MARIA PIA ALBERZONI

Legittimazione personale e costruzione del consenso La statua equestre di Oldrado da Tresseno (1233)

1. Le rappresentazioni plastiche o pittoriche di esponenti dei ceti diri- genti dei comuni, in special modo quelle esposte in luoghi o edifici le- gati all’esercizio del potere, sono decisamente rare, sia perché la carica di console o di podestà era a tempo determinato e limitato sia perché una autorappresentazione in uno spazio pubblico sarebbe potuta appa- rire contrastante con quell’amore alla libertà che, secondo il giudizio di Ottone di Frisinga, costituiva il movente della scelta dei comuni di darsi autonomi ordinamenti e si sarebbe potuta interpretare come una cele- brazione del potere personale e preludio di una signoria1. A prova di ciò basti ricordare che un capitolo del Liber de regimine civitatum di Giovanni da Viterbo (composto tra il 1260 e il 1270) si intitola: «Ut potestas se abstineat a laude sua» e che il frate domenicano milanese e cronista Galvano Fiamma, ancora agli inizi del XIV secolo nel Manipulus florum, proprio riferendosi al gruppo equestre collocato sulla facciata del Palaz- zo della Ragione, lo definiva un magnum vituperium 2. Sulla base del sondaggio effettuato da Saverio Lomartire in un fonda- mentale contributo esplicitamente dedicato alle raffigurazioni di espo- nenti del mondo comunale della prima metà del XIII secolo, i ritratti finora noti di podestà in carica si limitano a due disegni a penna en- trambi eseguiti in un manoscritto degli Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, conservato nella Bibliothèque Nationale de France,

1 OTTONIS EPISCOPI FRISINGENSIS ET RAHEWINI Gesta Frederici seu rectius Cronica, hrsg. von F.-J. Schmale, Darmstadt 1965 (Ausgewählte Quellen zur deutschen Geschichte des Mitteal- ters. Freiherr von Stein Gedächtnisausgabe, 17), II, 14, p. 308: «Denique libertatem tan- topere affectant, ut potestatis insolentiam fugiendo consulum potius quam imperantium regantur arbitrio».

2 JOHANNES VITERBENSIS, Liber de regimine civitatum, a cura di G. Salvemini, Bologna 1901 (Bibliotheca Iuridica Medii Aevi, 3), cap. LXVIII; GALVANEUS DE LA FLAMMA, Manipulus florum sive Historia Mediolanensis ab origine urbis ad annum circiter 1336, in Rerum Italicarum Scriptores, a cura di L.A. Muratori, vol. XI, Mediolani 1727, col. 672: entrambe le citazio- ni sono riprese da S. LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas». Oldrado da Tresseno e il suo ritratto equestre nel Broletto di Milano, «Arte medievale», s. IV, 5 (2015), pp. 101-136, rispet- tivamente a p. 113 e a p. 105. 182 MARIA PIA ALBERZONI nei quali sono rappresentati rispettivamente Manegoldo de Tetocio da , il primo podestà di Genova (1192), e Lazzaro (o Nazaro) Ghe- rardini da Lucca, che ricoprì la podestaria a Genova nel 12273. Soprat- tutto quest’ultimo personaggio merita attenzione: il Ghirardini, infatti, nel 1229 fu podestà a e lì si fece ritrarre a cavallo sopra la porta Bernone, che egli aveva fatto costruire. Salimbene da Parma, che aveva conosciuto personalmente questo podestà, nella sua Cronica scrive: «Nell’anno 1229 il signor Nazaro Ghirardini di Lucca fu podestà di Reggio [Emilia] e vi fece costruire il ponte e il portale di porta Berno- ne. E in quel tempo per la prima volta si incominciarono a costruire le mura di Reggio. E fece cingere di mura cento braccia della detta porta, in giù verso la porta di Santo Stefano. (...). Questo signor Nazaro ha una sua statua marmorea equestre sulla porta Bernone, quella che egli ha fatto costruire nella città di Reggio, e in essa egli siede sopra un cavallo di pietra»4. Purtroppo il gruppo equestre descritto da Salimbene non si è conservato. Nazaro, dunque, forse per il suo intenso impegno sia dal punto di vista militare sia nell’edilizia civile e difensiva di Reggio fu ritenuto meritevole di costituire quasi l’icona della gloria di un comune, Genova prima e Reggio poi. Grazie alla eccezionalità della sua conservazione ben oltre il periodo comunale, il rilievo sulla facciata del Palazzo della Ragione (o Broletto nuovo) di Milano costituisce pertanto un manufatto di grande interesse, al quale hanno finora dedicato attenzione soprattutto gli storici dell’ar- te. Mi riferisco qui in particolare agli studi di Angiola Maria Romani- ni, di Renzo Grandi e al già ricordato contributo di Saverio Lomartire, assai ben documentato e ricco di spunti, apparso in «Arte medievale» del 20155. In questo studio il Lomartire, prendendo le mosse dalla voce

3 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 105-109; nella stessa direzione procede la lettura del monumento equestre di Oldrado proposta da P. SEILER, Mittelalterliche Reiter- monumente in Italien. Studien zu personalen Monumentsetzungen in den italienischen Kommunen und Signorien des 13. und 14. Jahrhunderts. Inaugural-Dissertation zur Erlangung der Dok- torwürde der Philosophisch-Historischen Fakultät der Ruprechts-Karls-Universität zu Heideberg, Heidelberg 1989, pp. 68-76.

4 SALIMBENE DE ADAM, Cronica, vol. I, a. 1168-1249, ed. G. Scalia, Turnholti 1999 (Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis, 125), pp. 98-99: «Anno eiusdem Dominice in- carnationis MCCXXIX (...) dominus Nazarus Ghirardini de Luca potestas Reginus fuit, qui fecit fieri pontem et portam de porta Bernone. Et tunc primo civitas regii cepit mu- rari. Et fecit murari centum brachia a dicta porta inferius versus portam Sancti Stephani. (...) Iste dominus Nazarus habet ymaginem lapideam super portam Bernonis, quam fecit fieri, et sedet ibi super equum lapideum in civitate Regii».

5 A.M. ROMANINI, Arte comunale, in Milano e il suo territorio in età comunale (XI-XII secolo), Atti dell’11° Congresso internazionale di studi sull’alto medioevo (Milano, 26-30 ottobre 1987), Spoleto 1989, pp. 21-52, soprattutto 47-52; R. GRANDI, Oldrado da Tresseno, in Il LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 183 relativa a Oldrado da Tresseno curata da Giancarlo Andenna per il Di- zionario Biografico degli Italiani, ricostruisce dettagliatamente, anche con notizie inedite, la composizione della famiglia di Oldrado e, soprattutto, il ruolo in essa giocato da Oldrado grossus – dal Lomartire identificato in modo definitivo con il podestà milanese effigiato sulla facciata del Broletto – accanto a un altro pure eminente Oldrado da Tresseno, pro- babilmente suo cugino, definito però subtilis6. La sua carriera politica iniziò a Lodi, dove fu nel collegio consolare nel 1220-1221 e dove fece parte della curia del vescovo; nel 1226 fu membro del collegio dei rettori della Lega lombarda, nel 1233-1234 fu podestà a Milano e nel 1237 rico- prì la podestaria a Genova7. Oldrado (Grosso) da Tresseno apparteneva dunque al nutrito gruppo dei podestà professionali che dalla fine del XII secolo ressero i comuni dell’Italia settentrionale8.

