Julian Rachlin Violino E Viola Itamar Golan Pianoforte 21

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Julian Rachlin Violino E Viola Itamar Golan Pianoforte 21 STAGIONE 2007-2008 DELIRI E ARMONIE Martedì 22 aprile 2008 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Julian Rachlin violino e viola 21 Itamar Golan pianoforte Consiglieri di turno Direttore Artistico Mario Delli Ponti Paolo Arcà Luciano Martini Con il patrocinio di Con il contributo di Con il patrocinio e il contributo di Con il contributo di Sponsor istituzionali Sponsor “Grandi Interpreti” Con la partecipazione di È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala con qualsiasi apparecchio, anche cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione, durante gli applausi. Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si invita a: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Julian Rachlin violino e viola Itamar Golan pianoforte Dmitrij Sˇ ostakovicˇ (San Pietroburgo 1906 – Mosca 1975) 10 Preludi da 24 Preludi op. 34 (trascrizione per violino e pianoforte di Dmitri Tziganov) Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827) Sonata n. 3 in mi bemolle maggiore op. 12 n. 3 Intervallo Johannes Brahms (Amburgo 1833 – Vienna 1897) Sonata per viola in mi bemolle maggiore op. 120 n. 2 Ludwig van Beethoven Sonata n. 10 in sol maggiore op. 96 Dmitrij Sˇ ostakovicˇ 10 Preludi da 24 Preludi op. 34 n. 2 in la minore (Allegretto) - n. 6 in si minore (Allegretto) n. 12 in sol diesis minore (Allegro non troppo) n. 13 in fa diesis maggiore (Moderato) - n. 17 in la bemolle maggiore (Largo) n. 18 in fa minore (Allegretto) - n. 19 in mi bemolle maggiore (Andantino) n. 21 in si bemolle maggiore (Allegretto poco moderato) n. 22 in sol minore (Adagio) - n. 20 in do minore (Allegretto furioso) Dmitrij Sˇ ostakovicˇ sapeva suonare il pianoforte molto bene. Allievo al Conservatorio di Leningrado del grande didatta Leonid Nikolaev, il giovane Sˇ ostakovicˇ venne addirittura scelto dalle autorità sovietiche per partecipare al Concorso Chopin di Varsavia nel 1927. Il pianista Nathan Perelman ebbe occa- sione di ascoltarlo, appena prima della partenza per Varsavia: «La sua maniera di suonare Chopin non assomigliava a niente che avessi ascoltato né prima né dopo. Mi ricordava le sue esecuzioni della propria musica, molto dirette e senza troppa plasticità, e molto laconiche nell’espressione». Le testimonianze dell’epo- ca sono concordi nel dipingere Sˇ ostakovicˇ come un interprete asciutto e privo di sentimentalismo, benché fosse evidente fin dagli inizi la sua spiccata attitudi- ne da compositore a “sentire” la forma e ad accentuare i contrasti espressivi anche nell’esecuzione del repertorio. Il pianoforte rimase un fedele compagno di viaggio per Sˇ ostakovicˇ , perlomeno fino a quando la salute gli permise di suona- re, anche in pubblico, la propria musica. Lo studio di Chopin dev’essere tuttavia rimasto impresso a fondo nell’animo del compositore, dal momento che all’inizio degli anni Trenta Sˇ ostakovicˇ scrisse un ciclo di 24. Preludi, sulla falsariga del grande predecessore. I Preludi op. 34, composti in maniera disciplinata e un po’ ossessiva, uno dopo l’altro, tra il 30 dicembre 1932 e il 2 marzo dell’anno succes- sivo, seguono infatti lo schema tonale dei Preludi di Chopin. Il ciclo infatti dise- gna un cerchio armonico perfetto, a partire da do maggiore, seguendo la pro- gressione delle quinte e toccando tutte le dodici tonalità maggiori con le loro relative tonalità minori. L’omaggio a Chopin riguardava soprattutto la concezio- ne poetica del ciclo, che intendeva raccogliere un’ampia gamma d’impressioni e di stati d’animo, in maniera piuttosto libera e senza l’assillo di dover conferire al lavoro una forma organica. Il carattere frammentario rispecchiava inoltre l’im- piego di un vasto repertorio di riferimenti musicali, in una sorta di variopinto affresco di stili e di umori contrastanti. Sebbene la citazione d’autore costituisca un aspetto indiscutibile del ciclo, i Preludi op. 34 non costituivano un lavoro di sapore parodistico, in linea con le tendenze neoclassiche in voga all’epoca. Sˇ ostakovicˇ sembrava invece interessato a sperimentare, per il momento nella scrittura pianistica, una forma di sincretismo espressivo di stampo mahleriano, una strada che imboccherà in maniera ben più radicale in lavori degli anni suc- cessivi come la monumentale Sinfonia n. 4. In questo senso acquistano un rilie- vo particolare i numerosi riferimenti a Mahler, evidenti nel Preludio in la mino- re n. 2 e in quello in la maggiore n. 6. La musica di Sˇ ostakovicˇ ha sempre espresso una compassione di tipo esistenziale per la condizione umana, nella quale convivono la dimensione della tragedia e della farsa. Il contrasto confla- gra in maniera grottesca nelle volgari musiche da ballo di moda all’epoca, molto amate da Sˇ ostakovicˇ , ma si estende anche alla contrapposizione di momenti