Il Barbiere Di Siviglia

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Il Barbiere Di Siviglia il barbiere di siviglia melodramma buffo in due atti libretto di Cesare Sterbini musica di Gioachino Rossini Teatro La Fenice venerdì 18 aprile 2008 ore 19.00 turno A1 sabato 19 aprile 2008 ore 15.30 turno C1 domenica 20 aprile 2008 ore 15.30 turno B1 martedì 22 aprile 2008 ore 19.00 turno D1 mercoledì 23 aprile 2008 ore 19.00 fuori abbonamento giovedì 24 aprile 2008 ore 19.00 turno E1 sabato 26 aprile 2008 ore 19.00 fuori abbonamento domenica 27 aprile 2008 ore 15.30 fuori abbonamento La Fenice prima dell’Opera 2008 3 Ludovico Liperini, disegnatore (dal vero)-Gio. Bernardini, incisore (1828), Gioachino Rossini. La Fenice prima dell’Opera 2008 3 Sommario 5 La locandina 7 «Che invenzione prelibata!» di Michele Girardi 11 Daniele Carnini Rossini l’economo. Un esempio di strategia iterativa 23 Serena Facci «Una canzonetta, così alla buona» 47 Il barbiere di Siviglia: libretto e guida all’opera a cura di Stefano Piana 107 Il barbiere di Siviglia: in breve a cura di Gianni Ruffin 109 Argomento – Argument – Synopsis – Handlung 117 Stefano Piana Bibliografia 123 Online: Febbre dell’oro a Siviglia a cura di Roberto Campanella 131 Dall’archivio storico del Teatro La Fenice Figaro «voga, voga, arranca, arranca»… a cura di Franco Rossi Frontespizio del libretto per la prima rappresentazione. Oltre a questa stampa di Crispino Puccinelli, esistono due stampe coeve (Mordacchini, e Giunchi e Mordacchini), entrambe conservate presso la Fondazione Cini di Vene- zia (Fondo Rolandi). Cantavano: Manuel Garcia (Almaviva), Bartolomeo Botticelli (Bartolo), Geltrude Righetti Giorni (Rosina), Luigi Zamboni (Figaro), Zenobio Vitarelli (Basilio; anche il primo Alidoro), Elisabetta Loyselet (Berta), Paolo Bigelli (Fiorello). Sterbini scrisse per Rossini anche il libretto di Torvaldo e Dorliska, e inoltre Il con- traccambio per Giacomo Cordella e Isaura e Ricciardo per Francesco Basili. Il libretto del Barbiere fu rimusicato da Costantino Dall’Argine e Achille Graffigna. Il barbiere di Siviglia melodramma buffo in due atti libretto di Cesare Sterbini musica di Gioachino Rossini personaggi e interpreti Il conte d’Almaviva Francesco Meli (18, 20, 23, 26) Filippo Adami (19, 22, 24, 27) Bartolo Bruno De Simone (18, 20, 23, 26) Elia Fabbian (19, 22, 24, 27) Rosina Rinat Shaham (18, 20, 23, 26) Marina Comparato (19, 22, 24, 27) Figaro Roberto Frontali (18, 20, 23, 26) Christian Senn (19, 22, 24, 27) Basilio Giovanni Furlanetto (18, 20, 23, 26) Enrico Iori (19, 22, 24, 27) Berta Giovanna Donadini Fiorello Luca Dall’Amico Un ufficiale Claudio Zancopè (18, 20, 23, 26) Salvatore Giacalone (19, 22, 24, 27) maestro concertatore e direttore Antonino Fogliani regia Bepi Morassi scene e costumi Lauro Crisman light designer Vilmo Furian regista collaboratore Luca Ferraris Orchestra e Coro del Teatro La Fenice direttore del Coro Alfonso Caiani maestro al fortepiano Stefano Gibellato con sopratitoli allestimento della Fondazione Teatro La Fenice 6 LA LOCANDINA direttore degli allestimenti scenici Massimo Checchetto direttore di scena e di palcoscenico Lorenzo Zanoni maestro di sala Stefano Gibellato maestro aggiunto di sala Roberta Ferrari altro maestro del coro Ulisse Trabacchin altro direttore di palcoscenico Valter Marcanzin maestro aggiunto di palcoscenico Ilaria Maccacaro maestro rammentatore Pier Paolo