2. Le indagini effettuate hanno consentito di stabilire che il gruppo equestre di Oldrado è coevo alla costruzione della facciata e, quindi, che fu collocato dove ancora oggi è visibile nel 1233, in occasione del ter- mine dei lavori per la edificazione del Broletto, a loro volta iniziati nel 1228. La scelta di collocarlo entro un’edicola attentamente contornata

Millennio ambrosiano. La città del vescovo dai Carolingi al Barbarossa, a cura di C. Bertelli, vol. II, Milano 1988, pp. 240-249; il contributo di Saverio Lomartire è citato supra, a nota 2.

6 G. ANDENNA, Oldrado da Tresseno, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. LXXIX, Roma 2013, pp. 194-196; LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 101-104: il chiarimento de- cisivo per l’identificazione del podestà rappresentato sulla facciata del Broletto di Milano viene dagli Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di T. Belgrano - C. Impe- riale di Sant’Angelo, vol. III, Genova 1923, p. 79, laddove ricordando la podestaria geno- vese di Oldrado nel 1237, costui viene definito «Oldradus Grossus de Trexeno Lauden- sis»; analogamente alcune fonti milanesi, sebbene più tarde – gli Annales Mediolanenses e il Manipulus Florum attribuito a Galvano Fiamma – lo ricordano come Oldradus Grossus.

7 Per queste e più dettagliate informazioni, si veda LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 103-105; sulla base dell’identificazione tra Oldrado e Oldrado ‘Grosso’ stabilita con- vincentemente dal Lomartire, è possibile integrare come segue gli interventi di Oldrado durante la sua podestaria milanese: Gli Atti del Comune di Milano nel secolo XIII, a cura di M.F. Baroni, Milano 1976, pp. 224, 226-227 e 451-453; si veda inoltre E. OCCHIPINTI, Podestà “da Milano” e “a Milano” fra XII e XIV secolo, in I podestà dell’Italia comunale. Reclutamento e cir- colazione degli ufficiali forestieri (fine XII secolo - metà XIV secolo, a cura di J.-C. Maire Vigueur, vol. I, Roma 2000 (Nuovi studi storici, 51/ Collection de l’École Française de Roma, 268), pp. 47-73, che però non menziona la podestaria di Oldrado.

8 Oltre al bel saggio di sintesi di E. ARTIFONI, Tensioni sociali e istituzioni nel mondo comunale, in La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età Contemporanea, a cura di N. Tranfaglia - M. Firpo, vol. II/2: Il Medioevo. Popoli e strutture politiche, Milano 1995, pp. 461-491 (con ricche indicazioni bibliografiche), si veda ora l’imponente sintesi di J.-C. MAIRE-VIGUEUR, Flussi, circuiti e profili, in I podestà dell’Italia comunale, I: Reclutamento e circolazione degli ufficiali fore- stieri (fine XII sec.- metà XIV), a cura di J.-C. MAIRE-VIGUEUR, vol. II, Roma 2000 (Nuovi Studi Storici, 51 / Collection de l’École Française de Rome, 268), pp. 897-1099. 184 MARIA PIA ALBERZONI da marmi provenienti da antichi monumenti (presumibilmente di età imperiale) non fu un’inserzione successiva, ma fu contestuale alla co- struzione della facciata – cioè del 1233; l’utilizzo di un materiale lapideo ‘antico’ in evidente contrasto con i laterizi della facciata fu dettato dalla volontà di legittimare con il rimando al mondo imperiale romano la fi- gura a cavallo entro la nicchia, un gruppo equestre, si badi, che rinviava dichiaratamente al modello classico per eccellenza, il Marco Aurelio, allora ritenuto una rappresentazione di Costantino e collocato presso la basilica di S. Giovanni in Laterano, o il più vicino Regisole di Pavia, a noi noto solo grazie a descrizioni antiche, a partire da quella di Opicino de Canistris (1335-1336) che produce anche un disegno9. Poiché Oldrado da Tresseno fu podestà durante le ultime fasi di costruzione del nuovo palazzo comunale fu forse questo contingente motivo a far sì che la sua aulica rappresentazione fosse collocata sulla facciata dell’edificio10. Si tratterebbe di un caso analogo a quello sopra ricordato del podestà di Reggio Nazaro Ghirardini, effigiato a cavallo sopra una porta della città costruita durante la sua podestaria11. Si potrebbe ipotizzare che la raffi- gurazione del podestà costituisse un espediente per datare i monumenti più significativi del comune, imprimendone nella memoria collettiva il ricordo “al tempo del podestà xy”. A giudizio del Lomartire, poi, il voluto richiamo al modello imperia- le del Marco Aurelio come pure l’uso abbondante di materiali di spo- glio «doveva[no] appartenere al progetto originario del palatium novum; invano dunque ne cercheremmo le ragioni in una precisa volontà del podestà Oldrado, il quale fece portare a compimento la struttura secon-

9 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 104-105; circa il significato ostensivo e sim- bolico attribuito ai materiali di spoglio nel pieno medioevo punto di riferimento sono gli studi di Arnold Esch, tra i quali mi limito qui a rinviare ad A. ESCH, L’uso dell’antico nell’ide- ologia papale, imperiale e comunale, in Roma antica nel Medioevo. Mito, rappresentazioni, soprav- vivenze nlla ‘Respublica Christiana’ nei secoli IX-XIII, Atti della quattordicesima Settimana internazionale di studio (Mendola, 24-28 agosto 1988), Milano 2001, pp. 3-25, soprattutto 13-25 e a ID., Wiederverwendung von Antike im Mittelalter. Die Sicht der Archäologen und die Sicht des Historikers, Berlin 2005; per quanto riguarda il Regisole, si veda S. LOMARTIRE, La statua del Regisole di Pavia e la sua fortuna tra Medioevo e Rinascimento, in Praemium virtutis III: Reiterstandbilde von der Antike bis zum Klassizismus. Form, Funktion, Symbolgehalt, hrsg. von J. Poeschke - T. Weigel - B. Kusch-Arnhold, Münster 2008, pp. 31-73.

10 Così ipotizza LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 104-105: «Poiché a Milano l’entrata in carica del podestà avveniva verosimilmente il 1° aprile di ogni anno e prose- guiva fino alla fine di marzo dell’anno successivo, il trovare la data 1233 incisa nell’epi- grafe sul basamento del gruppo equestre (...) lascia pochi dubbi circa il fatto che il mo- numento fu scolpito e collocato durante il podestariato di Oldrado, e anzi, per questioni costruttive, non nelle fasi finali di tale periodo. Assai poco plausibile appare per converso l’ipotesi di un eventuale riconoscimento postumo del suo operato». 11 Vedi supra, nota 4 e testo corrispondente. LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 185 do il progetto già predisposto, semmai potenziandolo con il richiamo all’Antichità»12. Il manufatto è di alto pregio artistico ed è stato attribuito in modo definitivo alla scuola di Benedetto Antelami, sebbene nelle sue più tarde espressioni13. La sua conservazione risulta nell’insieme precaria, anche a causa della collocazione sulla facciata del palazzo; la colorazione, che ai tempi doveva essere vivace e, probabilmente, con riflessi dorati, è oggi appena percettibile in alcune parti della statua; inoltre, durante la secon- da guerra mondiale, il gruppo equestre è stato ricoperto con uno strato di materiale bituminoso nel tentativo di limitare gli eventuali danni. È attualmente in corso una campagna di restauro dell’intero Broletto, che si auspica possa restituire al manufatto importanti elementi di leggibilità.

