluenti, meno sviluppati su ciascun fianco sinistro cui corrisponde PROGETTO un versante mediamente più acclive) che indicano con buona con- gruenza reciproca un possibile sollevamento differenziale dell’area, con entità decrescente in senso longitudinale da monte verso valle, e una componente di tra- sferimento laterale sinistrorso parallelo all’asse vallivo principale (CARRARO, 1976). A questi fenomeni sembrano associabili per collocazione e orientazione geo- metrica anche altre manifestazioni deformative superficiali a carattere locale diffu- se nel tratto vallivo Exilles-Chiomonte: si tratta delle già citate dislocazioni di su- perfici montonate di Morliere, degli allineamenti di depressioni allungate e zone di collasso metriche/decametriche disperse CARG nel fondovalle e sul terrazzo di Chiomon- te, nonché delle numerose contropendenze che articolano i versanti della profonda incisione epigenetica della Dora Riparia (tratto iniziale delle gorge di Susa). 90

Fig. 7. Schema neotettonico e principali unità lito-strutturali. 1: depositi alluvionali; 2: Complesso di Puys; 3: Complesso di Venaus; 4: Unità dell'Aigle e del Vin Vert; 5: Unità di Cerogne - Cianti- plagna; 6: Unità del Lago Nero; 7: Unità dell'Albergian; 8: Unità dei Re Magi; 9: Unità dello Cha- berton - Grand Hoche - Grand Argentiere; 10: Unità di Valfredda; 11: Unità di Gad; 12: Unità del Vallonetto; 13: coperture mesozoiche dell'Ambin; 14: Complesso d'Ambin; 15: Complesso di Clarea; 16: gessi e brecce tettoniche; 17: maggiori accumuli di frana; 18: deformazioni gravitative profon- de di versante (DGPV); 19: contatti stratigrafici; 20: contatti tettonici e faglie; 21: principali siste- mi di faglie trascorrenti; 22: sovrascorrimenti; 23: settori in forte sollevamento; 24: settori in forte abbassamento; PROGETTO 25: settore in estensione della Susa-Chisone Shear Zone.

Tutte queste evidenze lasciano supporre che questo settore alpino abbia regi- strato episodi recenti di deformazione. L’interpretazione e la discussione delle ca- ratteristiche degli elementi strutturali che mostrano un’evoluzione neotettonica verrà qui di seguito effettuata secondo lo schema concettuale proposto per la rea- lizzazione della “Carta Neotettonica d’Italia” alla scala 1:500.000 (AMBROSETTI et alii, 1987), distinguendo gli elementi CARG neotettonici “lineari” da quelli “areali”. L’orientazione e la distribuzione delle deformazioni rilevate indicano in pri- mo luogo l’esistenza di una importante deformazione neotettonica “lineare” rap- 91

presentata da una fascia di deformazione di ampiezza plurichilometrica con dire- zione N60E (Fig. 7) che comprende settori delle valli Susa e Chisone e del rela- tivo spartiacque. Le più recenti deformazioni rilevate lungo questa fascia sono di stile tipicamente superficiale e i dati di terreno indicano che esse si sono realiz- zate quantomeno in interazione dinamica con la sedimentazione delle formazio- ni pliocenico(?)-quaternarie e con il modellamento glaciale nella media Valle di Susa. I caratteri strutturali sono compatibili con un campo deformativo indotto da una zona di taglio in transtensione orientata N60E, delimitata da faglie trascor- renti sinistre en echelon; i fenomeni di estensione bilaterale delle creste e la con- centrazione di frane e deformazioni gravitative profonde che caratterizzano il set- tore Susa-Chisone potrebbero testimoniare che lo stesso campo di sforzi interagisce con la morfogenesi attuale (GIARDINO & POLINO, 1997). Anche le deformazioni concentrate nel settore di Bardonecchia, meno evi- denti ed estese rispetto a quelle della media Valle di Susa, sono tentativamente in- quadrabili nell’ambito dell’evoluzione di elementi neotettonici lineari; in questo caso i sistemi di discontinuità strutturali N20-40E e N120-140E avrebbero acco- modato un sollevamento relativo del quadrante nord-occidentale, come testimo- niato dalla asimmetria dei profili trasversali vallivi e dalla distribuzione di su- perfici terrazzate a varia quota al margine settentrionale della conca di Bardonecchia.

4. - DEFORMAZIONI GRAVITATIVE PROFONDE DI VERSANTE

La media Valle di Susa è contraddistinta, oltre che da un elevato numero di accumuli di frana, talvolta di dimensioni plurichilometriche, dalla presenza di imponenti deformazioni gravitative profonde di versante (“DGPV”). Queste so- no fenomeni di movimento in massa in cui i meccanismi di deformazione sono tali che per la loro dinamica non necessitano di una superficie o zona di rottura continua (SORRISO-VALVO, 1995). Non è inoltre necessario postulare una even- tuale superficie di scorrimento continua per rendere conto delle deformazioni os- servate sia in superficie che in profondità e l’entità dello spostamento è piccola rispetto alle dimensioni del fenomeno, che è paragonabile a quella del versante interessato. PROGETTO L’importanza del ruolo giocato da questi fenomeni di lenta e progressiva de- formazione dell’ammasso roccioso nella morfogenesi dei rilievi montuosi è sta- ta più volte sottolineata da numerosi Autori (ZISCHINSKY, 1966, 1969; RAD- BRUCH-H ALL et alii, 1978; SAVAGE & SWOLFS, 1986; VARNES et alii, 1989). Nell’arco alpino occidentale ciò è stato confermato da studi a carattere regionale (MORTARA & SORZANA, 1987; FORLATI et alii, 1995) e locale (PUMA et alii, 1989; FORLATI et alii, 1991; GIARDINO & POLINO, 1997). Le DGPV coinvolgono nell’insieme CARG il 25% dell’area. Il riconoscimento di questi fenomeni è avvenuto sulla base del sistematico rilievo di una serie di ele- menti morfologico-strutturali (FIORASO, 1994; cfr. nota 2) localizzati soprattutto 92