Gastaldello maestro alle luci Jung Hun Yoo capo macchinista Vitaliano Bonicelli capo elettricista Vilmo Furian capo sartoria e vestizione Carlos Tieppo capo attrezzista Roberto Fiori responsabile della falegnameria Paolo De Marchi coordinatore figuranti Claudio Colombini scene Decorpan (Treviso) attrezzeria Laboratorio Fondazione Teatro La Fenice (Venezia) Ditta Rancati (Milano) costumi e calzature Nicolao Atelier (Venezia) parrucche e trucco Effe Emme Spettacoli (Trieste) sopratitoli realizzazione Studio GR (Venezia) la cura dei testi proiettati è di Maria Giovanna Miggiani «Che invenzione prelibata!» Poche opere godono una fama paragonabile a quella del Barbiere di Siviglia, opera buf- fa per antonomasia, anche se, alla luce della sensibilità attuale (e dopo le scoperte do- vute al restauro critico, che hanno restituito lucentezza alla partitura), l’aggettivo «buf- fa» risulta riduttivo rispetto alla complessità del messaggio che ci porge il capolavoro rossiniano. Si provino a mettere in fila un paio di espressioni della sola cavatina di Fi- garo (il «factotum della città»), fra le tante entrate nel linguaggio comune sparse per tutto il lavoro, da «Figaro qua, Figaro là» a «Uno alla volta, per carità», per accorger- si quanto quest’opera faccia parte della cultura occidentale tout-court. Ma, come nota Stefano Piana nella guida all’ascolto, il successo di questo brano ha origine nella sua perfetta costruzione formale: «Rossini riesce a creare tale dirompente flusso musicale ricorrendo a un’abilissima combinazione di alcuni incisi melodici, esposti nell’introdu- zione orchestrale, tutti basati sulle terzine di crome, che sembrano quasi venir generati l’uno dall’altro». Dietro all’apparenza di una facile presa comunicativa si cela dunque un meccanismo sofisticato, così ben rodato da rendere naturale e attraente per tutti i pubblici la complessità dell’opera. Proprio in considerazione della ‘popolarità’ del Barbiere, «La Fenice prima del- l’Opera» offre in questo numero due saggi di approfondimento. Nel primo Daniele Car- nini ci dimostra in che misura Rossini, da vero uomo del suo tempo, fosse inserito nel circuito produttivo coevo, e ci chiede di non meravigliarci della rapidità con cui vide la luce un’opera di così vaste proporzioni (l’autografo passa le seicento pagine!): Rossini fu «economo», appunto, e riuscì ad attuare «una accorta strategia iterativa volta a rispar- miare le forze compositive e al contempo a potenziare il messaggio». L’ampio confron- to fra due numeri complessi come il finale primo di un’opera oggi dimenticata, La da- ma soldato, e quello a molti, se non a tutti familiare del Barbiere, ritratto nel diagramma alle pp. 19-20, rende ampiamente ragione di una strategia che con tocchi sapienti pro- duceva una musica di qualità irraggiungibile per tutti gli operisti del tempo. Nel secondo saggio, Serena Facci approfondisce un paio di pagine fra le più celebri dell’opera: le serenate che Almaviva rivolge all’amata Rosina all’inizio della vicenda. Il metodo d’indagine della studiosa è quello dell’etnomusicologia, e dunque la sua valu- tazione di questo «genere musicale en plein air» non tiene conto solo del contesto sto- rico ed estetico della musica colta, ma prende in considerazione il topos della serenata come tratto comunicativo del sentimento e della passione, così come può essere vissu- 8 MICHELE GIRARDI to nella musica popolare. «La strada