3. In un primo passo di questo mio intervento mi limito a riprendere al- cuni importanti risultati delle indagini del Lomartire, indispensabili per delineare un tentativo di ricostruzione dell’aspetto originario della statua. Si è detto che l’edicola fu costruita contestualmente alla facciata del Broletto; è possibile aggiungere che originariamente si era pensato an- che a difenderla dalle intemperie grazie a due ante, i cui cardini – o, in ogni caso, la struttura che le reggeva – sono ancora oggi visibili. La scultura è ricavata da un unico blocco di marmo alto circa metri 1,40; il blocco marmoreo non è staccato dal muro, ma vi penetra per circa 40 centimetri, un motivo che rende problematica la rimozione del gruppo equestre per poterlo collocare in una sede adeguata e sostituirlo con una copia. Anche la prima riga dell’iscrizione ai piedi della statua appartiene al medesimo blocco di marmo dal quale è ricavato il gruppo equestre. Sul fondo si nota una cornice entro la quale si collocano il cavallo e il corpo del cavaliere. L’edicola mostra in più punti tracce di policro- mia, invisibili a occhio nudo; in particolare meritano attenzione tracce di colore rosso ancora visibili sullo sfondo, sul quale si possono rilevare impronte di elementi a forma di stella, in origine eseguiti in foglia me- tallica (d’oro o di stagno) applicata sull’intonaco, sul quale dopo la loro caduta ne rimane traccia. Il volto e le parti del corpo del cavaliere erano probabilmente colorati con i toni dell’incarnato, mentre le vesti doveva- no essere giallo-ocra, quasi a evocare un manufatto in metallo dorato.

12 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 109-110. 13 Ibi, pp. 114-118: il Lomartire accetta l’inclusione dell’Oldrado nel più generale corpus antelamico, evidenziando con una serie di puntuali confronti gli stretti legami del gruppo equestre milanese con opere prodotte in cantieri antelamici a Parma, Vercelli e Fidenza e ipotizzando che le maestranze attive a Milano provenissero dal cantiere di Vercelli (vedi Figura 1). 186 MARIA PIA ALBERZONI

Figura 1

Figura 2 LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 187

Sul fondo giallo-ocra, nella parte sovrastante la cornice, si trova una grande aquila ad ali spiegate, che segue perfettamente la forma della lunetta e che a lungo era stata ritenuta un elemento aggiunto in tempi successivi. Le indagini sull’intonaco hanno invece mostrato che quest’ultimo è originale. Si potrebbe pensare alla rappresentazione di uno stemma araldico, in «tal caso (...) costituito dalla campitura rossa stellata che fa da sfondo al gruppo equestre», in considerazione del fatto che lo stemma dei Tresseno prevedeva l’aquila imperiale14. In diversi punti del suo ricco contributo il Lomartire prende in consi- derazione l’ipotesi che il manufatto costituisca una sorta di celebrazione della podestaria di Oldrado, che ne sarebbe anche il committente: una tale autocelebrazione di Oldrado sembra però da scartare, giacché non sarebbe stata accettata come qualificante il nuovo palazzo comunale. La presenza di tale simbologia sembra piuttosto rinviare a un linguag- gio più complesso, che lo stesso Lomartire definisce «una retorica per immagini»15. In ogni caso il monumento sulla facciata del Palazzo della Ragione di Milano si presenta come un ritratto equestre di grande for- mato ed è indubbiamente tra i primi del medioevo dedicato a un perso- naggio vivente. Fin qui sono state messe in luce le affinità con i due modelli più prossimi – il Marco Aurelio ora in Campidoglio, allora indicato come caballus Constantini e collocato in Laterano, e il Regisole di Pavia, per il motivo che Oldrado, a differenza delle rappresentazioni dei potestà nel manoscritto degli Annali genovesi di Caffaro, veste abiti civili e non porta alcuna armatura. Come pure per il fatto che anche il gruppo eque- stre milanese, come il Regisole, risultava elevato e collocato quasi sulla sommità di un pilastro, un motivo che rivela la volontà di accreditare la figura di Oldrado e, con lui, il comune di Milano servendosi di un linguaggio del potere tipico del mondo imperiale romano16. A tutto ciò

14 Ibi, p. 111: «La forma e le modalità esecutive dell’aquila richiamano da vicino esempi del tutto compatibili con l’epoca di esecuzione del rilievo equestre, e non vi è quindi ostacolo a considerare questo elemento come integrato fin dall’origine al monumento»; SEIBER, Mittelalterliche Reitermonumente, pp. 73-75, sottolinea che l’aquila imperiale non si- gnificherebbe il riconoscimento dell’autorità imperiale di Federico II, ma sarebbe piut- tosto da interpretare come simbolo di giustizia, alla quale anche Milano si richiamava. 15 Ibi, pp. 128-129: «La comprensione del ritratto di colui che fu podestà nel 1233 sa- rebbe incompleta se si arrestasse agli elementi formali e, peggio, se venisse risolta nella constatazione dell’autocelebrazione esibizionistica del personaggio, che pure per parte sua poté essere dotato di un ego vigoroso, e non tentasse almeno di coglierne la valenza politica». 16 Ibi, p. 128: «Il monumento equestre di Oldrado da Tresseno (...) si rivela così (...) come opera complessa, intrisa di valore civico, simbolo della maiestas e del potere giudiziario e al tempo stesso determinata da orientamenti culturali multiformi. Tra questi il desiderio 188 MARIA PIA ALBERZONI penso che si possa aggiungere un motivo non secondario, al quale pure il Lomartire accenna: la policromia del gruppo equestre inserito entro una nicchia colorata in rosso nella quale erano applicati elementi metal- lici d’oro o di stagno, simili in ogni caso al prezioso metallo, nonché la colorazione giallo ocra che probabilmente rivestiva la statua, rimandano con assoluta chiarezza ai modelli dei monumenti classici, una simbolo- gia che con la cosiddetta Donazione di Costantino era divenuta preroga- tiva papale17. In tal modo il riferimento alla Roma imperiale equiparava il governo comunale a quello romano. Il timbro decisamente aulico della rappresentazione di Oldrado è an- cor più rafforzato dall’epigrafe sottostante la statua equestre – anch’essa coeva alla costruzione del palazzo – che recita: «+ MCC . XXXIII . d(omi) n(u)s . Oldrad(us) . de .Trexeno. pot(estas) . Mediolani», e soprattutto dai due successivi distici in esametri leonini:

«+ Atria . q(ui) grandis . solii . regaia sca(n)dis // P(re)sidis . hic. memores . Oldradi . se(m)p(er) honores: / Civis . Laudensis . Fidei . tutoris et ensis // Q(ui) soliu . struxit . catharos . ut debuit uxit»18.

di imitazione dei gruppi equestri dell’antichità costituisce certo un elemento da tenere in considerazione: esso fu adottato consapevolmente (...) e ne sono la prova diversi segna- li, a partire dalla collocazione elevata su una colonna, o ancora l’atteggiamento pacato e solenne, le vesti civili, il capo scoperto. La fascinazione dell’antico giocò certamente un ruolo, ma non si esaurì negli aspetti formali. La forma diventa qui contenuto»; per quanto riguarda il significato legittimante attribuito ai gruppi equestri si veda C. FRUGONI, L’antichità: dai «Mirabilia» alla propaganda politica, in Memoria dell’antico nell’arte italiana, a cura di S. Settis, vol. I: L’uso dei Classici, Torino 1984, pp. 5-72, soprattutto 32-53.

