(S. Giovanni Evangelista) - Vescovati Della Toscana (Sansepolcro) - Via Regia Di Urbino
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Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti) http://193.205.4.99/repetti/ Sansepolcro, S. Sepolcro, Borgo S. Sepolcro (S. Giovanni Evangelista) - Vescovati della Toscana (Sansepolcro) - Via Regia di Urbino ID: 3777 N. scheda: 46690 Volume: 5; 6S Pagina: 118 - 135, 705, 729; 224 ______________________________________Riferimenti: 46691, 46692 Toponimo IGM: Sansepolcro Comune: SANSEPOLCRO Provincia: AR Quadrante IGM: 115-4 Coordinate (long., lat.) Gauss Boaga: 1753988, 4828973 WGS 1984: 12.14614, 43.572 ______________________________________ UTM (32N): 754051, 4829147 Denominazione: Sansepolcro, S. Sepolcro, Borgo S. Sepolcro (S. Giovanni Evangelista) - Vescovati della Toscana (Sansepolcro) - Via Regia di Urbino Popolo: S. Giovanni Evangelista a Sansepolcro Piviere: S. Giovanni Evangelista a Sansepolcro Comunità: Sansepolcro Giurisdizione: Sansepolcro Diocesi: (Città di Castello) - Sansepolcro Compartimento: Arezzo Stato: Granducato di Toscana ______________________________________ SANSEPOLCRO, SAN SEPOLCRO e BORGO S. SEPOLCRO. - Città nobile, già Borgo illustre e forte, sede di un vescovo suffraganeo del Metropolitano di Firenze, la cui cattedrale (S. Giovanni Evangelista) fu in origine abbadia de-Camaldolensi, ora residenza di un vicario regio, capoluogo di Comunità e di Giurisdizione, nel Compartimento di Arezzo. Sebbene questa al pari di quella di Città di Castello si trovi alla sinistra del Tevere e perciò rigorosamente fuori dell'Etruria, pure sono contemplate sotto il governo romano, ancora sotto il Longobardo fecero parte dell-Etruria. - Vedere TEVERE e TOSCANA. La città di Sansepolcro considerata nella presente forma è quasi rettangolare con quattro porte ai quattro venti, intersecata da spaziose vie, fornita di molte chiese adorne di pregiatissime pitture, con belli edifizj pubblici e privati Page 1/26 Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti) http://193.205.4.99/repetti/ alcuni dei quali in forma di torri fornirono alle fazioni cittadine motivo di offender piuttosto che punti di difesa dalle invasioni straniere. L'origine di questa città è assai nota, poiché se tutti gli scrittori non si accordano nel cercare in cotesti contorni la vecchia Biturgia di Tolomeo, né la superba villa di Plinio giuniore, tutti peraltro convengono nel dire che questo borgo, ora nobile città, ebbe origine verso la fine del secolo X da due santi pellegrini i quali reduci dalla Palestina sopraffatti da un miracolo, si fermarono costà dove costruirono un oratorio, per riporvi le SS. reliquie che del Sepolcro di Cristo seco avevano recato. L'affluenza dei popoli alla venerazione di quelle Reliquie che costà nel piccolo borgo di S. Sepolcro si veneravano, fece si che divenne tanto frequentato di gente da incitare l'ingordigia di non pochi per aver quei popoli sotto il loro dominio. I primi furono i monaci Camaldolensi che fino dai primi anni del secolo undecimo fondarono in S. Sepolcro. Lo dimostra una bolla diretta a Roderigo abbate, il quale impetrò dal Pontefice Benedetto VIII (dicembre del 1013) a favore della nuova badia di Sansepolcro de-privilegj, che nove anni dopo furono all-abbate medesimo con diploma dell-Imperatore Arrigo I confermate. Dal qual ultimo privilegio si rileva che l'abbate Roderigo fu il vero fondatore della badia in discorso. La stessa qualità