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A-AGRIGENTO Da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 1 A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 1 DRAMMATURGIA MUSICALE VENETA 27 I GIUOCHI D’AGRIGENTO I ProprietàRicordi Casa A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 2 ProprietàRicordi Casa A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 3 ISTITUTO ITALIANO ANTONIO VIVALDI DELLA FONDAZIONE GIORGIO CINI VENEZIA DIPARTIMENTO DI STORIA E CRITICA DELLE ARTI «GIUSEPPE MAZZARIOL» DELLA UNIVERSITÀ DI VENEZIA ALESSANDRO PEPOLI - GIOVANNI PAISIELLO I GIUOCHI D’AGRIGENTO Partitura dell’opera in facsimile Edizione del libretto Saggio introduttivo a cura di Lorenzo Mattei ProprietàRicordi Casa RICORDI A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 4 Sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana La collana è diretta da Giovanni Morelli Reinhard Strohm Thomas Walker ProprietàRicordi © Copyright 2007 by BMG RICORDI MUSIC PUBLISHING S.p.A. Produzione, distribuzione e vendita: BMG PUBLICATIONS s.r.l. - via Liguria, 4 - Frazione Sesto Ulteriano 20098 San Giuliano Milanese (MI) Tutti i diritti riservati All rights reserved Casa Printed in Italy 139787 ISBN 978-88-7592-827-8 ISMN M-041-39787-0 A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 5 ProprietàRicordi Casa A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 6 ProprietàRicordi Casa A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 7 Lorenzo Mattei IL BATTESIMO DELLA FENICE: PAISIELLO E I «GIUOCHI» DI UN CONTE DRAMMATURGO ProprietàRicordi Casa A-AGRIGENTO da 1 a 8 7-03-2007 8:34 Pagina 8 ProprietàRicordi Casa 8 B-AGRIGENTO pag 9-32 7-03-2007 8:35 Pagina IX Le opere serie del secondo Settecento chiamate all’inaugurazione di un edificio contribuì ad indirizzare verso il teatro le energie creative del conte ventitreenne – e teatrale da un lato si caratterizzavano per un’irrisolta oscillazione tra la proposta di date alle stampe nel 1783 le prime tragedie in prosa,6 Pepoli si dedicò con istituti melodrammaturgici innovativi e la conferma dell’orizzonte d’attesa caparbietà, confortato dall’amicizia e dalla stima di Calzabigi (da lui conosciuto codificato dalle convenzioni vigenti; dall’altro palesavano una congenita durante il soggiorno meridionale del 1784 e sùbito individuato come interlocutore superfetazione delle proprie componenti spettacolari, cui era sottesa l’istanza neo- privilegiato cui esternare la sua concezione della scrittura scenica),7 ad una barocca di suscitare meraviglia e stupore nell’uditorio. Tale ipertrofismo fu presente produzione teatrale all’insegna dell’ibridismo, sperimentando generi misti – prima il in alto grado nei Giuochi d’Agrigento – prima opera della Fenice di Venezia melologo sul modello rousseauviano (Pandora 1788, Cefalo e Procri 1792, Piramo e inscenata la sera del 16 maggio 1792 – ma il vacillamento tra ‘convenzione’ e Tisbe 1794),8 poi lo spettacolo in prosa e musica (Belisa ossia la fedeltà riconosciuta ‘sperimentazione’ si risolse a favore di quest’ultima, poiché la confezione del libretto 1794) – e finanche coniandone di nuovi, quali la ‘favola odecoreutica’ Ati e Cibele e le responsabilità ‘registiche’ spettarono al conte Alessandro Pepoli (1757-1796),1 (1788, che univa recitazione e danza pantomima) o la ‘fisedia’ Ladislao scritta eccentrico uomo di teatro distintosi nel panorama a lui coevo non solo come nell’ultimo anno di vita.9 Relativamente tardo e ‘in sordina’ fu l’esordio nello energico assertore del ‘sistema calzabigiano’ – ovvero di una ‘riforma’ del spettacolo d’opera – l’inserzione delle scene 5-6 nel III atto del metastasiano melodramma volta a fonderne le diverse componenti verbali, sonore e visive – ma Alessandro nell’Indie musicato a Venezia da Luigi Caruso (1791) – preceduto anche come punto di riferimento per un gruppo di librettisti d’avanguardia comunque da due exempla (Meleagro 1789 e La morte d’Ercole 1790) di quella destinati ad un ruolo cruciale nella transizione dell’opera italiana dalla fase ‘riforma’ del melodramma i cui presupposti formali ed estetici Pepoli delineò in metastasiana a quella romantica.2 Il melodramma inaugurale della Fenice forma di epistola stravagante: la Lettera ad un uomo ragionevole sul melodramma riproponeva quindi la stessa miscela di spettacolarità e sperimentalismo che un detto serio (Venezia, Curti 1789).10 quindicennio addietro aveva contrassegnato l’apertura della Scala; tuttavia, a La finalità centrale del ‘sistema pepoliano’ era quella di tramutare l’opera seria in differenza dell’Europa riconosciuta di Verazi-Salieri, mai più allestita dopo le recite uno spettacolo unitario quale fu la sua presunta matrice, l’antica tragedia greca dell’estate 1778, I giuochi d’Agrigento riuscirono a sopravvivere sulle scene europee (pagine 6-7), per infondere nello spettatore passioni forti: «ricordatevi bene il fine lungo un decennio