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SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA BIBLIOTECA QUIRINALE

Primo Novecento La stagione culturale delle riviste d’autore

Pablo Picasso – 1914 Pipe, verre, journal, guitare, bouteille de vieux marc (‘’) (Fondazione Solomon R. Guggenheim – Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)

“Lacerba” (anni 1913/1914/1915)

Percorsi tematici 3 – I ------2012

A cura di Pierpaolo Capelli

PREMESSA

Si inaugura, con questa pubblicazione dedicata alla rivista Lacerba, una nuova serie dedicata alla spoglio delle testate storiche conservate presso la nostra Biblioteca. Pubblicata dal tipografo fiorentino Attilio Vallecchi, il primo numero della rivista esce a Firenze l’1 gennaio 1913, per iniziativa di un gruppo di intellettuali, attivi collaboratori della rivista La Voce, abbandonata per dissapori con e la sua linea editoriale. In questa nuova avventura editoriale si avvale della collaborazione di , Italo Travolato, . “Qui non si canta al modo de le rane” recita il frontespizio della rivista, chiosando il titolo dell’opera incompiuta di Cecco d’Ascoli, astronomo e medico mandato al rogo per eresia: nell’intendimento dei promotori la rivista conterrà solo verità, senza edulcoramenti di alcun genere. Verrà edita fino al 22 maggio 1915, con una periodicità quindicinale, che diverrà settimanale nell’ultimo anno di pubblicazione. Lo spoglio sistematico di tutti i numeri della testata e l’agile apparato biografico dei principali collaboratori della rivista sono opera di Pierpaolo Capelli, che ha dato vita con grande professionalità ed entusiasmo a questa nuova iniziativa, che opportunamente si inserisce nelle attività della Biblioteca,. Noi colleghi ci auguriamo che intenda proseguire questo progetto di spoglio delle testate storiche della Biblioteca, anche se ormai in procinto di ritirarsi dall’attività lavorativa, dopo numerosi anni di meritevole servizio presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica.

Lucrezia Ruggi d’Aragona

Giugno 2012

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LACERBA (1913-1915)

Lacerba Rivista di letteratura, arte e politica, che Giovanni Papini e Ardengo Soffici fondarono a Firenze nel 1913, dopo essersi staccati da La Voce; uscì fino all’entrata in guerra dell’Italia (1915). Ebbe carattere di violenta polemica contro l’arte e il costume borghesi, contro il conformismo e quietismo così degli individui come dei popoli, auspicando la guerra e la rivoluzione; ma fu polemica non tanto di idee (che erano in fondo quelle di un estremo antitradizionalismo da un lato e di un acceso nazionalismo e interventismo dall’altro), quanto di parole, che si spinsero alle maggiori libertà e bizzarrie (come dice già il titolo, modellato su quello dell’Acerba di Cecco d’Ascoli), con modi decisamente futuristi. Segna infatti il momento futurista (1), e in certo senso surrealista del vocianesimo, accogliendo fra i suoi collaboratori, accanto a quelli più ‘di punta’ de La Voce (, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Piero Jahier, ecc.), lo stesso Filippo Tommaso Marinetti (almeno in un primo tempo), , , e, fra gli stranieri, Guillaume Apollinaire. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Tesi assiomatica de “Lacerba” ______

Chi non riconosce agli uomini di ingegno, agli inseguitori, agli artisti il pieno diritto di contraddirsi da un giorno all’altro non è degno di guardarti.

Tutto è nulla, nel mondo, tranne il genio.

Le nazioni vadano in sfacelo ma crepino di dolore i popoli se ciò è necessario perché un uomo creatore vinca e vinca.

Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canaglieria degli uomini e nel loro desiderio di star più tranquilli e di conservare alla meglio i loro aggruppamenti. Ma c’è un piano superiore – dell’uomo solo, intelligente e spregiudicato – in cui tutto è permesso e tutto è legittimo. Che lo spirito almeno sia libero!

Di serietà e di buon senso si fa oggi un tal spreco nel mondo, che noi siamo costretti a farne una rigorosa economia. In una società di pinzoncheri anche il cinico è necessario.

Noi siamo inclini a stimare il bozzetto più della composizione, il frammento più della statua, l’aforisma più del trattato, il genio mancato e disgraziato ai grand’uomini olimpici e perfetti venerati dai professori.

Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d’istruire, né di risolvere con ponderanza le più gravi questioni del mondo.

Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale.

Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi.

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Manifesto del Futurismo

Le Figaro - 20 febbraio 1909

1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia. 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. 7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo. 8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Filippo Tommaso Marinetti

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“Lacerba”

Articoli, prose, poesie e recensioni curate da:

Fernando AGNOLETTI, Libero ALTOMARE, Guillaume APOLLINAIRE, Francesco BALILLA PETRELLA, Giannotto BASTIANELLI, BELLINI, BENUZZI, Mario BETUDA, Bino BINAZZI, Umberto BOCCIONI, Umberto BOTTONE (Auro D’Alba), Paolo BUZZI, Francesco CANGIULLO, Dino Campana, Maria CAMPIGLI, Carlo CARRA’, Enrico CAVACCHIOLI, Dinamo CORRENTI, Bruno CURATOLO, Maria D’AREZZO, Theodor DAUBLER, Reny DE GOURMOUNT, Mario DE LEONE, Giuseppe DE ROBERTIS, Mac DEL MARE, Anna DES PRURAUX, Arcangelo DISTASO, Isidore Lucien DUCASSE, ELETTROCUTORE, ELETTRONE ROTATIVI (Ardengo Soffici), Bruno FALLACI, Luigi FALLACARA, FILADRITTO, Luciano FOLGORE, Paul FORT, Roderich HELLMANN, Max JACOB, Piero JAHIER, Guglielmo JANNELLI, Piero JOCELLI, Karl KRAUS, Jules LAFORGUE, LAZZERONI, Danilo LEBRECHT, Arrigo LEVASTI, Georg LICHTENBERG, Gian Pietro LUCINI, Stephane MALLARME’, Filippo Tommaso MARINETTI, Nicola MOSCARDELLI, NEAL, Friedrich NIETZSCHE, Arturo ONOFRI, Mauro PAGLAI, Aldo PALAZZESCHI, PAPA, Giovanni PAPINI, Angelo PECORI, Giuseppe PREZZOLINI, Silvio PUCCI, Titta ROSA, Ottone ROSAI, Luigi RUSSOLO, Antonio SANT’ELIA, Camillo SBARBARO, Filippo SCARPELLI, Curt SEIDEL, , Ardengo SOFFICI, Silvio SPAVENTA, Italo TAVOLATO, Sergio TOFANO, Ugo TOMMEI, Giuseppe UNGARETTI, Giuseppe VANNICOLA, Alberto VIVIANI, Ambroise VOLLARD

Magnelli, Alberto (1888-1971) - 1914 Map of the World and Lacerba (Magnelli Collection, Meudon, France)

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Sommario degli articoli e degli autori

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ANNO 1 – n. 1 (1 gennaio 1913)

Giovanni Papini: Introibo Giovanni Papini: Il giorno e la notte Ardengo Soffici: Contro i deboli Angelo Pecori: Razzi Italo Tavolato: L’anima di Weininger Aldo Palazzeschi: Il mendicante

ANNO 1 – n. 2 (15 gennaio 1913)

Karl Kraus: Aforismi Ardengo Soffici: Cubismo e oltre (prima parte) Giovanni Papini: I cattivi Italo Tavolato: Giorgio Brandes – Una stroncatura Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Giovanni Papini: Jean Christophe

ANNO 1 – n. 3 (1 febbraio 1913)

Remy de Gourmont: De pas sur le sable Ardengo Soffici: Cubismo ed oltre (seconda parte) Silvio Spaventa: Difesa dello scetticismo Aldo Palazzeschi: La bomba Anna Gerebzova: La convenzione nell’arte Giovanni Papini: Il significato del futurismo Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Italo Tavolato: Contro la morale sessuale

ANNO 1 – n. 4 (15 febbraio 1913)