nei settori di cresta e nella parte alta dei versanti: - “trincee”: di larghezza metrica o decametrica e con il fondo spesso riempi- to di materiale detritico, rappresentano l’espressione morfologica superficiale di fratture aperte in profondità sviluppate longitudinalmente per decine o centinaia di metri; - “depressioni chiuse di origine gravitativa”: avvallamenti subcircolari o sub- ellittici, con asse di allungamento maggiore di dimensioni metriche o decametri- che e profondità non superiore ad alcune decine di metri. Sono localizzate in aree caratterizzate da un elevato grado di allentamento del substrato roccioso, quali quelle interessate da fenomeni di deformazione gravitativa profonda, e rappre- sentano generalmente il prodotto dell’evoluzione di trincee; - “gradini di scivolamento”: rotture di pendenza del versante, generalmente nette, corrispondenti a ripidi gradini rocciosi, lungo le quali si è verificata la dis- locazione del versante. A differenza del movimento con sola componente oriz- zontale, normale alla direzione, che caratterizza l’evoluzione dalla frattura alla trincea, nel gradino di scivolamento la componente di movimento relativo dei due blocchi di roccia è prevalentemente verticale e giace sul piano stesso di sci- volamento. Il gradino viene definito “mascherato” nei casi in cui la superficie in roccia sia estesamente coperta da prodotti detritico-colluviali; - “tracce di superfici di distacco gravitativo”: depressioni allungate, aventi sviluppo longitudinale da decametrico a ettometrico e trasversale da metrico a decametrico, determinate dall’intersezione del piano di scivolamento gravitativo con la superficie topografica. Questo elemento morfologico caratterizza i settori di cresta, a valle dei quali si sviluppano fenomeni di deformazione gravitativa profonda, nonché i margini laterali delle deformazioni stesse. Le fenomenologie qui descritte sono distribuite su tutta l’area del foglio (Fig. 7): tuttavia le pessime caratteristiche geomeccaniche che contraddistinguono in generale le successioni metasedimentarie a prevalenti calcescisti, fanno si che le deformazioni gravitative profonde più imponenti si registrino lungo la dorsale spartiacque che separa la Valle di Susa da quella del Chisone. Lo sviluppo di que- sti fenomeni è inoltre condizionato dalla presenza di alcuni sistemi di fratture di estensione regionale, localmente pervasivi, che ne controllano nell’insieme i ca- ratteri cinematici ed evolutivi (GIARDINO & POLINO, 1997). La peculiaritàPROGETTO delle DGPV risiede, oltre che nelle dimensioni, anche nei par- ticolari meccanismi di deformazione delle masse rocciose coinvolte: l’espressio- ne superficiale dei fenomeni individuati ha permesso di identificare porzioni di versante caratterizzate da stili e tipologie di deformazione alquanto diversificati. Lungo gli spartiacque la deformazione è espressa dallo sviluppo di una serie di sdoppiamenti di cresta per effetto di trincee e di depressioni chiuse, particolar- mente estesi lungo la dorsale Susa-Chisone, con dislocazioni dei settori più ele- vati dei versanti variabile dalle decine fino ad un centinaio di metri e sviluppo longitudinale chilometrico. Questi CARGelementi rappresentano l’emersione di super- fici di scivolamento lungo le quali avviene la deformazione del versante, a sca- pito dei sistemi di discontinuità esistenti aventi generalmente direzione N60E. 93

Tali manifestazioni possono essere indicate come spandimenti laterali delle cre- ste (“lateral spread of ridges”) nelle quali prevale un comportamento “fragile” dell’ammasso roccioso. Altri esempi a questo riguardo possono essere osservati nel settore delle Casses Blanches (sinistra orografica della media Valle di Susa) e, poco a valle di questo, lungo la cresta M. Clopaca - Cima del Vallone - Quat- tro Denti. Nei settori meno elevati dei versanti i fenomeni di deformazione sono espres- si da rigonfiamenti e ondulazioni a grande scala, localmente sottolineati da de- pressioni chiuse (es. Serre la Voûte, Val Fredda, settore di Sauze d’Oulx). Inoltre solo in rari casi si osserva la presenza di superfici o zone di rottura continue lun- go il versante. Tali fenomenologie, riconducibili ai “sakung” (dominati da de- formazione di tipo “duttile”), rappresentano un diverso tipo di risposta alla de- formazione indotta dal movimento gravitativo profondo. I grandi rigetti osservabili lungo i settori di cresta sono infatti la risultante dei movimenti che si sviluppano nella parte inferiore del versante, dove la deformazione dell’ammas- so roccioso non avviene lungo piani di deformazione preferenziali, ma per mez- zo di spostamenti differenziali che coinvolgono l’intero ammasso roccioso.

PROGETTO

CARG 95

VII - EVOLUZIONE METAMORFICA

L’analisi petrografica e microstrutturale ha evidenziato, analogamente agli al- tri settori delle Alpi occidentali un’evoluzione metamorfica polifasica contraddi- stinta da due cicli metamorfici principali caratterizzati da differenti gradienti geo- termici: 1) un ciclo metamorfico prealpino, probabilmente di età varisica, caratteriz- zato da associazioni in facies anfibolitica prevalente e relitti di un evento di alta pressione; le sue evidenze sono presenti solo all’interno del complesso di Clarea del Massiccio d’Ambin e nelle scaglie di basamento alloctono rappresentate dai micascisti dei Forneaux; 2) un ciclo metamorfico alpino, caratterizzato da un primo evento di alta pres- sione e bassa temperatura e da un secondo evento di bassa pressione e basso gra- do. A sua volta nell’evento di alta pressione sono state distinte associazioni in fa- cies scisti blu a lawsonite e in facies scisti blu ad epidoto (sensu EVANS, 1990).

1. - CICLO PROGETTO METAMORFICO PREALPINO Gli originali rapporti tra le fasi metamorfiche prealpine sono ancora ben pre- servati nei livelli strutturali più profondi del complesso di Clarea. Sulla base dei dati microstrutturali, le fasi osservate sono state raggruppate in due paragenesi principali (Fig. 8). Le prima rappresenta un probabile evento metamorfico preal- pino di alta pressione, mentre la seconda è associata al successivo evento di me- dio grado metamorfico. L’evento metamorfico prealpino diCARG alta pressione è testimoniato dalla presen- za di rutilo al nucleo di titanite e, all’interno delle metabasiti, da porfiroclasti di granato in parte sostituiti da strutture coronitiche a epidoto + albite. L’assenza di 96

pirosseno sodico o del prodotto della sua alterazione suggerisce un picco barico di 9-12 kbar sulla base dei dati sperimentali di POLI (1993) e LIOU et alii (1996). La temperatura probabilmente non superò i 650°C in base all’assenza di eviden- ze di fusione parziale nelle metapeliti. Questo evento metamorfico di alta pres- sione è seguito da una fase decompressionale sviluppatasi in condizioni isoter- miche. Il secondo evento metamorfico prealpino si sviluppa in facies anfibolitica ed

è definito dalla paragenesi Ms-Bt-Grt-St-Al2O3 nelle metapeliti e Hbl-Pl-Ep-Ttn nelle metabasiti. La presenza di Ep-anfiboliti implica una temperatura compresa tra la curva di destabilizzazione della clorite e quella della scomparsa dell’epido- to. Questo intervallo di temperatura coincide con il campo di stabilità della stau- rolite. Applicando il geotermometro Bt/Grt secondo varie calibrazioni (KLEE- MANN & REINHARDT, 1994; PERCHUK & LAVRENT’EVA, 1983; FERRY & SPEAR, 1978; HODGES & SPEAR, 1982; INDARES & MARTIGNOLE, 1985; BHATTACHARYA et alii, 1992) è stato ottenuto un intervallo di temperatura compreso tra 570°-660°C, per una pressione di riferimento di 5 kbar. Le stime della pressione ottenute me- diante l’utilizzo del geobarometro di MASSONNE & SCHREYER (1987), basato sul contenuto in fengite delle miche bianche, indicano un intervallo compreso tra 4 e 6 kbar. Questo evento metamorfico si è sviluppato in condizioni di medio gra- do e media-bassa pressione, consistenti con un regime di collisione (THOMPSON & ENGLAND, 1984).