cittadina», nota Serena Facci, «è anche luogo de- putato all’incontro e alla mescolanza tra i ceti sociali e favorevole dunque allo scambio di prodotti materiali o immateriali, come la musica», e le «serenate del Barbiere di Si- viglia (da Beaumarchais a Rossini), verosimilmente testimoniano di questo tipo di in- contro facendo di un topos teatrale-musicale un punto centrale del contratto di allean- za che si stipula talvolta tra i personaggi di rango elevato e i loro collaboratori di estrazione popolare». Quello fra Almaviva e Figaro è «chiaramente sancito da un ge- sto spontaneo del barbiere-musico: il prestito della chitarra, lo strumento che, anche ai tempi di Rossini, era simbolo di ibridazione sociale». Una tale prospettiva consente di cogliere con maggior vivezza, ad esempio, il potere seduttivo di «una canzonetta, così alla buona» («Se il mio nome saper voi bramate»), che induce la ragazza a comparire sul balcone senza tutto lo spreco di mezzi richiesti dalla paludata serenata iniziale («Ec- co ridente in cielo»), ricca di metafore auliche, ma ben poco adatta a conquistare il cuo- re e l’animo della sua innamorata. Forse quest’ultima è più vicina a luoghi altrettanto noti, come il «Deh vieni alla finestra», dal Don Giovanni, e l’analoga serenata dal Bar- biere di Paisiello («Saper bramate, bella il mio nome»), ma in Rossini «le due corde […] sono anche giustificate dalla complessità dell’espressione amorosa, che richiede, per la conquista di un altro cuore, ora la baldanza, ora la pietà». In fin dei conti, come scrive Carnini, «noi di Rossini conosciamo tutti gli autoim- prestiti (come la vagabonda sinfonia di Aureliano in Palmira, resuscitata per Elisabet- ta e poi divenuta la sinfonia del Barbiere) e qualche prestito, ma quante cose ci riman- gono occulte?» Moltissime, aggiungo, ad esempio le sue numerose dichiarazioni d’amore per il teatro di Mozart, manifestato col gioco delle citazioni di frammenti me- lodici del genio di Salisburgo. Basti ricordare, come un esempio fra i tanti possibili, il coro di eunuchi nell’Italiana in Algeri, che riprende il «Non più andrai, farfallone amo- roso» dalle Nozze di Figaro, ed è quasi un modo di rivolgere uno sberleffo al Bey d’Al- geri, che si crede un irresistibile seduttore. Ma che dire di fronte a questo passo melan- conico della Sinfonia concertante per violino e viola (Andante), Vl Figaro (Imitando moderatamente i moti d'un ubriaco) Per ché d'un ch'è po co in sè, che dal vi no ca sca già, ripreso nel momento della seconda «invenzione prelibata» di Figaro, a duetto con Al- maviva? Perché questo accento serioso e ispirato (da Mozart), se a motivarlo fosse so- lo una burla caricaturale, e non l’ammirazione per una melodia così espressiva? Forse crediamo di conoscere Il barbiere di Siviglia ma non è così: come tutti i capolavori ri- serva sempre qualche sorpresa, basta cambiare angolazione. Michele Girardi Francesco Bagnara (1784-1866), bozzetti scenici (I.1 e I.4) per la prima rappresentazione del Barbiere di Siviglia al Teatro La Fenice di Venezia, 1825. Venezia, Museo Correr. Da Rossini sulla scena dell’Ottocento. Bozzetti e fi- gurini dalle collezioni italiane, a cura di Maria Ida Biggi e Carla Ferraro, Pesaro, Fondazione Rossini, 2000. Il barbiere di Siviglia (I, finale I) a Venezia, La Fenice al Malibran, 2003; regia di Bepi Morassi, scene e costumi di Lauro Crisman.
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