Giuseppe Vannicola: Le varie morali Ardengo Soffici: Cubismo ed oltre (terza parte) Giovanni Papini: Le parolacce Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 5 (1 marzo1913) Giovanni Papini: Il discorso di Roma Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Anna des Pruraux: Nuit florentine

ANNO 1 – n. 6 (15 marzo1913)

Giovanni Papini: Contro il futurismo Paolo Buzzi: La fantasia di Magdeburgo F.T. Marinetti: Adrianopoli assedio orchestra Luciano Folgore: Sensazione di turbine Umberto Boccioni: Fondamento plastico della scultura e pittura futuriste Corrado Govoni: La città morta Carlo Carrà: Piani plastici come espansione sferica nello spazio Aldo Palazzeschi: Una casina di cristallo Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Giovanni Papini: La risposta dei romani Italo Tavolato: Glossa sopra il manifesto futurista della lussuria

ANNO 1 – n. 7 (1 aprile 1913)

Giovanni Papini: Morte ai morti Ardengo Soffici: Chicchi del grappolo Aldo Palazzeschi: I fiori Umberto Boccioni: I futuristi plagiati in Francia Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 8 (15 aprile 1913)

Giovanni Papini: La necessità della rivoluzione Ardengo Soffici: Movimento nella plastica futurista Aldo Palazzeschi: Postille Roch Grey: Un “fait diverse” Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 9 (1 maggio1913)

Ardengo Soffici: Svalutazione della grandezza Luciano Folgore: Caffè notturni Italo Tavolato: Elogio della prostituzione Aldo Palazzeschi: Tre diversi amici e tre liquidi diversi Ardengo Soffici: Giornale di bordo Corrado Govoni: Le cose che fanno la primavera Curt Seidel: Pizzicata ad un criticastro

ANNO 1 – n. 10 (15 maggio1913)

Giovanni Papini: I cari genitori Carlo Carrà: Da Cézanne a noi futuristi Roch Grey: Romance - Idylle, Allumeur, Depart Auro D’Alba: Battute d’automobile Francesco Petrella: Contro il grazioso in musica e altro Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Italo Tavolato: Fra me e me

ANNO 1 – n. 11 (1 giugno 1913)

Anna Des Pruraux: Cremona Giovanni Papini: Gesù peccatore Aldo Palazzeschi: I carabinieri Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Giovanni Papini: I miei conti con Croce

ANNO 1 – n. 12 (15 giugno 1913)

F.T. Marinetti: L’immaginazione senza fili Camillo Sbarbaro: Torbidità Luciano Folgore: Correnti di simpatia Ardengo Soffici: Max Jacob Gian Paolo: Accenni Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 13 (1 luglio 1913)

Giovanni Papini: “LACERBA” sotto processo Carlo Carrà: L’atmosfera d’avanguardia che prepariamo Luciano Folgore: Città ferma-Sciopero generale Umberto Boccioni: La scultura futurista Luigi Russolo: Gli futuristi-Arte dei rumori F.T. Marinetti: Contrabbando di guerra-Parole in libertà Dinamo Correnti: Serrature Ardengo Soffici: Giornale di bordo-Caos (rubrica) Auro D’alba: Postierle Italo Tavolato: Frammenti futuristi

ANNO 1 – n. 14 (15 luglio 1913)

Italo Tavolato: Il convito non platonico Francesco Cangiullo: Notturno inzaccherato Francesco Balilla Pratella: Critichiamo i critici Aldo Palazzeschi: Al dottor Carrel Corrado Govoni: Proiezioni di città italiane-Venezia Roch Grey: Elegie Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 15 (1 agosto 1913)

Giovanni Papini: Odiatevi gli uni cogli altri Luciano Folgore: Fumo agli occhi Le Comte de Lautréamont: L’hermaphrodite Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) Umberto Boccioni: Il dinamismo futurista e la pittura francese

ANNO 1 – n. 16 (15 agosto 1913)

Mac del Marle-Marinetti: Manifeste futuriste contro Montmartre Giovanni Papini: Accidenti alla serietà Luciano Folgore: Cena-Lirismo sintetico Max Jacob: Le divan de monsieur Max Jacob Umberto Boccioni: Per l’ignoranza italiana sillabario pittorico Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) 14

ANNO 1 – n. 17 (1 settembre1913)

Carlo Carrà: La pittura dei suoni, rumori, odori-Manifesto futurista Giovanni Papini: Il ricco come debitore Francesco Cangiullo: Il sifone d’oro Umberto Boccioni: Contro la vigliaccheria artistica italiana Italo Tavolato: Frammenti Max Jacob: Le divan de monsieur Max Jacob Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 18 (15 settembre1913)

Giovanni Papini: Franchezza cogli imbecilli F.T. Marinetti: Battaglia sotto vetro vento Luciano Folgore: Sobborgo Max Jacob: Mademoiselle Léonie Guillaume Apollinaire: L’antitradizione futurista Georg Lichtenberg: Impromptus Nicola Moscardelli: Burattinata sentimentale Ardengo Soffici: Natura morta Giovanni Papini: Schegge Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 19 (1 ottobre1913)

F.T. Marinetti: Il teatro di varietà-Manifesto futurista Giovanni Papini: Freghiamoci della politica Auro d’Alba: La cappella dei fiori Italo Tavolato: Dalle “Giubbe Rosse” Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 20 (15 ottobre1913)

Giovanni Papini: Programma politico futurista Giovanni Papini: La vita non è sacra Corrado Govoni: Fotografia medianica del temporale Carlo Carrà: Pittura passata=illustrazionismo, pittura futurista=pittura Max Jacob: La conversion d’Emilie Cordier Nicola Moscardelli: Spasimo Arcangelo Distaso: Siate senza pensiero del domani Francesco Cangiulo: Scoppio fabbrica pirotecnica Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica) 15

ANNO 1 – n. 21 (1 novembre 1913)

Giovanni Papini: Marcia del coraggio Aldo Palazzeschi: Pizzicheria Carlo Carrà: Bisogna sopprimere gl’imbecilli nell’arte Dinamo Correnti: Paracarri Luigi Russolo: Conquista totale dell’enarmonismo Roderich Hellmann: Della prostituzione Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 22 (15 novembre 1913)

Giovanni Papini: Esistono cattolici Silvio Pucci: Risveglio F.T. Marinetti: Dopo il verso libero, le parole in libertà Umberto Boccioni: Scarpetta da società + orina Francesco Cangiulo: Addio Sergio Tofano: Villeggiatura Mario Betuda: Sagra Luciano Folgore: Riso Benuzzi: Masturbazione Alberto Viviani: Café chantant Ardengo Soffici: Diario di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 23 (1 dicembre 1913)

Giovanni Papini: Perché sono futurista F.T Marinetti:Correzione di bozze + desideri in velocità Francesco Cangiullo: Finestre aperte Corrado Govoni: Io e Milano (prima parte) Dinamo Correnti: Mangiare Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 24 (15 dicembre 1913)

F.T. Marinetti/A. Soffici/C. Carrà/G. Papini/U. Boccioni: Serata futurista Aldo Palazzeschi: Lettere Corrado Govoni: Io e Milano (seconda parte) Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 2 – n. 1 (1 gennaio 1914)

Luciano Folgore: Lirismo sintetico e sensazione fisica F.T. Marinetti: Ponte Benuzzi: Bar express Paolo Buzzi: Volo Ardengo Soffici: Il soggetto nella pittura futurista Elettrocutore: La sedia elettrica-Luigi Luzzati Francesco Cangiullo: Fumatori Umberto Boccioni: Simultaneità futurista Carlo Carrà: Immobilità+ventre

ANNO 2 – n. 2 (15 gennaio 1914)

Aldo Palazzeschi: Il controdolore Gorpe: Cammina cammina Giovanni Papini: Il passato non esiste Giovanni Papini: Quattro begli occhi F.T. Marinetti: Abbasso il tango e Parsifal! Ardengo Soffici: Bicchier d’acqua Elettrocutore: La sedia elettrica-Sem Benelli