2. - CICLO METAMORFICO ALPINO

Il ciclo metamorfico alpino è caratterizzato da un primo evento di alta pres- sione che è stato registrato da gran parte delle unità tettonostratigrafiche descrit- te ad eccezione delle Unità dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier e dei Re Magi, che sono totalmente prive di evidenze metamorfiche di alta pres- sione. Questo primo evento può raggiungere la facies scisti blu ad epidoto (unità di crosta continentale dell’Ambin, unità ofiolitiche della Roche de l’Aigle, di Ce- rogne - Ciantiplagna e dell’Albergian, unità di margine continentale del Vallo- netto). Tutte le altre unità sono caratterizzate da un evento in facies scisti blu a lawsonite. PROGETTO Il secondo evento metamorfico, sviluppatosi in facies scisti verdi, risulta co- mune a tutte le unità, ad eccezione delle unità dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier e dei Re Magi, che mostrano un’impronta metamorfica di grado molto basso. Sulla base dell’evoluzione metamorfico-strutturale, le unità tettonostratigrafi- che del Foglio “Bardonecchia”, possono essere raggruppate in tre Complessi Tet- tono-Metamorfici (CTM) (Fig. 9),CARG costituiti da una o più unità, mostranti un’e- voluzione metamorfica comune. 97

Fig. 8. Schema della successione delle associazioni mineralogiche caratterizzanti l’evoluzione meta- morfica prealpina.

Questi PROGETTO CTM si succedono dal basso verso l’alto strutturale e dall’interno ver- so l’esterno della catena. Il CTM più interno e contemporaneamente più profon- do è caratterizzato da un primo evento metamorfico di alta pressione in facies sci- sti blu ad epidoto e da un secondo evento metamorfico di bassa pressione in facies scisti verdi. Esso comprende le unità dell’Ambin, del Vallonetto, della Ro- che de l’Aigle, di Cerogne - Ciantiplagna e dell’Albergian. In posizione tettoni- camente più elevata segue il secondo CTM mostrante un primo evento in facies scisti blu a lawsonite ed un secondo evento di bassa P in facies scisti verdi. Esso comprende le unità di Valfredda, del CARGVin Vert, del Lago Nero e di Puys - Venaus. Infine il terzo CTM, ubicato nel settore più esterno e tettonicamente più elevato, è caratterizzato da un evento di grado molto basso. A quest’ultimo CTM appar- 98

Fig. 9. Distribuzione delle associazioni metamorfiche prevalenti riportata sullo schema strutturale della carta geologica. 1: Complesso tettonometamorfico in facies anchimetamorfica (grado meta- morfico molto basso); 2: Complesso tettonometamorfico in facies scisti blu a lawsonite, con parzia- le riequilibrazione in facies scisti verdi; 3: Complesso tettonometamorfico in facies scisti blu a epi- doto, con parziale riequilibrazione in facies scisti verdi; 4: aree a prevalente metamorfismo prealpino in facies anfibolitica nel complesso polimetamorfico di Clarea; 5: gessi; 6: contatti stratigrafici; 7: contatti tettonici e faglie; 8: faglie trascorrenti; 9: sovrascorrimenti. tengono PROGETTO le unità tettonostratigrafiche dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Ar- gentier e dei Re Magi.

2.1. - A SSOCIAZIONI DI ALTA PRESSIONE A LAWSONITE L’evento di alta pressione a lawsonite (Fig. 10) è caratterizzato dalla parage- nesi Qtz-Ph-Pg-Chl-Lws-Cld-Gln-Rt nelle metapeliti e dalla paragenesi Gln- Lws-Ab-Ttn nelle metabasiti. Le condizioniCARG P/T sono vincolate dalla associazio- ne Lws-Gln-Ph-Pg in assenza di epidoto (Fig. 11). In particolare la stabilità della lawsonite implica che il picco metamorfico non abbia mai superato la sua curva 99

Fig. 10. Schema della successione delle associazioni mineralogiche caratterizzanti l’evoluzione me- tamorfica alpina.

di destabilizzazione e che pertanto la T sia sempre rimasta inferiore ai 400°C. Inoltre la coesistenza di glaucofane e paragonite indica pressioni comprese tra 11 e 13 kbar, in accordo con il contenuto in Si (3.4-3.5 atomi p.f.u.) nella mica bian- ca (Fig. 11). Recenti lavori (AGARD, 1999; AGARD et alii, 2001) segnalano la pre- senza di carfolite nella regione; la sua distribuzione è compatibile con la distri- buzione delle paragenesi di alta pressione descritte, anche se i valori di picco barico sarebbero leggermente più elevati. La distribuzione delle paragenesi rife- rite a questo ambiente metamorfico non è omogenea. Nelle unità del secondo CTM questo stadio risulta sin-cinematico rispetto allo sviluppo della foliazione tettonica regionalePROGETTO e rappresenta pertanto il picco metamorfico dell’evento alpi- no di alta pressione e bassa temperatura. Viceversa, all’interno del primo CTM la facies scisti blu a lawsonite è associata a una foliazione tettonica relitta preser- vata unicamente in microlitoni S1 all’interno della foliazione principale S2 che si è sviluppata in facies scisti blu ad epidoto.

2.2. - ASSOCIAZIONI DI ALTA PRESSIONE CARG AD EPIDOTO Un evento di alta pressione caratterizzato dalla associazione Qtz-Ph-Pg-Chl- Gln-Cld-Rt-Zo nelle metapeliti e dalla associazione Gln-Ph-Grt-Qtz-Rt-Zo nelle 100

metabasiti (Fig. 11) è ben visibile nel primo CTM, dove definisce la paragenesi sin-cinematica rispetto alla scistosità principale S2. L’assenza di granato nelle metapeliti e dell’associazione granato - pirosseno sodico nelle metabasiti impli-

ca che la transizione scisti blu-eclogiti (Gln + Ep = Omph + Grt + H2O) non è mai stata raggiunta, anche se in alcune rocce basiche dell’unità della Roche de l’Aigle è stato osservato clinopirosseno sodico relitto, parzialmente trasformato in glaucofane. La presenza di epidoto in assenza di lawsonite implica T superio- ri ai 400°C (Fig. 11). Tuttavia, l’assenza di granato nelle metapeliti indica T al di sotto del suo campo di stabilità che, per composizioni compatibili con il sistema pelitico, si colloca attorno ai 500°C. In Fig. 11 sono riportate le curve di equili- brio delle reazioni 8-9 e 12, che generano granato a spese di glaucofane, clori- toide o di entrambi. L’evento di alta pressione è seguito da una fase decompressionale comune a tutte le unità metamorfiche. Durante questo stadio decompressionale le fasi sodi- che di alta pressione vengono sostituite da albite mediante l’attivazione della rea-

zione decompressionale Gln + Pg + H2O = Ab + Chl + Qtz (curva 7 in Fig. 11), mentre la mica bianca si impoverisce in molecola celadonitica. Parte del glauco- fane si è probabilmente destabilizzato anche mediante l’attivazione della reazio-

ne Gln + Pg + Qtz = Alm + Ab + H2O (curva 9 in Fig. 11), come testimonia il fre- quente ritrovamento di piccoli cristalli di granato euedrale (Alm67-Pyr7- Sps5-Grs21) inclusi in albite peciloblastica.

