1992 2012 il diario dei trapianti in italia nei lanci dell’ANSA

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1992 2012 il diario dei trapianti in italia A cura di: Francesco Marabotto

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PUBBLICAZIONE NON DESTINATA ALLA VENDITA

Finito di stampare nel mese di marzo 2012 da Color Art, Rodengo Saiano (Bs) 1992 2012 il diario dei trapianti in italia nei lanci dell’ANSA

Nota del curatore

Aprile 1966, prendono il via i trapianti in Italia In Italia la storia dei trapianti è iniziata il 30 aprile del 1966, con il primo trapianto di reni, eseguito dal professor Paride Stefanini, nella Clinica Chirurgica dell’Università La Sapienza di Roma. A operare fu Stefanini aiutato da Raffaello Cortesini e Umberto Casciani. “Per noi fu un evento memorabile – ricorda il chirurgo Giuseppe Cucchiara anche lui presente in sala operatoria –. Lavoravamo già da diversi anni per metterlo a punto”. Da allora il cammino dei trapianti italiano non si è fermato. Nel 1967 Stefanini e Cortesini effettuarono il primo trapianto di rene da donatore vivente. Nel 1981 Cortesini realizzò il primo trapianto di pancreas e nel 1982 quello di fegato. Nel 1985 è invece la volta del primo trapianto di cuore, ad opera di Vincenzo Gallucci a Padova, mentre sempre Cortesini nel 1989 eseguì il primo trapianto di intestino e Costante Ricci nel 1991 quello di polmone.

Questo lancio dell’ANSA spiega in poche righe come è iniziato il percorso che ci con- duce ai nostri giorni. Il volume racconta gli ultimi 20 anni dell’entusiasmante storia dei trapianti. Ricerca scientifica, cronaca, dibattito etico e religioso. L’atto di donare unorgano tocca molteplici sfere raccontate esaustivamente in questa selezione di lanci dell’ANSA. Dal 1992, scelto come data simbolica di partenza, in cui l’Italia è ancora ‘fanalino di coda’ rispetto alle altre Nazioni industrializzate, si arriva ai giorni nostri: quando il nostro Paese segna un record dopo l’altro e si attesta ai primi posti delle graduatorie internazio- nali per numero di donazioni. La selezione delle news della principale agenzia giornalistica italiana rappresenta una perfetta chiave di lettura storico-scientifica, utile per ripercorrere e decifrare le principali tappe e i numerosi significati di questa avventura. Il tema dei trapianti non riguarda- infat ti solo il lato squisitamente tecnico della conquista scientifica, ma coinvolge anche delicati aspetti etici e sociali. Emblematico in questo senso il dibattito sulla definizione di morte cerebrale, sull’opportunità di eseguire il trapianto su persone con HIV e sull’impianto di cuore di babbuino nel corpo umano. Fino alle divergenze più recenti sulle potenzialità delle cellule staminali, coltivando interi organi ‘in vitro’.

5 Voci e ragioni di scienziati e religiosi si sono nel tempo rincorse e sovrapposte. Storico, ad esempio, l’intervento di Papa Giovanni Paolo II al congresso mondiale della Transplantation Society svoltosi a Roma nel 2000.

Il lavoro quindi vuole anche mostrare agli addetti ai lavori la percezione che il pubblico ha delle notizie dopo l’elaborazione giornalistica. In modo che l’eventuale scelta di donare una parte di sé all’altro sia frutto di una decisione sempre più consapevole.

Francesco Marabotto

6 Prefazione

Se c’è un settore della sanità che comprende a 360 gradi tutto ciò che di meglio si può organizzare per restituire la vita ad una persona è proprio quello dei trapianti. Da un even- to drammatico come la morte di un individuo si può dare speranza di guarigione a chi è condannato per malattia a un destino crudele. È ancora vivo in molti di noi il ricordo del piccolo Nicholas Green, il bambino america- no di 7 anni ucciso in Calabria nel settembre del 1994 durante una rapina mentre con la sua famiglia era in vacanza. Nicholas, come abbiamo raccontato, rimase in coma per alcu- ni giorni dopo essere stato raggiunto da una pallottola. Il papà Reginald e la mamma Margaret vollero lasciare al nostro Paese una testimonianza di solidarietà estrema consen- tendo il prelievo degli organi del loro piccolo che permise di salvare tre vite di altrettanti bambini destinati ad una brevissima vita. Un gesto che colpì l’opinione pubblica più di qualunque campagna di promozione delle donazioni. Da lì a pochi mesi l’effetto Green, così fu chiamato lo slancio che ci fu per la sensibilizzazione ai trapianti, aiutò a far decol- lare la rete dei servizi. Nella storia dei trapianti si sono sommati progressi e sconfitte, scoperte ed errori, grandi e piccoli gesti che l’ANSA ha raccontato fin dall’inizio: l’attività pionieristica di chiha effettuato i primi interventi, di chi nei laboratori ha testato i farmaci per bloccare il rigetto, di chi ha rischiato la vita per arrivare in tempo a trasportare organi; ma anche di chi guida un’ambulanza o un elicottero; di chi dietro una porta di un reparto di rianimazione spiega ai familiari che è stato fatto tutto il possibile ma non c’è più nulla da fare; oppure di chi alle 4 del mattino telefona a casa del malato per annunciargli che c’è un organo compatibile al suo caso. E spesso ci si dimentica che tutto questo è reso possibile perché esiste un esercito di circa 15mila persone, professionisti e volontari che lavorano 24 ore, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno per gli 88 centri trapianto della penisola. Nella ‘memoria storica’ della nostra Agenzia le storie che formano questo puzzle sono migliaia: ne sono state scelte alcune che rappresentano le tappe di un cammino che vale la pena continuare a raccontare.

Luigi Contu Direttore dell’ANSA

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Introduzione

Questo libro non racconta solo la straordinaria vicenda dell’evoluzione del sistema nazionale che governa i trapianti in Italia, ma anche l’evoluzione di un’idea e di un valore espresso nella cultura del dono. L’intuizione dell’ANSA di ripercorrere la storia dei trapianti in Italia attraverso i dispac- ci diramati ai giornali permette di capire come è cambiato quello che si può definire un sentimento che è maturato nella coscienza dei cittadini italiani. Se oggi è aumentato il numero assoluto dei pazienti trapiantati e se oggi è diminuita la percentuale di opposizioni lo si deve anche a chi ha raccontato con serietà e con parole appropriate una sfida che ha permesso di migliorare tecniche, strutture e consapevolezza nelle coscienze degli italiani. L’Italia è il primo Paese europeo per la donazione di cornee ed è leader nella donazione di cellule e tessuti. E cresce anche il numero di iscritti al Registro nazionale italiano di dona- tori di midollo osseo. La legge che ha dato struttura alla rete nazionale dei trapianti ha 13 anni. Da allora essa è diventata un punto di eccellenza della sanità italiana e un punto di riferimento europeo. Non avremmo tuttavia raggiunto i risultati di oggi se accanto al legisla- tore e ai tecnici del Ministero della salute e delle Regioni non si fosse contribuito a creare un movimento di opinione pubblica, attraverso percorsi narrativi di quanto si stava facendo. Così, l’aver messo a disposizione dei cittadini dati e riflessioni, risultati e fatica fatta per raggiungerli, ma anche l’entusiasmo e il ringraziamento di tante persone ci permettono di dire che insieme, attraverso un intreccio virtuoso tra media e istituzioni, abbiamo davvero “salvato la vita” a molti.

Renato Balduzzi Ministro della Salute

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L’informazione ha fatto crescere la rete

Ripercorrere vent’anni di storia del trapianto grazie a questo libro è come leggere un romanzo avvincente; è la cronaca di un sistema nazionale in crescita e di un’attività sempre più efficiente, per numero e qualità di interventi realizzati. Ma è tra le righe- diquestaven tennale avventura che si coglie la piena realizzazione della Rete Nazionale Trapianti, della sua crescita e della sua maturità. Parlare di trapianti solo in termini organizzativi e istituzionali sarebbe riduttivo. Nel turbinio dell’informazione in tempo reale, l’ANSA ha sempre riposto attenzione alle con- quiste della ricerca scientifica, agli aspetti etici legati al tema della donazione e alle- difficol tà dei pazienti nel momento dell’attesa. Inoltre, la selezione dei lanci qui proposta ci ricor- da che la conquista dei trapianti resta un fatto internazionale che, soprattutto nella sua fase iniziale, si nutriva dei risultati della comunità medica e scientifica di tutto il mondo. Per chi, come me, ha lavorato alla costruzione di questa Rete, è davvero impressionante rivivere la storia dei trapianti nel nostro Paese: dalle grida di dolore dei pazienti negli anni Novanta alla descrizione accurata di un sistema di eccellenza, che si è concretizzato dopo l’approvazione della legge quadro nel 1999 e la conseguente realizzazione delle strutture organizzative previste dal legislatore. Una storia che, da quel fondamentale momento di unità politica e istituzionale, è qui rappresentata in modo obiettivo e preciso nei suoi suc- cessi e nelle criticità tuttora presenti.

Vent’anni di trapianti di organo, ma non solo. I progressi della medicina, gli sviluppi tecnologici e il recepimento di direttive europee hanno permesso che l’attività di trapianto e di banking di tessuti e cellule staminali emopoietiche si ritagliassero uno spazio sempre più ampio nella cronaca di settore per l’efficacia delle terapie e, con frequenza, -per ipri mati italiani a livello internazionale. Questa raccolta mi ha permesso di rivivere non solo gli avvenimenti più rilevanti acca- duti durante la mia direzione del Centro Nazionale Trapianti ma anche le soddisfazioni per i risultati raggiunti e le preoccupazioni nei momenti di crisi. Emozioni che ho condivi- so con uno straordinario gruppo di collaboratori e di professionisti della Rete che ci con- sentono quotidianamente di affrontare con tempestività, entusiasmo e competenza proble- matiche complesse e di non facile soluzione. Per questo, colgo l’occasione per trasmettere a tutti coloro che hanno lavorato nella Rete

11 o collaborato con essa un sentito ringraziamento a nome dei pazienti trapiantati, dei dona- tori e dei loro familiari per i risultati raggiunti. L’ultima considerazione è per la qualità dell’informazione che l’ANSA ha saputo offrire e garantire, rispondendo a criteri di verifica, correttezza e puntualità dei fatti e delle fonti. Un’informazione che non ha mai cavalcato l’onda di polemiche personali o posizioni di parte. È anche grazie a questo ottimo lavoro che il sistema trapianti e la Rete tutta sono cresciuti in questi ultimi vent’anni.

Alessandro Nanni Costa Direttore del Centro Nazionale Trapianti

12 Le sfide che affrontiamo

Sono trascorsi quasi 60 anni dal primo trapianto di rene eseguito con successo nella storia della medicina. Da allora la scienza dei trapianti ha continuato ad evolversi, in maniera lenta ma inesorabile. Ricercatori, medici, autorità, associazioni di pazienti e aziende farmaceutiche si sono impegnati per compiere sempre un passo oltre, senza farsi scoraggiare dalle inevitabili delu- sioni. Col tempo sono state raggiunte tappe fondamentali nella tecnica chirurgica e nel campo delle terapie, ma rimangono ancora molti obiettivi da conquistare. I pazienti, infatti, ancora oggi devono affrontare numerose sfide, la più grande rappresentata dal rigetto.

Questo volume, un diario dei trapianti, è un’iniziativa a cui abbiamo aderito con entusia- smo perché è un invito alla sensibilizzazione sul tema, in cui l’unione tra ricerca, informa- zione e messa a punto di nuovi farmaci e tecniche interventistiche potrà salvare sempre più vite umane. La nostra attenzione è volta a migliorare i risultati a lungo termine del trapianto, con la consapevolezza del contributo richiesto dal percorso che ci impegniamo ad affrontare. La sfida è rappresentata dall’introduzione di terapie sempre più mirate, in grado di proteggere nel tempo la funzionalità dell’organo trapiantato e minimizzare i danni sull’organismo, per- mettendo così al paziente una buona qualità di vita. Ogni giorno ci impegniamo per scopri- re, sviluppare e rendere disponibili nuovi trattamenti per aiutare i pazienti a sconfiggere malattie gravi e di forte impatto sociale, in maniera efficace ed efficiente.

Davide Piras Presidente e Amministratore Delegato Bristol-Myers Squibb

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Primo trapianto di reni a Perugia Perugia, 11 gennaio Realizzato ieri sera al Policlinico di Perugia il primo trapianto di reni del 1992. L’operazione è stata effettuata su un paziente di 45 anni. Lo ha reso noto l’Usl del capoluogo umbro tramite un comunicato, nel quale ricorda che si è trattato del 36° intervento di questo tipo presso l’ospedale cittadino. L’organo è stato donato da una persona morta al policlinico Umberto I di Roma. La segnalazione del “Centro Sud Ttalia Transplant” è arrivata al “Centro trapianti” di Perugia, diretto dal dott. Cesare Gambelunghe, che ha individuato il possibile riceven- te. L’organo è poi arrivato al policlinico scortato da una pattuglia della polizia stradale ed è stato impiantato dall’equipe diretta dai professori Mercati e Piervittori, coadiuvati per la parte di anestesia e di terapia intensiva dal prof. Aldo Gerardi. Secondo quanto riferito dall’Usl l’in- tervento è “perfettamente riuscito” e attualmente il paziente è ricove- rato nel reparto di Nefrologia.

Il Giappone permette i trapianti dopo morte cerebrale certa Tokyo, 23 gennaio Il Governo nipponico dà il via libera ai trapianti di organi da donato- ri di cui sia stata accertata la morte cerebrale. Sulla base del rapporto stilato da questa speciale commissione consultiva, l’esecutivo giappo- nese preparerà nei prossimi giorni un progetto di legge per legalizzare i trapianti, sospesi dal 1968, quando un medico venne condannato per omicidio in seguito ad un intervento fallito. Nel Paese del Sol levante attualmente si praticano soltanto estrazioni di reni e cornee, in quanto questi organi possono venire prelevati anche da donatori con attività cardiaca nulla.

Ricevono organi nel 1985, ora hanno l’AIDS New York, 12 marzo Sette persone cui sono stati trapiantati organi e ossa di uno stesso dona- tore morto nel 1985 risultano oggi infette dall’AIDS. È quanto rivela uno studio di gruppo di alcuni ricercatori di Atlanta pubblicato dal ‘New England Journal of Medicine’. I risultati dell’indagine – ha spiegato il dr. Simone, direttore del team scientifico – segnalano la necessità di migliorare sensibilmente la selezione e il controllo sul quadro e la storia medica dei donatori”. A ricevere organi, ossa e tessuti dal corpo di un ventiduenne ucciso con un colpo di arma da fuoco nell’ottobre del 1985

19 furono in totale 48 persone. Per 34 dei 41 individui che sono stati rin- tracciati dai ricercatori i test hanno dato esito negativo: i restanti 7 hanno invece contratto il virus HIV. Il donatore non era un “a rischio” e gli esami effettuati su di lui non avevano segnalato la presenza della malattia al momento della morte. Il particolare rende il caso di più dif- ficile interpretazione. Secondo i ricercatori, il ragazzo era nella fase- ini ziale dell’infezione e gli anticorpi che la evidenziano non erano ancora comparsi. La trasmissione del virus attraverso la donazione di organi, sottolinea lo studio, resta comunque un evento “raro”.

Aumentano le sperimentazioni sui geni Roma, 20 maggio In tutto il mondo sono state ormai avviate 11 diverse sperimentazioni di trapianto genico, utili per curare diverse malattie. A queste ne vanno aggiunte nove in fase di partenza e una dozzina ferme ancora in vari stadi di sviluppo. Lo afferma in un dossier pubblicato da ‘Science’ W. French Anderson, medico statunitense autore del primo trapianto genico su una bambina affetta da deficienza immunitaria cronica. La piccola paziente, secondo Anderson, ora è nettamente migliorata grazie all’innesto di un gene mancante. Dopo i primi inter- venti realizzati negli USA per curare all’origine una forma congenita di deficienza del sistema immunitario e per terapie sperimentali anti- tumorali, aggiunge Anderson, sono previste ora applicazioni in molti altri settori. L’Università del Michigan, ad esempio, ha proposto que- sto metodo per trattare l’ipercolesterolemia familiare. In Cina, invece, è stato avviato uno studio per correggere geneticamente un difetto congenito di uno dei fattori della coagulazione.

Prima operazione con cellule di sangue cordonale non compatibile Parigi, 21 maggio Eseguito con successo il primo trapianto al mondo tra persone ‘non compatibili’ tra loro. L’intervento, effettuato dal prof. Etienne Vilmer, ha interessato le cellule del sangue prelevate dal cordone ombelicale di una bimba appena nata, congelate e in un secondo tempo trasfuse. “Numerose ipotesi possono essere avanzate per spiegare la mancanza di rigetto – ha dichiarato il medico –. Si può pensare anzitutto al grado di maturità delle cellule presenti nel sangue del cordone ombelicale o ancora al fatto che queste cellule, non essendo state in contatto in utero con agenti infettivi, non si trovano in uno stato di reattività tale da provocare il rigetto. D’altra parte, il trapianto di sangue è meno sog- getto a problemi rispetto a quello del midollo”. “È possibile – secondo Vilmer – pensare ad un’applicazione di questa tecnica in altre indica- zioni per le quali oggi non esistono terapie efficaci”. Ma è “estrema- mente prematuro” prevedere che possa sostituire i trapianti di midollo ed è anche “troppo presto” pensare, a causa soprattutto dei costi ele- vati, a banche di sangue cordonale. Il primo intervento di questo tipo fu annunciato nel 1989 ed effettuato dalla prof.ssa Eliane Gluckman del Saint-Louis di Parigi. Si trattò però di un trapianto di sangue immunologicamente compatibile ed intrafamiliare.

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Via libera al cuore di babbuino dal Comitato bioetico Roma, 8 giugno Nessuna riserva di tipo etico è stata espressa da tre componenti del Comitato Nazionale per la Bioetica sul possibile trapianto del cuore di un babbuino nel corpo di un bambino, di cui ha parlato ieri il cardio- chirurgo Carlo Marcelletti dell’ospedale romano Bambino Gesù. Qualche perplessità la suscita invece il risultato tecnico. “Il cuore è un organo esecutivo e quindi non identifica la personalità dell’uomo –ha affermato mons. Elio Sgreccia, direttore del Centro di Bioetica dell’Università del Sacro Cuore –, come accade ad esempio per il cer- vello e le ghiandole sessuali. Se scientificamente è valido, sul piano etico non esiste niente di male”. Secondo Carlo Romano, direttore dell’Istituto di medicina legale del secondo Policlinico di Napoli, un trapianto di questo tipo “è tecnicamente possibile”. Romano, sottoli- neando che “la ricerca richiede i suoi morti per avanzare”, teme il “clima terroristico nei confronti dei medici”. Queste operazioni, ha spiegato, “rappresentano una forma di chirurgia insostituibile”. Corrado Manni, direttore dell’Istituto di anestesiologia e rianimazione dell’Università del Sacro Cuore, pur non sollevando obiezioni etiche esprime forti dubbi per l’aspetto tecnico del trapianto. “Il problema dei trapianti d’organo – ha detto – non è risolvibile con la donazione umana. Bisogna trovare un’alternativa, che può essere rappresentata anche dagli organi artificiali”. Per Manni andrebbe comunque “evita- to ogni clamore: queste cose si fanno nel più assoluto silenzio”.

Muore il primo cardiotrapiantato d’Italia Padova, 12 giugno Ilario Lazzari, il primo paziente ad aver subito un trapianto di cuore in Italia, è morto stamani nell’ospedale di Padova, dove era stato ricovera- to circa un mese fa per una polmonite. Secondo i sanitari, a determina- re il decesso è stata un’insufficienza respiratoria. Operato all’età di 39 anni (14 novembre 1985) dall’equipe del prof. Vincenzo Gallucci, era affetto da miocardiopatia dilatativa e aveva ricevuto l’organo da un gio- vane trevigiano, Francesco Busnello, morto a 18 anni in un incidente stradale. L’operazione guidata da Gallucci era durata circa quattro ore e aveva dato esito perfettamente positivo. Lazzari era riuscito a pronun- ciare la parola “grazie”, rivolto ai medici, già il giorno successivo. L’intervento dette il via all’era dei trapianti cardiaci in Italia: dopo Lazzari, furono operati nell’ordine Gianmario Taricco dal prof. Mario Viganò di Pavia e Roberto Failoni dal prof. Lucio Parenzan di Bergamo. Nel giro di cinque anni in Italia furono poi eseguiti circa 800 interventi al cuore.

L’Italia si posiziona agli ultimi posti in Europa Milano, 16 giugno Nel settore dei trapianti d’organo, con 5,1 donatori per milione di abi- tanti (0,2 per cento di incremento rispetto al 1990), l’Italia continua ad essere agli ultimi posti in Europa rispetto agli altri Paesi che, dai dati preliminari del 1991, hanno invece migliorato la loro attività. Lo rivela

21 il resoconto del “Nord Italia Transplant” (NITP) relativo ai trapianti del 1991. In esso si rileva che la Spagna invece è passata da 18 donatori per milione di abitanti nel 1990 a 20 nel 1991 (14% di incremento). “Questa situazione di carenza di organi – continua il NITP, diretto dal prof. Girolamo Sirchia – è tanto più amara se si pensa che la qualità dei tra- pianti è in continua crescita”. I dati del 1991 evidenziano inoltre che in Italia i donatori utilizzati sono stati 301 contro i 287 del 1990 e di questi 226 (75,6%) sono stati multiorgano. La percentuale di questi donatori è del 45,7% nel programma Centro-Sud e dell’83,3% nelle regioni del Nord. Solo 19 delle 295 rianimazioni, comprese quelle neurochirurgi- che, italiane (quasi tutte al Nord) hanno reperito cinque o più donatori. I trapianti eseguiti sono stati: 581 di rene, 14 di pancreas, 217 di cuore e 157 di fegato. Nel 1991 è cominciata in Italia l’attività di trapianto di polmone isolato (8 casi) e quella di cuore-polmone (11). Nello stesso documento il NITP rileva che ogni anno in Italia si potrebbero utilizza- re almeno 1.200 donatori cadaveri e portare il numero di trapianti a livello europeo. Di due tipi sono, per l’organizzazione, le cause della scarsità di organi: culturale e legislativo-organizzativo. Da un’indagine del NITP emerge che in 12 Paesi il fattore più importante ai fini del reperimento di organi è la normativa del “silenzio-assenso”, adottata da Francia, Spagna, Austria e Belgio. Questo sistema potrebbe avere suc- cesso anche in Italia, dove diversi sondaggi indicano che la maggioranza degli italiani è favorevole al prelievo dei propri organi dopo la morte. Quanto alle carenze organizzative, secondo il NITP le più importanti sono: scarsa partecipazione degli ospedali al reperimento degli organi, carente organizzazione territoriale dell’emergenza, troppi centri di tra- pianto e la mancanza di un centro nazionale di coordinamento.

Ipotizzate le prime tecniche per superare il rigetto Roma, 25 giugno Nei prossimi anni sarà forse definitivamente superato il problema del rigetto nei trapianti e un organo potrà sopravvivere nell’organismo ospi- te senza dover fare ricorso a farmaci antirigetto. I primi esperimenti su ratti fatti da Clyde Barker all’Università di Philadelphia (USA) e da Giuseppe Remuzzi all’Istituto Mario Negri di Bergamo hanno dimo- strato che cellule del pancreas o del rene trapiantate possono sopravvi- vere indefinitamente, se in precedenza sono state inoculate nel timo alcune cellule provenienti dallo stesso donatore. Questi risultati sono stati confermati negli ultimi mesi dai successi ottenuti su animali da laboratorio da ricercatori della Harvard Medical School di Boston e dalla Washington University School of medicine di Saint Louis. Gli esperti hanno dimostrato l’efficacia della tecnica del timo anche per altri tipi di trapianto, soprattutto per quelli di cuore, fegato e pelle. “Il tra- pianto di pelle – commenta Giuseppe Remuzzi – è il più difficile da fare attecchire e il fatto che a Boston il metodo abbia funzionato sul topo, che dal punto di vista immunologico è più simile all’uomo rispetto al ratto, ci incoraggia. Ma è ancora necessario accertare che non si tratti di un fenomeno confinato solo nell’ambito dei roditori”.

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Utilizzato per la prima volta il fegato di un babbuino Pittsburgh, 29 luglio I ricercatori dell’Istituto trapianti di Pittsburgh (USA) hanno effettuato per la prima volta al mondo sull’uomo un trapianto totale di fegato di babbuino. Lo ha reso noto un portavoce dell’Istituto, dove l’intervento si è svolto nella notte tra domenica e lunedì. Un gruppo di cinque chirurghi, tra cui l’italiano Ignazio Marino, coordinato da , ha sostituito il fegato di un uomo di 35 anni affetto da una epatite cronica di tipo B, cioè con il virus attivo nell’organismo, con uno proveniente da un babbuino. I ricercatori di Pittsburgh ritengono che “se l’intervento avrà successo il virus non si replicherà nel fegato della scimmia portando così il malato a guarigione definitiva”. Secondo Marino, raggiunto telefonicamente, “il paziente ha tollerato bene il complesso intervento durato 11 ore, è sveglio e cosciente. Tutti i parametri di funzionalità epatica si stanno normalizzando come avviene per i trapianti da uomo a uomo”. Questa pratica era stata approvata venerdì scorso da un apposito comitato dell’Università di Pittsburgh, il quale ha anche dato il proprio assenso per altri tre inter- venti analoghi su esseri umani, sempre da babbuino.

Rischio nullo per i donatori di rene Londra, 2 ottobre I pazienti sottoposti a trapianto di reni prelevati da donatori ancora in vita hanno probabilità di vivere più a lungo di coloro cui viene trapian- tato un organo prelevato da un cadavere. E i donatori non corrono alcun rischio, anche 20 anni dopo il prelievo dell’organo. È il risultato di uno studio pubblicato oggi dal settimanale medico britannico “The Lancet”. La ricerca è stata condotta su 78 donatori, seguiti per oltre 20 anni dagli esperti del dipartimento di chirurgia dell’Università del Minnesota. Dei 78 donatori solo 15 sono deceduti e per cause non connesse all’intervento. Negli altri, sottoposti a controlli regolari, non sono emersi segni particolari di ipertensione, eccesso di proteine nelle urine o comunque disfunzioni renali anche 23 anni dopo l’operazione. Da una indagine condotta dalla Società americana di chirurgia è inol- tre emerso che la mortalità legata al trapianto di reni è molto bassa. Tra il 1980 e il 1991, su 19.268 trapianti di rene, sono morti “solo” cinque donatori.

I vantaggi del fegato di scorta Pittsburgh, 29 ottobre I malati di epatite fulminante possono trarre vantaggi dall’applicazio- ne di una tecnica di trapianto del fegato eteropico, un tipo di interven- to nel quale l’organo utilizzato viene impiantato senza rimuovere quello ammalato. Lo sostiene uno studio compiuto da un gruppo di chirurghi e medici olandesi della Erasmus University, rilevando che i vantaggi legati al trapianto di fegato eteropico sono individuabili nella tecnica chirurgica che non prevede gli aspetti altamente rischiosi col- legati con la rimozione dell’organo del paziente. La “semplice aggiun- ta” di un altro fegato costituisce, infatti, un intervento di gran lunga

23 più semplice. Il gruppo di esperti olandesi sostiene l’opportunità di sperimentare questa tecnica, specialmente nelle persone affette da epatite fulminante. Il fegato malato potrebbe infatti riprendersi grazie all’aiuto del nuovo organo ‘di scorta’. A questo punto il fegato impian- tato potrebbe essere rimosso ed il paziente tornare a star bene senza la necessità di essere sottoposto ad una terapia antirigetto per tutta la vita. Il limite di questa tecnica, eseguita saltuariamente in tutto il mondo (48 pazienti dal 1980 ad oggi), consiste nel fatto che non è applicabile in molte malattie epatiche evolutive o neoplastiche.

Fegato, la sopravvivenza dei trapiantati europei è minore Pittsburgh, 1 dicembre In Europa è necessario migliorare la selezione dei pazienti da sottopor- re a trapianto urgente di fegato. La sopravvivenza di questi pazienti, a distanza di tempo, è infatti inferiore a quella degli analoghi trapianta- ti americani. È quanto risulta dai dati raccolti dal professor Hoogendoorn del Centro per il trapianto di fegato di Leiden (Olanda), che saranno pubblicati entro quest’anno sulla rivista internazionale “Trasplantation Proceedings”. Dall’1 gennaio 1988 al settembre 1991, 374 pazienti europei in coma epatico hanno beneficiato di un sistema ottimale di scambio e di utilizzo di organi. Il programma, denominato “High Urgency Liver Program”, era stato avviato con la partecipazio- ne di 24 centri-trapianto europei allo scopo di costituire, almeno in via sperimentale, un sistema simile a quello esistente da molti anni negli Stati Uniti per distribuire gli organi disponibili in modo efficiente. Il tutto tenendo conto delle reali emergenze mediche che si presentano nei diversi Paesi europei. Tuttavia la sopravvivenza a distanza di tempo non è stata soddisfacente, essendo risultata del 40% a un anno dal trapianto e del 35% dopo tre anni. Secondo Ignazio Marino, del Centro trapianti di Pittsburgh, in casi analoghi negli USA la sopravvi- venza è almeno del 50% e raggiunge l’80-90% quando la malattia è meno grave e il paziente non si trova ancora in coma epatico.

L’età dei donatori può essere alzata Pittsburgh, 30 dicembre La scarsa disponibilità di organi per i trapianti può essere in parte risol- ta utilizzando con successo anche quelli di donatori di età superiore ai 50 anni. A questa convinzione sono giunti i Centri per trapianti del Nord-America, in modo da aumentare il numero di pazienti che può essere curato con un trapianto d’organo. “A Pittsburgh – ha dichiarato Ignazio Roberto Marino, ricercatore italiano del Transplant Institute cittadino – si utilizzano spesso organi provenienti da donatori di oltre 50 anni di età e in alcune occasioni sono stati trapiantati con successo anche organi di settantenni”. Secondo Marino in Europa è stato invece adottato un atteggiamento più “conservatore”, che ha fissato per la donazione di organi un limite massimo di 50 anni. Alcuni Centri più attivi negli ultimi anni hanno cambiato però opinione. Di recente il gruppo dell’Università di Cambridge diretto da Sir Roy Caine (uno dei

24 1992 pionieri della chirurgia dei trapianti) ha analizzato i risultati ottenuti in tre Centri europei dove, tra il 1987 e il 1991, sono stati utilizzati per il trapianto 65 fegati di donatori tra i 50 e i 66 anni. Lo studio, che sarà presto pubblicato sulla rivista internazionale “Transplantation Proceedings”, ha accertato che la sopravvivenza a tre mesi e ad un anno nei pazienti che hanno ricevuto questi organi è stata rispettiva- mente del 79% e del 67%. Marino ha anche parlato di un “interessan- te” risultato clinico che ha messo a confronto, in persone trapiantate, il tradizionale farmaco antirigetto, la Ciclosporina A, con una sostanza analoga, la Ciclosporina G. “Quest’ultima – ha precisato Marino – risulta altrettanto efficace ma meno tossica. I risultati preliminari dello studio, svolto presso l’Università di Ann Arbor (Michigan) su 149 pazienti trapiantati di rene, hanno dimostrato una analoga capacità antirigetto legata ad una inferiore tossicità. Due parametri utili per valutare la funzionalità dei reni, la creatinina e l’acido urico, a due mesi dal trapianto erano alterati nel gruppo di pazienti sottoposto a tratta- mento con Ciclosporina A, mentre erano normali nel gruppo di perso- ne che riceveva la Ciclosporina G”.

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Due pazienti, lo stesso fegato New York, 16 marzo I medici del St. Cristopher Hospital for children di Philadelphia hanno trapiantato lo stesso fegato in due ragazze. Le pazienti, una giovane di 14 anni, Tracy Devore e una bambina di due, Rhea Jackson, sono entrambe in buone condizioni. Un intervento chirurgico ‘azzardato’ e complesso, durato 17 ore consecutive. Lo ha reso noto oggi la portavo- ce dell’ospedale, Kelly Deno, spiegando che per l’operazione, svoltasi dalle otto del mattino di sabato scorso all’una di notte della domenica, sono state usate contemporaneamente tre sale operatorie. L’intervento è stato eseguito da un team di nove medici e otto infermiere. “Le ragaz- ze ora stanno bene, come se entrambe avessero ricevuto un fegato intero”, ha commentato il direttore del dipartimento per i trapianti di fegato e di reni della clinica, Stephen Dunn. L’organo, donato da un teenager morto nel New Jersey, era inizialmente previsto per Tracy Devore. Vista l’ottima funzionalità del fegato e le sue buone dimensioni, i chirurghi hanno però chiesto alla madre della ragazza il permesso di utilizzarne una parte per un’altra paziente. “Sono stata felice di condi- videre l’organo destinato a mia figlia con un’altra bambina”, ha dichia- rato la mamma di Tracy.

Gli organi disponibili potrebbero bastare Pittsburgh, 19 marzo Con un migliore utilizzo delle risorse gli organi potenzialmente dispo- nibili negli Stati Uniti potrebbero bastare a coprire le reali necessità, almeno per i trapianti di parti vitali come il cuore, il fegato e il polmone. Lo dimostra un’analisi, di prossima pubblicazione sulla rivista “Transplantation Proceedings”, svolta da un gruppo di medici guidati da Nancy Ascher, direttrice del Centro Trapianti della California University di San Francisco (USA). È risultato infatti che il numero dei pazienti che muoiono negli ospedali americani è tale che ogni anno potrebbero essere disponibili circa: 6.900 – 10.700 reni, 6.100 – 9.600 fegati, 6.900 – 10.700 pancreas, 5.200 – 8.200 cuori e 5.000 – 8.000 cuori – polmoni. Nel 1992 invece, oltre 24 mila americani erano in lista di attesa per ricevere un organo (19.000 un rene, 1.679 un fegato, 602 un pancreas, 2.267 un cuore, 155 cuore e polmone e 678 polmone). NegliStatiUnitiilfabbisognodiorganidautilizzareperitrapiantiè aumentato quasi del 160% dal 1986 ad oggi, mentre nello stesso perio- do di tempo il numero dei donatori non è aumentato in maniera signi-

29 ficativa (3.990 nel 1986 e 4.357 nel 1990). Ma se le organizzazioni regionali americane, conclude la ricerca, utilizzassero nel modo miglio- re le proprie risorse il numero degli organi disponibili potrebbe essere molto vicino al reale fabbisogno.

Persi ogni anno in Italia oltre mille organi da potenziali donatori Bari, 29 marzo Ogni anno in Italia “si perdono più di mille donazioni di organi” a causa della scarsa efficienza organizzativa dei servizi sanitari. La stima è stata fornita da Pier Gaetano Bellan, presidente dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori Organi), alla tavola rotonda sui tra- pianti e le donazioni degli organi, nel corso della “Settimana nazionale del volontariato”. Lo scarso numero dei trapianti italiani non è impu- tabile, secondo Bellan, ai rifiuti dei parenti a dare il consenso al prelie- vo, ma ad un carente coordinamento tra i vari servizi (fra i quali i reparti di rianimazione e i servizi d’ urgenza) che non favorisce la tem- pestiva segnalazione del potenziale donatore. “Ogni anno nel nostro Paese avremmo bisogno di due-tremila reni da trapiantare – ha prose- guito Bellan –, a fronte di una lista di attesa di seimila le persone. Nel ’92 il fabbisogno per le persone in attesa di trapianto di rene e di cuore era pari a circa 500 organi. Nello scorso anno i trapianti di rene sono stati 585 mentre quelli di cuore circa 200. Il problema dei trapianti, per Bellan, dovrebbe essere affrontato legislativamente. In tal senso il presi- dente dell’AIDO ha sollecitato l’approvazione di una legge in materia che preveda il “consenso presunto” della donazione degli organi della persona che non ha espresso parere contrario in vita, oltre alla legge sull’accertamento dello stato di morte attualmente all’esame del Parlamento. Parlando del commercio illecito degli organi, Bellan ha spiegato che questo non esiste in Italia, ma ritiene “illegale l’attività di intermediazione con l’estero svolta da alcune agenzie a cui si rivolgono le persone che hanno bisogno di trapianto”. Per Francesco Paolo Schena, coordinatore del Centro regionale pugliese di riferimento per i trapianti, “si potrebbe esprimere il consenso indicandolo sulla patente di guida o, come avviene in Pennsylvania, sulla dichiarazione dei red- diti”. Schena ha anche detto che, “mentre negli Stati Uniti per un tra- pianto di reni si aspettano 12 mesi, in Italia un paziente può aspettare anche 10 anni. Il rapporto tra il numero di trapianti ogni mille abitan- ti in Italia è pari a 10,5, in Francia a 35,3, e negli Stati Uniti a 30”. Schena infine ha sottolineato che la regione Puglia intende avviare un programma di potenziamento dei centri di rianimazione per un costo di 15 miliardi in tre anni.

USA, istituita la lista d’attesa anche per l’intestino Pittsburgh, 5 aprile Al via negli Stati Uniti la lista di attesa separata per le persone che necessitano di un trapianto di intestino, come già fatto per gli altri orga- ni. L’iniziativa, proposta dal Pittsburgh Transplantation Institute, è stata discussa e approvata dal sottocomitato per i trapianti di intestino

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dell’United Network for Organ Sharing (UNOS), l’organizzazione che centralizza la distribuzione degli organi in tutti gli Stati Uniti. I dettagli appariranno sul prossimo numero della rivista americana “UNOS Update”, che pubblica le procedure organizzative alle quali si attengo- no successivamente tutte le agenzie americane per la donazione degli organi. Sono stati finora 40 i trapianti di intestino, isolato o in associa- zione con altri organi addominali, praticati al Pittsburgh Transplantation Institute dall’aprile 1990. Cioè da quando la Food and Drug Administration ha consentito l’uso a Pittsburgh della nuova molecola immunosoppressiva ‘FK506’. Ben 27 pazienti sono ora liberi dalla necessità di nutrirsi per via venosa. Proprio in considerazione di questi brillanti risultati e per iniziativa dei professori Andreas Tzakis e Satoru Todo, il gruppo di Pittsburgh ha proposto che il trapianto di intestino esca finalmente dalla fase sperimentale e che venga costituita una lista nazionale di attesa gestita dall’UNOS.

Allarme in Francia per donatori sieropositivi Parigi, 5 aprile Il tasso di sieropositività dei donatori potenziali d’organi della regione parigina è del 2,3%, 65 volte superiore quindi a quello dei donatori di sangue. Lo rende noto il rapporto annuale dell’associazione ‘France Trasplant’, pubblicato oggi. Il segretario generale dell’associazione, prof. Philippe Romano, ha rilevato che si tratta di un tasso “estrema- mente preoccupante”, soprattutto nella regione parigina e nella Provenza-Costa azzurra, anche se non è riferibile all’intera popolazio- ne. Il tasso è calcolato infatti in base alla cifra media delle morti violen- te, dato che i donatori d’organi sono “per tre quarti persone vittime di suicidi, aggressioni, incidenti stradali, annegamenti, asfissia”, spiega Romano. Un altro dato preoccupante è “un calo molto importante” dei doni d’organi nel 1992 (meno 11,52%), che ha provocato “per la prima volta in Francia una diminuzione dei trapianti (meno 9,9%)”. L’anno scorso ne sono stati effettuati infatti 3.220, contro i 3.571 nel 1991. La diminuzione ha riguardato tutti i trapianti: cuore, polmoni, cuore-pol- moni, fegato, pancreas, reni. Secondo il prof. Christian Cabrol, presi- dente di ‘France Transplant’, questo calo è imputabile alle “reticenze del pubblico”, in direzione del quale “è necessario condurre un impor- tante sforzo d’informazione”. Si spera inoltre che si riveli utile la previ- sta creazione di un registro nazionale di chi si oppone al prelievo dei propri organi. I prelievi potranno essere pressoché automatici quando l’opposizione non sia stata notificata in vita.

Costi e benefici dei ri-trapianti Pittsburgh, 9 aprile Mentre i trapianti d’organo costituiscono negli Stati Uniti un’opzione terapeutica di uso comune, i ri-trapianti (secondo, terzo, e anche quar- to intervento nello stesso paziente per insuccesso dell’operazione prece- dente) non sono considerati da tutti un valido atteggiamento terapeuti- co. Quattro medici dell’Università di Seattle, Evans, Manninen, Dong

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e Mc Lyne, hanno analizzato in termini di costo-beneficio i risultati dei trapianti d’organo e dei ri-trapianti negli USA. Dal dicembre 1986 ad oggi il numero di pazienti in lista d’attesa per trapianto è cresciuto del 157% (da 9.660 a 24.797 pazienti). Nello stesso periodo il numero di donatori è rimasto più o meno stabile, intorno ai 4.000 all’anno. L’incidenza degli interventi di ri-trapianto è stata in generale del 12,4%. In particolare, 15,8% nel caso di trapianto di rene da cadavere, 8,3% per rene da donatore vivente, del 14.4% nel caso di trapianto di fegato, del 4,3% per il pancreas, del 2,5% per il cuore, dell’1,4% nel caso di trapianto combinato cuore-polmone, del 5,8% per trapianto isolato di polmone. I risultati ottenuti in termini di funzione d’organo in seguito a intervento di ri-trapianto sono inferiori ai risultati ottenibi- li nel caso di un intervento eseguito per la prima volta.

Effettuato il primo trapianto di geni su un bebè Los Angeles, 17 maggio Un neonato di quattro giorni affetto da una grave deficienza del siste- ma immunitario ha ricevuto sabato un trapianto di geni, il primo della storia su un bambino così piccolo, al Children Hospital di Los Angeles. Le condizioni del bebè sono stabili. Un team di immunologi ed emato- logi ha iniettato nel bambino una quantità di sangue contenente cellule portatrici di geni ‘sani’, nella speranza che queste cellule continuino a moltiplicarsi e possano correggere così la malattia genetica con cui è nato il piccolo Andrew Gobea. La patologia è causata dalla mancanza dell’enzima Ada (Adenosin deaminasi), che riduce al minimo le difese immunitarie costringendo i pochi bambini che sopravvivono a trascor- rere l’esistenza in “bolle” sterili. Trapianti di geni contro deficit di Ada sono stati già eseguiti su bambini negli Stati Uniti e in Italia (a Milano ePavia).Questoèperòilprimocompiutosuunneonato.Iricercatori prevedono di potere usare in futuro questa tecnica per correggere altre malattie genetiche, come l’emofilia, l’anemia falciforme e la sindrome di Gaucher. La patologia di cui è affetto Andrew colpisce un centinaio di bambini ogni anno negli Stati Uniti. Il caso più famoso fu quello di David, che visse in una “bolla” sterile fino all’età di 12 anni. La proce- dura sperimentata a Los Angeles contiene numerosi elementi innovati- vi. Il sangue utilizzato per il trapianto è stato estratto dal cordone ombelicale del bambino al momento della nascita. In laboratorio sono state isolate, grazie a particolari anticorpi, le cellule staminali, quelle responsabili della creazione di nuove cellule. In esse, grazie a un virus che ha fatto da ‘vettore’, sono state inserite copie del gene sano, capace di correggere la deficienza del sistema immunitario del bambino. La maggior parte degli interventi di terapia genica è stata effettuata per alterare geneticamente i globuli bianchi, che tuttavia muoiono nel giro di sei mesi, rendendo necessari ripetuti interventi. Nella procedura sperimentata su Andrew Gobea, invece, sono state alterate le cellule staminali che rimangono in vita nel midollo osseo. La procedura potrebbe quindi tradursi in una cura permanente della sindrome. I medici hanno dichiarato che saranno necessari sei mesi per determina-

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2 re se l’intervento sia riuscito ma, nel frattempo, continueranno nei loro esperimenti. La stessa operazione verrà infatti effettuata venerdì su un altro neonato all’ospedale dell’University of California di San Francisco.

Muore la metà dei bambini in attesa di un cuore nuovo Roma, 27 maggio Più della metà dei bambini in lista di attesa per un trapianto di cuore muore prima che gli organi siano disponibili. Lo ha rivelato oggi Carlo Marcelletti, cardiochirurgo all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, al convegno internazionale di chirurgia cardiaca, in corso nella capitale. La mancanza di donatori, ha affermato Marcelletti in una intervista diffusa dagli organizzatori, rappresenta un problema gravissimo che non permette di coprire il fabbisogno, valutato intorno ai 70 trapianti di cuore all’anno. “Intanto – ha spiegato Marcelletti – stiamo cercando finanziamenti per acquistare un cuore artificiale per l’assistenza- tempo ranea al bambino in attesa di un cuore umano”. Il costo si aggira attor- no ai 500 milioni ma, insieme ai fondi, si attendono anche gli sviluppi della sperimentazione dell’apparecchiatura sui bambini da parte di car- diochirurghi di Berlino. Per quanto riguarda la possibilità di utilizzare organi di animali, Marcelletti ha dichiarato che si tratta di una “evolu- zione che diventerà necessaria, considerata la mortalità in attesa di tra- pianto provocata dalla mancanza di organi umani. Il trapianto da ani- mali potrebbe essere sia una soluzione temporanea oppure definitiva”.

Ottenuti per la prima volta due polmoni da uno solo Parigi, 4 giugno Per la prima volta al mondo, specialisti francesi sono riusciti a ricavare da un polmone unico altri due funzionanti e a trapiantarli su un mala- to. La nuova tecnica apre grandi speranze, soprattutto per i bambini malati di mucoviscidosi, spesso costretti ad aspettare che muoia un bambino delle loro stesse proporzioni. Con due polmoni di adulto sarà possibile farne quattro più piccoli e dunque operare due bambini. L’intervento, annunciato oggi, è avvenuto in maggio nell’ospedale Boussais di Parigi su una donna di 40 anni con fibrosi polmonare idio- patica (una malattia che rende i polmoni fibrosi e provoca gravi difficol- tà respiratorie), asma e sofferente delle conseguenze di una tubercolosi. Da un anno e mezzo era confinata in una stanza, in permanenza sotto ossigeno. Il trapianto era l’ultima speranza. Tre settimane dopo l’inter- vento la donna “sta molto bene ed è sul punto di lasciare l’ospedale”, ma dovrà prendere per tutta la vita un farmaco anti-rigetto. Il donatore è un uomo che era in coma irreversibile per un incidente stradale. Uno dei polmoni era inutilizzabile a causa delle lesioni riportate. L’intervento è durato dieci ore. I chirurghi hanno dovuto ricreare le arterie, le vene eibronchisullapartedipolmonecheneerasprovvistama,“aparte questo, si è trattata di un’operazione molto semplice”, ha spiegato il chirurgo che ha messo a punto la nuova tecnica, Jean-Paul Couetil. In un momento in cui la penuria di organi si aggrava, sarà possibile quin-

33 di salvare più malati in attesa di trapianto. “Il polmone diviso sarebbe stato probabilmente distrutto, dato che in quel momento ce ne occor- revano due”, ha commentato il chirurgo.

L’attività trapianti in Italia nel 1992 Milano, 4 giugno L’attività dei trapianti d’organo nel 1992 in Italia ha potuto contare su 320 donatori-cadavere, pari a 5,5 donatori per milione di abitanti (pma) rispetto ai 304 del 1991 (più 5,2%). La percentuale dei donatori multi- organo è stata l’ 82,5% contro il 77,3% del 1991. Sono i dati sul reso- conto del 1992 del Nord Italia Transplant (NITP), l’organizzazione che coordina le attività di trapianto in Lombardia, Liguria, Marche e nelle tre Venezie. Nell’area del NITP i donatori utilizzati, precisa il resocon- to, sono stati 174 (9,6 pma) contro i 162 del 1991 (più 7,4%). Alta la percentuale di donatori multiorgano: 85,6% contro l’82,1% del 1991. • Trapianto di rene: nei 27 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 591 trapianti (10,2 pma) rispetto ai 581 del 1991 (più 1,7%). I trapianti da vivente (14 Centri attivi) sono stati 102 rispetto agli 84 del 1991 (+21,4%). Nel NITP i trapianti sono stati 311 (17,2 pma) contro i 299 del 1991 (+4%). 39 i trapianti da vivente (31 nel 1991, +25,8%). I nuovi ingressi in lista sono stati 636 e, al 31 dicembre 1992, i pazienti iscritti erano 2168. Trapianto di rene-pancreas: negli 8 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 20 trapianti combinati rene-pancreas contro i 14 del 1991 (+42,8%); • rene-pancreas: negli 8 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 20 trapianti combinati contro i 14 del 1991 (+42,8%). Nel NITP sono stati eseguiti 18 trapianti rispetto ai 13 del 1991 (+30,7%), 42 nuovi pazien- ti sono entrati in lista che, al 31 dicembre 1992, era costituita da 53 pazienti. Nel 1992 è iniziato, presso l’ Istituto San Raffaele di Milano, un programma per il trapianto di isole pancreatiche (3 pazienti trapian- tati); • cuore: nei 13 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 243 trapianti (4,2 pma) rispetto ai 210 del 1991 (+15,7%). Nel Programma coordina- to dal NITP, a cui aderisce il Centro di Bologna, sono stati eseguiti 184 trapianti (7,2 pma) rispetto ai 155 del 1991 (+18,7%). La lista d’attesa, al 31 dicembre 1992, era costituita da 415 pazienti e 398 sono stati i nuovi ingressi nel 1992; • polmone: i trapianti eseguiti nei 4 Centri attivi sono stati 8 come nel 1991. Nel NITP i trapianti sono stati 7 (6 nel 1991); la lista, al 31 dicem- bre ’92, era di 13 pazienti e 19 sono stati i nuovi ingressi nel ’92; • fegato: nei 10 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 202 trapianti (3,5 pma) rispetto ai 156 del 1991 (+29,4%). Negli 8 Centri coordinati dal NITP i trapianti eseguiti sono stati 164 (5,1 pma) contro i 130 del 1991 (+26,1%). I pazienti in lista al 31 dicembre 1992 erano 183, men- tre i nuovi ingressi nel 1992 sono stati 269.

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I reni da donatori viventi sono da preferire Pittsburgh, 21 settembre I trapianti di reni prelevati da donatori viventi (in genere familiari del ricevente) vanno incoraggiati il più possibile, anche quando la compa- tibilità immunologica è bassa. Lo rivela un vasto studio a cura di Jon Jones, dell’ospedale universitario di Minneapolis (Minnesota, Usa), condotto su 722 pazienti, pubblicato prossimamente sulla rivista ame- ricana ‘Transplantation’. Di questi pazienti, 352 avevano ricevuto i reni da donatori viventi e 370 da persone in morte cerebrale. In particolare, 44 pazienti del primo gruppo avevano ricevuto reni da viventi con una compatibilità immunologica molto bassa. Alla distanza di 6 anni, però, l’87% di questi 44 reni continuava a funzionare, contro il 75,4% di quelli provenienti da cadavere. Il 50% dei reni trapiantati presso il Centro di Minneapolis proviene da donatori viventi, contro appena il 20% nel resto degli Stati Uniti. Lo studio, il primo del genere che sia stato svolto su tanti pazienti, dimostra che il comportamento di molti Centri americani di “non incoraggiare” i trapianti di reni provenienti da donatori viventi con bassa compatibilità immunologica, non è scien- tificamente sostenibile. Inoltre, incoraggiare il trapianto di reni preleva- ti da donatori volontari viventi è un modo in più per ridurre il problema della carenza di organi e le lunghe liste di attesa, negli Stati Uniti come in Europa.

L’Italia è agli ultimi posti nel mondo per i trapianti effettuati Cambridge, 29 settembre L’Italia occupa l’ultimo posto nel mondo industrializzato per il numero dei trapianti di rene e di cuore in relazione al numero di abitanti. Sale di qualche posizione soltanto per quelli di fegato. È quanto risulta dai dati diffusi al Convegno mondiale sui trapianti da animale a uomo, in corso a Cambridge. I dati sono relativi al 1990, ma la situazione, è stato detto, non risulta ad oggi modificata. Nella classifica dei trapianti di rene per milione di abitanti in testa è l’Austria, con 56 interventi nel 1990, seguita da Norvegia (49), Svezia (42), Stati Uniti (41), Belgio (39), Francia (35), Germania (34), Spagna, Svizzera e Gran Bretagna (33), Canada (32), Olanda e Danimarca (30), Portogallo e Finlandia (28), Lussemburgo (20), Grecia (15), Ungheria (10), Polonia e Italia (9). Per i trapianti di cuore per milione di abitanti la prima è la Francia con 11, seguita da Austria e Belgio (10), Stati Uniti (9), Germania (7), Canada, Svizzera e Gran Bretagna (6), Finlandia e Norvegia (5), Spagna (4), Italia, Svezia e Olanda (3), Danimarca e Portogallo (2), Grecia (1). Nei trapianti di fegato è il Belgio ad occupare il gradino più alto con 14 interventi per milione di abitanti. Seguono Finlandia e Stati Uniti (12), Austria (11), Spagna (9), Canada (8), Svezia e Gran Bretagna (7), Germania (6), Finlandia (5), Svizzera, Italia, Olanda e Norvegia (3), Danimarca (2), Grecia (1). Per risolvere il problema dell’insufficienza di trapianti rispetto alla domanda, è stato spiegato al convegno, oltre ad incentivare le donazioni di organi sarebbe opportuno una maggiore collaborazione internazionale per lo scambio di organi e l’unificazione delle liste di attesa. In quest’ambito alcuni Paesi europei hanno già

35 creato organizzazioni internazionali come l’, che rag- gruppa Austria, Belgio, Germania, Lussemburgo e Olanda; lo Scandia- Transplant, che comprende Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia e l’United Kingdom Transplant, formato da Gran Bretagna e Irlanda. Paesi come Francia, Grecia, Ungheria, Portogallo, Spagna e Svizzera hanno organizzazioni nazionali per i trapianti d’ organo. Fa eccezione l’ Italia, che è divisa in tre associazioni pluriregionali.

Prima donazione di rene da carcerato condannato a morte Washington, 18 ottobre Jonathan Wayne Nobles, un condannato a morte di 32 anni in attesa di esecuzione in una cella del Texas, ha deciso di passare alla storia come il primo americano ad aver donato un rene prima di finire tra le mani del boia. L’annuncio è stato dato con soddisfazione da Jack Kevorkian, un medico noto negli Stati Uniti come il 'dottor Morte' per la sua cam- pagna in favore dell’eutanasia attiva. Kevorkian, in attesa di processo nel Michigan per avere contribuito direttamente a realizzare i desideri di morte di due malati nell’ultima fase di sofferenze, afferma di avere favo- rito il suicidio di un totale di 18 persone tra il 1990 e oggi. Fin dagli anni Cinquanta il medico ha progettato il reperimento di organi umani tra i condannati a morte più giovani e robusti. Ha visitato innumerevoli 'bracci della morte’ nei penitenziari per convincere i candidati al patibo- lo a donare alcuni organi prima dell’arrivo del boia. Il suo progetto prevedeva una forte anestesia, l’operazione chirurgica per espiantare tutti gli organi possibili con un finale trasferimento dei resti dalle mani dei chirurghi a quelle del boia, che avrebbe dovuto provvedere a dare esecuzione alla sentenza del tribunale. Finora tutti i tribunali degli Stati dove Kevorkian era riuscito a ottenere l’assenso di qualche condannato a morte avevano sempre bocciato la proposta. Ma adesso le autorità del Texas hanno dato parere positivo per un esperimento con Nobles. Un rene gli sarà prelevato a Galveston, Texas, e trasportato a una clinica per trapianti di Washington. L’operazione è per ora rinviata in attesa del malato giusto. Nobles d’altra parte è anche in attesa di una risposta della Corte Suprema a un ultimo appello contro la condanna a morte. Già nel 1984 Kevorkian aveva diffusamente risposto alle obiezioni di chi fosse contrario all’idea di organi prelevati da criminali incalliti. “I condannati a morte non sono animali bruti – scriveva Kevorkian nell’articolo per un notiziario medico della California – alcuni sono anche sinceramente pentiti per i loro crimini terribili e in incontri a quattr’occhi appaiono per quello che sono, esseri umani degni di pietà. Solo un’emotività infan- tile può ritenere ripugnante un cuore o un fegato espiantato a un crimi- nale condannato a morte. Alla fin fine è il cervello del criminale che èin qualche modo guasto, non il suo corpo robusto”.

Si restringono le frontiere europee per gli italiani in attesa di intervento Rodi, 26 ottobre Sarà sempre più difficile per gli italiani in attesa di un trapianto d’orga- no mettersi in lista all’estero. Molti Paesi europei stanno infatti riveden-

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do le proprie norme per limitare sempre più l’accesso ai malati stranie- ri. Questa la tendenza confermata al sesto congresso della Società europea dei trapianti, in corso a Rodi. La predisposizione che sta emer- gendo, ha spiegato Mario Scalamogna, uno dei coordinatori del Nord Italia Trapianti (Nit), è quella di riconoscere che gli organi sono un bene nazionale, una risorsa che comunque è limitata e ogni Paese cerca di amministrarla per i propri cittadini. “Da tempo abbiamo avuto la conferma che in fatto di trapianti siamo una colonia e per questo subia- mo i piaceri e le restrizioni di altri Paesi”, ha commentato Scalamogna. Secondo quanto ha riferito il professore, al centro francese di Marsiglia che trapiantava quasi esclusivamente malati italiani, è stata recente- mente revocata l’autorizzazione mentre per altri centri sono state intro- dotte procedure amministrative prima di ammettere una persona in lista. Si richiede comunque la contemporanea cancellazione da altre liste di attesa. Analoghe raccomandazioni di restrizione per entrare nelle liste, ha aggiunto il rappresentante del Nit, sono state emanate dall’Eurotransplant per i non residenti. L’associazione riunisce Belgio, Lussemburgo, Olanda e Germania. “Sono sempre di più – ha com- mentato Claudia Pizzi del Nit – i malati che riferiscono di non essere riusciti ad entrare nelle liste di attesa”. “È ora che l’Italia si assuma la responsabilità di non aver fatto partire programmi di trapianto”, ha dichiarato Bernard Coen, responsabile dell’Eurotransplant Foundation. “E in futuro – ha aggiunto – dovremo essere ancora più restrittivi. Se non verranno limitazioni dai medici ci saranno altre limitazioni di tipo burocratico”. Intanto l’Italia, con 5,5 donazioni per milione di abitanti è scesa all’ultimo posto in Europa, superata anche dalla Grecia e dal Portogallo. “La nostra è una situazione drammatica alla quale occorre porre rimedio quanto prima – ha aggiunto Scalamogna –. Dobbiamo evitare che per contraccolpo siano incentivati altri viaggi di malati in India, alla ricerca di organi che vengono ceduti per soldi da persone ancora più disperate”. Analoghe limitazioni all’ingresso nelle liste d’at- tesa potrebbero avvenire anche negli Stati Uniti, dove è in discussione al Congresso una normativa che si preannuncia assai rigida.

AIDS, autorizzati i primi due innesti di geni al mondo Washington, 27 ottobre I primi due trapianti al mondo di geni in persone con il virus HIV dell’AIDS sono stati autorizzati negli Stati Uniti dal particolare comita- to degli Istituti nazionali della sanità. L’obiettivo è ridurre la potenza del virus o di renderlo maggiormente sensibile all’azione di alcuni far- maci. I due trapianti sperimentali, con tecniche diverse, saranno effet- tuati dall’Università di California a San Diego e dal centro tumori Fred Hutchinson di Seattle e interesseranno rispettivamente sei e quindici sieropositivi. A San Diego, ricercatori coordinati da Flossie Wong-Staal preleveranno CD4 dai sieropositivi. I CD4 sono i linfociti “sentinelle” del sistema immunitario, bersaglio preferito del virus HIV. Nei CD4 verrà inserito un gene in grado di determinare la rottura dell’Rna del virus, distruggendo la sua capacità di entrare nei CD4 e di riprodursi.

37 I linfociti modificati dei sei pazienti saranno quindi fatti crescere in coltura fino a raggiungere ciascuno dieci miliardi di unità e poi saranno trasfusi nei sieropositivi. L’operazione verrà effettuata con pazienti che presentano 250 o più CD4 per millimetro cubo di sangue ed alcuni sintomi, ma non in pazienti in stadio avanzato di infezione. I ricercato- ri del centro Fred Hutchinson, coordinati da Philip D. Greenberg, progettano invece di trasfondere massicciamente nei 15 pazienti alcuni linfociti “killer” modificati geneticamente. Il gene usato è un incrocio fra un batterio (l’hygromycin fosfotransferasi) e il virus dell’herpes. Si spera così di far diventare il virus dell’AIDS maggiormente sensibile all’azione di farmaci antivirali. Inoltre la porzione di gene che appar- tiene al batterio consentirebbe ai ricercatori di seguire le cellule modi- ficate e capire per quanto tempo agiscono nell’organismo. I 15 pazien- ti ammessi alla sperimentazione avranno fra i 200 e i 500 CD4.

Italiani a caccia di organi nel terzo mondo Roma, 27 ottobre Gli italiani sono fra i maggiori “utilizzatori” del traffico di organi fra vivi esistente in Sud America e in India. Lo ha dichiarato Glauco Torlontano, vicepresidente della Commissione sanità del Senato, nel corso di una conferenza stampa sui trapianti. La scelta del luogo dove sottoporsi al trapianto, ha precisato Torlontano, è spesso condizionata dalla disponibilità economica della persona. In Sud America, in parti- colare in Brasile (dove un trapianto costa dai 20 ai 30 milioni di lire) se abbiente, altrimenti in India (il costo di un donatore di rene è di circa un milione e mezzo). In sostanza, ha poi aggiunto il chirurgo Raffaele Cortesini, “gli italiani contribuiscono ad alimentare questo traffico”. Cortesini ha quindi spiegato che ogni 10-15 giorni si presenta in ospe- dale una persona per complicazioni dovute a trapianto, per lo più effettuato in India. In questo Paese le persone arrivano a spendere complessivamente anche 20-30 milioni. Il chirurgo ha infine ribadito l’impossibilità in Italia e in Europa di poter effettuare trapianti illegali. “Icontrolli–secondoCortesini–sonoinimmaginabili:nessuncentro europeo trapianta un organo se non è accompagnato da un certificato, dove fra l’altro sono riportati i nomi dei medici che hanno effettuato l’espianto, il codice del donatore e le sue caratteristiche e l’ospedale dal quale proviene”.

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Primo trapianto in Italia di valvola cardiaca umana Torino, 26 febbraio Trapiantata per la prima volta in Italia una valvola tricuspide umana su un giovane affetto da una grave forma infettiva-cardiaca. Finora erano state usate soltanto valvole biologiche (di maiale) che possono deteriorarsi dopo qualche anno o quelle meccaniche che impongono al paziente una costante terapia anticoagulante. L’intervento è stato compiuto circa un mese fa all’ospedale Molinette di Torino, dall’equi- pe del cardiochirurgo Michele Di Summa ed è durato 55 minuti. Il paziente, un ex tossicodipendente di 16 anni, è stato dimesso. La noti- zia è stata data dallo stesso cardiochirurgo durante un convegno sui trapianti che si è svolto a Torino. La relazione sull’intervento, che secondo Di Summa rappresenta una “prima” per l’Italia, è stata pub- blicata sulla rivista “The annals of thoracic surgery”. La valvola è stata prelevata da un cuore espiantato, ma poi non ritenuto idoneo per il trapianto. “Si è trattata di una felice combinazione – ha spiegato Di Summa –. La valvola tricuspide era in ottime condizioni e il paziente da operare soffriva proprio di una rarissima forma di infezione alla valvola. È un passo avanti nella cura delle malattie valvolari anche se non si potrà applicare sempre”. La valvola umana consente di supera- re i rischi delle valvole biologiche e meccaniche.