ANNO 2 – n. 4 (15 febbraio1914)

Giovanni Papini: Il cerchio si chiude Libero Altomare (Remo Mannoni): Il temporale F.T. Marinetti: Dune Carlo Carrà: Costruzione spaziale-Simultaneità di ritmi Ardengo Soffici: Passeggiata Bino Binazzi: Sigarette Guglielmo Jannelli: Messina Elettrocutore: Sedia elettrica-Luciano Zuccoli Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 5 (1 marzo 1914)

Giovanni Papini: Inno all’intelligenza Nicola Moscardelli: La suora spasimosa Umberto Boccioni: Il cerchio non si chiude! Auro D’Alba: Il puro lirismo nella sensibilità futurista-simultaneità Luigi Russolo: Grafia enarmonica per gl’intonarumori futuristi Italo Tavolato: Bestemmia contro il giornalismo Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 6 (15 marzo 1914)

F.T. Marinetti: Lo splendore geometrico e meccanico nelle parole in libertà Giovanni Papini: Cerchi aperti Enrico Cavacchioli: Rivoluzione Umberto Boccioni: Moto assoluto+moto relativo=dinamismo Carlo Carrà: La deformazione nella pittura Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 7 (1 aprile 1914)

Giovanni Papini: Il massacro delle donne F.T. Marinetti: Onomatopee astratte e sensibilità numerica Ambroise Vollard: Portrait de Cézanne Mario Betuda: Looping the loop F,T. Marinetti: Gli sfruttatori del futurismo Nicola Moscardelli: Naufragio Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 8 (15 aprile 1914)

Giovanni Papini: Anch’io son borgese Carlo Carrà/Ardengo Soffici: Semplicismi Guillaume Apollinaire: Banalités Benuzzi: Espansione Elettrocutore: Sedia elettrica-Francesco Paolo Michetti Auro D’Alba: I letti Guglielmo Jannelli: Manovra di notte moderna Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 9 (1 maggio1914)

Theodor Daubler: Picasso Giovanni Papini: Dichiarazione al tipografo Ugo Tommei: Scultura futurista Elettrocutore: Sedia elettrica-Augusto Novelli Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 10 (15 maggio1914)

Giovanni Papini: Viva il maiale! Bino Binazzi: La milizia di Berlicche Luciano Folgore: Prima rappresentazione Italo Tavolato: Frammenti Ugo Tommei: Volata antifemminile Bino Binazzi: Arzigogoli Elettrocutore: Sedia elettrica-Luigi Ferderzoni Camillo Sbarbaro: La vite Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 11 (1 giugno1914)

Giovanni Papini: Chiudiamo le scuole Piero Jocelli: I piedi Carlo Carrà: Vita moderna e arte popolare Italo Tavolato: Zibaldone Camillo Sbarbaro: La croce Auro D’Alba: Il soggetto in poesia Bino Binazzi: Di sulla spiaggia Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 12 (15 giugno1914)

Giovanni Papini: I fatti di giugno Ardengo Soffici: Sul marmo Ugo Tommei: Elegia per il povero teppista Autori vari: Caffè (rubrica) Francesco Cangiullo: Serata in onore di Ivonne

ANNO 2 – n. 13 (1 luglio 1914)

Giovanni Papini: Volubilità Ardengo Soffici: Raggio Luciano Folgore: Infinitesimi Titta Rosa: Gonne Carlo Carrà: Cd’archouortfé Italo Tavolato: Cronache-ovvero il processo Tiepolo Francesco Cangiullo: Foglie di platani Mario De Leone: Fornicazione di automobili Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 14 (15 luglio 1914)

F.T. Marinetti/C.R.W. Nevinson: Vital english art Ardengo Soffici: Appunti sulla famiglia Mario Campigli: Giornale +strada Guizzidoro: Tango= cantiere della lussuria Bino Binazzi: Il domicilio del poeta Marinetti/Bussolo/Piatti: Gli intonarumori futuristi trionfano a Londra Nicola Moscardelli: 3022 Elettrocutore: Sedia elettrica-Salandra Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 15 (1 agosto 1914)

Giovanni Papini: Gli amici Antonio Sant’Elia: L’architettura futurista Benuzzi: Bagni Stephane Mallarme: Il demone dell’analogia Italo Tavolato: Deploratoria in morte di Frank Ferdinand Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 16 (15 agosto 1914)

Giovanni Papini: Il dovere dell’Italia Papa: La secchia rapita

ANNO 2 – n. 17 (1 settembre 1914)

Giovanni Papini: Ciò che dobbiamo alla Francia F.T. Marinetti: Il massacro dei sottomarini Ardengo Soffici: Per la guerra

ANNO 2 – n. 18 (15 settembre 1914)

Giovanni Papini: Contro la neutralità Ardengo Soffici: Per la guerra Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 21 (15 ottobre 1914)

Giovanni Papini: Chi non la vuole Giuseppe Prezzolini: Il Paese è responsabile Ardengo Soffici: Per la guerra Fernando Agnoletti: Viva l’esercito Italo Tavolato: Vogliamo la guerra Ugo Tommei: O la guerra o la rivoluzione Mauro Pagliai: Doveri

ANNO 2 – n. 22 (1 novembre 1914)

Giovanni Papini: L’antitalia Ardengo Soffici: Sulla barbarie tedesca Italo Tavolato: “Sangue viennese” Maria D’Arezzo: La guerra, la civiltà e la giustizia Friedrich Nietzsche: Accuse contro i tedeschi Arcangelo Distaso: L’Italia sotto l’Austria Fernando Agnoletti: Canto per Trento e Trieste D’Angelo: La pubblica opinione! Fernando Agnoletti: L’ultimo austricante Tullio Garbari: Il Trentino

ANNO 2 – n. 23 (15 novembre 1914)

Giovanni Papini: Il nostro impegno Giannotto Bastianelli: Le tre metamorfosi della musica tedesca Ardengo Soffici: Sogni e risvegli d’Italia Bino Binazzi: La badia del buon sollazzo Arcangelo Distaso: La rivoluzione non evitata Luciano Folgore: I retroscena Dino Campana: Sogno di prigione Ottone Rosai: Il salotto di ricevimento

ANNO 2 – n. 24 (1 dicembre 1914)

Bino Binazzi: E non parliamo di guerra Neal: L’idealismo e la sua guerra intestina Fernando Agnoletti: Si dice, si fa Ugo Tommei: Drammi Luigi Fallacara: Noia

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ANNO 3 – n. 1 (3 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Il Re Ardengo Soffici: Vomito Aldo Palazzeschi: Varietà Fernando Agnoletti: Colpi di pungolo

ANNO 3 – n. 2 (10 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Senatus mala bestia Corrado Govoni: L’albergo del pellegrino Ardengo Soffici: Accomodamenti Ugo Tommei: Un-due un-due Carlo Carrà: A proposito di futurismo Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 3 (17 gennaio 1915)

Giovanni Papini: L’eroe tedesco Bino Binazzi: Recentissime Ardengo Soffici: La vittoria della Germania Fernando Agnoletti: Spinte Catalano: Primavera in cammino Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica) Giuseppe Prezzolini: Risposta a Carrà

ANNO 3 – n. 4 (24 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Il gentile terremoto Ardengo Soffici: Intorno alla Russia Aldo Palazzeschi: Equilibrio Carlo Carrà: Sul passatista Prezzolini

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ANNO 3 – n. 5 (31 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Malumore Nicola Moscardelli: Osteria Ardengo Soffici: Tir’ e molla Piero Jahier: Non sappia la tua sinistra Giannotto Bastianelli: La natura morta in musica Camillo Sbarbaro: Capstan Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica) Ugo Tommei: Epiloghi Piero Jahier: Pane, primo e ultimo avviso

ANNO 3 – n. 6 (7 febbraio 1915)

Giovanni Papini: I Ministri Giuseppe Ungaretti: Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto-Epifania Ardengo Soffici: Breve risposta ad un tedescante Bruno Curatolo: Natura Luigi Fallacara: La fiera di Natale Neal: Pericolo russo o tedesco? Italo Tavolato: Zibaldone Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 7 (14 febbraio 1915)