17 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», p. 114: «Possiamo azzardare che un richiamo all’istituto imperiale sarebbe inoltre implicito nell’adozione di uno sfondo rosso (e stella- to) per il rilievo equestre»; per quanto riguarda lo stretto legame tra la simbologia impe- riale e quella papale fin dall’VIII secolo, mi limito qui a rinviare ad A. PARAVICINI BAGLIANI, Le Chiavi e la Tiara. Immagini e simboli del papato medievale, Roma 1998 (La corte dei papi, 3), pp. 61-84; circa il rapporto tra l’autorità imperiale e quella del papa, si veda G. ARNALDI, Alle origini del potere temporale dei papi: riferimenti dottrinari, contesti ideologici e pratiche politiche, in La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Chittolini - G. Miccoli, Torino 1986 (Storia d’Italia. Annali, 9), pp. 43-71, a G.M. VIAN, La donazione di Costantino, Bologna 2004, soprattutto pp. 53-89; sulla rappresentazione della Donazione stessa nell’Oratorio di S. Silvestro nella basilica romana dei SS. Quattro Coronati, mi limi- to a rinviare a M. THUMSER, Perfekte Harmonie. Kardinal Stefano Conti und der Freskenzyklus bei SS. Quattro Coronati in Rom, «Zeitschrift für Kirchengeschichte», 123 (2012), pp. 145-167.

18 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», p. 101; la trascrizione della lapide, già riportata agli inizi del XVI secolo da Bernardino Corio nella sua Storia di Milano, è riproposta senza variazioni nella settecentesca opera di G. GIULINI, Memorie spettanti alla storia, al governo et alla descrizione della città e campagna di Milano ne’ secoli bassi, vol. IV, Milano 18552, p. 348 (il Giulini dedica le pp. 347-350 a considerazioni circa la rappresentazione equestre del podestà). LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 189

«O tu che sali [i gradini dei] i portici regali del grande palazzo ricorda qui sempre i meriti del podestà Oldrado, cittadino di Lodi, difensore e spada della fede che costruì il palazzo e, come era suo dovere, bruciò i Catari»19.

Si noti che l’inizio dei versi con la parola Atria rinvia a un importante e recentemente assai rivalutato precedente nell’epigrafia milanese di età carolingia, precisamente la lapide con l’epitaffio del vescovo Ansperto († 881) nella basilica di S. Ambrogio, a sua volta ripreso in altre iscrizio- ni conservate nella basilica20. In essi è evidente l’equiparazione dell’edificio del palazzo comuna- le con la maestosa loggia sottostante a un vero e proprio palazzo regio o, in ogni caso, a un palazzo dove si esercitava un potere pubblico sia nell’esplicito riferimento agli atria regalia sia nell’uso del termine solium, anch’esso relativo all’esercizio di un potere supremo, che il co- mune, grazie al riconoscimento della pace di Costanza (1183) eser- citava addirittura in una sorta di raccordo con il regnum 21. Giacché proprio a causa del netto rifiuto di Federico II di riconoscere la pace di Costanza – dai comuni considerata come una sorta di Magna Charta – si sviluppò il quasi ventennale conflitto tra l’imperatore e i comuni22, si comprende l’insistenza dell’epigrafe sul carattere regio e pubblico

19 Proposta di traduzione della sottoscritta. 20 La terminologia usata nell’epigrafe per celebrare la costruzione del Palazzo della Ra- gione si ispira a una consolidata tradizione milanese: A. AMBROSIONI, «Atria vicinas struxit et ante fores». Note in margine a un’epigrafe del IX secolo, in EAD., Milano, papato e impero in età medievale. Raccolta di studi, a cura di M.P. Alberzoni - A. Lucioni, Milano 2003 (Bibliotheca erudita. Studi e documenti di storia e filologia, 21), pp. 229-244 e, soprattutto, M. PETO- LETTI, Copiare le epigrafi nel medioevo: l’epitafio di Ansperto in S. Ambrogio a Milano e la sua fortu- na, «Italia medioevale e umanistica», 43 (2002), pp. 91-114; ID., La produzione epigrafica a Milano ai tempi del vescovo Ansperto (868-881), «Italia medioevale e umanistica», 58 (2017), pp. 1-40; alle pp. 12-16 l’attenta analisi di questa terminologia e alla p. 21 il confronto con l’epigrafe celebrativa dell’abate Guglielmo Cotta († 1267).

21 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 101-102: a Oldrado da Tresseno si deve «il compimento del nuovo palazzo comunale, chiamato enfaticamente solium. Sotto il quale, sempre seguendo la lettera dell’iscrizione encomiastica, stanno atria regali, ter- mine che allude all’ampio portico che sostiene la grande sala del Consiglio e che bene può essere definito un ‘atrio’, seppure sottostante e non antistante (...). È significativo l’uso dell’aggettivo regalia, che si penserebbe inadatto ad un luogo, il broletto, che è manifestazione del potere amministrativo di un istituto, quello comunale, per molti versi antagonista a quello regale, o meglio imperiale». Sulla pace di Costanza mi limito qui a rinviare al volume miscellaneo, celebrativo del centenario, La pace di Costanza 1183. Un difficile equilibrio di poteri fra società italiana ed impero (Milano-, 27-30 aprile 1983), Bologna 1984 (Studi e testi di Storia medioevale, 8).

22 Si veda, per tutti, G. ANDENNA, Tra nord e sud: Federico II e le città, in Federico II “Puer Apu- liae”. Storia – Arte – Cultura, a cura di H. Houben - O. Limone, Galatina 2001, pp. 7-26. 190 MARIA PIA ALBERZONI dell’esercizio del potere da parte del comune di Milano. D’altra parte non bisogna dimenticare che il modello dei palazzi comunali sorti in Lombardia nei primi decenni del XIII secolo erano pur sempre i pa- lazzi regi e imperiali23. Il Lomartire a questo proposito, sottolineando il complesso linguag- gio politico presente nell’Oldrado, nota: «Il monumento equestre di Oldrado da Tresseno nel broletto di Milano (...) si rivela così (...) come opera complessa, intrisa di valore civico, simbolo della maiestas e del po- tere giudiziario e al tempo stesso determinata da orientamenti culturali multiformi. (...) La comprensione del ritratto di colui che fu podestà nel 1233 sarebbe incompleta se si arrestasse agli elementi formali o, peggio, se venisse risolta nella constatazione dell’autocelebrazione esibizionisti- ca del personaggio (...) e non tentasse almeno di coglierne la valenza politica»24. A tal fine cercherò qui di seguito di collocare la rappresentazione di Oldrado entro il contesto politico, sociale e religioso che si verificò a Milano nel 1233.