Liste d’attesa piene negli USA per un fegato nuovo, polemiche sulla gestione Pittsburgh, 7 marzo Aumentano negli Stati Uniti i malati in lista di attesa per un trapianto di fegato. A febbraio erano 3.043, con un aumento del 678% rispetto al dicembre 1987, quando erano appena 449. Questo incremento alimenta le polemiche sulla gestione delle liste e sulle priorità da segui- re nell’assegnazione degli organi. Secondo Byers Shaw, dell’Università del Nebraska, molti dei centri americani più importanti “truccano” le liste di attesa attribuendo sulla carta una gravità maggiore di quella reale ai propri pazienti, in modo da farli andare avanti nella lista nazionale. Commentando quest’affermazione, Douglas Norman, dell’Università di scienze sanitarie dell’Oregon e presidente dell’Unos (l’organizzazione che controlla l’attribuzione degli organi negli Usa) ha sostenuto che nei prossimi mesi si dovranno sviluppare criteri migliori per selezionare i malati. Secondo Norman, ciò potrebbe por- tare a restringere le indicazioni al trapianto di fegato e si potrebbe

41 anche decidere di non offrire più il trapianto alle persone il cui stato patologico è molto avanzato, favorendo invece i malati che hanno migliori possibilità di sopravvivenza a distanza di tempo”.

Entro il 2000 gli organi prelevati da animali saranno la maggioranza Venezia, 24 marzo Cuori “artificiali” e utilizzo di organi di animali, soprattutto di babbu- ini, sembrano essere le strade future da seguire nel campo dei trapian- ti di cuori. Ma, intanto, bisogna fare i conti con il problema delle donazioni, specie in Italia, e con le difficoltà di adeguamento delle strutture e dei finanziamenti rispetto allo stato avanzato della ricerca medico-chirurgica. L’indicazione è emersa nel corso della prima gior- nata di lavori del convegno internazionale dedicato al trapianto di cuore e di cuore-polmoni, apertosi stamane alla Fondazione “Cini” a Venezia. Il simposio, che si concluderà sabato prossimo e al quale partecipano centinaia di medici provenienti da tutto il mondo, intende fare il punto sullo stato della ricerca nel settore, attraverso un’articola- ta serie di relazioni tecniche ed incontri. “È un incontro specialistico – ha rilevato il dott. Ugolino Livi, dell’Università di Padova – per uno scambio di esperienze su diversi temi legati al trapianto cardiaco e combinato con polmoni”. Secondo Livi, sulla base degli studi in corso soprattutto negli Stati Uniti, fra qualche anno sarà disponibile un “cuore meccanico artificiale totalmente impiantabile”, ma entro il 2000 si procederà all’uso di organi di animali che sostituiranno quelli umani malati e ciò “grazie all’ingegneria genetica che sta manipolan- do l’approccio al rigetto”. Il problema etico potrebbe essere superato dall’utilizzo di animali “donatori” che fanno già parte della cultura occidentale, specie nel campo alimentare, come i maiali. Anche per il prof. Dino Casarotto, responsabile dell’istituto di Chirurgia Cardiovascolare di Padova, la questione etica non dovrebbe sussistere, ma gli animali più adatti sarebbero i babbuini. “Il problema oggi in Italia – rileva Casarotto – sono le donazioni e l’adeguamento dei cen- tri”. Per quanto concerne le disponibilità di organi, per Casarotto, esiste un problema mondiale, ma l’Italia si pone negli ultimi posti. Mediamente sono circa 200 all’anno i trapianti di cuore e pochissimi quelli di cuore-polmone, rispetto ai circa 4.000 (700 “combinati”) nel mondo.

I medici europei protestano contro le limitazioni del governo belga verso gli stranieri Bruxelles, 7 aprile L’Associazione dei medici europei (AME) protesta contro le limitazio- ni ai trapianti di organi a favore di malati non residenti in Belgio, prospettate nei giorni scorsi dal ministro della previdenza sociale Magda De Galan. “Ci sembra inaccettabile – ha affermato l’AME – che la nazionalità di un paziente possa costituire criterio di selezione, in particolare in questi tempi in cui avviene la costruzione europea tanto auspicata e incoraggiata dagli stessi politici”. De Galan, rispon- dendo ad una interrogazione parlamentare, ha affermato che si stanno

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studiando limitazioni ai trapianti per la carenza di organi causata dal gran numero di richieste di cittadini stranieri. Il ministro, dietro pres- sione di malati e medici belgi, ha annunciato di essere orientato a stabilire che l’operazione sia fatta in Belgio a condizione che il Paese di origine del paziente fornisca l’organo. Secondo l’Istituto nazionale belga di assicurazione e invalidità, più di un terzo dei 400 trapianti renali avvenuti in Belgio nel 1992 è stato effettuato su pazienti stranie- ri, “per la stragrande maggioranza italiani”. Il Belgio ha una delle leggi che regolano l’espianto di organi più avanzate d’Europa e centi- naia di italiani ogni anno si inscrivono nelle liste di attesa.

Lunghe attese per chi è in lista Roma, 14 aprile Sono diminuiti del 4,1% i trapianti di cuore in Italia nel 1993 rispetto all’anno precedente, mentre una più marcata diminuzione (il 50 %) si è registrata per i trapianti di cuore-polmone. Cresce invece inesorabil- mente il numero delle persone in attesa di un organo nuovo (550 per il cuore, 50 per il cuore-polmone, 15 per il polmone) che porta spesso molti malati a mettersi in fila nei centri di trapianto di altri Paesi. Questi alcuni dati che emergono dal rapporto trapianti ’93 redatto dal Nord Italia trapianti, presieduto dal prof. Girolamo Sirchia. Secondo il cardiochirurgo dell’ospedale Bambino Gesù di Roma Carlo Marcelletti “per i trapianti in età pediatrica siamo legati inesorabil- mente alla carente disponibilità degli organi e la situazione italiana è identica a tutta l’Europa”. “Anche nel nostro centro – ha commentato Marcelletti – abbiamo diversi bambini in lista per ricevere cuore e polmone e il tempo di attesa dipende dalla compatibilità dell’organo da innestare”. La situazione del nostro Paese in questi ultimi anni non tende a migliorare. Secondo Girolamo Sirchia, il recente decreto mini- steriale sull’organizzazione dei trapianti che prevede presso l’Istituto superiore di sanità un centro di coordinamento “è insoddisfacente, serve solo a mediare posizioni, non a risolvere i problemi. Occorre un centro operativo che lavori giorno e notte per coordinare le richieste di trapianto e allocare gli organi disponibili”.

Giovane riceve un polmone a testa da padre e zio Pittsburgh, 30 aprile Effettuato un duplice trapianto di polmoni da donatori viventi per un giovane americano di 25 anni della Pennsylvania, affetto da insuffi- cienza respiratoria terminale per fibrosi cistica. Il triplice intervento è stato effettuato ieri al centro trapianti dell’università di Pittsburgh che ne ha diffuso la notizia. I donatori sono il padre del giovane, di 51 anni, ed uno zio di 40. L’autorizzazione all’intervento (durato circa 6 ore) è stata data dal comitato etico dell’università che si è riunito con “urgenza”, visto il “deterioramento del ragazzo che senza il trapianto non sarebbe sopravvissuto più di 48 ore”. Allo zio è stato rimosso il lobo inferiore del polmone destro, al padre quello del polmone sinistro. Le possibilità di complicazione per i donatori sono di circa l’1%. Sono

43 buone le condizioni respiratorie e cardiocircolatorie delle tre persone ricoverate in terapia intensiva. Sono più di 200 i pazienti che al centro di Pittsburgh attendono un trapianto di polmoni ma – afferma l’uni- versità – circa un terzo morirà prima di ricevere un organo compati- bile, a causa della carenza di donazioni di organi da cadaveri.

Nasce la rete informatica di sorveglianza dell’ISS Roma, 17 giugno È in allestimento presso la Consulta tecnica dei trapianti dell’Istituto superiore di sanità (ISS) una rete informatica, in grado di collegare tutti i centri di trapianto esistenti e tener sotto controllo donazioni e distribuzione di organi. Lo ha annunciato questo pomeriggio a Roma il direttore dell’ISS Giuseppe Vicari, durante il convegno internazio- nale sui trapianti in corso all’università La Sapienza di Roma. Il centro informatico unificato, ha spiegato Vicari, sarà necessario per tenere un registro nazionale dei trapianti d’organo, per poter valutare cioè la qualità degli interventi e i protocolli attuati. “Attualmente l’attività di trapianto in Italia risente della assoluta carenza di donazioni – ha commentato Raffaello Cortesini, direttore del Centro sud italia tra- pianti –. Mentre la Spagna ha una media di 22 donazioni per milione di abitanti e la Francia di 17,2, in Italia si è arrivati al 6,3”. Non è escluso, ha precisato Cortesini, che per incentivare il lavoro dei riani- matori si possa pensare a forme di incoraggiamento economico da reinvestire nel miglioramento degli ospedali. Promuovere la compo- nente psicologica dei trapianti è per Cortesini determinante per venire incontro al dolore delle famiglie coinvolte in una morte. “Non sussiste da parte dei medici la volontà di prevaricare la decisione della famiglia – ha spiegato il direttore – ma l’esigenza di far capire la solidarietà collettiva di tutti i cittadini”.

Età e sesso influenzano l’esito del trapianto di fegato Pittsburgh, 5 settembre L’età e il sesso del donatore influiscono sull’esito dei trapianti di fegato. Lo ha accertato uno studio clinico presentato a Kyoto (Giappone) al congresso mondiale della Transplantation Society. La ricerca ha segui- to circa 500 donatori, accertando che la sopravvivenza dopo 2 anni dal trapianto è del 78% nei malati che hanno ricevuto il fegato da un donatore “giovane” (sino a 60 anni di età) e del 62% in quelli che lo hanno ricevuto da un donatore ultrasessantenne. Particolarmente sor- prendente l’analisi in relazione al sesso del donatore e del ricevente. I risultati più favorevoli si ottengono quando il donatore del fegato è di sesso maschile e il ricevente è femmina, mentre la combinazione peg- giore è quella in cui il fegato di una donna viene impiantato nel corpo di un uomo. A due anni dall’intervento, le sopravvivenze sono state dell’81% nei trapianti di fegato da donna a donna, del 66% in quelli da donna a uomo, dell’82% nei trapianti da uomo a donna e del 77% in quelli effettuati da un uomo a un altro uomo. Per Ignazio Roberto Marino, del Pittsburgh Transplantation Institute, direttore dello stu-

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dio, questi dati possono essere spiegati “sulla base della diversa presen- za nei due sessi di recettori ormonali nel tessuto epatico e avranno importanti risvolti nella selezione dei donatori di fegato nell’immedia- to futuro”.

Introdotto il silenzio-assenso in Portogallo Lisbona, 21 settembre D’ora in poi in Portogallo chi non vuole che i suoi organi, una volta accertata la morte cerebrale, siano destinati a trapianti, dovrà affer- marlo per iscritto. Chi non lo farà, portoghese o straniero residente nel Paese, sarà automaticamente considerato donatore e il suo corpo potrà essere usato per trapianti. Lo stabiliva già una legge del 1993, solo ora entrata in vigore con la creazione del registro informatizzato dei non donatori. Questo elenco raccoglierà le dichiarazioni di coloro che non vogliono cedere i loro organi per eventuali trapianti. Il registro entrerà in funzione entro il 15 ottobre e, nel frattempo, saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale anche i criteri formali per determinare la morte cerebrale. A quel punto i medici, una volta constatata la morte e dopo aver consultato il registro dei non donatori, potranno usare liberamente per trapianti gli organi del deceduto che non abbia mani- festato una volontà in contrario. La legge ha suscitato qualche critica formale sul piano giuridico ma è stata ben accolta negli ambienti sani- tari, dove sono noti i drammi di migliaia di persone che soffrono non riuscendo a trovare un organo disponibile per un trapianto.

Il “nobile gesto” della famiglia Green Roma, 3 ottobre Il gesto dei coniugi Green, che hanno deciso di donare gli organi del figlio Nicholas, ucciso a Messina il 1° ottobre, “può aver contribuito a sensibilizzare molte persone, più che una campagna di informazione dal costo di svariati miliardi”. Questo il parere del Ministro della sanità Raffaele Costa che è intervenuto per commentare la vicenda indicando- la come un gesto “importante e significativo che ci fa comprendere che il trapianto di organi è sì un problema medico-scientifico ma è anche e soprattutto un problema umano”. Il gesto dei genitori di Nicholas, affer- ma Costa in una nota, ha permesso di salvare altre giovani vite che lot- tavano contro la morte. “La sensibilità e la serenità del papà e della mamma di Nicholas hanno commosso tutti: a loro dobbiamo un sentito grazie e da loro dobbiamo prendere esempio. Oggi in Italia – prosegue Costa – vivono circa 10 mila persone che attendono trapianti di organi e di fronte a questa necessità gli organi donati non sono affatto sufficien- ti. La situazione nazionale dei trapianti, afferma Costa, è ancora lontana dai livelli medi dei Paesi europei, tuttavia “ci sono concreti segnali che fanno presagire un’inversione di tendenza”. Nei primi sei mesi del ’94, per quanto riguarda il territorio controllato dal Nord Italia Transplant, si è registrato un sensibile miglioramento dell’attività di trapianto: le segnalazioni dei donatori disponibili all’espianto sono state 132 rispetto alle 110 dello stesso periodo del 1993.

45 La crisi economica costringe un disoccupato a mettere in vendita un rene Tokyo, 11 ottobre Un disoccupato di 34 anni di Tokyo ha messo in vendita un rene per 300 milioni di lire, suscitando reazioni indignate della Società giappo- nese per i trapianti di organi, ma comprensione nell’opinione pubbli- ca. In Giappone nessuna legge proibisce la vendita di organi, che al contrario è condannata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Il donatore anonimo si è presentato oggi al giornale Asahi informando di avere esposto nei giorni scorsi un annuncio, spinto dalla fame, in un centinaio di cabine telefoniche di Tokyo. “Perché conti- nuare a stare in dialisi per tutta la vita? Ho un rene per te. Telefona al seguente numero”. Il donatore ha dichiarato di aver ricevuto finora due richieste, nessuna delle quali si è però concretizzata. “Nessuna legge proibisce questo traffico e non posso essere considerato un- crimi nale. Con un rene posso sopravvivere – ha concluso –. Se me li tengo tutti e due morirò di fame”. A causa della crisi economica i disoccupa- ti sono saliti quest’anno in Giappone a 3 milioni, pari al 3% della forza lavoro, il più alto indice degli ultimi sei anni. La società giapponese per i trapianti ha fatto sapere che gli ospedali giapponesi hanno l’ordine di non procedere a trapianto quando non è chiara la provenienza dell’or- gano e si sospetta che sia stato comprato.

Primi trapianti da donatori terminali Pittsburgh, 12 dicembre All’Hospital center di Washington negli ultimi tre mesi sono stati ese- guiti tre trapianti di rene nei quali, per la prima volta al mondo, i donatori erano affetti da una malattia terminale ed avevano indicato la volontà di donare gli organi a persone a loro care. Lo ha reso noto Patricia De Lone, responsabile del centro trapianti dell’ospedale ame- ricano. I donatori erano perfettamente al corrente che la rimozione dei reni avrebbe deteriorato le loro instabili condizioni di salute e li avreb- be portati a morire rapidamente. Nel primo caso, secondo quanto si è appreso, il donatore è deceduto tre giorni dopo il trapianto di rene sull’altra persona; nel secondo caso un giorno dopo, mentre nel terzo la donazione è avvenuta dal padre (affetto da un tumore cerebrale) alla figlia. Il papà è vissuto abbastanza per poter parlare con lafigliagià trapiantata, prima di entrare in coma e morire. I tre malati erano affetti da patologie incurabili e la donazione ha accelerato probabil- mente solo di pochi giorni la dipartita. Inoltre il loro decesso non sarebbe avvenuto con i criteri della morte cerebrale, rendendo quindi improbabile o impossibile una eventuale donazione post-mortem. La legislazione americana riconosce il diritto di indicare un ricevente per i propri organi, pratica che viene però solitamente esercitata dai fami- liari di un potenziale donatore già in morte cerebrale.

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Diabete, ottime prospettive per i trapianti di cellule Pittsburgh, 2 gennaio Malgrado i deboli successi clinici iniziali, i risultati dei trapianti di cel- lule (isole pancreatiche) per la cura del diabete miglioreranno enorme- mente. Lo afferma, in un editoriale sul prossimo numero della rivista “Literature Scan: Transplantation”, Mark Hardy, direttore del diparti- mento trapianti d’organo della Columbia University di New York, lo stesso che ha chiesto l’autorizzazione per un trial di trapianto di cuore da babbuino a uomo. Per Hardy è più probabile che in futuro si utiliz- zeranno cellule di origine animale piuttosto che umane e i migliori risultati saranno resi possibili dai rifinimenti tecnici, dalla migliore tera- pia immunosoppressiva e dall’avanzamento degli studi sulla tolleranza immunitaria. Secondo il Registro mondiale dei trapianti di cellule per la cura del diabete, su 185 trapianti eseguiti in 25 istituzioni di tutto il mondo, solo in due casi si è avuta un’indipendenza dall’insulina per più di un anno: in un paziente impiantato a Milano e in uno operato a Minneapolis. Solo il 22% dei pazienti ha potuto fare a meno dell’insu- lina per più di un mese, mentre in tutti gli altri il sistema immunitario ha distrutto in meno di un mese le cellule impiantate. Complessivamente, infine, nel 60% dei casi si è avuta una produzione di “peptide C”(un elemento non attivo dell’insulina) superiore ad un nanogrammo per millilitro per un periodo superiore ad un mese.

Aumenta la sopravvivenza post-intervento Washington, 24 gennaio Il tasso medio di sopravvivenza di pazienti che hanno ricevuto un nuovo organo è aumentato per tutti i tipi di intervento. La miglior per- formance, secondo i dati resi noti oggi dal Ministero della sanità ame- ricano, spetta ai riceventi di nuovi polmoni: il 68% di loro sopravvive almeno un anno dall’operazione, contro il 53% del 1991. I nove volumi di statistiche su oltre 60mila trapianti effettuati in 261 cliniche statuni- tensi, compilati dall’associazione Usa per la distribuzione degli organi, rivelano fra l’altro come “la crescita ancora in atto in America dei cen- tri specializzati in trapianti abbia contribuito al miglioramento delle tecniche e quindi all’incremento della sopravvivenza dei malati”. Le cifre • Il tasso di sopravvivenza ad un anno dall’operazione nel caso di tra- pianti doppi cuore-polmone è salito del 4%, passando dal 53% dei pazienti del ’91 al 57% di oggi;

49 • stesso livello di successo (91% di sopravvivenza ad un anno) nei tra- pianti di pancreas: anche in questo caso l’aumento è di circa il 2% dei casi rispetto alle statistiche del ’91; • i risultati migliori continuano però ad ottenersi con i trapianti di reni: è fra questi pazienti che si registra il più alto numero di sopravvissuti (94%) un anno dopo l’intervento. L’incremento in questo campo è stato dell’1% negli ultimi due anni; • scarse novità invece nel settore trapianti di cuore: la sopravvivenza ad un anno è oggi dell’83% dei destinatari, solo uno 0,5% di casi in più del ’91.

368.500 interventi nel 1994 in tutto il mondo, solo l’1% al polmone Roma, 17 maggio Nel 1994 in tutto il mondo sono stati effettuati 368.500 trapianti: 300 mila sono stati di rene, 25 mila di fegato, 30 mila di cuore e solo 3.500 di polmone, poco più che l’1% del totale. In Italia, nonostante la scar- sità di donatori di organi, che sono sette ogni milione di abitanti, sono cinque i centri dove viene effettuato il trapianto di polmone, operazione che soltanto negli ultimi anni ha raggiunto una realizzazione clinica definitiva. È quanto ha spiegato Giuseppe Nanni, responsabile del cen- tro trapianti d’organo del Policlino Gemelli, dove da 25 anni si effettua il trapianto di reni, da dieci quello di fegato e da un anno e mezzo quello di polmone. “Il primo trapianto di polmone al Gemelli – ha spiegato Nanni – è stato eseguito nel ’93 su un uomo di 47 anni che ora è in perfette condizioni di salute, lavora e si concede anche gite in bici- cletta”. Tra le malattie che rendono necessario il trapianto: l’enfisema di diversa origine, la fibrosi cistica, le bronchiectasie, l’ipertensione pol- monare primitiva e alcuni tipi di secondaria. “In alcuni casi – ha aggiunto Nanni – si rende necessario il trapianto di ambedue i polmoni, a seconda del tipo di malattia e dell’età del paziente. In particolare per la fibrosi cistica il trapianto di un solo polmone non sarebbe infatti- suf ficiente”.

Contrae un tumore il 3% dei trapiantati Milano, 17 maggio Il 3% dei pazienti sottoposti a trapianto d’organo sviluppa un tumore a causa dei farmaci antirigetto che è costretto ad assumere, i quali abbas- sano le difese dell’organismo. Il dato, doppio rispetto alla popolazione normale di pari età, emerge da uno studio eseguito nell’ospedale mila- nese di Niguarda sugli oltre 1.500 interventi eseguiti negli ultimi 10 anni. Lo ha spiegato oggi Giuseppe Landonio, aiuto della divisione di oncologia medica dell’ospedale, nel presentare un convegno che si svol- gerà domani nel nosocomio milanese sul tema “Immunità e Tumori”. Proprio durante il convegno sarà ufficializzata la decisione di istituire presso l’ospedale un registro di tumori correlati al trapianto, con l’obiet- tivo di controllarne l’andamento. “Purtroppo vi è poco da fare per impedire l’insorgenza di questi tumori – ha detto Landonio – poiché i

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farmaci antirigetto sono necessari: abbassano la risposta immunitaria dell’organismo per impedirgli di attaccare l’organo trapiantato, ma dall’altra parte rendono l’organismo debole anche di fronte agli altri ‘estranei’, compresi gli agenti patogeni. Non è un caso che i tumori che prevalentemente insorgono in queste persone sono gli stessi che si veri- ficano nei pazienti immunodeficienti perché affetti da Aids: il sarcoma di Kaposi e i linfomi”. In particolare al Niguarda, su 700 casi di Aids si sono verificati in un anno 120 tumori (il 15%).

Dimezzati gli interventi a stranieri negli USA Pittsburgh, 26 maggio Dal prossimo mese di giugno, negli Stati Uniti, verrà ridotta del 50% la quota di pazienti stranieri che potrà essere sottoposta a interventi di trapianto d’organo. Lo ha deciso la United Network for Organ Sharing (Unos), l’organizzazione governativa americana che gestisce le liste di attesa dei trapianti di tutti gli Stati Uniti e stabilisce i criteri e le priorità di distribuzione degli organi prelevati da donatori in morte cerebrale. Sino ad oggi, ogni centro-trapianti americano poteva mettere in lista di attesa e sottoporre a trapianto d’organo un numero di pazienti non- americani pari al 10% del totale dei trapianti eseguiti dallo stesso centro in quel determinato. Il Comitato per le relazioni estere della Unos ha stabilito che, d’ora in avanti, il numero dei pazienti stranieri trapiantabi- li con organi provenienti da donatori americani non potrà superare il 5% degli interventi eseguiti in ciascun centro. La decisione, sebbene meno restrittiva di una legge attualmente in discussione al Congresso degli Stati Uniti (che prevede due liste separate per americani e non e, quindi, una preclusione praticamente totale ai trapianti per chi non è statunitense) rappresenta un passo sostanziale nella direzione di una “chiusura” nei confronti dei pazienti stranieri in attesa di un trapianto. La nuova norma è stata ufficialmente comunicata dalla Unos con una circolare diramata a tutti i centri-trapianto degli USA.

L’alcolismo non influisce sulla sopravvivenza dopo l’operazione al fegato Pittsburgh, 27 luglio Il trapianto di fegato può essere offerto “senza preclusioni etiche” anche agli alcolisti perché un’eventuale ripresa delle bevute compulsive non influisce sulla sopravvivenza dopo l’intervento. Lo ha dimostrato uno studio condotto dai chirurghi del centro trapianti di fegato della Baylor Univesrity (Texas), condotto su 67 pazienti operati per insuffi- cienza epatica legata ad assunzione cronica di alcol, dei quali è stato esaminato il decorso post-operatorio immediato e a distanza. Secondo la ricerca è piuttosto elevata l’incidenza di recidive (49% a quattro anni dal trapianto), ma si tratta di situazioni in genere acute e non croniche (ad esempio un bicchiere di alcol in una festa). Il recidivismo non è poi correlato con una maggiore morbilità o mortalità: solo 3 pazienti su 67, infatti, si sono aggravati e sono morti per la essere ricaduti nel tunnel dell’alcolismo. La maggior parte dei centri americani comunque richie- de, per l’inserimento in lista di attesa, che un eventuale candidato al

51 trapianto di fegato con passato di alcolismo sia completamente astemio da almeno sei mesi e abbia frequentato un corso di riabilitazione ripor- tando un giudizio finale positivo. Per l’indicazione al trapianto, un passato da alcolista rimane una delle patologie più discusse.

Istituto superiore sanità, meno donazioni per notizie infondate Roma, 7 settembre Ogni sospetto che in Italia vengano prelevati illegittimamente organi di bambini per destinarli ai trapianti “è totalmente ingiustificato” e osta- cola gravemente la donazione di organi. Lo affermano, in un comuni- cato diffuso oggi dall’Istituto superiore di sanità, i 27 membri della Consulta tecnica permanente trapianti, in riferimento a notizie pubbli- cate all’inizio di settembre da alcuni quotidiani. Secondo i membri della Consulta, infatti, “tutta l’attività di trapianto in Italia si svolge sotto il controllo delle superiori Autorità sanitarie nazionali e in stretta collaborazione con la Magistratura locale”. “I medici trapiantatori che si confrontano ogni giorno con i pazienti in attesa di trapianto – con- clude il comunicato – denunciano ancora una volta il comportamento irresponsabile di alcuni giornalisti che, alimentando sospetti, ostacolano gravemente la donazione di organi”.

Poca disponibilità, 8.000 italiani in lista di attesa per un organo Firenze, 23 settembre Circa 8mila persone in Italia sono in lista di attesa per un trapianto di rene (il più richiesto, con 7.000 domande), di cuore (550) e di fegato (350), a fronte di una disponibilità ben inferiore. Nel 1994 sono stati eseguiti 830 trapianti di rene, 303 di cuore e 326 di fegato. Sono le cifre che stanno alla base del sempre maggior numero di “viaggi della spe- ranza”, i costosi interventi in cliniche straniere il cui numero non è censito da alcuna statistica. Di questo si è discusso nel corso di un incontro nella basilica di San Miniato a Firenze, organizzato dall’Asso- ciazione toscana trapianto organi (Atto) e dal centro Genesis. “I viaggi della speranza non sono una moda, ma un grosso sacrificio per chi deve affrontarli, per chi non ha altra scelta per una sopravvivenza che da noi viene negata”. È uno dei passaggi della relazione che avrebbe dovuto leggere il presidente di Atto, Franco Costagli, trapiantato di fegato. Ma Costagli è morto quattro giorni fa ed è stata la moglie a presentarne la relazione, nella quale tra l’altro si chiede una nuova regolamentazione per il rilascio del modello E 112, che permette di usufruire dell’assisten- za ospedaliera gratuita nei paesi Cee. Il rilascio è di competenza dei Centri di riferimento regionali, dove “un solo professore – denuncia l’associazione – con giudizio inappellabile rilascia o nega l’autorizzazio- ne: lo potremmo definire ‘il signore della vita’”.

Iniziano gli studi sull’uomo per eliminare il problema del rigetto Bergamo, 12 ottobre Trapianti d’organo senza rigetto e senza dover usare farmaci immuno- soppressori che espongono a effetti collaterali l’organismo del paziente.

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Per questa ipotesi, testata finora nei maggiori istituti di ricerca del mondo solo su animali, sta cominciando l’ultima fase, la sperimentazio- ne sull’uomo. Il protocollo che la regolerà in Italia e in America è stato firmato oggi da Giuseppe Remuzzi, responsabile dei laboratori Mario Negri di Bergamo, da Mohamed Sayegh e Charles Carpenter, della Harvard Medical School di Boston, nell’ambito del “2° simposio inter- nazionale su tolleranza al trapianto”. Il convegno si svolge in Italia, dopo la prima edizione di Parigi nel 1992, proprio a causa degli studi molto avanzati condotti negli ultimi anni a Ranica dal gruppo di Giuseppe Remuzzi, che sui ratti ha ottenuto la piena tolleranza al tra- pianto d’organi già nel 1991. Il principio adottato è quello di far prece- dere il trapianto da un’inoculazione di cellule del donatore nel timo del ricevente, in modo che in seguito il sistema immunitario di quest’ultimo riconosca l’organo trapiantato come proprio e non cerchi di rigettarlo. Remuzzi ha cominciato facendo precedere il trapianto di rene da un innesto di glomeruli, poi ha utilizzato i linfociti, le cellule maggiormen- te coinvolte nella risposta degli anticorpi, quindi particolari peptidi, pezzetti di proteine. Il gruppo di Remuzzi è riuscito sempre a ottenere la piena tolleranza nell’organismo ricevente. Obiettivo raggiunto qual- che tempo fa, in base agli schemi messi a punto nei laboratori del Negri, anche da una equipe di chirurghi di Milwaukee che ha ripetuto l’espe- rimento su scimmie. “È fondamentale – ha spiegato Remuzzi – inserire le cellule nel timo e non altrove”. Quest’organo linfatico, necessario nel corso dell’infanzia per lo sviluppo e la maturazione delle funzioni immunologiche, “viene utilizzato come una ‘scuola’, in cui educare i linfociti a non aggredire i tessuti del donatore”. “Con la stesura del protocollo – ha aggiunto Remuzzi – potremo cominciare nel giro di qualche mese le sperimentazioni sull’uomo nel dipartimento di immu- nologia del trapianto, realizzato in collaborazione tra l’Istituto Mario Negri e gli Ospedali Riuniti di Bergamo. Entro cinque anni, sulla base di numerosi studi clinici, potremo forse trasferire nella routine queste metodiche che oggi sono ancora sperimentali. Potranno essere elimina- ti così dalla pratica del trapianto i farmaci immunosoppressori che, se da una parte impediscono all’organismo di aggredire l’organo trapian- tato, dall’altra lo rendono anche passivo nei confronti degli agenti nocivi, aprendo la porta a numerose malattie”.

10 anni dalla prima sostituzione di cuore Roma, 9 novembre Il trapianto di cuore in Italia compie 10 anni di vita. Il 14 novembre del 1985, dopo un intervento durato quattro ore, il cardiochirurgo dell’uni- versità di Padova Vincenzo Gallucci trapiantò nel petto di un falegna- me trentanovenne, Ilario Lazzari, il cuore di un giovane trevigiano morto in un incidente stradale. L’organo era stato espiantato dallo stes- so chirurgo, che lo aveva trasportato personalmente in automobile da Treviso a Padova. Ai medici che lo avevano curato definitivamente da una cardiomiopatia dilatativa che lo avrebbe portato a morte in breve tempo, Lazzari pronunciò la parola ‘grazie’ già il giorno dopo l’opera-

53 zione. Il falegname riprese le forze rapidamente riacquistando una buona qualità di vita e si sposò due anni dopo. L’intervento dette il via all’era dei trapianti di cuore nel nostro Paese: da quella data si è regi- strato un crescendo di sostituzione d’organo. Nel giro di cinque anni furono eseguiti circa 800 trapianti di cuore. Da allora i centri autoriz- zati per queste pratiche cardiache sono diventati 12, 33 centri per il rene, 12 per il fegato, 9 per il polmone e per il cuore-polmone, 7 per il pancreas. Fino alla fine del ’94, i trapianti di cuore effettuati in Italia son stati in tutto 1.412, mentre le sostituzioni di rene hanno raggiunto quota 4.565, quelle di cuore-polmone 21, di polmone 54 e di fegato 1.023. Purtroppo le liste d’attesa dei malati rimangono lunghe: 550 persone attendono infatti un cuore nuovo.

Nel decennale del trapianto di cuore donazioni +25% Venezia, 18 novembre Nel 1994 in Italia si è registrato un aumento del 25% dei donatori di organi, che hanno raggiunto il numero di 7,8 per milione di abitanti (pma), consentendo una significativa crescita dell’attività di trapianto. È uno dei dati resi noti dal Nord Italia Transplant, in vista dell’annuale riunione tecnico-scientifica che si terrà il 22 e 23 novembre a Padova. Proprio qui, infatti, dieci anni fa il prof. Vincenzo Galucci eseguì il primo trapianto cardiaco in Italia. Per anni l’Italia è stata tra gli ultimi Paesi europei nella graduatoria del reperimento d’organi, procurando circa un terzo dei donatori rispetto alla media Ue, che si attesta sui 16 donatori per milione di abitanti. Ma ora, dopo la crescita osservata nel 1994, il trend positivo dei donatori utilizzati si è mantenuto anche nei primi mesi del 1995. Rispetto allo stesso periodo del 1994, i donatori utilizzati sono aumentati del 45% (234 contro 161). In particolare, negli ultimi 12 mesi la regione Friuli ha avuto un tasso di donatori pma para- gonabile ai Paesi europei più attivi, mentre Liguria, Veneto e Lombardia hanno raggiunto la media europea.

Ultrasettantenne dona un rene al marito Pittsburgh, 23 dicembre Una donna di 78 anni ha donato un rene al marito di 77 anni. Si tratta della più anziana donatrice vivente di rene della storia dei trapianti. L’intervento è stato effettuato con successo presso l’University of California Medical center di San Francisco. La donatrice si chiama Victoria Whybrew e il marito Robert Whybrew. Nessuno dei parenti di Robert né i suoi figli hanno lo stesso gruppo sanguigno e quindi l’unico possibile donatore era proprio la moglie. Data la sua età le possibilità di ottenere un rene da cadavere erano veramente scarse. La donatrice sta benissimo e ha tollerato assai bene l’intervento di espianto. Il suo unico commento con la stampa è stato: “preferisco perdere un rene piuttosto che il marito”. Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine aveva mostrato straordinari risultati ottenibili con il trapianto di rene tra coniugi.

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USA, la carta per le donazioni nella denuncia dei redditi Pittsburgh, 6 febbraio Nel tentativo di diffondere sempre di più la cultura dei trapianti e della donazione, il Senato e il Congresso degli Stati Uniti hanno approvato nei giorni scorsi una legge chiamata “ insert card act” che consentirà al Ministro del tesoro di inserire in ogni cartella relativa alla denuncia dei redditi una carta “per la donazione”. In sostanza, i cittadini americani riceveranno, con i documenti necessari per pagare le tasse sui redditi, anche un modulo da compilare e accompagnare con altra documentazione allegata per divenire così potenziali donatori di organi. Attualmente, secondo gli ultimi dati disponibili, ci sono negli Stati Uniti 44.025 pazienti in lista d’attesa e circa 5.000 donatori che si dichiarano disponibili ogni anno.

Europa, 25mila trapianti di midollo in 12 anni Roma, 23 febbraio Sono 25 mila i trapianti di midollo osseo eseguiti in Europa dal 1984 ad oggi per la cura dei tumori. Sono trattati così soprattutto leucemie e linfomi e sempre di più (4.536 casi) anche le cosiddette neoplasie solide, come quelle di seno, cervello o polmone. Questi i dati del gruppo euro- peo per il trapianto dei tumori solidi (Embt), presentati oggi a Roma nel convegno sul trapianto di cellule staminali organizzato dall’azienda ospedaliera “Nicholas Green”. Il responsabile del gruppo, l’oncologo Giovanni Rosti dell’ospedale civile di Ravenna, ha reso noto inoltre che la Francia è al primo posto in Europa, con 2.817 trapianti. La seguono Italia (491), Gran Bretagna (243) e Spagna (152). Le neoplasie solide più curate tramite trapianto di midollo sono quelle del seno, con 1.075 interventi eseguiti e 250 nuove operazioni ogni anno. Seguono neuro- blastomi (1.070 e 100 nuovi trapianti l’anno), cancro al testicolo (572 e 50) e cervello (400 e 10). “In futuro – ha spiegato Rosti – si punta a sostituire il trapianto di midollo con quello delle cellule staminali peri- feriche”. Queste sono cellule del sangue il cui sviluppo può essere sti- molato con alcune sostanze (come i fattori di crescita). Una volta mol- tiplicate, le cellule vengono prelevate e, come una riserva di energie, re-infuse nell’organismo per aiutarlo ad affrontare cure aggressive, come chemioterapie molto intense. Per Rosti l’uso di cellule staminali è sempre più comune in Europa tanto che si calcola che, su 100 pazienti sottoposti ad una forte chemioterapia, 95 ricevono questo trapianto. In Italia, ha dichiarato il responsabile della divisione di immunoematolo-

57 gia dell’ospedale civile di Pescara, Antonio Iacone, le strutture specia- lizzate nel trapianto di cellule staminali periferiche sono una trentina. Tra i vantaggi di questa tecnica, la rapidità con cui queste cellule “attec- chiscono” nell’organismo. “Di conseguenza – ha osservato Iacone – diminuiscono di una-due settimane i tempi di degenza, così come il ricorso agli antibiotici e alle trasfusioni. Migliora la qualità di vita del paziente mentre si riducono mortalità e costi”. Si calcola inoltre che la tossicità delle cure antitumorali sia diminuita col tempo, passando dal 20% degli anni ’80 all’1% di oggi. La prossima sfida, ha rilevato l’ema- tologo Aldo Montuoro dell’ospedale San Camillo di Roma, è utilizzare biotecnologie e ingegneria genetica per creare farmaci “intelligenti”, capaci di riconoscere le cellule tumorali anche quando non escono allo scoperto. Finora infatti i farmaci tradizionali “riconoscono” e aggredi- scono le cellule malate solo quando queste si dividono. “Colpiscono così – ha concluso Montuoro – solo le armi del tumore, ma non le fabbriche di armi, cioè le riserve di cellule malate oggi invisibili”.

USA, il primo trapianto ‘domino’ di fegato Washington, 27 aprile Eseguito il primo trapianto ‘domino’ di un fegato nella storia della medicina. Una diciassettenne ha ricevuto l’organo in un ospedale di Miami donando il suo ad una paziente in fin di vita. Da dieci anni Rondie Ann Harris era bloccata a letto da una rara malattia intestinale. I medici del Jackson Memorial Hospital di Miami hanno deciso di sostituirle, in un colpo solo, l’intero apparato digerente: non solo inte- stino e stomaco, ma anche il pancreas e il fegato (che erano sani). “Il trapianto dell’intero blocco è più facile per i chirurghi e presenta meno rischio di rigetto – ha spiegato il dr. Andreas Tzakis, responsabile dell’operazione –. Poiché il fegato tolto a Rondie era sano, abbiamo deciso di trapiantarlo su un’altra persona”. Il fegato della diciassettenne è stato impiantato su una donna in fin di vita, da tempo in attesa diun organo. Le due pazienti sono entrambe in buone condizioni. “Mi hanno preso il fegato e l’hanno dato a qualcun altro – ha commentato Rondie Harris, diventata la prima donatrice di fegato vivente – È un’idea che mi piace. Non solo i medici hanno salvato la mia vita, ma anche quella di un’altra persona”. Poco meno di 200 trapianti multipli di organi sono effettuati ogni anno nel mondo. Mentre per le operazio- ni cuore-polmoni l’effetto ‘domino’ non è insolito, per il fegato è una novità assoluta, ha confermato un portavoce della ‘United Network for Organ Sharing’. In passato i medici avevano semplicemente gettato via gli organi sani dei pazienti sottoposti ad interventi intestino-fegato o li avevano inviati nei laboratori di ricerca. Questa procedura di ‘riciclag- gio’ degli organi sani, secondo molti esperti, potrebbe avere importanti implicazioni sullo sviluppo futuro dei trapianti di organi.

Archiviata l’inchiesta sulla morte di Ilario Lazzari Padova, 19 giugno La magistratura padovana ha archiviato l’inchiesta sulla morte di Ilario

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Lazzari, il bidello di Vigonovo (Padova) che il 13 novembre 1986 subì il primo trapianto di cuore in Italia, morto il 12 giugno del 1992. La causa del decesso fu attribuita ad una polmonite virale in persona immunodepressa. In occasione di quell’ultimo ricovero, i sanitari ese- guirono un prelievo di sangue che, sottoposto ad analisi, risultò positivo al virus dell’AIDS. Lazzari aveva contratto il virus, stabilirono gli ana- listi, durante una trasfusione tra il novembre 1985 e il gennaio 1986. La procura circondariale avviò quindi un’inchiesta che durò quattro anni e alla quale collaborarono anche i carabinieri del Nas. Nel corso delle indagini, però, non emersero responsabilità, per cui il giudice per le indagini preliminari della pretura padovana, Vittorio Rossi, ha deciso di archiviare l’inchiesta.

La proposta dell’AIDO per introdurre il silenzio-assenso Milano, 3 luglio Il consiglio nazionale dell’AIDO, l’Associazione Italiana Donatori di Organi, ha promosso una raccolta di firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare sui trapianti “ispirata al principio di ‘silenzio assenso’”. Secondo i promotori, la legge “permetterebbe di far rispettare la volontà di tutti coloro che, quando erano in vita, avevano espresso il desiderio di donare i propri organi. Non sarebbe quindi più necessario ottenere il consenso dei familiari senza il quale, oggi, è impossibile effettuare i prelievi”. A questa iniziativa dell’AIDO, precisa la stessa associazione, danno il loro sostegno l’ANED (Associazione Nazionale Emodializzati), l’ACTI (Associazione Cardio Trapiantati Italiani) e l’AITF (Associazione Italiana Trapiantati di Fegato). L’iniziativa ha per titolo “Modifica dell’articolo 6 della legge 644 del 2 dicembre 1975. Disciplina dell’obiezione al prelievo di parti di cadave- re a scopo di trapianto terapeutico”.

Nuova metodica anti-rigetto per il pancreas Boston, 6 luglio Un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania ha identifi- cato un sistema per impedire il rigetto da trapianto che potrebbe avere implicazioni nel diabete. In questa patologia, infatti, vengono distrutte delle zone del pancreas, denominate Isole di Langherans, dove viene normalmente prodotta l’insulina. Il trapianto di queste parti, che potrebbe rappresentare una terapia efficace per ripristinare la produzio- ne di insulina, è stata però finora impossibile per problemi di rigetto. Gli studiosi, guidati da Henry T.Lau, hanno pensato di trapiantare oltre alle cellule che producono l’insulina anche delle cellule in grado di produrre una molecola importante per la tolleranza immunologica. Questa mole- cola, quando è presente, manda un messaggio di morte alle cellule immunitarie che si accumulano localmente attorno a un trapianto. Nei topi, i trapianti così effettuati hanno permesso la sopravvivenza delle cellule trapiantate e la produzione di insulina per più di 80 giorni. Anche se si tratta ancora di risultati preliminari, questo metodo potrà essere sperimentato anche sull’uomo nel tentativo di impedire il rigetto.

59 Donazioni, Nord Italia raggiunge la media europea Roma, 29 agosto Sono aumentate al nord Italia negli ultimi due anni le donazioni di organi. In particolare, le cinque regioni che aderiscono al Nit (Nord Italia Transplant), Liguria, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli- Venezia-Giulia e Marche hanno raggiunto la media europea di 16 donazioni per milione di abitanti. Secondo i dati presentati ieri da Girolamo Sirchia, direttore del Nit, al congresso mondiale sui trapianti in corso a Barcellona, l’aumento di donazioni registrato nel ’96 è stato del 10% rispetto al ’95 e del 30% tra lo scorso anno e il ’94. Analizzando i dati del 1995 relativi all’Italia, le regioni aderenti all’AIRT (Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria) si trovavano a 14,5 donazioni per milione di abitanti, una media di poco inferiore a quella europea, men- tre le regioni del centro sud rimangono il fanalino di coda con una media di 4 donazioni. I motivi dell’aumento delle donazioni, secondo Sirchia, vanno ricercati nella nuova legge sull’accertamento della morte, nella nascita della figura del coordinatore regionale per i tra- pianti e delle unità di psicologi che assistono le famiglie dei donatori. Al congresso, ha spiegato Sirchia, la società internazionale dei trapianti ha approvato una bozza di linee guida che dovrà essere approvata fra pochi giorni al consiglio d’Europa, per poi essere adottate dai Ministri della sanità degli Stati membri per l’attuazione. I principali obiettivi delle linee guida europee riguardano i parametri da raggiungere per le donazioni. Il numero ottimale sarebbe di 50 donazioni per milione di abitanti, ma si potrebbe intanto raggiungere quota 30. “Con questa cifra – ha spiegato Sirchia – si riuscirebbe a bilanciare la necessità di trapianti anche in Italia. Attualmente infatti, per tutti gli organi, esiste una sproporzione tra le liste di attesa che si allungano sempre più e il numero dei trapianti che aumenta di poco, ma è sempre insufficiente”. In attesa per un trapianto di rene sono in lista circa 10.000 malati men- tre nello scorso anno si sono effettuati appena 860 sostituzioni d’orga- no. Quanto ai modi per raggiungere gli obiettivi, la bozza delle linee guida europee prevede l’istituzione di coordinatori regionali per i tra- pianti (per promuovere le donazioni di organi); l’istituzione di coordi- namenti interregionali (per provvedere alla distribuzione degli organi secondo criteri di priorità e trasparenza) e la creazione di un coordina- mento nazionale.

La carta europea dei trapianti Frosinone, 15 ottobre “La legislazione riguardante il trapianto dovrebbe comprendere una definizione precisa di morte, un chiaro concetto di consenso della dona- zione, riservatezza e bando di ogni forma di commercializzazione. Questi i requisiti minimi richiesti ad un ospedale per la donazione degli organi e il trapianto”. Lo ha dichiarato il prof. Carlo Casciani, presi- dente della Società italiana di trapianti d’organo nel corso della presen- tazione, nell’abazia di Montecassino, della Carta europea per i trapian- ti. “Perché gli organi – ha spiegato Casciani – possano essere rimossi dal corpo di una persona deceduta, è necessario che sia stato ottenuto il

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consenso e che non ci siano ragioni per credere che la persona decedu- ta fosse contraria. I medici che effettuano l’accertamento del decesso, inoltre, non dovrebbero essere coinvolti nell’intervento di prelievo degli organi né nei successivi trapianti. Non dovrebbero inoltre aver avuto in cura i possibili riceventi”. Per l’ottimizzazione della donazione di orga- ni, è stato sostenuto dai relatori, è necessario un centro di coordinamen- to trapianti che gestisca l’intero fenomeno. Le caratteristiche di tale centro andrebbero definite considerando le situazioni locali. “Per cer- care di risolvere il problema della carenza di organi – ha commentato il prof. Scicluna, del Consiglio d’ Europa – è importante promuovere una collaborazione internazionale al fine di trovare una giustificazione alle differenze esistenti tra paese e paese”. Secondo la Carta europea, i governi dovrebbero svolgere direttamente un’azione di promozione e di finanziamento allo scopo di incrementare il numero dei trapianti effet- tuati in ogni singolo Stato. Scopi di questo interscambio internazionale saranno la formazione adeguata di tutte le figure professionali e la -defi nizione delle misure atte a garantire la sicurezza del sistema, nonché lo scambio di esperienze.

Proposta una nuova definizione di morte Roma, 31 ottobre La definizione di morte sta per cambiare una terza volta. Dopo aver coinciso fino al secolo scorso con il cessare del battito del cuore e del respiro, il momento della morte viene attualmente identificato con lo spegnersi dell’attività dell’intero cervello. Non si sono ancora placate le polemiche aperte da questo concetto, soprattutto quelle relative alle leggi sulla donazione di organi per i trapianti, che un articolo pubblica- to su “Lancet” compie un ulteriore passo in avanti. Secondo David Powner, dell’Università americana di Pittsburgh, la definizione di morte non deve più riguardare il cervello nel suo complesso, ma soltanto la perdita delle funzioni superiori. Vale a dire che devono essere conside- rati deceduti coloro che non potranno più riacquistare la coscienza di sé e dell’ambiente, nonostante respirino, abbiano movimenti riflessi inconsapevoli e il midollo allungato intatto. La nuova definizione pro- posta riapre, in modo ancora più drammatico, il dibattito sulle condi- zioni di chi è in stato di coma. L’autore stesso ritiene la questione così complessa che, per il momento, preferisce non assumersi responsabilità e propone che sia il paziente stesso a scegliere, in una dichiarazione scritta, quale ritiene più giusta fra le diverse definizioni di morte, com- prendendo tra le varie possibilità anche l’arresto del battito cardiaco e del respiro.

Cambiano le liste d’attesa per il fegato negli Stati Uniti Washington, 15 novembre Rivoluzione nella politica USA per quanto riguarda le liste d’attesa per i trapianti di fegato. Al ‘top’ delle priorità, destinati a ricevere quindi per primi un nuovo organo, non saranno più i malati cronici – ossia chi come gli alcolisti soffre di cirrosi o i tossicodipendenti colpiti da epatite

61 B o C – ma i pazienti “con le più alte possibilità di sopravvivenza”. In pratica chiunque va incontro a morte imminente per improvvisa insuf- ficienza epatica, causata ad esempio da una aggressiva infezione virale o da avvelenamento. Il cambiamento di rotta nelle linee-guida a cui si sono sinora attenuti gli ospedali americani è stato deciso dallo “United network for organ sharing”, l’organizzazione che stabilisce le politiche nazionali sui trapianti per conto del Ministero della sanità statunitense. La nuova politica, a cui il ‘New York Times’ dedica un articolo di prima pagina, mette quindi al secondo posto nella lista delle priorità non solo alcolisti o drogati ma anche tutti i malati cronici, colpiti da tumori, disturbi ereditari e infezioni virali che per decenni hanno danneggiato il fegato. “Il criterio per cui si dava l’organo prima alle persone più malate è sempre stato sospetto – ha sostenuto George Annas, professo- re di diritto sanitario alla Boston University –. La vera regola da segui- re è quella di trapiantare il fegato su chi può beneficiarne maggiormen- te”. Non è presente alcun giudizio morale nei confronti di chi, come gli alcolizzati, si è rovinato coscientemente il fegato per decenni, sostengo- no gli autori delle nuove linee guida. Ma alcuni esperti avvertono che d’ora in avanti proprio i malati cronici, che sinora hanno rappresentato il 90% dei pazienti al top delle liste e di cui il 20% era composto da persone che utilizzavano droghe o abusavano con l’alcol, sarà costretto ad aspettare troppo a lungo un organo. La conseguenza sarà l’aumento inevitabile del numero di decessi tra questi pazienti. Di parere opposto James Wolf, direttore dello United network for organ sharing (Unos): “le nuove regole – ha osservato Wolf – dovrebbero diminuire il numero di morti, proprio perché consentiranno la precedenza sui trapianti ai pazienti che hanno più chance di una piena guarigione. La ’spietata’ decisione presa dall’Unos è stata resa necessaria dalla particolare caren- za di questo tipo di organo e dalla mancanza, nel caso di improvvisa insufficienza epatica, di terapie alternative”. Per il fegato non esiste nulla di paragonabile alla dialisi con cui si tengono in vita i malati di reni in attesa di un trapianto. Secondo i dati dell’organizzazione, 7.200 persone sono nelle liste per un trapianto di fegato, mentre l’anno scorso 3.922 pazienti hanno ricevuto un nuovo organo.

Un cuore nuovo a sole 5 ore di vita Pittsburgh, 22 novembre Dodici giorni fa in Florida è stato eseguito un trapianto di cuore su una piccola paziente di appena cinque ore di vita. L’intervento è stato effet- tuato domenica 10 novembre al Jackson Children’s Hospital di Miami e la notizia è stata resa nota dalla rivista Transplant News. A ricevere il cuore è stata Cheyenne Pyle, una neonata alla quale era stata diagno- sticata, ancora in utero, un difetto cardiaco noto come ipoplasia ventri- colare sinistra. La bambina, secondo quanto ha riportato la rivista, è venuta alla luce al termine della trentaquattresima settimana di gravi- danza e già alcune ore prima della sua nascita si era reso disponibile un donatore idoneo per lei. Negli Stati Uniti si contano annualmente circa 150.000 casi di malattia cardiaca simile a questa, ma nella maggior

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parte dei casi la diagnosi viene fatta dopo la nascita, in una fase troppo tardiva per prevenire la morte del piccolo paziente. Secondo i medici del Jackson Children’s Hospital le possibilità di sopravvivenza della piccolaCheyenne,cheattualmente sta bene,sonodell’85%.L’intervento, ha spiegato Francesco Parisi, coordinatore dell’attività di trapianto dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, è il secondo trapianto di cuore ‘record’ effettuato in una neonata. “Il primo al quale ho partecipato – ha commentato Parisi –, si è svolto a Loma Linda nel 1987 su Paul, un neonato di appena tre ore di vita che oggi ha nove anni.

A Brescia il primo trapianto di midollo su feto 5 mesi Milano, 29 novembre È stato realizzato a Brescia il primo trapianto europeo di midollo osseo in utero. Un feto di cinque mesi, affetto da “immunodeficienza combi- nata grave” (conosciuta come SCID, Severe Combined Immuno- Deficiency) diagnosticata dopo amniocentesi e analisi del DNA, ha subito il trapianto col midollo donato dal padre. La gravidanza è decor- sa regolarmente e il bambino è nato in ottime condizioni generali. Giovanni, che oggi ha quattro mesi e mezzo, ha le difese immunitarie assolutamente normali, come dimostrano gli esami di laboratorio. Lo ha reso noto oggi a Milano, alla vigilia della pubblicazione dei risultati scientifici sulla rivista internazionale “Lancet”, Alberto Ugazio, direttore della Clinica Pediatrica bresciana, nell’ambito di una conferenza stampa convocata da Telethon, che ha finanziato le ricerche (500 milioni in tre anni) che hanno reso possibile questo risultato. L’intervento è stato ese- guito, nell’ambito dell’Università di Brescia, dall’equipe del Centro Trapianti della Clinica Pediatrica, in collaborazione con la Clinica Ostetrico-Ginecologica e la Cattedra di Chimica. La SCID, ha spiegato Ugazio, è una malattia genetica che comporta assenza di difese immu- nitarie fin dalla nascita e, se è non diagnosticata tempestivamente,- pro voca la morte entro il primo anno di vita. L’unica cura consiste nella sostituzione del sistema immunitario difettoso con uno sano, tramite un trapianto di midollo osseo. Ma tale intervento finora non era mai stato realizzato in utero, con tutte le maggiori garanzie di riuscita che, teori- camente, questa soluzione presentava. Quasi contemporaneamente un trapianto analogo è stato eseguito a Los Angeles, ma i risultati non sono ancora stati pubblicati. Ugazio ha sottolineato come questo intervento rappresenti oggi un’alternativa terapeutica all’interruzione di gravidan- za e apra nuove prospettive per la cura di altre patologie di origine genetica, quali la talassemia e la fibrosi cistica. I genitori di Giovanni nel 1994 avevano avuto un altro bambino, Roberto, con la stessa malattia, ma essa era stata diagnosticata tardivamente e il piccolo era morto di polmonite nel 1995.

Uomo “dona” e riceve il suo stesso rene Washington, 30 dicembre In un raro ed inusuale intervento chirurgico un uomo di 55 anni ha ‘donato’ e ricevuto il suo stesso rene. L’operazione, chiamata ‘chirurgia

63 2 ex-vivo’, ossia all’esterno del corpo umano, consiste nella rimozione di un rene, nel trattamento dell’organo colpito da aneurisma e nel reim- pianto dell’organo curato. L’operazione è stata eseguita con successo all’ospedale della Ochsner Foundation di New Orleans. Garland Dufrene, questo il nome del paziente, soffriva da anni di calcoli renali e dell’uretra e recentemente una sofisticata analisi radiologica aveva individuato un aneurisma nell’arteria che rifornisce sangue al rene sini- stro. Il medico curante, Nicholas Feduska, direttore del programma di trapianti all’ospedale di New Orleans, ha così deciso di tentare l’opera- zione nella quale, ha spiegato, “l’organo è stato rimosso dall’organismo del paziente insieme all’uretra e alle arterie e vene connesse. Il malato è stato trattato così come donatore e ‘ricevente’ del rene”.

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Il rene materno non è migliore di quello del papà Pittsburgh, 24 gennaio Smentita la convinzione che la madre sia “migliore” del padre come donatore di rene da vivente. Uno studio presentato al convegno annua- le dell’American Society of Nephrology ha dimostrato, infatti, la non validità scientifica di questa osservazione. La ricerca, la più ampia mai condotta in questo settore, ha coinvolto 100 Centri universitari ameri- cani ed è stato coordinata dal North American Pediatric Renal Transplant Cooperative Study. I ricercatori hanno esaminato tutti i trapianti pediatrici eseguiti negli Usa negli ultimi 9 anni, focalizzando l’attenzione su 1.552 trapianti di rene da vivente nei quali il donatore era uno dei genitori. 246 non hanno funzionato a lungo termine e, di questi, 102 erano del papà (pari al 15,1% su un totale di 675 donazioni paterne) e 144 dalle mamme (pari al 16,4% su un totale di 877 dona- zioni materne). Secondo Alicia Neu, uno degli autori dello studio, l’analisi dimostra con chiarezza che non godono di alcun fondamento le argomentazioni a sostegno delle madri come “migliori” donatori per i propri figli. L’unica situazione nella quale la madre può essere ancora considerata come donatore preferibile al padre è quella di trapianto di rene in un bambino di età inferiore ad un anno. Solo in questa specifi- ca e rara circostanza, infatti, è più probabile che tra madre e figlio vi sia una barriera immunologica minore.

Le infezioni sono le prime responsabili di decesso Milano, 13 febbraio In tutti i tipi di trapianto d’organo le infezioni rappresentano la princi- pale causa di complicanze e di mortalità nel primo anno dall’interven- to. Ogni 100 persone che muoiono dopo un trapianto, più di 50 dece- dono a causa di un’infezione e per 40 di loro questa si localizza nei polmoni. Ne hanno parlato oggi gli specialisti dell’ospedale di Niguarda nel presentare, nel corso di una conferenza stampa, il convegno inter- nazionale in tema di “infezioni polmonari nei trapianti d’organo”, che si terrà domani e dopodomani nell’ospedale milanese e che ospiterà più di 40 relatori provenienti dalle maggiori istituzioni europee e america- ne. Quello di Niguarda è l’unico ospedale italiano nel quale si effettua- no tutti i tipi di trapianti d’organo, si trova dunque in prima linea in questo genere di problemi. Nel caso dei trapianti d’organo il rischio di infezione aumenta a causa dell’immunosoppressione instaurata con i farmaci nel paziente, per evitare che l’organismo reagisca e provochi il

67 rigetto del nuovo organo. Ma anche il paziente in attesa dell’operazione è in genere vittima di infezioni perché immunodepresso da una malat- tia grave. Il medico deve quindi farlo arrivare al trapianto guarito dall’infezione. “Questa è una tematica molto sentita al Centro cardio- logico De Gasperis di Niguarda – ha commentato in proposito la car- diologa Maria Frigerio –, dove stiamo mettendo a punto trattamenti facilmente poi trasferibili nella pratica clinica a moltissimi pazienti”. “In particolare – ha precisato Frigerio – ci siamo resi conto che è importantissima, in questo campo, l’estrema sorveglianza del paziente e l’aggressività diagnostica, ancor prima di quella terapeutica”.

Niente trapianti di reni in Europa per gli italiani Roma, 18 febbraio Niente trapianti di reni per circa 2.500 italiani malati cronici e dializ- zati, iscritti nelle liste d’attesa dell’organizzazione per i trapianti “Eurotransplant” composta da Austria, Germania, Olanda, Lussemburgo e Belgio. Lo ha sostenuto oggi il coordinatore nazionale del Forum delle associazioni di nefropatici, emodializzati e trapiantati, Pio Bove, del Tribunale per i diritti del malato. Bove nei giorni scorsi ha ricevuto una lettera dall’Ente europeo, con sede a Leiden in Olanda, dove viene annunciato che “sono state annullate, sine die, tutte le visite per la tipizzazione (la verifica della compatibilità dell’or- gano) sui i malati in lista d’attesa non residenti in Belgio, categoria della quale fanno parte gli italiani”. “La decisione di escludere circa 2.500 italiani dializzati è vergognosa – ha commentato Pio Bove – ma è l’ultimo episodio di una tendenza in atto da un po’ di tempo in Europa, come è già avvenuto in Gran Bretagna, Francia e Spagna”. “Purtroppo la disperazione può spingere molte persone bisognose di trapianto di rene ad andare in India o in altri paesi – ha aggiunto –, dove è più facile reperire organi, ma dove è anche enorme il rischio di morire sotto i ferri per carenze igienico-sanitarie ed incompatibilità degli stessi organi”. Inoltre, secondo i dati diffusi dal Tribunale, in Italia vivono circa 11mila persone in attesa di trapianto di rene. Di queste, circa 5mila fanno parte di liste europee come quella dell’Euro- transplant. Sono oltre 35mila i malati con insufficienza renale cronica costretti a sottoporsi a dialisi. Il segretario nazionale dell’Mfd, Teresa Petrangolini, ha chiesto l’immediato intervento dei ministri della Sanità e degli Esteri, Rosy Bindi e Lamberto Dini, per protestare con- tro il provvedimento preso dall’Eurotransplant e la rapida approvazio- ne delle due leggi in discussione in Senato sull’organizzazione dei centri trapianti e sulla manifestazione di volontà per la donazione di organi post-mortem. “Viste le difficoltà presenti in Italia per poter trovare un organo da trapiantare – ha concluso Teresa Petrangolini –, la chiusura decretata in ambito europeo suona come una vera condan- na a morte per tanti malati che avevano la speranza di non dover vivere attaccati ad una macchina per la dialisi”.

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Nasce Dolly, la prima pecora clonata Roma, 21 febbraio I ricercatori dell’istituto di biotecnologie Roslin di Edinburgo sono riu- sciti a far nascere un agnello che ha una particolarità unica al mondo: è la copia identica di un suo simile, ottenuta mediante una vera e pro- pria clonazione. In una cellula uovo è stato inserito il nucleo di una cellula già differenziata, cioè adulta. La via della clonazione nella peco- ra, la possibilità cioè di riprodurre da una cellula un identico essere vivente, secondo numerosi scienziati italiani apre teoricamente la possi- bilità di applicare questa tecnica nell’uomo, anche se la struttura cellu- lare dell’organismo umano è molto più complessa e sofisticata. I detta- gli sulla riuscita degli esperimenti sull’animale saranno annunciati sul prossimo numero della rivista inglese Nature da Ian Wilmut e S. Campbell, dell’istituto di biotecnologie scozzese. I ricercatori del Roslin sono riusciti a trasferire in un ovocita (dal quale era stato tolto il nucleo) il nucleo di una cellula adulta di una pecora; non sono stati cioè utiliz- zati come nella fecondazione artificiale spermatozoi e tantomeno, come gli stessi ricercatori avevano fatto, nuclei di cellule in fase embrionaria. Questa volta Ian Wilmut ha utilizzato il nucleo (che contiene tutta l’in- formazione genetica di un organismo) prelevato da cellule mature (della ghiandola mammaria) di una pecora della quale si conoscevano e pro- babilmente si apprezzavano le qualità estetiche. A questo punto, spie- gano i ricercatori, l’ovocita è riuscito a far ripartire l’espressione dei geni contenuti nel nucleo, tanto da far crescere un embrione. I biotec- nologi scozzesi hanno sottolineato l’importanza zootecnica della sco- perta del metodo della clonazione, grazie alla quale si potranno ripro- durre in un numero praticamente illimitato animali con particolari caratteristiche.