2.3. - EVENTO DI BASSA PRESSIONE

Successivamente si è sviluppato il secondo evento metamorfico che mostra condizioni di medio-basso grado e bassa pressione (Fig. 10). Il suo picco è ca- ratterizzato dalla associazione Ab-Grt-Bt nelle metapeliti e Ab - Ca-anfibolo - Chl - Czo nelle metabasiti. Il granato di età alpina è stato attribuito a questo even- to poiché si è sviluppato in rocce che mostrano una forte sovraimpronta decom- pressionale definita dalla destabilizzazione di glaucofane, cloritoide e mica bian- ca e dalla conseguente crescita di albite. La crescita della coppia Grt-Bt nelle metapeliti può essere avvenuta anche a spese di Chl + Mb (reazione 10 Fig. 11). A sua voltaPROGETTO la mica bianca mostra un contenuto in silicio molto basso (3.10-3.15 atomi p.f.u.). Nelle metabasiti durante la fase decompressionale avviene il pas- saggio dalla facies scisti blu alla facies scisti verdi, con la sostituzione del glau-

cofane da parte di anfibolo attinolitico (Gln + Czo + Qtz + H2O = Ab + Tr + Chl) (curva 11 di Fig. 11). La stabilità di Ca-anfibolo nelle metabasiti può indicare che è stata superata anche la curva di transizione facies scisti verdi-facies anfiboliti- ca. Stime geotermometriche basate sulla coppia Bt/Grt secondo varie calibrazio- ni (KLEEMANN & REINHARDTE, 1994; PERCHUK & LAVRENT’EVA, 1983; FERRY & SPEAR, 1978; HODGES & S PEAR , 1982;CARG INDARES & MARTIGNOLE, 1985; BHATTA- CHARYA et alii, 1992) hanno fornito T comprese tra i 500 e 540°C. Per queste sti- me sono state utilizzate la composizione del nucleo del granato tardo-alpino, che 101

non è stata modificata dal processo di diffusione retrograda, e la composizione di biotite cresciuta nella matrice foliata, in prossimità, ma non a contatto con il gra- nato. In questo modo, le stime termometriche prodotte possono effettivamente ri- specchiare le condizioni di picco metamorfico. Le stime di pressione per l’evento meso-alpino sono state determinate appli- cando il metodo di BROWN (1977), basato sulla composizione dell’anfibolo cal- cico nelle metabasiti. Sono state ottenute P comprese tra 3 e 5 kbar.

3. - RICOSTRUZIONE DELLA TRAIETTORIA P-T ALPINA DEL MASSIC- CIO D’AMBIN

La traiettoria di esumazione alpina proposta per il Massiccio d’Ambin è ca- ratterizzata da due eventi metamorfici, separati da un tratto decompressionale du- rante il quale si è avuto un leggero aumento della temperatura. Il picco termico del secondo evento si è infatti sviluppato a basse P ma a T leggermente superio- ri a quelle del primo evento, con un forte aumento del gradiente termico. L’evo- luzione del Massiccio d’Ambin può pertanto venir suddivisa in un primo stadio caratterizzato da un gradiente termico molto basso (ca. 10°C/km) che è compati- bile con un regime di subduzione di litosfera (THOMPSON & ENGLAND, 1984), se- guito da un secondo stadio caratterizzato da un progressivo aumento del gra- diente fino a raggiungere valori attorno a 45°C/km in corrispondenza del picco termico, caratteristici di un regime di collisione continentale che ha portato ad un forte ispessimento crostale ed all’interruzione della subduzione. Il carattere qua- si isotermo del tratto decompressionale può venir messo in relazione a velocità di esumazione alte, giustificabili con i dati litostratigrafici e geocronologici di let- teratura. All’evento in facies scisti blu, caratteristico delle unità pennidiche più esterne delle Alpi occidentali, viene infatti generalmente attribuita un’età radio- metrica attorno a 60 Ma (per una discussione generale vedi HUNZIKER et alii, 1992 e relativa bibliografia), compatibile con l’età Paleocenica delle coperture sedimentarie della Zona Brianzonese, mentre un’età di circa 40 Ma è riportata per la sovraimpronta termica mesoalpina (BOCQUET et alii, 1974; MONIÈ, 1990). L’in- tervallo di tempo tra i due picchi metamorfici è pertanto ridotto (circa 20 Ma). Per giustificare PROGETTO una risalita di circa 25-30 km durante questo intervallo di tempo è quindi necessario assumere una velocità media di esumazione di circa 1,5 mm/anno, che porta ad una traiettoria decompressionale adiabatica. 4. - CARATTERIZZAZIONE ISOTOPICA DI METACARBONATI DELL’AL- TA VALLE DI SUSA

Le variazioni dei tenori degli isotopi CARG stabili 13C e 18O nei carbonati metamor- fici forniscono indicazioni, seppur a livello qualitativo, sulle riequilibrazioni le- gate a variazioni termiche, sulle interazioni fluido-roccia e sui possibili caratteri 102

PROGETTO Fig. 11. Griglia petrogenetica e stima delle condizioni metamorfiche per il primo (puntinato) ed il se- condo (tratteggio orizzontale) evento alpino. 1: Campo di stabilità per la facies scisti blu a lawsoni- te (LBS) ed a epidoto (EBS) secondo EVANS (1990), 2: HOLLAND (1980), 3: HEINRICH & ALTHAUS (1980), 4: curve kD per il geotermometro Grt/Ph secondo la calibrazione di GREEN & HELLMANN (1982), 5: isoplete del tenore in Si nella mica fengitica (MASSONNE & SCHREYER, 1987), 6 - 7: GUIRAUD et alii, (1990), 8 - 9 - 10: POWELL & HOLLAND (1990), 11: transizione scisti blu/scisti verdi (MARUYA- MA et alii, 1986), 12: curve kD per il geotermometro Grt/Bt 13: NITSCH (1971), 14: transizione Act/Hbl nel sistema basico (ERNST, 1979), 15: RAO & JOHANNES (1979). Le frecce indicano la traiet- toria di esumazione seguita tra il primo ed CARGil secondo evento metamorfico alpino. 103 ereditati dall’evoluzione pre-metamorfica. Al fine di ottenere ulteriori informa- zioni sull’evoluzione geochimica dei metasedimenti carbonatici affioranti nell’a- rea del foglio, sono stati analizzati i rapporti isotopici di 13C e 18O in litotipi car- bonatici delle unità di Puys-Venaus, Roche de l’Aigle, Vin Vert, Lago Nero, Re Magi, Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier, Valfredda, Vallonetto e Gad. Sono state inoltre analizzate vene e fibre calcitiche sviluppate all’interno delle unità del Lago Nero e dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier. I risutati delle analisi, riportati sui diagrammi di Fig. 12 e 13, mettono in evi- denza la caratterizzazione isotopica delle differenti unità e permettono la formu- lazione di alcune considerazioni preliminari. L’unità di Puys-Venaus e quella del Lago Nero (Fig. 12) mostrano di aver su- bito significativi scambi tra roccia e fluidi. La linea evolutiva delineata dalle composizioni isotopiche registrate in queste unità è caratterizzata da un progres- sivo impoverimento in isotopi pesanti. Tale andamento lascia supporre una graduale modificazione del carbonato se- dimentario d’origine da parte di fluidi aventi probabilmente un’origine comune, sebbene a T di metamorfismo e rapporti fluido/roccia differenti. Le vene cam- pionate tendono ad ereditare la composizione isotopica della roccia incassante.