è ripetuta in altro privilegio dell'Imperatore Corrado I a favore di Roderigo abbate del Monastero di S. Sepolcro et illius loci constructori. Ma ciò che merita maggior considerazione rapporto alla storia politica ed ecclesiastica del Borgo S. Sepolcro e degli abbati di quell'insigne monastero è un placito dato in Arezzo lì 7 settembre dell'anno 1163 da Rainaldo arcivescovo eletto di Colonia come legato imperiale in Italia a nome di Federigo I che due mesi dopo (da Lodi lì 6 novembre 1163) confermò, ed entrambi i quali furono pubblicati dagli Annalisti Camaldolensi nell'Appendice a quell'Opera (T. IV). Dal qual placito e successivo diploma si rileva che Franciano abbate del Monastero di S. Gio. vanni Evangelista al Borgo S. Sepolcro era un feudatario imperiale o per dir meglio un vicario cui non solo dovevano ubbidire i Borghigiani e tutti gli abitanti di quel distretto ma ancora i capitani e le masnade che vi si trovavano ferme, investendo l-abbate del diritto del placito, tolomeo, piazzatico, bando e di tutta la giurisdizione del Borgo e sue pertinenze, sino al diritto d'impedire che si eleggessero consoli e potestà e si facessero statuti in alcun tempo senza la volontà e consenso dogli abbati del Monastero di S. Sepolcro, dichiarando quest'ultimi inamovibili dal maggiore generale di Camaldoli senza licenza dall'Imperatore. Che sebbene due fratelli cugini, Guido e Rigone de-marchesi del Monte S. Maria, avessero reclamato presso il legato imperiale mentre, passò dal Borgo S. Sepolcro contro Franciano abate di quel monastero rispetto ad alcune possessioni state concesse ai loro padri marchesi Guido ed Uguccione dall'abate Tedaldo suo antecessore, il fatto stesso escludeva ogni diritto feudale, come pretendevano quei marchesi di avere sopra i Borghigiani acquistato, e che Federigo I nel 1163 rilasciò per intiero, e Federigo II nel 19 novembre del 1220 confermò a favore di quegli abbati. Ma nelle guerre accese poco dopo fra quest'ultimo imperatore e la chiesa romana, i di cui capi si erano messi alla testa del partito liberale in Italia, i Borghigiani tentarono di scuotere il giogo monacale con eleggere i loro consoli, potestà ed altri uffiziali comunitativi senza domandare più l'approvazione a consenso del loro padre abbate. Ciò diede impulso ad un reclamo per parte di quest-ultimo al Pontefice Gregorio IX, il quale nel 1229 diresse lettere al vescovo di Arezzo, con facoltà di fulminare la scomunica ai Borghigiani qualora non avessero desistito dal recar violenze al loro abbate e ai suoi monaci, e non rispettassero i diritti concessi a questi dagl'Imperatori, rispetto specialmente al loro beneplacito impetrare il loro consenso nella elezione de-consoli e de-potestà. Fu allora che i Borghigiani governandosi a comune senza alcun rispetto agli antichi loro signori abbati, trattavano leghe coi vicini popoli e cosi dichiaravasi immuni da ogni servitù, Page 2/26 Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti) http://193.205.4.99/repetti/ sudditanza e vassallaggio. Né a riporti sotto il dominio feudale dei loro abbati erano valse le bolle del Pontefice Eugenio III e d'Innocenzio IV, né le lettere apostoliche dirette nel 1251 a Frigerio vescovo di Perugia per far restituire agli abbati del Monastero di S. Giovanni Evangelista nel Borgo S. Sepolcro i diritti perduti, mentre i Borghigiani nel 29 settembre 1269 strinsero lega di reciproca difesa con gli Aretini obbligandosi di mandare il tributo di un palio nel