Clonazione, i sì e i no di scienza e bioetica Roma, 2 marzo La condanna del Papa a qualsiasi tipo di sperimentazione biologica è stata raccolta solo in parte dal mondo della ricerca. Anche gli esperti di bioetica, pur condannando le ricerche sulla clonazione umana vogliono lasciare uno spiraglio per esaminare le possibili applicazioni positive di questo procedimento sugli animali. Per il genetista Edoardo Boncinelli, del dipartimento di biotecnologie dell’Ospedale San Raffaele di Milano, “bloccare oggi le ricerche sulla clonazione potrebbe essere un grande errore per la ricerca. Come se nell’800 fossero state fermate le ricerche batteriologiche da cui sono stati ottenuti vaccini e farmaci di importanza vitale”. Tuttavia, ha spiegato Boncinelli, il termine “clonazione” è “ten- denzioso” e fuorviante. Lo scopo dell’esperimento (che il genetista ha definito un’“acrobazia”) non era infatti ottenere tante copie identiche dello stesso animale, ma creare un individuo a partire da una cellula adulta e già specializzata. “Che ormai sia possibile ottenere copie di un essere vivente – ha proseguito – è stato dimostrato. Chiunque, prima o poi, potrebbe farlo, anche clandestinamente. È perciò inutile bloccare la ricerca. Non dà alcun vantaggio. Si rischia invece di bloccare gli studi

69 sulle cellule, un campo nel quale c’è ancora molto da imparare e che potrebbe portare alla possibilità di prevenire e curare malattie e danni genetici”. Un “no” deciso alla clonazione umana, ma una certa apertu- ra a quella animale, viene dal presidente del comitato nazionale di Bioetica, Francesco D’Agostino. Il comitato, ha dichiarato D’Agostino, ha già espresso una condanna unanime della clonazione umana nel documento sullo statuto dell’embrione, approvato in giugno. Ora che è stata dimostrata la fattibilità della clonazione, “è necessario preparare un nuovo documento”. Il comitato ne comincerà a discutere nella riu- nione prevista tra due settimane e il documento potrebbe essere pronto “in tempi rapidi”, forse entro l’estate. Per D’Agostino la clonazione umana è una “plateale manipolazione dell’identità umana”, contraria ad ogni principio etico e “priva di ogni ragione terapeutica”. Tuttavia, ha proseguito, “bisognerà riflettere sulla clonazione degli animali”, tenendo presente la possibilità di ottenere in questo modo organi per i trapianti. “Anche se è ancora un’ipotesi fantascientifica – ha rilevato D’Agostino –, si tratta di una possibilità da considerare poiché l’interes- se per la salute umana è prevalente dal punto di vista etico”. Dal tempo della prima vaccinazione, ha concluso, avvenuta due secoli fa, gli anima- li sono sempre stati utilizzati a fini terapeutici.

Crescono gli interventi ma 12mila in attesa Roma, 30 aprile La stima dei malati in lista di attesa per ricevere un organo è di circa 12.000 persone. Lo ha precisato il Nord Italia Trapianti (Nit), secondo il quale “le attività di trapianti e di donazioni d’organo in Italia sono in lieve crescita grazie anche al cosiddetto ‘effetto Nicholas Green’”. Dal 1993 al 1996, secondo i dati diffusi dal Nit presieduto dal prof. Girolamo Sirchia, sono state effettuate 6.628 sostituzioni d’organo (rene cuore, polmoni, fegato, pancreas) così suddivise: 1.154 nel 1993, 1496 nel 1994, 1897 nel 1995 e 1981 nello scorso anno. Nonostante il lieve incremento dell’attività trapiantistica si calcola che il fabbisogno richiesto per i trapianti di cuore è 2.400 unità, 500 unità per il fegato e 500 per il polmone. Dei 12.000 malati in lista di attesa circa il 90% attende un rene.

Dottor Morte offre gli organi delle persone suicide New York, 23 ottobre Il controverso medico americano fautore dell’eutanasia Jack Kevorkian, soprannominato ‘Dottor Morte’, ha intenzione di offrire gli organi dei malati suicidi ai pazienti che hanno bisogno di un trapianto. In una conferenza stampa Kevorkian ha dichiarato: “Quando qualcuno muore, è sempre negativo. Ma qui c’è la favorevole circostanza per la quale si può mettere fine alle sofferenze di un malato e donare i suoi organi per salvare vite umane”. Secondo Kevorkian potrebbero essere espiantati per prima cosa polmoni e cuore e in ogni caso gli organi da trapiantare proverrebbero sempre da pazienti nei quali tali organi non sono stati la causa della malattia che li ha condotti al ‘suicidio assistito’

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propugnato Kevorkian stesso. Dal 1990, anno in cui cominciò la sua battaglia per l’eutanasia, Kevorkian avrebbe ‘assistito’ il suicidio di circa 70 malati terminali. A chi gli ricordava il suo soprannome, Kevorkian ha risposto: “Dottor Morte non significa nulla per me. La morte è parte della vita. Ogni cosa muore. Il problema nasce quando questo non viene accettato”.

Stabiliti i criteri di scelta del NITP per il rene Ancona, 25 ottobre “Sono state stabilite le sequenze logico-decisionali per la scelta oggetti- va dei trapiantati di rene”. Lo ha spiegato Gerolamo Sirchia, a conclu- sione della riunione tecnico-scientifica del NITP.“Criteri – ha precisato Sirchia – che saranno subito avviati con l’ausilio dell’informatica, stru- mento oggettivamente equo e scientificamente sicuro”. Il trapianto di reni è il più richiesto, con 50 persone per milione di abitanti. “Entro l’estate – ha annunciato il presidente del NITP –, potrebbero essere scelti quelli per i trapianti di cuore; per il fegato la situazione è comples- sa”. Decisioni che faranno “giurisprudenza”, considerando che NITP attua gran parte dei prelievi e trapianti in Italia, specialmente nel cen- tro-nord. Sono state anche predisposte le proposte di emendamento al disegno di legge in discussione al Parlamento: più importanza ai pro- grammi interregionali, in linea con le raccomandazioni comunitarie, rispetto a quelli regionali e giusti bacini organizzativi territoriali per ogni singola fase dell’iter prelievo-allocazione degli organi-trapianto. A margine della riunione Sirchia, riprendendo parte del dibattito sul tra- pianto da vivente, ha spiegato: “Non è vero che risolverebbe la carenza di organi. Sulle donazioni da deceduti siamo solo a metà del percorso, abbiamo anche registrato dati vicini alla necessità, 50 su un milione di abitanti. Si può fare ancora molto per incrementare i prelievi da morto, anche in poco tempo, la Spagna ad esempio insegna. Attenti quindi a facili fughe in avanti. Il prelievo da vivente, non del tutto sicuro poi, potrebbe incentivare il ‘mercato nero’”.

Bosnia, primo trapianto di rene dalla fine della guerra Sarajevo, 18 novembre Un’equipe medica di un ospedale di Sarajevo ha effettuato oggi per la prima volta dalla fine della guerra in Bosnia un trapianto di rene padre- figlio su un malato di 30 anni. Lo ha annunciato la televisione bosniaca. Il malato, che era in dialisi da oltre sei mesi, ha ricevuto un rene dal padre e le sue condizioni sono state definite questa sera soddisfacenti. Altri sei trapianti di reni sono in preparazione nello stesso nosocomio su malati che hanno già trovato un donatore, precisa la televisione, aggiungendo che numerosi altri pazienti cercano un rene e che attual- mente sono oltre 800 le persone che si sottopongono alla dialisi.

Tre organi nuovi in una sola operazione Milano, 9 novembre Viveva da otto mesi senza pancreas e intestino, nutrendosi esclusiva-

71 mente per fleboclisi, Raffaele R., il giovane calabrese sottoposto con successo ieri al Policlinico di Milano a un lunghissimo intervento per il trapianto di pancreas, fegato e intestino. Il triplo intervento è stato con- dotto dall’equipe del prof. Luigi Raniero Fassati il quale, a causa dell’estrema difficoltà dell’operazione, ha dovuto chiedere e ottenere l’autorizzazione del Ministero della Sanità. L’intervento è stato deciso domenica sera, quando all’ospedale di Mestre (Venezia) è stata data la disponibilità di un donatore compatibile. L’operazione al Policlinico è iniziata intorno alle 22,30 dello stesso giorno e si è conclusa, dopo 19 ore, ieri sera alle 18. Raffaele R., che ha 30 anni ed era affetto da un tumore desmoide della cavità addominale, è ora ricoverato in rianima- zione nel padiglione Emma Vecla del Policlinico. Le sue condizioni, riferisce un comunicato dell’ospedale, sono “molto buone”, ma la pro- gnosi “deve mantenersi riservata poiché il rigetto multi-viscerale può essere molto temibile in tale tipo di intervento”. “Un trapianto come questo – ha spiegato Fassati – non comporta di per sé tripli problemi di rigetto, perché i tre organi sono stati prelevati da una sola persona”. “I problemi sono invece dovuti – ha continuato Fassati – al fatto che fra gli organi trapiantati è presente anche l’intestino, ricco di tessuto linfatico e perciò a maggior rischio di rigetto”. Per scongiurare questo rischio Raffaele R. dovrà assumere dosi adeguate farmaci antirigetto. “Il tumore di cui soffriva il paziente – ha spiegato Fassati – aveva causato una fibromatosi retroperitoneale, producendo un’enorme massa nell’ad- dome che creava compressioni sui tre organi. Otto mesi fa Raffaele era stato operato all’Istituto Europeo di Oncologia dal prof. Bruno Andreoni, costretto ad asportare pancreas e intestino, lasciando il solo fegato, col coledoco esterno per permettergli di espellere la bile. Da otto mesi il paziente era nutrito esclusivamente per fleboclisi”. Per un inter- vento simile due anni fa un paziente di Bari, Leonardo Cioce, oggi trentenne, aveva dovuto recarsi al Jackson Memorial Hospital di Miami per farsi operare dal prof. Tzakis, il chirurgo con grande esperienza in trapianti multiviscerali. Gli vennero trapiantati intestino, pancreas, fegato, stomaco e un rene. “Costò un miliardo e mezzo – ricorda Fassati – e a Bari fu aperta una sottoscrizione per aiutarlo. Da oggi questi interventi vengono effettuati anche in Italia, a un costo (circa 150 milio- ni) che è quello di un normale trapianto di fegato ed è un decimo di quello americano”.

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Il modello USA è applicabile anche in Italia Roma, 12 febbraio Il modello organizzativo statunitense dei trapianti sarebbe adattabile all’Italia e, anzi, da noi potrebbe funzionare ancora meglio per la mag- giore omogeneità della nostra popolazione. A sostenerlo è stato Robert Mendez, direttore del programma di trapianto multiorgano della Scuola di medicina dell’Università della California del Sud e presiden- te dell’Istituto nazionale dei trapianti, al termine dell’audizione di oggi al comitato ristretto della commissione Affari sociali della Camera. Negli USA, ha spiegato il chirurgo, consulente del governo americano, esistono 69 agenzie “ufficiali” per il reperimento di organi e 393 centri che ogni anno effettuano 15-20mila trapianti. Tuttavia, ben l’80% dei potenziali donatori non è utilizzabile per la severità degli accertamenti sulle malattie infettive. Per cuore, fegato e polmone è prevista una copertura federale dei costi, che quest’anno dovrebbe essere estesa anche al pancreas, ora coperto solo dalle assicurazioni. Negli USA, ha proseguito, non è obbligatoria la manifestazione di volontà alla dona- zione d’organi che, quando espressa, viene registrata su documenti personali come la patente. In assenza della dichiarazione, è possibile procedere all’espianto salvo che entro 24 ore la famiglia si opponga. L’eventuale impossibilità a rintracciare i parenti, ha sottolineato Mendez, deve essere “accuratamente documentata” con ogni mezzo possibile.

Nuove tecniche contro il rigetto, organi da maiali transgenici Firenze, 18 febbraio La barriera del rigetto sta per essere definitivamente superata grazie all’impiego sinergico di nuovi farmaci. Tra due anni verrà inoltre spe- rimentato sugli uomini il primo trapianto di organi da maiali transge- nici, nei quali cioè è stata innestata una proteina umana che “trucca” l’organo per impedirne il rigetto. Queste le nuove e imminenti frontiere nel trapianto di organi delineate a Firenze dove, fino a domani, oltre 1.400 esperti provenienti da 48 differenti Paesi, di cui oltre 200 italiani, partecipano al congresso internazionale “New dimensions in transplan- tation – Weaving in the future”. Grazie a molecole di recente acquisi- zione, come la ciclosporina, che hanno ridotto l’incidenza e la gravità del rigetto, il trapianto di organi sta perdendo il carattere di “ultima carta” da giocare contro la morte e si avvia a diventare sempre più una opzione terapeutica che si confronta con altre soluzioni. Gli interventi

75 effettuati in Italia nel 1997 sono stati 2.223, sommando i trapianti di rene da vivente e da cadavere, di cuore, polmone, cuore-polmone, fega- to e rene-pancreas. Il trapianto di rene è il più diffuso, seguito da quel- lodifegatoedaquellodicuore. Le nuove tecniche ed i nuovi farmaci, ha sottolineato il professor Claudio Ponticelli dell’ospedale Maggiore Policlinico di Milano, con- sentono oggi una sopravvivenza dei trapiantati dopo i cinque anni che varia tra il 70% e l’80% e “potremmo quindi – ha aggiunto Ponticelli –salvaremoltepiùviteumanesefossepiùfacilereperiregliorganida trapiantare, se ci fossero cioè più donatori”. “Una legge troppo compli- cata – ha concluso il professore –, accompagnata ad una scarsa cono- scenza dei progressi compiuti nei trapianti, rendono difficile il reperi- mento di organi”. La situazione non brilla tuttavia nemmeno negli Stati Uniti dove, secondo quanto ha riferito il professor Barry Kahan, chai- rman del congresso, la domanda di organi è di tre volte superiore alle disponibilità. In Italia il numero di donazioni è passato dall’11 per milione di abitanti del ’96 all’11,6 per milione del ’97, una media che viene giudicata ancora significativamente inferiore a quella europea, che nel ’96 era di 15,2 con una chiara leadership della Spagna (26,8).

Bindi, riorganizzare la rete dei centri trapianto Roma, 7 maggio Si punta sulla riorganizzazione della rete dei centri di trapianto. Il Ministro della Sanità, Rosy Bindi, auspica che la nuova legge venga varata, in prima lettura, entro l’estate ma ancora i trapianti sono troppo pochi. Oltre 10mila pazienti sono infatti in lista di attesa per un rene, 1.000 per un trapianto di fegato, 1.000 per il cuore e 100 per il polmo- ne. Una lista che stenta a ridursi a causa, secondo le associazioni e il Ministero, della poca sensibilità al problema ma soprattutto per carenze organizzative. Negli ultimi sei anni l’Italia ha raddoppiato il numero dei donatori, che da 5,8 milioni di abitanti è passato a 11,6 del ’97, grazie anche al cosiddetto “effetto Nicholas”. La situazione è inoltre poco omogenea, con un notevole distacco a favore delle regioni settentriona- li dovuto soprattutto, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, all’attività insufficiente di molte regioni meridionali. Qualche lume di speranza sorge però dai dati del ’97, i più recenti del registro nazionale trapianti dell’ISS. Siamo più vicini alla media europea: 11,6 donatori per milio- ne di abitanti mentre nel resto d’Europa ce ne sono 15 per milione di abitanti. Siamo ancora molto lontani però dall’autosufficienza: sono stati fatti nel ’97 poco più di 20 trapianti di reni per milione di abitanti mentre ne servirebbero più del doppio.

Storie di organi venduti per povertà Roma, 26 giugno È la disperazione a motivare i casi di “offerta” a pagamento di reni o altri organi che sempre più spesso affiorano nelle cronache, all’estero ma anche in Italia. Proprio nel nostro Paese, nell’ottobre del 1994, si verificarono due casi che ebbero notevole risonanza sui mass media.

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Sergio Melis, operaio di 36 anni di Carbonia, in cassa integrazione, lanciò l’offerta di cedere al migliore offerente uno dei suoi reni. L’operaio aveva fissato un “prezzo base” (50 milioni di lire) ma si era detto anche disposto ad accettare una somma inferiore purché accom- pagnata da un posto di lavoro. Il denaro gli serviva per pagare i debiti accumulati per mantenere la famiglia. Melis spiegò di essersi ispirato ad un caso analogo, quello di un operaio genovese la cui storia era stata raccontata in tv. Pochi giorni dopo fu la volta di un disoccupato roma- no, Marco Lanini, allora di 28 anni, padre di due figli piccoli, ex carce- rato, con una lunga storia di droga alle spalle. Il suo appello suonò particolarmente disperato: “Ho deciso: metto in vendita i miei organi, tutti quelli che posso dare, forse così mia moglie e i miei figli potranno sopravvivere”. Ma è soprattutto il Terzo Mondo, dove la miseria rag- giunge picchi estremi, a registrare un vero commercio di organi da donatori disperati. Nel giugno di un anno fa al Cairo vennero arrestati i responsabili di un vero e proprio centro di vendita di reni offerti da persone in miseria. La stampa egiziana riportò anche alcuni prezzi: ad un libico vennero chiesti 10mila dollari da versare al “donatore” del rene, più 35mila dollari per il chirurgo e circa 6.000 per l’organizzazio- ne.Nell’apriledel1997siregistròuncasoaGerusalemme:secondo quanto riportato dai giornali arabi della città, un palestinese di 20 anni aveva venduto un rene per la somma di 40.000 dollari e la vicenda sarebbe stata solo un episodio di un traffico in via di sviluppo. Un altro caso pochi giorni fa dall’Algeria: un imbianchino di Algeri, sposato e padre di due bambini, avrebbe messo all’asta uno dei suoi reni per poter pagare i suoi debiti (circa tre milioni e mezzo di lire).

Fatti crescere nuovi reni in laboratorio Washington, 29 giugno Nuovo passo avanti verso la possibilità di dire addio ai trapianti. Ora si cerca di far crescere nuovi organi all’interno del corpo degli stessi mala- ti. L’esperimento, riguardante i reni, è per ora riuscito solo sugli anima- li. Ma la tecnica, secondo gli scienziati americani che l’hanno sviluppa- ta, potrebbe essere applicata sugli esseri umani nel giro di cinque anni. Alla Washington University di St. Louis, un gruppo di ricercatori gui- dati da Marc Hammerman è riuscito ad indurre la rigenerazione di nuovi reni nella cavità organica addominale di ratti da laboratorio. Non solo, il test è riuscito utilizzando cellule embrionali tratte da un’altra specie di topi, diversa da quelli che hanno ricevuto l’impianto. La pro- cedura ha utilizzato cellule di tessuto renale estratte da embrioni ed impiantate nell’addome dei ratti. Nel giro di sei settimane nuove vene sonocresciuteintornoall’organoesisonoformatirenicompleti,anche se della grandezza di un terzo degli organi adulti. “È il primo esperi- mento simile mai realizzato – ha commentato Hammerman –. In teo- ria non sarebbe possibile, forse per questo nessuno ci aveva mai nem- meno provato”. Lo scienziato ha osservato che i reni ‘rinati’ funzionano per ora all’1% delle possibilità, ma si è detto convinto che l’efficacia del 10% potrà essere facilmente raggiunta. Il 10% di funzionalità è la

77 soglia minima dopo la quale i malati di disfunzioni renali vengono costretti alla dialisi. Secondo Hammerman, il test sugli animali dimo- stra che un giorno sarà possibile far crescere reni nuovi in pazienti umani prelevando le cellule embrionali dai maiali. Il risultato consiste- rebbe in organi ‘misti’ che uniscono cellule animali a quelle umane, diminuendo i rischi di rigetto nei casi di trapianti di organi completi da bestie a persone. Un approccio alternativo – delineato dagli esperti – ma con tutta probabilità ostacolato dagli antiabortisti, sarebbe l’utilizzo di cellule fetali umane tratte dagli embrioni.

Sperimentata terapia genica contro il rigetto Boston, 16 settembre Ricorrere alla terapia genica per risolvere il problema del rigetto nel trapianto di organi. La scoperta, finora sperimentata solo nei topi, potrebbe aprire sia la possibilità di superare in parte gli attuali ostacoli nel trapianto di organi da animali a uomo e, in futuro, di affrontare in modo nuovo il problema delle malattie autoimmuni. La ricerca, pubbli- cata su “Science” venerdì 18, è stata condotta negli Stati Uniti, presso l’Università di Harvard. Accanto al rischio della trasmissione di perico- lose infezioni, il trapianto da animale a uomo è oggi ostacolato dal rigetto. L’organo estraneo viene cioè rifiutato dall’organismo in cui viene trapiantato e le sue cellule distrutte dagli anticorpi. In questo caso il bersaglio degli attacchi sferrati dal sistema immunitario è la molecola “alfa-Gal”, che si trova sulla superficie delle cellule dell’organo trapian- tato. Il primo passo dei ricercatori è stato ottenere topi geneticamente modificati nei quali il gene che in essi controlla la produzione di “alfa- Gal” è stato sostituito con quello che controlla la produzione della stessa molecola nei maiali. Il gene dei suini è stato introdotto nei topi attraverso le cellule del midollo. Quando le cellule modificate sono state trapiantate in altre cavie, questi non hanno prodotto anticorpi contro la “alfa-Gal” suina. Il loro organismo ha così “imparato” a tollerare mole- cole di altre specie.

In Francia il primo trapianto di mano della storia Milano, 24 settembre Per la prima volta al mondo una mano è stata trapiantata ad un uomo che era rimasto monco 14 anni fa. L’eccezionale intervento è stato com- piuto ieri all’ospedale Edouard Herriot di Lione da un’equipe interna- zionale, della quale fa parte il microchirurgo italiano Marco Lanzetta, responsabile del centro di chirurgia della mano dell’ospedale San Gerardo di Monza, polo didattico dell’Università statale di Milano. Le condizioni del paziente trapiantato, un neozelandese di 48 anni, sono “stabili e soddisfacenti”, si è appreso a Milano da parte del dott. Lanzetta. Alle 15 l’equipe di chirurghi, guidata dal francese Jean Michel Dubernard e dall’australiano Earl Owen, terrà una conferenza stampa nell’ospedale di Lione. Il donatore della mano (la destra, con parte dell’avambraccio) è un uomo di 43 anni, del quale non è stato reso noto il nome, morto in una località ad un centinaio di chilometri a sud di

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Lione. L’intervento si è articolato in quattro fasi: alle 4.30 di mercoledì l’equipe chirurgica è partita da Lione per raggiungere l’ospedale di Valence, dove alle 6 è cominciata l’operazione di espianto di parte dell’avambraccio destro, al di sotto del gomito, dal donatore. L’arto è stato raffreddato e trasportato in elicottero all’ospedale Edouard Herriot di Lione, dove è stato trattato chirurgicamente per adattarlo con preci- sione al ricevente. In precedenza costui aveva sostenuto tutta una serie di test tendenti a rilevare il preciso stato di ossa, muscoli, tendini e vasi sanguigni e poter così stabilire le compatibilità con il donatore. L’intervento vero e proprio di trapianto è cominciato a mezzogiorno ed è terminato alle 23 di ieri sera. Nella prima fase sono state fissate le ossa dell’arto da trapiantare al moncherino con placche e viti. È quindi cominciata la parte più delicata dell’operazione, dove Marco Lanzetta è intervenuto personalmente: la riattivazione della circolazione sanguigna con la sutura delle arterie radiale e cubitale e di tutti gli altri piccoli vasi sanguigni. La parte dell’intervento che ha richiesto i tempi più lunghi è stata quella della sutura dei tre nervi principali dell’avambraccio. Come in tutti i trapianti, il trattamento post-operatorio consiste nella sommini- strazione di farmaci immunodepressivi per scongiurare il rigetto. La rieducazionedellamanodovrebbecominciaregiàdaoggi,anchesei risultati funzionali dell’operazione non potranno essere valutati prima di un periodo che va da un anno ad un anno e mezzo: il tempo che occor- re al processo di rigenerazione nervosa per completarsi, fino al raggiun- gimento dell’estremità delle dita.

Gli interventi impossibili che oggi sono realtà Roma, 24 settembre Trapianti ‘impossibili’? Oggi sembrano rimanerne ben pochi. Dal primo trapianto mondiale di cuore effettuato nel 1967 dal chirurgo sudafricano Bernard, infatti, la scienza ha fatto passi da gigante ed oggi quelle che, fino a 30 anni fa parevano frontiere irraggiungibili, sono ormai realtà. Trapianti complessi sono quasi di routine, tanto che per un trapianto di cornea è oggi sufficiente il Day Hospital. Il primo inter- vento del genere è stato eseguito a Padova lo scorso febbraio: è durato solo mezz’ora in anestesia locale. Ed anche i trapianti multipli sono sempre più frequenti. Il più recente in Italia: fegato e rene impiantati in un paziente a Genova lo scorso aprile. Ma sono sempre più numerosi gli organi per i quali si rende possibile il trapianto. Tra gli interventi più ‘innovativi’ effettuati nel solo 1998 è da segnalare il primo trapianto di laringe. Timothy Heidler, 40 anni, ha potuto parlare per la prima volta in 19 anni dopo aver ricevuto una nuova laringe nel primo trapianto di quest’organo mai effettuato con successo al mondo. Sempre negli Stati Uniti è stato eseguito, ad aprile, il primo trapianto cuore-midollo: pro- mette di essere una tecnica rivoluzionaria per evitare il rigetto degli organi trapiantati e consentire, un giorno, le donazioni tra persone incompatibili e, forse, addirittura per dare il via all’uso di organi anima- li. È invece italiano il primo trapianto di pelle liofilizzata sul pene. L’intervento, che si basa sull’utilizzo di pelle liofilizzata acellulare (cioè

79 privata della sua identità genetica per evitare il rischio di rigetto) è in grado di risolvere in via definitiva alcuni problemi di impotenza. Un altro nuovo traguardo è stato raggiunto negli Usa con il primo trapian- to di neuroni per curare l’ictus. L’intervento, che consiste nel trapianto nell’area del cervello danneggiato di neuroni realizzati con speciali tecniche ingegneristiche, dovrebbe essere in grado di far regredire i danni causati da ictus cerebrali. E le prospettive per il futuro? C’è spe- ranza, ad esempio, per le donne irrimediabilmente sterili: tra due anni, affermano gli esperti, dovrebbe diventare realtà il trapianto dell’utero. Nuove speranze anche per la cura della sclerosi multipla: sarà presto avviata la sperimentazione del trapianto di cellule staminali. Anche l’ultima frontiera della scienza sembra ormai essere dietro l’angolo, tra comprensibili polemiche e interrogativi: il trapianto totale di un corpo, vale a dire la recisione della testa da un corpo per riattaccarla su un altro organismo intero ma cerebralmente morto (esperimento eseguito sulle scimmie), dovrebbe essere possibile, secondo il neurochirurgo sta- tunitense Robert White, entro un anno.

USA, primi trapianti senza terapie antirigetto Pittsburgh, 8 ottobre Finora considerata una “tassa” da pagare per il resto della vita in cam- bio di un trapianto, la terapia antirigetto potrebbe diventare solo una parentesi nella vita di chi ha ricevuto un nuovo organo. È quanto risul- ta dallo studio condotto negli Stati Uniti, presso l’Università di Pittsburgh, secondo cui nel 20% dei casi i pazienti che hanno avuto un trapianto di fegato tollerano la sospensione completa della terapia senza rigetto. A condizione però che l’interruzione avvenga in modo graduale nell’arco di cinque anni dal trapianto. La ricerca, condotta su 95 pazienti a partire dal 1992, è coordinata dal direttore associato della Divisione trapianti di Pittsburgh, Ignazio Marino. Speranze ancora maggiori di “svezzare” i pazienti dalle cure antirigetto potrebbero veni- re, ha spiegato Marino, da una strategia immunologica messa a punto a Pittsburgh. “Abbiamo iniziato a infondere nei pazienti – ha aggiunto il direttore –, al momento dell’esecuzione del trapianto di fegato, un determinato quantitativo di cellule prelevate dal midollo osseo dello stesso donatore da cui proviene il fegato”. La tecnica è finora stata uti- lizzata in 220 trapianti, di cui 70 di fegato e 150 di altri organi (rene, cuore, polmone e intestino). È risultato che il trapianto di cellule del midollo permette di diminuire significativamente il rischio di rigetto e di aumentare la possibilità di sospendere in futuro la terapia senza rischi.

Un solo fegato per due adulti, prima volta in Italia Bergamo, 5 novembre Per la prima volta il fegato di un donatore adulto, diviso in due parti di uguale volume, ha consentito il trapianto su due pazienti adulti anch’es- si. L’eccezionale intervento è stato concepito e realizzato dall’equipe chirurgica del Centro trapianti di fegato pediatrico degli Ospedali

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Riuniti di Bergamo, diretto da Bruno Gridelli. La tecnica utilizzata consentirà di raddoppiare il numero dei trapianti di fegato in pazienti non pediatrici. Questo tipo di intervento, conosciuto come ‘split liver’, era stato finora attuato separando il lobo destro del fegato, più volumi- noso, dal sinistro, più piccolo. Consentiva così il trapianto di un pazien- te adulto e di un bambino di peso corporeo inferiore ai 15-20 chili. La nuova tecnica invece, dividendo il fegato in due parti uguali, permette di trapiantare con un unico fegato due riceventi adulti con peso supe- riore ai 40 chili. Nel caso in questione il prelievo è stato eseguito ieri al Policlinico San Matteo di Pavia su un paziente di 33 anni, originario di un paese dell’Oltrepò morto in un incidente stradale. L’intervento di divisione del fegato è stato eseguito in collaborazione con Enzo Andorno, chirurgo dell’Ospedale San Martino di Genova. A Genova infatti è stata trapiantata la metà destra del fegato, mentre la sinistra è stata trapiantata nella notte a Bergamo su una ragazza di 13 anni, anch’essa dell’Oltrepò pavese, affetta da una grave malattia epatica. “Nel nostro, come in altri Paesi – ha affermato oggi Bruno Gridelli – solo un centinaio di bambini l’anno necessita di un trapianto di fegato, mentre sono migliaia gli adulti che potrebbero beneficiarne. Di questi solo una minoranza in realtà entra nelle liste d’attesa e ogni anno dal 20 al 30% muore nella vana attesa di un trapianto per l’indisponibilità di donatori”. “La nuova tecnica – ha aggiunto Gridelli – consentirà ora di trapiantare, con lo stesso numero di donatori, un numero quasi dop- pio di pazienti”. Ma come è stata concepita la nuova tecnica chirurgi- ca? “In realtà – ha risposto il chirurgo – non abbiamo inventato nulla di nuovo. Nel nostro Centro eseguiamo da tempo la divisione del fega- to per utilizzare il lobo più piccolo per i bambini. Per mettere a punto la nuova tecnica abbiamo studiato adattamenti di tecniche chirurgiche esistenti usate, ad esempio, per le resezioni dei tumori epatici”.

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La prima mano trapiantata “funziona alla perfezione” Milano, 5 gennaio “Funziona benissimo. Ho avuto qualche problema all’inizio, ma ora va bene. Posso prendere un bicchiere o una tazza”. Sorride ai fotografi nella hall di un albergo milanese e accetta anche di ‘farsi stringere’ la mano da un giornalista televisivo, Clint Hallam, il neozelandese di 48 anni che il 23 settembre scorso a Lione si è sottoposto volontariamente al primo trapianto di una mano da cadavere. Dopo il primo mese tra- scorsoinospedale,Hallamsiètrasferitoinunaabitazioneprivata,nella stessa città di Lione, dove si è sottoposto a frequenti controlli e ad una terapia riabilitativa per tre ore al giorno. Ora, le sue condizioni sono migliorate, a tal punto che i medici gli hanno consentito di tornare in Australia, a Perth, dove ha la sua residenza e dove verrà preso in carico da un centro trapianti (per continuare la terapia antirigetto) e da un centro per la riabilitazione funzionale. Ma sulla via per l’Australia, lo stesso Hallam ha chiesto di fare tappa a Milano, per incontrare il microchirurgo dell’ospedale San Gerardo di Monza, Marco Lanzetta, che ha partecipato all’intervento di Lione, diretto dal francese Michel Dubernard.

USA, stabilita la prima giornata nazionale delle donazioni Roma, 18 gennaio È fissato per il 14 aprile a Washington l’appuntamento con il primo congresso sulla donazione degli organi, organizzato presso il Senato degli Stati Uniti. All’incontro è prevista la presenza di 200 bambini che hanno avuto un trapianto, delle loro famiglie e dei genitori di Nicholas Green. Nell’annunciare la sua partecipazione al convegno, Reginald Green ha precisato che, per mancanza di organi, ogni giorno negli Stati Uniti muoiono almeno 10 pazienti iscritti alla lista d’attesa nazionale per i trapianti. Nonostante i circa 6.000 donatori l’anno, negli USA le persone in attesa sono più di 55.000.

Il bilancio del 1998 Roma, 2 febbraio Bilancio in rosso, in Italia, sul fronte dei trapianti. Su 10.000 malati in lista di attesa per ricevere un rene, 1.000 per il trapianto di fegato, 1.000 per quello di cuore e 100 per il trapianto di polmone, infatti, gli inter- venti effettuati nel 1997 sono stati in totale 2.223 (sommando i trapian- ti di rene da vivente e da cadavere, di cuore, polmone, cuore-polmone,

85 fegato e rene-pancreas). Il più diffuso è il trapianto di rene, seguito da quello di fegato e di cuore e le nuove tecniche consentono oggi una sopravvivenza dei trapiantati dopo i 5 anni tra il 70% e l’80%. Aumenta invece il numero delle donazioni (dall’11 per milione di abitanti del 1996 all’11,6 del 1997), ma tale media è ancora inferiore a quella euro- pea che, nel 1996, era di 15,2 con la Spagna in testa (26,8). Un aumen- to di donatori e trapianti si è registrato per il 1998 nel Nord Italia. L’incremento complessivo, in base all’attività del Nord Italia Transplant (Nitp), è stato infatti dell’11,4%. Avanzamento, dunque, delle regioni settentrionali nella classifica UE. Con 18,5 donatori utilizzati per milio- ne di abitanti, le regioni del Nord sono passate dal 5° al 4° posto (dopo Spagna, Portogallo e Belgio) ed i trapiantati sono aumentati da 1.069 a 1.131. La palma d’oro per la regione Nitp più attiva nel 1998, con 23 donatori per mln di abitanti, va al Veneto. È invece allarme per i dona- tori pediatrici (sotto i 15 anni): dai 22 del 1996 ai 14 del 1997.

Nuove cellule nervose per curare l’ictus Roma, 5 febbraio Arrivano risultati molto incoraggianti delle prime operazioni di tra- pianto di cellule nervose per curare l’ictus. Hanno infatti ricominciato a camminare ed hanno recuperato forza negli arti tre dei nove pazien- ti (uno dei quali di origine italiana) che poco più di sette mesi fa hanno ricevuto il trapianto negli Stati Uniti. Lo ha reso noto l’Università di Pittsburgh, dove sono avvenuti gli interventi. I risultati saranno presen- tati domani a Nashville, durante il congresso dell’American Heart Association. Dei nove pazienti operati a Pittsburgh, sette sono uomini. Una delle due donne, A.C. di 64 anni, è di origine italiana ed era stata colpita da un ictus gravemente invalidante che le impediva di cammi- nare e di parlare. Adesso, rivela l’Università americana, riesce a com- piere queste azioni, seppure con qualche difficoltà. Proprio la donna è stata la prima dei nove pazienti ad essere operata, il 2 luglio scorso. Le cellule nervose (neuroni) utilizzate nei nove trapianti sono state “colti- vate” in un laboratorio californiano a partire da un gruppo di cellule nervose immature. Non appena queste si sono sviluppate ed hanno assunto le caratteristiche di neuroni maturi, sono state congelate per evitare che si alterassero o danneggiassero e sono state inviate a Pittsburgh, dove sono state trapiantate. L’operazione consiste nel prati- care un piccolo foro nel cranio all’interno del quale viene introdotto un ago. Attraverso questo sono state iniettati almeno due milioni di nuovi neuroni esattamente nella zona del cervello colpita dall’ictus. Nei due mesi successivi al trapianto ogni paziente ha ricevuto le tradizionali cure antirigetto cui si ricorre dopo i trapianti di fegato e cuore. Tutti i pazienti, riferisce l’Università di Pittsburgh, hanno tollerato bene l’in- tervento e sono stati dimessi il giorno successivo. Dopodiché sono stati seguiti in ambulatorio. La sperimentazione è avvenuta sotto il controllo dell’ente americano per la sorveglianza sui farmaci, Food and drug administration (Fda). Considerando i risultati incoraggianti ottenuti nei primi nove pazienti e l’assenza di effetti collaterali, i ricercatori stanno

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per dare il via ad un secondo programma di trapianti di cellule cerebra- li, su un gruppo più ampio di malati. Un annuncio che, riferisce l’Uni- versità di Pittsburgh, è stato immediatamente seguito da contatti con altri centri americani che hanno dato la loro disponibilità a collaborare in sperimentazioni multicentriche. Numerosissime le telefonate di per- sone da ogni parte degli Stati Uniti che vorrebbero essere sottoposte all’intervento. Basti pensare che negli USA le persone colpite da ictus sono complessivamente circa quattro milioni e a queste ne vanno aggiunte ogni anno circa 500.000. Non sono mancate, però, richieste di trapianto di cellule nervose da parte di persone perfettamente sane che non avevano mai subito attacchi ischemici.

Tradizione sconfitta, primi interventi anche in Giappone Tokyo, 1 marzo Dopo un’attesa di oltre 30 anni, che ha costretto centinaia di pazienti ad emigrare per essere operati all’estero, anche in Giappone è comin- ciata l’era dei trapianti di cuore e fegato. La scorsa notte gli organi di una donna di 43 anni dichiarata cerebralmente morta per un ictus sono stati innestati su due pazienti. È il primo caso dopo l’approvazione, nell’ottobre 1997, di una legge che ha permesso l’espianto dopo l’arre- sto dell’attività cerebrale e di quella respiratoria non assistita. Questo ulteriore ritardo sembra testimoniare una resistenza a tale pratica, per un atteggiamento verso la morte in cui confluiscono tradizioni animiste e buddiste. Secondo un sondaggio di un’agenzia governativa dell’otto- bre scorso, un anno dopo l’approvazione della legge, non più del 63% dei giapponesi era a conoscenza delle norme in materia e soltanto il 2,6% aveva chiesto e ottenuto la ‘carta del donatore’, necessaria per permettere l’espianto. Di questi, inoltre, la maggioranza non aveva indicato quali organi acconsentiva a donare, un’altra condizione indi- spensabile per procedere all’operazione. Il portavoce del governo HiromuNonakahaassicuratooggichesaràfattoognisforzoper “introdurre stabilmente” la cultura dei trapianti in Giappone. Ma la strada appare ancora lunga, prima di tutto per gli stessi contenuti della norma. Essa richiede il consenso dei familiari all’espianto anche quan- do il donatore abbia fornito in vita il permesso e vieta i trapianti per i minori di 15 anni. “L’unica cosa che possiamo dire ai pazienti – ha affermato Yoshi Aranami, un rappresentante dell’associazione Trio Japan, che offre assistenza alle persone in attesa di trapianto – è che recarsi all’estero rappresenta ancora la scelta più sicura”. È quello che hanno fatto, dal 1984, 44 giapponesi che hanno ricevuto un cuore nuovo, in maggior parte negli USA, e 200 che sono stati trapiantati di fegato, molti dei quali in Australia. Il primo trapianto di cuore in Giappone fu effettuato nel 1968 dal dottor Juro Wada a Sapporo. Il paziente morì qualche settimana dopo e Wada fu incriminato per omi- cidio per la morte del donatore, accusa dalla quale fu poi prosciolto. Dopo quell’incidente gli espianti da donatori morti cerebralmente sono rimasti argomento tabù fino all’approvazione della legge.

87 Il Parlamento approva la legge sui trapianti Roma, 31 marzo Non è stato facile ma alla fine Palazzo Madama c’è l’ha fatta: la legge sui trapianti attesa da circa 20 anni è giunta in porto, anche se trovare un accordo in Parlamento è stato più difficile del previsto. Tra i gruppi, che hanno assicurato la libertà di coscienza, sono emerse diverse posi- zioni contrarie al principio del silenzio-assenso che domina la legge. La Lega ha votato contro la legge criticando il principio del silenzio-assen- so alla donazione, assieme ad alcuni senatori di An. Ma nel Carroccio e nel gruppo di Fini alcuni non hanno partecipato al voto. Voti contra- ri e astensioni non sono mancati anche dentro la maggioranza, anche per il modo in cui è stata prevista l’organizzazione dei trapianti. Solo tre senatori verdi hanno votato ‘sì’ mentre tra i Ds circa una decina si sono astenuti o hanno votato contro. Il gruppo di Prc ha scelto di non votare mentre il Ppi e Forza Italia hanno votato sì, come l’Udr, Ri e i Democratici. Il voto sulla norma è stato tormentato anche da lentezze procedurali. Il Senato ha infatti votato due volte il provvedimento, per effetto delle modifiche apportate dalla Camera. Proprio il tentativo della maggioranza di accelerare il secondo esame si è scontrato con il no della Lega e di parte di An. Il risultato è stato un ping-pong che ha più volte rimandato il voto finale atteso da migliaia di malati.

Primo intervento fegato-intestino su bimbo italiano Roma, 19 aprile Effettuato il primo doppio trapianto di fegato e intestino su un bambino italiano. L’intervento si è svolto la scorsa notte agli ospedali riuniti di Bergamo. Lo ha spiegato oggi il professor Bruno Gridelli, secondo il quale la tecnica utilizzata per il doppio trapianto in un bambino di 10 mesi è innovativa. Il fegato, ha spiegato Gridelli, proveniva da un dona- tore della provincia di Bologna ed è stato diviso in due parti e usato per due bambini diversi. “Una parte del fegato – ha aggiunto Gridelli – è stata preparata per il trapianto e nello stesso tempo è stata ridotto una parte dell’intestino (mesenteriale) del donatore. I due organi (la parte del fegato e l’intestino) sono stati poi riuniti sul banco operatorio e tra- piantati in blocco sul piccolo ricevente. Dopo poco tempo hanno ripre- so a funzionare. Ora il problema più delicato è il controllo del rigetto”. “Prima d’oggi – ha sottolineato il professore – i bambini bisognosi di un doppio trapianto erano costretti ad andare all’estero, mentre ora in Italia questo intervento è diventato possibile”. In un anno e mezzo di attività il gruppo di Gridelli ha effettuato 50 innesti di fegato su bambi- ni, alcuni dei quali con la tecnica split, riducendo drasticamente il fab- bisogno italiano. Ora i tempi d’attesa per un trapianto di fegato pedia- trico sono di circa 20 giorni, tra i più bassi d’Europa. La sopravvivenza è dell’85% a un anno.

Gli esperimenti sull’innesto della testa sono inutili Roma, 30 agosto C’è una domanda che viene spontanea agli esperti del settore chirurgi- co: a cosa serve effettivamente trapiantare una testa? È questo il vero

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problema, molto più delle complesse tecniche neurochirurgiche neces- sarie per effettuare l’operazione. Lo stesso pioniere del trapianto di testa, Robert White, dichiara che al momento non è riuscito a ricostru- ire le connessioni nervose. E se invece fosse possibile rigenerare i colle- gamenti tra le fibre nervose, a che cosa servirebbe trapiantare la testa? Secondo il neurofisiologo Piergiorgio Strata, del dipartimento di anato- mia umana dell’Università di Torino, quella inseguita da White “è una tecnologia ardua che rischia di portare a risultati inapplicabili”. “Allo stato attuale delle conoscenze – ha proseguito Strata –, trapiantare la testa equivarrebbe a far appollaiare una testa viva sulle spalle di un corpo senza vita. Che senso ha? Tanto vale innestare la testa su una macchina, oppure cercare di guarire il corpo”. È infatti molto probabi- le, ha concluso il neurofisiologo, che nel tempo necessario a White per imparare come ricostruire le connessioni nervose potranno essere messe a punto tecniche di trapianto e neurochirurgiche capaci di ‘rimettere a nuovo’ un organismo”. Per il direttore dell’Istituto mediter- raneo trapianti (Ismett) di Palermo, Ignazio Marino, l’ipotesi del tra- pianto di testa pone soprattutto problemi etici. “Come esperto di tra- pianti – ha affermato Marino – sono assolutamente contrario al tra- pianto di cervello. Semmai si potrebbe parlare di trapianto di corpo”. Ciò potrebbe dare una speranza, ad esempio, a persone con gravissimi problemi, come i tetraplegici. In ogni caso, ha proseguito Marino, “si tratta di situazioni-limite la cui soluzione spetta, più che alla comunità scientifica, alla comunità sociale nel senso più ampio, dal Parlamento ai comitati di bioetica”. Ciò significa che se dal punto di vista tecnico è teoricamente possibile realizzare il trapianto di testa, non sarebbe inve- ce ammissibile eticamente. “Non tutto ciò che è realizzabile tecnica- mente – ha sottolineato Marino – è giustificato dal punto di vista etico”. I primi esperimenti sul trapianto di testa eseguiti da White risalgono al 1961, ma la prima notizia delle ricerche è stata data nel 1987. Nel 1997 White aveva comunicato che le scimmie trapiantate riuscivano a sopravvivere una settimana e nel luglio 1998 il ricercatore prevedeva di poter trapiantare la testa umana entro un anno. In vista di questi espe- rimenti, aveva messo a punto un protocollo per la procedura sull’uomo. Membro della Pontifica accademia delle scienze, White lavora nell’Uni- versità americana di Cleveland.

Raddoppiano i casi di trapianto per cirrosi da epatite C Roma, 15 novembre In Europa negli ultimi 5 anni il numero dei trapianti per cirrosi epatica da epatite C sono raddoppiati e oggi rappresentano, assieme a quelli per cirrosi alcolica, il 40% del totale dei trapianti di fegato. A fare il punto su questo tipo d’interventi è Henri Bismuth, direttore del Centro Epatobiliare di Villejuif (Francia) e autore, circa un mese fa, del triplo trapianto di fegato da un solo donatore. “Per far fronte all’aumento delle indicazioni per cui si consiglia l’intervento e alla scarsità di organi – ha dichiarato Bismuth nel corso della Settimana di Gastroenterologia Europea – occorre puntare verso un utilizzo sempre più intelligente

89 degli organi”. Di qui la rivoluzionaria tecnica detta split-liver che con- sente di aumentare il numero dei trapianti anche se non cresce il nume- ro dei donatori. Bismuth ha sottolineato che le tre persone operate gra- zie ad un doppio intervento, che ha consentito ad un paziente affetto da una malattia genetica di ricevere un fegato nuovo e di donare il suo ad altre due persone bisognose di trapianto, stanno bene. “Oggi – ha com- mentato il chirurgo – la sopravvivenza ad un anno dall’intervento è dell’85%”. Restano invece un problema i lunghi tempi di attesa, letali nei casi di epatite fulminante (7-10% dei trapianti). Il rimanente 50% dei trapianti di questo organo è infine dovuto a cirrosi per epatite B (dimi- nuite grazie al vaccino), al cancro e alla cirrosi biliare primitiva.

Via libera allo “split” del fegato Roma, 25 novembre In Italia ora è possibile eseguire il trapianto parziale di fegato tra viventi. La commissione del Senato, in sede deliberante, ha approvato in via definitiva il disegno di legge che consente questo tipo di intervento. Il relatore del provvedimento, Ferdinando Di Orio (Ds), ha parlato di una “legge particolarmente opportuna perché fa chiarezza su una materia molto controversa ed avvia anche in Italia una tecnica di alta chirurgia”. Ogni anno, ha sottolineato il relatore, circa cento nati presentano gravi insufficienze del fegato che possono essere curate solo attraverso -il tra pianto dell’organo. La legge, spiega Di Orio, prevede la tecnica dello ‘split’, “realizzata per la prima volta da donatore cadavere nel 1962”. “Per ovviare all’insufficienza di organi da trapiantare dovuta alla carenza di donatori neonati, nel 1982 – ricorda il relatore – è stata realizzata la tecnica dello ‘split’ con la quale si è reso possibile ai neonati il trapianto del lobo sinistro del fegato di un adulto. Nell’88 si è potuto trapiantare ad un uomo il lobo destro, più voluminoso, e a un bambino il lobo sini- stro. Nell’89, infine, è stato possibile trapiantare il lobo sinistro di dona- tore vivente”. Con questa tecnica, prevista dalla legge approvata oggi, secondo Di Orio “si ha maggiore facil0ità di riscontrare compatibilità istologica del bambino ricevente con un donatore consanguineo e, su oltre 600 interventi eseguiti, una sola volta c’è stata morte del donatore, peraltro in circostanze molto particolari. Inoltre, dopo l’asportazione del lobo il fegato si rigenera in circa due mesi”. Dopo l’approvazione della legge il sen. Antonio Tomassini, responsabile sanità di Forza Italia, ha espresso la soddisfazione del suo gruppo in quanto questo provvedimen- to “colma una grave lacuna creata dalla legge sui trapianti” e ha riven- dicato la primogenitura di questa legge a Forza Italia e all’on. Baiamonte, che aveva presentato il provvedimento alla Camera. L’esponente di Fi ha espresso anche l’auspicio che la magistratura vigili su un terreno delicato come quello dei trapianti tra viventi consanguinei.

Record di problemi renali in una sola famiglia americana Washington, 26 novembre Record di trapianti di rene in una famiglia americana. La signora Ora Thomas di Kankakee, Illinois, madre di tre figli, avrà bisogno anche di

90 1999 un rene nuovo dopo che i suoi due figli maggiori hanno già subito un simile trapianto. La prima della famiglia a ricevere un nuovo organo è stata sua figlia Angela all’età di 27 anni nel 1996. Quattro mesi faè stato il figlio ventunenne Thomas che, dopo dieci anni di dialisi ha dovuto effettuare il trapianto a causa di una malattia nota come glome- rulonefrite. Sembra però che le malattie renali perseguitino la famiglia. La signora Thomas è ora in attesa di un nuovo organo a causa della stessa patologia di sua figlia Angela: la glomerulosclerosi. Segni di insuf- ficienza renale sono stati notati anche nella piccola Tamara, dieci anni, che ogni sei mesi deve fare un check-up completo che accerti il grado di tolleranza alla malattia del suo fisico. “Sono convinto che i problemi di questa famiglia siano di tipo genetico” ha detto Craig Langman il primario di nefrologia del Children Memorial hospital di Chicago. “Ne sappiamo ancora molto poco – gli ha fatto eco Daniel Battle, del Northwestern Memorial Hospital – ma i geni stanno diventando sem- pre più importanti nella diagnosi di certe malattie”.

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Il rene di un bambino di 13 mesi a un tredicenne Genova, 4 gennaio Il rene di un bimbo napoletano di 13 mesi, morto a seguito di un’emor- ragia cerebrale, è stato trapiantato oggi ad un albanese di 13 anni, resi- dente a Firenze, da tempo era in attesa presso l’ospedale San Martino di Genova. Un altro bambino di 7 anni, di Cuneo, al quale era destinato il secondo rene del bimbo morto, non ha invece potuto ricevere l’organo perché lesionato. L’operazione è stata eseguita nel pomeriggio presso il centro trapianti dell’ospedale genovese dove i due reni, prelevati ieri a Napoli, sono stati portati stamani. “All’arrivo a Genova ci siamo accorti che uno degli organi non era più compatibile con l’operazione – ha spiegato il responsabile dell’ufficio trapianti del San Martino, Andrea Gianelli Castiglione – non è frequente ma può accadere, specialmente con organi di queste dimensioni, che sorgano complicazioni in una delle fasi dell’operazione”. Quando è arrivata la notizia della disponibilità dei due reni, sono state subito avvertite le famiglie dei giovanissimi pazienti e sono iniziati i preparativi e gli esami di rito. I due organi, ha riferito l’ospedale San Martino, erano già stati assegnati dal centro nazionale trapianti di Roma. Quando ci si è accorti che uno era lesionato è stato tentato un intervento di recupero che però non è riuscito.

Il futuro prossimo dei trapianti Roma, 14 gennaio A poco più di 30 anni dal primo trapianto mondiale di cuore effettua- to nel 1967 dal chirurgo sudafricano Christian Barnard, sembra ormai non esservi più limite alle possibilità di sostituzione di organi. Dal cuore si è infatti passati al rene (1954), fegato (1963), polmoni (1963), intestino (1987), pancreas, ecc. Tappa fondamentale la scoperta del primo farmaco antirigetto (la ciclosporina nel 1971). Trapianti una volta considerati complessi sono oggi quasi di routine, tanto che per un trapianto di cornea è sufficiente il day-hospital. Ma anche i complessi trapianti multipli (cuore e polmoni, fegato e rene, fegato e intestino, ecc.) sono sempre più frequenti perché, richiedendo una minore rescis- sione dei vasi che li collegano, consentono una migliore riuscita dell’in- tervento. Quello di cuore più midollo (eseguito per la prima volta nel ’98) ha invece la prospettiva di evitare il rigetto e consentire in futuro donazioni tra persone incompatibili e forse anche organi animali. La frontiera verso la quale si punta per i prossimi anni è infatti proprio lo xenotrapianto: la possibilità di utilizzare organi di animali permette-

95 rebbe di aggirare la cronica penuria di organi provenienti da donatori, risolvendo il problema di migliaia di pazienti che in tutto il mondo sono in attesa di un cuore o di un rene nuovo in grado di migliorare la 3 loro vita. Il primo trapianto da animale fu quello di fegato di babbuino eseguito nel ’92 a Pittsburgh. All’epoca ci si affidava solo a farmaci immunosoppressori contro il rigetto, oggi si punta anche verso anima- li modificati geneticamente in modo che i loro organi non siano- rico nosciuti dome ‘nemici’ dal sistema immunitario. Tra gli animali possi- bili donatori, il maiale è quello più studiato. Tra cinque-dieci anni si prevede che sarà possibile trapiantare sull’uomo cellule, tessuti e orga- ni provenienti da maiali transgenici. Tra gli interventi più innovativi effettuati negli ultimi anni bisogna annoverare il trapianto della laringe (effettuato per la prima volta nel ’98) e quello di neuroni cerebrali (sempre nel ’98) che dovrebbe essere in grado di far regredire i danni causati da ictus. Tra le ipotesi quasi da fantascienza, ovviamente molto avversate sul piano etico, c’è anche l’ipotesi del trapianto totale di un corpo, vale a dire la rescissione della testa da un corpo per riattaccarla su un altro organismo intero ma cerebralmente morto. La tecnica è stata sperimentata nel 1997 sulle scimmie dal neurochirurgo statuni- tense Robert White di Cleveland. Il periodo più lungo di sopravviven- za degli animali sottoposti all’esperimento è stato di una settimana.

Ministro Bindi istituisce il CNT Roma, 24 febbraio Il Ministro della sanità Rosy Bindi ha istituito con un decreto il Centro Nazionale Trapianti. Lo ha reso noto il ministero ricordando che al centro nazionale, che ha sede presso l’Istituto Superiore di Sanità, spetta il compito di redigere le liste di attesa nazionali sulla base dei dati tra- smessi dai centri regionali o interregionali per i trapianti; di coordinare e uniformare l’attività di prelievo e di trapianto su tutto il territorio nazionale a partire dalla definizione di criteri operativi per l’assegnazio- ne degli organi e dalla individuazione del fabbisogno nazionale di tra- pianti. Il CNT avrà anche funzioni di controllo e di verifica sull’applica- zione di programmi nazionali e di definizione dei parametri di qualità e risultato cui devono attenersi le strutture per i trapianti. Presidente del Centro nazionale è il professor Giuseppe Benagiano, direttore dell’Istituto superiore di sanità; direttore è il dottor Alessandro Nanni Costa, mentre i rappresentanti dei centri regionali o interregionali, designati dalla Conferenza Stato-Regioni, sono il professor Sergio Emilio Curtoni per il Piemonte, il professor Domenico Adorno per la Basilicata, il dottor Mario Scalamogna per la Lombardia e il professor Ignazio Roberto Marino per la Sicilia. Il ministero della sanità ha successivamente precisato che il professor Curtoni è stato designato in rappresentanza del centro interregionale Airt, il dottor Scalamogna in rappresentanza del centro interregionale NITP, il professor Adorno in rappresentanza del centro interregionale Ocst e il professor Marino in rappresentanza del centro regionale della Sicilia che non afferisce ad alcun centro interregionale.

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Record interventi in Italia, +10% in un anno Roma, 25 marzo Con 13,7 donatori per milione di abitanti l’Italia si colloca a pieno titolo nell’Europa dei trapianti, nella stessa fascia che comprende Paesi europei come il Regno Unito, la Germania, l’Olanda e la Svizzera. Il numero delle donazioni cresce di continuo dal 1992 e lo scorso anno 4 l’aumento è stato superiore al 10%, risultato che non si verificava dal 1995. Il dato emerge dalla sintesi della relazione del Centro nazionale trapianti sull’attività del 1999. La distribuzione delle donazione è asso- lutamente disomogenea. Nel Nord il dato si colloca nella fascia euro- pea più elevata (20,3 donatori), nel Centro (13,8), paragonabile alla media europea, nel Sud (5,5) solo un quarto rispetto a quello del Nord. L’analisi del dato regionale mostra la Toscana (dopo la provincia auto- noma di Bolzano) la più attiva con 26,9 donatori per milione, seguita dall’Emilia Romagna con 25,5 e dal Veneto con 22,7. Seguono, nella media nazionale, Liguria, Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia, Friuli e Umbria. Sotto la media si piazzano invece la provincia di Trento, Sardegna, Abruzzo, Molise, Marche, Puglia e Basilicata. Il minor numero di donazioni è stato registrato in Sicilia, Campania, Calabria e Lazio. Dato quest’ultimo particolarmente negativo perché, osserva il ministero della Sanità che ha diffuso i dati, a differenza delle altre regioni non può essere correlato a carenza delle strutture ospedaliere. Cresce anche il numero complessivo degli organi prelevati. Nel 1999 ha superato i 2.500 e il numero dei trapianti ha raggiunto quota 2.428: 1.314 di rene, 337 di cuore, 685 di fegato, 101 di polmone, 35 di pan- creas. I trapianti di rene sono pari al 15% dei pazienti inseriti nelle liste di attesa (8.000 di rene, 1.000 fegato, 500 cuore, 150 polmone). Il numero dei trapianti di cuore non aumenta da oltre 5 anni, mentre l’elevato numero di interventi sul fegato dipende anche dalle tecniche di split (separazione tra segmenti epatici) che consentono di trapianta- re due persone con un unico fegato. Cresce anche il trapianto di pol- mone, mentre quello di pancreas si limita a pochi centri.

CNT, il 75% degli italiani dice sì a donazioni Roma, 3 maggio Riscuote successo l’iniziativa di distribuzione del cosiddetto tesserino blu per la donazione degli organi e gli italiani, a quanto sembra dalle telefonate ricevute in questi giorni dal Centro nazionale trapianti, sembrano essere proprio favorevoli alla donazione di organi. Centinaia di persone, infatti, stanno in questi giorni chiamando il Centro per saperne di più sulla tessera o sulle questioni legate alla donazione e al trapianto di organi e tessuti: la maggior parte (circa il 75%), si dichiara favorevole alla donazione, mentre il 15% degli interessati ci sta ancora pensando e solo l’8% è deciso al no. Le domande più frequenti, ha fatto sapere il CNT, riguardano l’esistenza di limiti di età per la dona- zione, la necessità di informare i familiari sulla scelta fatta e il signifi- cato di morte cerebrale. In ogni caso tutti dichiarano di voler avere la possibilità di esprimere un parere sulla donazione dei propri organi o tessuti. La consegna già avviata della tessera insieme ai certificati elet-

97 torali per il prossimo referendum è il primo atto di una campagna informativa ad ampio raggio che sarà promossa a partire dalla fine di maggio. Un decreto del Ministero della Sanità ha recentemente stabi- lito la possibilità di dichiarare la propria volontà o il proprio dissenso alla donazione di organi anche tramite moduli predisposti dalle asso- ciazioni di donatori. In alternativa si può anche compilare la dichiara- zione su un semplice foglio bianco, purché contenga gli stessi dati della tessera, cioè nome e cognome, data e luogo di nascita, residenza, codi- ce fiscale, documento di identità, data e firma.

Donatrice rene dimessa dopo 48 ore Pisa, 3 maggio Una madre ha donato un rene al figlio malato da vari anni e dopo 48 ore era già a casa. È stato possibile grazie all’adozione di una nuova tecnica, utilizzata per ora solo a Baltimora (USA) ed introdotta per la prima volta in Italia, a Pisa. L’equipe chirurgica che ha portato a termi- ne l’operazione, la prima del programma (altre saranno effettuate nelle prossime settimane), è coordinata dal professor Franco Mosca, respon- sabile del Centro trapianti dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa e presidente della Società italiana trapianti d’organo. L’intervento, ese- guito in laparoscopia, è simile a quello assai diffuso per l’asportazione dei cosiddetti calcoli alla cistifellea, con la sola aggiunta ai tradizionali ‘tre buchi’, praticati in zona addominale, di una incisione di pochi cen- timetri in sede “sovrapubica”. I particolari di questa conquista della moderna chirurgia, studiata e realizzata per sensibilizzare l’opinione pubblica alla pratica della donazione tra viventi, fino ad oggi poco uti- lizzata anche perché effettuata con metodiche operatorie molto più invasive, sono state illustrati in una conferenza stampa dagli stessi medi- ci che hanno eseguito l’intervento. Il professor Mosca ha spiegato che nei prossimi giorni avverrà un secondo intervento, mentre sono già 10 i pazienti in attesa di un analogo trapianto. Ed ha precisato che si tratta di 10 figli che riceveranno un rene dalle loro mamme, donazione che supera i rapporti di affetto familiare e diventa un fatto di grande impor- tanza sociale nello sviluppo delle donazioni d’organi tra viventi. E pre- sto, ha annunciato Mosca, l’equipe pisana applicherà la stessa tecnica per un trapianto di fegato. Gli aspetti tecnici sono stati illustrati dal pro- fessor Andrea Pietrobisso, che ha eseguito l’intervento, e dal dottor Ugo Boggi coordinatore del progetto italiano per la sensibilizzazione delle donazioni tra viventi. Presente anche la donatrice, mamma Rosalia, 58 anni, (il figlio, Ignazio, 38, era da 11 anni in dialisi) operata il 27 aprile scorso. “Ho provato più dolore quando ho partorito” ha detto la donna, dichiarando di sentirsi bene nonostante sia passata solo una settimana dall’espianto ed ha invitato chi ne ha bisogno a sottoporsi all’intervento che può mettere fine ai problemi di tante persone che vivono solo ricor- rendo alle macchine della dialisi due-tre volte la settimana, condizionan- do tutta la loro vita a questi ritmi. Soddisfazione per il risultato dell’in- tervento è stata espressa anche dai vertici dell’Azienda ospedaliera pisana.

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Reni, nel primo anno rigetto sempre più raro Roma, 12 giugno Il pericolo maggiore in un trapianto non è il rigetto nei primi 6 mesi dall’intervento, ma il danno cronico dell’organo (Crad) a 5-10 anni dall’impianto. “Oggi – ha spiegato Giuseppe Nanni, chirurgo dei trapianti al policlinico Gemelli di Roma – il rigetto dell’organo nel primo anno dall’intervento è sempre più raro. Per i reni, che sono i trapianti più diffusi (1.500 interventi l’anno solo in Italia), perdiamo il 10-15% degli organi trapiantati, mentre a 6 anni dall’intervento la percentuale sale al 30-40% di cui nel 44,5% dei casi per Crad, nel 37,8% per decesso del malato”. Multifattoriali e non più solamente immunologiche le cause di questo lento e progressivo danno dell’or- gano. Tra i primi aspetti da valutare, l’età del donatore e il suo stato di salute. Il rene infatti potrebbe essere già stato leso dall’arteroscle- rosi o dalla pressione alta prima di essere impiantato. Seguono lo sviluppo della patologia che aveva già colpito l’organo su quello nuovo, l’ipertensione di cui spesso il malato soffre e i farmaci antiri- getto che abbassano le difese immunitarie e incrementano i livelli di colesterolo nel sangue. “In media – afferma Claudio Ponticelli – la spettanza di vita del paziente trapiantato si allunga di 17,7 anni e la percentuale di sopravvivenza a 6 anni dall’impianto è passata dal 81,6% tra il 1983 – 1986, al 90,3% tra il 1991 – 1994”. Tra le cause di morte più frequenti le malattie cardiovascolari (35,5%), il cancro (25,8%, il più comune è quello della pelle) e le patologie epatiche (17,7%). “In pratica – ha spiegato Marco Castagneto, direttore della Clinica Chirurgica del Policlinico Gemelli di Roma –, ci troviamo di fronte a una nuova categoria di pazienti le cui gestione è complessa. I farmaci antirigetto sono infatti ancora troppo nefrotossici e dunque il medico si trova a dover gestire un delicato equilibrio di dosaggi per rallentare il processo distruttivo del rene senza scatenare il rigetto dell’organo trapiantato”.