PROGETTO

CARG Fig. 12. δ18O vs. δ13C in carbonati appartenenti alle unità oceaniche in cui si denota un progressivo impoverimento in isotopi pesanti; il diagramma riporta anche le composizioni di carbonati di vena. 104

Anche le unità della Roche de l’Aigle e del Vin Vert (Fig. 12) fanno registra- re composizioni isotopiche che nel complesso si allineano con lo stesso trend: nel dettaglio i campioni relativi all’unità della Roche de l’Aigle mostrano di aver ri- sentito solo debolmente della riequilibrazione isotopica metamorfica, un più mar- cato impoverimento in 18O viene invece osservato nei litotipi appartenenti all’u- nità del Vin Vert, ad indicare un più intenso grado di riequilibrazione metamorfica. L’unità dello Chaberton - Grand Hoche - Grand Argentier (Fig. 13) appare es- sere scarsamente modificata da riequilibrazioni isotopiche sin e post-metamorfi- che, ma è interessante notare come alcune delle vene analizzate siano costituite da un carbonato la cui composizione sembra allinearsi con l’andamento già ri- scontrato nelle unità sottostanti. I fluidi responsabili delle riequilibrazione isoto- pica dell’incassante e della precipitazione del carbonato di vena sembrano quin- di avere un’origine comune. In altri casi, la forte somiglianza composizionale tra

PROGETTO

δ18 δ13 CARG Fig. 13. O vs. C in carbonati appartenenti alle unità di margine continentale, sono indicate le composizioni di carbonati di vena e di calcite fibrosa. Per alcuni campioni relativi alle unità di Val Fredda, Gad e Vallonetto sono stati inoltre riportati i valori relativi alla frazione dolomitica. 105 vene ed il relativo incassante testimoniano processi di interazione fluido-roccia in cui prevale l’impronta isotopica della roccia ospite. Alcuni riempimenti di ve- na e calciti fibrose mostrano invece caratteri geochimici sostanzialmente diversi da quanto precedentemente osservato in quanto mantengono un rapporto del 13C sostanzialmente immutato rispetto all’incassante, ma s’impoveriscono drastica- mente in 18O in risposta o a variazioni di T o ad una precipitazione, in sistema chiuso, da una soluzione progressivamente impoverita in 18O. L’unità dei Re Magi (Fig. 13) mostra un andamento dei valori isotopici carat- terizzato da un più netto impoverimento in 18O rispetto a quanto mostrato dalle altre unità; il valore estremamente negativo fatto registrare da un campione di do- lomia rubefatta potrebbe essere giustificato dal sovrapporsi della riequilibrazio- ne isotopica metamorfica ad un carbonato già originariamente impoverito in iso- topo pesante a causa di una diagenesi in presenza di acque meteoriche e/o continentali. L’unità di Valfredda (Fig. 13) mostra una dispersione di valori che sembra es- sere il risultato del sovrapporsi di molteplici processi di riequilibrazione isotopi- ca in un sistema fortemente variabile dal punto di vista chimico-fisico. Una ulte- riore giustificazione all’eterogeneità composizionale riscontrata in quest’unità è data dal fatto che sono stati analizzati campioni di brecce in cui, alle prevedibili differenze riscontrabili tra carbonato costituente i clasti e quello della matrice, si sono probabilmente sovrapposti numerosi processi d’interazione con fluidi di va- ria provenienza in sede pre e sin-metamorfica. Le unità del Vallonetto e di Gad (Fig. 13) mostrano un’evoluzione in parte confrontabile con quella osservata per le unità del Lago Nero e di Puys-Venaus, ma caratterizzata da un più limitato impoverimento in 13C. La frazione dolomiti- ca all’interno dei campioni appartenenti alle due unità è nella maggior parte dei casi arricchita in isotopi pesanti rispetto a quella calcitica: viene dunque mante- nuta una caratteristica geochimica propria dei carbonati sedimentari, sebbene le composizioni siano state traslate verso valori di d isotopico più negativi dagli scambi con i fluidi che hanno operato nel sistema. La riequilibrazione isotopica tra le due fasi minerali non è, in questo caso, un indice significativo delle T rag- giunte nel metamorfismo. I risultati PROGETTO ottenuti tramite le analisi isotopiche hanno dunque evidenziato l’e- sistenza di un diverso grado d’evoluzione geochimica nelle varie unità. Le ri- equilibrazioni isotopiche legate alle modificazioni termiche metamorfiche mo- strano nella maggior parte dei casi di risentire delle interazioni tra la roccia e fluidi la cui circolazione sembra non essere stata uniforme né alla scala regiona- le né a quella della singola unità, come anche testimoniato dalle forti differenze composizionali registrate nei diversi CARGsistemi di vene campionati. 107

VIII - EVENTI ALLUVIONALI

A partire dal diciannovesimo secolo, per il settore dell’alta Valle di Susa, compreso nei comuni di Bardonecchia, Oulx, Salbertrand, Exilles, Chiomonte, Gravere e si hanno informazioni riguardo a 123 eventi di instabilità na- turali, datati. Grande incidenza, dal punto di vista dei danni hanno le piene di tipo torrenti- zio (43% sul totale); anche se si analizzano esclusivamente i processi che hanno causato danni strutturali o funzionali ad aree urbanizzate, si osserva come la mag- gior percentuale dei dissesti sia associata a processi di tipo torrentizio, (42% dei casi); seguono i movimenti di versante (36%, 11% per frane di crollo) e le piene lungo i fondovalle (26%). Se si analizza la stagionalità degli eventi si osserva una loro predominanza nel mese di maggio (20%), seguito da giugno (13%) , ottobre (11%), e luglio (10%,) mentre per i restanti mesi la percentuale oscilla tra un minimo di 7,3% ed un mas- simo di 8,1%, ad eccezione del mese di febbraio (4% ) e gennaio (0 %). Se si considerano gli eventi che hanno interessato aree urbanizzate o singoli edifici, si PROGETTOosserva che la media è di un evento ogni 5,9 anni, per il periodo com- preso tra il 1840 ed il 1993. Se si considerano anche gli eventi che hanno dan- neggiato gravemente le infrastrutture e la viabilità, la media, per lo stesso perio- do, è di un evento ogni 4 anni circa. Dall’analisi dei dati si osserva che esistono periodi in cui gli intervalli tra gli eventi significativi sono 1-2 anni, al limite di pochi mesi: tra il 1866 ed il 1876, si registrarono 5 eventi, coinvolgenti il comune di Bardonecchia; tra il 1948 ed il 1957 si verificarono più di 10 eventi. A partire dagli anni ’60 la media degli even- ti con coinvolgimento di aree urbanizzate CARG è scesa ad 1 ogni 7 anni. Fa eccezione l’anno 2000 con due eventi di una certa rilevanza. I comuni maggiormente colpiti sono Bardonecchia e Oulx che insieme co- 108