giorno della festa di S. Donato a condizione di far guerra a richiesta degli Aretini purché questi ultimi difendessero i Borghigiani dall'arbitrio dell'abbate e monaci Camaldolensi di Sansepolcro. Da quell'epoca in poi se non molto prima il Borgo S. Sepolcro si resse a forma di comune con i suoi propri statuti, consoli, podestà e capitani del popolo. Ma appena fu fatto potestà di Arezzo (anno 1301) Uguccione della Faggiuola, uomo di credito e di rara attività ed accortezza egli con i suoi governati dopo l'impresa felice di Cesena, si rivolse verso il Borgo S. Sepolcro, del quale tosto si fece padrone, e sebbene il Faggiolano nell-anno dopo (1302) fosse cacciato dal governo per opera degli Aretini che elessero in loro podestà il conte Federigo da Montefeltro, non per questo i Borghigiani poterono riacquistare la perduta libertà, né vi riparò la pace conclusa nel 1316 fra gli Aretini, i Fiorentini ed i Senesi, quando era podestà d'Arezzo il celebre Bosone da Gubbio; che anzi eletto in vescovo di questa città Guido Tarlati di Pietramala più esperto nella politica che negli affari della chiesa, rivolse tosto l'animo alla conquista di tutta la Val Tiberina, sicchè Anghiari, Pieve San Stefano, Caprese, Monterchi, e Città di Castello caddero sotto al dominio di Arezzo, ma in sostanza sotto il vescovo Guido; mediante il quale la potente famiglia de-Tarlati impetrò ed ottenne da Lodovico il Bavaro titolo della signoria d-Arezzo e della città di Castello, le quali teneva, e della Terra del Borgo S. Sepolcro, la quale allora era dominata dai Malatesta di Rimini, sicché prima il vescovo Guido e dopo il fratello e nipote tornarono ad assediare questa terra forte, finché dopo 8 mesi nel marzo del 1328 sebbene a patti per cagione, dicono gli Annalisti Aretini, di avere i Borghigiani ricusato di ricevere in vicario del re Roberto Benino, o Roberto di Pietramala. - (G. Villani, Cron. Lib. X. Cap. 121. - Annales Aretin. in R. Ital. Script. T. XXIV.) Aveva poco innanzi ottenuto un diploma da Lodovico il Bavaro Ranieri figlio del fu Uguccione della Faggiuola, cui aveva concesso a titolo di feudo 72 fra ville e castelletti posti nell'Appennino di Sarsina, di Montefeltro nella Massa Verona e nella Massa Trabaria. - Erano i Faggiolani rivali de-Tarlati, talché i primi nella speranza di riacquistare i villaggi perduti nella Massa Trabaria e nei contorni del Borgo, ricorsero alla Signoria di Firenze, la quale nel 1332 mandò un suo ambasciatore (Pino della Tosa) affinchè richiamasse dal Borgo l'oste pietramalese dichiarando che era nei beni della Faggiuola. Non ostante ciò i Tarlati nel 1332 condussero l'oste aretino contro il castel di Mercatello e quello d'Elci che assalirono e presero a Neri della Faggiuola, il primo de' quali nell'anno di poi riebbe a forza. - (Annal. Aret. op. cit.) Anche il Borgo nel 1335 fu tolto di mano a Pier Saccone Tarlati, il quale insieme coi fratelli e nipoti si erano resi arbitri del Borgo e del suo distretto, e perché contro i Perugini tenevano anche Città di Castello, questi fecero lega con il Faggiuolano, con i Conti di Montefeltro, di Montedoglio e con Guglielmo Casali signor di Cortona, e per trattato segreto fatto con Rainaldo o Ribaldo da Montedoglio cognato del Tarlati, che per esso guardava il Borgo, quando nella mattina dell'8 aprile di quell'anno fece entrare Neri della Faggiuola con 200 cavalieri, e 500 fanti a impadronirsi della Terra, salvo la rocca nella quale era castellano Maso Tarlati.