Alla Ricerca Di Un Ordine Nuovo Tomo II

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Alla Ricerca Di Un Ordine Nuovo Tomo II Paolo Pastori Alla ricerca di un ordine nuovo Tomo II ‘VETUS ORDO NOVUS’ XIX Al caro ricordo di Giano Accame Francesco Adorno Dino Naldini Dino Pasini Salvatore Valitutti ‘VETUS ORDO NOVUS’ XIX Studi, saggi e ricerche La collana ‘Vetus Ordo Novus’ si articola nelle seguenti classi: I. Testi e memorie II. Studi, saggi e ricerche III. Tesi e opere prime IV. Progettualità sociale e politica V. Lógos e Ei˜dos VI. “Arché. Rivista internazionale di filosofia e cultura politica” Paolo Pastori Alla ricerca di un ordine nuovo Napoli e Palermo fra antico regime, rivoluzione e restaurazione (1759-1821) Tomo II. La deriva reazionaria sul continente europeo negli anni 1815-20. Il quadro storico-politico, i referenti filosofico-giuridici, il ruolo della diplomazia e l’antologia cronologica degli avvenimenti dai memoriali e dalla stampa contemporanea (6 luglio-6 ottobre 1820) Prefazione di Roberto Martucci Edizioni del Poligrafico Fiorentino Questo secondo volume è pubblicato con il contributo della Scuola di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Camerino © Copyright 2010 Paolo Pastori ISBN 978-88-902492-0-4 Impaginazione Centro Immagine - Lucca Edizioni del Poligrafico Fiorentino - ABC Tipografia s.r.l. Via E. Majorana 38/40 - Sesto Fiorentino (Firenze) Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere tradotta, riprodotta o trasmessa con qualsiasi mezzo senza espressa autorizzazione dell’Editore e dell’Autore. Tabula gratulatoria I volumi di questa opera vedono la luce grazie alle seguenti Persone, alla cui amicizia, al concreto e sincero interessamento, ed al liberale sostegno e consiglio si deve l’edizione. Pietro Araniti Dottore Commercalista Reggio Calabria Paolo Bagnoli Università di Siena Guido Biscontini Università di Camerino Antonio Cirri Consulente all’edizione Firenze Leopoldo De Martino Oculista Crotone Aniello De Rosa Presidente dell’Accademia Ercolanese Andrea Garofalo Architetto Marcedusa (CZ) Luigi Garofalo Sindaco di Marcedusa (CZ) Maria Grasselli Università di Camerino V Eugenio Guccione Università di Palermo Raffaele (Luccio) Manfredi Centro Internazionale di Studi Europei - Calabria Domenico Pappaterra Presidente del Parco del Pollino Regione Calabria Paola Pirolo Vice Direttore Biblioteca Nazionale Centrale Firenze Roberto Righi Avvocato Firenze Filippo Salvi Vice Presidente Confindustria Firenze Riccardo Tagliaferri Avvocato Firenze Franco Talarico Presidente del Consiglio Regionale della Calabria Reggio Calabria VI Roberto Martucci Tra Restaurazione e costituzione: riflessioni a margine dell’itinerario di ricerca di Paolo Pastori 1. All’atto di lasciare formalmente l’Accademia per attendere con serenità ai suoi studi prediletti, Paolo Pastori affida ai colleghi questo secondo tomo della sua Ricerca di un Ordine Nuovo: una ricerca con cui l’Autore, utilizzando una «cifra di lettura critica ispano-prussiana», si propone di delineare le «profonde trasformazioni innescate dalla Ri- voluzione Francese» nel trentennio 1791-1821 soffermandosi nel pre- sente volume, in particolare, sui primi sei anni della Restaurazione. Dico «affida ai colleghi», con cognizione di causa, vista la complessità dell’ordito e la vastità delle fonti presentate e analizzate con intensa capacità di penetrazione, giocando l’ardita scommessa di incastonarle nel corpus della stessa opera, obbligando il lettore a un continuo gioco di rimandi che rischia di disorientare chi non padroneggi sia la storia costituzionale che quella del pensiero politico della Restaurazione europea. Ma non solo quelle, visto che la permanente centralità dell’esercito in due significative realtà istituzionali – quella spagnola e quella na- poletana – obbliga il lettore a confrontarsi anche con la storia militare della Restaurazione e con i diversi problemi che essa èvoca, a seconda del contesto considerato, sia esso europeo o ispano-americano. Certo, in via generale, la disfatta napoleonica dovrebbe aprire le porte alla pace (per circa un secolo, fino all’esplosione della Grande Guerra d’inizi Novecento) e, quindi, a una riduzione dei dispositivi militari: ma anche in questo caso non è possibile generalizzare. Per la Francia sconfitta la smobilitazione rappresenta il primo scotto da pagare nella “discesa agli inferi” da unica super-potenza terrestre (1793-1814) a semplice Grande Potenza europea con Austria, Russia e Prussia. La necessaria riduzione dell’immenso apparato bel- lico imperiale che ha movimentato fino a un milione di soldati e mi- gliaia di ufficiali non è certo compensata dai preparativi militari con- tro i Barbareschi che, regnante Carlo X, daranno inizio all’avventura VII coloniale algerina (1830), implicando con il riarmo la riallocazione di poche centinaia di quadri militari d’ogni