prono più del 50 % dell’area esaminata. Bardonecchia è soggetta soprattutto a processi di tipo torrentizio, legati ai tor- renti Rho, Frejus e, subordinatamente Valle Stretta e Rhochemolles, per quanto riguarda i processi coinvolgenti l’abitato. In particolare sono stati frequenti le piene del torrente Rho, che, fino agli anni ’50, causarono danni ricorrenti all’abi- tato, talora anche gravi, soprattutto nel periodo compreso tra il 1860 ed il 1880. Il 25 maggio 1873: il torrente Rho distrugge molte abitazioni in regione Ber- trand di Bardonecchia. Dove sorge il palazzo delle feste si trovava una cappella, detta del S. Sepolcro o di S. Croce, distrutta durante l'alluvione. Dal 1873 al 1880 si susseguirono a Bardonecchia piene torrentizie del tor- rente Rho, che coinvolsero più o meno gravemente l’abitato, in particolare un tra- sporto in massa verificatosi tra settembre- ottobre 1880 causò gravissimi danni al Borgo Vecchio. Ancor prima, il 20 maggio 1728 un trasporto in massa, a partire dall’apice del conoide, riattivò antichi canali in sinistra orografica, investendo il Borgo Vec- chio, con deposito di molto materiale entro le case. Le piene del torrente si sono susseguite fino agli anni ’50. A partire dai primi decenni di questo secolo iniziarono i lavori di regimazione e di sistemazione che, probabilmente concorsero a limitare il numero degli eventi di piena non conte- nuti, che, dagli anni’ 60 non hanno più causato danni significativi, almeno dai da- ti disponibili. L’altro comune per cui si ha il maggior numero di informazioni è Oulx, il cui abitato si sviluppa in parte lungo la Dora Riparia, poco a monte della confluenza della Dora di Bardonecchia. Per quanto riguarda i danni causati dalla Dora Ripa- ria sono da ricordare soprattutto gli eventi del maggio 1728 e del settembre 1957 e, secondariamente quello del maggio 1948. I primi due causarono danni estremamente gravi, sia per processi legati so- prattutto alle piene della Dora Riparia, sia per trasporti in massa con riattivazio- ni di conoidi. In entrambi gli eventi venne pesantemente colpita dalle piene del- la Dora Riparia la zona che si sviluppa entro il fondo valle, in particolare, durante l’evento del 1728 venne gravemente danneggiato il complesso abbaziale dell’an- tica Prevostura. Entrambi gli eventi (1728, 1957) causarono danni gravi e diffusi lungo l’alta Val Susa. PROGETTO In entrambi si registrarono sia piene lungo i fondo valle, sia processi torrentizi lungo i conoidi, con danni gravi; in entrambi si verificò la riattivazione dei due grandi movimenti di versante detti “frana di Serre la Voute” e del “Cas- sas”, posti nel comune di Salbertrand. Il movimento della frana di Serre la Vou- te avrebbe causato nel 1728 un momentaneo sbarramento della Dora, mentre la riattivazione del 1957 interessò una parte più limitata di versante. Per la frana del Cassas, le prime informazioni su movimenti del versante ove essa si colloca so- no proprio del 1728, mentre durante l’evento del 1957 i movimenti furono con- sistenti e determinarono l’attuale conformazioneCARG della frana stessa. Infine sia l’evento del 1728, sia quello del 1957 si verificarono per la somma di apporti dovute a precipitazioni liquide ed alla fusione dell’abbondante manto 109 nevoso ancora presente sui versanti. I comuni a valle di Oulx si sviluppano essenzialmente entro i versanti, per il restringimento della valle; per questi comuni, escludendo alcune località poste in fondovalle o lungo i conoidi soggette a processi associati all’attività dei corsi d’acqua, prevalgono i danni per movimenti di versante, soprattutto a scapito del- la viabilità e a singoli edifici. Una sintesi degli eventi, limitatamente per quelli che hanno interessato aree urbanizzate o che hanno causato danni gravi a infrastrutture e viabilità, viene for- nita nella tabella fuori testo, con indicazione delle località colpite, dei processi e dei danni.

PROGETTO

CARG 111

IX - RISORSE MINERARIE ED ATTIVITÀ ESTRATTIVE

La Valle di Susa è sempre stata povera di risorse minerarie e di materiali la- pidei. A parte qualche notizia storica di ricerche di galena argentifera nel Massiccio d’Ambin (miniere dei Saraceni) con limitatissimi sfruttamenti, verso la fine del XIX secolo, di rame e di minerali ferrosi, non si ha notizia di coltivazioni im- portanti nell’area del foglio. Altre sporadiche ricerche di minerari fibrosi (per evidenti interessi strategici) sono state condotte nell’immediato periodo pre-bellico sulle serpentiniti della media valle (CAPELLO, 1942). L’unico giacimento che abbia conosciuto qualche successo è quello di Gran- ge d’Himbert, sfruttato tra il 1940 ed il 1953. Si tratta di una mineralizzazione pi- ritoso-cuprifera stratiforme associata a quarziti (LEARDI & NATALE, 1985) entro i metasedimenti dell’unità di Cerogne-Ciantiplagna. Altre coltivazioni di qualche interesse economico sono state in passato le ca- ve di gesso di Les Arnauds e di Savoulx, sfruttate tra la fine del XIX secolo e l’i- nizio degli PROGETTO anni '60 del secolo scorso (LOMAGNO, 1992). Per quanto concerne i materiali da costruzione è conosciuta una piccolissima cava di oficalci, usata come pietra ornamentale, ubicata al fondo del Vallone del Fréjus, e ora inattiva. Negli ultimi anni del secolo scorso, in occasione degli imponenti lavori di in- gegneria civile effettuati nell’area (traforo autostradale del Fréjus e autostrada Torino-Bardonecchia), ha conosciuto un qualche risveglio l’attività estrattiva di ghiaie ed inerti per costruzione nell’alveo CARG della Dora nella piana di Salbertrand. 113

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PROGETTO

CARG 122 viabilità Danni Frana Complessa Minacce / Dora di Bardon., Np PienaMoines Strutturali Piena Torrentizia / Funzionali /