Palazzeschi/Papini/Soffici: Futurismo e manirettismo Nicola Moscardelli: Tre-Valzer Fernando Agnoletti: Al Re, a Salandra, a Sonnino Danilo Lebrecht: Decorazione Luigi Fallacara: Grottesco Ardengo Soffici: Chiodi nella zucca Giovanni Papini: Fuori i tedeschi Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

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ANNO 3 – n. 8 (21 febbraio 1915)

Giovanni Papini: Fiorentinità Luigi Fallacara: Azzurro Ardengo Soffici: Accenni Ugo Tommei: Epiloghi Papini/Soffici/Cavalli: Marinettismo Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 9 (28 febbraio 1915)

Giovanni Papini: Intervista con Salandra Corrado Govoni: Lode del perfetto amore Ugo Tommei: Italiani Bino Binazzi: Dichiaramento per la bella Italia Giuseppe Ungaretti: Diluvio-Cresima Guillaume Apollinaire: Quelconqueries Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 10 (7 marzo 1915)

Giovanni Papini: I deputati Ardengo Soffici: Taccuino Luigi Fallacara: Bordello Arcangelo Distaso: Il soldato italiano Giuseppe De Robertis: Zuccheriera Aldo Palazzeschi: Rubrica-Spazzatura

ANNO 3 – n. 11 (13 marzo 1915)

Giovanni Papini: Vergogna Max Jacob: Poèmes Ardengo Soffici: Noia Giuseppe Ungaretti: Le suppliche Ardengo Soffici: Marinettismo Ugo Tommei: Epiloghi Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

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ANNO 3 – n. 12 (20 marzo 1915)

Giovanni Papini: Le cinque guerre Bellini: A Luigi di Savoia Stephane Mallarmé: Conflitto Aldo Palazzeschi: Primavera Arcangelo Distaso: Il merdaio italiano

ANNO 3 – n. 13 (27 marzo 1915)

Giovanni Papini: L’intelligenza francese Gino Severini: Siamo tutti preti Luigi Fallacara: La gioia Jules Laforgue: Grande complainte della città di Parigi Ardengo Soffici: Semi Arturo Onofri: Guerra Ugo Tommei: Epiloghi

ANNO 3 – n. 14 (3 aprile 1915)

Paul Fort: Le grand evènement Piero Jahier: Parola d’ordine Ardengo Soffici: Simultaneità liriche Bruno Fallaci: Note di soldato Titta Rosa: Via/Sabato Maria D’Arezzo: Ad una giovinezza Arrigo Levasti: La debolezza di Bismarck Giovanni Papini: Spurghi e resti

ANNO 3 – n. 15 (10 aprile 1915)

Giovanni Papini: Supplica a Franz Ardengo Soffici: Taccuino Ugo Tommei: Re d’Italia Filippo Scarpelli: Il cuore di Firenze, ahi Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

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ANNO 3 – n. 17 (24 aprile 1915)

Elettrone Rotativi: Adampetonismo (prima parte) Bino Binazzi: Rifioriture Giovanni Papini: Fucilate

ANNO 3 – n. 18 (1 maggio 1915)

Giovanni Papini: Abbasso la critica Corrado Govoni: Vergogna Elettrone Rotativi (Ardengo Soffici): Adampetonismo (seconda parte) Nicola Moscardelli: Gomitolo-Tramonto-Parole Fernando Agnoletti: 27 aprile

ANNO 3 – n. 19 (8 maggio 1915)

Giovanni Papini: I Mille e lo Zero Ardengo Soffici: Similtaneità liriche Giuseppe Ungaretti: Poesie Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica) Filadritto: Storielle senza punta (prima parte) Lazzeroni: Un uomo di spirito

ANNO 3 – n. 20 (15 maggio 1915)

I Redattori: Ultimo appello-Guerra Giovanni Papini: Giolitti Ardengo Soffici: Sulla soglia-La buona guerra Bellini: Agli ufficiali Nicola Moscardelli: Poesie Luigi Fallacara: Gorgo Filadritto: Storielle senza punta (seconda parte)

ANNO 3 – n. 21 (22 maggio 1915)

Giovanni Papini: Abbiamo vinto Aldo Palazzeschi: Evviva questa guerra Luciano Folgore: Giornate romane Ugo Tommei: Donne Ugo Tommei: Carrà

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Serge Férat (1879-1958) - Lacerba, circa 1913-1914 The Haba & Alban Roussot Collection

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“Lacerba”

Note biografiche dei principali Autori , Collaboratori, Saggisti e Poeti i cui scritti sono pubblicati sulle pagine della rivista

(nella foto-da sinistra a destra) Luigi Russolo, Carlo Carrà, Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e Gino Severini Esponenti illustri del Futurismo e della rivista “LACERBA”

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FERNANDO AGNOLETTI

Nato a Firenze da Vincenzo il 6 marzo 1875, giovanissimo combatté in Grecia con i volontari garibaldini (1897). Tornato in patria iniziò la carriera di pubblicista, usando talvolta lo pseudonimo di "Calandrino". Lettore d'italiano presso l'università di Glasgow, vi fondò, il 21 gennaio 1909, la rivista bilingue La riscossa latina, che durò fino ai primi del 1910.

Dopo il suo ritorno a Firenze collaborò a La Voce, per la quale scrisse le sue pagine più fresche, poi raccolte nel volume Dal giardino all'Isonzo, edito dalla rivista nel 1917 (la seconda edizione pubblicata a Firenze nel 1937, a cura del figlio Braccio, contiene un poscritto con cenni biografici sull'autore). Lasciò La Voce per seguire Papini, quando questi fondò la rivista Lacerba.

Interventista, nel 1915 andò in guerra volontario; poi nel '19 fu tra i primi aderenti del fascio fiorentino, presiedette la sezione fiorentina dell'Associazione combattenti e diresse fogli di ispirazione fascista (Noi; L'Aratro). Coprì in seguito numerose cariche nel partito fascista, per il quale scrisse l'A.B.C. del giovane fascista (Firenze 1931). Morì a Firenze il 25novembre 1933. Aveva pubblicato, inoltre, Il bordone della poesia (Firenze 1921), e curato l’ edizione degli scritti del poeta contadino Giovanni Bellini, caduto in guerra, con il titolo di Arciviaggio (Firenze 1921). (tratto da: Dizionario Biografico degli Italiani-Treccani.it)

LIBERO ALTOMARE (Remo Mannoni)

Libero Altomare (nome d'arte voluto da Marinetti per Remo Mannoni, 1883-1966) iniziò la sua carriera letteraria nell'alveo dannunziano: con una piccola raccolta di versi stampata in proprio nel 1908, Rime dell'Urbe e del Suburbio, e una rivista letteraria Primo Vere che non ebbe successo. La sua seconda raccolta, Procellarie, stampata nel 1909 e inviata a Marinetti, gli aprì invece le porte di 'Poesia' (la splendida rivista di Marinetti) e gli fruttò l'invito a entrare nel movimento futurista. Alcune sue creazioni furono lette in occasione delle serate futuriste, sin da quella al Politeama Rossetti di Trieste (12 gennaio 1910) e del Teatro Lirico di Milano (15 febbraio 1910). Fu proprio Altomare a presentare Umberto Boccioni, che aveva conosciuto a Roma, a Marinetti e agli altri futuristi. Tra il 1910 e l'entrata in guerra dell'Italia Altomare partecipò attivamente alla vita del movimento, fondando il gruppo romano. Nel 1920 portò a Fiume gli aiuti raccolti a Roma. Fortemente critico nei confronti del regime fascista si allontanò dal Futurismo quando la convergenza con il regime gli parve accentuarsi. Fu tuttavia tra i primi a ritornare su quel periodo, con toni sereni, nel dopoguerra proprio con un volumetto Incontri con Marinetti e il Futurismo nel quale colpisce la testimonianza sull'arruolamento del giovane poeta e l'entusiasmo che Marinetti sapeva infondere accordando fiducia, elargendo principeschi inviti, offrendo prospettive e costruendo progetti. L'opera contiene alcuni esempi delle lettere che Marinetti inviava ai giovani che reclutava per la prima pattuglia di futuristi. (tratto da: La Biblioteca delle Avanguardie' delle Edizioni d'Orfeo) 30

GUILLAUME APOLLINAIRE

Pseudonimo dello scrittore Guillaume-Apollinaris-Albertus de Kostrowitsky (Roma 1880 - Parigi 1918). Nato da un italiano e da una nobildonna polacca, ma di cultura francese, visse l'esperienza letteraria della Francia dagli ultimi anni del sec. 19º fino alla prima guerra mondiale, cui partecipò valorosamente. Le sue poesie giovanili si collocano nel quadro dell'ultimo simbolismo: così Le Bestiaire ou Cortège d' Orphée (1911) e le poesie che, pubblicate sparsamente, furono raccolte poi nel volume Calligrammes (1918).

