Sistemi Zootecnici E Pastorali Alpini Prof. Michele Corti
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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti Dispensa del Corso Corso di laurea in : Tutela e valorizzazione dell’ambiente e del territorio montano Introduzione L’importanza della zootecnia nella vita delle comunità alpine è legata ai vincoli imposti dal clima sulla possibilità di esercizio della attività agricola. Innanzitutto nelle Alpi il terreno agrario è scarso e poco produttivo. La zootecnia più di altre attività agricole si presta all’utilizzo di zone vegetative poste a diverse altitudini sfruttando risorse foraggere erbacee ma anche arbustive ed arboree. Dove l’uomo non è in grado di utilizzare le superfici coltivandole con piante alimentari il ruminante si inserisce come anello intermedio indispensabile di una catena trofica che nella veste di consumatore consente di convertire le risorse dei pascoli naturali ottenibili in condizioni nelle quali ogni attività agricola è preclusa in alimenti ad elevato valore biologico. Ciò vale per ambienti estremi per condizioni di temperatura e di piovosità come le steppe e le tundre alle quali si avvicinano come visto alcuni degli habitat della montagna alpina. Il ruolo fondamentale dell’allevamento animale nell’economia tradizionale delle comunità alpine è anche legato alla capacità degli animali di utilizzare una parte della produzione foraggera ottenibile durante il periodo vegetativo in modo differito consentendo all’uomo di alimentarsi con prodotti ricchi di principi nutritivi come le vitamine scarsamente presenti nei prodotti di origine vegetale conservati con le tecniche tradizionali. Parlare di agricoltura e di allevamento nei termini delle attività di tipo specializzato che ci sono più famigliari al giorno d’oggi appare inadeguato. Più adeguato risulta fare riferimento, nel caso dei sistemi produttivi dell’agricoltura di montagna al concetto di agropastoralismo che in qualche modo si avvicina al concetto tedesco di Alpwirtshaft . Il concetto di pastoralismo è spesso limitato nell’accezione corrente a sistemi produttivi ovi-caprini più che più di quelli bovini, che hanno conosciuto a partire da più lungo tempo un processo di specializzazione e di intensificazione produttiva, mentre i primi sono rimasti legati alle tradizionali modalità estensive del territorio. E’indicativo comunque che il termine molto utilizzato di spazio “agrosilvopastorale” comprenda anche quelle risorse pascolive (inquadrate nel sistema delle alpi o malghe) che nelle Alpi sono utilizzate principalmente con i bovini e che in Lombardia occupano ben 200.000 ha pari al 20% della superficie territoriale montana. Mentre oggi possiamo distinguere tra sistemi zootecnici alpini “di valle” e sistemi “integrati” che continuano ad utilizzare, sia pure in forme diverse dal passato, le varie fasce altimetriche del Tab.4 - Numero aziende con allevamenti e numero di capi per categorie di bestiame per zona altimetrica. BOVINI E BUFALINI OVINI E CAPRINI EQUINI SUINI TOTALE N. aziende N. capi N. aziende N. capi N. aziende N. capi N. aziende N. capi N. aziende LOMBARDIA 19.238 1.622.737 5.258 145.189 4.265 19.801 7.079,0 3.843.360 33.765 Var%1990-00 -44,9 -17,2 -39,3 -0,9 -36,3 -16,5- 55,4 33,5 -53,2 MONTAGNA 6.414 89.758 3.790 88.312 2.018 6.245 2.852,0 15.864 11.426 Var%1990-00 -44,6 -19,7 -39,1 -8,1 -33,5 -3,5- 60,7 -38,8 -59,2 COLLINA 2.736 119.526 732 19.615 865 5.295 1.120,0 141.541 5.458 Var%1990-00 -49,5 -26,2 -34,7 -4,5 -32,5 -28,5- 59,0 -2,3 -57,9 PIANURA 10.088 1.413.453 736 37.262 1.382 8.261 3.107,0 3.685.955 16.881 Var%1990-00 -43,7 -16,2 -43,9 25,1 -41,8 -16,1- 47,2 36,1 -45,9 2 Fonte: ISTAT V Censimento dell'agricoltura territorio montano, in passato l’integrazione delle risorse del fondovalle con quelle dei versanti Tab.5 - Numero medio di capi delle aziende con allevamenti ed incidenza percentuale degli allevamenti per categoria di bestiame per zona altimetrica. inc%sul totale inc%sul totale inc%sul totale inc%sul totale inc% aziende Bovini e Ovini e aziende con aziende con Equini aziende con Suini aziende con con allevamenti bufalini allevamento caprini allevamento allevamento allevamento sul totale LOMBARDIA 1990 56,1 48,4 16,9 12,0 3,5 9,3 181,3 22,0 54,6 2000 84,4 57,0 27,6 15,6 4,6 12,6 542,9 21,0 44,9 MONTAGNA 1990 9,7 41,3 15,4 22,2 2,1 10,8 3,6 25,9 62,3 2000 14,0 56,1 23,3 33,2 3,1 17,7 5,6 25,0 62,5 COLLINA 1990 30 42 18,32 8,6 5,78 9,9 53,0 21,1 50 2000 43,7 50,1 26,8 13,4 6,1 15,8 126,4 20,5 36,3 PIANURA 1990 94,1 57,4 22,7 4,2 4,1 7,6 460,2 18,9 51,1 2000 140,1 59,8 50,6 4,4 6,0 8,2 1.186,3 18,4 40,3 Fonte: ISTAT V censimento dell'agricoltura (dove erano distribuiti i maggenghi) e delle alpi era la norma dettata dalla necessità della sopravvivenza. Le risorse naturali erano utilizzate sfruttando al meglio (in senso spaziale e temporale) la differenziazione di periodi vegetativi e di produttività determinata dalla presenza di microclimi e di gradienti vegetazionali. Il periodo in cui gli animali erano mantenuti nella stalla nel villaggio