PROGETTO Borgo AltoBorgo BassoBorgo GadSignolsSoubrasVazon Naise Dora RipariaSalbertrand Piena Gran Comba Dora di Bardonecchia Soubras Piena Torrentizia Piena Vazon Strutturali in Massa Trasporto Geronda Strutturali (*) Strutturali (*) Strutturali Piena Torrentizia / Funzionali / Piena Torrentizia Strutturali / in Massa Trasporto Strutturali / / / Strutturali AmazasBeaulard Dora Riparia Dora di Bardonecchia Frana Generica Piena Funzionali / / Strutturali Les ArnaudsMelezetMillaures Stretta Valle Stretta Valle Dora di Bardonecchia Piena Piena Piena Strutturali / Funzionali / / Strutturali Salbertrand Chenebiere Dora RipariaPienaSalbertrand Chenebiere Dora / Strutturali ExillesOulx Champbons Abbazia Dora Riparia Dora Riparia Piena Piena Strutturali (*) / Funzionali (*) /

Elenco degli eventi alluvionali storici della media e alta Valle di Susa Elenco degli eventi alluvionali storici della media e alta Valle CARG 1840/11/03 Bardonecchia1866/09/23 Salbertrand Bardonecchia Oulme Rho Secco Di S. in Massa Trasporto Torrentizia Piena Non Precisati(*) / Funzionali / 1868/10/02 Bardonecchia1873/05/26 Bardonecchia Bardonecchia1876/06/10 Bardonecchia Bertrand1876/10/ Casa Parrocchiale1877/06/ Bardonecchia Bardonecchia Bardonecchia Bardonecchia Rho Rho Rho Rho Rho Piena TorrentiziaTorrentizia Piena Strutturali in Massa Trasporto Funzionali Piena Torrentizia Strutturali (*) in Massa Trasporto / / / Funzionali (*) Strutturali (*) / / Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ 1728/05/20 BardonecchiaVecchio Borgo Rho in Massa Trasporto Strutturali (*) / Tab. ITab. - 123 viabilità Danni Rochemolles Piena Funzionali Strutturali

PROGETTO Refour San Giusto Frana Generica Strutturali / Diga Di Rochemolles Rochemolles PienaMelezet /Pian Del ColleRochemolles Strutturali Stretta Stretta Valle Valle Rochemolles PienaTorrentizia Piena Piena / Minacce / Strutturali / Strutturali Exilles Attraversamento Ferroviario Combetta Frana Complessa / Strutturali CARGSalbertrand comunale Territorio GerondaTorrentizia Piena / Strutturali 1905/06/30 Bardonecchia1914/07/23 Bardonecchia Bardonecchia1920/09/24 BardonecchiaTra Melezet Settefontane Bardonecchia Stretta Valle Rho Piena Dora di Bardonecchia Piena Piena Torrentizia Strutturali Minacce / Strutturali Strutturali Strutturali 1881/05/09 Chiomonte1902/03/02 Oulx Combetta Galleria1904/04/19 Oulx Beaulard, Stazione Ferroviaria Dora Riparia Dora Riparia Beaulard Crollo Frana Generica Strutturali San Giusto / / Torrentizia Piena / Strutturali Strutturali 1922/05/28 Bardonecchia1924/09/24 BardonecchiaValletti Pineta 1931/09/20 Exilles Les Arnauds1936/04/03 Bardonecchia1936/05/16 Bardonecchia Rochemolles1936/07/06 Oulx Galambra Bardonecchia1937/05/20 Oulx1943/09/ Dora di Bardonecchia1943/10/ Bardonecchia Piena Fosse1944/05/ Bardonecchia Moretta Melezet Bardonecchia Signols Les Arnauds Rochemolles Les Arnauds Rho Galambra Funzionali Crollo / Piena Torrentizia Stretta Valle Baracan Stretta Valle / Funzionali (*) Stretta Valle Crollo Strutturali Combe Sourdes Piena Torrentizia / Strutturali / / PienaTorrentizia Piena Piena Piena Piena Torrentizia Minacce Strutturali Strutturali Minacce / Minacce / Minacce / / / 1947/09/25 Bardonecchia Melezet, Ponte Sul Rio Fosse Fosse1948/03/01 Bardonecchia Pian Del Colle in Massa Trasporto Stretta Valle /Torrentizia Piena Strutturali / Strutturali Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ 124 viabilità Danni Valle StrettaValle Piena Strutturali /

PROGETTO MelezetRochemollesMelezetRochemollesRochemolles, Cimitero Comunale RochemollesTerritorio Fosse RochemollesArnaudsMelezet, Les Coche Rochemolles Frana Superficiale Fosse /Madonna di M. Serrat Frana Superficiale Fosse Piena TorrentiziaMadonna di M. Serrat /Melezet Frana Generica Funzionali RhoTorrentizia Piena Rho Piena Torrentizia / Strutturali Strutturali / in Massa Trasporto / Strutturali / Stretta Valle Frana Complessa Strutturali Frana Generica Strutturali / Strutturali Strutturali Piena / Strutturali Strutturali Funzionali Strutturali GeneyMelezet Perilleux Stretta Valle Piena in Massa Trasporto / Strutturali Strutturali / OulxSalbertrand Salbertrand (Zona Nord) Sotto La Rocca Dora Riparia CARG Dora Riparia Crollo Piena Minacce / Funzionali Strutturali 1948/05/15 Bardonecchia Les Arnauds1948/09/04 Bardonecchia Les Arnauds Fosse Fosse Piena Torrentizia Minacce Piena Torrentizia Funzionali / / 1948/10/1949/05/01 Oulx Bardonecchia Issard Moretta1949/07/1949/07/08 Bardonecchia Bardonecchia Sant'UbaldoArnauds, S.Ubaldo Les 1949/12/25 Exilles1951/05/26 Bardonecchia Rochemolles Sagne Bardonecchia Baracan Cels1954/06/21 Bardonecchia Sagne Frana Generica1954/08/20 Bardonecchia Bardonecchia1955/06/07 Bardonecchia Bardonecchia Frejus in Massa Trasporto / Bardonecchia Piena Torrentizia / Minacce Piena Torrentizia Dora Riparia Frejus Frejus / Strutturali / Frejus Piena Torrentizia Strutturali Crollo / Piena Torrentizia Strutturali Piena Torrentizia Piena Torrentizia Funzionali Strutturali Minacce Strutturali Minacce Strutturali / / Strutturali Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ 125 viabilità Danni Rochemolles Piena / Strutturali Dora Riparia Frana Complessa /Dore Riparia e di Cesana Piena Strutturali / Strutturali