esatto (1792-1802),3 offrendosi come archetipo di un operismo principale che mi propongo in tal genere. Scuotere, intenerire, atterrire […] Ciò classicista4 capace di coniugare la monumentalità di facciata con un substrato non può farsi che col mezzo delle passioni, delle visioni e delle catastrofi» (31).11 patetico-sentimentale (già romantisch) e di contrabbandare novità morfologiche al L’intreccio di «declamazione […] musica […] decorazione […] ballo» (9) pareva di sotto di una superficie stilistica e drammaturgica dall’apparenza retrospettiva e l’unica modalità per attuare la tanto agognata fusione fra Opera e Tragedia in «un paludata. La fortuna (contenuta, certo, ma non trascurabile in un periodo che tutto grande, incantevole, commovente» (11).12 Proponendosi di non seguire il ignorava il concetto di ‘repertorio’) del primo melodramma della Fenice in gran modelloRicordi metastasiano a motivo dei suoi limiti inaccettabili (identificati alle pagine parte venne assicurata dalla musica paisielliana, all’apice della fama europea, la cui 16-17: «l’esilio dato ai Cori»; «le passioni amorose secondarie», «le sentenze e pregnanza in quest’occasione fu però non poco debitrice Proprietàalle indicazioni similitudini» inadatte all’intonazione, «la moltitudine di personaggi subordinati» melodrammaturgiche fornitegli dal conte-librettista, secondo una tipologia di con conseguenti cali di tensione drammatica), la ‘Gesamtkunstwerk’ ante litteram collaborazione artistica inedita per il sistema produttivo settecentesco.5 Un’analisi pepoliana avrebbe subìto l’identico rifiuto mosso dall’impresariato coevo ai libretti dei Giuochi d’Agrigento che miri alla completezza non può dunque prescindere dalla di Calzabigi.13 La consapevolezza dell’assoluta alterità del suo programma rispetto disamina della ‘riforma pepoliana’, esemplificata dal suo ideatore attraverso due alla realtà produttiva dell’operismo a lui contemporaneo spinse Pepoli ad orientare saggi teorico-pratici e ben motivata intellettualmente sul piano delle dichiarazioni la dissertazione verso un’alternanza fra esaltazione e sconforto,14 che tuttavia non gli di poetica. Casaimpedì di formulare con lucidità alcune proposte significative: - affidare alla partitura un nuovo tipo di responsabilità ‘espressiva’ (ma potremmo dire anche ‘narrativa’), «Speranze aeree»: la ‘riforma’ del melodramma secondo Alessandro Pepoli attraverso un continuo susseguirsi di situazioni concepite esclusivamente per la messa in musica.15 - l’eliminazione dei balli tra gli atti a favore di inserzioni danzanti interne al dramma e connesse all’azione Iniziata l’attività letteraria con una traduzione della Zaira di Voltaire edita a Ferrara inscenata, ossia (12) «balli analoghi che non abbiano altra durata che quella, che devono avere nel 1780 – anno dell’infatuazione per l’attrice-cantante Teresa Venier Ventura che coerentemente al soggetto».16 IX B-AGRIGENTO pag 9-32 7-03-2007 8:35 Pagina X - la coesistenza di due prime donne e l’ingaggio riservato solo a cantanti ‘di cartello’, per «rilegare nei cori» i Storditello: Il Rondeau a sedere. Che Diavolo mai vi è venuto nel capo? […] come volete ch’io possa personaggi secondari.17 trarre la voce?... - l’adozione di un finale tragico con morte esibita sulla scena.18 Cordisasso: Da dove? Non la traete forse dal petto, e non siete forse nella situazione d’un moribondo - il rinnovamento (28) «nell’uffizio de’ Cori» [che] «ben intesi formano sempre, e formavano presso i Greci, ch’esige pochissima voce? la parte più bella dello spettacolo» (16). Storditello: Sì nella prima parte; ma nell’altre vi vuol più forza…25 Cordisasso: E allor l’azione non vi permette ella di contorcervi, o di tentare d’alzarvi a vostro talento? La ricaduta sul piano pratico dei propositi enucleati in àmbito teorico diede luogo a […] due libretti che assemblavano – talora in modo disorganico – quanto di più Storditello: Sì sì, ma non basta. Quell’Allegro coi dolori è insoffribile. […] avanzato avevano prodotto sulle scene italiane poeti per musica del calibro di Marco Cordisasso: Scusate; ma parmi anzi che quelle smanie dolorose e in quella situazione nuova e Coltellini, Giovanni De Gamerra, Gaetano Sertor, Mattia Verazi. Se nel caso del interessante, s’accompagnino benissimo colla rapidità della Musica. Esse vi danno tutto il Meleagro l’allestimento si dimostrò improponibile a causa non solo dell’orrifico campo di agire… finale tragico (con il cadavere dell’eroe eponimo, avvelenato dalla madre Altéa, Storditello: Eh ch’io penso a cantare, non ad agire. trascinato lungo il proscenio e con un coro di furie che tormentano l’omicida Cordisasso: Non pensate d’agire e mi chiedete una Tragedia! […] «coperta da serpenti e faci») ma anche per intrinseche difficoltà nel realizzare la Storditello: […] per le vostre belle situazioni [mi] private di tante mie Musicali delizie.
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