Marino, “giusto permettere donazioni da omosessuali” Roma, 2 agosto Sull’impegno preso dal Ministro Veronesi nel cancellare il divieto per gli omosessuali di donare sangue e organi, si è dichiarato “in pieno accor- do” il professor Ignazio Marino, direttore dell’Istituto Mediterraneo trapianti di Palermo. “La decisione di Veronesi è sicuramente positiva – ha commentato il chirurgo –. Negli Stati Uniti, dove sono stato per 15 anni, non vi è nessuna norma che prevede una tale discriminazione. Discriminare gli omosessuali non ha alcun fondamento scientifico. Ciò che si deve fare è controllare attentamente attraverso esami di laborato- rio che l’organo donato o il sangue non contengano alcun virus. Certo, esiste il cosiddetto periodo finestra, ovvero quel lasso di tempo nel quale non è possibile accertare la presenza degli anticorpi che indicano la presenza di virus i quali restano ancora latenti, ma questo periodo esiste sia per gli omosessuali sia per gli eterosessuali, senza alcuna differenza. È importante invece ricordare che ogni giorno muoiono decine di per- sone in ogni Paese del mondo in attesa di un trapianto. La strada appe-

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La Gran Bretagna si divide sulla clonazione umana Londra, 17 agosto La comunità scientifica britannica ha accolto con un coro di ‘sì’ la decisione del Governo Blair di autorizzare la clonazione di embrioni umani a fini di ricerca. All’indomani dell’annuncio di Downing Street, infatti, molte associazioni mediche d’Oltremanica – oltre agli stessi pazienti affetti da malattie incurabili – hanno sottolineato i potenziali vantaggi offerti da questa tecnica. Tra i primi ad appoggiare l’iniziati- va è stata la Royal Society, la più antica associazione medica del Regno Unito, che ha esortato i parlamentari di Sua Maestà a esprimere pare- ri favorevoli quando verranno chiamati a pronunciarsi secondo coscienza sulla questione il prossimo autunno. “Riteniamo che i poten- ziali vantaggi di questa ricerca siano così grandi da giustificare una modifica” legislativa, ha detto un portavoce. Una posizione, questa, che riflette il parere già espresso ieri dal professor Ian Willmott del Roslin Institute, il ‘padre’ della prima pecora clonata al mondo (Dolly): “Tutti sappiamo che molta gente soffre di malattie degenerative – aveva infatti commentato Willmott –. Penso che dovremmo essere entusiasti di fronte all’atteggiamento positivo del Governo”. E oggi anche i pazienti hanno fatto sentire la loro voce. Come Michael Peters, un ex falegname 49enne affetto dal morbo di Parkinson dal 1989: la nuova legislazione sulla clonazione, ha dichiarato, potrebbe “cambiare la mia vita per sempre”. Questa malattia ha alterato il mio modo di parlare e mi impedisce di camminare correttamente – ha spiegato Peters al quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’ –. Non posso lavora- re perché non riesco a concentrarmi e appena mi siedo mi addormen- to. Come tutti i malati di Parkinson, anche io sono disperato per tro- vare una cura”. Il dottor David Latchman, vicepresidente dell’Associa- zione per il morbo di Parkinson, ha risposto indirettamente alla richiesta di aiuto lanciata da Peters: questo tipo di ricerca ha un “gran- de potenziale per migliorare notevolmente la qualità della vita di questi pazienti – ha dichiarato –. Chi si oppone dovrebbe avere ottime ragioni per farlo”. Anche la dottoressa Diana Dunstan, direttrice del Medical Research Council, concorda con Latchman: “Uno dei primi vantaggi di questa tecnica – ha sottolineato Dunstan – potrebbe essere la produzione di cellule nervose umane per trattare i malati affetti dal Parkinson e dal morbo di Huntington”. Per il direttore della British Heart Foundation, il professor Sir Charles George, la clonazione umana potrebbe inoltre portare allo “sviluppo di nuovi trattamenti per le malattie cardiache e perfino permettere la crescita in laboratorio di cuori e altri tessuti per trapianti. Si salverebbero molte vite umane poiché oggi molti pazienti muoiono per mancanza di donatori”. Ma per il mondo cattolico e le associazioni ‘pro-life’ le ragioni della comu- nità scientifica non possano interferire con il diritto alla vita. “La ricerca sulle cellule formative umane appartiene a un campo scientifi-

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co che potrebbe offrire sviluppi nuovi e promettenti, ma la scienza non può operare nel vuoto”, ha dichiarato il cardinale Thomas Winning, Arcivescovo di Glasgow e presidente della commissione bioetica dei vescovi cattolici. “È moralmente sbagliato ottenere cellule formative da un embrione umano, vuol dire distruggere la vita umana”.

Al via il convegno mondiale di Roma con 5.000 esperti Roma, 26 agosto Ci sarà anche il biologo inglese Ian Wilmut, il padre della pecora Dolly, a parlare del futuro della clonazione, tra i 5.000 esperti che da domani fino al 1 settembre saranno riuniti a Roma al congresso mondiale della Transplantation society. Ad affrontare i temi di chirurgia dei trapianti, di immunologia, di xenotrapianti, di terapia genica contro il rigetto, saranno i massimi esperti del settore, tra i quali Thomas Starzl, il primo ad aver effettuato un trapianto di fegato sull’uomo. A sottolineare l’im- portanza dell’evento, ai lavori congressuali parteciperà Giovanni Paolo II che il 29 agosto esprimerà, al Palazzo dei congressi, la posizione della Chiesa cattolica in materia di etica sulla scienza dei trapianti e sulle conseguenze sociali derivanti da clonazione e trapianti da organi ani- mali. “Gli enormi progressi ottenuti nel corso di questi ultimi anni nel campo dei trapianti – ha spiegato il presidente del Congresso, Raffaello Cortesini –, fanno della trapiantologia una delle scienze più importanti di questo inizio di terzo millennio. Siamo infatti di fronte ad una svolta epocale per quanto riguarda il futuro dell’uomo. La rivoluzione della biologia molecolare, in particolare il progetto genoma, la possibilità di ottenere organi partendo da cellule staminali sono traguardi non lonta- ni”. Tra i temi di maggior rilievo i trapianti di fegato da vivente, le tecniche di ingegneria genetica applicate allo xenotrapianto e il control- lo del rigetto con nuovi e potenti farmaci immunosppressori. Il XVIII Congresso internazionale della Società dei trapianti sarà anche l’occa- sione per fare il punto sui progressi compiuti in Italia in merito alla donazione e ai trapianti, dopo l’avvio della legge dell’aprile del 1999. Secondo il Centro nazionale trapianti, nei primi mesi di quest’anno sono evidenti i segni di un aumento delle donazioni, anche nel sud d’Italia. Tuttavia permane una forte differenza tra le regioni del nord che hanno raggiunto medie europee (20 donatori per milione di abitan- ti), quelle del centro (13) e del sud (5). In testa alla classifica dei donato- ri è l’Emilia-Romagna con 32 donatori per milione di abitanti. A margine del convegno non mancheranno eventi sociali per promuovere la cultura della donazione. Reginald Green, il padre del piccolo Nicholas, spiegherà l’importanza delle campagne informative, mentre gli stilisti Fendi, Gattinoni e i cantanti Andrea Bocelli, Renato Zero e Patty Pravo daranno il loro contributo. Il no del Papa alla clonazione umana Roma, 29 agosto No alla clonazione umana, no al commercio di organi, sì alla donazio- ne ma con la necessità del consenso informato e della certezza della morte del donatore. Il Papa ha oggi dettato quasi un decalogo dei

101 trapianti, indicando quanto è moralmente lecito e quanto non lo è. “Ciò che è tecnicamente possibile, non è perciò moralmente ammissi- bile” ha ribadito oggi, ripetendo una frase che è tradizionale nel giu- dizio morale che la Chiesa cattolica dà alle conquiste del progresso, ma che sembra una risposta ai sì agli esperimenti di clonazione dati in questi giorni da Blair e da Clinton. Se i politici hanno parlato di pro- gresso e forse pensato ai risvolti economici, il Papa ha proclamato il “rispetto della scienza” ma “soprattutto dell’ascolto della legge di Dio”. A chi invoca la tecnologia ha opposto i diritti della teologia e della filosofia per la “difesa e promozione del bene integrale- dell’uo mo”, con le quali ha motivato i paletti che oggi ha messo. Giovanni Paolo II ha cominciato sottolineando il “grande valore etico” e la “nobiltà del gesto” di offrire una parte del proprio corpo. “Non si dona semplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé”. Proprio il concetto di “dono” rende “moralmente inaccettabile ogni prassi ten- dente a commercializzare gli organi umani o a considerarli come unità di scambio o di vendita. Sempre il concetto di dono di sé, nelle parole del Papa ha “un’immediata conseguenza di notevole rilevanza etica: la necessità di un consenso informato. La verità umana di un gesto tanto impegnativo richiede infatti che la persona sia adeguatamente infor- mata sui processi in esso implicati, così da esprimere in modo coscien- te e libero il suo consenso o diniego”. Il prelievo, poi, se riguarda organi vitali può essere fatto solo da un cadavere. E se “nessuna tecni- ca scientifica o metodica empirica” può accertare il momento nel quale l’anima lascia il corpo, la “cessazione totale e irreversibile di ogni attività encefalica” – alla quale la scienza fa riferimento per stabilire la morte di una persona – “non appare in contrasto con gli elementi essenziali di una corretta concezione antropologica”. Sempre in nome della tutela della dignità della persona e di “un ben inteso principio di giustizia”, Giovanni Paolo II ha sostenuto che la scarsità degli organi da trapiantare deve far sì che nello stabilire le priorità per sottoporre una persona al trapianto si usino solo “valutazioni immunologiche o cliniche” e non “logiche di tipo discriminatorio (età, sesso, razza, reli- gione, condizione sociale, eccetera) oppure di stampo utilitaristico (capacità lavorativa, utilità sociale, ecc.)”. Nessun problema, per il Papa, né per l’uso di organi di animali (purché non incida sull’identità fisica e psicologia della persona) o per quelli artificiali. Esaminato così l’esistente, Giovanni Paolo II ha guardato al cammino futuro della scienza. Anche qui “occorrerà comunque evitare sempre quei sentieri che non rispettano la dignità e il valore della persona. Penso in parti- colare ad eventuali progetti o tentativi di clonazione umana, allo scopo di ottenere organi da trapiantare. Tali procedure, in quanto implicano la manipolazione e distruzione di embrioni umani, non sono moral- mente accettabili, neanche se finalizzate ad uno scopo in sé buono. La scienza lascia intravedere altre vie di intervento terapeutico, che non comportano né la clonazione né il prelievo di cellule embrionali, bastando a tale scopo l’utilizzazione di cellule staminali prelevabili in organismi adulti. Su queste vie dovrà avanzare la ricerca, se vuole

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essere rispettosa della dignità di ogni essere umano, anche allo stadio embrionale”. In questa materia che mette in gioco la persona umana Giovanni Paolo II ha infine rivendicato “l’apporto dei filosofi edei teologi” e chiesto “a quanti hanno responsabilità sociali, politiche ed educative, un rinnovato impegno nel promuovere un’autentica cultura del dono e della solidarietà”.

6.858 malati in attesa di un rene Roma, 8 ottobre Non più stime approssimative sul numero di persone che attendono un trapianto: da qualche giorno il nostro Paese dispone infatti di un siste- ma di controllo informatico, in grado di fotografare in tempo reale la lista dei malati in attesa di un organo. Grazie alla collaborazione che è stata avviata tra i centri regionali, interregionali e il Centro naziona- le trapianti presso l’Istituto Superiore di Sanità, oggi sappiamo che le persone in lista per un trapianto di rene sono 6.858, anche se le iscri- zioni sono 9.747. Questo significa che 1.833 persone sono iscritte contemporaneamente in più centri trapianto, probabilmente per aumentare le possibilità di intervento. “Fino ad ora – ha spiegato Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti –, il sistema delle liste ha funzionato in modo indipendente, per questo è necessaria una maggiore armonizzazione tra i vari centri, attraverso l’adozione di un insieme di regole condivise per costruire un sistema più equo, dando ad ogni cittadino che ne ha bisogno la possibilità di iscriversi dove ritiene, nel rispetto della libertà di scelta, ma non in modo illimitato”. Dalla fotografia dei centri regionali e nazionale- risul ta infatti che i malati che attendono un rene sono 6.858, ma ogni paziente ha da 1 a 7 iscrizioni. 5.025 sono iscritti in un solo centro trapianto, 2.318 sono le doppie iscrizioni, 1.278 hanno 3 iscrizioni, 624 sono segnati in 4 centri, 310 in 5, 108 in 6 e 84 in 7. Dunque il sistema va regolato meglio, nel rispetto della libera scelta del malato. Per questo gli esperti che fanno parte della Consulta Nazionale Trapianti dovranno trovare tra due settimane un accordo sulle regole per accedere alle liste di attesa e decidere in quanti centri un cittadino potrà iscriversi. “Ma il vero obiettivo – ha aggiunto Nanni Costa – è dare ad ogni malato una carta dei servizi con le informazioni sull’atti- vità dei centri: numero dei pazienti, tempi di attesa, risultati di soprav- vivenza. Tutto secondo la massima chiarezza e trasparenza”. Regole che oggi sono differenti in tutta Italia. Lo dimostra la percentuale di persone iscritte in lista nelle regioni: in Campania per esempio gli iscritti per milione di abitanti sono 180, in Veneto sono circa 70, men- tre la media nazionale è di 118. Per il trapianto di rene, come per altri organi, si conferma l’esistenza di un fenomeno di migrazione da sud a nord. Il 45% dei malati iscritti nella lista del NITP (Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli e Marche) proviene da altre aree. Così anche per l’AIRT (Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna) il 40% degli iscritti proviene da zone diverse. Nell’Organizzazione centro sud trapianti solo l’8% degli iscritti viene da fuori. L’unica soluzione per invertire la

103 tendenza delle migrazioni dei malati, secondo gli esperti, è potenziare le donazioni nelle regioni meridionali. Il Centro nazionale trapianti conferma la tendenza positiva delle donazioni, che continuano a cre- scere (la media è oggi di 14 donatori per milione di abitanti rispetto al 13,7 del 99), anche se non come ci si aspettava.

Primo trapianto al mondo per trattare la glicogenosi Padova, 21 novembre Nuovo primato medico per l’Ospedale di Padova, che ha eseguito il primo trapianto in Europa di cellule del fegato e il primo al mondo per la cura della glicogenosi, una malattia congenita spesso ereditaria. Lo ha annunciato la direzione generale dell’azienda ospedaliera. Il paziente che ha ricevuto l’intervento si trova già nel periodo post ope- ratorio. “Ci rendiamo conto – spiegano i medici – di aver abbattuto una barriera e di aver aperto potenzialmente una nuova strada alla terapia delle malattie congenite nel nostro Paese”. L’operazione è stata eseguita da un’equipe medico-chirurgica composta da Maurizio Muraca, Antonio Gerunda, Alvise Maffei, Alberto Burlina e Gianpietro Gironna. Si tratta di un progetto multidisciplinare coordinato dal capo dipartimento trapianti di Padova, prof. Gianpietro Giron. La glicoge- nosi, nota anche come malattia di von Gierke, è caratterizzata da nanismo, aumento di volume del fegato, ipoglicemia e talvolta anche da insufficienza cardiaca e incapacità di metabolizzare gli zuccheri.

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Cuori buttati, il motivo è l’età dei donatori Milano, 4 gennaio È l’innalzamento dell’età dei donatori la prima causa del mancato utilizzo del cuore per il trapianto: spesso per lesioni coronariche risulta non idoneo. Dopo la denuncia fatta oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, da Mario Viganò, direttore del centro trapianti del San Matteo di Pavia, Girolamo Sirchia ha spiegato perché ci sono “troppi cuori inadatti”. “Il motivo – ha dichiarato il presidente del Nord Italia Transplant program (NITP) – sta nel cambiamento della popolazione dei donatori. Fra questi infatti, grazie a misure di prevenzione come l’obbligo del casco per i motociclisti, per fortuna sono diminuiti i gio- vani. Quindi, rispetto al passato, chi è disponibile al prelievo di organi è sempre più spesso un anziano e come tale generalmente ha problemi cardiovascolari che non consentono il prelievo”. Secondo i dati del NITP, nel ’96 i donatori ultrasessantenni erano l’8% del totale mentre l’anno scorso sono stati il 25%. “Negli anziani il prelievo può avvenire – ha proseguito il professore – a patto che durante le sei ore di osser- vazione vengano eseguiti esami diagnostici sul cuore, come la corona- rografia. In pratica prima di prelevare bisogna essere sicuri che nonci siano lesioni alle coronarie”. Questa procedura dovrebbe essere la prassi, ma può capitare che qualche struttura non sia dotata degli strumenti necessari o non sia in grado di fare questo esame in urgenza. “Dunque può accadere – ha continuato Sirchia – che l’organo inviato al centro trapianti venga successivamente giudicato non idoneo e scar- tato dal chirurgo che deve eseguire l’intervento”. Cosa che però è rara, secondo Sirchia, perché di solito il medico si reca nell’ospedale dove avviene il prelievo per valutare di persona lo stato dell’organo ancor prima che venga prelevato. “È lo scotto che bisogna pagare – ha aggiunto il professore – con perdite di tempo e spreco di risorse umane. Non c’è alternativa se non attrezzare tutti gli ospedali con servizi diagnostici di urgenza per questo tipo di esami, ma è irrealistico e molto costoso”.

Eseguito il primo trapianto di rene in Abruzzo L’Aquila, 13 gennaio Compiuto stamani il primo trapianto di rene in Abruzzo, presso l’ospedale San Salvatore dell’Aquila, unico centro della regione di recente autorizzato dal Ministero della Sanità. Sono abruzzesi sia il donatore sia il trapiantato. L’organo espiantato nella notte all’ospedale

107 di Teramo da un architetto di Giulianova (Teramo) morto per una emorragia celebrale fulminante è stato impiantato su un aquilano di 40 anni da molto tempo sottoposto a dialisi peritoneale. Il delicato intervento è stato effettuato dalla equipe aquilana, diretta dal prof. Antonio Famulari, responsabile del nuovo centro trapianti aquilano, insieme con il prof. Carlo Casciani, direttore del centro trapianti dell’Università di Roma Tor Vergata. Cominciato alle 9,30, si è con- cluso alle 14,30. Secondo i sanitari, tutto si è svolto regolarmente, senza imprevisti. Il paziente è ora ricoverato in terapia intensiva. Prima del trapianto, l’assessore regionale alla Sanità e vice presidente della Giunta regionale d’Abruzzo, Rocco Salini, ha salutato lo staff che ha effettuato il trapianto. “Finalmente si avvera un sogno che pone fine al calvario di tante famiglie da anni costrette ai cosiddetti viaggi della speranza”, ha spiegato Salini che ha anche annunciato che nel mese di marzo a Chieti si procederà al primo trapianto di cuore e successivamente quello di fegato.

In 10 anni impennata di pazienti in attesa negli USA Washington, 23 febbraio È salito clamorosamente negli anni Novanta il numero dei pazienti in attesa di un trapianto, nonostante nello stesso periodo di tempo la quantità di donatori in vita sia raddoppiata: a denunciare la cronica mancanza di organi per i trapianti in America ed a fornire le statistiche sull’ultimo decennio è l’organizzazione USA “United Network for organ sharing”. Tra il 1990 ed il 1999 il numero delle operazioni è salito del 44%, ma alla fine del ’99 si registravano 72.110 pazienti in lista d’attesa per un organo: un numero triplo rispetto alle stime del 1990. Conseguentemente, nello stesso arco temporale, il numero delle morti tra i malati in attesa è triplicato. Quanto alle donazioni, se quel- le da cadaveri sono cresciute lievemente (più 3%), l’offerta di organi da persone viventi è raddoppiata: nel 1999 4.712 persone hanno ‘regala- to’ organi. Il 20% non era in alcuna relazione familiare con i malati.

Servono più donatori di rene da vivente Roma, 8 febbraio “Nel settore dei trapianti, soprattutto per quelli di rene, occorre un ‘giro di vite’, e in Italia potrebbe partire un progetto nazionale per aumentare il numero degli interventi da vivente, permettendo anche alla popolazione di donare oltre ai familiari.” Lo ha dichiarato il Ministro della sanità Umberto Veronesi illustrando alla commissione parlamentare per le questioni regionali il piano sanitario nazionale 2001-2003, approvato ieri in via preliminare dal Consiglio dei ministri. “Oggi – ha spiegato Veronesi – siamo limitati da norme che rendono possibili i trapianti di rene tra familiari”, ma si potrebbe pensare di lanciare una campagna di donazione tra la popolazione, “creando un registro come quello che esiste per il midollo osseo”. “Grazie alle tec- niche chirurgiche endoscopiche – ha spiegato il ministro – il prelievo da un vivente crea un disagio limitato e si potrebbe così risolvere l’at-

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tesa di migliaia di malati che per tre volte a settimana dipendono dalla dialisi. Se negli Usa si eseguono circa 6-7mila trapianti di rene da donatore vivente – ha aggiunto Veronesi – in Italia solo 60, mentre ci sono 9 mila pazienti in attesa, in condizioni di vita dolorose e con un costo enorme per il servizio sanitario. Nel nostro Paese in questi anni c’è stato un aumento lento ma non significativo dei trapianti, si va avanti lentamente: la ‘chiave di volta’ non è nella volontà delle persone di donare dopo la morte ma l’insufficiente efficienza nell’organizzazio- ne ospedaliera delle rianimazioni che non sono stimolate. Spesso per pigrizia, disinteresse o fatica non c’è una forte motivazione all’espianto e al trapianto”.

Indagine del Senato, meno centri ma più organizzati Roma, 7 febbraio Centri medici in grado di effettuare trapianti di tutti i tipi: si articola su questo concetto la proposta che dovrebbe portare all’istituzione di unità trapiantologiche ‘totipotenti’ cioè in grado di effettuare tutti le sostituzioni d’organo e riorganizzare su questo modello la rete dei centri superando l’attuale frammentazione delle strutture. Questa l’ipotesi formulata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema sanitario di Palazzo Madama che proprio oggi ha approvato la relazione finale di un’indagine condotta sui centri nel nostro Paese. Secondo la commissione è necessario ridurre il numero dei 120 presidi ospedalieri che attualmente sono sparsi sul territorio (74 al Nord, 23 al Centro e 23 al Sud e nelle isole) a non più di 30 creando una rete di strutture coordinate. Inoltre è indispensabile una riorganizzazione generale per portare l’Italia (13,7 donatori per milione di abitanti, pmp) ai livelli degli altri Paesi europei tra i quali si distinguono Spagna (33,6 pmp ), Austria (24,9) e Belgio (23,8). Il costo previsto per l’opera- zione non supererebbe i 200 miliardi di lire. Secondo il senatore Dino De Anna, ordinario di chirurgia dell’Università di Udine e relatore dell’indagine: “I centri autorizzati e funzionanti si concentrano quasi tutti nel nord Italia. Dovremmo invece averne almeno uno per ogni regione in grado di effettuare tutti i trapianti, un punto di riferimento territoriale. Riducendoli aumenterebbero il numero di interventi rea- lizzati. Nella stessa sede si potrebbe procedere contemporaneamente al trapianto di più organi”. In questo modo anche il divario tra Nord e Sud verrebbe eliminato in favore di un’equilibrata distribuzione sul territorio e anche Regioni attualmente scoperte, come la Basilicata, potrebbero istituire un proprio centro. Secondo uno studio dell’Istituto superiore di sanità relativo al 1999, a cui la relazione fa riferimento, la provincia autonoma di Bolzano è la regione leader in quanto a nume- ro di donatori con 28,3 per milione di abitanti, seguita da Toscana (26,9 pmp), Emilia Romagna (25,5) e il Veneto (22,7). Fanalini di coda la Calabria 84,8) la Campania (3,5) e ultima la Sicilia (2,7). Il coordi- natore locale, il sevizio di rianimazione, e la campagna informativa e di sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica sono i tre punti di forza per istituire il nuovo assetto, individuati nel corso dell’in-

109 dagine. Il coordinatore locale, già presente come figura nella legge 91/1999 che ha dettato la nuova disciplina in materia di donazione e di trapianto di organi e di tessuti, è il medico che ha il compito di gestire il processo che porta all’identificazione del potenziale donatore di organi, alla richiesta del consenso da parte dei familiari e alle ope- razioni di prelievo. È necessario che sia una figura diversa dal chirurgo che effettua l’espianto. “I centri di rianimazione dedicati alla neurochi- rurgia – continua De Anna – sono fondamentali; un potenziale dona- tore non è un malato cronico ma molto spesso un paziente che ha avuto un incidente; una volta in coma irreversibile, questi deve essere tenuto in osservazione, è prevista la terapia intensiva, dove viene osser- vato 24 ore su 24; dopodiché il paziente potrebbe guarire o volgere verso la morte, dunque questo è un momento cruciale e, in caso di decesso, l’intervento deve essere tempestivo. Occorre dunque prepara- re il personale, adeguare gli organici, soprattutto anestesisti e rianima- tori”. “L’abitudine all’idea del trapianto – conclude De Anna – è anche un fatto culturale: quando si chiede l’espianto nel nostro Paese si ricevono il doppio di rifiuti rispetto al resto d’Europa”. Tuttavia secondo i dati dell’Iss dal 1992 al 1999 si sono fatti grandi passi avanti e si è registrato un progresso che va 5,8 donatori a 13,7. Quelli multi- organo tra il 1994 e il 1999 sono passati da meno di 400 unità all’anno ad oltre 600.

Il dibattito sul registro donatori Roma, 14 marzo Diverse le reazioni all’ipotesi del ministro Veronesi di creare un regi- stro dei donatori di rene da vivente. Per Ignazio Marino, direttore dell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo (Ismett) l’ipotesi può rappresentare, soprattutto in alcune Regioni, “una concreta alter- nativa all’espianto da cadavere”. Per Marino esistono anche altre vie per incentivare le donazioni da vivente senza correre il rischio della commercializzazione. “Penso alla creazione di un registro di donatori incrociati. Supponiamo – ha spiegato Marino – che una madre desi- deri donare un rene al proprio figlio ma non sia compatibile. Per ovviare a questa impasse, si potrebbe creare un registro dove inserire tutti i casi di questo tipo; successivamente, attraverso l’incrocio dei dati per individuare la compatibilità, si potrebbe procedere ad un vero e proprio scambio tra donatori e riceventi, ottimizzando in questo modo le risorse e risolvendo i problemi dei pazienti e delle loro famiglie”. La Sicilia, ricorda Marino, è l’ultima Regione italiana per numero di pre- lievi da cadavere e allo stesso tempo l’Ismett lo scorso anno è stato il primo centro italiano per numero di trapianti di rene da donatore vivente, “una concreta via d’uscita per i pazienti”. Preoccupata Vincenza Palermo, presidente dell’Aido (Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule), secondo la quale la proposta potrebbe determinare una battuta di arresto alla macchina organizza- tiva dei prelievi di organi da cadavere. Anche per Franca Pellini, pre- sidente dell’Aned, (Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e

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Trapianto) non va creata una contrapposizione tra donazioni da vivente e da cadavere. “Sono due opportunità da offrire – ha spiegato Pellini – anche se nella donazione da vivente esiste un rischio di scivo- lo etico verso il commercio degli organi che fa paura. Per ora è neces- sario fare tutti gli sforzi necessari per incentivare la donazione da cadavere perché chi attende rene, cuore e fegato possa beneficiarne”.

USA, madre riceve due organi da due figli Roma, 22 marzo È un evento molto raro quello accaduto negli Stati Uniti, dove una madre di 57 anni nel corso di un impegnativo intervento di trapianto ha ricevuto due organi (rene e una parte di fegato) dai suoi due figli. Lo rileva il professor Vincenzo Mazzaferro, responsabile della chirur- gia dei trapianti all’Istituto Tumori di Milano. “Nel caso della donna americana – ha spiegato Mazzaferro – si sono sommate una serie di circostanze positive che hanno permesso il delicato intervento, un doppio trapianto di rene e fegato da donatore vivente. Ancor più impegnativo per complessità, effettuato in Corea – ha ricordato il chi- rurgo milanese – è stato riportato ad un congresso internazionale sui trapianti: una donna ha ricevuto da due figli una parte del loro fegato che è stato poi ricostruito e trapiantato nella donna”. Secondo Mazzaferro i trapianti da donatore vivente “sono senza dubbio una importante via che deve integrare la via classica del trapianto, cioè quella da cadavere. Ma attenzione a non enfatizzare questi interventi – ha aggiunto – che non sono esenti da rischi per il donatore e che non possono essere applicati nella routine”.

A Palermo doppio trapianto rene-pancreas Palermo, 18 maggio Un doppio trapianto per la sostituzione combinata di rene e pancreas è stato eseguito la notte scorsa al Policlinico di Palermo nel reparto di Chirurgia Generale, dell’Uremico e dei Trapianti, diretto dal professor Maurizio Romano. L’intervento, durato sei ore, è stato eseguito su un paziente uremico cronico affetto anche da diabete mellito insulino- dipendente ed è il primo nel suo genere mai eseguiti in Sicilia e in tutta l’Italia meridionale. L’equipe medico-chirurgica ha iniziato a operare all’una di notte e ha concluso il doppio trapianto alle sette del mattino. L’intervento eseguito dal professor Romano, è perfettamente riuscito. Il paziente, G. R., di 26 anni, era in dialisi da circa dieci anni con gravi disturbi vascolari che l’avevano portato ad una grave forma di retino- patia con conseguenti disturbi alla vista.

Nuova frontiera, un rene a sieropositivo Roma, 28 agosto Un rene ad un sieropositivo: l’intervento apripista che farà sorgere problemi etici, è avvenuto a Palermo suscitando la soddisfazione delle associazioni impegnate nella lotta all’Aids ma anche un richiamo alla cautela da parte di Girolamo Sirchia, per anni direttore del Nord Italia

111 Trasplant program ed ora ministro della Salute che parla di “frontiera ma da gestire”. Ed un altro centro, quello del Policlinico di Modena insieme al S. Orsola di Bologna, sta studiando la possibilità di trapian- ti di fegato sempre su malati sieropositivi per l’Aids. Con questa ope- razione, spiegano le associazioni Lila (Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids ) ed Anlaids (Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS), cade simbolicamente una barriera che fino ad ora ha discri- minato i malati sieropositivi, ma Sirchia spiega che sarà la commissio- ne nazionale trapianti ad affrontare la questione con protocolli speci- fici. L’intervento, perfettamente riuscito, è stato eseguito un mesefa nell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo. L’uomo, che è già stato dimesso, era in dialisi da cinque anni per un’insufficienza renale. L’organo è stato donato dal padre, per aiutare il figlio costretto a faticose sedute di dialisi aggravate dalla terapia antiretrovirale per l’Hiv. Il paziente si è rivolto all’Ismett in maniera del tutto casuale, attraverso Internet, dopo avere ricevuto una serie di rifiuti da parte di altri centri”. Abbiamo deciso di eseguire il trapianto – spiega il profes- sor Ignazio Marino, direttore dell’istituto – dopo aver valutato le sue condizioni e verificato che non esistesse alcun tipo di controindicazio- ne clinica. Il malato è stato inserito in un protocollo clinico utilizzato per questa tipologia di trapianto negli Stati Uniti, a Pittsburgh e a San Francisco. Oggi la funzionalità dell’organo è buona, il paziente sta bene. Non c’era nessun motivo valido dal punto di vista scientifico per non offrire la stessa opportunità terapeutica di qualsiasi altra persona ammalata di insufficienza renale”. Nel caso di Palermo erano presenti tutte quelle condizioni cliniche che secondo gli esperti rendono possi- bile l’intervento: non deve esserci traccia del virus nel sangue e il livel- lo dei linfociti CD4 deve essere superiore a 200. “L’intervento in real- tà, – ha spiegato l’immunologo Ferdinando Aiuti – rappresenta una frontiera sia sotto il profilo etico che scientifico. La terapia- immuno soppressiva necessaria dopo il trapianto può rappresentare un rischio per chi è stato attaccato da un virus che colpisce proprio il sistema immunitario. Ma ciò che i tecnici come Umberto Tirelli o l’ex ministro della Sanità Rosy Bindi osservano, è che così si contribuisce a combat- tere il pregiudizio che fino ad ora, data la cronica carenza d’organi, non ha fatto mai entrare un sieropositivo in camera operatoria per un trapianto. Del resto, ha aggiunto Tirelli, questo tipo di intervento potrebbero essere eseguito su tanti altri pazienti, sempre che esistano le condizioni cliniche.

Trapianto di rene da donatore vivente in laparoscopia Bergamo, 12 maggio Un trapianto di rene, con prelievo da donatore vivente utilizzando la tecnica chirurgica video-laparoscopica mini invasiva, è stato realizzato nei giorni scorsi agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Lo ha reso noto la direzione del presidio ospedaliero rivelando che donatore e ricevente sono due fratelli senegalesi di 31 e 37 anni. Il ricevente vive nel berga- masco, il donatore, che è già stato dimesso a Torino. Entrambi stanno

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bene. L’intervento è stato effettuato dall’equipe di Alessandro Bertani, Andrea Segalin e Bruno Gridelli. Questi ultimi due chirurghi avevano già eseguito insieme un prelievo da donatore vivente, una signora di 37 anni, il 19 gennaio scorso a Palermo. Il rene era stato poi trapiantato al marito della donna dall’equipe di Ignazio Marino.

Da cordone ombelicale cellule anti-leucemia Washington, 13 giugno Dal cordone ombelicale di neonati arriva un nuovo trattamento in grado di stimolare la produzione di nuovo sangue, in adulti colpiti da malattie come la leucemia. La terapia, sperimentata con risultati pro- mettenti in America, consiste in un trapianto di cellule tratte dai cor- doni ombelicali in pazienti il cui midollo spinale ha smesso di produr- re correttamente i globuli del sangue. La tecnica, che aveva già mostra- to di funzionare sui bambini, sembra essere efficace anche se il dona- tore ed il ricevente non sono perfettamente compatibili. Un rapporto pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’ illustra i test con- dotti alla Case Western University di Cleveland su 68 malati di età compresa tra i 17 ed i 58 anni. Tutti colpiti da malattie gravissime del sangue. I tessuti prelevati dai neonati hanno indotto una nuova produ- zione di sangue nel 90% dei pazienti. A quaranta mesi dall’impianto 19 pazienti erano vivi, 18 non avevano più tracce della malattia. Diciassette morti sono state attribuite ai trattamenti pre-intervento, che consistevano nella soppressione del midollo spinale mal funzio- nante tramite radiazioni e farmaci. Uno dei rischi più gravi del tratta- mento è il rigetto da parte dell’organismo dei pazienti che ricevono i nuovi tessuti delle stesse cellule ‘estranee’. Il fenomeno si è manifestato nel 20% dei pazienti: ma il tasso di rigetto – osservano i ricercatori – è ampiamente inferiore a quello che si registra con i trapianti di midollo spinale. In questi casi le reazioni di rigetto oscillano tra il 35 ed il 55% dei casi.

Trapianto rene in Piemonte compie 20 anni Torino, 7 novembre Quasi 1500 eseguiti dal 7 novembre 1981 a oggi, di cui 31 da donato- re vivente e gli ultimi undici (dal luglio 2000) eseguiti con tecnica laparoscopica: questo il bilancio di venti anni di trapianti di rene all’ospedale Molinette di Torino, che dal ’95 è il centro che compie il maggior numero di trapianti di rene in Italia. Il primo intervento venne eseguito su una nomade che visse con l’organo trapiantato per cinque anni. Nel 1986 fu introdotto il trapianto da vivente, e solo molto più di recente, il 30 novembre 1999, è stato inaugurato il doppio trapianto, settore di cui il centro delle Molinette è leader italiano. Nel 2000 infatti, ben 23 dei 40 doppi interventi eseguiti in Italia sono stati fatti in questo ospedale. In collaborazione con l’infantile Regina Margherita sono stati inoltre avviati i trapianti di rene in età pediatri- ca. Dal primo novembre del 2000 a oggi ne sono stati fatti sette, di cui due doppi (rene e fegato). Il Centro Trapianti torinese è coordinato da

113 Emilio Sergio Curtatoni, primario della divisione universitaria di Immunologia dei Trapianti. Gli interventi al rene avvengono sotto la regia del servizio di Nefrologia, coordinato dai professori Giuseppe Piccoli e Giuseppe Segoloni.

Dulbecco: presto un cuore di maiale nell’uomo Cernobbio (Co), 7 settembre Presto l’uomo avrà un cuore di maiale. Parola di Renato Dulbecco. “Quel giorno non è lontano e la strada battuta in questo senso dalla ricerca è ottima”. Il Nobel lo ha dichiarato parlando di trapianti degli organi di animali all’uomo a margine dei lavori del workshop Ambrosetti in corso a Cernobbio dove è intervenuto ad un dibattito sulla genetica. “Il motivo per cui la grande speranza per i trapianti di cuore viene dal maiale – ha precisato – è che la taglia dell’animale e del suo organo sono compatibili con quella umana”. Dulbecco ha anche osservato: “gli studi sui cuori dei maiali da utilizzare per tra- pianti nell’uomo sono molto avanzati, ed anche il problema del rigetto si va risolvendo. Questo può essere di due tipi: acuto-rapido e norma- le. Per quanto riguarda il primo, siamo a buon punto, è dovuto al fatto che i vasi sanguini del maiale hanno uno zucchero che nell’uomo non esiste, ed è causa di infezioni. “Tuttavia – ha aggiunto a questo riguar- do – la ricerca ha ingegnerizzato questo elemento ed in pratica è ora possibile sostituirlo con uno zucchero che non scateni infezioni”. Resta però da affrontare il rigetto normale: l’attuale obiettivo della ricerca sui cuori dei maiali. Non si possono osare ora trapianti di questo tipo, il rigetto normale provocherebbe immediate reazioni, con infezioni soprattutto ai reni, ma siamo sulla buona strada”.

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Dimesso il primo uomo con il cuore artificiale Pavia, 6 gennaio Rino Fugoni, 65 anni, il primo uomo in Italia al quale è stato applicato un cuore artificiale definitivo, è tornato ieri sera nella sua casa di Bore, un paesino della provincia di Parma. Ad accompagnarlo i due medici della divisione di cardiochirurgia del Policlinico San Matteo di Pavia. “Il paziente è in ottime condizioni – ha sottolineato il professor Mario Viganò, direttore della cardiochirurgia dell’ospedale di Pavia –. Ormai è in grado di gestirsi da solo. Durante gli ultimi giorni di degenza ha seguito un corso accelerato per imparare a cambiare le batterie esterne”. Quando ha varcato la porta di casa, Fugoni si è commosso. Insieme a lui c’era Bruna Cenci, la moglie che gli è sempre stata al fianco durante i giorni della malattia e dopo l’intervento (effettuato lo scorso 22 ottobre alSanMatteo).RinoFugonièstatoabbracciatodaifigliPaoloe Roberto, dalle nuore e dalle nipotine Chiara e Aurora. “Le sue condi- zioni generali – ha aggiunto Viganò – sono molto buone: il migliora- mento è evidente, soprattutto se si pensa allo stato in cui si trovava l’uomo prima dell’applicazione del sistema di assistenza ventricolare Lionheart”. Sta bene anche l’uomo di 65 anni di Gussola (Cremona) al quale, lo scorso 13 dicembre, è stato applicato il secondo cuore artificia- le definitivo al Policlinico San Matteo di Pavia.

Xenotrapianti, successi per quelli di fegato in Cina Roma, 19 marzo In Cina, dallo scorso settembre sono stati effettuati con successo 12 xenotrapianti che hanno consentito ad altrettanti pazienti affetti da gravi problemi epatici di ricevere un organo nuovo di origine suina. È quanto ha annunciato nei giorni scorsi l’agenzia Xinhua. I pazienti, di età com- presa tra i 30 e i 40 anni, sono stati sottoposti all’intervento al Gulou Hospital di Nanchino. Gli interventi – sottolineano gli scienziati – effet- tuati in collaborazione con il Life Research Institute dell’università loca- le, sono un primo traguardo di cinque anni di intensa ricerca. L’operazione è stata resa possibile grazie alla messa a punto di una inno- vativa tecnologia che ha recentemente ottenuto l’approvazione delle autorità sanitarie statali. Commentando l’intervento Qiu Fazu, dell’Ac- cademia Cinese delle Scienze, ha dichiarato: “A livello internazionale questo tipo di ricerche è estremamente avanzato ed offre un valida alter- nativa al trattamento tradizionale, trapianti compresi, di gravi patologie del fegato”.

117 Il trapianto di midollo osseo è possibile tra ‘incompatibili’ Perugia, 3 aprile Apre nuovi orizzonti per il trapianto di midollo osseo lo studio del ricerca- tore perugino Andrea Velardi che dimostra come certe incompatibilità tra donatore e ricevente siano in realtà un vantaggio per la soluzione della patologia leucemica. La ricerca di Velardi (del team del professor Fabio Massimo Martelli, della sezione di ematologia ed immunologia clinica della facoltà medica di Perugia) è stato pubblicato su ‘Science’, che le ha anche dedicato l’editoriale. Inoltre è stata premiata all’ultimo congresso della Società europea di trapianto di midollo osseo, pochi giorni fa in Svizzera. La ricerca ha dimostrato che proprio la situazione più rischiosa per il tra- pianto di midollo osseo, quella da donatore incompatibile, è in grado para- dossalmente di scatenare benefiche reazioni immunologiche anti-leucemi- che, totalmente prive però di pericolo nei confronti del paziente. Il trapian- to di cellule staminali ematopoietiche (cellule ‘madri’ del sangue presenti nel midollo osseo) ha rivoluzionato la terapia delle leucemie. I trapianti debbo- no essere fatti tra individui compatibili per certe caratteristiche tessutali. L’idea di base di questa forma di terapia è quella di combinare l’effetto di terapie tradizionali, quali le radiazioni ed i farmaci, con l’azione delle cellu- le del sistema immunitario del donatore (linfociti T) contenute nel trapianto, le quali riconoscono le differenze ‘antigeniche’ del ricevente ed eliminano la leucemia. Queste risposte immuni possono, tuttavia, avere anche effetti devastanti, con un’aggressione generalizzata contro i tessuti del ricevente, la cosiddetta ‘malattia da trapianto contro l’ospite’. Un problema aggiuntivo è il fatto che solo una quota (circa il 50 per cento) dei pazienti leucemici trova una persona compatibile. Trapianti da donatori incompatibili sono stati tradizionalmente impossibili perché determinano una malattia da tra- pianto contro l’ospite, invariabilmente letale. Ma qualche anno fa, il team diretto dal professor Martelli ha reso possibili per la prima volta trapianti incompatibili. Per far questo è stato necessario eliminare quasi completa- mente dal trapianto i linfociti T del donatore. L’impossibilità di utilizzare le cellule T del donatore come arma antileucemica lasciava prevedere che tali trapianti avrebbero avuto scarso effetto antileucemico. Lo studio del dottor Velardi ha considerato la possibilità che i trapianti incompatibili potessero attivare un’altra forma di reazione immunitaria diretta dal donatore contro il ricevente, e mediata dalle cellule Natural Killer (NK) del donatore, reatti- ve contro il ricevente. Questa reazione si è dimostrata indirizzarsi selettiva- mente contro le cellule del sangue del trapiantato, esercitando un forte effetto antileucemico, potenziando l’attecchimento e non attaccando i tes- suti normali dell’ospite. I risultati clinici della ricerca di Velardi sono stati addirittura superiori a quelli ottenibili con trapianti compatibili. Così per certe forme di leucemia ad alto rischio di ricaduta, piuttosto che un dona- tore compatibile, sarà vantaggioso scegliere tra i familiari del malato quel donatore che in base alle sue ‘differenze’ con il paziente assicura questa alta percentuale di cura.

Primo trapianto di cellule staminali nel cuore a Padova Venezia, 3 aprile Un trapianto di cellule staminali prelevate dallo stesso paziente e iniettate

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nel cuore a torace aperto è stato compiuto nell’istituto di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Padova. La prima applicazione clinica nell’uomo di cellule staminali è durata circa quattro ore ed è stata compiu- ta dal professor Gino Gerosa, dell’istituto diretto dal prof. Dino Casarotto. I particolari dell’intervento saranno resi noti nelle prossime ore.

Sì ai trapianti per i sieropositivi Roma, 30 aprile Via libera dalla Commissione nazionale Aids ai trapianti per i pazien- ti sieropositivi. Approvato oggi un protocollo che per la prima volta stabilisce i criteri di selezione per includere i sieropositivi nelle liste di attesa. Per ora la decisione riguarda esclusivamente quello di fegato da donatore morto. “È una grande conquista – ha dichiarato il vicepresi- dente della Commissione, Ferdinando Dianzani – e se questo esperi- mento pilota darà risultati positivi, naturalmente si potrà estendere”. Secondo il vicepresidente è probabile che i primi pazienti sieropositivi possano accedere alle liste di attesa già in estate. “È infatti verosimile – ha aggiunto – che l’iter possa essere piuttosto breve.” Il documento potrebbe giungere all’esame del Consiglio superiore di sanità entro un mese e a quello della Conferenza Stato-Regioni nell’arco dei prossimi due. La scelta di limitare le possibilità di trapianto al fegato è, secondo Dianzani, un primo passo molto importante di quella che egli stesso ha definito ‘un’esperienza pilota’. “Una scelta – ha aggiunto – suggerita dall’effettiva necessita”, dei pazienti sieropositivi, considerando che ormai tra questi le morti dovute alle complicanze dell’epatite C, come cirrosi e tumori del fegato, sono ormai numerosissime. Grazie alle nuove terapie anti-Hiv, infatti, la sopravvivenza è aumentata notevol- mente e nelle persone che hanno la doppia infezione, da Hiv e da epatite C, quest’ultima può diventare più pericolosa. Oltre all’emer- genza, a dettare la scelta è anche il fatto che l’obiettivo della decisione approvata oggi è verificare l’efficacia dei trapianti nei pazienti -sieropo sitivi. “È perciò necessario – ha sottolineato Dianzani – operare in condizioni di omogeneità”. Da un lato sono stati quindi individuati i criteri di selezione per i pazienti e dall’altro si è deciso di limitare il trapianto al fegato da donatore cadavere. Dalle statistiche risulta infat- ti che il successo di quest’ultimo tipo di trapianto è del 90%, contro il 60% del trapianto da donatore vivente. “Se i pazienti ricorressero indifferentemente ad entrambe le possibilità non sarebbe possibile conoscere esattamente le cause degli eventuali insuccessi. Si è scelto così di muovere questo primo passo con molta prudenza e con criteri di rigore scientifico”. Tre i principali requisiti per l’inclusione dei pazienti nelle liste di attesa: la diagnosi di Aids non deve risalire a meno di due anni fa, i pazienti devono avere almeno 350 Cd4 e, se sono in terapia, una carica virale non rilevabile. “La prudenza è d’ob- bligo. I trapianti nei sieropositivi – ha concluso – non sono affatto esperienze di routine. La maggior parte dei dati in materia provenien- ti dall’estero sono aneddotici e riguardano pazienti eterogenei e che hanno ricevuto trattamenti molto diversi”.

119 Processo per i morti per epatite B, arriva la sentenza Pesaro, 8 maggio Impossibile condannare Lucarelli non avendo determinato come e attraverso quale operazione si diffuse il virus. Questa, in sintesi, la moti- vazione della sentenza che ha mandato assolti dall’accusa di omicidio colposo plurimo per le nove morti da epatite B l’ex primario del reparto Ematologia dell’ospedale di Pesaro Guido Lucarelli e l’ex direttore sani- tario Giovanni Fiorenzuolo. Inoltre, secondo il giudice Vincenzo Andreucci – che ha racchiuso in 93 pagine il suo punto di vista – la Procura di Pesaro non ha considerato l’ipotesi dolosa, che invece era a suo parere molto più probabile di altre. Quanto alle ‘pre motivazioni’ da lui rese note il 4 febbraio scorso, con una procedura certamente irritua- le, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice monocratico spiega: “Avvertendo l’esigenza di fornire spiegazioni sugli aspetti più problema- tici della vicenda, nonché tenuto conto dell’indubbio impatto emotivo dell’assoluzione, ho letto alcuni fogli di appunti. Inopinatamente il pub- blico ministero ha proposto impugnazione, ravvisando in tali appunti una motivazione contestuale della vicenda e deducendo l’abnormità dell’atto...”. “Un capitolo è poi dedicato agli ‘errori’ della pubblica accu- sa: come sia avvenuto il contagio non si sa – osserva – ma la responsabi- lità penale implica l’individuazione di un evento. “Soltanto l’individua- zione della condotta che ha provocato il contagio – scrive Andreucci – può consentire di individuare le responsabilità penali, dell’operatore, dei superiori, dei controllori”. Il non aver individuato il veicolo del contagio “non viene assunto come dato da cui trarre le conseguenze penalmente appropriate, ma si pretende di superare l’impasse chiamando in causa la contaminazione ambientale”. Per Andreucci il modello dell’accusa non riesce ad escludere l’ipotesi che la colpa potrebbe “essere stata di un singolo operatore (un infermiere, un medico, ecc...) con ben diverse conseguenze in ordine alla responsabilità dei superiori”. E anche se i consulenti tecnici hanno fatto un gran lavoro, “nel processo penale le ipotesi sono prive di rilievo se non sono pienamente verificate”. Andreucci non nega poi che ci sia stata una sottovalutazione, almeno iniziale, degli eventi da parte di Lucarelli e un atteggiamento di autosuf- ficienza di Ematologia a fronteggiare la tragedia. Lo stesso vale per il comportamento della direzione sanitaria, “caratterizzato da inerzia, almeno iniziale. Ma i ritardi e le carenze sul piano terapeutico e sanitario non sono rilevanti per il decesso dei pazienti”. Rispetto alle ipotesi, quel- la del sabotaggio è per Andreucci più fondata della colposa. E ha sba- gliato il pm quando ha definito la tesi difensiva di Lucarelli “estrema- mente generica”. Lucarelli “indicò infatti, sia pure in termini ipotetici, movente, mandanti, esecutore, mezzi. “Questo bastava – rimarca il giu- dice – perché quella pista fosse affrontata con gli strumenti investigativi necessari, almeno per stroncarla sul nascere se ritenuta non attendibile... È da questo momento che le scelte investigative sia del pm della procura circondariale sia del pm della procura del tribunale, appaiono inadegua- te a verificare l’ipotesi dolosa”. Nell’indagine, “mentre le parte colposa avrà pieno sviluppo, quella dolosa appare palesemente insufficiente, addirittura attendista nei confronti dello sviluppo dell’indagine colposa,

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con un’inversione logica sull’ordine dell’importanza dei suoi aspetti e delle urgenze investigative tipiche di un delitto doloso. Una singolare filosofia investigativa...”. Riguardo al suicidio del portantino Guiducci, il giudice ribadisce che non si uccise per il prelievo cui fu sottoposto e che invece il suo atto è da collegarsi al confronto previsto per il giorno suc- cessivo alla sua morte. Ma il fatto di aver ammesso di essere entrato a Ematologia clandestinamente, passando da una finestra, è “di notevole rilievo”, come quello di aver effettuato fotocopie delle cartelle cliniche “conforta la credibilità della Carletti (l’infermiera superteste nel proces- so; ndr)”. “È ipotizzabile in una persona avente un tale carattere – con- tinua Andreucci sempre a proposito del portantino suicida – un senso di ostilità e di rivalsa nei confronti del personale di Ematologia e non appa- re irragionevole che egli abbia posto in essere comportamenti non fina- lizzati a dare la morte ma semplicemente un disagio, magari la sola positività al virus B”. Il coinvolgimento di Guiducci “non comporta necessariamente quello di Valentini (un altro dei ‘nemici’ storici di Lucarelli), che potrebbe essere stato chiamato come referente nei collo- qui del Guiducci con la Carletti per motivi soprattutto psicologici”. “Le dichiarazioni dell’ausiliaria sono connotate – sottolinea il giudice – dall’evidente trauma sofferto per la morte del Guiducci e per probabili sensi di colpa”. Andreucci, relativamente al procedimento della procura per falsa testimonianza contro la Carletti e altri due testi, Vergoni e Amici, afferma che non sussistono elementi per considerarli non veritieri”.

Le liste di attesa sono ancora troppo lunghe Roma, 15 maggio Le liste di attesa per i trapianti di organi in Italia sono ancora lunghe e servono organizzazione e cultura della donazione. Anche gli avvisi pre- visti dalla legge sul silenzio-assenso informato per l’espianto non sono ancora stati inviati ai cittadini. Per questo, è necessario insistere con le campagne di sensibilizzazione e attivarsi per colmare il divario tra nord e sud del Paese, lontane nei numeri dei donatori e ancora protagoniste di “migrazioni” interne. È questa, in sintesi, la situazione descritta dalle associazioni di donatori e trapiantati, che pur sottolineando il buon livello raggiunto dall’Italia in ambito europeo, lanciano un appello ai cittadini a donare. Prima tra tutte la mamma di Marta Russo.“In Italia manca la cultura della donazione, eppure con un gesto semplice si pos- sono salvare tante vite umane”, ha spiegato Aureliana Iacoboni che, insieme al marito, ha fondato un’associazione di volontariato dedicata alla ragazza uccisa alla Sapienza da un colpo di pistola alla testa, i cui organi sono stati donati. “Serve – ha aggiunto – la conoscenza, l’essere rassicurati sui tanti dubbi che si hanno, essere sensibilizzati”. Tra i pro- getti dell’associazione Marta Russo, una casa di accoglienza per i tra- piantati e le loro famiglie e di promuovere incontri con le scuole. “Oggi siamo ad un buon livello e dopo molti anni la media italiana è salita a 17,1 donatori per milione di abitanti contro una media europea del 16,5%”, ha commentato Vincenzo Passarelli, vicepresidente dell’Aido (Associazione Italiana per le Donazioni di Organi e tessuti). “Siamo

121 usciti dal limbo – ha spiegato – grazie al lavoro organizzativo del Centro nazionale trapianti, delle Regioni e la disponibilità dei familiari, ma questo non significa che le liste di attesa non siano ancora lunghe: 8.700 pazienti aspettano”. E a livello regionale, ha proseguito, si continua a registrare “una forte discrepanza” tra nord e sud del Paese. Sulla base dei dati del Centro nazionale trapianti, infatti, la media in Emilia Romagna, in testa alla lista, è di 31,4 donatori per milione di abitanti (25,8 in Piemonte e Valle d’Aosta, 25,1 in Toscana) contro una media di 5 in Basilicata, 5,4 in Calabria e 3,1 in Campania, ultima in classifica; la Sicilia è invece passata da una media del 2,4 2 al 7,9. “A dimostrazione che il punto fondamentale è l’organizzazione”, ha concluso Passarelli, aggiungendo che è “comunque importante sottolineare che oggi la mag- gior parte dei centri italiani è di eccellenza e i risultati a 5 anni dal tra- pianto sono superiori a quelli dell’Europa”. Diversa è la situazione per le donazioni di midollo osseo, dove – come ha confermato Beatrice Bosi, responsabile dell’Admo (associazione donatori di midollo osseo) Lombardia – “oggi vi sono 290mila donatori disponibili, con una per- centuale di rifiuto alla donazione quasi pari allo zero e un 40% dei donatori italiani che dona per pazienti all’estero”. Il livello raggiunto dall’Italia negli ultimi anni “passata dagli ultimi posti al sesto in Europa – ha spiegato Pio Bove, delegato del Tribunale per i diritti del malato per i Trapianti e coordinatore del Forum nazionale trapiantati – dipende molto dall’organizzazione delle strutture sanitarie e in particolare delle rianimazioni. Fondamentale è la figura del coordinatore locale, in gene- re un medico rianimatore che si dedica a tempo pieno al reperimento dei donatori, seguendo passo dopo passo il processo del prelievo. Per questo – ha concluso – le Regioni del sud hanno potenzialità enormi. L’importante è dotarsi di una organizzazione ottimale per non perdere il donatore”. “Il sud dovrebbe svegliarsi un pochino – ha detto Antonio Scalvini, presidente dell’Anto (associazione nazionale trapiantati di organi) – considerando che la media dei donatori è di 7 per milione di abitanti contro il 33 della Lombardia. Quando c’è da donare lo faccia- no, per loro, per gli altri. Mi auguro che il nord non smetta di foraggia- re il sud. Compito del meridione – ha concluso – è quello di mettersi al passo. Le liste continueranno ad essere lunghe se continuano a mancare le donazioni”. In Sicilia, la situazione è migliorata a partire dal 1999, anno in cui è nato l’Ismett, l’istituto mediterraneo per i trapianti e le terapie di eccellenza, ha spiegato Antonino De Simone, presidente dell’Astrafe (associazione siciliana per il trapianto del fegato). “Questo non significa, però, – ha proseguito – che le richieste siano tutte soddi- sfatte. Molti pazienti continuano a rivolgersi, certo meno che nel passa- to, al nord o addirittura all’estero, in quel giro di migrazioni e viaggi della speranza che tutti ben conosciamo”. In Italia, ha aggiunto, “le strutture e la competenza esistono, mancano gli organi. Il loro reperi- mento non è solo una questione della cultura, fattore dietro cui spesso ci si è trincerati, la vera carenza dipende dalla inefficienza delle rianima- zioni e dei servizi collegati”. Inoltre, ha sottolineato De Simone, “dalle Ausl non sono ancora partite le richieste ai singoli cittadini per la legge

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sul silenzio-assenso informato: questo è gravissimo. Sono questi i motivi della mancanza di organi”, ha concluso, aggiungendo che “per fortuna oggi anche per il fegato come per il rene si è aperta la strada per il tra- pianto da donatore vivente”. Dal 1999 ad oggi, l’Ismett ha eseguito in tutto 103 trapianti di fegato e rene. “Poiché sono poche le donazioni – spiega l’istituto – è molto intensa l’attività di trapianto da donatore vivente. La Sicilia è infatti la prima regione in Italia per questo tipo di intervento al rene: normalmente – aggiunge – fatti gli esami necessari e ottenuta l’autorizzazione del magistrato, nel giro di 2-3 mesi si riesce a portare a termine un trapianto di rene da donatore vivente”.Attualmente, presso l’Ismett ci sono circa 100 pazienti in lista di attesa per il fegato, la metà per il rene. In attesa che venga attuato quanto previsto dalla legge sui prelievi e i trapianti di organi (L. 91/99), in base alla quale l’Ausl è tenuta ad inviare ad ogni singolo cittadino un modulo per assentire o dissentire alla donazione degli organi (se recepito, il silenzio vale assenso, se non ricevuto il silenzio vale dissenso), ci sono altre due possibilità per esprimere la propria posizione. È infatti possibile recarsi presso l’Asl e fare una dichiarazione di volontà, dare in altre parole dare il proprio assenso o dissenso alla donazione, oppure compilare una dichiarazione autografa. Nel caso di silenzio, è richiesta le non-opposizione dei paren- ti, ha inoltre spiegato Bove. “Oggi – ha aggiunto – sono state raccolte oltre 21mila manifestazioni di volontà, il 73% delle quali esprimono il sì alla donazione. Un dato – ha sottolineato – che rappresenta un succes- so”. La legge non è stata ancora attuata, “perché ancora non esiste un’anagrafe sanitaria informatizzata a livello nazionale nè un documen- to sanitario elettronico in cui inserire la notifica. Ciò sarà possibile tra un paio di anni”. Ma al di là dei grandi numeri, ha concluso, “va ricordato che la gente continua a morire, che l’attesa per un trapianto è dura, che finito questo calvario inizia un’altra lotta, ogni giorno con i farmaci anti- rigetto, i controlli e l’immunosopressione”.

USA, più donatori viventi che cadaveri Roma, 20 maggio Sono state 6.439 le persone che nel 2001, negli Stati Uniti, hanno dona- to parte del proprio fegato per consentire un trapianto contro le 6048 donazioni giunte da cadaveri. Il dato è stato reso noto stamattina duran- te un convegno, promosso da centro Trapianti del policlinico Umberto I di Roma, dal professor Raffaello Cortesini, pioniere dei trapianti in Italia e ora in anno sabbatico alla Columbia University di New York. “Il dato – ha sottolineato Cortesini – indica una sensibilità sempre maggio- re nell’opinione pubblica americana verso la donazione di una parte di fegato a persone malate e rappresenta un segnale di speranza anche per l’Italia, dove nel 2001 sono stati eseguiti 32 trapianti di fegato da viven- te contro i 790 di tipo tradizionale. Siamo sicuri – ha spiegato il profes- sore – che, integrando i due tipi di donazione, anche in Italia si avrà nei prossimi anni il raddoppio del numero dei trapianti con un abbattimen- to delle liste di attesa perché l’opinione pubblica si renderà pian piano conto che la donazione da vivente è un gesto di generosità con il minimo

123 rischio ed il massimo risultato”. “L’importanza dei trapianti di fegato da vivente – ha continuato Cortesini – risiede anche nel fatto che sono inferiori le possibilità di rigetto. Nell’esperienza internazionale, soprat- tutto in Giappone si è visto che nei trapianti di fegato da vivente è più facile ottenere la tolleranza: più del 50 per cento dei pazienti trapiantati da oltre 2 anni non fanno più immunosoppressione e questo vale, si è notato, sia nei bambini sia negli adulti e sia nel caso che il trapianto avvenga da consanguineo che da estraneo”. La riuscita del trapianto da vivente è dimostrata anche nei casi italiani visto che ad un anno dall’in- tervento il 70 per cento dei trapiantati sta bene e non c’è stato alcun caso di mortalità nei donatori. “Anche il policlinico Umberto I – ha spiegato il responsabile del centro trapianti del policlinico romano, Pasquale Berloco – è in prima linea nell’utilizzo di questa tecnica con due trapian- ti da vivente effettuati con risultati più che soddisfacenti. Integrare i due tipi di trapianti sarà il modo per venire incontro alle richieste sempre maggiori di trapianti visto che ogni anno solo nel Lazio sono 1300 i nuovi malati epatici, dei quali una percentuale tra il 10 ed il 20 per cento avrà bisogno di ricevere un organo nuovo”.