Dal senso musicale della parola passò a coltivare il valore suggestivo delle associazioni che la parola può evocare e inaugurò la lirica in cui assumono importanza massima le immagini e le cose. In tal modo fu condotto a iniziare nella poesia il cubismo, il sintetismo o simultaneismo e il surrealismo. La sua influenza si avverte in tutti i movimenti svoltisi nella letteratura francese dal 1905 al 1920 circa. Della sua opera non voluminosa si ricordano, oltre ai libri citati, Alcools (1913, poesie), Le poète assassiné (1916, romanzo), Les mamelles de Tirésias (1917), dramma surrealista). Amico di Braque, di Picasso e degli altri cubisti, partecipò attivamente al loro movimento come critico d'arte. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GIACOMO BALLA

Pittore italiano (Torino 1871 - Roma 1958). Si formò a Torino e a Roma, dove si trasferì nel 1893, in un ambito culturale partecipe del socialismo umanitario e del positivismo scientifico, affrontando tematiche come il paesaggio urbano e le condizioni umane (ciclo Dei viventi, 1902-1905), in un linguaggio che trae elementi dal verismo, dal liberty e dal neoimpressionismo.

Artista maturo e affermato, nel 1910 firmò, con i suoi allievi Boccioni e Severini, il Manifesto dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista, ma il suo più originale contributo iniziò dal 1912 con la serie di studî sul movimento (dal Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Gal., alle serie sulla "velocità d'automobile", sul "volo di rondine", ecc.) e sulle "compenetrazioni iridescenti". L'interesse per la forma pura e soprattutto per il colore sfociarono in ricerche di rigorosa astrazione. Partecipò intensamente alle manifestazioni futuriste, creando e interpretando azioni sceniche, disegnando vestiti, costumi, mobili, progettando complessi plastici. La sua posizione critica nei confronti del secondo futurismo, latente a metà degli anni Venti, si accentuò all'inizio degli anni Trenta, portandolo a un isolamento e a un ripiegamento su una ricerca di figurazione naturalistica. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line) 31

UMBERTO BOCCIONI

Pittore, scultore, scrittore d'arte (Reggio di Calabria 1882 - Verona 1916). Fu dal 1901 a Roma, dove da G. Severini e G. Balla fu avviato alla conoscenza della pittura francese contemporanea. Dopo un breve soggiorno a Parigi e in Russia, si stabilì a Milano (1907), dove la sua pittura subì l'influenza dei divisionisti. Con C. Carrà, L. Russolo, G. Balla e G. Severini firmò (1910) il manifesto dei pittori futuristi, e di quel movimento fu il teorico e il maggiore esponente artistico. A Parigi (1911) incontrò P. Picasso e G. Braque, e da quel momento tutta la sua ricerca si rivolse alla composizione della forma nello spazio per effetto del movimento, al dinamismo, all'espressione plastica degli "stati d'animo" (Gli addii; Quelli che restano; Quelli che vanno, 1911, New York, Museum of modern art). Del 1912 è il suo Manifesto tecnico della scultura futurista, del 1914 l'importante scritto Pittura scultura futuriste. Di questo periodo sono le sue esperienze nel campo della plastica (L', 1912). Le scarse opere realizzate tra il 1914 e il 1916 indicano tuttavia un ritorno a figurazioni realistiche (Ritratto di Busoni, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). Fu fervente interventista e volontario di guerra nel 1915. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

UMBERTO BOTTONE (Auro D’Alba)

Nacque a Roma il 14 marzo 1888. Amico di Sergio Corazzini ed esordì con una raccolta di poesie, Lumi d'argento (Roma 1905), alla quale seguì, Corde ai fianchi (Roma 1910). Nel 1912 venne a contatto con i futuristi, inviando a Marinetti alcune liriche, che furono da questo declamate al Teatro Dal Verme di Torino. Le opere del Bottone ispirate al futurismo sono due "sintesi teatrali" (firmate con lo pseudonimo Auro d'Alba, che il Bottone userà anche successivamente): I carri e Il cambio (in Teatro futurista sintetico, Milano 1916) e Baionette (Milano 1915), raccolta di poesie, alcune delle quali già apparse su Lacerba, in cui, accanto a liriche dal carattere più decadentista che futurista, sono presenti anche originali e vivaci composizioni di parole in libertà. Nel 1916, pubblica le “Canzoni della guerra” (Milano 1916), in cui l'aggressivo nazionalismo futurista si stemperava in un sentimentalismo edulcorato. Decorato con una medaglia d'argento e una croce di guerra, nel dopoguerra si unì ai seguaci di Mussolini e collaborò al Popolo d'Italia. Successivamente fu membro del primo direttorio del fascio romano di combattimento. Nelle opere pubblicate tra il 1920 e il 1930 non manca un nucleo di originale di poesia, uno spontaneo ed ingenuo amore per la vita espresso, nei momenti migliori, in modi vivi e fantastici, quasi fiabeschi; ma troppo spesso questi motivi vennero distorti e soffocati o da sollecitazioni esterne o dall'esigenza di adeguarsi a modelli letterari che non gli erano consentanei. La facilità nel verseggiare, di cui il Bottone fu naturalmente dotato, gli impedì di elaborare un linguaggio personale. Alla fine della seconda guerra mondiale fu internato in un campo di concentramento; dopo la liberazione collaborò a Il Popolo di Roma e dal 1947 al 1965 all'Osservatore romano della Domenica sotto lo pseudonimo di Benigno. Morì a Roma il 15 aprile del 1965. (tratto da: Dizionario Biografico degli Italiani-Treccani.it)

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PAOLO BUZZI

Scrittore (Milano 1874 - ivi 1956). Esordì con una poetica ancora legata al classicismo leopardiano e carducciano (Rapsodie leopardiane, 1898), ma attratto dal movimento futurista, ne divenne uno degli esponenti più serî e significativi (fu, tra l'altro, critico letterario della rivista Poesia fondata nel 1905 da Marinetti). Pubblicò molti volumi di liriche (Aeroplani, 1909; Versi liberi, 1913; Il poema dei quarant'anni, 1922; Canti per le chiese vuote, 1930; Poema del golfo di Napoli, 1937; Atomiche, 1952; ecc., e il volume antologico Selecta, 1898-1954, 1955), prose, lavori teatrali e alcuni romanzi (fra cui Gigi di purità, 1927, ispirato a San Luigi Gonzaga). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