veniva ridotto al minimo indispensabile. Bisogna pensare in base a quanto sopra ricordato che in passato il fondovalle era occupato da campi coltivati che si spingevano in alto lungo i versanti solivi, sfruttando all’inverosimile ogni fazzoletto di terra mediante i sistemi di terrazzamenti ed un lavoro oneroso di bonifica (spietramento, drenaggi, riporto di terreno agrario). In conseguenza le superfici da affienare in fondovalle erano scarse. Il fieno 1 pertanto veniva prodotto dovunque si potesse utilizzare la falce 2 (altezza del cotico, pendenza e pietrosità permettendo). Si falciavano i maggenghi ma anche le superfici più produttive degli alpeggi (i grassi. gràss). Tutt’oggi nelle situazioni migliori non è raro vedere prati falciati a 2.000 m di altitudine. Il fieno prodotto nei maggenghi in parte serviva da scorta per l’anno successivo quando, ancora a primavera prima della ripresa vegetativa il bestiame veniva colà trasferito ma in parte veniva portato a valle (spesso con slitte o gerli). La necessità di massimizzare le scorte di foraggio spingeva ad utilizzare tagliandolo con il falcetto il “fieno selvaico” ( ìsiga , Festuca varia) che si sviluppa su terrazzi rocciosi al di sopra della zona dei pascoli inaccessibili ai bovini. Dal punto di vista strettamente zootecnico il grado di integrazione dell’allevamento con le risorse del territorio era espresso anche dalla composizione (specie e categoria di età) del bestiame allevato da ciascuna famiglia. Anche le famiglie in grado di allevare una o più vacche da latte (grazie al 1 al fén , ma il prodotto del secondo taglio era chiamato digöir o rebùt ) 2 ranza 3 possesso di prati falciabili del fondovalle) non rinunciavano a mantenere anche qualche pecora e capra oltre al bestiame di “bassa corte”. Ciò consentiva non solo di ottenere una varietà di prodotti per l’autoconsumo (lana per la confezione di indumenti, latte di capra per i bambini), ma anche di utilizzare al meglio ed in modo complementare le risorse pascolive sfruttando le diverse esigenze nutritive ed il diverso comportamento al pascolo dei diversi tipi di animali. In passato come oggi alle vacche da latte sono riservate le superfici di pascolo migliori, con maggiore produttività e pendenza meno accentuata mentre le manze, e ancor più le pecore e le capre si devono accontentare di pascoli magri o caratterizzati da forti pendenze raggiungendo spesso le creste e le vette e arrestandosi solo al limite delle nevi perenni. I sistemi zootecnici della montagna alpina oggi sistema di vacche da latte stabulazione prati temporanei e “fondovalle” permanente permanenti, acquisto limitato foraggi extra- aziendali vacche da latte pascolo confinato su prati-pascoli temporanei terreni aziendali e permanenti, acquisto limitato foraggi extra- aziendali vacche da latte stabulazione acquisto prevalente permanente foraggio extra-aziendale (anche insilati) capre da latte razze stabulazione acquisto prevalente selezionate permanente foraggio extra-aziendale sistemi “valle- vacche da latte, giovane tutto il bestiame in ridotto acquisto foraggio alpeggio” bestiame bovino, capre alpeggio extra-aziendale da latte vacche da latte, giovane vacche da latte o acquisto foraggio extra- bestiame bovino, capre vacche più produttive aziendale variabile da latte, equini stabulazione permanenente sistemi transumanti ovini da carne svernamento in acquisto foraggio invernale pianura, alpeggio di soccorso sistemi estensivi bovini, ovini, caprini, produzione carne, equini custodia ridotta, utilizzo risorse marginali sistemi di ovini da carne manutenzione di aree per intervento di enti “servizio” destinate attività territoriali o turistici extraagricole 4 Al fine di caratterizzare il sistema zootecnico il parametro più importante è l’intensità zootecnica espressa come carico animale per unità di superficie. Per ottenere una maggiore intensità oltre ad aumentare l’investimento in capitale animale devono essere aumentati di pari passo il capitale fisso e circolante. A questi fattori economici corrisponde un maggior ricorso a risorse naturali (energia e materie prime non rinnovabili, acqua), e all’applicazione di conoscenze scientifiche e di tecnologie. In passato i “sistemi intensivi” erano tali per il forte investimento di lavoro umano per unità di superficie, un fattore che è oggi “risparmiato” al massimo in favore dell’utilizzo di risorse non rinnovabili (capitale naturale). Tabella – Importanza relativa fattori produttivi nei diversi sistemi di produzione animale spazio capitale strutture lavoro mezzi energia tecnologia/impianti animale fondiarie tecnici fossile tecnologici pastorali **** **** ** * misti tradizionali ** *** * **** ** * * misti intensivi * ** *** ** *** *** ** industriali * ** * *** **** **** Sia a livello aziendale che territoriale la caratterizzazione del sistema zootecnico richiede di prendere in considerazione una serie di parametri; va tenuto presente, però, presente che una volta definita l’intensità zootecnica e l’indirizzo produttivo per diversi altri paramentri vi è un “raggruppamento” quasi obbligato.