Nati i maiali anti-rigetto, entusiasti i ricercatori Roma, 22 agosto “È straordinario il passo in avanti che ha segnato la nascita dei quattro maialini privi di entrambi i geni che provocano il rigetto nel caso di trapianto da animale a uomo.” Ha commentato così la notizia diffusa oggi dalla Ppl Therapeutics il direttore dell’Istituto mediterraneo tra- pianti, Ignazio Marino. “La possibilità di avere a disposizione maialini geneticamente modificati privi di entrambe le copie del gene che provo- ca il rigetto (chiamato alfa 1,3 galactosiltransferasi) – per il direttore – rende ormai molto vicina la possibilità di trapiantare organi di maiale in esseri umani.” Entusiasta anche il commento del direttore del laborato- rio di Biologia dello sviluppo dell’università di Pavia, Carlo Alberto Redi, per il quale si apre davvero l’opportunità degli xenotrapianti. Finora la presenza del gene del rigetto era considerata un vero ostacolo: era sufficiente che il sangue umano venisse a contatto con gli zuccheri prodotti dal gene perché riconoscesse l’organo come estraneo: il rigetto era immediato, nell’arco di due o tre minuti l’organo diventava bluastro emoriva.Èquantohannoosservato,inFranciaeinGranBretagna all’inizio degli anni ’60, i primi chirurghi che hanno trapiantato nell’uo- mo il cuore e il rene di un maiale. Le speranze del mondo della ricerca si erano accese già dopo che, nel gennaio scorso, era stata annunciata la nascita di maialini privi di una sola copia del gene del rigetto (ossia knock-out per quella copia del gene). “Tutto faceva sperare nella possi- bilità di avere presto a disposizione animali doppiamente knock-out. E adesso che questo obiettivo è stato raggiunto, teoricamente – ha prose- guito – non si dovrebbe manifestare alcuna reazione di rigetto iperacuto se del sangue umano viene fatto circolare all’interno dell’organo. Si aprono almeno due strade, che dovranno fornire la conferma definitiva della sicurezza prima di trasferire un organo di maiale in un essere

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umano. La prima possibilità consiste nel trapiantare un organo di maia- le (ad esempio un rene) in un primate. La seconda potrebbe essere far circolare del sangue umano all’interno di un organo di maiale. Se non si osserverà nessuna reazione di rigetto, allora si avrà la sicurezza e si potrà richiedere l’autorizzazione per il trapianto sull’uomo”. Unico fattore limitante – ha continuato Marino – è quanto possa essere difficile pro- durre maialini con queste caratteristiche. Ma se si supererà anche questo ostacolo, non ci saranno altri dubbi. È infatti un argomento debole quel- lo secondo cui, con il trapianto, virus del maiale potrebbero essere tra- smessi nell’uomo. Si tratta di fare una scelta fra il dato certo di 40-50 morti al giorno, tra Europa e Nord-America, di persone in attesa di trapianto, e l’ipotesi non provata in alcun modo della potenziale trasmis- sione di virus da maiali a uomo”. Anche per Redi “non c’è alcuna evi- denza del passaggio di virus da maiale a uomo. Quella degli xenotra- pianti – ha detto – è invece una strada promettente, che va seguita e incoraggiata. Non si può bloccare la ricerca per timori infondati. Siamo di fronte a un settore che può dare luogo a discussioni bioetiche profon- de e da non lasciare in alcun modo all’improvvisazione. I timori – ha continuato – riguardano piuttosto la possibilità di portare avanti queste ricerche anche in Italia, considerando il recente blocco dei finanziamen- ti relativi al Fondo per gli investimenti nella ricerca di base (Firb) dal quale, nel giugno scorso sono rimasti esclusi anche progetti su trapianti e xenotrapianti”.

Australia, fegato da padre a bambino Sydney, 17 settembre Gli esperti di medicina in Australia elogiano il successo di un’operazione di trapianto di fegato, descritta come ‘apripista’ ed eseguita nell’ospeda- le pediatrico di Westmead a Sydney. I chirurghi hanno innestato parte del fegato sano di un uomo in quello malato del figlio di nove anni. E affermano che l’operazione ha salvato la vita al piccolo Mason Dixon di Port Macquarie, una città costiera 350 km a nord di Sydney. L’organo malato del piccolo aveva subito un collasso all’inizio di agosto. Cinque giorni dopo l’equipe chirurgica guidata dal prof. Hans Schlitt ha impian- tato con successo parte del fegato del padre in quello criticamente mala- to del figlio, in un intervento durato 15 ore. L’operazione, resa nota oggi dalla radio Abc, è la prima del genere eseguita in Australia e solo la seconda al mondo – la prima fu realizzata in Giappone cinque anni fa. Il prof. Schlitt ha affermato che l’intervento consentirà al fegato del ragazzo di rigenerarsi, e ha previsto che l’organo potrà tornare a funzio- nare di nuovo entro due anni.

Primo trapianto di menisco a Milano Milano, 15 ottobre Trapianti di menisco: in America sono 4.500 l’anno, in Italia il primo intervento del genere lo ha fatto ieri all’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano il prof. Roberto D’Anchise, in collaborazione col prof. Carlo Fabbriciani, dell’Università di Sassari. Paziente è stata Anna, 36 anni, di

125 Santa Margherita Ligure (Genova), una giovane donna sportiva che ha cominciato ad avere problemi di menisco all’età di 17 anni giocando a calcio e a tennis. Ma dopo la prima operazione (meniscectomia mediale) ha percorso una lunga via crucis attraverso cinque altri interventi. “E nessuno di essi – racconta oggi, dopo essersi già alzata in piedi (con le stampelle) a sole 24 ore dall’operazione – è stato risolutivo: avevo dolori continui e almeno una volta l’anno il ginocchio mi si gonfiava e all’improv- viso si bloccava”. Senza quella piccola fibrocartilagine che fa da cuscinetto all’interno dell’articolazione e distribuisce il carico tra femore e tibia, l’in- fiammazione era continua. Anna lavorava dando una mano al fratello, che a Lavagna (Genova) ha un cantiere nautico, con ricovero barche, riparazione e costruzione. “E salire e scendere dalle barche – afferma – non era certo l’ideale per il mio ginocchio. Ma proprio in cantiere ho conosciuto il prof. Zerbi, di Milano, un’autorità in materia, che mi ha consigliato di rivolgermi al prof. D’Anchise al Galeazzi”. Ed è stata anche tempista, Anna, perché D’Anchise da tempo pensava al trapianto di meni- sco, intervento eseguito per la prima volta in Germania nel 1984, che ha poi avuto fortuna negli Stati Uniti, dove negli ultimi anni è stata anche affinata la tecnica operatoria. Gli ultimi dati erano anche estremamente confortanti: un intervento coronato da successo nel 75-95% dei casi valu- tati dopo cinque anni, che non comporta nemmeno una terapia immuno- soppressiva, perché “la risposta immunologica c’è, ma è molto modesta”. Il menisco mediale da trapiantare è stato richiesto in un primo tempo alla banca dell’Istituto Rizzoli di Bologna, “ma le misure devono essere molto precise – ha affermato l’ortopedico – e tra i menischi disponibili non c’era quello della misura di cui avevamo bisogno. Su autorizzazione dello stesso Rizzoli e del Centro Nazionale dei Trapianti ci siamo rivolti a una banca d’organi americana, che venerdì scorso ci ha mandato, sotto ghiaccio il menisco richiesto”. Il menisco da trapiantare – ha spiegato D’Anchise – è completo del ponte osseo sottostante: l’intervento consiste nel modellare, nell’osso del paziente, l’alloggiamento del ponte osseo in modo da poterlo inserire a pressione, insieme al menisco. L’intervento è stato completato dal prelievo di una piccola porzione di cartilagine della paziente stessa per la coltivazione di cellule cartilaginee che, con una tecnica innovativa, ver- ranno successivamente reimpiantate nella zona esterna della cartilagine danneggiata del femore. L’importanza di questo intervento, secondo il chirurgo ortopedico, è legata al fatto che “le lesioni meniscali sono molto frequenti e richiedono nella maggioranza dei casi trattamenti chirurgici molto complessi e con alto rischio di usura dell’articolazione e conseguen- te pericolo di artrosi”. Spesso ad avere problemi di menisco sono i cam- pioni sportivi. Questo intervento può essere una soluzione per loro? “La signora Anna spero possa tornare a giocare a tennis o a calcio, ma a livel- lo amatoriale. Al contrario, la sollecitazione imposta al menisco trapianta- to dai muscoli di un atleta professionista alza notevolmente il rischio di insuccesso. Questo non è un trapianto per professionisti”.

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5 Primo trapianto di fegato senza trasfusione Roma, 14 gennaio È una donna, di 57 anni, la paziente, appartenente ai Testimoni di Geova, che per la prima volta in Italia ha subito un trapianto di fegato da vivente senza trasfusioni di sangue. L’intervento è stato realizzato nel mese di dicembre al policlinico Umberto I di Roma ma reso noto solo oggi dalla direttrice sanitaria Rossella Moscatelli. L’operazione, eseguita da due equipe della II clinica chirurgica, diretta dal professor Pasquale Berloco, è durato 8-9 ore tra il prelievo e il trapianto e si è svolto con il metodo del recupero intra-operatorio di sangue della paziente stessa. A garantire che il trapianto si svolgesse senza trasfusioni di sangue, pratica non ammessa dai Testimoni di Geova, è stato un membro della comu- nità religiosa presente in camera operatoria anche se “dalla paziente – ha spiegato Berloco – avevamo ottenuto il benestare che in caso di rischio di vita avremmo provveduto a trasfusioni di sangue”. La donatri- ce è stata la figlia, di 26 anni, il cui fegato è stato giudicato compatibile dopo che entrambi i figli della paziente avevano espresso la disponibilità. “La paziente – ha spiegato Berloco – era da tempo in lista di attesa per ricevere un trapianto da cadavere, ma l’organo non era disponibile. I figli hanno dato la disponibilità al prelievo e così dopo test di compatibi- lità ed uno studio di valutazione psicologica abbiamo scelto la figlia. A quanto mi risulta è il primo trapianto di fegato senza trasfusione mentre la tecnica è collaudata per il trapianto di reni: all’Umberto I ne abbiamo già eseguiti 16 su testimoni di Geova”.

Xenotrapianti, un nuovo metodo previene il rigetto Roma, 14 gennaio Abbattuta una delle barriere più critiche degli xenotrapianti: il rigetto iperacuto che provoca la distruzione dell’organo nell’arco di poche ore. I ricercatori della University of Pittsburgh, in collaborazione con colleghi di aziende private, sono infatti riusciti a portare a termine con successo il trapianto di tessuto, prelevato da un maiale geneticamente modificato, in un topo il cui sistema immunitario era stato reso simile a quello umano. L’intervento è stato reso possibile bloccando, tramite manipolazioni genetiche, la produzione del galattosio, uno zucchero estraneo all’uomo presente solo nelle cellule animali. “Nella piccola cavia – si legge in un articolo pubblicato sul sito www.scienceexpress. org, una versione on line della rivista scientifica Science – non è stata registrata alcuna reazione di rigetto”.

129 Trapianti di rene, in Sicilia superata la soglia interventi Palermo, 23 gennaio Il centro trapianti di rene dell’Azienda Ospedaliera Civico di Palermo, è l’unica struttura siciliana ad avere superato la soglia minima di inter- venti (30), fissata dal Ministro della Salute, Girolamo Sirchia, come soglia di economicità e di efficienza. Con i 34 trapianti eseguiti nel 2002, e i 32 nel 2001, l’Ospedale Civico precede gli altri tre centri dell’Isola e supera anche i numeri di qualificate strutture ospedaliere come il San Raffaele di Milano (23 trapianti), il Policlinico San Matteo di Pavia (12), il Policlinico di Napoli (21), e quello di Modena (23). I dati sull’andamento di donazioni e trapianti sono stati resi noti dal Ministro della Salute. Anche sul piano della qualità dei risultati, il centro trapianti di rene del Civico, ha ottenuto un buon piazzamento: il 95% di sopravvivenza dei pazienti, e il 90% di sopravvivenza dei reni trapiantati; percentuali, dunque, migliori di quelle ottenute da molti altri centri del sud, (Cagliari, Napoli, Catanzaro, il Policlinico Gemelli di Roma) e da strutture di altre città italiane, come Firenze, Brescia, Udine, Verona, Vicenza e Treviso. Il Ministero della Salute, per valu- tare la qualità dell’attività svolta dai vari centri, ha preso in considera- zione il numero degli interventi effettuati, la mortalità dei pazienti e la percentuale di funzionamento degli organi trapiantati. È stato calcola- to anche il grado di complessità degli interventi di ogni centro, facendo riferimento alla condizione del ricevente (più o meno a rischio di com- plicanze al momento del trapianto), e il tipo di donatore (età, cause del decesso, funzione renale al momento dl prelievo). Proprio ieri all’Ospe- dale Civico, è stato trapiantato un rene ad un uomo di 52 anni, di Naro, V.C. L’uomo, da sei anni era sottoposto a dialisi. Il donatore è un catanese di 22 anni, F.C., morto in un incidente stradale. Un altro trapianto è stato eseguito il 20 gennaio su un paziente di 56 anni, di Monreale, in dialisi da oltre dieci anni. Il direttore generale dell’Azien- da Ospedaliera Civico, Francesco Licata di Baucina, e il direttore sanitario, Giovanna Volo, esprimono soddisfazione “per i risultati d’ec- cellenza del centro trapianti di rene del Civico, che affermano l’ospe- dale come leader in Sicilia, ma anche a livello nazionale”.

Gli organi di una piccola donatrice a 3 bimbi romani Verona, 12 febbraio Sono stati donati gli organi di una bambina di sette anni, deceduta a Verona due giorni fa nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’Ospedale Civile Maggiore di Borgo Trento, a Verona. La dona- zione ha consentito il trapianto di cuore, fegato e reni in tre bambini romani, per i quali ora si apre una nuova prospettiva di salute e di vita. La piccola donatrice era stata ricoverata il 2 febbraio in gravissime condizioni per le conseguenze di un incidente accaduto in piscina. La bambina non si era più ripresa, nonostante ogni sforzo dei medici per salvarla. “La donazione – ha sottolineato una nota dell’Azienda ospe- daliera di Verona – è stata resa possibile non solo dal consenso altrui- stico dei genitori, ma anche dall’intensa collaborazione fra gli opera- tori dell’Ufficio di coordinamento per il prelievo degli organi, -il perso

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nale medico ed infermieristico di terapia intensiva pediatrica e gli operatori del Nord Italia Transplant”.

Un fegato per un giovane sieropositivo Roma, 4 marzo Luca, un giovane sieropositivo di Bergamo, ha subito un trapianto di fegato questa notte al Regina Elena di Roma da Eugenio Santoro. Si tratta del secondo intervento di fegato su un sieropositivo (il primo era stato realizzato dallo stesso Santoro ad agosto) e del terzo trapianto su un sieropositivo perché il primo in assoluto è stato realizzato da Ignazio Marino con un impianto di rene. L’organo per Luca è arriva- to da una signora di Como di 60 anni. Lo scorso mese si era mobilita- ta l’opinione pubblica. Il giovane era stato anche ospite di Maurizio Costanzo e nel corso della trasmissione era stato rivolto un appello al ministro della salute Girolamo Sirchia che rispose, assicurando che avrebbe fatto il possibile per accelerare le pratiche per il trapianto di fegato del giovane. La notizia è stata resa pubblica da Rosaria Iardino, esperta di problemi dei sieropositivi in commissione nazionale Aids. “Quando si mobilita l’opinione pubblica – ha spiegato Iardino – e si denuncia un’ingiustizia, fortunatamente il problema si risolve. Ma non è finita. Non si riesce a capire il motivo per cui nei centri trapianto di Modena, Palermo e Genova non si riuniscono i comitati etici per discutere il problema dei trapianto in persone sieropositive”. A quanto risulta l’intervento si è svolto in modo regolare e le condizioni del gio- vane bergamasco sono soddisfacenti anche se ovviamente in prognosi riservata.

Le nuove sfide a 50 anni dal primo trapianto Boston, 15 maggio A cinquanta anni dal primo trapianto di organo da vivente con esito positivo – quello di rene effettuato a Boston nel 1954 da tra due gemelli – nuove sfide attendono un settore che, sia pure in sensibile crescita per numero di donazioni, vede ancora miglia- ia di pazienti in attesa di un nuovo organo nella speranza di ricomin- ciare una vita ‘normale’. Frontiere che prendono il nome di xenotra- pianti, ovvero il trapianto d’organo da animale all’uomo, di cellule staminali per la rigenerazione dei tessuti o di organi artificiali perfetta- mente equivalenti a organi umani. Sfide per il futuro delle quali si discute all’American Transplant Congress, uno degli appuntamenti annuali (giunto alla sua quinta edizione) più attesi dagli specialisti del settore, che si è aperto oggi a Boston. Patrocinato dall’American Transplant Society e dall’American Society of Transplant Surgeons, al Congresso americano sui trapianti partecipano specialisti da tutto il mondo. Ma nell’anno del cinquantenario del primo trapianto di un organo solido effettuato con successo, proprio a Boston, quali sono le prospettive future e gli ostacoli ancora da superare? A fare il punto è l’immunologo Gianni Ippoliti, primario di Medicina interna all’ospe- dale di Voghera e docente alla Università di Pavia, a Boston per il

131 meeting mondiale. “Dal 1954, quando Murray eseguì il primo tra- pianto di rene da vivente con successo tra due gemelli identici di 23 anni – ha affermato Ippoliti – molta strada è stata fatta, soprattutto per evitare il rigetto dell’organo trapiantato”. Nel caso dei gemelli trapian- tati da Murray infatti, essendo identici, ha spiegato l’esperto, “il rigetto non ha rappresentato un problema, poiché il rene del gemello donato- re è stato ‘riconosciuto’ dal gemello ricevente, senza dunque innescare la reazione di rigetto. Su questo fronte, una svolta decisiva – ha sotto- lineato – si è avuta 20 anni fa grazie alla ciclosporina, il primo farma- co che è riuscito a controllare la risposta del sistema immunitario riducendo drasticamente il rischio di rigetto e la mortalità tra i pazien- ti trapiantati. Da allora, molti progressi sono stati fatti ed oggi – ha rilevato Ippoliti – sono disponibili farmaci mirati che agiscono seletti- vamente sul sistema immunitario e con ridotti effetti collaterali. Ciò ha permesso di ridurre notevolmente il rischio di rigetto acuto (nel primo mese dal trapianto) mentre resta ancora il problema del rigetto croni- co, vale a dire, il controllo del lento processo con cui il sistema immu- nitario, nonostante l’azione dei farmaci, tende a minare la funzionalità dell’organo trapiantato nel tempo”. Sul fronte farmacologico, dunque, la sfida del futuro sarà mettere a punto farmaci sempre più efficaci contro il rigetto cronico e gli effetti di lungo periodo dei trapianti. Ma sono anche altre le frontiere alle quali gli esperti stanno già lavorando. Indubbiamente, anche per far fronte alla necessità di un numero sem- pre maggiore di organi, “una delle scommesse per gli anni a venire – ha sottolineato Ippoliti – è rappresentata dalla possibilità di impiegare le cellule staminali per la produzione di tessuti specifici, sino ad arriva- re alla rigenerazione di determinati organi. Ma questo obiettivo è ancora molto lontano”. “Le cellule staminali infatti – ha rilevato l’esperto – sono oggi facilmente impiegabili, ad esempio, nel trapianto di midollo osseo, ma per organi come il cuore, il fegato o il rene, la strada da percorrere è molto lunga”. Un’altra via, secondo l’immuno- logo, è quella di incentivare i trapianti da vivente, anche se in questo caso “esistono dei limiti e, comunque, il trapianto è possibile solo per alcuni organi come il rene e il fegato”. Ma “il grande capitolo di svi- luppo per il futuro – secondo Ippoliti – è rappresentato dagli xenotra- pianti”. Il tutto si basa su un meccanismo preciso, ha spiegato: “Nelle cellule dell’animale prescelto come donatore, ad esempio il maiale, vengono immessi dei geni capaci di controllare le risposte immunitarie della specie sulla quale si vuole effettuare il trapianto. In questo modo, si creano delle cellule ‘condizionate’, che in parte saranno riconosciute dal ricevente; dunque, perché il trapianto abbia successo, sarà necessa- ria solo una lieve azione immunosoppressiva”. Restano però ancora vari scogli da superare: fattori etici, religiosi, ma anche di tipo medico per il rischio di trasmissione di malattie da una specie all’altra. Ciononostante, ha ricordato Ippoliti, “un primo tentativo di xenotra- pianto è stato effettuato nel 1984, quando il cuore di un babbuino venne trapiantato su una bambina che morì, però, poco dopo. Non si può dunque ancora dire quando il trapianto da animale ad uomo

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diventerà una realtà”. Un altro capitolo, infine, potrà caratterizzare la trapiantologia del futuro, quello degli organi artificiali. Oggi sono già utilizzati prototipi di cuore o fegato artificiali, ma il loro impiego è limitato a casi particolari ed a periodi di tempo ridotti. “L’obiettivo – ha concluso Ippolito – è quello di mettere a punto organi artificiali durevoli nel tempo, dalle giuste dimensioni e con requisiti tecnici ad oggi non ancora raggiunti”.

Per i piccoli attese di 3 mesi per un fegato Roma, 7 giugno È alta la sopravvivenza per i bambini trapiantati al fegato: oltre l’80% con una attesa media di tre mesi. A osservare che fortunatamente i piccoli non sono costretti ad aspettare tempi troppo lunghi è il diretto- re del centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, che ricorda un altro intervento record in Italia realizzato un anno e mezzo fa a Bergamo su una bimba di soli 2 mesi. La differenza è che il caso di allora riguardava un trapianto con il fegato donato da cadavere, men- tre oggi l’organo è arrivato da un vivente e precisamente dal padre. Per entrambi però è stata utilizzata la stessa tecnica, la cosiddetta split: il lobo sinistro del fegato, quello più piccolo, quindi solo una porzione dell’organo, viene impiantato nel bambino. Quando si tratta di un organo che arriva da un donatore morto la parte destra del fegato, più grande, viene utilizzata per un paziente adulto. In Italia la tecnica è già utilizzata con successo da diversi anni e, anche grazie a essa, oltre ad una organizzazione sempre più efficace, la lista di attesa per i bambini si riduce sempre di più. Se per il cuore o il rene è necessaria una dona- zione da parte di un altro bimbo, grazie alla split (in Italia sono stati fatti una novantina di interventi di questo tipo nel 2001) non solo è possibile fare due trapianti ma anche assegnare un organo di un adul- to ad un bambino.

Fegato da padre vivente a figlia di 8 mesi Torino, 7 giugno È stato eseguito ieri all’ospedale torinese delle Molinette un trapianto di fegato da vivente su una bambina di otto mesi. Il donatore è il padre, dal quale è stato prelevato il lobo sinistro dell’organo. L’azienda sanitaria sottolinea che l’intervento è il primo del genere mai effettua- to in Italia su una bimba così piccola. L’operazione è stata compiuta dall’equipe del dottor Mauro Salizzoni. La bimba, del peso di quattro chili, era affetta da un’atresia delle vie biliari, e le sue condizioni stava- no peggiorando al punto che si pensava avesse ormai una speranza di vita di poche settimane. L’esigenza di ricorrere tempestivamente a un intervento ha consigliato di non attendere il trapianto di fegato da donatore cadavere. Si è fatto così ricorso alla disponibilità del padre, un 32enne torinese, che ha donato alla figlioletta il lobo sinistro del proprio fegato. L’operazione è durata complessivamente tredici ore – dalle 6 alle 19 – ed è da considerarsi, secondo quanto sottolineano alle Molinette, tecnicamente riuscita: “è il primo intervento di fegato in età

133 pediatrica con prelievo da donatore vivente effettuato in Italia”, rileva- no. Salizzoni è primario del reparto di chirurgia generale 8 dell’azien- da sanitaria. L’equipe ha imparato la tecnica alla Scuola di chirurgia pediatrica, diretta dal professor J.B. Otte, della Clinica S. Luc – Università Cattolica di Lovanio (Belgio), un centro rinomato in tutta Europa.

Vienna, primo trapianto di lingua al mondo Vienna, 21 luglio Il primo trapianto di lingua al mondo è stato effettuato con successo da un’equipe di medici a Vienna. Lo ha reso noto oggi la direzione del policlinico della capitale austriaca (Akh), dove l’intervento, durato 14 ore, è avvenuto sabato scorso. Il paziente, un uomo di 42 anni, soffriva da tempo di un tumore maligno situato nella zona tra mandibola e la lingua. Dopo essere stato informato sulle possibilità di cura della sua malattia, l’uomo ha scelto il trapianto. Secondo le informazioni dell’Akh, l’uomo è “in buone condizioni generali” e finora non ci sono stati segni di rigetto del nuovo organo.

Italia terza in Europa per donazioni d’organi Venezia, 17 settembre L’Italia è la nazione europea che registra la crescita più alta degli ulti- mi dieci anni di donatori d’organo: attualmente la proporzione è di 18 donatori ogni milione di abitanti (contro una media europea di 16), mentre era di cinque solo un decennio anni fa. L’obiettivo è raggiun- gere la soglia di 30 donatori per milione, attualmente toccata dalla Spagna, che insieme alla Francia supera l’Italia nella statistica. Lo ha ricordato a Venezia il direttore del Centro Nazionale Trapianti Alessandro Nanni Costa, illustrando gli obiettivi della ‘Conferenza sulla sicurezza e qualità nella donazione e nel trapianto degli organi nell’Unione Europea’, in corso sino a domani nel capoluogo lagunare. All’evento, che il ministero della Sanità ha voluto inserire nell’ambito delle iniziative del semestre italiano di presidenza dell’Ue, prendono parte le delegazioni scientifiche e istituzionali di 28 Paesi europei. Dopo anni di aumenti costanti, nell’ultimo la donazione d’organi è rimasta numericamente invariata. “Dopo dieci anni di continua cresci- ta – ha ricordato Nanni Costa –, il fatto di mantenere una stabilità e di aver consolidato la crescita che c’è stata mi sembra un risultato in ogni caso positivo”. L’attenzione non va comunque focalizzata solo sul dato numerico, anche se è lecito attendersi una ulteriore crescita: “bisogna impostare un programma sanitario – ha spiegato Costa – per fronteggiare le esigenze del paziente in lista d’attesa; anche se conti- nuassimo a crescere come negli ultimi anni non saremmo riusciti a risolverle. Il casco e la patente a punti non mettono comunque a rischio il serbatoio di donazioni italiane. Primo perché il casco e la riduzione degli incidenti sono un segno di civiltà, quindi ben vengano, secondo perché c’è una possibilità di aumento delle segnalazioni di donazioni che è molto superiore alla diminuzione di organi disponibi-

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li data dal casco”. La sicurezza nella donazione e nel trapianto di organi è una priorità sempre più condivisa livello europeo, insieme alla consapevolezza dei benefici che si possono ricavare da una stretta- coo perazione tra gli stati membri.

Bambini dall’ex Jugoslavia a Torino per un rene nuovo Torino, 19 settembre Dall’inizio dell’anno ad oggi il Centro nefrologia dialisi e trapianti dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino ha eseguito quat- tro trapianti nei confronti di altrettanti bambini con grave insufficienza renale. Di questi quattro, tre provenivano dalla ex Jugoslavia e l’ultimo è stato operato oggi. Il Centro dell’ospedale infantile è il punto di rife- rimento regionale per insufficienza renale cronica e trattamento. Ana, 15 anni, e Nebojsa, di 8, due bambini serbi, erano in emodialisi presso il Centro di Belgrado, mentre Damjan, di 5, bosniaco, era in dialisi peritoneale a casa. “Effettuati subito gli accertamenti – precisa l’azien- da ospedaliera Oirm-Sant’Anna – i bambini sono stati inseriti in lista d’attesa di un organo compatibile come aspetto genetico e taglia cor- porea. Il primo agosto è stato trapiantato Damjan, il 3 settembre Ana, dopo solo un mese in lista d’attesa. Oggi è stato trapiantato a Nebojsa, dopo soli tre giorni di lista d’attesa”. I trapianti di organi vengono eseguiti presso il Regina Margherita da un equipe composta da medi- ci dell’ospedale infantile (Lace e Marras, urologi, Costa, anestesista, Coppo e Amore, nefrologi, equipe di cardiochirurgia) e da un chirurgo vascolare dell’ospedale Molinette. Dal 2001 ad oggi il Centro ha ese- guito quattro trapianti nei confronti di altrettanti bambini. “In Italia – sottolinea l’azienda ospedaliera – si eseguono otto trapianti pediatri- ci per milione di bambini. In Piemonte ci sono circa 500 mila bambini, pertanto l’attività del Centro rientra nella media nazionale italiana”.

Successo straordinario del test sul babbuino Roma, 23 settembre Un successo davvero straordinario: non ha dubbi Marialuisa Lavitrano, docente di immunologia e patologia genetica all’università Bicocca di Milano e alla guida di un progetto italiano sugli xenotrapianti, nel commentare il risultato annunciato oggi nel corso del convegno di Venezia dedicato ai trapianti sulla sopravvivenza di un babbuino con un cuore di maiale da oltre cinque mesi. Un passo in avanti – ha affer- mato – nella strada degli xenotrapianti sull’uomo. Si tratta di un suc- cesso, ha spiegato l’esperta, “perché il tempo di sopravvivenza massi- ma raggiunto ad oggi era di tre mesi (riguardava un rene di maiale trapiantato su un macaco). Questo esperimento – ha proseguito – è tra l’altro su un animale molto più vicino all’uomo (il babbuino) e il tempo supera i cinque mesi, un risultato ad oggi mai ottenuto”. “Inoltre, – ha sottolineato Lavitrano – “c’è un’enorme differenza dal punto di vista biologico tra la dinamica di rigetto a tre e cinque mesi. Questo signifi- ca che l’organo del maiale non è andato incontro ad un rigetto acuto vascolare. Ciò, a sua volta, rappresenta un risultato di estrema impor-

135 tanza, un passo in avanti sia nello studio dei rigetti negli xenotrapianti sia per l’utilizzo degli stessi xenotrapianti sull’uomo, a livello clinico. In ogni caso – ha sottolineato la studiosa italiana – bisogna essere cauti per non dare un’eccessiva speranza a chi è in attesa di un trapianto. Prima di tutto perché – ha spiegato – si tratta di un esperimento che deve essere riproducibile, utilizzando diversi animali donatori e diversi animali riceventi. Bisogna poi valutare se la terapia immunologica è compatibile con un’eventuale riproposizione clinica. Infine – ha aggiunto – perché esiste la possibilità di trasmissione di retrovirus dal maiale all’uomo, possibilità estremamente remota ma che esiste”.

Genova, impiantato il fegato da una donatrice di 97 anni Genova, 18 ottobre Il fegato di una paziente di 97 anni, morta giovedì scorso in seguito ad un incidente stradale a Savona, è stato impiantato in una donna di 64 anni. L’intervento, durato 8 ore, è stato eseguito a Genova presso il Centro Trapianti d’Organo dell’Ospedale San Martino nella notte tra il 16 e il 17 ottobre. La donatrice, una genovese di 97 anni, risulta essere il donatore più anziano segnalato dalla letteratura internaziona- le. La ricevente era affetta da cirrosi epatica e carcinoma epatico in fase terminale, in lista d’attesa da più di un anno. È ora ricoverata al San Martino e le sue condizioni sono stazionarie. “L’eccezionalità dell’operazione – ha spiegato il professor Umberto Valente, direttore dell’Unità operativa di Trapianti d’Organo dell’Ospedale San Martino di Genova – sta nell’età della donatrice: il trapianto di per sé non ha comportato particolari difficoltà. Certo, l’operazione è stata possibile anche perché il fegato, tra i diversi organi umani, è quello si mantiene meglio”. In particolare quello della donatrice, dopo esami e biopsie, è risultato essere in ottimo stato,“soprattutto i vasi – ha spiegato Valente – non erano per nulla alterati. Si può dire, insomma, che l’età biologi- ca dell’organo fosse diversa da quella anagrafica”.

Aumentano le donazioni di cuore e polmone, calano quelle di rene e fegato Pavia, 10 novembre Quest’anno sono aumentati i trapianti di cuore e polmone e sono invece diminuiti quelli di rene e fegato: il dato è stato fornito, oggi a Pavia, da Mario Scalamogna, presidente del Nord Italia Transplant, organismo che gestisce l’assegnazione degli organi in Lombardia, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento. Nei primi nove mesi del 2003, i trapianti di cuore, nell’area presa in considerazione, sono passati dai 117 dello stesso periodo del 2002 a 141, quelli di polmone da 27 a 33; quelli di rene sono scesi da 482 a 440 e di fegato da 268 a 259. A Pavia, in occasione della prima giornata della riunione tecnico-scientifica del Nitp (Nord Italia Transplant program), è stata presentata una Carta dei Principi che, affiancandosi alla Carta dei Servizi, ha l’obiettivo di rendere ragione delle scelte etiche che gli operatori sanitari quotidianamente compiono nel campo dei trapianti. “Tutto ciò – è stato spiegato – nella consape-

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volezza che solo un’integrazione tra principi etici e aspetti tecnici consente oggi di giustificare le scelte cliniche in trapiantologia. La Carta rappresenta quindi un quadro di riferimento per la responsabi- lità personale di ciascun operatore. Sul discorso delle donazioni si è soffermato Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti: “Ormai – ha affermato – registriamo un’evidente disomo- geneità tra regione e regione. La disponibilità delle famiglie all’espian- to degli organi del proprio congiunto aumenta lì dove è maggiore la sensibilità delle istituzioni locali, in particolare di quelle regionali. È significativo l’esempio del Piemonte dove, dopo un inizio di -2003 defi citario anche a causa dei riflessi negativi di inchieste giudiziarie che hanno coinvolto alcune strutture sanitarie, le donazioni sono nuova- mente aumentate grazie allo sforzo della Regione, che ha deciso di impegnare un proprio coordinatore dei prelievi accanto a quelli pre- senti sul territorio”.

In rete i dati sui trapianti per nove Regioni Perugia, 16 dicembre In rete 24 ore su 24 per conoscere in tempo reale i dati sulla disponi- bilità di organi e tessuti, grazie al coordinamento dei centri di riferi- mento regionali trapianti: il progetto, già partito in Umbria, nel gen- naio prossimo coinvolgerà Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Sardegna e Sicilia. Finanziato in Umbria dalla Regione e dal fondo del ministero della salute per un importo di circa 9mila euro, è stato presentato stamani al Policlinico di Monteluce dal coor- dinatore del centro regionale trapianti, Cesare Gambelunghe. Erano presenti anche il direttore generale, Umberto Pediconi, quello sanita- rio, Gigliola Rosignoli, e quello amministrativo, Andrea Casciari, insieme al responsabile del dipartimento di emergenza-urgenza dell’azienda ospedaliera di Perugia, Emilio Biasini e ad altri medici della struttura ospedaliera locale. “Questo sistema informatico – ha spiegato Gambelunghe – consentirà ad ogni rianimazione di segnalare in tempo reale ai rispettivi centri trapianti, utilizzando la rete ma garantendo l’assoluta riservatezza attraverso tre distinte chiavi di accesso, i dati relativi al potenziale donatore: dati anagrafici, decesso clinico, inizio accertamento della morte cerebrale, anamnesi, parame- tri clinici, esami e farmaci somministrati. Spetterà ai singoli centri di valutarne l’idoneità e l’eventuale assegnazione. Sempre via Internet verranno di volta in volta indicate le emergenze. Successivamente ogni centro farà un follow-up su paziente e organo trapiantato, consenten- do al ministero della salute ed al centro nazionale trapianti di avere un monitoraggio totale dei trapianti eseguiti. È un grande passo avanti in questo delicato settore della medicina, che permetterà di abbattere i tempi morti di fax e telefoni. Ed è grazie al lavoro del centro trapianti di Perugia se dal 1988 al oggi sono stati tolti dalla dialisi ben 228 mala- ti umbri, per un risparmio annuo di circa otto miliardi di vecchie lire. “Soldi – è la proposta di Gambelunghe – che chiediamo di poter rein- vestire nei centri di rianimazione”.

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In Francia pronti per il primo trapianto di faccia Roma, 17 febbraio Prelevare la faccia di un cadavere per trapiantarla su un paziente gra- vemente sfigurato. Non si tratta di fantascienza, ma di un’operazione ritenuta oggi dagli esperti “tecnicamente possibile”. è pronto a tentar- la, nel giro di pochi mesi, il chirurgo francese Laurent Lantieri, dell’ospedale Henri Mondor di Creteil (Val De Marne). Si tratterebbe, scrive oggi il quotidiano Le Figaro, del primo trapianto del genere al mondo. Lantieri non è il solo chirurgo in corsa per effettuare il primo trapianto di faccia: si stanno preparando a questo traguardo, infatti, anche l’inglese Peter Butler e l’americano John Barker. L’equipe del chirurgo francese, però, si sta esercitando da mesi in vista dell’opera- zione annunciata ormai come prossima: gli esercizi preparatori, presso l’ospedale Henri Mondor, consistono nel prelevamento totale o parzia- le di faccia da un cadavere (pelle, muscoli, nervi, ossa) e nel successivo trapianto su un altro cadavere. Laurent Lantieri ha assicurato di essere ormai pronto a tentare l’operazione. D’altro canto, i recenti progressi della microchirurgia e dell’immunologia – resi evidenti dai primi tra- pianti di mano, di mandibola e di lingua – spingono molti specialisti a sostenere che la medicina è ormai pronta per tentare il primo trapian- to di faccia. “Si tratterebbe – ha spiegato Lantieri – di trapiantare la faccia di un donatore morto su una persona per la quale l’autotrapian- to non porterebbe miglioramenti effettivi, tenendo conto che la sutura delle arterie e dei nervi facciali è ormai un traguardo possibile”. Tuttavia, sono molti i problemi aperti: dal rischio di rigetto alle que- stioni morali che una simile operazione comporta. Per questa ragione, in Francia è stato richiesto un parere del Comitato nazionale di bioe- tica che dovrebbe essere formalmente espresso il prossimo due marzo.

Primo trapianto di fegato tra gemelli Padova, 25 febbraio Nuovo eccezionale intervento chirurgico all’ospedale di Padova, dove l’equipe del prof. Davide D’Amico ha eseguito un trapianto di fegato da vivente tra una coppia di gemelli. Si è trattato di uno “split liver”, cioè della donazione da parte del paziente sano di una parte del fega- to, poi impiantato nel malato. Protagonisti dell’operazione sono stati due giovani gemelli,di nazionalità italiana. Le loro condizioni di salute sono buone. Secondo l’azienda ospedaliera, nella letteratura medica

141 sarebbe questo il primo caso al mondo di trapianto di fegato da viven- te tra gemelli; vi era stato invece un caso di trapianto di midollo osseo.

Trapianto di cornea su un bimbo di due anni Roma, 8 aprile Un trapianto di cornea su un bambino di 2 anni è stato effettuato all’ospedale Gaslini di Genova dal professor Paolo Vittone, che lo ha definito particolarmente complesso perché il piccolo era affetto da glaucoma congenito. “Il trapianto di cornea, eseguito con dovute pre- cauzioni, su pazienti in età infantile, in particolare su quelli affetti dasclerocornea – ha affermato Vittone – consente di raggiungere risul- tati soddisfacenti in una percentuale di casi abbastanza elevata, sicura- mente superiore al 50%. La particolarità di questo caso consiste nelle aggravanti legate alla tenera età del paziente (2 anni) e soprattutto nella presenza di un glaucoma congenito, già operato 6 volte, dove le normali strutture oculari erano già state modificate dai precedenti interventi. Il bimbo infatti ha dovuto affrontare due operazioni anti glaucoma all’occhio sinistro, che sono state risolutive. Per l’occhio destro sono stati necessari 6 interventi per normalizzare la pressione del’occhio. Grazie alla cornea fornita dalla Banca degli occhi che ha sede presso la clinica oculistica dell’Università di Genova, il professor Vittone ha potuto effettuare l’intervento all’occhio destro, dando quin- di al piccolo un’ulteriore possibilità di vista, molto ridotta dalla patolo- gia dalla quale era affetto. Questo tipo di trapianto su paziente affetto da glaucoma viene eseguito molto raramente e solo da ospedali alta- mente specializzati: “Un intervento del genere è possibile al Gaslini grazie alla sua polifunzionalità che offre un’assistenza pediatrica alta- mente specializzata e completa – ha spiegato Paolo Vittone – non solo i medici oculisti, ma anche l’essenziale assistenza anestesiologica e post intervento adatta ai bambini così piccoli”.

Italia modello per l’Europa allargata Roma, 5 maggio L’Europa si allarga, anche per il settore dei trapianti, fra problemi e speranze. La sfida è quella di creare un’organizzazione unica: stessi modelli di azione, formazione e anche scambio di organi. “E l’Italia – ha affermato il ministro della Salute Girolamo Sirchia in occasione della presentazione delle giornate nazionali e degli ultimi dati sui tra- pianti – farà da leader di questo processo, con una autorevolezza che le è riconosciuta di diritto dopo i risultati ottenuti negli ultimi anni. Il nostro è fra i primi Paesi in Europa non solo per numero delle dona- zioni ma anche per qualità degli interventi e siamo l’unico Stato che può garantire ciò in modo uniforme. Ora con l’ingresso di altri 10 Paesi nell’Unione Europea vogliamo esportare questo modello”. La speranza è infatti quella di creare un unico grande bacino dove tutti i pazienti che aspettano un organo hanno la stessa possibilità di cura. “Questo però – ha spiegato Nanni Costa, coordinatore del centro

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nazionale trapianti – avverrà senza alcun intento colonialista. La sicu- rezza dei trapianti in questi Paesi è già alta e l’obiettivo è quello di migliorare l’utilizzo degli organi, non quello di veder aumentare l’in- gresso in Italia di un rene o di un cuore”.

Nel 2004 record di interventi, ma in 9.000 aspettano Roma, 5 maggio Il 2004 potrebbe essere un anno record per i trapianti in Italia. Il trend positivo di questi anni, si stima, porterà ad un salto nel numero degli interventi che potrebbe arrivare dai 2.800 del 2003 a 3.300 a fine anno. Gli esperti, quasi sottovoce, come per scaramanzia, confermano il netto miglioramento, ma i malati che aspettano un organo sono 9.000 e le attese sono ancora lunghe. Come ogni anno, in occasione della presentazione della campagna nazionale per le donazioni e della settima edizione delle giornate nazionali, si tirano le somme di un settore che fa acquisire punti all’Italia agli occhi degli altri Paesi euro- pei. I dati presentati da Alessandro Nanni Costa, coordinatore del centro nazionale trapianti, parlano di un aumento sostanziale delle donazioni e dei trapianti. Per i soli trapianti di rene, che rappresentano la parte più consistente del settore, si stima si passerà da 1.489 inter- venti a 1.751. Balzo in avanti anche per gli interventi al fegato: da 867 a 1.044 interventi. Per il cuore poi si passa da 317 a 396 interventi. Infine quelli di pancreas si registra un salto da 77 a 115 interventi. Unico passo indietro riguarda gli impianti di polmone, che si riducono da 65 a 54. Le attese restano infatti ancora lunghe. Per un rene i pazienti aspettano in media più di 3 anni, un anno e 4 mesi per il fegato, 2 anni e 4 mesi per il trapianto di cuore e di cuore-polmoni. Per il pancreas quasi 3 anni, e quasi 2 anni per un polmone. Ma questi sono solo valori medici perché, come ha spiegato Franca Pellini, presi- dente Aned, (associazione nazionale dializzati e trapiantati). “Ci sono pazienti che aspettano anche da molti anni, e non solo per problemi clinici. Complessivamente però la valutazione del miglioramento è unanime e anche le associazioni, sempre in prima linea per denuncia- re le difficoltà dei pazienti, ammettono i molti passi in avanti sintetiz- zati, dal punto di vista dell’organizzazione. “Le regioni lavorano meglio – ha dichiarato Costa – c’è un aumento della formazione dei coordinatorieunaprogressivadiffusionedellemetodiche.Miglioramenti che si estendono anche nelle Regioni del sud, finora fanalino di coda nel settore.”

Primo trapianto di rene in anestesia locale Torino, 9 giugno Trapianto di rene in anestesia peridurale: è accaduto ieri sera alle Molinette di Torino a una paziente di 62 anni, di Aosta che per tutto il tempo dell’intervento, circa tre ore, ha avuto modo di colloquiare con i chirurghi. È la prima volta in Europa – hanno sottolineato i medici – che questa metodica viene utilizza in un tipo di operazione così delicata e complessa. “La signora – ha affermato il chirurgo vasco-

143 lare Piero Bretto – era tranquilla, parlava con noi, seguiva le varie fasi del trapianto del quale, praticamente, le ho fatto la telecronaca in diretta”. Adesso sta bene, cammina e nel giro di pochi giorni tornerà a casa. Il suo donatore è deceduto ieri all’ospedale di Cuneo, aveva 41 anni e soffriva di cuore. Lei, invece, era da tempo in dialisi per una grave insufficienza renale cronica. “Sicuramente – hanno spiegato Bretto e l’anestesista, dottor Marzio Voltolina – prima di procedere a una peridurale, come d’altra parte avviene in tutti gli altri casi in cui è ormai largamente utilizzata (basti pensare ai tagli cesarei), bisogna verificare le condizioni del paziente che non deve avere problemi di coagulazione del sangue e di sistema nervoso. E, non dimentichiamo- lo, occorre il consenso informato da parte dell’interessato. Accertato che non ci siano controindicazioni, né sotto il profilo del quadro clini- co né su quello caratteriale e di temperamento del malato, il ricorso a un’anestesia meno invasiva di quella totale, che coinvolge pesantemen- te l’apparato cardio-respiratorio, permette un decorso post-operatorio più veloce. E soprattutto meno doloroso poiché – ha aggiunto Voltolina – è possibile attraverso un piccolo catetere somministrare farmaci analgesici mirati. Finora – ha affermato Bretto – il problema più gran- de nel trapianto di rene era l’incisione, una volta più lunga del palmo di una mano e che ora grazie alla tecnica laparoscopica, si è ridotta a un taglio d’appendice. L’uso della peridurale va nella direzione di favorire procedure sempre meno invasive in modo da facilitare la ripresa e ridurre il dolore”.

USA, ok alla donazione da malati di AIDS a sieropositivi Washington, 16 luglio I sieropositivi potranno ricevere organi da altri malati di AIDS appe- na defunti. La nuova legge, la prima del genere negli Stati Uniti, è appenaentratainvigoreinIllinois.Finoralepersonecolvirus dell’AIDS non potevano donare organi. La legge apre nuove possibi- lità ai malati sieropositivi in lista di attesa per ricevere organi: resta- vano sempre in fondo alla graduatoria delle priorità perché la durata della loro vita era considerata, in ogni caso, troppo breve per valere un trapianto. La legge è stata presentata dal deputato Larry McKeon, che ha 60 anni e da 15 anni è sieropositivo. “Adesso potrò iscrivermi nel registro dei donatori di organi, come tutti gli altri, nella speranza di potere essere utile a qualcuno – ha spiegato –. Nello stesso tempo, in caso di necessità, potrà mettersi in lista per ricevere organi”. Alcuni giuristi contestano la legge appena approvata in Illinois con- siderandola in contrasto con una legge federale che sottolinea che nessun organo può essere donato dai malati di AIDS. “Il vero crimi- ne è vedere sprecare organi sani di persone malate di AIDS che potrebbero essere trapiantati salvando molte persone – ha affermato un medico –. Vediamo troppe persone sieropositive morire perché non possono ricevere il trapianto di un organo”. Il più richiesto dai malati di AIDS è il fegato perché è tra quelli più vulnerabili al dete- rioramento provocato dalla malattia.

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Salvato due volte dal fratello donatore Torino, 28 luglio Ha ricevuto prima il midollo osseo, quattro anni fa, poi oggi un rene dal proprio fratello e per il secondo trapianto non verrà nemmeno usata la terapia antirigetto, primo caso del genere in Italia, tra i pochi nel mondo. Sono due fratelli romani, ma il ricevente, 39 anni, risiede ad Alba (Cuneo). Entrambi gli interventi sono stati eseguiti all’ospeda- le Molinette di Torino. La letteratura medica riporta soli altri sei casi del genere. “Sono stati trattati – ha reso noto l’immunogenetista delle Molinette Stefano Roggero – dal College of Medicine dell’Iowa dal 1995 ad oggi e la donazione di midollo e rene dalla medesima persona ha fatto sì, in tutti questi casi, che per il secondo trapianto non ci fosse rischio di rigetto”. Per il paziente delle Molinette “i nostri ematologi – ha spiegato la nefrologa Giuliana Tognarelli – hanno dunque avuto uno scambio di e-mail con i colleghi degli Stati Uniti”. E hanno deciso di trattare il loro paziente allo stesso modo, cioè senza farmaci antiri- getto, ma solo con dosi minime di steroidi. Niente ciclosporine, quindi, cioè nessuna necessità di somministrare farmaci che impediscano lo sviluppo di antigeni da parte dell’organismo, per evitare la reazione di rifiuto dell’organo estraneo, “perché la presenza del midollo- –hapun tualizzato Roggero – garantisce la compatibilità genetica, cioè fa in modo che l’organo estraneo venga percepito come proprio”. Da non sottovalutare, secondo Roggero, la straordinarietà di poter effettuare il doppio trapianto dallo stesso donatore. “Non sono molte le persone che si trovano in condizioni di salute così buone da poterlo fare”. La compatibilità genetica con il fratello, 43 anni, aveva salvato una prima volta l’uomo dalle conseguenze della leucemia mieloide, nel 1998. L’intervento di trapianto di midollo osseo era riuscito, ma dopo due anni, nel 2000, il paziente aveva contratto una grave infezione renale, tanto da dover ricorrere alla dialisi.

Doppio trapianto di polmoni in bambina di sei anni Bergamo, 30 luglio È in buone condizioni di salute una bambina di sei anni che ha subito un doppio trapianto polmonare, unica soluzione per una grave malat- tia ereditaria (la mucoviscidosi) che, portando a un’irreversibile insuffi- cienza respiratoria cronica, le provocava seri danni ai polmoni, al fegato e al pancreas. Lo ha reso noto la direzione degli Ospedali riu- niti di Bergamo, dove nei giorni scorsi è avvenuto l’intervento, specifi- cando che si tratta del primo trapianto polmonare in Italia su bambini con età inferiore ai dieci anni. Una soluzione resa possibile dalla dispo- nibilità alla donazione degli organi da parte dei genitori di un altro bimbo. “L’intervento – spiega Michele Colledan, direttore di Chirurgia III dell’ospedale della città lombarda – è consistito nell’asportazione e sostituzione di ciascun polmone: durante l’operazione, durata 6 ore e 40 minuti, è stato necessario ricorrere per circa tre ore alla circolazio- ne extracorporea. La ripresa funzionale di entrambi gli organi trapian- tati è stata ottima, tant’è che già da qualche giorno la bimba non è più intubata, respira spontaneamente ed è in grado di alzarsi dal letto.

145 “Senza dubbio l’avvio del programma di trapianto di polmoni è lento – ha continuato Colledan – se si considera che nell’arco di un anno e mezzo sono stati trapiantati solo quattro pazienti, ma i risultati che stiamo ottenendo sono molto soddisfacenti”. L’operazione di doppio trapianto polmonare in ambito pediatrico conferma le specializzazio- ne dell’ospedale bergamasco in questo settore: dal primo gennaio di quest’anno a oggi la struttura lombarda ha ricevuto organi da 19 donatori, contro i 18 ricevuti nel corso dell’intero 2003. Oltre ai tra- pianti di cuore, rene e polmone, gli Ospedali riuniti di Bergamo ese- guono circa il 70% dei trapianti di fegato effettuati in tutta Italia.

Ha pancreas e rene nuovi, partorisce a Trento Trento, 30 agosto È il primo caso del genere in Italia: una donna trapiantata di pancreas e rene ha partorito giovedì scorso a Trento. Si tratta di fatto insolito, come confermano le statistiche mediche, che indicano in 30 i casi di questo genere registrati in tutto il mondo. La neomamma tre anni fa aveva subito il doppio trapianto a Milano per rimediare ai danni cau- sati ai propri organi dal diabete. La scorsa settimana ha partorito Matteo Rosario, ora accudito in incubatrice. “È una cosa che rifarei – ha commentato la donna in un’intervista alla Rai di Trento –. È una catena che si crea, a me è stata donata un’altra vita ed io a mia volta ho potuto dare vita a mio figlio. Questa è una cosa stupenda. E tutto grazie a una donazione”. Per il primario di ginecologia, Emilio Arisi, “è un segno di speranza. Può dare uno slancio psicologico importante: da un lato perché si doni di più, vedendo che questo gesto ha un fine concreto, e dall’altro che chi ha ricevuto un nuovo organo ha coraggio a provare a riprodursi”.

In Italia sperimentazione sui sieropositivi Roma, 31 agosto Sono tredici i pazienti sieropositivi che dal 2002 a oggi sono stati iscrit- ti in lista di attesa in Italia per il trapianto di fegato; nove di loro sono già stati trapiantati con risultati paragonabili a quelli degli altri pazien- ti, in termini di sopravvivenza e di complicanze post-trapianto. Otto interventi sono stati eseguiti all’Istituto Regina Elena di Roma dal professor Eugenio Santoro e uno al Policlinico di Modena. Al più pre- sto dovrebbero essere attivi anche i Centri trapianto di Bologna e di Udine mentre attendono di completare l’iter per accreditarsi Palermo e Genova. Le informazioni raccolte dal Centro Nazionale Trapianti (CNT) forniscono un quadro positivo della situazione anche se il numero di casi resta ancora molto limitato. L’accesso alle liste d’attesa e al trapianto è attualmente regolato da un protocollo sperimentale messo a punto dal CNT e dalla Commissione nazionale Aids, coordi- nato dal professor Giampiero Carosi: “Le condizioni cliniche dei pazienti italiani trapiantati sono buone e rispecchiano quello che la letteratura scientifica aveva già individuato e cioè che non esistono differenze di sopravvivenza né di problemi immunologici tra pazienti

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sieropositivi e negativi. Tuttavia, per avere un controllo ancora mag- giore e operare nella massima sicurezza abbiamo scelto di mantenere un regime di sperimentazione che proseguirà fino a quando non avre- mo un numero consistente di pazienti trattati tutti allo stesso modo”. I risultati positivi hanno già permesso di ammorbidire il protocollo e di allargare l’accesso alle liste d’attesa anche ai sieropositivi nefropatici, in dialisi, che entro poco tempo dovrebbero avere accesso al trapianto di rene. Il numero dei sieropositivi che necessiterà di un trapianto è destinato a crescere considerevolmente calcolando che in Italia il 50% dei sieropositivi è infetto anche dal virus dell’epatite C che, a lungo andare, li porterà a insufficienza epatica terminale. Serie perplessità sulla via intrapresa dall’Italia vengono da Ignazio Marino, il chirurgo che nel 2001 ha eseguito il primo trapianto in Italia su un paziente sieropositivo e che ora dirige il Centro trapianti del Jefferson Medical College di Philadelphia: “Non capisco questa straordinaria prudenza che di fatto limita l’accesso dei pazienti alle liste d’attesa. I dati della letteratura erano positivi e noti già nel 2001 eppure in Italia si è atti- vato un protocollo sperimentale che serve solo a confermare quello che si sapeva già. È una sperimentazione voluta dal Ministero che non ha fondamento scientifico perché coinvolge un numero troppo esiguo di casi e non fornisce dati scientifici originali. In compenso, complica l’iter per i medici e i pazienti che incontrano ancora molte difficoltà nell’accedere al trapianto nei soli due centri italiani che accettano di trapiantare i sieropositivi”.

In Italia sono solo il 10% i trapianti di rene da vivente Vienna, 5 settembre In Italia i trapianti d’organo da vivente stentano a decollare e quelli effettuati sono ancora troppo pochi rispetto alle medie degli altri Paesi: per il rene ad esempio, dove maggiori sono le liste di attesa, quelli da vivente sfiorano appena il 10%, contro oltre il 50% degli Usa, Asiae di alcuni Paesi del Nord Europa. Ma proprio il trapianto da vivente, concordano gli esperti riuniti a Vienna per il Congresso internaziona- le della Società dei trapianti, potrebbe rappresentare una delle princi- pali soluzioni al problema della carenza d’organi. Si discute anche, a questo proposito, di tecniche considerate di ‘frontiera’, come effettuare trapianti da vivente anche tra persone con gruppi sanguigni non com- patibili. Ma per quale ragione l’Italia, che ha registrato un incremento nel trend delle donazioni, conquista la maglia nera per i trapianti da vivente? La ragione, ha sottolineato il nefrologo Claudio Ponticelli, ex direttore dell’Ospedale Maggiore di Milano, “sta soprattutto nella carenza di informazione tra i cittadini ed anche nella classe medica. Nel caso del rene, ad esempio, la donazione da parte di una persona sana non comporta nella maggioranza dei casi alcun danno per la salute del donatore e molti studi dimostrano che, a distanza di anni, non si registrano conseguenze negative”. “Attualmente, in Italia – ha sottolineato Ponticelli – vengono effettuati circa 1.300 trapianti di rene l’anno, ma quelli da vivente sono meno di 150. Se si considera che i

147 pazienti in lista di attesa per un rene sono oltre 6.000 e che ogni anno si registrano migliaia di nuovi pazienti in dialisi, il trapianto da vivente potrebbe rappresentare una soluzione”. Tra le nuove sfide anche quel- la del trapianto da vivente tra persone con gruppi sanguigni non com- patibili: “Una tecnica già praticata in Giappone e in Usa con risultati molto positivi – ha sottolineato il nefrologo – ma mai realizzata in Italia”.

Il monitoraggio sull’assegnazione degli organi Ancona, 5 ottobre Il Centro Nazionale Trapianti sta lavorando ad un programma condi- viso dalle tre associazioni interregionali (NITp, Airt, Ocst) per indivi- duare criteri comuni nell’allocazione degli organi e arrivare così all’elaborazione di un protocollo unico nazionale. Lo ha ricordato il direttore del CNT Alessandro Nanni Costa, durante l’annuale riunio- ne tecnico-scientifica del Nitp (Nord Italia Transplant program), che raccoglie Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Liguria e Provincia autonoma di Trento. “Il CNT sta monitorando i criteri attualmente seguiti, con l’obiettivo – ha spiegato – di armonizzarli e di capire i motivi del prolungarsi delle liste di attesa per alcuni pazienti. È uno sforzo comune in cui sono impiegate le tre organizzazioni. Dell’Airt (Associazione InterRegionale trapianti) fanno parte Piemonte, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Provincia autonoma di Bolzano, dell’Ocst (Organizzazione Centro Sud Trapianti) tutte le altre regioni italiane. In realtà – hanno spiegato Giuseppe Piccolo e Massimo Cardillo, del coordinamento interregionale NITp, “i principi seguiti sono gli stessi: solidarietà e sussidiarietà, ma cambia il modo di applicarli. In sostanza, la preminenza che viene data ad un criterio rispetto ad un altro. Da Ancona, Cardillo e Piccolo hanno rilanciato l’algoritmo per l’assegnazione del rene, utilizzato dal NITp, la prima associazione a fissare dei criteri certi e trasparenti. L’algoritmo mette insieme donatori e riceventi per l’assegnazione degli organi, compen- diando una serie di variabili tra donatori e riceventi, tra cui compati- bilità immunoematologica, permanenza in lista d’attesa, appartenenza territoriale, senza privilegiarne alcuna.

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Alla Spagna il record mondiale di donazioni Madrid, 8 gennaio La Spagna continua ad essere il Paese che nel mondo ha la più alta percentuale di donazioni degli organi: nel 2004 si è registrato un record – definito ‘storico’ secondo il ministero della Sanità spagnolo – con un tasso di 34,6 donatori per milione di abitanti. “Il numero di donatori è aumentato nel 2004 del 3,5 per cento soprattutto grazie alla generosità delle persone più anziane e ciò ha permesso alla Spagna – ha sottolineato un comunicato del ministero della sanità – di essere il Paese europeo con il più alto numero di trapianti di fegato eseguiti”. Malgrado queste cifre positive il governo di Madrid ricorda che questo trend positivo non si deve arrestare e che tuttora ci sono ben 5.000 malati in attesa di trapianto.

Sciatrice morta, organi a sei persone Torino, 1 febbraio Sono stati impiantati a cinque persone (e una sesta attende in serata) gli organi di Raffaella Steni, la sciatrice di 42 anni travolta sabato scorso da una slavina in Valle d’Aosta. La maggior parte degli inter- venti è stata effettuata nell’ospedale torinese delle Molinette e, per la prima volta in Europa, tre trapianti sono stati svolti in uno stesso bloc- co operatorio. I tre interventi in contemporanea, resi possibili dalle particolari attrezzature di cui dispone la cittadella sanitaria torinese, sono stati eseguiti dall’equipe di Mauro Salizzoni in collaborazione con Piero Bretto e Fedele Lasaponara. Si è trattato di un impianto di rene e pancreas (la beneficiaria è una donna di 38 anni, residente in provincia di Torino, affetta da diabete e nefropatia) e di fegato. Questo organo è stato diviso in due con la tecnica split: una parte è stata dona- ta a un bambino della provincia di Napoli colpito da un tumore al fegato, l’altra a un quarantacinquenne di Crotone con la cirrosi epati- ca. I due polmoni della donna (l’intervento è dell’equipe di Maurizio Mancuso) sono stati impiantati a un uomo di 53 anni, residente in provincia di Sondrio, con una fibrosi polmonare. Il cuore è stato- invia to a Bergamo: il beneficiario sarà un cardiopatico sessantenne. Questa sera il secondo rene sarà impiantato (a coordinare l’operazione sarà Marco Pegoraro) a una signora di 41 anni della provincia di Avellino malata di insufficienza renale. Alla sciatrice sono state anche asportate la cute, che sarà custodita dalla banca cute dell’ospedale Cto di Torino, e le cornee, che ora sono nell’apposita banca costituita alle Molinette.

151 Trapianto da maiale, basta conoscere ‘l’ora X’ Roma, 15 febbraio Fegato, pancreas, polmoni, li può ‘donare’ il maiale purché si individui l’‘ora X’ per il trapianto, ovvero la finestra di tempo perfetta per- com piere il prelievo dall’animale. La buona notizia arriva dal Weizmann Institute of Science che per la prima volta ha mostrato sui roditori la fattibilità dei trapianti d’organo da maiale scongiurando effetti collate- rali quali cancro e rigetto. Per trapianti sicuri, ha spiegato Yair Reisner sulla rivista dell’Accademia Americana delle Scienze PNAS, basta prelevare l’organo in una fase precisissima di sviluppo nell’embrione del maiale. Il maiale è un animale i cui organi, molto simili a quelli umani, sono ormai da tempo al vaglio di esperti di trapianti di tutto il mondo che vedono un’alternativa valida ai tradizionali, in grado di azzerare le liste d’attesa per pazienti, come quelli con gravi problemi epatici e diabetici di tipo uno. Tuttavia nonostante gli sforzi della ricer- ca gli unici tentativi eseguiti in passato, su diabetici cui sono state tra- piantate isole di Langherans (le cellule produttrici di insulina), sono risultati un fallimento. Il grosso problema che finora ha sbarrato la strada alla scienza dei trapianti è che questi si sono rivelati pericolosi perché in grado di determinare tumori, quando per il trapianto sono state usate le cellule staminali di embrioni di maiale, oppure il rigetto quando invece l’organo era prelevato da suini adulti. I ricercatori hanno pensato che la soluzione fosse il tempo esatto del prelievo dal maiale ‘donatore’, una finestra di tempo in cui l’organo fosse -già par zialmente formato ma ancora privo di molecole di superficie che per- mettano alle difese immunitarie dell’organismo ricevente di ricono- scerlo come estraneo e rigettarlo. Andando per tentativi in numerosi test sui roditori gli esperti hanno così identificato qual è l’‘ora X’ per ogni organo testato: fegato, polmone, pancreas, l’organo va prelevato negli embrioni di maiale subito dopo che si è iniziato a formare. Solo così, hanno concluso gli esperti, il trapianto sui roditori è riuscito senza effetti collaterali.

Veneto regione leader per donazioni Padova, 24 marzo Patria del primo trapianto di cuore in Italia, il Veneto si conferma all’avanguardia sia come numero di trapianti d’organi, sia per la dona- zione che, con un rapporto di 28 donazioni ogni milione di abitanti, la pone al primo posto nel Paese e al pari con le aree più avanzate d’Eu- ropa. Gli organi espiantati da cadavere a cuore battente hanno per- messo l’effettuazione di 363 trapianti negli ospedali del Veneto (+2% sul 2003). Considerando anche quelli da donatori viventi, l’attività globale dei Centri della regione è stata pari a 377 trapianti. Sono alcu- ni dei dati che emergono dal “Report Trapianti Veneto 2004” presen- tato oggi nella sede della Fondazione per l’Incremento dei Trapianti d’Organo (FITO) a Padova. Il 2004 – è stato spiegato – si è caratteriz- zato anche per gli ottimi risultati ottenuti a livello qualitativo e quanti- tativo dalla Banca dei Tessuti del Veneto e dalla Fondazione Banca degli Occhi del Veneto. Nella nostra regione, lo scorso anno, sono stati

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segnalati 202 potenziali donatori, dei quali 127 sono risultati effettivi e 117 gli utilizzati. Gli organi procurati sono stati 350. In quattro anni i numeri delle donazioni sono pressoché raddoppiati: l’indice relativo ai donatori per milione di abitanti risulta essere pari a 28.0 per gli effet- tivi e 25.8 per gli utilizzati. Il dato, se raffrontato con la media nazio- nale (21,1 donatori effettivi e 19,7 donatori utilizzati per milione di abitanti), conferma che anche per quest’anno la posizione della regio- ne Veneto, nell’ambito del procurement di organi, risulta essere prima- ria sia in Italia sia con riferimento ad altre aree con sistemi sanitari evoluti (quali il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e l’Olanda) avendo contribuito con il 10% al pool totale nazionale di donatori utilizzati. Parallelamente la bassa percentuale di opposizione al prelie- vo, pari al 19.0% (la media nazionale e del 28.7%), attesta che la sensibilizzazione alla cultura della donazione nella popolazione è dif- fusa e radicata.