4. La domanda che sottende l’indagine mira a chiarire se il gruppo equestre sulla facciata del Palazzo della Ragione mirasse realmente all’e- saltazione della figura del podestà, oppure avesse un altro significato. Giacché è oramai accertato che il manufatto fu collocato sulla facciata del Broletto contestualmente alle fasi finali della sua costruzione – una costruzione che era iniziata circa cinque anni prima25 – sembra di poter dedurre che Oldrado vi fu rappresentato solo perché la sua podestaria coincidette con la conclusione dei lavori: da ciò si evince che il vero

23 G. ANDENNA, La simbologia del potere nelle città comunali lombarde: i palazzi pubblici, in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, Relazioni al Convegno di Trieste (2-5 marzo 1993), Rome 1994 (Pubblications de l’École Française de Rome, 201), pp. 269- 393, soprattutto 385-387, laddove l’autore nota quanto l’edilizia dei palazzi comunali si discosti da quella dei palazzi vescovili, entro i quali pure in precedenza i comuni avevano talora esercitato il loro governo, aggiunge: «La forma dei palazzi comunali invece presen- tava forti similitudini con le laubie del potere regio presenti nei secoli precedenti», vale a dire con i palazzi regi (p. 389); si veda il saggio di S. DIACCIATI - L. TANZINI, Uno spazio per il potere: palazzi pubblici nell’Italia comunale, in Società e poteri nell’Italia medievale. Studi degli allievi per Jean-Claude Maire Vigueur, a cura di S. Diacciati - L. Tanzini, Roma 2014 (I libri di Viella, 176), pp. 59-80, che però non considera l’ipotesi formulata da Andenna; si veda, inoltre, il puntuale saggio, esplicitamente dedicato all’area padana, di C. TOSCO, I palazzi comunali nell’Italia nord-occidentale: dalla pace di Costanza a Cortenuova, in Cultura artistica, città e architettura nell’età federiciana, a cura di A. Gambardella, Roma 2000, pp. 395-422; an- cor utile, sebbene bibliograficamente superato, il repertorio di J. PAUL, Die mittelalterlichen Kommunalpaläste in Italien, Freiburg i.B. 1963.

24 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», p. 128. 25 Gli Atti del Comune di Milano, n. CCXIX pp. 324-327. LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 191 committente non fu Oldrado, ma il comune, che in tal modo intendeva celebrare la bellezza e la dignità del Broletto Nuovo e, in questo modo, anche la nobiltà del governo cittadino. Ritengo che con la statua equestre di Oldrado da Tresseno il comune di Milano non intendesse celebrare l’operato del podestà in carica, per altro elogiato per motivi che sembrano prescindere dalla sua diretta vo- lontà, vale a dire per aver portato a termine la costruzione del nuovo ma- estoso palazzo, per essersi posto come difensore e propugnatore armato della fede e per aver perseguito i Catari, applicando nei loro confronti le leggi imperiali e della Chiesa, che prevedevano pene estreme, fino alla morte sul rogo26. Al centro era piuttosto la celebrazione del governo co- munale, che affermava la sua forza e la sua dignità in questo grandioso edificio, esplicitamente equiparato a una reggia27. Con la realizzazione di tale manufatto il comune intendeva da una parte ‘datare’ – nel senso sopra ricordato – la conclusione della costruzione del nuovo palazzo, un’impresa di alto valore simbolico per il comune stesso. Dall’altra si proponeva di trasmettere un chiaro messaggio: era il governo sapiente e giusto, pacato e autorevole dei comuni (e del comune di Milano in particolare) a rappresentare la vera realizzazione del modello imperiale romano, un modello di governo che non si manifestava con l’imposi- zione forzata delle sue direttive, ma con la pacata affermazione della giustizia28. Il messaggio politico acquista ancora maggior incisività, qualora si consideri che in quegli stessi anni Federico II aveva represso con inaudi- ta ferocia i tentativi di governo autonomo promossi da alcune città del Regno dell’Italia meridionale29: l’imperatore romano non poteva eser-

26 Le leggi antiereticali, stabilite dal frate predicatore Pietro da Verona con autorità pa- pale, furono inserite negli statuti comunali per ordine del podestà Oldrado da Tresseno con decisione del 16 settembre 1233: il testo di tale disposizione, a noi non pervenuta in originale ma nel volgarizzamento cinquecentesco di Bernardino Corio, è riportato in Gli Atti del Comune di Milano, n. CCCVIII pp. 451-453; circa la legislazione antiereticale di Gregorio IX, si veda A. PIAZZA, «Affinché ... costituzioni di tal genere siano ovunque osservate». Gli statuti di Gregorio IX contro gli eretici d’Italia, in Scritti in onore di Girolamo Arnaldi offerti dalla Scuola nazionale di studi medioevali, Roma 2001 (Nuovi studi storici, 54), pp. 425-458, con la bibliografia ivi indicata. 27 «Atria (...) regalia»: vedi supra, nota 18 e testo corrispondente.

28 Mi limito qui a rinviare a M.P. ALBERZONI - R. LAMBERTINI, Autorità e consenso: ‘regnum’ e ‘monarchia’ nell’Europa medievale. Un’introduzione, e a G. ZECCHINI, ‘Auctoritas, potestas, libertas dicendi’: una nota, entrambi in Autorità e consenso. Regnum e monarchia nell’Europa medievale, a cura di M.P. Alberzoni - R. Lambertini, Milano 2017 (Ordines. Studi su istituzioni e socie- tà nel medioevo europeo, 5), rispettivamente alle pp. 3-16 e 43-53.

29 W. STÜRNER, Federico II e l’apogeo dell’impero, Roma 2009 (Biblioteca storica. Nuova serie, 8) (ed. originale Friedrich II. 1194-1250, Darmstadt 1997-2009), pp. 543-651; J.M. MARTIN, 192 MARIA PIA ALBERZONI citare la sua potestas in modo così apertamente privo di quella modera- zione che invece agli occhi dei medievali aveva contraddistinto il potere imperiale tardo antico30. Se dunque Federico II mirava a proporsi sempre più come il nuo- vo Augusto (basti pensare alle sue rappresentazioni sugli augustali, le nuove monete che si rifacevano esplicitamente all’imperatore romano), come il vero erede dell’impero romano, i comuni – e Milano in testa – ribadivano con forza che erano loro gli eredi dei Romani, come appari- va nei diversi campi della vita culturale, dallo studio del diritto romano all’arte romanica e, soprattutto, nella difesa della libertas, in ciò al fianco del papato, allora alleato della Lega lombarda31. La scelta di rappresentare il podestà in abiti civili e senza copricapo, oltre a richiamare il modello antico, permetteva al comune (e a Oldra- do) di presentarsi come il tipo di governo dotato di un’auctoritas tale che gli consentiva di limitare l’esercizio della forza per imporre la giustizia e l’osservanza della legge e mantenere la concordia cittadina32. La spa- da che nella convincente ricostruzione proposta da Saverio Lomartire egli impugnava nella mano destra – ancora oggi è visibile nel pugno di Oldrado un corpo paragonabile all’elsa di una spada – e che, conforme- mente ad altri modelli coevi, doveva essere di metallo e non di marmo, significava la possibilità di imporre la giustizia senza necessariamente l’uso della forza, giacché la spada non è impugnata come può esserlo

