Storia e sviluppi della disciplina del pugilato in Italia IL PUGILATO DI GIANNI BRERA Sergio Giuntini
[email protected] Franco Contorbia, uno dei massimi studiosi di Gianni Brera, ha osservato: La vita e l’opera di Brera sono in attesa di un risarcimento degno dell’una e dell’altra. La sua biografia è ancora in cerca d’autore. La formazione alla periferia del giornalismo sportivo italiano; la partecipazione alla guerra fino al vischioso rapporto con il fascismo repubblicano pavese; la scelta, infine, nel maggio 1944, della guerra partigiana sono temi che Brera non ha mai affrontato di buon grado, finendo per coinvolgere i suoi agiografi in un sistema di interdizioni mai venute meno negli anni […]. Lo stato degli scritti si presenta anche più desolante. Intanto, sembra davvero indifferibile l’allestimento di un compiuto inventario dei testi che Brera ha disseminato ovunque con sovrana e un po’ disperata nonchalance; e il soccorso di una filologia duttile, non ossessiva ma nemmeno cialtrona, non potrà che propiziare una selezione capace di superare la soglia della decenza e una “descrizione” plausibile dei suoi stupefacenti strumenti formali e delle sue inattingibili qualità onomaturgiche1. Queste riflessioni confermano quanto resti ancora da fare nell’approfondimento della vicenda umana e giornalistica del pavese nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po. Un’esperienza in gran parte da riscoprire, che offre un enorme ventaglio di possibili interpretazioni e chiavi di lettura. All’interno di questi territori breriani da esplorare, uno dei meno frequentati è dato dal pugilato: disciplina che egli amava (tra gli innumerevoli pseudonimi utilizzò pure quello di Jab, il diretto portato col pugno avanzato) e conosceva bene sin nei suoi risvolti più suggestivi: «La boxe è un’altra cosa» – ebbe ad affermare – «e io sono con San Bernardino, che la raccomandava tanto ai suoi parrocchiani senesi: arrumpetevi lo volto per li pugni et non per li pugnali, che occidono villanamente»2.