USA, record di trapianti e donazioni Washington, 30 marzo Il 2004 è stato l’anno record per i trapianti d’organo negli Stati Uniti: sono stati 27mila gli organi impiantati in pazienti contro i 25mila e rotti dell’anno precedente. Ad aiutare il ‘salto’ numerico nelle opera- zioni di questo tipo è stato soprattutto il clamoroso incremento delle donazioni di organi da cadaveri: ci sono stati 7.153 donatori deceduti che hanno dato in media tre organi a testa, facendo segnare un incre- mento dell’11% nel confronto con il 2003. Il numero dei donatori viventi è salito del 2% raggiungendo quota 6.965: in questi casi si trat- ta per lo più di donazioni di reni o parti di tessuti di fegato e polmone. Questi ultimi possono infatti indurre la rigenerazione degli stessi orga- ni. A fornire gli incoraggianti dati sono stati gli stessi ufficiali sanitari pubblici americani che hanno sottolineato come il miglioramento sia dovuto anche all’impiego di nuove tecniche per i trapianti da parte di un più alto numero di ospedali. Nonché al continuo attivismo delle organizzazioni volontarie attive nel campo.

Trapianto fegato-polmoni per la seconda volta in Italia Bergamo, 4 maggio “Vogliamo solo ringraziare tutti: i medici, per la loro disponibilità totale, il personale infermieristico per la competenza particolare con cui ci è stato vicino, e coloro che, in ogni modo, ci sono stati vicini”. Un nodo in gola spezza la voce dei genitori di Filippo Cherubini, il giovane fiorentino di 23 anni protagonista, agli Ospedali Riuniti di Bergamo, del secondo trapianto combinato di fegato e polmoni in Italia. A eseguirlo, come già il primo, è stata alcune settimane fa l’equi- pe chirurgica coordinata da Michele Colledan, direttore dell’unità di Chirurgia 3/a dei Trapianti dell’azienda ospedaliera bergamasca. E oggi Filippo, insieme ai medici che lo hanno assistito, si è presentato davanti ai taccuini della stampa per raccontare un’esperienza straordi- naria. “Qui – ha affermato, con la voce ancora un poco incrinata dallo

153 stress subito negli ultimi giorni – ho trovato una luce particolare rispet- to agli ospedali e alle città che avevo visitato in passato. Tutti mi hanno aiutato, qualche volta anche troppo”. Il pensiero di Filippo, grande appassionato di viaggi e computer, è andato però anche alla famiglia del donatore: “Sono grato a coloro che mi hanno concesso questa chance di vivere. Poi vedremo che cosa il futuro ci riserverà”. Il quadro complessivo, comunque, appare già ora incoraggiante: “Con il trascor- rere dei giorni – ha rilevato Mariangelo Cossolini, coordinatore azien- dale al prelievo e trapianto d’organi e responsabile per la provincia – il rischio di rigetto, anche attraverso terapie appropriate, si fa più conte- nuto”. Per Filippo, affetto dalla nascita da fibrosi cistica accompagnata da grave insufficienza respiratoria ed epatica, la prospettiva di vitaè ottima. L’altro paziente già sottoposto ai Riuniti a questo tipo di inter- vento un paio di anni fa oggi sta bene. “L’unico disagio – ha commen- tato il giovane – è dover portare ancora una mascherina protettiva. Sempre meglio, però, dell’apparecchiatura per l’ossigeno”. “L’intervento – ha sottolineato Colledan – è durato più di 10 ore. A differenza dei sette casi fino ad oggi riportati dalla letteratura interna- zionale, però, abbiamo utilizzato, attraverso la tecnica ‘split’ in cui Bergamo è all’avanguardia, soltanto la parte destra del fegato donato: l’altra ci ha così consentito di effettuare un altro trapianto su una bimba di 4 anni affetta da atresia delle vie biliari. Inoltre, grazie alla gestione anestesiologica ottimale, è stato possibile non fare uso della circolazione extracorporea. L’équipe dei per fusionisti della Cardiochirurgia era assolutamente pronta, ma siamo riusciti ad arri- vare alla fine dell’intervento senza alcuna emergenza, con sicuri- van taggi per lo stesso paziente che dopo sole poche ore era già in grado di respirare spontaneamente”.

In Italia servono più coordinatori Roma, 4 maggio “Quello che serve all’Italia per raggiungere la Spagna, primo Paese in Europa nella donazione di organi, è una migliore organizzazione del sistema dei trapianti e un maggior numero di coordinatori, cioè di specialisti che secondo la legge 91/99 devono coordinare il lavoro che va dall’accertamento della morte cerebrale alla chiamata dell’organiz- zazione che farà il trapianto”. È quanto ha sostenuto Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), alla presentazione della Campagna nazionale 2005 per la donazione di organi. “Perché una persona possa essere un donatore di organi ido- neo – ha spiegato – bisogna fare cinque cose: identificare il soggetto, accertare la morte cerebrale come prescrive la legge, mantenere il donatore nelle condizioni adeguate per l’espianto, parlare con i fami- liari per avere l’autorizzazione e contattare l’organizzazione che si occuperà di fare il trapianto, nonché tutte le analisi. Tutto questo nell’arco di 12 ore al massimo. È quindi necessaria una figura di coor- dinamento”. Per questo dal 2002, il Cnt ha iniziato a formare specia- listi che siano in grado di svolgere questa attività con competenza e

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buone capacità di dialogo. Ogni anno, ha sottolineato l’esperto, “for- miamo 120 persone con tre corsi annuali gratuiti, finanziati dal mini- stero della Salute. La formazione che diamo non è solo medica, ma anche legale e comunicativa. Negli anni scorsi inoltre abbiamo inviato i nostri coordinatori in Spagna per soggiorni di studio. Comunque – ha aggiunto – abbiamo ottime speranze per il futuro. Il lavoro che si è fatto in questi anni ha visto l’Italia diventare, da fanalino di coda che era, uno dei Paesi più all’avanguardia in Europa per la donazione e trapianti di organi. E anche le proiezioni per il 2005 ci confermano questa tendenza positiva”. Secondo i dati relativi ai primi tre mesi dell’anno, i donatori effettivi sono stati 22,5 per milione di abitanti, contro i 21,1 del 2004, e quelli segnalati, cioè di persone identificate come possibili donatori dopo l’accertamento di morte cerebrale, sono stati 36,1 contro i 35,8 del 2004.

Sì a cure con cellule feto da aborto volontario Roma, 20 maggio Punto di partenza del parere espresso oggi dal Comitato Nazionale di Bioetica che considera “moralmente accessibile” l’uso delle cellule fetali da feti che derivano da aborto volontario è stato il quesito sotto- posto al Comitato da Nanni Costa, relativo alla partecipazione italiana al più grande studio internazionale mai organizzato sulla Corea di Huntington. Si tratta di una delle più gravi e diffuse malattie neurolo- giche ereditarie. La ricerca, alla quale partecipano centri di Francia, Belgio, Svizzera, Germania e Italia (tramite l’istituto Besta), prevede l’impianto di cellule nervose (neuroni) prelevate da feti di sei-nove set- timane provenienti da interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Il sì del Comitato Nazionale di Bioetica è stato quasi unanime, ma a condizione che vengano rispettati sette requisiti. Il primo, imprescindi- bile, prevede che il team di medici che opera l’interruzione volontaria di gravidanza non abbia alcun rapporto con il gruppo che utilizza le cellule a scopo di ricerca o terapeutico. “Così si evita il rischio che queste pratiche possano essere di incentivo all’aborto”, ha osservato la vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica, Cinzia Caporale. La seconda condizione è che le cellule possano essere utilizzate soltan- to con il consenso della donna che interrompe la gravidanza, richiesto a intervento avvenuto. In terzo luogo le modalità dell’IVG non posso- no essere modificate in funzione del reperimento delle cellule fetali. In altre parole, la tecnica dell’intervento non può subire alcuna modifica in relazione al fatto che le cellule fetali vengano utilizzate. La quarta condizione è che venga rispettato il diritto alla riservatezza della donna. La quinta prevede che il tessuto fetale possa essere utilizzato solo per sperimentazioni a scopi di ricerca o terapia di elevato conte- nuto scientifico. In sesto luogo ogni protocollo di sperimentazione- cli nica o di ricerca basato sulle cellule fetali deve essere sottoposto alla valutazione del Comitato etico locale. L’ultima condizione, giudicata fondamentale dai bioeticisti, è che il tessuto fetale deve essere donato gratuitamente. Viene anche lanciato un appello perché gli aspetti di

155 commercializzazione vengano presi in considerazione dal legislatore allo scopo di contrastare il fenomeno dei cosiddetti “mediatori di tes- suto fetale”. Grande soddisfazione per il parere è stata espressa da Cinzia Caporale, perché la possibilità di utilizzare cellule da feti volon- tariamente abortiti “era legale, ma non regolamentata. Adesso si sono stabiliti dei limiti e nello stesso tempo è stato legittimato moralmente questo tipo di ricerca”.

Australia, generate cellule del sangue da quelle embrionali Sydney, 20 giugno Scienziati australiani sono riusciti ad ottenere cellule del sangue da cellule staminali embrionali umane: una scoperta che potrà consentire in futuro di produrre sangue sintetico in ambiente controllato e sicuro da infezioni che potrebbero venire dal donatore per trasfusioni e tra- pianti di organi. La ricerca, descritta nell’ultimo numero della rivista internazionale Blood è stata guidata dall’ematologo Andrew Elefanty del Centro nazionale cellule staminali dell’università Monash di Melbourne. Il Centro è uno dei pochi al mondo che ha acquistato padronanza sulla coltivazione di cellule staminali embrionali umane e già dispone di linee di cellule staminali progenitrici di cellule di polmo- ne, intestino, pancreas e cervello. Il sistema usato, che consente di sti- molare le cellule staminali specificamente per produrre globuli rossi o bianchi, consente di produrre più globuli, più rapidamente e con più sicurezza, come meno ingredienti animali di quanto sia stato possibile in passato. I risultati della ricerca sono simili a quelli raggiunti dalla stessa equipe con esperimenti su topi di laboratorio. A differenza di altre ricerche basate sul siero di mucca come ambiente in cui coltivare le cellule, è stato utilizzato un cocktail di sostanze saline e soluzioni elettrolitiche con amminoacidi e grassi, limitando così al minimo la presenza di rischiose proteine animali. Il modo in cui sono stati svilup- pati i globuli rossi e bianchi potrà essere applicato anche ad altri tipi di cellule. “Ci vorranno tuttavia degli anni prima di arrivare alla fase in cui le cellule sanguigne potranno essere prodotte in quantità sufficien- temente abbondanti per le trasfusioni” hanno avvertito gli studiosi.

Marino: “Ottimi i risultati italiani sui sieropositivi” Roma, 20 luglio “Sono ottimi i risultati ottenuti dai centri italiani che hanno eseguito i trapianti di fegato nei pazienti sieropositivi”. È il commento del pro- fessor Ignazio Marino, direttore del centro trapianti del Jefferson Medical College di Philadelphia, che ha espresso soddisfazione per i risultati del programma di trapianto di fegato nelle persone sieroposi- tive al virus dell’Aids. Marino fu, infatti, il primo chirurgo ad eseguire in Italia, nel 2001, un trapianto in un sieropositivo ma all’epoca venne aspramente criticato dall’allora ministro della sanità Girolamo Sirchia, che prevedeva risultati ‘disastrosi’ per questo tipo di terapia. “È stata una battaglia molto complicata – ha affermato Marino – ma eravamo supportati dall’esperienza internazionale che si era già rivelata positi-

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va. Oggi, a quattro anni di distanza, posso affermare con orgoglio che ne è valsa la pena”. “Ora – ha sottolineato il chirurgo – l’obiettivo deve essere quello di eseguire i trapianti nei pazienti sieropositivi in tutt’Ita- lia e non solo in tre Regioni del centro nord. Inoltre, si dovrebbero avviare anche quelli di rene. È inspiegabile – ha aggiunto – un ritardo di quattro anni quando sappiamo che il ministero sta studiando la questione dal 2001”. “I pazienti sieropositivi con insufficienza renale – ha ricordato l’esperto – sono costretti a rimanere in dialisi mentre potrebbero avere un grande beneficio dal trapianto. Il paziente cheè stato trapiantato in Italia nel 2001 ne è la prova. Proprio in questi giorni – ha concluso Marino – festeggia in vacanza al mare il suo quarto anniversario di salute ritrovata”.

Accordo tra AIDO e Centro Nazionale Trapianti Roma, 8 ottobre Un accordo è stato sottoscritto fra L’AIDO e il Centro Nazionale Trapianti che permetterà la consultazione, da parte di quest’ultimo, dei dati dell’associazione sui potenziali donatori. “Con questo accordo, da oggi, la legge sui trapianti fa un nuovo passo avanti” ha sottolinea- to il Sottosegretario alla Salute Domenico Di Virgilio, intervenendo in Campidoglio al Convegno organizzato dall’Associazione italiana per la donazione di organi e dal Centro Nazionale Trapianti. Per l’occa- sione è stato ieri emesso un francobollo commemorativo, come ricono- scimento del lavoro svolto in questi anni dall’AIDO per sensibilizzare la popolazione italiana sulla donazione di organi. “Dobbiamo dare atto all’AIDO – ha concluso il sottosegretario Di Virgilio – della sua opera capillare, direi certosina, che ha permesso al nostro Paese di essere il secondo in Europa per i trapianti. Io credo che con questo accordo – crescerà il numero dei possibili donatori da 80 mila a diver- se centinaia di migliaia; e sono certo che questo numero aumenterà sempre più nei prossimi anni”.

L’effetto “Nicholas Green” è ancora presente Roma, 5 novembre “Una spinta positiva, per l’opinione pubblica ed il mondo medico, che si è poi concretizzata anche attraverso altri strumenti”. Se oggi il trend delle donazioni d’organi in Italia è in crescita, lo si deve anche al cosid- detto “effetto Nicholas”. A sottolinearlo è il direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), Alessandro Nanni Costa. “La vicenda di Nicholas – ha commentato – ha rappresentato per l’opinione pubblica italiana un momento importante, di grande riflessione, e una spinta verso la donazione; l’inizio di un trend positivo che si è però concretiz- zato anche grazie ad altri momenti–chiave. Tre in particolare: l’appro- vazione della legge sull’accertamento della morte cerebrale nel 1993; il primo trapianto di cuore nel 1995 e la nuova normativa sul sistema dei trapianti nel 1999. Ma la vicenda di Nicholas – ha affermato Nanni Costa – ha comunque segnato il passaggio verso un nuovo forte consenso al trapianto”. Un trend positivo confermato dagli ultimi dati:

157 le stime 2004 indicano 450 interventi in più rispetto al 2003, superan- do il tetto dei 3.000 trapianti complessivi. In Italia, inoltre, le donazio- ni si attestano a 21,4 per milione di abitanti, una percentuale che col- loca il nostro Paese al secondo posto in Europa dopo la Spagna. E cresce anche la fiducia da parte della gente sull’efficacia dei risultati, tanto che la percentuale delle opposizioni al prelievo è scesa dal 29,9% al 28,7%. In aumento, però, sono anche le persone in attesa di trapian- to. Attualmente sono circa 9.000, oltre 6.000 delle quali aspettano un rene. E ancora lungo è il tempo di attesa: poco più di tre anni per il rene; per il fegato circa un anno e mezzo; due anni per il cuore e poco meno di due anni per il polmone. Per il direttore del CNT, si tratta dell’effetto di un ‘ampliamento della platea’ dei pazienti operabili. Una situazione che impone una ulteriore sensibilizzazione verso la donazione d’organi e criteri precisi per la loro assegnazione.

Cuore, 20 anni fa la svolta di Gallucci Padova, 14 novembre Il muro lo abbatté 20 anni fa il prof. Vincenzo Gallucci. Da quella notte del 14 novembre 1985, il primo trapianto di cuore eseguito nel Paese, all’ospedale di Padova, la cardiochirurgia italiana ha fatto passi da gigante, e con essa è progredita la cultura della donazione degli organi. Prima del cuore donato dal giovane Francesco Busnello, 18 anni, al falegname veneziano Ilario Lazzari, l’Italia era al penultimo posto per donazioni in Europa; oggi è seconda, con 21 donatori ogni milione di abitanti. Le tappe di quella cavalcata straordinaria per la medicina e la ricerca italiana sono state ripercorse oggi a Padova, con un convegno all’Università, seguito da una cerimonia pubblica al tea- tro Verdi, che ha ripercorso 20 anni di storia dei trapianti in Italia, e ha fatto il punto sul futuro della sostituzione degli organi, dalle cellule staminali ai nuovi cuori bionici. Ma nei protagonisti di quell’avventu- ra, come il prof. Alessandro Mazzucco, allora aiuto del prof. Gallucci a Padova, resta ancora Viva l’emozione per quell’intervento della notte tra il 14 e il 15 novembre 1985 (preceduto da una falsa partenza 48 ore prima, quando a paziente già pronto ci rese conto che mancava anco- ra la firma del ministro per il via ai trapianti). “Non c’era stato iltempo per emozionarsi quella notte – ha ricordato oggi Mazzucco, all’attivo oltre 350 trapianti –. Ma quando riportammo sangue al cuore nel petto di Lazzari, e questo riprese a battere, ricordo ancora il sorriso di Gallucci. E quelli in sala che non erano occupati sul tavolo operatorio uscirono in un applauso spontaneo. Non per le persone, naturalmente, ma perché ci si rendeva conto per la medicina italiana si apriva una nuova pagina di storia”.

Italia prima in UE per qualità degli interventi Roma, 11 novembre L’Italia è al primo posto in Europa per la qualità dei trapianti: i pazienti in Italia stanno meglio che negli altri paesi. A certificare que- sto traguardo, annunciato dal direttore del Centro Nazionale Trapianti

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(CNT) Alessandro Nanni Costa, è il Collaborative Transplant Study di Heidelberg che ha messo a confronto i dati europei ponendo il nostro Paese al vertice. “Un successo – ha affermato l’esperto – che si aggiun- ge ad altri importanti conferme: siamo terzi al mondo dopo Spagna e Usa per i donatori, secondi dopo la Spagna per trapianti di cuore e di fegato da cadavere e terzi dopo Spagna e Francia per trapianti di rene da cadavere”. In Italia sono circa 656 i pazienti in lista di attesa per avere un trapianto di cuore a fronte di 350 effettuati (a fine anno si stima di arrivare a 364). L’attesa media per chi aspetta un organo è di 2 anni e la mortalità è del 10%. “Il tema della donazione di organi rimane molto importante – ha aggiunto Costa – soprattutto nelle Regioni del centro sud dove permane la carenza”. E proprio per dare maggiore trasparenza e accesso ai cittadini alle strutture per trapianto presto saranno messi sul sito web del ministero della salute informazio- ni utili sull’attività degli ambulatori. “La rete italiana delle donazioni e dei trapianti è attiva e funziona – ha commentato il sottosegretario alla salute Domenico Di Virgilio – e questo non solo per merito degli ope- ratori sanitari ma anche delle associazioni del volontariato, tuttavia la situazione è ancora a macchia di leopardo”.

In Italia 8.862 persone in lista di attesa Padova, 14 novembre Sono quasi novemila i pazienti in Italia in attesa di un trapianto di un organo. Quelli che attendono un cuore nuovo, secondo i dati al 30 settembre 2005, sono 656, a fronte di 350 interventi già effettuati. Sono alcune delle cifre sul mondo dei trapianti fornite oggi a Padova nel corso del convegno, tenutosi all’Università, che ha celebrato i 20 anni dal primo trapianto cardiaco, effettuato il 14 novembre 1985 dal prof. Vincenzo Gallucci su Ilario Lazzari. Delle 8.862 persone in lista nei vari ospedali del Paese per un trapianto, 6369 aspettano un rene (tempo medio d’attesa 2,93 anni, percentuale di mortalità di chi è in lista è di 1,63%), 1557 un fegato (tempo d’attesa 1,4 anni, mortalità pari al 6,36%), 656 un cuore (tempo attesa medio 2,08 anni, mortalità in lista 9,9%), 194 un pancreas (tempo medio 2,4 anni, mortalità 1,9%), 246 un polmone (tempo d’attesa 1,88, percentuale di mortalità 19,1%). Per quanto riguarda in particolare il cuore, l’Italia è al secon- do posto in Europa per numero di interventi, 6,2 trapianti ogni milio- ne di persone, preceduta solo dalla Spagna con un rapporto di 6,8 trapianti per milione di abitanti. Nel 2004 l’Italia è stato il secondo paese in Europa (il terzo nel mondo dietro anche agli Stati Uniti) per numero di trapianti cardiaci, 353. Meglio aveva fatto solo la Germania, con 412.

Tre coppie si ‘scambiano’ i reni Firenze, 17 novembre Un maxitrapianto di reni ha coinvolto tre coppie di coniugi che si sono ‘scambiate’ gli organi. L’intervento, che al momento appare riuscito alla perfezione, è stato effettuato nel reparto di nefrologia dell’ospeda-

159 le Cisanello di Pisa. In pratica, dopo aver verificato le incompatibilità fra marito e moglie, il coniuge sano di ognuna delle tre coppie ha donato un rene a quello malato di un’altra. Le tre coppie, secondo quanto riportato oggi dal quotidiano Il Tirreno, sono di Empoli, Grosseto e Roma. Si tratta di persone di mezza età. I malati, due donne e un uomo, si sono affidate al centro di Cisanello, dove sono state scoperte le compatibilità ‘intrecciate’. L’intervento, effettuato qualche giorno fa, è durato quasi dieci ore. I sei sono ora ricoverati nel

reparto di rianimazione. I tre donatori saranno dimessi fra pochi gior- 5 ni. Per gli altri, ci sarà da verificare se ci saranno complicazioni.

In Francia il primo trapianto di faccia Roma, 30 novembre Una donna di 36 anni che ha avuto il viso completamente sfigurato dai morsi di un cane è la prima persona al mondo ad aver ricevuto un trapianto di faccia. La notizia è stata confermata dal chirurgo italiano Marco Lanzetta, che collabora da anni con i colleghi francesi. La noti- zia è stata riportata dal quotidiano britannico Evening Standard. L’intervento è stato effettuato nei giorni scorsi ad da una equi- pe di chirurghi con la collaborazione del professor Jean-Michel Dubernard, primario dell’ospedale Edouard-Herriot di Lione – all’avanguardia mondiale nel campo dei trapianti. Cinque anni fa Dubernard effettuò il primo trapianto di mani riuscito. Stretto riserbo per il momento ad Amiens. La direzione della comunicazione del cen- tro ospedaliero ha rinviato all’omologa struttura dell’ospedale Herriot di Lione, ma anche qui il silenzio è massimo. Secondo quanto raccolto dall’esperta di sanità del quotidiano britannico, Rebecca Smith, la donna sottoposta a trapianto ha 36 anni ed aveva avuto il volto distrut- to dai morsi di cani. Aveva perso naso, labbra e mento. L’operazione sarebbe stata fatta nello scorso fine settimana ma non sarebbe stato fatto alcun annuncio anche a causa di serie preoccupazioni etiche legate all’intervento, tecnicamente possibile da tempo.

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Primo trapianto rene-pancreas su sieropositivo Roma, 21 gennaio È stato effettuato oggi all’ospedale di Varese un trapianto combinato di rene-pancreas su un giovane sieropositivo al virus HIV.L’intervento, il primo del genere in Italia, è stato eseguito da un gruppo di chirurghi coordinati dal professor Renzo Dionigi dell’Università dell’Insubria, secondo un protocollo messo a punto dal Centro nazionale trapianti. Il primo trapianto di rene (da donatore vivente) su una persona siero- positiva, ha ricordato l’infettivologo Paolo Grossi dell’Università di Varese, è stato condotto dal professor Ignazio Marino nel 2001. Quello eseguito oggi è da donatore cadavere e combinato con un trapianto di pancreas. Il giovane sieropositivo, di 32 anni, soffriva di una nefropatia diabetica e dunque il tipo di intervento era indicato per lui. Inoltre era in condizioni buone dal punto di vista immunologico per poter riceve- re un trapianto combinato. La carica virale dell’HIV era infatti sop- pressa grazie alle terapie antiretrovirali. All’operazione hanno preso parte oltre al professor Dionigi, il professor Ugo Boggi del centro per i trapianti di Pisa diretto da Franco Mosca, il chirurgo urologo Alberto Marconi e il chirurgo vascolare Patrizio Castelli.

Donatori anziani efficienti come i giovani Roma, 26 gennaio Una tecnica messa a punto in Italia permette di utilizzare organi pre- levati da donatori anziani “con un’efficienza e un tasso di sopravviven- za assolutamente confrontabili a quelle che si ottengono con organi da donatori giovani”. I risultati della tecnica, che consiste nel selezionare gli organi in condizione migliore, sono pubblicati oggi sul New England Journal of Medicine dal gruppo coordinato da Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri e direttore del dipartimento Trapianti dell’Ospedale di Bergamo. La ricerca è stata condotta in collaborazione con il Nord Italia Transplant e i Centri Trapianto di Bergamo, Genova e Padova. Si tratta di un risultato importante, che rende possibile utilizzare in modo ottimale gli organi prelevati da donatori anziani, sempre più numerosi in Italia come in molti altri Paesi occidentali. Tanto che secondo il presidente dell’organizzazione che negli Stati Uniti si occupa della raccolta degli organi per il trapian- to, Frank Delmonico, “il lavoro del gruppo dei ricercatori italiani fa intravedere una strada nuova per utilizzare al meglio i pochi organi a disposizione e contribuirà al successo del trapianto in ogni parte del

163 mondo”. La tecnica, ha spiegato Remuzzi, consente di utilizzare al meglio il rene prelevato da un donatore di oltre 60 anni. Pochi milli- grammi di tessuto prelevati dal rene da trapiantare vengono esamina- ti al microscopio per verificarne le condizioni: se il tessuto è- bencon servato è anche possibile trapiantare un solo rene, se la struttura non è perfetta si possono trapiantare entrambi i reni, se invece il tessuto è danneggiato si preferisce non eseguire l’intervento. Lo studio è stato eseguito su 62 pazienti che avevano ricevuto, da donatori con più di 60 anni, uno o due reni valutati istologicamente prima del trapianto. L’andamento di questi pazienti è stato confrontato con quello di 248 persone che avevano ricevuto trapianti singoli di reni che non erano stati valutati istologicamente (di questi, 124 avevano ricevuto un rene da donatori con meno di 60 anni e gli altri 124 da donatori con più di 60 anni). Dopo un’osservazione di tre anni, ha sottolineato Remuzzi, “la sopravvivenza dei reni valutati istologicamene non era significati- vamente diversa da quella dei reni dei controlli positivi”, ossia non diversa da quella dei pazienti che avevano ricevuto l’organo da dona- tori con meno di 60 anni.

Raro intervento ‘domino’ su due neonati New York, 3 febbraio Un raro trapianto a domino è stato effettuato su due neonati nell’ospe- dale pediatrico di Columbus, Ohio. Il piccolo Jason Wolfe di tre mesi e davanti a sé pochi giorni da vivere per un grave difetto ai polmoni, ha donato il cuore sano alla coetanea Kayla Linvingston e nel suo petto sono stati impiantati un cuore e i polmoni di un bambino compatibile morto fuori dall’Ohio. “Trapiantare solo i polmoni sarebbe stato più complicato del trapianto combinato”, ha spiegato Tim Hoffman, chi- rurgo del Columbia Children’s Hospital. L’intervento è durato 12 ore in sale operatorie contigue. Entrambi i bambini hanno superato lo stadio più critico dopo l’operazione. I genitori di Kayla e Jason sono adesso impegnati a far sì che i loro figli non si perdano di vista: “Mi immagino che diventino molto amici, che possano fare affidamento l’uno con l’al- tra”, ha spiegato Rebecca, la mamma di Kayla.

Oltre 6mila italiani attendono un rene Roma, 2 marzo In Italia sono 6.362 i pazienti iscritti in lista attiva per un trapianto di rene. Il tempo medio di attesa per ottenere un nuovo organo è di circa 3 anni. Oltre 400 persone però aspettano da oltre 10 anni. Nell’ultimo anno i trapianti di rene sono stati 1.663, quasi il doppio rispetto a 10 anni fa. Nel periodo 1992-2005 il record dei trapianti è stato toccato nel 2004, con 1.746 interventi effettuati. Questi i dati forniti dall’Aned (Associazione nazionale dializzati e trapiantati) nel corso della presen- tazione della Giornata del Rene. “È importante – ha commentato a margine della conferenza, Alessandro Nanni Costa, direttore Centro nazionale trapianti – che le liste d’attesa non stiano crescendo. Oggi il numero dei trapianti di rene effettuati ogni anno in Italia è di circa

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1.700. Un dato, riferito al 2004, che ci pone in competizione con gli altri Paesi europei, al secondo posto dopo la Spagna, vicini alla Francia e ben più avanti di Germania e Regno Unito”. “La trasparenza – ha tenuto a precisare il professor Costa – è alla base della nostra attività. Ogni anno infatti i risultati dei nostri interventi vengono mandati a confronto con i registri europei”. Il problema italiano ha aggiunto è “lo squilibrio tra Nord e Sud per quanto riguarda il numero di donazio- ni”. Tanto che se è vero che “non ci sono più ‘migrazioni’ degli italia- ni oltre confine, esiste ancora il fenomeno dal Mezzogiorno al Nord”. Quello che servirebbe, secondo l’esperto è “un osservatorio sui risulta- ti complessivi del sistema dell’assistenza e cura, l’impegno per mante- nere la qualità e infine l’incremento del numero trapianti. Il che- signi fica più donazioni”.

Italia seconda al mondo per donazioni Roma, 5 maggio L’Italia scala la classifica delle nazioni con il maggior numero -di dona tori d’organi e conquista il secondo posto a livello mondiale, scavalca anche gli Stati Uniti e rimane seconda solo alla Spagna. È un dato più che incoraggiante quello registrato dal Centro nazionale trapianti e relativo ai primi 4 mesi del 2006, cui si aggiunge un’ulteriore nota positiva: donazioni e trapianti crescono anche nelle regioni del Sud Italia (con un +25% rispetto al 2005) dove è da sempre maggiore la carenza di organi. Un quadro che lascia dunque ben sperare, anche se restano pressoché invariati i tempi delle liste di attesa e il numero di pazienti in coda per un intervento. E sulla scorta di questi numeri prende il via la Campagna 2006 ‘Dai valore alla vita’ per la promozio- ne di donazioni e trapianti promossa dal Ministero della Salute, la cui prima iniziativa sarà la Settimana della donazione (dal 7 al 14 mag- gio). Un dato significativo riguarda l’opposizione alla donazione, mai così bassa da anni. È infatti passata dal 29,4% del 2005 al 24% del 2006 (con picchi in Sardegna con un -25,6% e Lazio con -20%). Un risultato, ha commentato Alessandro Nanni Costa, direttore del CNT, reso anche possibile dalla maggiore consapevolezza dei cittadini e dalla migliore organizzazione della rete trapiantologica. Ma in gene- rale, la situazione è largamente migliorata rispetto al 1998, anno di entrata in vigore della legge sui trapianti. Da allora i trapianti sono aumentati del 60%, mentre il numero di donatori ha avuto un incre- mento complessivo del 36,2% dal 2000.

Il Friuli è la regione più ‘generosa’ Roma, 4 agosto Il Friuli Venezia Giulia ‘strappa’ alla Liguria lo scettro della Regione italiana con il maggior numero di donazioni di organi. Mentre nel 2005 la Liguria era in testa con 37,5 donatori utilizzati per milione di abitanti (pma) e 40,7 donatori effettivi, il 2006 vede primeggiare i friu- lani con 40,9 donazioni utilizzate per milione e 46 donazioni effettive per milione. Un netto aumento delle donazioni si è registrato anche in

165 Toscana (che passa da 29,4 donatori effettivi a 40,4) così come nella Provincia Autonoma di Bolzano, che passa dal 25,9 pma del 2005 al 34,8 pma del 2006. Ma nonostante questi segnali positivi, un italiano su quattro si oppone ancora a fornire il consenso per la donazione degli organi. I dati emergono dalla newsletter del Centro Nazionale Trapianti, che ha confrontato i dati raccolti nel 2005 con una proiezio- ne basata sui dati relativi ai primi sei mesi del 2006. Alcune regioni meridionali, come Calabria e Sicilia, segnano un trend positivo, anche se le donazioni rimangono pochissime. Per la Calabria, ad esempio, le donazioni utilizzate sono passate dalle 6,5 pma dell’anno scorso alle 10 pma di quest’anno, mentre in Sicilia il 6,6 pma del 2005 è lievitato nell’8,1 pma del 2006. L’aumento più rilevante rispetto all’anno pre- cedente si è registrato invece nella Provincia Autonoma di Trento, dove le donazioni sono passate da 4,2 pma a 8,5 pma. “Perché il numero dei donatori a Trento raddoppi, però, bastano un paio di morti in più o in meno – commenta Alessandro Nanni Costa, diretto- re del CNT – e comunque questo è un dato solo indicativo. È difficile fare previsioni precise se il numero dei donatori è molto piccolo”.

Il trapianto di utero divide i bioeticisti Roma, 4 settembre La nuova frontiera del trapianto di utero, finalizzato ad aiutare le donne sterili che vogliano avere figli preoccupa i bioeticisti, divisi su questo tema delicato. In linea di principio favorevoli alcuni, mentre altri sottolineano come non possa essere escluso un eventuale danno sull’embrione, cosa che renderebbe eticamente inaccettabile la tecni- ca. D’accordo, sia pure con tutte le necessarie cautele, si dice Francesco D’Agostino, ex presidente del Comitato nazionale di bioetica (CNB). “In linea di massima – ha affermato D’Agostino –, tutto ciò che ha una valenza terapeutica può essere considerato lecito, a condizione che le garanzie dal punto di vista medico e sanitario siano totali. È chiaro che l’utero è un organo con una forte valenza simbolica, ma nei limiti in cui la tecnica di trapianto si dimostrasse completamente sicura e ser- visse ad aiutare la donna a vincere la sterilità, allora credo che tale tecnica di trapianto andrebbe considerata con attenzione”. Il punto, secondo D’Agostino, è che la sterilità “è una patologia ed è dunque lecito combatterla, a patto che ciò non significhi in qualche modo danneggiare il nascituro”. Perplessità, invece, circa l’annunciata possi- bilità di ‘trapianto temporaneo’ dell’utero, ovvero la rimozione dell’or- gano dopo la conclusione della gravidanza per evitare l’assunzione dei farmaci immunosoppressivi a lungo. “È un variante che non convince e da valutare con cautela”, ha concluso D’Agostino. Più scettico circa l’annunciato trapianto in prima mondiale è invece il bioeticista Antonio Spagnolo, dell’Università Cattolica di Roma. “Un trapianto di utero quale organo con funzioni puramente fisiologiche, come quel- le svolte da tanti altri organi, non porrebbe alcun dubbio etico, ma in questo caso la funzione alla quale il ‘nuovo’ utero sarebbe deputato non sarebbe fisiologica ma legata alla procreazione. Questo impone

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che siano rispettati alcuni ‘paletti’ fondamentali, come la sicurezza totale di embrione e feto. Cosa di cui al momento la scienza non può avere certezza”. In altre parole, si dovrebbe dimostrare che l’assunzio- ne di farmaci immunosoppressivi, dopo il trapianto e durante una eventuale gravidanza della donna trapiantata, non abbiano effetti sul feto.

Torino, tecnica rivoluzionaria per espianto di rene Torino, 3 ottobre Nuove frontiere per i trapianti di rene. Gli ultimi undici prelievi da vivente eseguiti dai nefrologi dell’ospedale Molinette di Torino, unico centro in Europa, sono stati eseguiti con una tecnica innovativa: la lapa- roscopia ‘gas-less’, che non prevede l’immissione del gas nell’addome, di norma utilizzato per isolare l’organo su cui si interviene. I risultati dell’impiego di questa tecnica verranno esposti al 55° Congresso del Suni (Società degli urologi del Nord Italia) che si terrà a Torino dal 12 al 14 ottobre. I ‘pionieri’ di questa tecnica laparoscopica in campo uro- logico sono i chirurghi di Urologia III (il primario è Ugo Ferrando), del dipartimento di urologia diretto da Alessandro Tizzani. Con la laparo- scopia ‘gas-less’ (detta anche isobarica) il campo operatorio viene reso visibile con un elevatore di parete. Questa tecnica elimina gli effetti col- laterali dovuti all’immissione del gas a 12 mmHg per sollevare la parete addominale. “L’impiego della pressione intraddominale di solito aumen- ta le resistenze polmonari, diminuisce il ritorno venoso e aumenta le difficoltà urinarie. Con la laparoscopia ‘gas-less’ siamo in grado di elimi- nare tutti questi rischi”, ha spiegato Lorenzo Repetto, responsabile della laparoscopia urologica delle Molinette. Da circa un anno e mezzo, quin- di, alle Molinette si eseguono prelievi di rene da donatore vivente (è uno dei pochi centri italiani) usando unicamente la tecnica della laparoscopia ‘gas-less’. “In urologia siamo gli unici in Europa e forse anche nel mondo”, ha sottolineato Repetto. Questa tecnica, che viene normal- mente impiegata nella chirurgia ginecologica, alle Molinette è stata introdotta anche nei protocolli per l’asportazione del rene in laparosco- pia. L’equipe di Ferrando ne ha già effettuate sessantadue. Tre, infine, le asportazioni della ghiandola surrenale eseguite in laparoscopia isobari- ca. “La prima in verità era di prova – ha commentato Repetto – poiché non vi erano controindicazioni alla laparoscopica iperbarica. Ma nella seconda surrenalectomia la tecnica ‘gas-less’ si è resa necessaria perché la paziente era affetta da glaucoma bilaterale e nella terza vi erano seri problemi polmonari”.

Prime trachee sostituite con aorta Roma, 20 ottobre Per la prima volta al mondo sono state effettuate 4 sostituzioni della trachea utilizzando l’arteria aorta di rispettivi donatori. L’annuncio è stato dato ieri in una conferenza stampa all’ospedale Calmette di Lille (Francia) e gli interventi chirurgici sono stati realizzati su giovani mala- ti affetti da un tumore raro, altrimenti non operabile. Tra i chirurghi

167 che hanno realizzato con successo questi trapianti c’è l’italiano Massimo Conti, secondo il quale la tecnica potrà essere utilizzata per un numero ristretto di persone ma che non hanno alternative terapeu- tiche se non cure palliative. Le complesse operazioni chirurgiche, durate in media 12 ore, sono state coordinate dal professor Alain Wurz, capo del reparto di chirurgia toracica del Centro ospedaliero di Lille e sono state realizzate, dal marzo 2005, su tre uomini e una donna di età compresa tra 20 e 46 anni. I malati di tumore alla trachea possono subire l’ablazione di una porzione non superiore alla metà dell’organo, lungo una dozzina di centimetri. Ma alcuni rari casi di cancro, non legati al fumo e che colpiscono soprattutto giovani adulti, si estendono a tutta la trachea e non sono sensibili né alla chemiotera- pia né alla radioterapia. L’intervento, ha spiegato Conti, consiste nel rimuovere la quasi totalità della trachea e nel sostituirla con un seg- mento di aorta di pari lunghezza, prelevato da un paziente deceduto. I chirurghi inseriscono poi all’interno dell’aorta un tubo di silicone per evitare che il vaso, che è meno rigido della trachea, rimanga schiaccia- to durante la respirazione. Intorno alla nuova aorta-trachea viene sistemata poi una porzione del muscolo pettorale del paziente, per proteggerla e permetterne la vascolarizzazione. “Nei mesi che seguono il trapianto – ha spiegato Conti – abbiamo visto che l’aorta si trasfor- ma a poco a poco in trachea. In altre parole dalle Tac di controllo si riescono a vedere formazioni di neocartilagine a forma circolare come nella trachea”. “Si tratta di interventi chirurgici molto complessi ed esistono complicazioni postoperatorie enormi – ha aggiunto Conti –. Tuttavia per questi malati, spesso giovani e senza alternative, l’inter- vento di sostituzione è una strada percorribile”.

Nanni Costa (CNT): “Aumentare il numero di interventi” Roma, 25 ottobre Per quest’anno in Italia sono previsti 3.166 trapianti, rispetto ai 9.066 pazienti in lista d’attesa: “Dobbiamo fare di più”, ha commentato il direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), Alessandro Nanni Costa, presentando a Roma la campagna di informazione per la dona- zione di organi organizzata dallo stesso CNT e dal Comune di Roma. Parallelamente bisogna lottare contro l’ostilità di trapianti, ancora alta e calcolata nel 27%. Tuttavia, ha aggiunto Nanni Costa, l’Italia è in una buona posizione in Europa, con 21,4 donatori per milione di abi- tanti. Una cifra, ha aggiunto, che mette l’Italia “al pari con la Francia e al secondo posto fra le grandi nazioni europee, dopo la Spagna, nella quale i donatori sono 30 per milione di abitanti”. “Le donazioni di organi – ha osservato Nanni Costa – non sono omogenee a livello nazionale”. La regione più generosa è la Toscana, con 43 donatori per milione di abitanti, mentre Basilicata e Puglia sono ultime, con 7 dona- tori per milione. Dei 3.166 trapianti da donatore cadavere previsti nel 2006, 1.657 sono di rene, 1.76 di fegato, 337 di cuore, 95 di pancreas combinato con il rene, 95 di polmone, 4 di intestino e uno multivisce- rale. Dei 9.066 pazienti in lista d’attesa, la maggioranza (6.334) ha

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bisogno di un trapianto di rene, 1.659 di fegato, 726 di cuore, 294 di polmone e 183 di pancreas. Un numero tanto grande di persone in lista d’attesa si deve, secondo Nanni Costa, al fatto che “il trapianto è una terapia che ha successo e che ha sempre maggiori indicazioni, il che lo rende disponibile per un numero sempre maggiore di cittadini”. Molto soddisfacente anche la qualità dei trapianti in Italia: “Ci sono ottimi risultati, in tutto il Paese” e quello italiano è l’unico sistema nel quale i risultati ottenuti da tutti i centri sono documentati sul sito del Ministero della Salute. Risultati così positivi, ha concluso Nanni Costa, che l’80% dei pazienti che ha ricevuto il trapianto riprende il lavoro e la normale attività, molti giovani hanno figli e praticano sport.

Padova guida il progetto europeo sugli xenotrapianti Padova, 20 novembre “Portare lo xenotrapianto il più possibile vicino all’applicazione clinica”. Per Emanuele Cozzi, coordinatore europeo del Progetto Integrato Xenome, questo è il principale, ma non unico, obiettivo dell’iniziativa finanziata dalla Commissione ricerche europea con 9,88 milioni di euro e che, inserita nel VII Programma quadro, coinvolge 22 laboratori in 11 Paesi della UE. Del progetto, illustrato oggi a Padova in una conferenza stampa, si è proposto come regista il gruppo di ricerca del quale fa parte il dott. Cozzi, diretto dal prof. Ermanno Ancona, docente di chirurgia generale presso l’Università di Padova, i cui risultati scientifici consegui- ti a livello internazionale sullo xenotrapianto hanno ottenuto il prestigio- so riconoscimento da parte della Commissione europea. Entrando nel dettaglio dell’iniziativa, Cozzi ha spiegato che i ricercatori modifiche- ranno con l’applicazione dell’ingegneria genetica il genoma del maiale “per renderlo il più compatibile possibile con quello dell’uomo sotto il profilo immunologico”. Lo studio avrà ricadute non solo sulla possibilità di trapianto di organi ma anche sulle problematiche di coagulazione e infiammazione conseguenti al trapianto e di trasmissione di infezioni da donatore a ricevente, come pure sulla cura di talune patologie animali. Le prime ricerche, ha proseguito Cozzi, riguarderanno il trapianto di rene, di insulae pancreatiche in scimmia diabetica e di neuroni in scim- mia con morbo di Parkinson. Lo studioso ha quindi affermato che le sperimentazioni avverranno dapprima in laboratorio, e solo quando queste garantiranno i risultati, “si tocca l’animale”. Il coordinatore del progetto ha inoltre sottolineato “la piattaforma molto solida” che carat- terizza la proposta padovana, prevedendo “un forte pacchetto etico e bioetico” e l’impegno di comunicare, via via che vengono conseguiti, i progressi della ricerca. Punti qualificanti del pacchetto etico sono l’isti- tuzione di un apposito comitato per la valutazione delle implicazione di ordine bioetico implicite nel progetto e l’attenzione al “benessere” dell’animale durante la ricerca.

Un cuore nuovo da donatore non compatibile Padova, 2 dicembre Usando una tecnica che ‘confonde’ il sistema immunologico, per la

169 prima volta in Italia è stato effettuato un trapianto di cuore su un bimbo di tre mesi di con un gruppo sanguigno incompatibile col dona- tore, una neonata di appena 19 giorni. “Alcune ore prima dell’inter- vento – ha spiegato il professor Gino Gerosa, direttore della cardiochi- rurgia dell’Azienda ospedaliera di Padova – abbiamo rimosso al paziente il sangue di gruppo ‘zero’ e, dopo aver separato i globuli rossi da plasma e piastrine, lo abbiamo reimmesso con gli stessi globuli rossi ma plasma e piastrine del gruppo sanguigno ‘A’ del donatore”. Il pro- cedimento, conosciuto come plasmaferesi, consente di abbattere la barriera immunologica evitando il rigetto iperacuto dell’organo tra- piantato ed è stato effettuato tre volte sul piccolo paziente, anche in corso dell’intervento. “A tutt’oggi – ha proseguito il prof. Gerosa –, a circa una settimana dall’operazione, il piccolo non ha prodotto anti- corpi, è stubato, si alimenta regolarmente” ed è sottoposto ad un monitoraggio immunologico costante. Se entro un paio d’anni non sopraggiungeranno complicazioni, ha aggiunto il cardiochirurgo, il paziente rientrerà nel sistema normale di trapiantato. Il bimbo, ha spiegato la dott. Ornella Milanesi, coordinatrice pediatrica, era stato trasferito all’inizio dello scorso ottobre, a circa due mesi di vita, dall’ospedale “Gaslini” di Genova a quello di Padova con una diagno- si di tumore cardiaco. “Le sue condizioni erano estremamente criti- che”, ha proseguito la dottoressa, perché la massa tumorale, che occupava il ventricolo sinistro, era di notevoli dimensioni e non con- sentiva un intervento di tipo conservativo. “Si presentava un’emergen- za – ha sottolineato l’immunologo Emanuele Cozzi – perché il riceven- te necessitava di un trapianto salvavita”. Quando ormai il bambino aveva una aspettativa di vita inferiore ai sette giorni si è reso disponi- bile l’organo di una piccola lombarda nata 19 giorni prima. Ottenuta la disponibilità degli organi da trapiantare da parte dei genitori, infat- ti, si è attivata la rete di allocazione attraverso il Centro Nazionale Trapianti (CNT) ed il Centro Interregionale NITp (Nord Italian Transplant) così che, pur non esistendo un possibile ricevente compa- tibile per gruppo sanguigno su tutto il territorio nazionale, il CNT concordava di assegnare ugualmente il cuore all’Azienda ospedaliera di Padova. Al Centro trapianti di Padova hanno quindi deciso di appli- care, per la prima volta in Italia, la procedura di plasmaferesi, speri- mentata in America (60 casi tra Canada e Stati Uniti), Inghilterra e Germania (circa 10 rispettivamente), dove ha consentito di far scende- re dal 60% al 7% il tasso di mortalità di piccoli pazienti in attesa di trapianto.

50 geni sono la chiave per il successo dell’intervento Roma, 28 dicembre In un futuro ormai prossimo saranno i geni a svelarci, con un semplice prelievo di sangue, se un trapianto di fegato potrà avere un esito posi- tivo. A studiare il questa tematica è il gruppo di Antonio Faiella, responsabile dell’Unità di biologia molecolare del Centro di Bio- tecnologie dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. In una ricerca che sarà

170 2006 pubblicata a gennaio su ‘’, Faiella ha infatti dimo- strato come siano 50 i geni il cui ruolo risulta fondamentale per predi- re l’esito del trapianto. L’indagine, che getta le basi per una maggiore comprensione dei fenomeni molecolari alla base del rigetto di un orga- no, è promossa dal direttore scientifico del Centro, Fulvio Calise, finanziata dall’Alto Comitato per i Trapianti della Regione Campania e si è svolta in collaborazione con il gruppo dei professori Nitsch e Conti dell’Università Federico II e del CNR di Napoli. “Dal momento del prelievo dell’organo da cadavere a quello del suo impianto nel ricevente – ha spiegato Faiella – possono passare dalle 8 alle 12 ore, durante le quali l’organo subisce degli ‘shock’, a partire dalla tempera- tura fredda necessaria per il suo trasporto, unito al trauma da caldo, tipico dei primi istanti dopo l’impianto. Sono proprio questi i problemi che possono essere alla base dell’insuccesso”. I ricercatori hanno quin- di voluto osservare cosa accade ai geni dell’organo in queste fasi e, per questo, hanno studiato il comportamento di circa 30.000 geni in un modello umano di trapianto di fegato. Risultato: confrontando la ‘foto- grafia’ dei geni di campioni di fegato prelevati in momenti diversi (a ‘tempo zero’, durante il trasporto e poco prima del termine del tra- pianto), gli esperti hanno osservato che più di 800 geni cambiano volto, ovvero subiscono delle modificazioni entro 2 ore dall’operazio- ne. “Sicuramente la modificazione di questi geni – ha sottolineato Faiella – svolge un ruolo importante e abbiamo osservato come siano in particolare una cinquantina i geni con un ruolo centrale. Il nostro obiettivo è ora individuare il gruppo di geni che modificandosi più degli altri influenza l’esito del trapianto”. Sperimentazioni sono giàin corso sui maiali ed entro tre anni, ha affermato Faiella, “potrebbe iniziare la sperimentazione clinica sull’uomo”.

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Nasce Eurocet, il portale europeo sui trapianti Bruxelles, 7 febbraio Per i cittadini italiani ed europei sarà più facile ottenere le informa- zioni utili, capillari e dettagliate, per un trapianto di organi, di cellule o di tessuti. Sarà più veloce anche conoscere centri di eccellenza, collegarsi con le varie organizzazioni nazionali e con le istituzioni interessate. Attualmente nell’UE sono 57.585 i pazienti in attesa di un trapianto. In Italia, sono 9.000 quelli che attendono un nuovo organo, ma solo 300-400 sono iscritti per un trapianto all’estero. L’Europa può ora contare sul nuovo strumento d’informazione Eurocet, un portale europeo innovativo, risultato di un progetto comunitario coor- dinato dall’Italia e a cui partecipano anche Francia, Germania, Regno Unito, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Spagna, Slovenia e Slovacchia. Insomma, su Eurocet, che è anche la prima banca dati dedicata a tessuti e cellule, si potrà navigare online per scoprire, come in una mappa, le diverse realtà europee in materia di trapianti. Il portale è stato presentato a Bruxelles, nella sede del Parlamento europeo, dal direttore del Centro nazionali trapianti, Alessandro Nanni Costa, e dal parlamentare europeo Vittorio Prodi (Margherita) che ha fatto gli onori di casa. L’ambasciatore Rocco Cangelosi, rappresentante dell’Italia presso l’Unione europea, ha dato un saluto di benvenuto. Nanni Costa ha spiegato che, rispetto ad una tematica così delicata, con cittadini come donatori e cittadini come pazienti, esiste una chia- ra necessità di informazione. Bisogna creare, ha rilevato Nanni Costa, “una rete e una situazione di equità di accesso ai cittadini, non solo per gli organi, ma anche per tessuti e cellule. L’equità è collegata alla conoscenza e quindi all’informazione”. In Italia, ha ricordato lo scienziato, sono stati fatti passi avanti ma c’è ancora da fare. “Ogni anno ci sono 3.000 trapianti e 9.000 sono i pazienti in lista di attesa, mentre per le cellule e per i tessuti non abbiamo carenze”. Per Vittorio Prodi, il presentare l’iniziativa nella sede del Parlamento europeo “è un modo per affrontare un nostro dovere, quello di legife- rare nel campo della salute pubblica. Con questo progetto in partico- lare l’Italia ha fatto un grosso lavoro di coordinamento che va nel senso in cui si muove l’Europa”. Del resto ha ricordato Prodi: “Alla commissione ambiente del Parlamento europeo stiamo affrontando una nuova direttiva sulla terapia innovativa e una parte importante di queste terapie è proprio data dalla terapia cellulare”.

175 Primo grave errore in trapianto da sieropositiva Roma, 20 febbraio È stato “un errore umano”, “gravissimo” quanto “inevitabile”, accaduto “per la prima volta nei 40 anni di attività nel settore dei trapianti”. Il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa, commenta così il trapianto, avvenuto in tre pazienti nell’ospedale fioren- tino di Careggi di organi prelevati da una persona sieropositiva. L’errore, ha affermato Nanni Costa, “è avvenuto all’esterno delle procedure stan- dardizzate, che sono messe in atto anche in questo caso”. Sempre secon- do quanto prevede la procedura di sicurezza, ha proseguito il responsa- bile del CNT, prima del prelievo degli organi sono state eseguite le indagini strutturali (come radiografie ed ecografie) e gli esami di labora- torio, il cui obiettivo è verificare la sicurezza del prelievo. “Sono stati effettuati – ha aggiunto – anche gli esami del sangue, che avevano dato un esito positivo, alla luce del quale il prelievo non avrebbe dovuto esse- re eseguito”. Successivamente, ha detto ancora Nanni Costa, “si è veri- ficato un errore umano gravissimo, del quale la stessa struttura ospeda- liera si è immediatamente assunta la responsabilità”. Nel frattempo i tre pazienti che hanno ricevuto il trapianto “sono stati dichiarati ad alto rischio” e “sono stati già trattati”, ha aggiunto. La speranza adesso è di mantenere il controllo della malattia, qualora abbiano contratto l’infe- zione. Le cure immunosoppressive necessarie dopo ogni trapianto per abbassare le difese immunitarie ed evitare il rigetto sono compatibili con i farmaci antiretrovirali contro il virus HIV responsabile dell’AIDS. Lo dimostrano, ha osservato, i casi dei pazienti sieropositivi che hanno subi- to un trapianto. Le procedure di sicurezza, secondo Nanni Costa, reste- ranno le stesse, la cui validità è riconosciuta a livello internazionale. È stato “un errore talmente elementare – conclude il direttore del CNT –, gravissimo ma non prevedibile, così raro che si è manifestato una volta in 40 anni. Qualsiasi procedura in atto deve comprendere la trascrizione di qualcosa”.

Stesso rene danneggiato riproposto a paziente Firenze, 27 febbraio Un rene espiantato e giudicato non trapiantabile in un ospedale per- ché di cattiva qualità è stato nuovamente offerto, ma da un altro pre- sidio, alla stessa paziente. L’episodio è stato denunciato dal presidente del Forum Nazionale Associazioni Trapiantati, Giuseppe Canu, che ha annunciato l’invio di una lettera per chiedere un incontro urgente al ministro della Salute, Livia Turco, “per capire come una cosa del genere possa essersi verificata e per riuscire ad individuare dove stia l’errore”. La stessa lettera è stata inviata al responsabile nazionale dell’Organizzazione Trapianti, Alessandro Nanni Costa, ed ai respon- sabili delle organizzazioni delle due regioni coinvolte. La vicenda, di cui Canu dice di possedere la documentazione, ha per protagonista una paziente in dialisi, una donna di cinquant’anni che vive al Sud. All’inizio del gennaio scorso, la signora è stata chiamata dal centro trapianti di L’Aquila che segnalava la disponibilità di un rene. Quando la signora è arrivata nel capoluogo abruzzese l’organo era già risultato

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di “cattiva qualità “ e quindi non trapiantabile. La signora si è quindi rimessa in viaggio verso casa. Quando stava per arrivare è stata nuo- vamente chiamata, ma questa volta da Pisa, da dove le si comunicava la disponibilità di un rene proveniente da L’Aquila. Dalla richiesta di spiegazioni della signora sarebbe emerso che si trattava dello stesso rene che poche ore prima era stato giudicato non trapiantabile”.

Sì alla conservazione del cordone per uso personale Roma, 5 maggio Mai più viaggi all’estero dei cordoni ombelicali per conservare le cel- lule staminali dei propri figli. Il Ministro della Salute Livia Turco ha firmato ieri l’ordinanza di misure urgenti sulle cellule staminali da cordone ombelicale, affrontando per la prima volta la possibilità per le donne di conservare il proprio cordone dopo il parto per uso autologo (cioè per uso personale). Possibilità ad oggi ammessa solo in quei casi in cui il neonato sia malato o a rischio di contrarre patologie per le quali è già oggi provata l’utilità del trapianto. L’ordinanza preannun- cia un’iniziativa legislativa che disciplina il modo e le condizioni per questo tipo di conservazione e l’orientamento del Ministro della Salute, indicato nella stessa ordinanza, è quello di consentire questa possibilità limitatamente ad una quota del cordone, lasciando l’altra parte per fini solidaristici. Inoltre, per garantire un principio di equità, è intenzione del Ministro prevedere “a fronte del pagamento delle spese di conservazione per la parte riservata all’uso autologo” fasce di esenzione per reddito. Congelare il cordone ombelicale nelle banche di cellule all’estero costa oggi da 1.500 a 3.000 euro, più le spese di mantenimento annuo. E lo scorso anno, oltre 1.500 donne italiane hanno deciso di farlo, per garantire una chance in più ai propri figli in caso di malattia futura. Il trapianto di cellule staminali da sangue pla- centare (contenute appunto nel cordone) si è rivelato prezioso per la cura di diverse malattie quali leucemie, linfomi, talassemie e alcune gravi carenze del sistema immunitario. Attualmente, nell’ambito della donazione pubblica, è già praticata la raccolta del sangue da cordone per uso cosiddetto ‘dedicato’: il sangue è cioè conservato esclusivamen- te per quel bambino o per quella famiglia nella quale già esista una patologia o un alto rischio di avere altri figli affetti da malattie geneti- che. In questi casi infatti la cura con cellule staminali da cordone risulterebbe decisiva. Soprattutto tra i nomi noti e in alcune famiglie benestanti si è diffusa la pratica di conservare le staminali da cordone in banche all’estero, a proprie spese e previa autorizzazione del Ministero della Salute. La posizione contraria dell’Italia (già stabilita nel 2002 dall’allora ministro Girolamo Sirchia e reiterata con l’ordi- nanza del 2006 che scadrà, appunto, il prossimo 9 maggio) alle banche private per la conservazione del sangue cordonale per usi personali è anche motivata da un dato scientifico: si stima infatti che solo -1 perso na su 20.000, e soltanto nei primi 20 anni di vita, potrebbe mai aver bisogno del proprio cordone in caso di malattia, a fronte di costi enor- mi che tale pratica di conservazione richiederebbe. “Spiegheremo

177 anche questo alle coppie” ha commentato il ministro. Si cercherà anche di aumentare i punti di raccolta dei cordoni, oggi presenti solo nel 10% dei centri nascita, dove si raccolgono 20.000 cordoni l’anno. Nei primi tre mesi del 2007 si è registrata una riduzione di circa il 10% delle donazioni e del numero di trapianti, con una diminuzione nei trapianti di cuore fino al 20%, dovuta alla maggiore età dei donatori, ormai largamente superiore ai 50 anni. Niente a che vedere, ha assi- curato il direttore del centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, con “l’effetto Firenze”, cioè la temuta e non avvenuta riduzione dopo l’errore che ha portato a trapiantare tre organi da una sieroposi- tiva.

Primo doppio trapianto di polmone su sieropositivo Roma, 25 maggio È un primato mondiale italiano il doppio trapianto di polmone su un paziente sieropositivo al virus HIV, eseguito presso l’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (Ismett) di Palermo. L’intervento è avvenuto questa settimana e a pochissimi giorni dal trapianto il paziente sta mostrando “un recupero eccezionale”, si apprende dall’istituto. È ancora ricoverato in terapia intensiva, ma già respira autonomamente, si alimenta e sta riprenden- do la terapia antiretrovirale. Ci sono tutte le premesse per definire questo primato della medicina italiana un autentico successo che taglia definitivamente i ponti con un passato nel quale interventi diquesto tipo erano considerati senza futuro e che pone l’Italia in una posizione di leader per i trapianti sulle persone sieropositive. Un risultato che il Ministro della Salute, Livia Turco, ha definito “un innegabile successo della medicina italiana”. Tanto che l’Italia è, con la Spagna, capofila del progetto per il registro europeo dei trapianti nei pazienti sieroposi- tivi, che sta per essere presentato nell’ambito del settimo Programma quadro per la ricerca europea. A ricevere il doppio trapianto di polmo- ne è stato un uomo con insufficienza respiratoria terminale e infezione da HIV. Sulla sua identità (di lui si sa soltanto che è un adulto e che non è siciliano) c’è uno stretto riserbo per motivi di privacy. La funzio- ne respiratoria era così compromessa che soltanto il trapianto avrebbe potuto salvare il paziente, hanno osservato gli esperti. Dopo il via libe- ra all’intervento dal Comitato etico dell’Ismett e dal Centro Nazionale Trapianti, il trapianto è stato eseguito dal direttore scientifico dell’isti- tuto, Bruno Gridelli, Alessandro Bertani, Giuseppe D’Ancona e Antonio Arcadipane. Il risultato, ha osservato Gridelli, “conferma l’eccellente livello che la trapiantologia ha raggiunto nel nostro Paese grazie al lavoro in comune di tanti professionisti della salute”. Per il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa, “si tratta di un evento importante per il progresso del mondo dei trapian- ti”. L’intervento eseguito a Palermo rientra nel programma sperimen- tale avviato in Italia nel 2002 da CNT e Commissione Nazionale AIDS. Dall’avvio del programma in Italia sono stati eseguiti 52 tra- pianti, 48 dei quali di fegato, due di rene-pancreas e uno di rene. Una

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realtà molto diversa da quella del luglio 2001, quando il chirurgo Ignazio Marino eseguì all’Ismett il primo trapianto su un paziente sieropositivo. Quell’intervento aveva suscitato aspre polemiche e una lettera di censura da parte dell’allora ministero della Salute, Girolamo Sirchia. Adesso le cose sono cambiate. “Si è aperto un nuovo capitolo nella chirurgia italiana a beneficio dei pazienti e che cancella la- discri minazione fatta in passato per altri motivi, diversi da quelli scientifici”, ha osservato Marino, oggi presidente della Commissione Sanità del Senato. A livello internazionale, a dare il via libera ai trapianti sui pazienti sieropositivi era stata, nel 1992, la dimostrazione che i due principali farmaci immunosoppressivi (la ciclosporina e il tacrolimus) non complicavano la situazione dei pazienti immunodepressi a causa dell’AIDS. Un altro cambiamento importante è arrivato, nel 1995, con la nuova generazione di farmaci antiretrovirali, che ha permesso di aumentare sopravvivenza e attesa di vita dei pazienti.