ordine e grado. Ma, per esempio, i due Stati italiani continentali – i Regni d’Italia e di Napoli – non avendo più necessità belliche immediate, dovranno smobilitare gran parte dei reggimenti collocando a «mezzo soldo» parecchie centinaia di ufficiali (tra cui numerosi gli ufficiali superiori: maggiori, colonnelli e generali), senza contare almeno un paio di migliaia di sottufficiali divenuti superflui. Il caso più noto è rappre- sentato dall’esercito napoletano, protagonista della campagna anti- austriaca culminata nella sconfitta di Tolentino (2 maggio 1815) e nel conseguente esilio di re Gioacchino Murat. Il restaurato Ferdinando I di Borbone, per necessità di bilancio in un contesto di pacificazione forzata, ridusse l’originario esercito murattiano – che nel corso della campagna del 1815 aveva inquadrato 82000 combattenti – agli effet- tivi di una sola divisione di appena diecimila soldati, con colloca- mento «in disponibilità» di almeno cinquecento ufficiali e circa mille sottufficiali. Problemi analoghi li pone l’armata italica del Vicerè Eugenio de Beauharnais: il Comando austriaco la disperde nei depositi del vasto impero asburgico, riducendone la consistenza di mese in mese dagli originari quarantamila soldati fino alla sostanziale eutanasia finale. Questa vasta forma di disoccupazione militare qualificata, mai sperimentata prima d’ora su così vasta scala, alimenta il malcontento, suggerendo le alternative della permanente cospirazione in patria o di un’emigrazione dai caratteri semi-permanenti, che consenta di mettere a frutto il mestiere delle armi. Si tratta di un fenomeno di grande rilievo qualitativo, dove s’incrociano i percorsi degli smobilitati napoleonici e dei giovani in- sofferenti dei lacci della Restaurazione – valga per tutti il nome del cospiratore modenese Enrico Cialdini divenuto militare di carriera e colonnello nella Spagna della guerra civile carlista, per poi riap- prodare come generale nell’Italia del Risorgimento – un fenomeno, vale la pena ripeterlo, tutt’ora inesplorato in sede storiografica. In questa sede basterà riferirsi alle epopee di Rubino Ventura da Finale di Modena (ribattezzatosi Jean-Baptiste Ventura), finito generalis- simo dell’esercito del Maharajah Ranjit Singh del Punjab (1822-43), riconosciuto come divisionario da re Luigi Filippo; Paolo Avitabile, napoletano, generale e governatore di Peshawar sempre per conto del Maharajah Ranjit Singh del Punjab (1830-44); Paolo Solaroli combat- tente delle guerre afghane, colonnello nell’esercito della Compagnia delle Indie, poi generale sardo e aiutante di campo di Vittorio Ema- nuele II; Agostino Codazzi di Lugo, ufficiale di artiglieria esule in Sudamerica dopo il 1815, combattente con Simon Bolivar, generale, VIII cartografo e ingegnere militare; gli esuli modenesi Nicola Fabrizi ed Enrico Cialdini. Per tacere dei tanti sottufficiali e ufficiali italiani meno noti, transitati nella Legione straniera francese o approdati alla Guerra civile spagnola, prima di raggiungere Egitto, India o Sudame- rica per dare inquadramento europeo a masse scomposte e anarcoidi di combattenti. A differenza della Francia e dei suoi satelliti (Regni d’Olanda, d’Italia e di Napoli, dipartimenti italici dell’impero francese), la Spa- gna, invece, dovrà continuare la mobilitazione per far fronte all’insor- genza coloniale sudamericana alimentata dall’ambiguo bolivarismo. Inevitabilmente, un dispositivo bellico ipertrofico da utilizzare nei Vicereami delle Indie non potrà che alimentarsi di quei militari che hanno conquistato i loro gradi nella campagna peninsulare anti-na- poleonica degli anni 1808-12, sotto la guida di Juntas autolegittimate dalle vittorie, ma poi misconosciute dal fedifrago re Ferdinando VII che inaugura il suo regno revocando la costituzione gaditana del 1812. E che, paradossalmente, deve richiamare in servizio quella “le- gittimità rivoluzionaria” quando si tratta di schiacciare militarmente la ribellione coloniale del generale Miranda e poi di Simon Bolivar. Per quanto possa apparire singolare agli occhi di noi posteri, in entrambi i casi, sia che si smobiliti sia che si mobiliti, le soluzioni adottate alimentano una effervescenza che non può non avere rica- dute sugli equilibri politici. Quindi, una lettura impegnativa ed esigente per “addetti ai la- vori”, quella proposta da Paolo Pastori, sollecitati da una bibliografia intrigante e per nulla scontata, non certo una carrellata divulgativa per “chi non sa”. 2. Come ho appena detto, il periodo abbracciato è quello cortis- simo e intenso della Restaurazione. Poco più di un lustro intercorso tra la riunione del Congresso di Vienna – che, a grandi linee, avrebbe garantito per un secolo una “quasi pace” nel continente europeo fino alla Grande Guerra – e il fallimento, più che annunciato, del generoso quanto ingenuo
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