espressivi, come il lento valzer alla Chopin del Preludio in la bemolle maggiore n. 17, con episodi di sarcasmo quasi infantile, tipico del pianoforte del primo Prokof ’ev, come il Preludio successivo in fa minore n. 18 o quello in si bemolle maggiore n. 21. Dmitri Tziganov, storico leader del Quartetto Beethoven, tra- scrisse per violino e pianoforte verso la fine degli anni Trenta le pagine reputa- te più adatte. La selezione si chiude con il Preludio in do minore n. 20. Il mondo di Sˇ ostakovicˇ , ossessionato da un profondo senso tragico della condizione umana, sembra raffigurato alla perfezione tanto in questa icastica e selvaggia danza illuminata da bagliori d’odio, quanto nel gelo invernale e nella spoglia sec- chezza del precedente Preludio in sol minore n. 22. Ludwig van Beethoven Sonata n. 3 in mi bemolle maggiore Allegro con spirito op. 12 n. 3 Adagio con molt’espressione Rondò. Allegro molto Sonata n. 10 in sol maggiore op. 96 Allegro moderato Adagio espressivo Scherzo. Allegro Poco allegretto Le Sonate per violino di Beethoven sono iscritte ancora alla storia della musica strumentale del Settecento. Persino la ciclopica Sonata Kreutzer op. 47, malgra- do le mostruose novità della scrittura, costituiva la punta estrema di quella tradizione, nella quale l’appartenenza a un genere giustificava il linguaggio e la forma di un lavoro. Tutte, tranne l’ultima Sonata, quella in sol maggiore op. 96, che appartiene non solo a una fase diversa del lavoro di Beethoven, ma anche a una visione nuova delle possibilità della musica strumentale. Le prime tre Sonate “per Clavicembalo / o Forte-piano, con un Violino” op. 12 risalgono agli anni 1797-1798 e furono pubblicate a Vienna da Artaria tra il dicembre 1798 e il gennaio successivo. La maggior parte dei lavori degli anni Novanta, tra quelli reputati degni dall’autore di entrare nel novero dei Werke, consiste appunto in opere a gruppi. Un breve elenco comprende per esempio i tre Trii op. 1, le tre Sonate per pianoforte op. 2 e le tre op. 10, le due per violon- cello op. 5. Questa composita mappa di lavori ruota attorno alla tastiera del pianoforte, che rappresentava per Beethoven il territorio vitale da conquistare, dopo il suo arrivo definitivo a Vienna nel 1792. L’arte d’improvvisare sul fortepiano costituiva la sua arma migliore, con la quale Beethoven sperava non solo di sbarazzarsi della numerosa concorrenza, cosa tutto sommato non troppo difficile, ma forse anche di far dimenticare ai viennesi il genio divino di Mozart. Sebbene gli esperti criticassero la pessima formazione teorica e le lacune tec- niche nella composizione, il pubblico degli amatori rimaneva impressionato dalla maniera impetuosa di toccare la tastiera e dalla sovrabbondanza d’idee del gio- vane pianista. Il ruvido ma onesto Haydn si accorse subito che Beethoven era un musicista di un’altra razza e fece il possibile, con relativo successo, per incanalare la sua travolgente energia in maniera più ordinata. Le numerose edi- zioni delle sue opere aiutavano in maniera considerevole Beethoven a diffondere lo stile vigoroso della sua musica. Le tre Sonate con violino op. 12, in re mag- giore, la maggiore e mi bemolle maggiore, manifestavano in maniera evidente la natura esuberante del pianoforte di Beethoven. La tastiera, per esempio, diven- ta la protagonista indiscutibile dello sviluppo nel primo movimento, “Allegro con spirito”. Il violino infatti si limita a sostenere con una serie di bicordi le tem- pestose sestine del pianoforte o al massimo ne imita il turbine di semicrome. È lo strumento di Beethoven a prendere sulle spalle la responsabilità di elaborare gli elementi tematici e anche di suggerire il misterioso episodio sottovoce in si bemolle minore, che prepara in maniera splendida e geniale il ritorno del tema principale. La stessa sensazione di lontananza, di smarrimento dell’essere negli infiniti spazi del lirismo si ritrova nell’episodio centrale del movimento lento, “Adagio con molt’espressione”. La parte dei due strumenti reca la scritta per- dendosi, come per indicare un abbandono del suono al flusso delle armonie, le più delicate immaginabili, in questo scorcio notturno degno dei versi di Hölderlin. Che a una pagina visionaria come questa, sconvolta nella coda da emozioni quasi fuori controllo, faccia seguito un movimento di carattere rude fino alla rozzezza come il “Rondò” finale esprime in maniera idiomatica la natu- ra della musica di Beethoven. Sembra di vedere il vecchio Haydn scuotere il capo, di fronte al finale. La danza rustica, così simile a quelle scritte da lui, era del tutto priva però del saggio umorismo che l’aveva reso famoso. Nel “Rondò” l’allegria dei contadini diventava minacciosa e la danza rischiava di trasformar- si in rivolta. A Parigi, in quel tempo, le teste rotolavano dal palco. Una campagna ben diversa compare invece nella Sonata in sol maggiore op.
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