Nanni Costa, sbagliato il reality sul rene Roma, 2 giugno Non è stata una provocazione positiva la trasmissione olandese di Endemol sulla donazione del rene. Anzi, secondo il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa “si è trattato di un reality scandalistico che non aiuta le donazioni”. Secondo l’esperto “la trasmis- sione ha messo di fronte in modo violento da una parte una persona malata di tumore e dall’altra potenziali riceventi che si contendevano l’organo. Una contrapposizione che è il contrario della cultura della donazione che deve essere sempre una scelta libera, civile e consapevole. Non mi sembra dunque che la rappresentazione della violenza sia il modo migliore per far aumentare le donazioni”. Il problema delle dona- zioni in Olanda, a differenza del nostro paese, ha spiegato Nanni Costa, è assai rilevante: dal 1999 da quando è stata fatta una campagna di promozione molto contestata c’è stato un crollo delle donazioni che si attesta a 10 su milione di abitanti, mentre in Italia siamo il secondo paese dopo la Spagna con 20,5 donazioni per milione di abitanti.

Studio italiano scopre come prevedere il rigetto Firenze, 8 giugno Si può prevedere il rigetto di un organo da trapiantare. Un progetto e due brevetti, sviluppati nell’azienda ospedaliero-universitaria di Careggi a Firenze, permettono di valutare prima del trapianto la pos- sibilità di rigetto e, quindi, di valutare il paziente più adatto a ricevere l’organo. La ricerca si chiama ‘Tresor’ ed è stata effettuata da un grup- po di lavoro dell’Università del capoluogo toscano e brevettata a livel- lo internazionale. Lo studio ha permesso di comprendere che l’analisi dei livelli di due chemochine nel sangue del potenziale ricevente per- mette di valutare la probabilità di rigetto dell’organo proveniente da donatore vivente o defunto. Diretta dal professor Mario Serio e finan- ziata dalla Regione Toscana per oltre sette milioni e mezzo di euro in tre anni, la ricerca ha riguardato più in generale gli 'antagonisti di

179 Ppary’, classe di farmaci antidiabetici orali che favorisce l’azione dell’insulina circolante. Questi farmaci presentano anche altri effetti: infiammatorio, immunosoppressivo, antitumorale e antisclerotico. “Il progetto Tresor – ha spiegato Serio – è uno studio complesso che dira- ma in 4 studi diversi la ricerca su un particolare farmaco, il rosiglita- zone. Il lavoro congiunto di alcuni centri toscani collegati in rete a Careggi e all’Istituto Mario Negri ha permesso di creare un’omogenea raccolta dati”. Le informazioni raccolte sono state confermate da uno studio congiunto tra le Università di Firenze e Bari e degli ospedali Careggi e Le Scotte di Siena. I maggiori successi della ricerca riguar- dano proprio il settore dei trapianti. “L’ospedale di Careggi – ha com- mentato Enrico Rossi, assessore alla salute della Regione Toscana – è finito sulle cronache internazionali per un episodio infausto, grave e doloroso come quello dei trapianti infetti da HIV. Oggi ci riscattiamo sullo stesso settore dei trapianti, sul quale puntiamo molto”.

Cala il trend dei ‘viaggi della speranza’ all’estero Roma, 4 luglio Niente più ‘viaggi della speranza’ all’estero per i pazienti italiani in attesa di un trapianto di organo. “Oggi – ha affermato il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, durante la presentazione della Campagna di sensibilizzazione per la donazione di organi – non si registra più l’accentuata mobilità del passato verso l’estero, dato che è infatti inferiore al 3%. Al contrario, è la nostra rete trapianti a rice- vere richieste da altri Paesi”. “Siamo tra i migliori e tra i più trasparen- ti quanto a risultati – ha aggiunto Nanni Costa – tanto che ogni centro trapianti vede i propri risultati pubblicati sul sito del Ministero della salute”. Quanto ai dati relativi al 2006, l’Italia ha registrato un nume- ro di donatori per milione di abitanti pari a 21,6 (in testa la Toscana, con 42,3 donatori per milione di abitanti; in coda Calabria e Puglia, rispettivamente con 7,5 e 7). Il totale dei pazienti trapiantati ha rag- giunto le 3.189 unità (+69% rispetto al 1996. Sono stati effettuati 1.665 trapianti di rene; 1.091 di fegato; 344 di cuore; 93 di polmone; 90 di pancreas; 4 di intestino e 1 multiviscerale). Nel 2006, per nume- ro di donatori per milione di abitanti, l’Italia si attesta al terzo posto in Europa, dopo la Spagna (con 33,8) e la Francia (23,2).

La tessera d’assenso alla donazione con la carta d’identità Roma, 21 luglio Meno donazioni di organi e meno trapianti in Italia nel 2007 rispetto allo scorso anno. Una battuta d’arresto, evidente sulla base degli ultimi dati del Centro nazionale trapianti (CNT), che impone contromosse immediate. La prima sarà il progetto ‘carta d’identità’, che vedrà impe- gnati i comuni. Al rinnovo del documento, ogni 5 anni, al cittadino sarà consegnata anche la tessera per l’assenso alla donazione. Il tutto per risvegliare, come sottolineato dallo stesso presidente del Consiglio Romano Prodi solo poche settimane fa, la generosità “un po’ affievolita” degli italiani. I numeri parlano chiaro. Nel 2007 si è registrato un calo di

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circa il 4-5% di donazioni e trapianti, passando da un totale di circa 3.200 interventi effettuati nel 2006 a poco più di 3.000. A calare, affer- ma il CNT, è anche il numero di donatori effettivi, mentre cresce l’op- posizione alla donazione (da parte del singolo con volontà precedente- mente espresse o da parte della famiglia). Resta invece pressoché stabile la situazione delle liste di attesa. Al 31 maggio 2007, i pazienti in attesa di un organo sono 9.478. Un quadro che il direttore del CNT,Alessandro Nanni Costa, ha definito “in chiaro scuro”. “Da un lato – ha spiegato Costa – c’è un aumento dei donatori segnalati, ovvero dei potenziali donatori segnalati dalle rianimazioni. Questo è positivo, ma dall’altro si registra anche un calo dei donatori effettivi e una crescita dell’opposizio- ne alla donazione degli organi”. La ragione? Molto dipende dal fatto, sottolinea l’esperto, che è in aumento l’età dei donatori: cresce, cioè, l’anzianità dei donatori, anche per effetto del generale invecchiamento della popolazione, con la conseguenza che in vari casi gli organi non risultano alla fine utilizzabili ai fini del trapianto. Ma se il fattore- anzia nità gioca un ruolo importante resta il fatto, come ha sottolineato Romano Prodi, che la generosità degli italiani “va risvegliata”.

USA, polemiche sulla proposta di vendere i reni Washington, 13 novembre Permettere ai cittadini americani di dare un rene a pagamento, ossia di venderlo, come alcune donne già fanno con i loro ovuli e alcuni uomini con il loro seme. La proposta senza precedenti, lanciata da un chirurgo pioniere dei trapianti, sta scuotendo le coscienze di specialisti, eticisti e malati. Dando vita ad un dibattito polemico in cui per ora i contrari stanno vincendo, ma le fila dei fautori stanno lievitando. L’idea ad Arthur Matas, 59 anni, canadese di origine ma specializza- tosi e diventato chirurgo di fama all’università del Minnesota è venuta di fronte a dati sconfortanti: le liste d’attesa per i pazienti in attesa di reni crescono smisuratamente. Allo stesso tempo i donatori non aumentano e solo lo scorso anno l’attesa ha ucciso quasi 4.500 malati, per i quali l’organo non è giunto in tempo. Nel 1988 c’erano meno di 14.000 candidati per un trapianto di rene, ora questo numero supera i 70.000 ma le donazioni, perlopiù da cadaveri, non tengono il passo. Ecco allora il provocatorio progetto di Matas illustrato in questi mesi in tutti i possibili circoli e consessi scientifici americani. “Ci sono buone ragioni per la vendita di reni – dice ha spiegato Matas –. Un sistema a pagamento incrementerebbe certo la disponibilità dell’organo, salve- rebbe vite, aumenterebbe la qualità dell’esistenza per i malati ad uno stadio finale”. Matas precisa però di essere favorevole a questo -possibi le nuovo sistema, in cui il governo Usa stabilirebbe il prezzo del rene e gli organi andrebbero ai malati più gravi in cima alla lista d’attesa, solo per i reni. Una persona può vivere con un solo rene, sottolinea il chi- rurgo. Per altri organi invece (polmoni) le complicazioni sono decisa- mente più gravi. Tutte le istituzioni che regolano i trapianti negli USA si sono sinora pronunciate contro la proposta, così come la Academy of science e il principale creatore dell’attuale sistema dei trapianti

181 americano: il professore di Harvard e chirurgo Francis Del Monico. “Iniziare a parlare di vendite e pagamenti per organi umani non solo va contro i valori fondamentali della nostra società ma porterebbe di certo allo sfruttamento degli individui più deboli – ha tuonato in più occasioni lo scienziato –. A vendere i reni sarebbero i più poveri”. Eppure, a cambiare lentamente idea in favore almeno di una prova verso un sistema in cui, sia pure sotto stretto controllo, gli individui potranno mettere in vendita i loro reni sono una serie di specialisti e personaggi del calibro di Arthur Caplan, docente di etica medica: “Ho iniziato a pensare che si potrebbe almeno fare un tentativo.”.

AIDS, donatore infetta quattro pazienti negli USA Washington, 14 novembre Negli Stati Uniti un donatore di organi ha infettato con il virus dell’AIDS quattro pazienti sottoposti a trapianto. Secondo i responsa- bili sanitari americani è il primo caso negli ultimi 13 anni. I trapianti in questione furono eseguiti in un ospedale di Chicago nel gennaio scorso, ma i pazienti hanno saputo di aver contratto la malattia solo nelle settimane scorse. Il direttore della divisione Trapianti degli University Chicago Hospitals, Michael Millis, ha riferito di essere stato informato del problema lo scorso primo novembre e di aver immedia- tamente avvisato i pazienti operati nell’istituto, affinché venissero sot- toposti a un test anti-AIDS. “Constatare che il test era positivo – ha commentato Millis – è stato tanto devastante per loro quanto, lo ammetto, per noi”. I test a cui erano stati sottoposti gli organi del donatore (HIV, epatite e altre possibili infezioni) avevano tutti dato esito negativo. Per questo si era proceduto regolarmente con i trapian- ti. A quasi un anno dall’operazione, invece, la scoperta. La notizia, ripresa con evidenza dai media americani, si accompagna peraltro al risultato di uno studio reso noto oggi ma condotto nelle settimane scorse in nove Paesi (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa): il 40% delle persone intervistate non sa, o non capisce, che l’AIDS continua ad essere una malattia mortale. La ricerca è stata condotta su un campione di 4.510 persone. La maggior parte degli intervistati (il 59%) è correttamente informata, ma ben il 40% di loro è convinto che l’AIDS sia ormai una patologia curabile sempre.

Rene, solo 10% di donazioni da vivente Milano, 14 novembre In Italia il trapianto di rene da donatore vivente, sebbene sia sicuro e senza conseguenze sulla qualità di vita del donatore, è praticato ancora troppo poco. Rappresenta infatti solo il 10% dei casi, mentre negli altri Paesi europei e in USA si è già al 30-50%. A ricordarlo sono Giovanni Civati e Cosimo Sansalone, dell’unità trapianti di rene e pancreas all’ospedale Niguarda di Milano, presidenti di un convegno sul tema apertosi oggi a Milano. “Il nostro vuole essere un tentativo di ridurre il gap tra domanda e offerta in caso di trapianto di rene – ha spiegato

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Civati –. Partendo da un donatore vivente imparentato al paziente, ma anche da un non consanguineo, la riuscita dell’intervento è in genere ottima e non intacca lo stato di salute né la qualità di vita del donatore. In questo settore si è fatto molto, ma sensibilizzando sulla possibilità del trapianto da donatore vivente si potrebbe fare ancora di più”. Secondo gli esperti, ogni anno su 7 mila pazienti in lista d’attesa per un trapianto di rene solo un quarto (circa 1.700) riceve un organo e può così tornare a una vita normale. Questo perché all’aumento del numero di pazienti non corrisponde un incremento del numero dei trapianti e l’attesa per ricevere un organo è lunga (più di 36 mesi nel 2007).

Arriva il rene artificiale indossabile Vicenza, 28 dicembre A distanza di un anno dalla notizia del primo paziente al mondo trat- tato all’ospedale di Vicenza con un sistema di dialisi indossabile (WAK = wearable artificial kidney), sono comparse ora le prime pubblicazio- ni degli studi completi sulle esperienze cliniche maturate a Vicenza e a Londra. Le riviste interessate sono The Lancet, Kidney International e Blood Purification. Queste analisi, sottolinea il prof. Claudio Ronco, direttore del Dipartimento di nefrologia, dialisi e trapianti del San Bortolo di Vicenza, dimostrano la possibilità, anche se per il momento in via sperimentale, di liberare i soggetti ammalati di reni dalla schia- vitù della macchina per dialisi e della seduta trisettimanale. Gli studi condotti all’ospedale berico e al Royal Free Hospital di Londra, sulla base dei prototipi creati dal prof. Victor Gura e dallo stesso prof. Ronco al Cedars Sinai Hospital di Los Angeles e al San Bortolo di Vicenza, aprono uno spiraglio verso l’evoluzione tecnologica di un rene artificiale portatile e un domani forse impiantabile. Oggi circa 40.000 pazienti vivono in dialisi in Italia. Essi devono recarsi all’ospe- dale tre volte la settimana per sottoporsi a sedute di circa 4 ore di lavaggio del sangue. Altri pazienti con grave scompenso di cuore devo- no sottoporsi a rimozione extracorporea dell’eccesso di fluidi accumu- lati per una disfunzione combinata di reni e cuore.

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Donatori sempre più vecchi, calano i cuori “giovani” Milano, 16 gennaio L’aspettativa di vita degli italiani, che è tra le più alte del mondo, condi- ziona il tipo di organi che vengono donati. Questo sia perché gli organi espiantati da anziani possono risentire di patologie legate all’età, sia perché essendo diminuiti gli espianti da giovani (anche grazie a un calo degli incidenti mortali), sono diminuiti di pari passo cuori e polmoni con meno anni alle spalle. Lo hanno affermato oggi alcuni esperti dell’Ospe- dale Niguarda di Milano, una delle eccellenze a livello nazionale per i trapianti d’organo, a margine di un convegno sul tema. “L’età media del donatore italiano è arrivata a circa 50 anni – spiega Maria Pia Moretti, coordinatore prelievi del Niguarda – e questo è legato al fatto che le morti di giovani dovute a traumi sono sempre meno, grazie anche alla tempestività del 118 e dei servizi di emergenza e urgenza. Quindi sono più frequenti donazioni da anziani, che però spesso hanno alcune pato- logie concomitanti, come ad esempio le vasculopatie”. E anche se la donazione in sé o il numero delle donazioni non vengono compromesse “è più difficile fare gli screening – aggiunge Moretti – e servono metodi più sofisticati per individuare i candidati all’espianto”. “Cambiando la popolazione che dona – continua Andrea De Gasperi, direttore di ane- stesia e rianimazione del Niguarda – cambiano anche gli organi donati: perché il cuore o il polmone di un donatore di 70 anni possono non essere adatti a un paziente giovane, mentre non è così ad esempio per il fegato e il rene”.

USA, tecnica anti – rigetto per il trapianto di reni Washington, 24 gennaio In quello che se confermato appare essere un passo avanti di portata molto significativa nel campo dei trapianti di rene, medici di Los Angeles hanno reso noto di aver messo a punto a livello sperimentale una tecni- ca innovativa che libererebbe la maggior parte dei pazienti per il resto della loro vita dall’obbligo di continuare ad assumere farmaci anti – rigetto. La tecnica anti – rigetto, anticipata dal New England Journal of Medicine, prevede che inizialmente venga indebolito il sistema immuni- tario del paziente che riceve l’organo. Successivamente gli vengono somministrare cellule tratte dal midollo osseo e dal sangue del donatore. La tecnica è stata eseguita su cinque pazienti. In quattro casi su cinque i riceventi non hanno più avuto bisogno di fare ricorso ai farmaci anti – rigetto nell’arco di cinque anni.

187 Roma, una “card” per la donazione degli organi Roma, 31 gennaio È partita la distribuzione, nei municipi di Roma, della tessera per dare il proprio assenso alla donazione degli organi. Il tesserino “Un dono per una Vita” verrà proposto a tutti i cittadini che richiederanno o rinnoveranno la carta d’identità. La “card” diviene così definitiva, dopo la fase sperimentale che nel corso del 2006 riguardò due muni- cipi romani e portò alla distribuzione di circa 10.000 tessere. Ora si stima di raggiungere oltre 400 mila romani. Quelli cioè che in un anno, mediamente, si rivolgono agli sportelli municipali per fare la carta d’identità. L’iniziativa, che verrà diffusa anche attraverso gli Uffici relazioni con il pubblico (Urp) e sostenuta da tutte le associazio- ni e gli enti attivi sul tema, dà seguito all’impegno preso dalla giunta comunale, con una memoria approvata nel 2006, sul tema e sulla col- laborazione con l’Agenzia regionale per i trapianti e le patologie con- nesse. Tutti romani riceveranno quindi con la carta di identità, una tessera ed un depliant che, oltre a spiegare come funziona la donazio- ne degli organi, riporta i recapiti di tutte le associazioni impegnate nella donazione. La tessera si compila molto semplicemente barrando la casella “Sì” ed inserendo i propri dai anagrafici. Può poi essere- con servata nel portafoglio assieme al documento d’identità. Nel corso del 2007 nella Regione Lazio, secondo dati dall’Assessorato Regionale alla Sanità, si è registrato un incremento del 20% nell’attività dei trapianti. Il Lazio si è così confermato fra le prime dieci regioni d’Italia per numero di trapianti. Nel periodo gennaio – ottobre 2007 nel Lazio complessivamente si sono effettuati 239 trapianti d’organo, prevalen- temente di rene (118) e di fegato (87); 24 sono invece stati i trapianti di cuore e 10 quelli di polmone.

1.587 trapianti di rene nel 2007 Roma, 13 febbraio Sono stati 1.587 i trapianti di rene effettuati in Italia nel 2007. Un tipo di intervento, sottolinea il direttore del Centro nazionale trapianti (CNT) Alessandro Nanni Costa, per il quale “le percentuali di succes- so sono ottime, tanto che la sopravvivenza a tre anni è di oltre il 90%, superiore anche a quella registrata in altri Paesi europei”. La maggior parte dei trapianti di rene avviene con organo da cadavere, mentre i trapianti di rene da individuo vivente sono circa un centinaio l’anno. Nel 2007, sulla base dei dati del CNT, sono stati eseguiti 1.587 trapian- ti di rene, 912 di fegato, 323 di cuore e 111 di polmone. Nota dolente restano le liste di attesa. I pazienti in lista al 31 maggio 2007 sono infatti 9.478 (con un tempo medio di attesa di 2 – 3 anni): 6.648 in attesa di un rene, 1.675 di un fegato, 781 di un cuore, 237 per il pan- creas e 317 per il polmone.

Italia al primo posto in Europa per la donazione di tessuti Roma, 13 marzo L’Italia è il Paese che detiene in Europa il primato per la donazione di tessuti. Nel 2007 sono stati effettuati 78 trapianti di cellule staminali

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emopoietiche per milioni di abitanti, pari a 4.500 in totale. Lo ha riferito il direttore del Centro italiano trapianti, Alessandro Nanni Costa, questa mattina al Ministero della Salute. In particolare tra i tessuti che vengono donati vi sono la cornea, la cute, le ossa, i vasi, le valvole e le membrane amniotiche. “Nel nostro Paese – ha aggiunto – abbiamo avuto nel 2007 12.700 donatori di tessuti, il che ci pone al primo posto in Europa. Abbiamo anche una delle migliori reti di banche dei tessuti”.

Cuore e fegato da neonato, prelievo da record Torino, 9 aprile Neonata la donatrice e neonato uno dei due riceventi. Il doppio tra- pianto di organi che è stato eseguito la scorsa notte a Torino ha qual- cosa di eccezionale per l’età che accomuna due dei tre protagonisti: entrambi hanno pochissimi giorni. Lo sottolinea Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti (CNT). Per quaranta giorni, nella rianimazione del dipartimento materno-infantile dell’ospe- dale Maria Vittoria, una mamma ha vegliato la sua bambina, nata in ipossia cerebrale a causa da un’infezione del liquido amniotico. Un’agonia senza speranza, che ieri si è conclusa. Quando i medici le hanno comunicato la morte della piccola, la donna ha dato l’assenso al prelievo degli organi. Il cuore e il fegato non avevano subito danni e sono stati espiantati. Ad attendere i due organi, all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, c’erano altrettanti bambini con la vita appesa a un filo: un neonato sardo di una settimana appena, affetto da una grave malformazione cardiaca già accertata durante il periodo di gestazione, e una piccola di un anno e mezzo di Milano, ricoverata in condizioni drammatiche per un’atresia alle vie biliari. La macchina dei trapianti si è subito messa in moto. Il piccolo cardiopatico è stato ope- rato dall’equipe di Piero Abbruzzese nelle stesse ore in cui la bimba veniva sottoposta a intervento chirurgico al centro trapianti di fegato dell’ospedale Molinette, diretto da Mauro Salizzoni. Entrambe le ope- razioni, durate sei ore, sono tecnicamente riuscite. Per il neonato ora sussistono alcune preoccupazioni: il suo nuovo muscolo cardiaco, infatti, deve essere aiutato da una specie di cuore artificiale. “È uno dei pazienti più piccoli trapiantati di cuore in Italia”, ha affermato il pro- fessor Abbruzzese. Per la bambina trapiantata di fegato, invece, “il decorso post – operatorio è del tutto regolare”, ha confermato il pro- fessor Salizzoni. “Sono rarissimi i casi di donatori neonati – ha soste- nuto Antonio Amoroso, direttore del Centro trapianti del Piemonte –. Nella nostra regione, ad esempio, non se ne ha più di uno ogni tre o quattro anni”. “Il fatto da record è il doppio prelievo di organi da un neonato di poche settimane”, ha sottolineato Costa. Un risultato che “dimostra l’assoluta qualità della trapiantologia in Italia”.

In Italia oltre 1 milione di donatori grazie ad AIDO Firenze, 7 giugno Una grande “Banca del dono”. È il risultato del collegamento tra il Sit, Sistema informativo trapianti e il Sia, Sistema informatico dell’Aido.

189 Attraverso la rete tutti potranno valutare, in tempo reale, il numero esatto dei potenziali donatori, in ogni parte d’Italia, suddivisi per sesso, età e professione. Oltre agli 87 mila donatori iscritti nel Sit, ossia quan- ti hanno manifestato la propria disponibilità alle Asl di competenza, la rete si arricchisce di 1.119.760 potenziali donatori soci dell’Aido. L’iniziativa è stata presentata nel corso della XII Assemblea nazionale ordinaria dell’Associazione donatori di organi in corso a Firenze. Il presidente Vincenzo Passerelli ha consegnato al direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa un grande ‘assegno’ con impressa la cifra “1.100.000 potenziali donatori”. In realtà quanti sono disposti a donare gli organi potrebbero essere molti di più: la legge prevede che ogni cittadino possa esprimere la propria volontà anche compilando il così affermato “tesserino blu”, inviato alcuni anni fa dal Ministero della Salute, conservandolo tra i propri documenti o anche con una semplice dichiarazione scritta. La ‘Banca del dono’ o ‘Sia – Sit’, di cui non esistono eguali in Europa, consente però di avere un quadro più esatto dei potenziali donatori e garantisce una più pun- tuale ricerca in caso di necessità. L’Assemblea dell’Aido, che si conclu- derà domani, è stata anche l’occasione per fare il punto sulle donazio- ni e sui trapianti in Italia dove, negli ultimi tempi, c’era stato un po’ di allarme per il calo delle donazioni: gli ultimi 3 mesi del 2007 e i primi tre del 2008 “non indicano un aumento dell’attività – ha aggiunto Passerelli – mentre le liste di attesa crescono. I pazienti in attesa di un organo sono 9.682”.

Germania, primo trapianto al mondo di due braccia Berlino, 29 luglio Il primo trapianto al mondo di due braccia complete è stato effettuato con successo lo scorso fine settimana in un ospedale di Monaco di Baviera. Lo ha riferito la clinica bavarese. Il paziente, un contadino di 54 anni che sei anni fa aveva perso entrambi gli arti superiori in un incidente con una macchina agricola, è rimasto in sala operatoria all’ospedale ‘Klinikum rechts der Isar’ per oltre 15 ore, tra venerdì e sabato della scorsa settimana. Secondo quanto riferiscono i medici si trova ora in buone condizioni. Al complicato trapianto, in preparazio- ne da anni, hanno partecipato oltre una trentina di specialisti sotto la guida del chirurgo plastico Edgar Biemer (65 anni) e del suo ex allievo Christoph Hoehnke. “Tutto è filato in maniera ottimale: abbiamo iniziato una nuova era in Germania – ha affermato il dottor Hoehnke – . Gli arti trapiantati al paziente erano quelli di un anonimo donatore deceduto, i cui parenti hanno dato un esplicito consenso all’operazio- ne. Ora dovranno passare oltre due anni prima che il contadino 54enne riesca a muovere le dita delle sue nuove mani, fino a quando non saranno ricresciute le cellule all’interno dei cinque nervi principa- li che i medici hanno ricollegato tra la spalla del beneficiario e le brac- cia del donatore. “Il problema più grosso sono le possibili reazioni di rigetto, che negli arti sono maggiori di qualsiasi altro trapianto di orga- ni – ha concluso il dottor Biemer –. Il nostro paziente non potrà mai

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suonare il pianoforte, ma sicuramente vivrà molto meglio che con le precedenti protesi”. Mentre trapianti di cuore, reni e polmoni sono oggi quasi operazioni di routine, il trapianto di estremità come mani e braccia è più complicato perché il sistema immunitario della pelle reagisce in maniera aggressiva e il paziente deve prendere, in questo caso per tutta la vita, forti medicine per reprimerlo. Possibili rischi sono rappresentati, oltre che da eventuali infezioni, anche da patologie tumorali.

In Italia il primo rene da vivente incompatibile Roma, 21 agosto Un altro record italiano: dopo il trapianto multiplo (rene, cuore e fegato) in sequenza, effettuato all’ospedale S. Orsola di Bologna, oggi viene annunciato a Parma un trapianto di rene da vivente tra persone non compatibili per gruppo sanguigno. L’intervento è avvenuto grazie ad una tecnica immunologica che riduce gli anticorpi in grado di innescare il fenomeno del rigetto. L’uomo che ha ricevuto il rene dalla moglie è in buone condizioni, ha affermato Umberto Maggiore, nefrologo dell’ospe- dale che ha seguito l’intervento. “L’incompatibilità del tipo AB0 – ha spiegato il medico – è una delle classiche barriere che si hanno di fronte quando si programma un trapianto da donatore vivente. Il trapianto di rene in un soggetto AB0 incompatibile comporta, infatti, l’immediata aggressione da parte degli anticorpi del ricevente nei confronti dell’or- gano trapiantato, con conseguente rigetto e perdita irreversibile della funzionalità dell’organo. Maggiore è la quantità degli anticorpi presenti nel gruppo sanguigno del ricevente, più grave è il rigetto”. In questo caso la donatrice era di gruppo A – 1 mentre il ricevente di gruppo 0; inoltre la quantità di anticorpi contro gli antigeni anti A era particolarmente elevata. La tecnica utilizzata dagli immunoematologi dell’ospedale di Parma ha seguito un metodo messo a punto in Svezia, chiamato aferesi, che consiste nel preparare il ricevente alcune settimane prima del tra- pianto riducendo ad un livello molto basso gli anticorpi che provocano il rigetto iperacuto da gruppo sanguigno; nello stesso tempo sono state somministrate terapie immunosoppressive specifiche. “Il metodo – ha spiegato Maggiore – può aumentare del 20-30% il pool di donatori”. I vantaggi della tecnica, hanno spiegato gli esperti, risultano particolar- mente rilevanti a causa della ridotta disponibilità di donatori cadavere. Inoltre i tempi di attesa per il trapianto da cadavere si sono infatti pro- gressivamente allungati sino a superare i tre anni di media.

Sono 9.700 le persone in lista d’attesa Roma, 10 agosto In lista di attesa per un trapianto d’organo ci sono attualmente in Italia circa 9.700 pazienti. Più ridotti i numeri per le liste di attesa pediatri- che: i bambini in attesa, ad esempio, di un trapianto di fegato sono al momento circa 15, ed il tempo medio per l’intervento è di tre mesi. Nel 2007, sulla base dei dati del Centro nazionale trapianti, sono stati eseguiti complessivamente 1.587 trapianti di rene, 912 di fegato, 323

191 di cuore e 111 di polmone. Il tempo medio di attesa è di 2-3 anni: circa 6.700 pazienti sono in attesa di un rene, 1.675 di un fegato, 781 di un cuore, 237 per il pancreas e 317 per il polmone. Il tempo medio di attesa più alto è quello per i trapianti di rene (3,03 anni) e quello più basso per il fegato (1,84 anni).

Primo trapianto di rene da donatore “a cuore fermo” Milano, 23 settembre Una nuova speranza per i pazienti in attesa di trapianto di rene potrebbe arrivare dal Policlinico San Matteo di Pavia, dove l’11 set- tembre scorso l’organo è stato prelevato, per la prima volta in Italia,

da un donatore “a cuore fermo”, cioè deceduto per arresto cardiaco. 6 A darne notizia oggi sono gli stessi medici del Policlinico. Il rene pre- levato con questa nuova e complessa procedura è stato trapiantato in un uomo di 57 anni in dialisi da oltre tre anni, che è attualmente rico- verato presso l’Unità di nefrologia, dialisi e trapianti del San Matteo in buone condizioni generali. “Fino a ieri – spiega Paolo Geraci, respon- sabile del Centro di coordinamento donazioni e trapianti del San Matteo – quando si fermava un cuore, in presenza di volontà di assen- so da parte dell’individuo, venivano generalmente prelevati cornee e tessuti ma nessun organo. Con il nuovo metodo, invece, è possibile espiantare anche organi, grazie a una serie di procedure che riducono al minimo gli effetti dell’ischemia dovuta all’arresto del cuore”. Il pre- lievo “a cuore fermo”, secondo i medici pavesi, potrebbe venire in aiuto dei numerosi pazienti in lista di attesa per il trapianto. Lo sostie- ne anche il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa, che ricorda come la nuova procedura sia in grado di generare un incremento degli organi disponibili fino a 150-200 unità, eun aumento dell’attività di trapianto fino al 3-5% del totale.

OMS, il 10% dei reni proviene da traffico illegale Roma, 6 novembre Il 10% dei trapianti di rene effettuati nel 2005 nel mondo, secondo gli ultimi dati disponibili, è frutto di un traffico illegale di organi. Il dato è stato ricordato oggi dall’esperto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Luc Noel che, intervenendo al congresso internazionale sulla donazione in corso a Roma, ha parlato di una “forte preoccupa- zione a livello globale” per il fenomeno del traffico illegale d’organi. “Questo, e il relativo fenomeno del cosiddetto ‘turismo del trapianto’ – ha affermato Noel – instaura un pericoloso meccanismo di iniquità nell’accesso agli organi da trapianto, in un contesto di generalizzata carenza di organi”. La situazione, ha sottolineato l’esperto, desta “pre- occupazione”, anche se qualche segnale positivo si sta registrando: “Il fenomeno – ha rilevato Noel – sta infatti iniziando a decrescere dal momento che Paesi direttamente coinvolti, dalla Cina al Pakistan, hanno cominciato ad adottare maggiori misure di controllo”. Il pro- blema del traffico illecito d’organi, affermano gli esperti al congresso, non coinvolge comunque direttamente l’Italia. Tuttavia, ha affermato

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il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, “la nostra attenzione è mas- sima. Da questo punto di vista – ha sottolineato – i presidi in Italia sono altissimi, ma bisogna fare di più a livello globale e vogliamo atti- varci sul piano internazionale per un maggiore impegno della comu- nità globale”.

Ue, decalogo per facilitare i trapianti Bruxelles, 29 novembre Facilitare la donazione di organi e i trapianti, salvando vite umane: è questo l’obiettivo di una proposta di direttiva che la Commissione Ue presenterà mercoledì prossimo. Il piano di Bruxelles, per aumentare il coordinamento in un settore che resta di competenza degli Stati mem- bri, si articola su dieci nuove regole che vogliono garantire standard europei di qualità e sicurezza in tutte le tappe del trapianto. Ad oggi,

7 almeno 40 mila pazienti sono in lista d’attesa in Europa. Il tasso di mortalità tra quelli che attendono il trapianto di un cuore, di un fega- to o di un polmone si colloca tra il 15 e il 30%. Le differenze nei diversi Stati membri sul tasso di trapianti o di donatori sono molto rilevanti: si passa da uno 0,5 di donatori per milione di abitanti della Romania al 34,4 della Spagna. La nuova legislazione europea punta a consentire l’attuazione di una serie di misure ispettive e di controllo, nonché un meccanismo in grado di permettere alle equipe incaricate di stabilire una valutazione appropriata dei rischi. Secondo un’indagi- ne di Eurobarometro, il 56% dei cittadini europei (il 45% in Italia) è pronto a donare uno degli organi dopo la morte, ma al momento non più del 12% degli europei (13% di italiani) è in possesso di una carta che testimonia la volontà del possessore di donare gli organi dopo la morte.

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OMS: un rene trapiantato su 10 è ‘illegale’ Roma, 30 gennaio Asia e Sud America. È qui, affermano gli esperti, che il fenomeno del traffico illegale di organi raggiunge i livelli più preoccupanti. Conun dato complessivo, conferma l’Organizzazione mondiale della sanità, allarmante: si stima che almeno il 10% di tutti i trapianti di rene a livello mondiale sia stato frutto di un traffico illegale. Un fenomeno che negli ultimi anni sta però anche cambiando volto. Il traffico di organi, infatti, oggi segue anche un’altra via: quella della Rete. Una allarman- te e nuova ‘carta geografica’ del traffico d’organi si sta delineando dopo il giro di vite da parte delle autorità di Paesi tradizionalmente colpiti dal fenomeno, come l’India. La Colombia è, ad esempio, una delle nuove mete emergenti per quanto riguarda il turismo d’organi e la possibilità di traffico illegale per organi da trapianto, in particolare il rene. Si registra infatti un ‘boom’ di annunci su internet di cliniche colombiane per disponibilità di reni da trapiantare. La denuncia arriva dal direttore del Centro nazionale trapianti spagnolo, Rafael Matesanz. Le traiettorie del fenomeno, secondo l’analisi dell’esperto, si sono spo- state verso nuovi Stati come Colombia, Pakistan e Filippine. Non sono disponibili cifre esatte ma “certamente – ha affermato recentemente Matesanz – un numero significativo di europei si reca in queste Nazioni per trapianti illegali”. Oltre alla Colombia, anche in India la compravendita di organi viaggia sempre di più via internet. Secondo dati recenti, sfruttando le comunità virtuali di incontro, molto popola- ri in India e tra gli indiani all’estero, migliaia di persone alimentano il traffico di organi. In Orkut è stato calcolato che sono almeno 35le comunità nelle quali cercare e vendere soprattutto un rene. I gestori del sito hanno affermato di aver cambiato le regole e cancellato quelle microcomunità dove esplicitamente si poteva verificare la vendita di organi, che però continua sottobanco.

Italia prima al mondo per trapianti di cellule emopoietiche Roma, 18 marzo L’Italia è il primo Paese al mondo per trapianti di cellule emopoietiche per milione di abitanti. A dicembre 2008, sono 17.503 le unità pronte per l’offerta e disponibili a livello internazionale, riunite e coordinate nella vetrina di Genova, il registro unico italiano. L’obiettivo è di rag- giungere 80.000/90.000 unità di cordoni ombelicali conservati, dai quali sono prelevate le cellule staminali del sangue per trapianto, aven-

197 do una disponibilità sia quantitativa che qualitativa. Nel 2008 sono stati rilasciati 141 cordoni (103 nel 2007), 47 in Italia e 94 all’estero. In totale sono 870 i cordoni rilasciati alla data del 31 dicembre 2008. A snocciolare i dati relativi ai trapianti di cellule staminali del sangue da cordone ombelicale è Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, nel corso della presentazione del dossier su un uso appropriato del ministero del Welfare, oggi a Roma. Anche Nanni Costa è a favore della donazione allogenica (da donatore esterno): “Conservare per se stessi non serve e l’idea non ha alcun tipo di riscon- tro scientifico, la conservazione per gli altri è una scelta etica”. La partecipazione al sistema dell’Italia è di “eccellenza”: 370.000 donato- ri volontari adulti di staminali, 1.374 trapianti da cellule staminali emopoietiche di adulti, 642 le donazioni allogeniche. Nel nostro Paese sono presenti 18 banche per la conservazione dei cordoni da riorganiz- zare e aumentare per raggiungere zone dove non sono presenti centri di questo tipo come, per esempio, la Sardegna.

Record in Francia, viso e mani nuovi Parigi, 6 aprile Per la prima volta al mondo è stato realizzato in Francia, all’ospedale Henri Mondor di Creteil, vicino Parigi, un trapianto di mani e di fac- cia su un uomo di 30 anni gravemente ustionato. L’intervento, durato 30 ore tra sabato e domenica, ha mobilitato una quarantina di specia- listi. Dapprima sono state trapiantate le mani, al di sopra dei polsi, poi tutta la parte alta del viso, cuoio capelluto, naso, orecchie, fronte e, per la prima volta, le palpebre. Mani e viso appartengono ad un solo dona- tore. A realizzare l’operazione gli staff del professore Laurent Lantieri per il viso e del professor Jean-Paul Meningaud per le mani, due esper- ti nelle loro rispettive specializzazioni. “È un successo, lo stato genera- le del paziente è buono”, ha precisato il dottor Lantieri durante la conferenza stampa che si è tenuta oggi a Parigi. Il paziente, ha spiega- to Lantieri, era rimasto vittima di gravi ustioni “che gli impedivano di avere una vita sociale”. Ora si trova in “fase di rianimazione post- chirugica che durerà almeno quindici giorni”. Si tratta del quarto trapianto di faccia che viene effettuato in Francia, il sesto nel mondo. È invece la prima volta che vengono trapiantati contemporaneamente il viso e un’altra parte del corpo, in questo caso le mani. Appena dieci giorni fa lo stesso Lantieri aveva operato un giovane di 28 anni sfigu- rato da un colpo di fucile. Nel 2007 era intervenuto per ridare un volto ad un giovane di 27 anni affetto della malattia di Von Recklinghausen, una patologia incurabile che deforma il viso, la stessa di cui soffriva il protagonista del film Elephant Man. Il primo trapianto di faccia in Francia era stato realizzato ad Amiens nel novembre del 2005 su una donna di 38 anni, Isabelle Dinoire, sfigurata dal suo cane.

Secondo trapianto di faccia negli USA Washington, 10 aprile L’equipe medica guidata dal chirurgo plastico Bohdan Pomahac ha

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portato a termine a Boston il secondo trapianto di faccia mai tentato in America. Il team ha eseguito l’intervento nei confronti di un pazien- te maschio che aveva subito gravi lesioni al volto in seguito a una caduta. All’uomo, di cui non è stata resa nota l’identità, sono stati trapiantati il naso, il palato, il labbro superiore, i muscoli e i nervi fac- ciali di un donatore. L’operazione è durata 17 ore ed è stata eseguita al Brigham and Women’s Hospital di Boston, un ospedale affiliato all’Università di Harvard. Si tratta del secondo trapianto facciale mai eseguito negli Stati Uniti. Il primo era stato portato a termine nei con- fronti di una donna nel dicembre scorso in una clinica di Cleveland, in Ohio. Il primo trapianto di faccia al mondo era stato effettuato in Francia nel 2005 nei confronti di una donna rimasta sfigurata dopo essere stata aggredita da un cane. Successivamente, sempre in Francia, sono stati eseguiti altri due interventi di questo tipo.

Tanti donatori, ma sempre più anziani Roma, 9 maggio A dieci anni dalla legge che ha istituito in Italia il Centro nazionale trapianti (CNT) aumenta il numero degli interventi, ma diminuiscono le donazioni. L’età media di 53 anni per chi decide di donare e la maggiore severità dei controlli sono le principali cause di questa ridu- zione. Ma in aumento è anche il numero di chi si oppone all’espianto degli organi. Dal 1994 il numero dei trapianti in Italia è passato da 1.498 agli oltre 3.300 stimati per il 2009. Anche se nel 2008 il numero di operazioni non ha superato quota 3.000, il trend è positivo. A dispetto, però, di un incremento tra i potenziali donatori, non aumen- tano le donazioni effettive. Secondo quanto riferito dal direttore del Centro, Alessandro Nanni Costa, “il problema dipenderebbe dal fatto che i donatori sono sempre più anziani, che c’è una minore qualità degli organi ed una maggiore severità nei protocolli di sicurezza”. Inoltre, ha riferito Nanni Costa, “all’incremento dei donatori segnala- ti si è accompagnato un aumento delle opposizioni che ha fatto dimi- nuire il numero degli espianti”. Per indagare i motivi del no alla dona- zione, il CNT ha avviato uno studio basato su questionari per indaga- re casa succede nel momento del consenso alla donazione. “I risultati – ha dichiarato Nanni Costa – ci serviranno sia per preparare una campagna di informazione più mirata che per migliorare alcuni aspet- ti sulle modalità del colloquio”. Non riescono invece proprio ad affer- marsi, in Italia, i trapianti da vivente. A 40 anni dalla legge che ha consentito di ‘disporre a titolo gratuito del rene al fine del trapianto tra persone viventi’, i trapianti di rene sono stati, nel 2008, solo 124 su 469 totali, uno su quattro contro la sostanziale parità che si registra negli Stati Uniti.

Partorisce il terzo figlio dopo il trapianto Torino, 22 maggio È la prima donna in Europa a diventare mamma per la terza volta dopo un trapianto al fegato. Ieri all’ospedale Sant’Anna di Torino

199 Stefania Garau, 37 anni, ha dato alla luce la piccola Karmen, dopo una gravidanza senza problemi. Un evento ancor più eccezionale se si pensa che dal 1978 al 2008, in tutto il mondo, le gravidanze di donne trapiantate al fegato sono state appena 285. Le donne che hanno subi- to un trapianto, inoltre, rischiano 35 volte in più delle altre una gravi- danza prematura e 4 volte in più che il neonato sia sottopeso. La pic- cola Karmen, invece, terzogenita dopo Sabrina, 14 anni, e Mattia, 3, è sana e pesa 2,5 kg. “Sono una donna fortunata – ha commentato Stefania che nel 1988, a 15 anni, è stata una delle prime torinesi a ricevere un fegato nuovo per guarire dalla rara patologia epatica che la affliggeva dalla nascita, la sindrome di Byler –. I miei figli- rappre sentano un messaggio di speranza per tutte quelle che, come me, con il trapianto hanno ricevuto una nuova vita”. L’eccezionale evento è avvenuto nella Clinica Universitaria diretta da Chiara Benedetto.

300 decessi ogni anno per la lunga attesa Roma, 18 settembre Su 9.000 pazienti in lista d’attesa solo poco più di 3.000 ogni anno ricevono il trapianto di cui hanno bisogno e 300 muoiono aspettando. “Uno squilibrio che bisogna assolutamente colmare”, ha affermato Daniela Storani del Centro nazionale trapianti (CNT), intervenuta alla presentazione di “Il trapianto moltiplica la vita”, un libro del pro- fessor Franco Filipponi, direttore del Dipartimento di Trapiantologia epatica, epatologia, infettivologia dell’Azienda ospedaliera universita- ria Pisana. Nel volume si cerca di spiegare la complessa macchina del processo trapiantologico. Partendo dal problema numero uno: le liste d’attesa. I tempi medi per un rene sono tre anni. “Nonostante l’au- mento delle donazioni, che sono triplicate dagli inizi degli anni ’90, l’attesa è ancora troppo lunga per chi necessita un trapianto”, ha spie- gato Filipponi. “E la responsabilità sociale va supportata non solo attraverso un sistema sanitario che assicuri i risultati ma anche con la diffusione di un’informazione trasparente per chiarire, ad esempio, le modalità di accertamento della morte cerebrale”. Sarebbe infatti que- sta mancanza di informazione, insieme all’opposizione dei parenti, la causa della carenza di donatori. “A questo si aggiunge anche una sfi- ducia nel sistema sanitario – ha aggiunto Anna Maria Bernasconi, presidente dell’Associazione nazionale dializzati e trapiantati (Aned) – e un’individualità strisciante, un arroccamento su se stessi”. “Esiste poi una mancanza di omogeneizzazione dei percorsi assistenziali – ha evidenziato Vincenzo Passarelli, direttore del Centro nazionale tra- pianti (CNT) –. L’attesa uccide ogni anno 300 persone circa ma alcune regioni sono più virtuose di altre (in Toscana ci sono 37 donatori ogni milione di abitanti, in Lombardia 18). Manca una politica nazionale sui trapianti e il primo correttivo è quello di permettere la mobilità nel paese”. E poi bisognerebbe facilitare il consenso alla donazione, ha aggiunto Passarelli: “I modi ci sono: presso la propria azienda sanita- ria, attraverso la sottoscrizione del tesserino azzurro che è stato conse- gnato nel 2001 o con le associazioni dei pazienti e, grande novità,

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tramite l’anagrafe nei comuni. O ancora, più semplicemente, con una dichiarazione volontaria da tenere sempre nel portafoglio”.

Germania, seni ottenuti da pelle suina Berlino, 12 novembre Sei donne operate recentemente in Germania per un tumore al petto, con asportazione del seno, hanno ricevuto del tessuto cutaneo di maia- le come base per la ricostruzione e l’impianto di protesi al silicone. Lo hanno reso noto oggi a Monaco di Baviera ricercatori della clinica di medicina femminile e neonatalità del policlinico universitario. Per la prima volta in Europa i medici tedeschi hanno rinunciato al metodo consueto, cioè al trapianto di pelle e tessuto adiposo prelevato alle pazienti in altri punti del corpo, soprattutto dallo stomaco, dal sedere o dalla schiena, in quanto questa tecnica lascia cicatrici molto marcate. Il nuovo sistema invece fa uso di materiale sottocutaneo di maiale, al quale in laboratorio sono state tolte tutte le cellule suine. Rimane così una struttura sterile, ma completa di vasi sanguigni, che viene impian- tata al momento stesso dell’asportazione del seno e fa da base per la rigenerazione e la ricostruzione di tessuto del petto, in grado poi di sostenere la protesi artificiale. Finora con questo metodo, denominato ‘Strattice Reconstructive Tissue Matrix’ non si sono verificati fenome- ni di rigetto in nessuna delle sei donne operate. I medici tedeschi rico- noscono che la sperimentazione è solo all’inizio, ma anche in America si sta lavorando in questa direzione e per ora i sistemi sanitari in Germania hanno accettato di finanziare questi interventi.

Anlaids, rischio discriminazione per sieropositivi Roma, 17 novembre Pazienti sieropositivi e malati di AIDS discriminati nell’accesso ai tra- pianti. Il rischio viene denunciato dall’Anlaids, durante la conferenza stampa di presentazione del XIII congresso dell’associazione, da domani a Venezia. “Il trapianto per le persone HIV positive spesso viene preso in considerazione troppo tardi”, ha affermato l’oncologo Umberto Tirelli, uno dei due presidenti del Congresso. Chi soffre di cirrosi epatica ed è per questo candidato al trapianto di fegato “incon- tra difficoltà, perché esistono pochi centri disponibili per i trapianti a sieropositivi – ha denunciato Tirelli –, ma anche per altre ragioni e spesso muoiono quando invece potevano essere trapiantati”. Stesso discorso per i trapianti di midollo. “Molte ematologie sono congestio- nate e i pazienti affetti da linfoma con HIV non vengono valutati”. “Le discriminazioni sono presenti”, ha confermato Daniela Lorenzetti, docente di Organizzazione dei servizi sociali alla Sapienza di Roma. “Non nei centri di eccellenza, certo, ma nella gran parte delle città italiane è così. Queste persone restano in lista d’attesa anche per que- stioni più banali, come le cure dentistiche”. Di mezzo, questioni di varia natura. “Esistono regole per accedere ai trapianti – ha spiegato Enzo Raise, direttore delle Malattie infettive degli Ospedali di Venezia, l’altro presidente del congresso Anlaids –. Gli organi disponibili sono

201 pochi e le persone con HIV inserite nei protocolli hanno un indice di fallimento più alto. Questo può rappresentare una discriminante: ci auguriamo che il problema venga superato”.

Tessuti umani, nuova condanna dalla UE Bruxelles, 26 novembre Nuova condanna da parte della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo per la mancata trasposizione della direttiva europea sui tessuti e le cellule umane. Dopo la sentenza già pronunciata dai giudici il 12 novembre scorso, anche in quel caso per la mancata trasposizione di una norma comunitaria sulle donazioni dei tessuti, oggi la Corte ha condannato l’Italia per una seconda volta. Il nostro Paese è colpevole di non aver adottato, entro i termini, la direttiva che riguarda le pre- scrizioni in tema di rintracciabilità, codifica, lavorazione, conservazio- ne, stoccaggio e distribuzione di tessuti e cellule umani del 24 ottobre 2006. L’Italia non ha contestato l’inadempimento, ma ha fatto notare che il ritardo è dovuto ad una serie di obiezioni di bioetica sollevate nel parere redatto dalla competente commissione parlamentare.

Nanni Costa: 200 interventi in più dal 2008 al 2009 Milano, 16 dicembre L’Italia si conferma un’eccellenza nel campo dei trapianti, con circa 200 interventi in più effettuati rispetto al 2008. Se si riuscisse a dimezzare la percentuale di opposizioni alla donazione si potrebbe addirittura aumen- tare i trapianti di 900 unità l’anno. A rivelarlo è Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti (CNT), a margine del convegno del Nord Italia Transplant a Milano. “A livello nazionale – ha spiegato Nanni Costa – si è registrato un aumento del 6% delle donazioni e del 7% dei trapianti. Si sono verificati alla fine del 2009 60-65 donatori in più rispetto al 2008, con una media di circa tre organi prelevati da ogni donatore. Il che si traduce in un aumento di circa 200 trapianti. È un successo, soprattutto se pensiamo alle difficoltà che deve sostenere oggi la sanità pubblica”. Una menzione particolare hanno meritato gli sforzi compiuti dalla Lombardia che, dopo una flessione nelle donazioni durante il 2008, è riuscita a farle crescere del 30% nel 2009. Considerata la sua popolosità, ha affermato il direttore del CNT, “è come se in Belgio i donatori fossero aumentati del 30%”. Bene anche il fronte delle oppo- sizioni alla donazione. “Le opposizioni sono circa 30,5 ogni 100 – ha affermato Nanni Costa – contro le 32,9 dell’anno precedente a livello nazionale”. In Lombardia, invece, si è passati dal 25,6% di opposizioni del 2008 al 23% del 2009. “Meglio di noi fa solo la Spagna – ha conclu- so l’esperto – che ha solo 15 opposizioni ogni 100. Se riuscissimo anche noi a dimezzare il numero delle opposizioni, passando da 30 a 15, si potrebbero fare 900 trapianti in più all’anno. Un numero incredibile”.

Cresce la sopravvivenza nel nord Italia Milano, 16 dicembre Cresce il numero di donatori d’organi e salgono anche sopravvivenza

202 2009 e qualità di vita dei pazienti trapiantati. È un bilancio positivo quello tracciato dal Nord Italia Transplant (Nitp) che oggi a Milano ha riuni- to i suoi esperti per fare il punto sul tema. Il Nitp è un’organizzazione nata nel 1976 per coordinare tutte le fasi che dal prelievo portano al trapianto in Lombardia, Veneto, Liguria, Marche, Friuli e nella Provincia di Trento. Ad oggi, ha permesso in tutto di effettuare 24.775 trapianti (di cui 13.657 di rene, 4.161 di cuore e 5.550 di fegato), uti- lizzando 7.875 donatori. I pazienti in lista d’attesa sono invece attual- mente 3.738, di cui 2.461 per un rene. A saltare all’occhio sono gli enormi progressi nella sopravvivenza dei pazienti che hanno subito un trapianto. Negli anni ’70 “la percentuale di sopravvivenza a un anno dal trapianto di rene era del 60% – ha spiegato Mario Scalamogna, responsabile del centro di riferimento del Nitp –. Poi si è registrato un miglioramento progressivo. Dal 2000 al 2005 si è superata la soglia del 90%. Oggi siamo al 93%, mentre a 5 anni dall’intervento la sopravvi- venza è dell’88%, contro il 40% degli anni ’70”. Stessa cosa vale ad esempio per il trapianto di cuore, passato dal 60% degli anni ’80 a cinque anni dall’intervento all’attuale 80%. La parte del leone tra le Regioni del Nitp spetta alla Lombardia, che in un solo anno ha gua- dagnato 62 donatori utilizzati in più (dai 147 del 1008 ai 209 del 2009), facendo crescere i trapianti di 102 unità (da 532 a 634). Nonostante i successi, però, è presto per cantare vittoria. “Anche con il trend positi- vo delle donazioni a livello nazionale e con l’aumento della disponibi- lità degli organi, non si riesce a dare risposta a tutti i cittadini in lista d’attesa – ha concluso Scalamogna –. A livello nazionale queste liste sono stabili su circa 9.500 pazienti. Nel Nitp ce ne sono 3.738 e sono tendenti a un leggero aumento. I pazienti in attesa crescono di circa 50 unità l’anno per il solo rene, che è il più rilevante, mentre per gli altri organi cresce di alcune decine o unità. In ogni caso, il trend è in cre- scita in tutte le Regioni”.

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Primo trapianto di polmone senza trasfusione Torino, 18 gennaio Lo scorso dicembre all’Ospedale Molinette di Torino è stato trapian- tato un polmone senza ricorrere a trasfusioni di sangue, per rispettare la volontà della paziente, una testimone di Geova. L’ospedale segnala che è il primo del genere in Italia e uno dei pochi al mondo. La donna, di 60 anni, originaria della provincia di Crotone ma residente nel tori- nese, è stata dimessa in questi giorni in buone condizioni di salute. La donatrice è una ragazza di 29 anni di Torino, deceduta all’ospedale di Novara per la rottura di un aneurisma cerebrale. Il trapianto, durato circa tre ore, è stato eseguito da Mauro Rinaldi, direttore di Cardiochirurgia delle Molinette. La paziente, alla quale è stato tra- piantato il polmone destro, era affetta da fibrosi polmonare dal 2006. Dal 2008 soffriva di insufficienza respiratoria ed era quindi sottoposta ad ossigenoterapia. Era stata messa in lista d’attesa di trapianto nell’estate del 2009. Considerando che la mortalità per fibrosi polmo- nare dopo quattro anni è del 50-60%, i medici temevano non che non avrebbe avuto più di un anno di vita senza il trapianto. Il reparto di Pneumologia, diretto da Sergio Baldi, continuerà a seguire la paziente con le visite e la fisioterapia, necessaria nei prossimi mesi.

In aumento i trapianti in Italia Roma, 10 febbraio Nel 2009 il nostro Paese ha fatto registrare un trend positivo nelle donazioni: sono circa 1.200 l’anno con un incremento del 6%. Buona anche la percentuale dei donatori: se infatti la media europea è di 18,5 donatori per milione di abitanti, nel nostro Paese sono circa 21 per milione. In Europa, meglio dell’Italia ci sono la Spagna, prima al mondo con 34 donatori, e la Francia con 23,5. Sotto di noi ci sono invece Germania con 16 donatori e il Regno Unito con 14. L’Italia si colloca tra i primi Paesi al mondo per trapianti di tessuti e cellule sta- minali emopoietiche. L’incremento dei trapianti è stato del 7% rispet- to all’anno precedente, quando, secondo stime del Centro nazionale trapianti (CNT), i trapianti hanno toccato quota 3.000, oltre ai 15 mila trapianti di tessuto e cinquemila di cellule staminali emopoietiche per la cura di patologie del sangue. Positivi anche i risultati a lungo termi- ne, con il 70-80% di casi di successo a cinque anni dall’intervento. Alla fine del 2009 ci sono stati 60-65 donatori in più rispetto al 2008,con una media di circa tre organi prelevati da ogni donatore, che si tradu-

207 ce in circa 200 trapianti effettuati in più. Ma, sempre secondo le stime del CNT, su 9.000 pazienti in lista d’attesa solo poco più di 3.000 ogni anno ricevono il trapianto di cui hanno bisogno e 300 muoiono aspet- tando. I tempi medi per un rene, ad esempio, sono di tre anni.

Carta d’identità, facoltativo “sì” o “no” a donazione Roma, 11 febbraio L’indicazione obbligatoria sulla carta d’identità della disponibilità alla donazione di organi sarà d’ora in poi solo facoltativa. In Aula al Senato è stata infatti modificata questa previsione del maxi–emenda- mento al Milleproroghe frutto, secondo il presidente della commissio- ne Affari Costituzionali del Senato Carlo Vizzini, di un errore mate- riale da parte del governo nella scrittura del testo. “L’emendamento – spiega Vizzini – dal quale si è copiato prevedeva le parole “può”, ma c’è stato un errore materiale del governo nel copiare l’emendamento. La norma è stata corretta: il governo in Aula lo ha spiegato ed l’Aula ne ha preso atto. L’obbligatorietà non sarebbe stata costituzionale”. Ma la correzione ha suscitato reazioni. “Irragionevole la marcia indie- tro del Governo sulla norma che avrebbe introdotto l’obbligo di indi- care nella carta d'identità il consenso oppure il diniego alla donazione dei propri organi in caso di morte”: è quanto ha affermato Claudio Saroufim, responsabile ambiente del PdCI – Federazione della- sini stra. “La facoltatività dell'indicazione – ha spiegato – non sensibilizza come dovrebbe i cittadini nei confronti di un atto di civiltà. L’argomento della incostituzionalità sollevato da Vizzini sembra un falso problema rispetto alla finalità sociale dell'obiettivo”. Qualche dubbio sulla scelta della carta d’identità arriva invece da Dorina Bianchi, vicepresidente dei senatori Udc. “La carta d’identità – ha osservato Bianchi – com- porta l’esibizione del proprio parere ogniqualvolta sia richiesta l'esibi- zione di un documento. Per questa ragione, ma anche considerando la natura dell'informazione in materia, sarebbe più indicata la tessera sanitaria.

USA, più di 100 donazioni “samaritane” Washington, 18 febbraio Secondo gli ultimi dati forniti dalla UNOS (United Network for Organ Sharing), l’associazione Usa che tiene sotto controllo il corretto ‘matching’ degli organi da trapianto tra donatori e recipienti, nel 2008 a fronte di 6.218 trapianti di organi da donatori vivi, 108 sono stati casi di donazioni di “buoni samaritani”. Il totale dei trapianti negli Usa per l’anno considerato è stato pari a 27.965, evidenziando che la stragran- de maggioranza degli organi proviene ancora da donatori deceduti. Le donazioni di organi dei “buoni samaritani”, ovvero tra persone non consaguinee e che non si conoscono, per le quali ora si comincia a riflettere anche in Italia, sono permesse in America, dove la praticaè ancora molto limitata sia pure in crescita. Secondo quanto ha spiegato Joel Newman, direttore delle comunicazioni esterne dell’UNOS, le donazioni d’organo dei “buoni samaritani” vengono regolate a livello

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statale come peraltro tutte le altre donazioni d’organo, ma in realtà la decisione se accettare la donazione resta nelle mani di ogni ospedale e centro trapianti. “Per le donazione di ‘buoni samaritani’ – ha precisa- to ancora Newman – non può essere versato alcun corrispettivo eco- nomico ma ovviamente le spese mediche, di ricovero e farmacologiche vengono coperte. In alcuni casi succede che donatore e recipiente si incontrino dopo la procedura ma nella maggior parte delle evenienze questo non si verifica”. Secondo l’UNOS, è comunque interessante osservare che queste donazioni sia pur rare sono in crescita: erano difatti solo 71 nel 2006.

Spagna, entro giugno in vigore direttiva UE sulla donazione Madrid, 23 marzo Una direttiva europea sulle donazioni di organi dovrebbe essere adot- tata entro giugno dall’Europarlamento consentendo all’Europa di avviarsi sulla strada di una migliore regolamentazione in questo campo, che potrebbe consentire in futuro di “salvare 20mila persone ogni anno”. Lo ha affermato oggi il Ministro della Sanità spagnolo Trinidad Jimenez, aprendo i lavori di una conferenza internazionale sulla donazione e sul trapianto di organi. La Spagna ha fino al 30 giugno la presidenza di turno dei 27. La nuova direttiva secondo Jimenez avrà per obiettivo il miglioramento della qualità e della sicu- rezza dei trapianti in Europa. La normativa sarà inoltre accompagna- ta da un piano per stimolare le donazioni d’organi con l’obiettivo di “raggiungere l’autosufficienza e combattere il turismo dei trapianti”. La Spagna vanta un tasso di 34.4 donazioni per milione di persone, contro le 18.1 della media europea. Nonostante questo, il modello non spagnolo non è esportabile al 100%, ha detto il responsabile dell’Or- ganizzazione nazionale dei trapianti Rafael Matesanz. Si basa infatti su norme come quella del “donante presunto”, che rendono ogni spa- gnolo un donatore potenziale di organi se non si è espressamente dichiarato contrario. Jimenez ha indicato oggi che Madrid introdurrà presto, con una riforma del codice penale, nuove norme contro il “turismo dei trapianti” verso i paesi del Terzo Mondo. Il Ministro ha detto che gli spagnoli che si sottoporranno a trapianti di organi di origine illecita potranno essere condannati a pene detentive.

Test CNR per donatori di cuore over 55 Roma, 23 marzo Non escludere dalla donazione gli over 55 consentirebbe di ridurre le liste d’attesa per i trapianti. Con questo obiettivo è stato messo a punto un test di funzionalità cardiaca testato da Ifc-Cnr e Sant’Orsola. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Heart and . La carenza di donatori, secondo il Cnr, è resa ancor più pesante dall’età limite, fissata a 55 anni. Una ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), però, ora dischiude nuove e più ampie possibilità. “Sono oltre 700 i pazien- ti che ogni anno in Italia avrebbero bisogno di un cuore nuovo, mentre

209 le donazioni raggiungono a malapena la metà. I pazienti in lista d’at- tesa (media 2-3 anni) hanno una qualità di vita difficile e una mortali- tà di quasi il 9% annuo”, spiega Tonino Bombardini, ricercatore associato dell’Ifc-Cnr. Se ogni anno si utilizzasse anche solo un sesto dei 670 donatori di cuore ultra cinquantacinquenni, i trapianti in Italia aumenterebbero di 100 l’anno”. Da questa constatazione, circa cinque anni fa, è partita un’indagine congiunta con il Centro trapianti cuore– polmone del Sant’Orsola di Bologna, volta a quantificare la bontà funzionale dei cuori dei cosiddetti donatori “marginali”. Il gruppo utilizza come test diagnostico un “eco-stress” farmacologico: “Si infon- de sotto controllo ecocardiografico continuo il dipiridamolo, un- far maco vasodilatatore già in uso da 25 anni per la diagnosi non invasiva di malattia coronarica”, spiegano Bombardini e Giorgio Arpesella del Sant’Orsola. “Il cuore è infatti un organo erettile, la cui funzione aumenta con l’aumentare del flusso, ma questo solo se le coronarie sono sane e il miocardio è normale. Se il cuore sotto stress obbedisce a tale corrispondenza, allora è adatto per la donazione; altrimenti, se nonostante la vasodilatazione coronarica la funzione peggiora, viene scartato. Il test, che viene eseguito dopo la dichiarazione di morte cerebrale del donatore, dura 6 minuti e rispetta gli altri organi da tra- piantare”. Secondo i dati del Centro nazionale trapianti, nel 2006 solo il 45% dei 1.234 donatori di cuore potenziali in Italia avevano un’età inferiore ai 55 anni. E inoltre 169 dei 345 trapianti venivano eseguiti in riceventi ultra55enni.