DINO CAMPANA

Poeta (Marradi 1885 - Castel Pulci, Firenze, 1932). Figlio di un maestro elementare, rivelò presto indole inquieta e straordinaria sensibilità. Dopo il liceo a Faenza, frequentò corsi di chimica all'università di Bologna e a Firenze. Ma, incapace di adattarsi alla normalità (per le sue stravaganze ebbe a che fare spesso tanto con la polizia quanto con le istituzioni psichiatriche), preferì viaggiare (l'Italia settentrionale, la Svizzera, Parigi nel 1907; un avventuroso viaggio in Argentina nel 1908; frequenti vagabondaggi in Toscana) e coltivare una prepotente vocazione letteraria, i cui primi frutti apparvero (1912-13) su fogli goliardici a Bologna. Frequentò poi per qualche tempo (1913-14) i circoli fiorentini della Voce e di Lacerba. Andato smarrito il manoscritto di prose e di versi che aveva presentato a Papini e Soffici per un giudizio (ritrovato tra le carte di Soffici nel 1971, fu pubblicato in ed. anastatica: Il più lungo giorno, 1973), ricompose i testi a memoria e li pubblicò a sue spese presso un tipografo di Marradi (Canti orfici, 1914). Dopo una turbolenta relazione con S. Aleramo (1916- 17), di cui resta la testimonianza del carteggio (Lettere, 1958) e altri viaggi finì i suoi giorni nel manicomio di Castel Pulci, dove fu ricoverato nel 1918. Nei suoi Canti orfici, raccolta di poesie, di prose liriche e di frammenti (2a ed. ampliata, a cura di Bino Binazzi, 1928; 5a ed., con aggiunta di scritti sparsi o inediti, a cura di E. Falqui, 1960), un impressionismo paesistico, affine a quello dei vociani, lievita spesso in un simbolismo denso e ardente, che ricorda A. Rimbaud (soprattutto quello delle Illuminations), suo poeta prediletto insieme con Baudelaire. Discontinua come risultati poetici, nutrita degli echi di una educazione letteraria che include Carducci e D'Annunzio, Nietzsche, il decadentismo francese e il futurismo giocoso di un Palazzeschi, l'opera di Campana, per l'intensità visionaria, per la lirica suggestione del suo linguaggio analogico, ha avuto largo influsso sulla poesia italiana successiva, in particolare su quella ermetica, e, per l'indicazione, che vi si è scorta, di radicale opposizione agli istituti letterari, sulle generazioni di poeti formatesi dopo gli anni Sessanta. Ancora da ricordare: Taccuinetto faentino (post., 1960) e Fascicolo marradese inedito (post., 1972). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line) 33

FRANCESCO CANGIULLO

Scrittore e giornalista italiano (Napoli 1888 - Livorno 1977); tra i più fervidi seguaci del movimento futurista, propugnò, con Filippo Tommaso Marinetti, il "teatro a sorpresa".

Della sua esperienza futurista ha scritto nel volume Serate futuriste (1930; nuova ed. 1961), ove aneddoti, memorie, fatti sono raccolti con vivacità e gusto.

Autore di parecchi libri di versi, di poemi "paroliberi", di sintesi teatrali e, in collaborazione con E. Petrolini, del "grottesco" in un atto Radioscopia (1917). Nelle pagine di Addio mia bella Napoli (1955), paesaggi e figure di vita partenopea sono rievocati con sottile nostalgia. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

CARLO CARRA’

Pittore italiano (Quargnento 1881 - Milano 1966); dal 1939 al 1952 professore nell'Accademia di Brera, una delle figure più eminenti dell'arte italiana del Novecento.

Nel 1909 con V. Boccioni, L. Russolo e F. T. Marinetti a Milano redasse il manifesto dei futuristi; nel 1916 fu, con Giorgio De Chirico, il creatore della pittura metafisica; nel 1919 fu, con M. Broglio, alla testa del gruppo "Valori Plastici"; nel 1926 fece parte del gruppo "Novecento". Fu così tra i protagonisti dell'arte italiana nel primo e nel secondo venticinquennio del secolo, mantenendo in ogni fase un'aspirazione all'equilibrio classico che lascia comprendere la direzione da lui presa dopo il 1919 e che ha sostenuto permanentemente la sua feconda attività.

Malgrado le giustificazioni nazionalistiche date alla sua pittura, la critica vi ha scoperto rapporti con la pittura francese anche nel periodo del "Novecento" volto a ritrovare, dopo il pittoricismo impressionista e lo spregiudicato avanguardismo futurista, un esplicito contatto con la tradizione e una concreta coscienza del valore della forma. Carrà, pur avendo affrontato temi monumentali, ha soprattutto prediletto paesaggi di austera semplicità, in cui talvolta la ricerca di volumi, che muove da Cézanne, s'incontra con inaspettati riecheggiamenti della pittura italiana del Trecento.

Tale problematica si riflette anche nell'opera di Carrà come scrittore e critico d'arte (Guerrapittura, 1915; Pittura metafisica, 1919; Giotto, 1924; Il rinnovamento delle arti in Italia, 1945. Molti testi editi e inediti, sono stati raccolti in “Tutti gli scritti”, 1978). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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GIUSEPPE DE ROBERTIS

Critico letterario italiano (Matera 1888 - Firenze 1963); professore di letteratura italiana (dal 1939) nell'università di Firenze, dove si era trasferito giovanissimo. Formatosi nell'ambiente vociano, in una sorta di ideale sodalizio con Renato Serra, fu direttore della "seconda" Voce (quella letteraria: 1915-1916), e, più tardi, redattore di Pègaso (1929-33) e di Pan (1934-35), riviste dirette da U. Ojetti; nel secondo dopoguerra collaborò al settimanale Tempo.

Tutta la sua attività critica, dedicata in prevalenza alla letteratura italiana moderna e contemporanea (Saggi, 1939; Scrittori del Novecento, 1940; Studi, 1944; Saggio sul Leopardi, n. ed. 1946; Primi studi manzoniani, 1949; Altro Novecento, 1962; Scritti vociani, 1967, a cura di E. Falqui; Studi II, 1971), è volta a sottolineare, quasi nei modi di una lettura o commento, i valori stilistici e tonali del testo poetico per cogliere il farsi della poesia attraverso i varî momenti compositivi d'essa: onde il rilievo dato allo studio delle varianti, preponderante rispetto all'inquadramento storico.

Curò anche edizioni e commenti di classici; notevole, specialmente, quello ai Canti leopardiani. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

LUIGI FALLACARA

Poeta e scrittore italiano (Bari 1890 - Firenze 1963). Insegnante di lettere, per lunghi anni, a Firenze. Dopo una giovanile esperienza nelle file dell'avanguardia poetica (fu collaboratore di Lacerba), fece parte del gruppo fiorentino del Frontespizio.

La sua poesia, rispondendo sempre più a un'ispirazione religiosa, si venne accostando al gusto, e ai modi, dell'ermetismo (Poesie d'amore, 1937; Notturni, 1941; Le poesie, 1952; Celeste affanno, 1956; Il mio giorno s'illumina, 1957; Il più della vita, 1961; Il frutto del tempo, 1962).

Le poesie del Fallacara hanno avuto due edizioni: Poesie inedite, a cura di L. Fallacara e O. Macrì, Padova 1970; Poesie (1914-1963), a cura di O. Macrì, Ravenna 1986 (edizione critica delle liriche edite e di quelle inedite, con uno Studio biografico e critico e una Bibliografia della critica). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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LUCIANO FOLGORE

Pseudonimo dello scrittore italiano Omero Vecchi (Roma 1888 - ivi 1966). Esordì come poeta futurista (Il canto dei motori, 1912; Ponti sull'Oceano, 1914; Città veloce, 1919); ma la sua vena umoristica e satirica ha dato il meglio di sé nelle parodie dei più noti poeti contemporanei, e in versi e versetti quasi estemporanei, di una pungente, ma sempre garbata, estrosità (Poeti controluce, 1922; Poeti allo specchio, 1926; Il libro degli epigrammi, 1932, n. ed. 1955; Il libro delle favole, 1956; Il libro delle parodie, 1965; ecc.). Ha scritto anche novelle, romanzi, e qualche lavoro per il teatro. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