Le città demaniali, in Federico II e le città italiane, a cura di P. Toubert - A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 179-195, soprattutto 181-188. 30 Si tratta dei temi che suggerisce la statua equestre del Marco Aurelio romano, per i quali si veda la bibliografia citata supra, alla nota 16. 31 Federico II ribadì in numerose occasioni la sua volontà di ripristinare l’ordinamento imperiale in senso indubbiamente più accentratore rispetto al progetto di suo nonno Federico Barbarossa; indicativo di questa sua volontà e dell’ostacolo costituito dalla resi- stenza di Milano e delle città ad essa alleate è la lettera, indirizzata al Senato e al popolo romano, con la quale egli annunciava la vittoria sui Milanesi a Cortenuova (27.XI.1237) e inviava a Roma il carroccio milanese, del quale gli eserciti imperiali si erano impossessati: Historia diplomatica Friderici secundi, éd. par J.-L.-A. Huillard-Bréholles, vol. V/1, Parisiis 1857, pp. 161-163. Circa la concezione e di libertà elaborata dai comuni alleati contro Federico II, si veda M.P. ALBERZONI, Fides – fiducia – fedus im politischen Sprachgebrauch der lombardischen Kommunen im 13. Jahrhundert, in Loyalty in the Middle Ages. Ideal and Practice of a Cross-Social Value, hrsg. von J. Sonntag - C. Zermatten, Turnhout 2015 (Brepols Col- lected Essays in European Culture, 5), pp. 161-182; sugli augustali e la loro importanza nel programma politico di Federico II basti qui rinviare alla voce di L. TRAVAINI, Augustale, in Federico II. Enciclopedia fridericiana, vol. I, Roma 2006, pp. 131-133 con ricche indicazioni bibliografiche. 32 Si veda la bibliografia citata supra, alla nota 27. LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 193 in occasione di uno scontro, ma è portata come un ornamento33. Non solo: la scritta sottostante ribadisce che il podestà non ha una potestas illimitata, ma per le sue scelte risponde al comune e obbedisce ai suoi ordini (ut debuit). Quanto fin qui osservato sembra confermare la volontà di autoce- lebrazione da parte del comune, piuttosto che da parte del podestà in carica nel 1233. D’altra parte, la scelta di rappresentare la massima au- torità – il cui ufficio era peraltro limitato nel tempo – sulla facciata del Broletto nuovo poteva anche semplicemente essere l’unico modo pos- sibile per rappresentare una personificazione del comune e della sua autorità, una modalità plastica e certamente più percepibile rispetto a una rappresentazione solo simbolica, come poteva essere un’insegna araldica o uno stendardo. La raffigurazione del podestà in carica nel 1233 poteva inoltre servire, nella memoria collettiva, a porre il sigillo di una datazione ufficiale alla conclusione dei lavori di costruzione del Broletto, come infatti le scritte sottostanti il cavaliere ricordano a chiare lettere34.

5. Consideriamo infine la complessa situazione politica dei primi de- cenni del XIII secolo. Entro un contesto segnato da un altissimo tasso di conflittualità tra i comuni padani, allora schierati su due opposti fronti, facenti capo rispettivamente a Milano e a , nel 1233 si imposero importanti tentativi di pacificazione generale35. Salimbene, che allora dodicenne aveva potuto osservare le espressioni di devozio- ne e di pacificazione del 1233, ne parla diffusamente nella sua Cronica definendo quel periodo come «un tempo di quiete e di pace, durante il quale furono riposte tutte le armi da guerra; tempo di giocondità e di allegrezza, di lode e di giubilo», che in seguito sarebbe stato definito “Alleluia”36. Esso si diffuse con particolare forza nei comuni dell’area

33 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», pp. 119-129. 34 Vedi supra, note 18-20 e testo corrispondente (vedi figura 2).

35 Sulla politica degli schieramenti in Lombardia mi limito a rinviare a M. VALLERANI, Cre- mona nel quadro conflittuale delle città padane nell’età di Federico I, in Cremona città imperiale. Nell’VIII centenario della nascita di Federico II, Atti del Convegno internazionale di studi (Cremona, 27-28 ottobre 1995), Cremona 1999 (Annali della Biblioteca statale e Libreria civica di Cremona, 49), pp. 41-69; ID., La politica degli schieramenti: reti podestarili e alleanze intercittadine nella prima metà del Duecento, in G. ANDENNA - R. BORDONE - F. SOMAINI - M. VAL- LERANI, Comuni e signorie nell’Italia settentrionale: la Lombardia, Torino 1998 (Storia d’Italia, 6), pp. 427-453.

36 SALIMBENE DA PARMA, Cronica, pp. 102-114: «De tempore Alleluia. Fuit autem Alleluia quoddam tempus quod sic in posterum dictum fuit, scilicet tempus quietis et pacis, quoad arma bellica omnino remota, iocunditatis et letitie, gaudii et exultationis, laudis 194 MARIA PIA ALBERZONI emiliana (Parma, Bologna, Reggio Emilia) e veneta (Vicenza, Padova, Treviso), dove furono nominati rettori delle città proprio alcuni frati che si erano coinvolti con il movimento dell’Alleluia, precisamente Gherardo da Modena e Giovanni da Vicenza. A Milano in quell’anno fu attivo il frate predicatore Pietro da Verona, il futuro Pietro Martire, che nel settembre del 1233 ottenne da Oldrado quello che i suoi pre- decessori forse fino ad allora si erano rifiutati di fare: inserire la legi- slazione imperiale in relazione agli eretici – quella che poneva l’eresia sullo stesso piano del reato di lesa maestà e prevedeva dunque la pena di morte37. In questa circostanza e con un interlocutore tanto autorevole Oldra- do dimostrò di voler finalmente applicare la legislazione antiereticale, che fino ad allora era stata trascurata. Il riferimento alla lotta contro i Catari nel suo monumento significherebbe sì l’adempimento di un ob- bligo che il comune si era assunto con l’introduzione della legislazione

et iubilationis» (p. 102); la bibliografia sull’Alleluia è copiosa, mi limito qui a rinviare ad A. VAUCHEZ, Une campagne de pacification en Lombardie autour de 1233. L’action politique des Ordres mendiants d’après la réforme des statuts communaux et les accords de paix, «Mélanges d’archéologie et d’histoire», 78 (1966), pp. 503-549 (trad. it. Una campagna di pacificazione intorno al 1233. L’azione politica degli Ordini Mendicanti secondo la riforma degli statuti comunali e gli accordi di pace, in ID., Ordini mendicanti e società italiana XIII-XV secolo, Milano 1990, pp. 119-161), al quale è utile affiancare A. THOMPSON, Predicatori e politica nell’Italia del XIII secolo, trad. it. Milano 1996 (Fonti e ricerche, 9); M. RAININI, Giovanni da Vicenza, Bologna e l’Ordine dei Predicatori, in L’origine dell’Ordine dei Predicatori e l’Università di Bologna, a cura di G. Bertuzzi, Bologna 2006, pp. 146-175 getta nuova luce sull’azione di Giovanni da Vicenza a Bologna; M.P. ALBERZONI, Minori e Predicatori fino alla metà del Duecento, in Martire per la fede. San Pietro da Verona domenicano e inquisitore, Atti del Convegno (Milano, 24-26 ottobre 2002), a cura di G. Festa, Bologna 2007, pp. 51-119 (soprattutto pp. 77-82); si ve- dano inoltre E. ARTIFONI, Gli uomini dell’assemblea. L’oratoria civile, i concionatori e i predicatori nella società comunale, in La predicazione dei frati dalla metà del ’200 alla fine del ’300, Spoleto 1995 (Atti dei Convegni della Società internazionale di studi francescani e del Centro in- teruniversitario di studi francescani, 22), pp. 141-188 e M.P. ALBERZONI, Mendikantenpredigt und Stadt in Oberitalien in der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts: Die Entstehung eines Modells, in Kommunikation in mittelalterlichen Städten, hrsg. von J. Oberste, Regensburg 2007 (Forum Mittelalter. Studien, 3), pp. 99-117.