Gran Bretagna, si valuta la possibilità di pagare i donatori Londra, 20 aprile È etico ed utile pagare le persone perché donino organi dopo la morte, e tessuti, sangue, sperma ed ovuli da vivi? È questa la domanda posta ai cittadini per una consultazione che durerà 12 settimane e che è stata avviata in Gran Bretagna dal Nuffield Council on Bioethics, un centro indipendente su questioni di bioetica e medicina. I risultati della consul- tazione saranno pubblicati nell’autunno 2011. La ricerca esplorerà come aumentare le donazioni di sangue e sperma da persone in vita, ma anche come convincere le persone a diventare donatori d’organi dopo la morte. In questo caso viene ipotizzato anche il pagamento dei funera- li, ma anche l’accesso prioritario ai trapianti a chi fa parte del registro donatori, se ne avrà bisogno nel corso della sua vita. La richiesta di organi è cresciuta negli ultimi anni e ora supera di molto l’offerta: ciò è dovuto all’invecchiamento della popolazione e ai progressi della medici- na, per i quali più persone possono trarre benefici dai trapianti. Al tempo stesso, i progressi nel trattamento dell’infertilità hanno fatto aumentare la richiesta di sperma ed ovuli. Per Marilyn Strathern, che guida la commissione del Consiglio che si occupa di questa consultazio- ne, il tema è delicato e va trattato con grande cautela: “Occorre pensare alla moralità di far pressione sulla gente per far loro donare parti del corpo. Offrire pagamenti o altri incentivi può incoraggiare le persone a correre dei rischi o andare contro le proprio convinzioni”.

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Prelievo di un rene con robot per donarlo alla gemella Milano, 11 maggio relievo di un rene ‘record’ all’Ospedale Niguarda di Milano, dove i medici hanno utilizzato un robot per prelevare l’organo da una ragaz- zina, per poi donarlo alla sua gemella. L’intervento, perfettamente riuscito, secondo il Niguarda è il secondo caso di questo tipo a livello italiano. “Utilizzare il robot per questo tipo di intervento – hanno spiegato Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia Generale 2 e dei Trapianti del Niguarda e Alessandro Giacomoni, chirurgo che ha ese- guito il prelievo – permette di avere molta più precisione nelle mano- vre chirurgiche e offre indiscussi vantaggi per il donatore, che vede ridursi i tempi e le complicazioni del post-operatorio. Già al secondo giorno dopo l’operazione, il paziente è in grado di alzarsi e mangiare, mentre dopo 5-6 giorni avviene la dimissione e possiamo stimare in due settimane la ripresa delle consuete attività quotidiane. Tutto per- ché quella con il robot è una chirurgia poco traumatica, che ben si adatta alla situazione di persona sana, quale è il donatore”. “Il robot – ha concluso De Carlis – è già in uso da alcuni anni presso la Chirurgia di Niguarda, ma solo recentemente è stato applicato all’area trapianti. Pensiamo che questo possa essere il futuro per questo tipo di interventi. Presto adotteremo questa tecnica anche per il prelievo di fegato da vivente”.

Ok dal CSS alla donazione samaritana Roma, 25 maggio Dopo il Comitato Nazionale di Bioetica, anche il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) ha espresso un parere sulla cosiddetta donazione samaritana. “Il CSS ritiene ammissibile questa possibilità, pur con alcune raccomandazioni”. Lo rende noto il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, durante la presentazione delle giornate nazionali per la donazione e trapianti di organo. “Nel parere viene raccomandata – ha spiegato Fazio – la valutazione psicologica e psichiatrica del dona- tore, il rispetto della privacy e il fatto che non ci sia alcun contatto tra donatore e ricevente”. Fazio ha spiegato anche praticamente come potrà avvenire questo tipo di donazione con il meccanismo del cross over: “Il possibile ricevente si procura un donatore. Se il donatore non è compatibile, può ricevere l’organo, sempre nel totale animato, da un donatore samaritano e l’organo che viene donato può andare a un altro ricevente. Quindi così si verifica un’altra donazione”.

Primo prelievo di rene attraverso vagina Milano, 9 giugno Per la prima volta in Italia è stato prelevato un rene senza fare tagli, ma attraverso la vagina: così una donna di 48 anni ha potuto donare il rene al figlio di 2 anni in dialisi. L’intervento è stato eseguito nel Policlinico SanMatteodiPaviautilizzandoilrobot-chirurgo“DaVinci”.Solitamente il rene, staccato dalle sue connessioni, viene estratto praticando un’inci- sione addominale di circa 7 centimetri. La nuova tecnica, invece, preve- de l’inserimento del rene all’interno di un sacchetto di plastica protettivo

211 e la sua estrazione attraverso l’apertura naturale rappresentata dalla vagina. “L’invasività dell’intervento è in questo modo ulteriormente ridotta - ha affermato Andrea Pietrabissa, che ha eseguito l’intervento assieme a Massimo Abelli, che ha trapiantato il rene al figlio, e ad Arsenio Spinillo, ginecologo, che ha predisposto la preparazione del campo operatorio in vagina –. In tal modo l’integrità fisica del donatore viene maggiormente rispettata, con tempi di guarigione prevedibilmen- te ancora più rapidi”. Questa tecnica è stata utilizzata per la prima volta al mondo circa un anno fa negli Stati Uniti, nel centro medico dell’Uni- versità Johns Hopkins di Baltimora, con il quale il San Matteo ha un rapporto di collaborazione.

Nuovo caso etico: il “samaritano” è un detenuto Roma, 17 giugno Un detenuto offre un rene come donatore samaritano e si solleva una nuova questione bioetica. Dopo la svolta del sì nel settore da parte del Ministero della Salute, una lettera arrivata al coordinatore regionale del Piemonte, Antonio Amoroso, porta all’attenzione degli esperti una nuova problematica. Sul detenuto c’è una pesante condanna per ten- tato omicidio che scadrà nel 2025. Ma l’opportunità che offre l’uomo, proprio per la condizione di carcerato, è accompagnata da nuovi que- siti. È realmente libero nella sua decisione e la scelta è priva di interes- si? “Nella mia vita ho sbagliato tanto, ora è giusto che aiuti chi ne ha bisogno”, ha spiegato il detenuto nella lettera. Si è detto disponibile a diventare un donatore samaritano, cioè senza un legame di parentela o di affetto, offrendo un rene. Il caso, il primo del genere in Italia, arriva così all’attenzione del Centro Nazionale Trapianti. Al momento le persone che si sono candidate a diventare donatori samaritani sono state meno di una decina, da tutti è arrivata l’offerta di un rene. Anche per questo caso il potenziale donatore dovrà essere sottoposto agli esami clinici e psichici per verificare se è idoneo a questo tipo -di inter vento. Contemporaneamente gli esperti valuteranno la nuova questio- ne bioetica posta dal caso singolare. “Affronteremo la nuova questione con calma alla luce anche della linea d’azione già individuata per gli altri donatori samaritani – ha spiegato il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa –. In ogni caso, per una situazione come questa, serve grande cautela, la donazione deve essere una libera scelta, e bisogna domandarsi fino a che punto lo è quando si sta- scon tando una pena”. “Non c’è nessun motivo per escludere un detenuto che voglia fare una donazione di organi samaritana, a patto che siano rispettati i criteri indicati”, ha spiegato Lorenzo D’Avack, vicepresi- dente del Cnb. “La detenzione non dovrebbe essere considerata come un elemento a sfavore nell’accettare l’offerta di donazione samarita- na”, ha aggiunto il giurista Stefano Rodotà, professore emerito di diritto civile all’Università La Sapienza di Roma. “è una manifestazio- ne importante di solidarietà verso gli altri – ha affermato – che rientra perfettamente nel dovere di solidarietà espresso dall’articolo 2 della nostra Costituzione”. Di diverso avviso Francesco D’Agostino, presi-

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dente onorario del Comitato nazionale di bioetica (Cnb). “Alla base di ogni sperimentazione e terapia medica – ha spiegato D’Agostino – serve un consenso libero e informato da parte di chi vi si sottopone. Si può quindi facilmente immaginare che nel caso di un detenuto vi sia una carenza di libertà che può influenzare la sua decisione. Ecco- per ché mi auguro che venga rifiutata l’offerta di donazione samaritana di un rene fatta dal detenuto”.

Francia, primo trapianto totale del viso Parigi, 8 luglio Un trapianto totale del viso è stato realizzato all’ospedale Henri- Mondor di Creteil, nei pressi di Parigi, dal team del chirurgo Laurent Lantieri, capo del servizio di chirurgia plastica dell’ospedale e uno dei principali esperti in questo campo. L’operazione è stata effettuata alla fine del mese di giugno su un uomo di 35 anni, affetto dalla sindrome di Von Recklinghausen, una grave malattia genetica che gli aveva deformato il viso. “Siamo i soli fino ad ora ad aver trapiantato un viso intero con le palpebre e tutto il sistema lacrimale – ha spiegato il dottor Lantieri –. Il paziente sta bene, cammina, parla e gli è cresciuta un po’ di barba sul mento”. Secondo quanto ha affermato oggi Le Parisien si tratterebbe del primo trapianto integrale del viso al mondo. Lo scorso aprile, l’ospedale di Barcellona aveva a sua volta annunciato una ope- razione simile. Ma, precisa l’agenzia France Presse, non era riuscita completamente, in quanto il paziente non riusciva a mangiare e a parlare normalmente. Già nel 2007 il medico francese era intervenuto per ridare un volto ad un giovane di 27 anni anch’egli affetto dalla sindrome di Von Recklinghausen, ma in quel caso il trapianto non era stato totale.

I primi due trapianti di trachea in Italia Firenze, 28 luglio I primi due trapianti di trachea in individui affetti da tumore maligno tracheale, unici al mondo per una particolare tecnica utilizzata, sono stati eseguiti con successo nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, dall’equipe guidata dal chirurgo Paolo Macchiarini. Gli interventi sono avvenuti il 6 e il 13 luglio scorsi e sono anche i primi ad essere effettuati in Italia. Il decorso delle due pazienti, una di circa 30 anni di nazionalità ceca, l’altra di circa 20 anni inglese, è spiegato in una nota, “è stato privo di complicazioni. Le due donne sono in fase di dimissione dall’ospedale e le loro condizioni sono rite- nute soddisfacenti”. Nell’intervento sulla paziente inglese, inoltre, è stata eseguita, per la prima volta in Italia, una radioterapia intraope- ratoria in corso di trapianto di trachea, coordinata dal professor Giampaolo Biti, per ridurre al minimo il rischio di recidive tumorali. I due interventi sono durati oltre 10 ore ciascuno e hanno coinvolto 40 persone fra chirurghi, anestesisti, infermieri, biologi e tecnici, oltre alle equipe del Centro nazionale trapianti e della protezione civile per il prelievo e il trasporto delle trachee. La tecnica innovativa utilizzata dal

213 professor Macchiarini ha previsto una fase di preparazione delle tra- chee chiamata decellularizzazione, per l’eliminazione di tutte le cellule del donatore, che è stata eseguita dalla dottoressa Silvia Baiguera nel Laboratorio di bioingegneria e biologia molecolare della via aerea (Bioair) e nella Banca del sangue placentare del Careggi, diretta dal dottor Riccardo Saccardi. Questa chirurgia, sperimentata per la prima volta, è resa possibile dalla tecnica di preparazione delle trachee bioin- gegnerizzate da donatore, già messa a punto da Macchiarini in prece- denti interventi non oncologici. La tecnica consiste nell’eliminazione di tutte le cellule viventi del donatore dalla trachea, per predisporre una struttura inerte su cui inserire cellule staminali prelevate dai pazienti riceventi, poco prima dell’intervento, con l’aggiunta di fattori di crescita: questo evita il rigetto e consente la rigenerazione della trachea. In prati- ca grazie alle cellule staminali è stato possibile ripavimentare la trachea e favorire la ricostruzione del tessuto interno della trachea.

Germania, sulla patente il “Sì” a eventuale donazione Berlino, 14 settembre La carenza di donatori di organi in Germania sarà combattuta con l’aiuto dei nuovi passaporti e delle nuove patenti: in un futuro immi- nente, infatti, nei nuovi documenti sarà registrata la volontà o il rifiuto dell’intestatario di donare i suoi organi in caso di morte repentina. Un accordo in questo senso è stato raggiunto dagli esperti legali e di medi- cina del gruppo parlamentare Cdu, presieduto dalla cancelliera Angela Merkel. E poiché i passaporti e le patenti vengono regolarmen- te a scadenza, entro un determinato numero di anni tutti i residenti in Germania avranno espresso la loro volontà in materia. Un passaggio dall’esplicito assenso al silenzio/assenso è stato invece rifiutato dagli esperti della Cdu: “Ciò andrebbe contro la nostra concezione della natura umana”, ha spiegato il vice-capogruppo Cdu, Guenter Krings. Lo scorso anno in Germania a fronte di 12mila malati in attesa di trapianto, sono stati donati organi solo da 1.217 persone.

GB, per mancanza di organi ok a donatori di “serie B” Londra, 14 novembre In Gran Bretagna mancano gli organi da trapiantare: in mancanza di meglio, i chirurghi del Servizio Sanitario Nazionale (Nhs) fanno ricor- so a polmoni di fumatori. Gli organi di “seconda scelta” sono stati dati a pazienti in condizioni disperate e che altrimenti sarebbero morti sulle liste di attesa. Lo ha scritto oggi il Sunday Times. Secondo il giornale non è un’eccezione ma in certe condizioni la regola. I medici del Nhs sono costretti a ricorrere ad organi di ‘categoria B’ data la scarsità di materia di prima scelta: tra questi anche cuori, polmoni, reni, fegato di malati di cancro, tossicodipendenti, diabetici e anziani. La pratica è stata messa alla prova in sordina in un ospedale di Newcastle, ma poi adottata su scala nazionale senza che siano state finora adottate linee guida che impongano di mettere al corrente i pazienti dei rischi. In altri Paesi non sarebbe permesso: negli Stati

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Uniti la Food and Drug Administration vieta esplicitamente l’uso per trapianti di organi di malati di cancro. Ma in Gran Bretagna, dove tre persone al giorno muoiono in attesa di trapianto, tocca fare buon viso a cattivo gioco: “In un mondo ideale tutti vorrebbero i polmoni di ventenni sani che non hanno mai toccato una sigaretta – ha affermato James Neruberger, vice direttore medico dell’agenzia nazionale per i trapianti (National Health Service Blood and Transplant) –. Purtroppo è un lusso che non ci possiamo permettere”. A suo parere il dilemma è semplice: “Vuoi un polmone con un po’ più di rischi o niente? Sembra duro e brutale, ma è la realtà”. La Nhs sta valutando nuove linee guida: “Diciamo ai pazienti che tutti gli organi comportano rischi, alcuni più di altri – ha spiegato Alexander Gimson dell’Alden- brook Hospital di Cambridge, uno dei consulenti del servizio sanitario nazionale –. Chiediamo che si fidino di noi”. A suo giudizio un fegato di un centenario è altrettanto valido di quello di una persona più gio- vane: “Nel nostro ospedale abbiamo trapiantato organi di settantenni, e so che altri ospedali lo hanno fatto”.

Nel futuro forse un rene artificiale impiantabile Roma, 4 dicembre Niente più dialisi e trapianti di rene. Il futuro per le persone che per- dono l’uso di questo organo potrebbe essere un dispositivo a cui si sta lavorando nei laboratori dell’Università di San Francisco, e che potrebbe in futuro essere un vero e proprio rene artificiale impiantabi- le e duraturo almeno per 10 anni, in attesa di un trapianto d’organo. A mettere a punto la macchina, grande come una tazza da caffè, è stato il gruppo guidato da Shuvo Roy, uno scienziato di origine india- na. Il rene artificiale a cui sta lavorando è formato da migliaia di “nanofiltri”, piccoli pori di dimensioni dell’ordine dei milionesimi di millimetro deputati ad eliminare le sostanze tossiche dal sangue, e da una serie di bioreattori, contenenti vere cellule renali umane, incarica- ti di altre funzioni tipiche di questo organo come la produzione di vitamina D o la regolazione della pressione sanguigna. Il prototipo, testato per ora solo su qualche topo e qualche maiale, non ha bisogno di batterie perché sfrutta la naturale pressione sanguigna dell’organi- smo, e può restare impiantato per un decennio, aiutato dal fatto che non ha parti biologiche a contatto con i tessuti che potrebbero causare rigetto. “Questo dispositivo è progettato per produrre la maggior parte dei benefici di un trapianto di rene – ha spiegato Roy –, che èmolto difficoltoso a causa della scarsità di donatori. Si potrebbe così potrebbe ridurre in maniera drammatica il peso delle malattie renali in milioni di persone in tutto il mondo”. Dopo i primi test, i ricercatori stanno aspettando l’autorizzazione e i finanziamenti per poter allargare i trial ad un maggior numero di animali e poi estenderli all’uomo: “Il van- taggio per i pazienti è grandissimo – sottolinea il ricercatore –, perché le loro vite potrebbero essere trasformate. Con il giusto supporto finan- ziario penso che potremmo iniziare i trial clinici sull’uomo in cinque anni, anche se è difficile predire quanto impiegherà ad essere disponi-

215 bile commercialmente per via delle incertezze sui tempi delle autoriz- zazioni da parte dell’Fda”.

Nanni Costa, l’intestino in provetta è un passo importante Roma, 12 dicembre È “un passo molto importante” verso la possibilità di ottenere tessuti e organi per la medicina. Così il direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa, ha commentato la ricerca relativa all'intestino costruito in laboratorio pubblicata su Nature. “È un primo passo fondamentale, anche se ancora non si può parlare di un vero e proprio organo”, ha sottolineato Nanni Costa, aggiungendo che “senza questa dimostrazioni di principio non sarebbe possibile prose- guire lungo la strada dei tessuti realizzati in laboratorio”. È pensabile che risultati di questo tipo possano diventare utili per la medicina tra 10-15 anni. Più lunghi, ha aggiunto il direttore del CNT, i tempi per avere organi a disposizione per i trapianti. Un organo, ha spiegato Nanni Costa, è una struttura complessa che comprende una serie di tessuti diversi assemblati tra loro. Quello descritto su Nature è “lo svi- luppo di un tessuto tridimensionale, ma questo è una cosa diversa da un organo”. Per Nanni Costa questa ricerca “è di grande valore” e “importantissima anche dal punto di vista etico”. Dimostra infatti un metodo di lavoro che riguarda le cellule staminali pluripotenti indotte (IPS). Sulle cellule embrionali utilizzate nella ricerca, invece, Nanni Costa osserva che sono cellule prelevate da linee già disponibili.

Successo italiano per la nuova tecnica salva-polmoni Roma, 14 dicembre “È un grande successo per la trapiantologia italiana e la rete trapian- tologica italiana”. Così Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti (CNT), valuta la nuova tecnica che consente di proteggere i polmoni in rianimazione dopo la morte cerebrale e rad- doppiare quelli per il trapianto, sperimentata in 11 reparti di terapia intensiva italiani e uno spagnolo. Il tutto sotto il coordinamento del dipartimento di anestesia e rianimazione dell'ospedale Molinette di Torino, diretto da Marco Ranieri. “Questo risultato – commenta Nanni Costa – dimostra il grande valore delle rete di trapianti italiana, ed è un grande successo perché consente di aumentare il numero di organi disponibili per il trapianto e dunque i trapianti stessi”. In un momento in cui si ha una “carenza di organi a causa della riduzione dei decessi per danni cerebrali – conclude – questo nuovo protocollo deve essere diffuso il più possibile. Come CNT ci adopereremo per farlo”.

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Con il crossover più speranze per i malati Pisa, 21 gennaio “Con la tecnica dei trapianti cross over si regala una speranza in più ai pazienti in lista d’attesa e questo è già uno straordinario motivo per praticare questa strada e aumentare l’informazione nell’opinione pub- blica”. Lo ha dichiarato Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, intervenendo alla tavola rotonda sul tema pro- mossa oggi a Pisa dall’azienda ospedaliero universitaria. Il cross over è un programma di donazione altruistica incrociata di rene, attualmente attivo solo in alcuni centri negli Usa e in Italia sperimentato solo tre volte, proprio a Pisa. La tecnica prevede la realizzazione di una specie di banca del rene, come avviene in quella del sangue, il volontario dona il proprio organo senza conoscerne la destinazione e le cui carat- teristiche biologiche possano poi garantire al ricevente la migliore riuscita. “Del resto – ha aggiunto Ugo Boggi, direttore del centro tra- pianti di Pisa – puntare solo sulle donazioni da cadavere significa che tra qualche anno le liste d’attesa per i trapianti di rene aumenteranno drammaticamente. Il trapianto renale da donatore vivente tra l’altro risulta anche migliore perché può essere eseguito con un’opportuna programmazione determinando una media di sopravvivenza doppia rispetto al trapianto da donatore cadavere”. La tecnica americana è molto apprezzata anche da Vincenzo Passarelli, presidente nazionale dell’Aido (associazione italiana per la donazione di organi e tessuti) perché “non è solo un buon risultato medico, ma è anche una straor- dinaria forma di solidarietà ed è dunque opportuno fare il massimo dell’informazione possibile a riguardo”.

Sempre più vicini al fegato in provetta Roma, 21 gennaio In futuro la bioingegneria potrebbe rendere un ricordo il trapianto di fegato o farlo divenire solo una delle opzioni disponibili per curare gravi malattie epatiche: ricercatori tedeschi hanno infatti costruito in laboratorio tessuto epatico in 3D “montato” su un’impalcatura di materiale biologico che scompare come i punti di sutura riassorbibili usati oggi in chirurgia. L’idea è che questo tessuto in provetta sia impiantato nel paziente malato e lì vada a ricostruire un nuovo fegato sano. Ma non è da escludere che si arrivi a creare fegati nuovi in labo- ratorio da trapiantare tout court. Il traguardo è dell’equipe di Joerg- Matthias Pollok, capo del laboratorio di ingegneria dei tessuti e tra-

219 pianto di cellule, presso l’Università di Amburgo. Gli esperti hanno assemblato molti di questi fegati a partire da cellule di 12 persone dimostrando che la procedura è fattibile. Gli scienziati hanno coltivato le cellule epatiche per due giorni e poi le hanno “montate” su uno scheletro di materiale biodegradabile. Secondo quanto riferito da Pollok “la nostra idea è creare tessuto epatico in provetta per impian- tarlo nei pazienti, cosicché le cellule o meglio il nuovo tessuto vadano a costruire un nuovo fegato per il paziente direttamente in situ”. Il fegato è un organo con ampie potenzialità autorigenerative ma quan- do è seriamente compromesso da malattie come cirrosi o epatite spes- so non ce la fa più a rigenerarsi e cessa di funzionare. In questi casi per il paziente la sopravvivenza si chiama trapianto; ma le liste d’attesa sono lunghe. L’idea di creare fegati in laboratorio da usare al posto dei fegati da donatore non è peregrina e anzi riscuote l’interesse di molti ricercatori nel mondo. Il fegato in provetta potrebbe servire anche solo in modo temporaneo come organo-ponte finché il paziente non trova un donatore; ma in futuro il sogno è arrivare a creare in provetta fega- ti permanenti. L’obiettivo è virtuoso perché significherebbe anche -eli minare un altro problema tipico dei trapianti, oltre a quello delle liste: i farmaci antirigetto. Infatti se il fegato fatto in provetta fosse ottenuto a partire da un manipolo di cellule del paziente, non ci sarebbero pro- blemi di attecchimento dell’organo né rischio rigetto. I tedeschi non sono gli unici che lavorano alla creazione di fegato in provetta: in Usa ci lavora, per esempio, il team di Anthony Atala, pioniere dell’ingegne- ria dei tessuti che ha già al suo attivo la ricostruzione di vesciche su pazienti. Atala ha di recente costruito un fegato umano in miniatura che funziona come quello vero. L’organo è stato creato in provetta a partire da cellule umane di fegato e di vasi sanguigni e messo in una specie di incubatrice per crescere”. I ricercatori tedeschi nel loro lavoro, pubblicato sulla rivista Liver Transplantation, sono partiti dalle cellule epatiche di 12 persone e le hanno fatte crescere in provetta per due giorni, dopodiché esse hanno formato degli aggregati detti sferoidi che sono stati “montati” su un’impalcatura spugnosa di materiale che, una volta impiantato, scompare come i punti di sutura. Gli sferoidi hanno assunto la forma in 3D del fegato e in due giorni il loro numero è più che raddoppiato. Per ora le dimensioni del tessuto epatico così creato sono piccole, precisa Pollok, “noi abbiamo usato una spugna di un cen- timetro di diametro spessa un millimetro, ma l’impalcatura può essere grande quanto si vuole”. “Il nostro modello sperimentale rappresenta una tecnica promettente per coltivare tessuto e prepararlo al trapianto inserendo il tessuto nella cavità peritoneale – conclude Pollok –; un fega- to così creato potrà essere testato su pazienti in un prossimo futuro, intanto noi abbiamo già iniziato i test su animali i cui risultati saranno oggetto di una prossima pubblicazione scientifica”.

Una donna recupera la voce con laringe-trachea nuovi Roma, 21 gennaio “Buongiorno, vorrei andare a casa”. Dopo undici anni di silenzio sono

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state queste le prime parole di Brenda Jensen, la donna statunitense che ha ricevuto un trapianto da donatore completo di laringe e trachea recuperando la sua voce, la deglutizione e i sapori. L’intervento è stato eseguito lo scorso ottobre da un team internazionale di chirurghi, tra i quali l’italiano Paolo Macchiarini del Karolinska Institutet di Stoccolma, all’Università della California Davis di Sacramento, ma solo ora, dopo essere sicuri della ripresa della donna, i medici hanno dato l’annuncio in una conferenza stampa negli Stati Uniti. “Quello effettuato su Brenda Jensen è un intervento straordinario – ha afferma- to Macchiarini interpellato dall’Ansa –. L’operazione è durata 19 ore e già dopo due settimane la donna aveva ripreso la sua voce”. I chirur- ghi, che hanno operato divisi in due team, ognuno impegnato su un lato della gola della paziente, hanno asportato la laringe, la tiroide e 6 centimetri di trachea da un donatore, impiantandoli alla donna e riconnettendo nervi, vasi sanguigni e muscoli di uno degli organi più complessi del corpo umano. È la prima volta al mondo che si effettua un trapianto simultaneo di trachea e laringe, mentre l’unico preceden- te di laringe trapiantata risale al 1996 alla Cleveland Clinic. La donna, il cui apparato vocale era rimasto danneggiato dopo ripetute intuba- zioni in un intervento precedente, ha recuperato la propria voce e non quella del donatore, hanno precisato i chirurghi durante la conferenza stampa di presentazione del caso. Come negli altri tipi di trapianti sarà necessaria una terapia immunosoppressiva, che Brenda Jensen però già seguiva avendo subito un trapianto di reni e pancreas quattro anni fa. I risultati dell’intervento sono particolarmente soddisfacenti – hanno spiegato i medici – e potrebbero aprire la strada per trapianti analoghi in persone che hanno avuto malattie o traumi alla laringe costringendoli a emettere suoni con apparecchi elettronici.

Cuore in laboratorio, atteso il primo battito Roma, 4 aprile Dopo i polmoni, l’intestino e la pelle ora è la volta del cuore: anche il più complesso organo dell’uomo è stato ‘coltivato’ in laboratorio a partire da cellule staminali e in attesa del primo battito che secondo i creatori dovrebbe arrivare a breve è comunque un passo ulteriore verso la creazione di organi pronti per il trapianto senza dare i proble- mi di rigetto. La ricetta utilizzata dai ricercatori dell’università del Minnesota, che l’hanno presentata al meeting dell’American College of Cardiology in corso a New Orleans, prevede di prendere il cuore da una persona morta lavandone via tutte le cellule e lasciando solo la struttura in collagene che le sostiene. A questo punto si iniettano in questo ‘scheletro’ del cuore milioni di cellule staminali prelevate dal paziente, e lo si mette in un ambiente adatto alla crescita. Questa tec- nica, spiegano gli esperti, ha già funzionato con cuori di topo e maiale, che hanno iniziato a battere anche se con un ritmo superiore del 20% al normale. “I cuori stanno crescendo bene, e ci aspettiamo i primi battiti nelle prossime settimane – ha spiegato Doris Taylor – ci sono ancora diversi ostacoli da superare prima di avere un organo piena-

221 mente funzionante, ma un giorno sarà possibile costruire un organo pronto per il trapianto”. L’idea di utilizzare lo ‘scheletro’ di collagene potrebbe far superare i problemi derivanti dalla grande complessità dell’organo: “Probabilmente è proprio la struttura che indica alle sta- minali mesenchimali in quale tessuto trasformarsi – ha spiegato Federica Sangiuolo, genetista dell’università Tor Vergata di Roma – questa tecnica ormai è seguita da diversi gruppi nel mondo, ed è molto promettente: se si riuscisse a creare un organo funzionante si supere- rebbe il problema del rigetto, perché la struttura di base è inerte, men- tre le staminali utilizzate provengono dallo stesso paziente da trapian- tare”. Anche se gli stessi ricercatori avvertono che serviranno ancora molti anni prima di avere a disposizione un organo da trapiantare creato in laboratorio, la ricerca in questo campo fa passi da gigante.

Il 15% dei trapianti proviene da sangue cordonale Firenze, 2 maggio Il cordone ombelicale salva la vita: il 15% dei trapianti di cellule sta- minali del sangue in Italia proviene dalle sacche prelevate dal cordone alla nascita di un bambino, donate dalla madre. Il 60% dei pazienti operati guarisce entro 5 anni. Il dato è stato diffuso in occasione del V congresso Gitmo (Gruppo Italiano Trapianti di Midollo Osseo) che si terrà a Firenze il 5 e il 6 maggio. “Il 15% dei 1.538 trapianti di stami- nali avvenuti nel 2010 – ha spiegato Nicoletta Sacchi, direttore del Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR) – è stato realiz- zato grazie alle cellule del sangue cordonale”. “È una fonte privilegia- ta sia per gli adulti, che ne hanno usufruito nel 70% dei casi, che per i bambini – ha sottolineato il professor Alberto Bosi, presidente di Gitmo e ordinario di malattie del sangue all’Università di Firenze –. Da cinque anni si è invertito tale rapporto, grazie alla selezione dei cordoni bancati (che devono contenere oltre 1 miliardo di staminali emopoietiche), al miglioramento delle tecniche di conservazione e all’efficienza dei registri che le mettono a disposizione”. Leucemie acute, immunodeficienze congenite, mielomi, linfomi e anemia- medi terranea sono le patologie che più hanno bisogno di staminali e che sono in aumento in Italia, secondo i dati Gitmo. A fronte di un aumen- to di staminali, diminuiscono i donatori familiari cioè consanguinei con sempre maggior bisogno di non familiari che rappresentano la fonte di oltre la metà dei trapianti effettuati lo scorso anno in Italia. L’85% di staminali sono state prelevate dal sangue periferico o dal midollo osseo di un donatore adulto. “Nonostante siano stati dichiara- ti ammissibili anche i soggetti di 60-65 anni – continua Sacchi – il numero di potenziali donatori non cresce adeguatamente in maniera preoccupante”.

Sì a ‘fattoria dei maiali’ per gli organi OGM Roma, 17 maggio Nascerà a Cremona, nel centro Avantea del genetista Cesare Galli, uno dei primi allevamenti di suini transgenici a fini di ricerca e per la

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produzione di organi OGM che – per ora trapiantati sperimentalmen- te sui primati – potrebbero in futuro arrivare ad essere utilizzati nell’uomo. Il via libera è arrivato con un parere del Consiglio superio- re di sanità (Css), investito della questione dal ministero della Salute. “Non si tratterà di ‘allevamenti indiscriminati’, bensì di allevamenti di suini o animali transgenici esclusivamente a fini di ricerca e nei quali il numero degli animali presenti sarà contingentato sulla base delle esigenze legate alle ricerche”, ha spiegato il presidente del Css Enrico Garaci. Inoltre, l’autorizzazione deve essere sempre relativa e riguar- dare un preciso progetto di ricerca. Il parere prevede anche precise norme di garanzia: “Ad esempio il fatto – ha spiegato Garaci – che tali allevamenti siano comunque separati da altre tipologie di allevamen- ti.” “Mi fa piacere che alla fine un nostro diritto, quello di fare ricerca, sia stato riconosciuto. Ora possiamo continuare la nostra attività, che è sempre stata trasparente”, ha commentato Galli. Ma qual è l’obiet- tivo delle ricerche? “La richiesta di avviare un allevamento – ha spie- gato l’esperto – è motivata dall’esigenza di poter disporre di animali OGM in numero sufficiente e che si riproducano naturalmente, al fine di rendere le sperimentazioni più semplici”. Il progetto maggiore al quale Galli lavora è quello sugli xenotrapianti: “I suini transgenici da noi prodotti – ha spiegato – vengono inviati a centri di ricerca in Italia, a Padova, e all’estero; qui gli organi OGM dei suini vengono trapian- tati a primati per valutare la risposta e il rigetto”. Il fine ultimo è, ovviamente, arrivare al trapianto sull’uomo. Per ora, si è lavorato sul trapianto delle isole pancreatiche per la produzione di insulina (nel mondo, già alcuni test clinici sull’uomo sono stati effettuati), ma anche sul trapianto di neuroni da suini OGM a primati per lo studio del Parkinson e sul trapianto del rene (sempre su primati). Nel centro di Galli si studiano inoltre le malattie genetiche dell’uomo, sempre utiliz- zando modelli di suini OGM.

Nasce la Rete di cooperazione per i trapianti Palermo, 25 maggio Una rete di cooperazione tra i Centri nazionali trapianto dei Paesi del Bacino del Mediterraneo con lo scopo di promuovere il trapianto da cadavere utilizzando i principi della Carta di Istanbul, la principale dichiarazione al mondo contro il traffico di organi. La Sicilia sarà la sede di questa rete grazie al supporto di Ismett e del Centro regionale trapianti (CRT). La rete è stata presentata questa mattina, nella Piazza della Salute allestita al Politeama, dal Presidente della società interna- zionale dei Trapianti, Francis Delmonico, e dal direttore del Centro nazionale trapianti (CNT) Alessandro Nanni Costa. “Questa rete ha un significato importante – ha dichiarato Nanni Costa –: tutti ipaesi del Mediterraneo hanno sviluppato attività di alto livello di dialisi e di nefrologia, ora hanno la necessità di sviluppare il programma di tra- pianto da cadavere utilizzando i principi della Carta di Istanbul, la principale dichiarazione al mondo contro il traffico di organi”. Per Refat Kamel, direttore del centro trapianti del Cairo: “la rete di coo-

223 perazione riveste un ruolo fondamentale in un Paese come l’Egitto dove da poco è stata portata avanti una nuova legge sulla donazione. Grazie a questa cooperazione internazionale potremo usufruire del supporto organizzativo del Cnt per la formazione e l’uso di software”. Nel 2010 l’Egitto ha promulgato la legge sull’accertamento di morte cerebrale e la donazione di organi. Ad ottobre dello stesso anno, le autorità sanitarie egiziane hanno manifestato la volontà di definire con gli esperti italiani un programma di cooperazione specifico per favori- re lo sviluppo della donazione da cadavere e di una rete nazionale trapianti. La collaborazione tra i due Paesi nasce a seguito della coo- perazione nel campo dei trapianti d’organo tra l’Italia ed alcuni Paesi del Bacino Mediterraneo e del Medio Oriente.

2 reni donati su 3 provengono da una donna 7 Roma, 26 maggio Le donne sono molto più generose nella donazione di organi. I due terzi dei reni da vivente arrivano appunto da una donna. Ma ne rice- vono solo un terzo. Per la prima volta uno studio del Centro Nazionale Trapianti ha evidenziato lo squilibrio tra i due sessi nella donazione da vivente che si realizza tra parenti e consanguinei. Fra i coniugi nel 71,4% sono le donne che donano ai mariti, a fronte di un 24,4% di mariti che donano alle moglie. Il dato è stato presentato in occasione dell’avvio della campagna nazionale 2011 e della presentazione della Giornata nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessuti che si svolgerà il prossimo 26 maggio. Nel caso di donazioni di rene da vivente tra consanguinei nel 51% dei casi le donatrici sono le madri e solo nel 20% dei casi i padri.

Primo trapianto al mondo di trachea artificiale Roma, 7 luglio Primo trapianto al mondo di trachea totalmente artificiale. Ad effet- tuarlo è stato un gruppo di chirurghi dell’Istituto Karolinska di Stoccolma e l’intervento è stato coordinato dal professor Paolo Macchiarini, considerato uno dei maggiori esperti nel settore che ora lavora all’estero. “L’organo – ha spiegato il chirurgo italiano – è stato interamente ricostruito in laboratorio utilizzando materiali frutto di nanotecnologie (polimeri sintetici ultrapiccoli) e cellule staminali che hanno riprodotto i tessuti di rivestimento della trachea. Il trapianto è stato effettuato un mese fa e il paziente, un uomo di 36 anni affetto da un tumore maligno della trachea, è in buone condizioni e sarà dimes- so dall’ospedale universitario domani”. La tecnica innovativa che permette di superare in casi analoghi il prelievo dell’organo da dona- tore, potrebbe salvare la vita ad un bimbo coreano di 9 mesi che è nato con una trachea malformata. Macchiarini, che ora lavora a Stoccolma dopo aver lavorato nel Regno Unito e a Firenze, ha effettuato 10 tra- pianti di trachea utilizzando organi da donatori. In uno di questi nel 2008 ha sperimentato l’uso di cellule staminali per rivestire i tessuti dell’organo. Nell’intervento del mese scorso i medici hanno deciso di

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utilizzare la nuova tecnica bioartificiale perché il paziente era stato già sottoposto a chemioterapia e radioterapia senza tuttavia ottenere suc- cesso. Anzi, l’avanzare del tumore alla trachea stava occludendo le vie respiratorie del giovane. Grazie alla collaborazione di un team di scienziati inglesi che hanno effettuato accuratissime immagini radio- grafiche in 3D, è stato possibile ricostruire su misura la struttura- artifi ciale di base dell’organo, utilizzando nanotecnolgie. Le cellule stami- nali, prelevate dal paziente, hanno permesso poi di ‘ripavimentare’ la trachea. Grazie alle nanotecnologie e alla medicina rigenerativa i medici sperano di riuscire a costruire una trachea artificiale in una settimana.

A 91 anni recupera la vista dopo trapianto cornea Roma, 30 luglio “Non mi sembra vero”. Non riesce ancora a credere di essere tornata a vedere la donna di 91 anni che ha recuperato la vista dopo il trapian- to di cornea effettuato nella divisione oculistica dell’ospedale di

8 Lanciano, in Abruzzo. L’anziana, residente in un comune della Val Sangro, già dopo le dimissioni ha notevolmente recuperato la capacità visiva e ripreso una buona autonomia di movimenti. “Mi avevano spiegato che tanto a questa età non c’era niente da fare – ha commen- tato la paziente – sono stata costretta a farmi assistere giorno e notte perché non vedevo più e da sola non potevo muovermi nemmeno dentro casa. Poi mi hanno suggerito di farmi visitare a Lanciano, dove curano molte persone anziane, e ora non mi sembra vero poter vedere di nuovo”. Un caso non unico all’ospedale Renzetti di Lanciano, dove alta è la casistica (6%) degli ultranovantenni che hanno ritrovato la vista. Gli interventi, dell’equipe oculistica coordinata dal dottor Domenico Pellegrini, riguardano per la maggior parte la cataratta complicata, con forme aggravate dall’associazione con altre patologie oculari o invalidanti, quali Alzheimer e Parkinson.“È stata una scelta precisa – ha affermato Pellegrini – quella di garantire un’assistenza adeguata a pazienti particolarmente critici non solo per patologie ocu- lari complesse, ma anche perché spesso presentano gravi handicap fisici o cerebrali, condizioni che non permettono di eseguire interventi di tipo ambulatoriale e necessitano, pertanto, di ricovero. Una forma di assistenza importante perché consente non solo una riabilitazione visiva a volte sorprendente, ma anche uno straordinario miglioramen- to della qualità della vita di queste persone, che recuperano una con- dizione di buona autonomia e di indipendenza da famigliari, badanti e servizi sociali”. L’intervento eseguito a Lanciano rappresenta un esempio dell’eccellenza del sistema italiano dei Trapianti, ha commen- tato il direttore del CNT Alessandro Nanni Costa: “L’Italia – ha sot- tolineato – è il primo Paese in Europa per numero di donazioni e trapianti di cornee, con circa 5.000 donazioni e 4.900 trapianti l’anno, ed abbiamo banche di tessuti e cornee, come quella di Mestre, tra le più qualificate e controllate. Quanto all’età della paziente, le moderne tecnologie consentono oggi di effettuare trapianti anche su soggetti

225 molto anziani e, con l’aumentare dell’età media della popolazione, sono in crescita anche le donazioni di organo da anziani”.

Toscana, eccellenza mondiale Strasburgo, 11 settembre Il Consiglio d’Europa incorona la Toscana come la regione più virtuo- sa per numero di donatori rispetto alla popolazione. L’indicazione giunge dall’ultimo rapporto mondiale sui trapianti curato da Rafael Matesanz (direttore dell’Organizzazione Spagnola per i Trapianti – ONT) e pubblicato dall’organismo paneuropeo che ha sede a Strasburgo “Se tutte le regioni si comportassero come la Toscana, l’Italia – ha osservato Matesanz – sarebbe il Paese al mondo con il maggior numero di donatori di organi”. E invece il primato spetta dal 1992 alla Spagna dove, nel 2010, il numero dei donatori deceduti è stato pari a 32 per ogni milione di abitanti (in Italia 21,6). Anche nel campo dei donatori il Bel Paese si presenta spaccato in due. “Da voi esiste un fenomeno che non si verifica in nessun altro Paese. Ci sono regioni come la Toscana che hanno 40 donatori deceduti per ogni milione di abitanti, un dato cui si avvicinano diverse regioni del Nord, ma poi ci sono regioni meridionali che arrivano solo a 5 donatori. Questa disparità tra Nord e Sud Italia, come del resto anche le diffe- renze tra un Paese e l’altro – ha spiegato Matesanz – deriva innanzi- tutto dal tipo di organizzazione che è stata data al servizio sanitario. La Toscana è stata la prima regione in Italia a implementare un nuovo modello, simile a quello spagnolo, che si basa sulla formazione di coor- dinatori specializzati. Un modello che ha permesso di moltiplicare in pochi anni il numero di donatori”. Per il direttore dell’ONT ci sono però almeno altri due elementi che giocano un ruolo importante sul numero di donatori. Il primo è di natura culturale. I Paesi cattolici in genere riescono a raggiungere un numero più alto di donatori che quelli protestanti grazie al diverso approccio alla malattia, alla vita e alla morte dei pazienti. “In genere nei Paesi cattolici si ricorre di più all’uso della terapia intensiva, anche in casi difficili o in cui c’è poca speranza che il paziente sopravviva”, fenomeno che si riscontra, ad esempio, tra il Belgio cattolico e l’Olanda protestante. Questo dà un vantaggio ai medici per organizzare l’espianto degli organi e il trapian- to. L’altro elemento che pesa molto è la formazione che ha ricevuto la persona preposta a ottenere il permesso per l’espianto degli organi dai familiari del deceduto. In Spagna la percentuale di famiglie che rifiuta di dare il permesso è molto più bassa che in Italia, 19% contro 31,5%. “Da noi – ha spiegato ancora Matesanz – sono le figure professionali ‘ad hoc’, i coordinatori a interloquire con le famiglie. In Italia il com- pito è affidato ai rianimatori che, essendo molti di più, hanno- maggio ri difficoltà ad acquisire la necessaria esperienza”.

Incinta grazie all’autotrapianto di tessuto ovarico Torino, 4 ottobre Una donna di Torino, di 28 anni, è rimasta incinta grazie all’autotra-

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pianto di tessuto ovarico, congelato nel 2003 e reimpiantato lo scorso anno. È il primo caso di questo tipo in Italia, il 15/o nel mondo. La donna, in cura all’ospedale Sant’Anna di Torino, ha una forma di talassemia che nel 2003 la costrinse ad un trapianto presso l’ospedale infantile Regina Margherita di cellule staminali emopoietiche (cordo- nali e midollari) dalla sorellina di due anni. L’intervento, coordinato dalla dottoressa Franca Fagioli, si era reso necessario perché la malat- tia non rispondeva più alle terapie tradizionali e avrebbe portato la paziente alla morte. I trapianti di cellule emopoietiche rendono sterili le bambine e le adolescenti che vi si sottopongono. Perciò, nel 2001, per opera del professor Enrico Madon (scomparso lo scorso 27 agosto) e del professor Marco Massobrio, era nato il programma ‘Fertisave’ che consiste nel prelievo di tessuto di ovaie e congelamento (criocon- servazione) dello stesso presso il laboratorio ‘Fiver’ del Sant’Anna con l’obiettivo di poterlo utilizzare più avanti in una situazione favorevole. Per la giovane donna, che dopo il trapianto aveva raggiunto una con- dizione di menopausa precoce, quella situazione favorevole è giunta nella primavera del 2010, quando è stata finalmente considerata fuori pericolo. La donna ha quindi chiesto di poter utilizzare il tessuto ova- rico crioconservato: due interventi chirurgici laparoscopici le hanno reimpiantato i frammenti prelevati otto anni prima e, nel giro di due mesi, le hanno consentito di riavere cicli mestruali spontanei. Nella primavera di quest’anno è rimasta incinta e ha attualmente superato il terzo mese di gravidanza.

Intervento rene-pancreas per diabetici con problemi renali Roma, 24 novembre “In Italia ci sono 2 milioni e mezzo di persone con diabete, di cui il 90% di tipo due. Il 20% sviluppa una malattia renale che, nella metà dei casi ovvero in circa 12 mila persone, si evolve in insufficienza rena- le terminale, da trattare con dialisi o con trapianto di rene”. Lo ha affermato Salvatore Di Giulio, direttore del Dipartimento dei trapian- ti P.O.I.T Silvio Natoli dell’ospedale San Camillo-Forlanini e Inmi Spallanzani, a margine di un convegno sul trapianto rene-pancreas nel diabetici. “Trapiantando in queste persone il rene e il pancreas – ha affermato Di Giulio – si raggiungerebbe subito una stabilizzazione della glicemia, visibile fin dal giorno successivo al trapianto e- sirisol verebbe il problema metabolico e quello renale”. Il pancreas è la chia- ve di volta per la cura dei pazienti diabetici con insufficienza renale grave. È stato dimostrato che “le lesioni renali regrediscono – ha aggiunto Di Giulio – se c’è un buon controllo della glicemia gestito, appunto, dal pancreas”. Dall’incontro è emersa la necessità di accele- rare l’accesso alle liste d’attesa per trapianti dei pazienti con nefropatie diabetiche e i nefrologi riuniti oggi auspicano la condivisione da parte dei diabetologi a supportare questa metodica per i diabetici. “Oggi, nel Lazio, il tempo di attesa è di tre anni – ha sottolineato Di Giulio – ma in realtà si devono aggiungere altri due anni per sottoporre que- sti pazienti ad approfonditi esami infettivologici e delle coronarie.

227 L’auspicio sarebbe che i pazienti diabetici ricevessero il trapianto di rene e pancreas prima di cominciare la dialisi, diversamente da quanto accade”. Nel 2011 (dati al 31 ottobre), nel Lazio, sono stati effettuati 97 trapianti di rene (26 presso il dipartimento P.O.I.T) e 1 di pancreas, fatto dallo staff del San Camillo-Forlanini e dello Spallanzani. In attesa ci sono 737 persone che aspettano un trapianto di rene (185 al P.O.I.T), 1 di pancreas e 379 sono in dialisi.

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Per la prima volta 3 arti nuovi sulla stessa persona Milano, 25 gennaio È stato eseguito in un ospedale nel Sud della Turchia il primo trapian- to al mondo di tre arti sulla stessa persona. A un uomo di 34 anni sono state infatti impiantate due braccia e una gamba. A effettuare l’inter- vento, come riporta il quotidiano inglese ‘The Independent’, i medici dell’Akdeniz University Hospital di Antalya, che hanno anche eseguito un trapianto di faccia (il primo del genere in Turchia), dallo stesso donatore su un altro paziente, un ragazzo di 19 anni. Il trapianto di faccia è durato 9 ore, mentre quello dei tre arti 12. L’uomo che ha ricevuto le nuove braccia e gambe li aveva persi all’età di 11 anni dopo aver colpito dei fili elettrici con un bastone di ferro per mandare via degli uccelli, subendo uno shock elettrico. Il ragazzo che ha ricevuto il nuovo volto era rimasto invece ustionato in un incendio domestico durante l’infanzia. Tuttavia, il giorno dopo l’intervento, i medici hanno dovuto rimuovere la gamba al paziente per incompatibilità dei tessuti. Ora l’uomo è stabile, così come il paziente che ha subito il trapianto di faccia. Nel mondo sono già stati eseguiti un doppio tra- pianto di braccia, in Germania nel 2008, e uno di gambe, in Spagna nel luglio 2011. Dal 2005 a oggi sono stati invece effettuati una dozzi- na di trapianti di faccia.

Più donazioni e meno pazienti in attesa Roma, 1 febbraio Aumentano le donazioni, in misura lieve (+0,6%) e con “diffusi incre- menti” nel Centro-Sud e il numero di organi trapiantati, mentre dimi- nuiscono i pazienti in lista di attesa (–7,44%) e la percentuale di oppo- sizioni all’espianto, che nel II semestre dello scorso anno è scesa fino al 25,8%. È questa la fotografia sull’attività di donazione e trapianto in Italia che emerge dalla lettura del Report 2011 del Centro Nazionale Trapianti, presentato questa mattina a Roma. "I dati sono molto posi- tivi", ha spiegato il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, evidenzian- do che l’Italia, con 21,7 donatori per milione, è terza tra i grandi Paesi europei, dopo la Spagna (29,2) e la Francia (22,8). Il dato italiano è superiore del 25% alla media europea (16,9%). Il ministro hai poi voluto sottolineare le caratteristiche di “trasparenza ed efficienza” del CNT, evidenziando che la “rete funziona anche in un sistema artico- lato. La diversità – ha concluso Balduzzi – a volte può essere virtuosa, e questo ne è un esempio”. La Regione con il più alto tasso di dona-

231 zione è la Toscana. Incrementi diffusi nelle regioni del Centro-Sud con l’eccezione di Basilicata, Abruzzo e Molise. Nel 2011 la percentuale di opposizioni all’espianto è scesa al 28.3 %, in forte diminuzione rispet- to al 2010 (–3.2%). I pazienti trapiantati in numero assoluto sono 2.940, 64 in più rispetto al 2010. Nel 2011 è aumentato anche il nume- ro degli organi trapiantati, pari a 3.135 contro 3.068 dell’anno prece- dente.

Marino : “Chiudere i centri inefficienti” Roma, 1 febbraio “In un periodo in cui si discute costantemente di ticket e nuove tasse per i cittadini è uno scandalo che meno della metà dei 110 centri tra- pianto in Italia raggiunga gli standard di attività clinica annuale, indi- cata da norme che sono il frutto dell’esperienza scientifica internazio- nale”. Lo afferma in una nota il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul SSN, a commento dei dati diffusi dal Centro Nazionale Trapianti che contengono “gravi elementi di preoccupazione sul piano dell’efficienza e del rigore economico del Servizio Sanitario Nazionale”. Quello dei centri di trapianto, sottoli- nea Marino, “è un dato preoccupante per la qualità delle cure e per lo sperpero di centinaia di milioni di euro. Ad esempio, i centri per il trapianto di fegato di Bari e Genova dovrebbero essere immediata- mente chiusi e i cinque nuclei per lo stesso tipo di trapianto a Roma ridotti al massimo a due. Nessuno di essi esegue il numero minimo di 25 trapianti l’anno”. “Non parliamo poi del trapianto di rene – aggiunge Marino –, per cui almeno 15 centri italiani non rispettano le indicazioni del Ministero della Salute. O ancora dei 16 per il trapianto di cuore, di cui solo tre rispettano le norme”. “La Commissione che presiedo – continua il senatore del Pd – ha aperto una specifica inchie- sta su questo aspetto importantissimo del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Non è necessario fare rivoluzioni, basterebbe sospendere l’autorizzazione ai centri con un basso tasso di attività che costano moltissimo e non offrono servizi adeguati, per poi ridistribuire le risor- se ai centri di eccellenza. Questo Governo ha fatto tanto in tempi rapidi – conclude Marino –, ora adotti una politica sanitaria davvero basata sul merito e sull’appropriatezza in modo da rispettare i cittadini e gli sforzi economici che sono stati già chiesti loro”.

USA, bimba riceve 6 organi Washington, 3 febbraio Una bambina di 9 anni è appena tornata a casa dall’ospedale di Boston dove ha ricevuto ben 6 organi, tra cui l’esofago. Gli esperti ritengono che si tratti del primo impianto di quest’organo e di una delle più vaste operazioni di trapianto negli USA. Alannah Shevenell, questo il nome della piccola che soffriva di un raro sarcoma, ha rice- vuto quindi: stomaco, fegato, milza, intestino minore, pancreas e gran parte dell’esofago. Lo straordinario intervento è stato effettuato in Ottobre al Children hospital del Maine da un team guidato dal chirur-

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go Heung Bae Kim. La bimba aveva solo il 50% di possibilità di sopravvivenza, ma senza l’intervento sarebbe morta sicuramente. “Si tratta di uno degli interventi di rimozione di tumore più ampi mai svolti – ha commentato Kim –. È stata un’operazione difficile, con perdite copiose di sangue”. Secondo l’American Journal of Transplantation nessun trapianto di esofago è mai stato riportato nella letteratura medica. Oggi, dopo tre mesi trascorsi in ospedale a com- battere infezioni e complicazioni varie, Alannah è finalmente a casa, gioca, chiacchiera con i nonni e va in slittino sulla neve. Il suo sistema immunitario è ancora debole e viene nutrita con un tubicino, ma i medici sono ottimisti.

Proposte “estreme” in UK per reperire gli organi Londra, 13 febbraio A mali estremi, estremi rimedi. I donatori di organi del Regno Unito non sono abbastanza e per evitare che circa 1.000 persone all’anno muoiano in attesa di un trapianto, l’associazione dei medici britannici propone una serie di misure ‘al limite’. Gli specialisti di sua Maestà vorrebbero ad esempio mantenere in stato di ventilazione i pazienti cerebralmente morti, con l’unico scopo di conservare i loro organi fino all’espianto e prelevare il cuore da persone morte da poco per poi farlo ripartire una volta trapiantato. Tra le svariate idee della British Medical Association (Bma) vi sono anche quelle di utilizzare gli organi di donatori ad alto rischio e quella di espiantare il cuore dai bebè di meno di tre mesi di vita che hanno subito una morte cerebrale. L’associazione ammette che si tratta di temi etici “difficili”, ma sottoli- nea la necessità di riprendere il dibattito in quanto il numero di perso- ne che muoiono aspettando un organo è troppo alto. La pratica più controversa affrontata dalla Bma nel suo rapporto è probabilmente quella della ‘ventilazione elettiva’, nella quale i pazienti che hanno subito morte cerebrale (il parametro per definire il decesso di un indi- viduo) vengono ventilati. Così facendo si impedirebbe che il cuore, i polmoni e l’intero organismo si spengano. Questa procedura aveva portato ad un aumento del 50% degli organi disponibili quando era stata introdotta al Royal Devon and Exeter Hospital nel 1988, ma nel 1994 il Ministero della Sanità l’aveva dichiarata illegale. La Spagna e gli USA già utilizzano questa tecnica e secondo Nigel Heaton, profes- sore di chirurgia dei trapianti del King’s College Hospital di Londra, l’opinione pubblica presto cambierà in suo favore. L’altro metodo è invece quello dell’espianto del cuore di pazienti che hanno subito una cessazione delle funzioni cardio-respiratorie, il cui organo viene in seguito fatto ripartire e trapiantato. Finora da questi pazienti si sono prelevati soltanto i reni, il pancreas, il fegato e i polmoni. Si tratta di una procedura sperimentata con successo negli Usa ma anche, ammet- te lo stesso rapporto, di un “concetto difficile”, che necessita di “atten- te spiegazioni” alla famiglia del deceduto. La Gran Bretagna, afferma inoltre la Bma, dovrebbe inoltre introdurre un test standard per verifi- care la morte cerebrale dei neonati di meno di tre mesi, in modo da

233 rendere possibile l’espianto dei loro cuori e porre fine all’importazione di organi da altri Paesi per questa fascia di età. La legge britannica sui trapianti prevede che chi intende donare i propri organi metta il pro- prio nome in un registro. La Bma appoggia invece il sistema opposto, secondo il quale tutti vengono considerati automaticamente come donatori a meno che dicano espressamente di non volerlo.

Israele, cambia il sistema delle liste d’attesa Milano, 17 febbraio Per risolvere il problema delle liste d’attesa dei trapianti Israele ha deciso di cambiare sistema. La priorità verrà data a chi è d’accordo nel donare i propri organi, introducendo così per la prima volta nel mondo un criterio ‘non medico’ nel sistema di priorità, dove comun- que in cima rimane la necessità ‘medica’. A spiegarlo è il New York Times. Finora Israele è stato il fanalino di coda tra i Paesi occidentali per la donazione d’organi. La legge ebraica proibisce infatti la profa- nazione dei morti, da molti interpretata come un divieto del Giudaismo alla donazione degli organi. Inoltre ci sono molte questioni poste dai rabbini sul concetto di morte cerebrale. Il risultato è che molti pazien- ti muoiono nell’attesa di un trapianto. Questo nuovo sistema nasce dall’idea di un chirurgo cardiotoracico, Jacob Lavee, dello Sheba Medical Center a Tel Hashomer. Nel 2005 due pazienti di Lavee, ultraortodossi in attesa di trapianto di cuore, gli avevano riferito che non avrebbero mai donato i loro organi, in accordo con i precetti rab- binici ultraortodossi, ma che non avevano problemi ad accettare gli organi di altri. Visto il paradosso, Lavee presentò una proposta di legge per dare priorità ai pazienti disponibili a donare i propri organi. Così, dopo aver lavorato con vari esperti, nel 2010 è stata prodotta una nuova legge che entra ora in vigore e prevede che se due pazienti hanno le stesse identiche necessità mediche, la priorità del trapianto va a chi ha firmato la carta di donatore. In alternativa, si verificherà se membro della sua famiglia in passato ha donato. Grazie ad un’intensa campagna di sensibilizzazione tramite i media, negli shopping center e nei caffè, la risposta della popolazione è stata molto alta, visto che si sono registrati in massa come potenziali donatori oltre 70mila persone in sole 5 settimane. È inoltre aumento il consenso delle famiglie e il numero di trapianti effettuati (+60%).

Rene, espianto a cuore fermo con “Alba” Pavia , 27 febbraio La possibilità di eseguire trapianti di rene da donatori a cuore fermo può essere una grande risorsa aggiuntiva (non alternativa al consolida- to prelievo a cuore battente) per reperire più organi. È quanto prevede il programma “Alba”, il protocollo, primo e finora unico in Italia, in funzione dal 2008 e diventato riferimento nazionale per le strutture sanitarie italiane. È stato messo a punto dalla Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia e approvato dal Comitato Nazionale per la Bioetica e dal Centro Nazionale Trapianti. Grazie ad “Alba”

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oggi 13 persone vivono senza la schiavitù della dialisi. Inoltre è stato quantificato il costo dell’investimento e il risultato è significativo: il prelievo e il trapianto del rene da una persona a cuore fermo, nel lungo periodo, costano meno rispetto a una operazione eseguita su un donatore a cuore battente in rianimazione e rispetto alla permanenza del paziente in dialisi. “Alba” è una novità per l’Italia, nonostante molti Paesi europei come Spagna, Gran Bretagna e Olanda abbiamo avviato programmi simili già dagli anni Novanta. L’esperienza di Pavia dice anche che la risposta della popolazione alla proposta di donazione secondo il protocollo “Alba” è stata positiva, con un tasso di opposizio- ne inferiore al 6%. Diverse strutture italiane si stanno attrezzando per applicare il protocollo e hanno contatti collaborativi con l’equipe del San Matteo. Tra queste l’ospedale Careggi di Firenze, il San Raffaele e il Policlinico di Milano, l’ospedale di Varese e quello di Ancona.

Donare un rene non espone a rischio cardiovascolare Londra, 2 marzo I donatori viventi di rene non sono a maggior rischio di malattie car- diache, rispetto al resto della popolazione sana. In generale, esiste un forte legame tra la riduzione della funzionalità renale e le malattie cardiovascolari. Tuttavia, precedenti studi avevano stabilito che non sussiste un maggior rischio per coloro che donano un rene, sebbene i risultati non siano stati considerati del tutto definitivi. Alcuni ricerca- tori di Canada, Australia e Usa hanno allora coinvolto 2.028 volonta- ri che avevano donato un rene tra il 1992 e il 2009, mettendoli a confronto con 20.280 non donatori sani. Lo studio della London Kidney Clinical Research Unit, Ontario, Canada ha rivelato che, nonostante la ridotta funzionalità renale nei donatori, c’era un minor rischio di morte o di subire una prima crisi cardiovascolare importan- te nei donatori rispetto ai non donatori (2,8 contro 4,1 eventi per 1000 persone ogni anno). Inoltre, non c’era alcuna significativa differenza nel rischio generale di ammalarsi di gravi malattie cardiovascolari tra i due gruppi esaminati e non c’era alcun aumento di rischio cardiaco né fra chi donava il rene né fra chi lo riceveva. Una condizione, sosten- gono gli autori dello studio pubblicato sul British Medical Journal, causata dal fatto che donatori e riceventi si sottopongono a regolari visite mediche che migliorano notevolmente il proprio stato di salute.

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Indice

Nota del curatore 5 Francesco Marabotto

Prefazione 7 Luigi Contu

Introduzione 9 Renato Balduzzi

L'informazione ha fatto crescere la rete 11 Alessandro Nanni Costa

Le sfide che affrontiamo 13 Davide Piras

il diario dei trapianti in italia

1992 17 1993 27 1994 39 1995 47 1996 55 1997 65 1998 73 1999 83 2000 93 2001 105 Indice

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8 Questo volume è stato realizzato grazie a un educational grant di Bristol-Myers Squibb Il volume racconta gli ultimi 20 anni dell’entusiasmante storia dei trapianti. Ricerca scientifica, cronaca, dibattito etico e religioso. L’atto di donare un orga- no tocca molteplici sfere raccontate esaustivamente in questa selezione di lanci dell’ANSA. Dal 1992, scelto come data simbolica di partenza, in cui l’Italia è ancora ‘fa- nalino di coda’ rispetto alle altre Nazioni industrializzate, si arriva ai giorni nostri: quando il nostro Paese segna un record dopo l’altro e si attesta ai primi posti delle graduatorie internazionali per numero di donazioni. La selezione delle news della principale agenzia giornalistica italiana rappre- senta una perfetta chiave di lettura storico-scientifica, utile per ripercorrere e decifrare le principali tappe e i numerosi significati di questa avventura. Il tema dei trapianti non riguarda infatti solo il lato squisitamente tecnico della conqui- sta scientifica, ma coinvolge anche delicati aspetti etici e sociali. Emblematico in questo senso il dibattito sulla definizione di morte cerebrale, sull’opportunità di eseguire il trapianto su persone con HIV e sull’impianto di cuore di babbuino nel corpo umano. Fino alle divergenze più recenti sulle potenzialità delle cellule staminali, coltivando interi organi ‘in vitro’. Voci e ragioni di scienziati e religiosi si sono nel tempo rincorse e sovrapposte. Storico, ad esempio, l’intervento di Papa Giovanni Paolo II al congresso mondiale della Transplantation Society svoltosi a Roma nel 2000. Il lavoro quindi vuole anche mostrare agli addetti ai lavori la percezione che il pubblico ha delle notizie dopo l’elaborazione giornalistica. In modo che l’even- tuale scelta di donare una parte di sé all’altro sia frutto di una decisione sempre più consapevole.