CORRADO GOVONI

Poeta italiano (Tamara, Ferrara, 1884 - Lido dei Pini, Roma, 1965). Poeta dai toni accesi e dall'ostentazione verbale, ma al tempo stesso di una tristezza disincarnata ed elusiva, percorse con originalità il complesso universo che si andava muovendo intorno alla "nuova poesia", sorta nella prima quindicina del XX secolo, attraversando Pascoli e D'Annunzio, ma soprattutto partecipando direttamente al movimento futurista e facendo tesoro delle esperienze simboliste e tardo-simboliste in chiave impressionistica e crepuscolare. Un'ampia antologia delle sue Poesie (1903-59) ha curato G. Ravegnani (1961). Fece, da giovane, l'agricoltore e anche il commerciante; costretto a un modesto impiego, a Roma, visse lontano dal mondo letterario, pur appartenendovi in pieno per la copiosità di una produzione che, nella costante fedeltà ai propri motivi ispiratori, seppe trovarsi in sintonia con le correnti più vive del tempo. Pascolismo e dannunzianesimo confluiscono in misura egualmente larga nel suo originario crepuscolarismo (Le fiale, 1903; Armonia in grigio et in silenzio, 1903; ecc.). Donde una certa affinità del Govoni col futurismo (Poesie elettriche, 1911; L'inaugurazione della primavera, 1915; ecc.), e l'aspetto di filastrocche o "litanie liriche" che hanno i suoi versi (Il quaderno dei sogni e delle stelle, 1924; Brindisi alla notte, 1924; ecc.). Migliori tuttavia i momenti in cui egli riesce a contenere tanta esuberanza e prolissità entro forme di canzonetta popolareggiante o vagamente epigrammatiche (Il flauto magico, 1932; Canzoni a bocca chiusa, 1938; Pellegrino d'amore, 1941; Preghiera al trifoglio, 1953; Patria d'alto volo, 1953; Manoscritto nella bottiglia, 1954; Stradario della primavera, 1958). Un'intonazione nobilmente elegiaca presiede invece ad Aladino (1946), compianto di un suo figlio trucidato alle Fosse Ardeatine. Il Govoni scrisse anche prose liriche (La santa verde, 1919), novelle e romanzi, sempre di un autobiografismo riversantesi in immagini e colori. Postuma (1966) è apparsa La ronda di notte. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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MAX JACOB

Scrittore, poeta e pittore francese (Quimper 1876 - Drancy 1944). Originario della Bretagna, che gli ispirò la raccolta di poesie La côte (1911), partecipò alla nascita del cubismo e del surrealismo.

Nei suoi scritti si alternano momenti d’ironico e amaro umorismo a momenti di inquieto misticismo. La sua personalità è apparsa sconcertante per la sua maschera di satanismo e di santità che caratterizza, con improvvisi balzi dalla prosa al verso, dal burlesco al serio, tutta la sua opera (Saint Matorel, 1911; Les ceuvres burlesques et mystiques de Frère Matorel, 1912; Le cornet à dés, 1917; La défense de Tartuffe, 1919; Cinématoma, 1920; Le Laboratoire Central, 1921; Le Terrain Bouchaballe, 1923; Méditations religieuses, 1945; ecc.).

Di origine israelita, Jacob si convertì pubblicamente al cattolicesimo (1915), ritirandosi a vita cenobitica a Saint-Benoît-sur-Loire.

Morì in un campo di concentramento tedesco. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

PIERO JAHIER

Scrittore italiano (Genova 1884 - Firenze 1966). Appartenne al gruppo della Voce, in cui portò il lievito e il rigore morale della sua origine valdese.

Combattente nella prima guerra mondiale come ufficiale degli alpini, diresse un giornale di trincea, L'Astico (1918), e curò una raccolta di Canti di soldati (1918).

La sua opera è strettamente autobiografica: di un'autobiografia che non è solo ricordo, ma esame di coscienza e giudizio di sé, della società e della vita. Pertanto, sia che rievochi le sue prime esperienze d'impiegato (Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi, 1915), o la sua travagliata adolescenza (Ragazzo, 1919), o i giorni di guerra (Con me e con gli alpini, 1919) in lui alla commozione si accompagna l'ironia, ai toni elegiaci quelli oratorî e profetici (un poco al modo di P. Claudel o di Ch.-P. Péguy): unificati, specie nei racconti di Ragazzo, da un calore lirico che dà alla sua prosa scorciata, anacolutica, sintatticamente ardita, un ritmo di canto, risolventesi talora in versi (i quali, insieme con altri, nati indipendentemente dalle prose, sono raccolti nel volume Poesie, 1964). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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DANILO LEBRECHT (Lorenzo Montano)

Pseudonimo dello scrittore Danilo Lebrecht (Verona 1893 - Glion-sur-Montreux 1958). Fece parte del gruppo della Ronda, e il suo romanzo Viaggio attraverso la gioventù (1923) resta notevole documento di quel gusto per una prosa fra narrativa e critico-lirica. Scrisse alcune raccolte di poesie e si interessò alla prosa del Seicento e del Settecento italiano, in particolare di L. Magalotti (1924). Rifugiatosi, in seguito alle discriminazioni razziali, in Inghilterra, diresse a Londra (1943-46) Il mese, rassegna della stampa internazionale, che ebbe larga diffusione, dopo la liberazione, anche in Italia. Tornato in patria, raccolse in volume (Carte nel vento. Scritti dispersi, 1956; A passo d'uomo e altri ritagli, 1957; Pagine inedite, post., 1960) numerosi suoi scritti in prosa e in versi, di varia data. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GIAN PIETRO LUCINI

Scrittore italiano (Milano 1867 - Breglia, Plesio, 1914). Complessa e contraddittoria figura di transizione tra Ottocento e Novecento, dalla scapigliatura lombarda si avvicinò al futurismo, da cui si staccò poi clamorosamente. Fu narratore, poeta, critico, sempre animato da acume satirico e impeto polemico. Tra le opere: il romanzo Gian Pietro da Core (1895); i versi di Revolverate (1909); il saggio Ragion poetica e programma del verso libero (1908).

Figlio di un eroico garibaldino, cominciò assai giovane l'attività letteraria, spinto da F. Cameroni; laureatosi in legge a Pavia (1892), investì quasi tutte le sue sostanze nella fondazione di una casa editrice, iniziativa che si risolse in un disastroso fallimento. Il dissesto economico e la grave malattia, che lo consumò di giorno in giorno fino alla morte, travagliarono la sua esistenza, angosciata anche da una perenne inquietudine spirituale; antimilitarista, socialista e anarchico per temperamento, non aderì a nessun partito per una sorta di sdegno aristocratico.

Dal romanticismo della scapigliatura lombarda (fu ammiratore e studioso di C. Dossi: L'ora topica di C. D., 1911), approdò al futurismo, tramite il dannunzianesimo, al quale, pur intendendo ribellarsi (Antidannunziana, 1914), in verità lo univa l'amore sensuale della parola. Più tardi si staccò apertamente e clamorosamente dai futuristi (Come ho sorpassato il futurismo, 1913). Poeta (Revolverate, 1909, con prefazione di F. T. Marinetti; La solita canzone del Melibeo, 1910), narratore (Gian Pietro da Core, 1895; Le indiscrezioni di Trilby, 1913, e i racconti Vigilie d'amore, 1910), critico (importante, anche per le anticipazioni, l'ampia "proposta" sul verso libero nel volume Ragion poetica e programma del verso libero, 1908), scrittore di filosofia e di politica, ben si riflette in lui, anche negli eccessi, la parabola e l'inquietudine della sua generazione. La figura di Lucini è stata recentemente rivalutata, individuandone aspetti di precursore delle neoavanguardie. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line) 38