37 O. HAGENEDER, Studien zur Dekretale «Vergentis» (X. V, 7, 10). Ein Beitrag zur Häretikergesetz- gebung Innocenz’ III., «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung», 49 (1963), pp. 138-173 (ora in trad. it. in ID., Il sole e la luna. Papato, impero e regni nella teoria e nella prassi dei secoli XII e XIII, a cura di M.P. Alberzoni, Milano 2000, pp. 131-163); O. CAPITANI, Legislazione antiereticale e strumento di costruzione politica nelle decisioni normative di Innocenzo III, «Bollettino della Società di studi valdesi», 140 (1976), pp. 31- 53; M. MESCHINI, L’evoluzione della normativa antiereticale di Innocenzo III dalla Vergentis in senium (1199) al IV concilio Lateranense (1215), «Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo», 106 (2003), pp. 207-231; in particolare sull’azione svolta da Pietro da Ve- rona in merito all’introduzione della legislazione papale negli statuti milanesi M. RAININI, Osservazioni a proposito di alcuni documenti relativi a Pietro da Verona, in Martire per la fede, pp. 330-358, soprattutto 330-344. LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 195 federiciana, ma a questo punto era anche un segnale forte del completo accordo di Milano con la sede apostolica. La lotta contro gli eretici a partire dagli ultimi decenni del XII se- colo, era divenuta un tema di rilievo nella legislazione papale e con la Ad abolendam, emanata congiuntamente da Lucio III e dal Barbarossa a Verona nel 1184, aveva preso avvio l’impegno diretto dei papi nel tentativo di estirparla. Soprattutto durante il pontificato di Innocenzo III si era verificato un significativo cambiamento: il papa, in un primo tempo aveva cercato di procedere con le armi della convinzione, ser- vendosi di predicatori scelti per ricondurre i Catari del sud della Fran- cia all’ortodossia, ma dopo l’uccisione del legato papale e predicatore anticataro Pietro di Castelnau (gennaio 1208) si era deciso a bandire una crociata contro i Catari del Midi38. Se Innocenzo III fin dai primi anni del suo pontificato aveva elaborato una sorta di ‘ideologia della crociata’39, Gregorio IX procedette deciso in quella direzione, dando sempre più incarichi nella lotta agli eretici ai Mendicanti (Domenicani e Francescani), soprattutto in seguito al successo da loro conseguito durante l’Alleluia40. Nel dicembre del 1233 Gregorio IX scrisse una lettera all’arcivescovo di Milano, per complimentarsi dell’operato dei frati nella lotta all’ere- sia durante l’Alleluia41. Così pure i testimoni al processo di canonizza- zione di Domenico di Caleruega (1234) accennano alle grandi opere compiute da Dio attraverso i frati in quell’anno di grazia42. Milano, poi, era considerata fovea hereticorum – come nel 1216 la definì Giacomo da Vitry43 – per cui la sede apostolica nel 1228-1229 aveva inviato nell’Italia

38 Si veda, da ultimo, M.P. ALBERZONI, Innocent III et les Pauvres Catholiques du Midi, in Inno- cent III et le Midi, sous la direction de M. Fournié - D. Le Blévec - J. Théry-Astruc, Toulouse 2015 (Cahiers de Fanjeaux, 50), pp. 311-336.

39 Mutuo l’espressione da M. MENZEL, Kreuzzugsideologie unter Innocenz III., «Historisches Jahrbuch», 120 (2000), pp. 39-79.

40 G.G. MERLO, Predicatori e inquisitori. Per l’avvio di una riflessione, in Praedicatores Inquisitores – I. The Dominicans and the Mediaeval Inquisition, Acts of the 1st International Seminar on the Dominicans and the Inquisition (Rome, 23-25 February 2002), Roma 2004 (Disserta- tiones historicae, 29), pp. 13-31, soprattutto 28-30 e W. MALECZEK, Innocenz III., Honorius III. und die Anfänge der Inquisition, ibi, pp. 33-43.

41 J. SBARALEA, Bullarium franciscanum, vol. I, Romae 1759, p. 119: «Benedicimus Deum Coeli, (…) quod huius nostri tempore incolatus evangelicus Paterfamilias per dilectos filios fratres Praedicatores et Minores operarios in vinae suae cultum undecima diei hora conductos, mirabilium suorum memoriam innovat».

42 RAININI, Giovanni da Vicenza, pp. 146-160; ID., Osservazioni a proposito di alcuni documenti, pp. 334-335. 43 Lettres de Jacques de Vitry (1160/1170-1240) évêque de Saint-Jean-d’Acre, édition critique par 196 MARIA PIA ALBERZONI settentrionale come cardinale legato il milanese Goffredo Castiglioni, per sollecitare i comuni a impegnarsi nella lotta contro gli eretici e ad affidare ai frati compiti di controllo degli accessi alla città, così che non si trovassero eretici al suo interno; il legato avrebbe inoltre dovuto con- vincere il podestà a inserire negli statuti comunali le leggi antiereticali promulgate da Federico II (1220 o 1224)44. Nel 1232 si era poi svolta la legazione di altri due cardinali originari della regione padana: il piacen- tino Giacomo da Pecorara e il piemontese Ottone da Tonengo45. Il moti- vo dichiarato della legazione era stabilire la pace tra i comuni, ma i due cardinali operarono perché i comuni si orientassero verso le direttive papali, al fine di indebolire il fronte favorevole a Federico II, capeggiato dalle città di Cremona e di Pavia46. L’obbedienza di Oldrado dovette suonare come un segno di sotto- missione del comune ambrosiano alle direttive romane.

6. Proprio l’esame del manufatto e di alcuni suoi tratti salienti, unita- mente a quello della scritta celebrativa, consente dunque di superare lo stereotipo dell’eccessiva autocelebrazione di un podestà che, per altro, non si era nemmeno distinto in vittoriose imprese militari, e di avanzare nuove proposte in merito al significato del complesso monumentale e al suo linguaggio politico. Il regno di Federico II fu segnato da profondi contrasti con i Comu- ni della Lombardia e, in particolare, con Milano; Federico II, infatti, non volle mai riconoscere la pace di Costanza e, quindi, la legittimità dei comuni nel quadro dell’ordinamento del regno47. Dall’altra parte,

R.B.C. Huygens, Leiden 1960, p. 72: «Post hoc vero veni in civitatem quandam, Mediola- nensem scilicet, que fovea est hereticorum».