PROGETTO Bardonecchia-MelezetMelezetRochemolles Stretta Valle San UbaldoExilles- Stazione Ferroviaria Piena Forno DelFucina Baccon Fosse SagneTorrentizia Piena /Torrentizia Piena Piena Torrentizia Minacce Dora Riparia /Torrentizia Piena Minacce / Strutturali / Piena / Strutturali Strutturali / Strutturali Galleria Ferroviaria Abbandonata Galleria Ferroviaria SS. 24 Km 4ChenebiereSalbertrandVoûteSerre La Dora Riparia Dora Riparia Dora Riparia Dora Riparia Frana Complessa / Piena Frana Complessa Piena / Strutturali / Strutturali Strutturali / Strutturali VoûteSerre La ComunaleTerritorio MorettaOulx Np ComunaleTerritorio Dora Riparia Dora Riparia Frana Complessa Dora Riparia / (Vuote) Dora Riparia Piena Piena Piena / Strutturali Funzionali Strutturali / Strutturali (*) Strutturali Strutturali Strutturali ChiomonteExilles Frais Champbons Muliere Dora Riparia Piena Piena Torrentizia / / Strutturali Strutturali Oulx, Cesana T.se Oulx, Cesana Salbertrand Cassas - Graviere Dora Riparia Frana Complessa Minacce / CARGOulx Amazas Dora Riparia Piena / Strutturali 1957/05/26 Bardonecchia1957/06/13 Bardonecchia Melezet Bardonecchia Rochemolles Stretta Valle Piena Piena / Minacce Strutturali Strutturali Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ 1959/05/22 Oulx1961/03/ Salbertrand Moncellier Beaulard Dora Riparia San Giusto Crollo Torrentizia Piena Minacce Minacce / / 126 viabilità Danni

PROGETTO Ferrovia Ponte Gran CombaSP Cesana BoussonTorrentizia Piena SS 24 / Ripa Strutturali Ripa Piena Piena / / Strutturali Strutturali Oulx Emanuele 49Vittorio V. Dora Riparia Frana Superficiale Strutturali / CARGChiomonte Exilles 1961/04/14 Bardonecchia1962/11/07 BardonecchiaArnauds Melezet, Les 1966/10/ Melezet1966/10/11 Bardonecchia Oulx1967/07/31 Bardonecchia Melezet1968/11/01 Fosse Bardonecchia Rochemolles1969/04/06 Bardonecchia Bardonecchia1969/09/ Comunale Territorio Millaures1971/07/04 Bardonecchia Bardonecchia1972/02/ MelezetArnaud Melezet, Les 1977/05/26 Exilles Fosse Bardonecchia Dora di BardonecchiaTorrentizia Piena Rochemolles Les Arnauds1980/03/26 Fosse Exilles Piena Frejus1981/03/09 Fosse Morliere Exilles Minacce1981/04/01 Chiomonte San Claudio SS. 24 Piena Piena Torrentizia Comunale Territorio / Morliere Stretta Valle Stretta Valle Minacce Piena Torrentizia Funzionali Piena Torrentizia Frana Complessa in Massa Trasporto Dora Riparia Minacce Guy Minacce Piena / / Funzionali / / Frana Generica / Dora Riparia Strutturali / Guy Frana Generica Minacce Strutturali Minacce Strutturali / Crollo Strutturali Frana Generica / / / / Crollo Minacce Strutturali / Strutturali Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ 1981/08/07 Oulx1982/02/02 Bardonecchia1983/03/ Millaures1984/02/10 Salbertrand Exilles1986/11/06 Beaulard Salbertrand1987/07/01 Salbertrand Bardonecchia1993/09/23Voute Fenils Serre La GiaglioneTorinese Morliere Pian Del Colle2000/06/10 Cesana Bousson Buttigliera Case Pontet Dora di Bardonecchia Frana Complessa San Giusto Dora Riparia Gran Gorgia Minacce Clarea Guy Ripa Crollo Frana Generica in Massa Trasporto in Massa Trasporto / / / FunzionaliTorrentizia Piena Piena Crollo Minacce Minacce / Strutturali Strutturali Strutturali / / / / Strutturali 127 viabilità Danni

PROGETTO Thuras Valle Rhuilles a monteAttraversamento DemayAttraversamento vecchia SSTorrentizia Guillasse Rio Bouchars Leita'Oulx, casa cantoniera, SS24 /Ange GardienOulx, ponte Dora RipariaOulx, asilo Piena Dora Riparia in Massa Trasporto AEM sifone Voute, Serre La in Massa Trasporto / Dora Riparia Piena Funzionali Concentrico in Massa Trasporto /Rollieres Piena /Rollieres, colonia estiva Dora Riparia PienaMelezet Funzionali Ripa Ponte per Millaures Minacce Funzionali TagliataRocca Ripa Piena Piena Funzionali ferroviarioTraforo Funzionali Ripa Piena / Gran Cotè versante / Dora di Rochemolles / Ponte di Fenils pressi Piena Piena Dora di Rochemolles Dora di Bardonecchia Melezet FunzionaliAntonio (pressiS.Giuseppe e S. Minacce Rio Piccolo Piena Piena torrentizia (pressi)Viadotto Rio della Gran Coté Fenils e Dora Riparia / / Strutturali Piena Piena torrentizia Funzionali / / / Piena torrentizia Piena torrentizia / Rio Grande / / Strutturali / / / Strutturali Strutturali Piena torrentizia Funzionali Funzionali Funzionali / Funzionali Funzionali Funzionali Exilles Oulx Attraversamento GodisardTorrentizia / Alto, Borgo pressiSalbertrandCARG Piena Arland, a valle Ponte via Fulvio Dora Riparia A monte del concentrico Dora Funzionali Riparia Ripa Piena PienaCesana Torinese Cesana Torinese Piena /Chiomonte Minacce Cascina Rigaud Ripa / / Strutturali NP Strutturali Piena Piena torrentizia / / Funzionali Strutturali Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ 2000/10/14 Bardonecchia Bardonecchia Dora di Rochemolles Piena / Funzionali 128 viabilità Danni i Tecnici di Prevenzione). Tecnici i

PROGETTO Asta del torrente Gran Comba Gran CombaCels, Ponte rio GalambroSapé di ExillesStazione ferroviaria in massa Trasporto SS 25, progressiva km 55,5 Rio Galambro / Rio Godissard Rio SapéRoyères Rio Echalette Piena torrentizia in massa Trasporto / Funzionali Piena torrentizia / Piena torrentizia / Crollo / Dora di Bardonecchia Strutturali Piena Strutturali Funzionali / Strutturali / Funzionali Strutturali GiaglioneGravere SS 25, al km 61Oulx Apice conoide GelassaSalbertrandSauze di CesanaAlbere Ponte delle Casa Cantoniera Strada statale Rii Supita e Fonte Rio Gelassa in massa Trasporto Ripa Torrente / Dora Riparia Piena torrentizia Rio Secco Piena / Piena torrentizia Funzionali Piena torrentizia Funzionali / / Funzionali / Strutturali Funzionali Exilles Asta del rio Comba Crosa Rio Comba Crosa Piena torrentiziaCARG / Strutturali Evento Comune Località Corso d’acqua (bacino) Processo Abitanti/edifici Infrastr./ I dati riteriti agli eventi del giugno e dell’ottobre 2000 derivano da rilievi post evento (Regione Piemonte, Direzione Serviz (*) entro l’abitato. Danni diffusi