44 M.P. ALBERZONI, Francescanesimo a Milano nel Duecento, Milano 1990 (Fonti e ricerche, 1), pp. 28-31; EAD., Gli Umiliati e gli Ordini mendicanti, in Milano e la Lombardia in età comunale (secoli XI-XIII), Milano 1993, pp. 85-87 e D. RANDO, «Ad confirmationem sancte et catholice fidei christiane». La prima presenza domenicana, in EAD., Religione e politica nella Marca. Studi su Treviso e il suo territorio nei secoli XI-XV. I. «Religionum diversitas», Verona 1996 (Biblioteca dei Quaderni di storia religiosa, 1), pp. 77-131; circa la politica antiereticale del comune di Milano, utili indicazioni in P. MONTANARI, Gli eretici, in Milano e la Lombardia in età comu- nale, pp. 88-92.

45 A. PARAVICINI BAGLIANI, Cardinali di curia e ‘familiae’ cardinalizie dal 1227 al 1254, Padova 1972 (Italia sacra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 18-19), rispettivamente vol. I, pp. 114-127 e vol. II, pp. 76-97.

46 W. MALECZEK, La propagnada antiimperiale nell’Italia federiciana: l’attività dei legati papali, in Federico II e le città italiane, pp. 290-303.

47 G. MILANI, Bando e confino politico, in Federico II. Enciclopedia fridericiana, vol. I, Roma 2006, pp. 141-144. LEGITTIMAZIONE PERSONALE E COSTRUZIONE DEL CONSENSO 197

Gregorio IX cercò nei Comuni lombardi e, in particolare, in Milano il necessario alleato per resistere alla pressione imperiale48. Approfittando della relativa pace con l’impero (successiva alla pace di San Germano), che per altro sarebbe entrata in crisi solo tre anni dopo, la sede apostolica si adoperò per far inserire nelle legislazioni comunali le leggi relative al bando e alla punizione degli eretici e per far eliminare quelle lesive della libertas ecclesiastica. A tal fine, come si è detto, a Milano fu attivo il frate predicatore Pietro da Verona, il futuro Pietro Martire49. La figura del podestà in abiti civili, con una spada in mano (secon- do la convincente ricostruzione proposta da Lomartire), che cavalca al passo con fare pacato, ben esprimeva la autorevolezza del comune di Milano, in quanto capace di amministrare la giustizia in modo mirabile, obbediente alle leggi imperiali e impegnato nella difesa dell’ortodossia, fino a punire i Catari con il rogo. In quegli stessi anni i comuni stavano elaborando un lessico centrato sui valori della libertas, con chiari intenti propagandistici50. Nel mondo comunale andavano dunque rintracciati i motivi del vero governo imperiale e la grande aquila sulla lunetta sovrastante il capo di Oldrado suggerisce apertamente tale coincidenza. Su queste basi il comune di Milano fondò la costruzione di un vasto consen- so, indiscusso nella regione padana: quando dunque le autorità del comune di Bologna attorno al 1237-1238 si rivolsero a Milano de- finendola la Totius libertatis patrona, indicarono di aderire a quella costruzione del consenso che il comune ambrosiano aveva a lungo perseguito, una costruzione del consenso che trovò nella realizzazio- ne del gruppo equestre di Oldrado una delle sue più fortunate ed incisive espressioni51. È infine possibile considerare la rappresentazione di questo podestà

48 Basti qui rinviare alle valide sintesi di O. CAPITANI, Gregorio IX, in Enciclopedia dei papi, vol. II, Roma 2000, pp. 363-380; ID., Gregorio IX, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. LIX, Roma 2002, pp. 166-178; ID., Gregorio IX, in Federico II. Enciclopedia fridericiana, vol. I, Roma 2006, pp. 787-794.

49 RAININI, Osservazioni a proposito di alcuni documenti, pp. 330-358; ID., «Plus quam vivus fecerim, mortuus faciam contra eos». Vita, morte e culto di Pietro da Verona a Milano, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 65 (2011), pp. 31-56.

50 M.P. ALBERZONI, Fides – fiducia – fedus, pp. 165-167; la centralità dell’esercizio della giusti- zia tra le funzioni proprie del podestà è messa in luce nel contributo di David NAPOLITANO, Keeping the flock together. Consensus-building in the «Oculus pastoralis», in questo volume.

51 R. HERMES, Totius libertatis patrona. Die Kommune Mailand in Reich und Region während der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, Frankfurt am Main 1999 (Europäische Hochschulschrif- ten. Reihe 3: Geschichte und ihre Hilfswissenschaften, 858), pp. 1-10. 198 MARIA PIA ALBERZONI come il tentativo di tradurre nella rappresentazione monumentale i motivi veicolati, attraverso le cancellerie, nel mondo comunale dall’ars dictaminis: la retorica classica, filtrata dall’ars dictaminis, diveniva così il motivo ispiratore e il punto di riferimento anche delle rappresentazioni artistiche di carattere politico52.

52 LOMARTIRE, «Iustitia, maiestas, curialitas», p. 129; circa il fondamentale ruolo giocato dall’ars dictaminis nello sviluppo dell’oratoria politica e anche della retorica comunale, oltre ai fondamentali lavori di E. ARTIFONI, I podestà professionali e la fondazione retorica del- la politica comunale, «Quaderni storici», 21 (1986), pp. 687-719; ID., Sull’eloquenza politica nel Duecento italiano, «Quaderni medievali», 35 (1993), pp. 57-78; ID., Retorica e organiz- zazione del linguaggio politico nel Duecento italiano, in Le forme della propaganda politica, pp. 157-182; ID., Gli uomini dell’assemblea, pp. 143-188; ID., Boncompagno da Signa, i maestri di retorica e le città comunali nella prima metà del Duecento, in Il pensiero e l’opera di Boncompagno da Signa, a cura di M. Baldini, Greve in Chianti 2002, pp. 23-36; ID., L’oratoria politica co- munale e i “laici rudes et modice literati”, in Zwischen Pragmatik und Performanz. Dimensionen mittelalterlicher Schriftkultur, hrsg. von C. Dartmann - T. Scharff - C. Friedrich Weber, Tur- nhout 2011, pp. 237-262; ID., Amicizia e cittadinanza nel Duecento. Un percorso (non lineare) da Boncompagno da Signa alla letteratura didattica, in Parole e realtà dell’amicizia medievale, Atti del convegno (Ascoli Piceno, 2-4 dicembre 2010), a cura di I. Lori Sanfilippo - A. Rigon, Roma 2012, pp. 9-30; si veda anche F. HARTMANN, L’amicitia nei primi comuni ita- liani. Un sondaggio nelle artes dictandi alla luce di recenti orientamenti della storiografia tedesca sull’amicizia medievale, ibi, pp. 31-55; ID., Funktionen der Beredsamkeit im kommunalen Italien. Befunde und Probleme, in Cum verbis ut Italici solent ornatissimis. Funktionen der Beredsamkeit im kommunalen Italien. Funzioni dell’eloquenza nell’Italia comunale, hrsg. von F. Hartmann, Göttingen 2011 (Super alta perennis. Studien zur Wirkung der Klassischen Antike, 9), pp. 9-24; ID., Ars dictaminis. Brieftsteller und verbale Kommunikation in den italienischen Stadtkommunen des 11. bis 13. Jahrhunderts, Ostfildern 2013 (Mittelalter-Forschung, 44).