FILIPPO TOMMASO MARINETTI

Scrittore italiano (Alessandria d'Egitto 1876 - Bellagio 1944). Compì gran parte dei suoi studi a Parigi e si affermò dapprima come poeta in lingua francese (La conquête des étoiles, 1902; Destruction, 1904; La ville charnelle, 1908). Nel 1905 fondò a Milano la rivista Poesia, di un gusto ancora fra simbolista e liberty, nella quale diede largo spazio a molti poeti d'avanguardia italiani e francesi bandendo, fra l'altro, nel 1905, la celebre Inchiesta internazionale sul verso libero, ove non poneva per la prima volta, come è stato erroneamente affermato, il problema dell'uso del verso libero, ma ne pubblicizzava la struttura e la fisionomia aprendo su di esso un ampio dibattito; nel 1905 pubblicava, sempre in francese, la tragedia satirica in quattro atti Le Roi Bombance, opera assai notevole anche se non risponde a quegli intenti sociali che Marinetti si era proposto. Nel 1909, con un "manifesto" apparso sul Figaro di Parigi, diede vita al movimento futurista; nel 1910 pubblicò, in francese e in italiano, il romanzo Mafarka il futurista, che suscitò clamorose polemiche, e nel quale è già in atto la poetica delle "parole in libertà", che, perseguendo l'immediatezza e il dinamismo dell'espressione, esaspera fino al meccanicismo onomatopeico il dannunziano "amor sensuale della parola". E l'opera successiva, in prosa o in versi, di Marinetti, malgrado certi impeti lirici (cfr. , 1914; L'alcova d'acciaio, 1921; Novelle colle labbra tinte, 1930; Spagna veloce e toro futurista, 1931; L'Aeropoema del Golfo della Spezia, 1935), è piuttosto turgida oratoria e azione politico- letteraria (di via via scemante efficacia), che non, come pur vorrebbe, arte liberatrice, all'avanguardia d'un rinnovamento totale. Pertanto le sue cose più importanti restano i "manifesti" del primo periodo, alcuni dei quali (come quelli sul teatro di varietà, sul teatro sintetico, ecc.) ricchi di spunti, intuizioni e precorrimenti. Interventista (Guerra sola igiene del mondo, 1915), e combattente della prima guerra mondiale, Marinetti fu accanto a Mussolini dalle origini del fascismo alla Repubblica di Salò, esaltandone le imprese guerresche. Fece parte dell'Accademia d'Italia. Parte dell'opera edita e inedita è raccolta in Teoria e invenzione futurista (1968) e La grande Milano tradizionale e futurista (1969), a cura di L. de Maria, che ne fornisce una convincente sistemazione storica. Nel 1971 sono apparse Poesie a Beny, liriche scritte in francese (1920-38) per la moglie Benedetta. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

NICOLA MOSCARDELLI

Scrittore (Ofena 1894 - Roma 1943); esordì giovanissimo su La Voce e Lacerba; combattente del 1915-18 venne decorato al valore. Fu poi critico letterario e collaboratore di varî giornali. La sua copiosa produzione, che comprende raccolte di liriche (Abbeveratoio, 1915; Tatuaggi, 1916; Gioielleria notturna, 1918; La mendica muta, 1920; L'ora della rugiada, 1924; Le grazie della terra, 1928; Il canto della vita, 1939, ecc.), prose poetiche (L'aria di Roma, 1931, ecc.), racconti e romanzi (Vita vivente, 1923; Il sole dell'abisso, 1931; La vita ha sempre ragione, 1934, ecc.), saggi critici e morali (Anime e corpi, 1932; L'altra moneta, 1933; Dostoievski, 1935, ecc.) è ispirata a motivi che, passando da un crepuscolarismo d'origine pascoliana, dopo una breve parentesi futurista, a un misticismo vagamente cristiano, si elevano, nei momenti migliori, a un sentimento lirico della sofferenza umana. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line) 39

ARTURO ONOFRI

Poeta ambizioso e fecondo, Onofri partì da una formazione pascoliana e dannunziana, ma sfiorò anche il crepuscolarismo e le esperienze dei primi vociani. Al tempo stesso mirò a recuperare le forme del linguaggio tradizionale per ricavarne significati religiosi, profondi e positivi, per affermare la forza della voce poetica, la sua capacità di entrare in contatto con i valori più autentici della natura e della storia. Fondò e diresse la rivista “Lirica” (1912-13), che rivelò alcuni giovani notevoli scrittori operanti a Roma: collaborò a “La Voce” di De Robertis (dove espresse in modi personali una poetica della liricità e del frammento) e ad altre riviste e giornali, anche con scritti critici, di singolare acume, come quelli (1916) riuniti nel volume postumo Letture poetiche del Pascoli (a cura di G. Comi, pref. di E. Cecchi, 1953). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

ALDO PALAZZESCHI

Pseudonimo dello scrittore Aldo Giurlani (Firenze 1885 - Roma 1974). Palazzeschi ha manifestato il suo estro fin dall'esordio come poeta crepuscolare e nell'effimera adesione al futurismo. Ha attraversato l'esperienza dell'avanguardia d’inizio secolo e in seguito la ripresa delle avanguardie degli anni Sessanta con una inconfondibile giocondità, enigmatica e inafferrabile. Si dedicò alla letteratura dopo aver frequentato una scuola di recitazione insieme a Moretti di cui divenne grande amico e assunse lo pseudonimo di Palazzeschi dal cognome della nonna. Dopo essere stato costretto all'esperienza militare, visse nel dopoguerra una vita appartata e solitaria, rimanendo estraneo al fascismo e impegnandosi in un'attività di narratore, che gli guadagnò i favori del pubblico. Collaborò dal 1926 al Corriere della sera. Visse a Firenze fino al 1950, anno in cui si trasferì a Roma. Nel 1957 gli fu consegnato dall'Accademia dei Lincei il premio internazionale Feltrinelli per la letteratura; nel 1960 gli venne conferita dall'università di Padova la laurea in lettere honoris causa. Esordì come poeta crepuscolare (I cavalli bianchi, 1905; Lanterna, 1907; Poemi, 1909). Effimera fu la sua adesione al futurismo (L'incendiario, 1910). Palazzeschi ben presto trovò più adeguata espressione nella prosa: la quale, d'altro canto, da quella ancor diafana di Riflessi (1908; poi raccolto, insieme ai successivi Il codice di Perelà e La piramide, con il titolo Allegoria di novembre, in Romanzi straordinari, 1943), a quella narrativamente più nutrita e complessa delle opere successive (Il re bello, 1921; Stampe dell'800, 1932; Sorelle Materassi, il suo libro più famoso, 1934; Il palio dei buffi, 1936; I fratelli Cuccoli, 1948; Bestie del '900, 1951; Roma, 1953; Il buffo integrale, 1966; Il doge, 1967; Stefanino, 1969; Storia di un'amicizia, 1971). Altre opere di Palazzeschi: Due imperi... mancati (1920); Tre imperi... mancati (1945); Scherzi di gioventù (1956); Ieri, oggi e... non domani (1967), che riunisce i suoi elzeviri; e una serie di poesie «della vecchiaia» (Viaggio sentimentale, 1955; Cuor mio, 1968; Via delle cento stelle, 1972), vivide peraltro - come i racconti di questo stesso periodo. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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GIOVANNI PAPINI

Scrittore italiano (Firenze 1881 - ivi 1956). Papini fu parte viva del movimento letterario, filosofico e politico, che ai primi del Novecento promosse da Firenze lo svecchiamento della cultura e della vita italiana. Tra i fondatori delle riviste “Leonardo” (1903) e “Lacerba” (1913), concepì la letteratura come «azione» e diede ai suoi scritti un tono oratorio e dissacrante. Tra le opere più note si ricordano: l'autobiografia Un uomo finito, il saggio Stroncature, le prose liriche Giorni di festa (1918). Nel 1903, già fornito di una cultura superiore agli studi scolastici compiuti, fu fondatore con G. Prezzolini e altri amici (1903) di “Leonardo” (nella quale scrisse con lo pseudonimo di Gian Falco), rivista vivacemente combattiva, che divenne presto uno dei più notevoli organi di reazione al positivismo filosofico e letterario in nome dei valori dello spirito, divulgatore in Italia di contemporanei movimenti filosofici stranieri, quali l'intuizionismo francese del Bergson e il pragmatismo anglo-americano del Peirce e del James, promotore infine dello svecchiamento della cultura italiana, in nome di un'individualistica e sognatrice concezione della vita e dell'arte. Redattore per qualche tempo del Regno di E. Corradini; direttore, nel 1912, della “Voce”, fondato da Prezzolini con l'intento di farvi collaborare gli uomini e le dottrine più rappresentative a una rieducazione morale, politica, artistica degl'Italiani; fondatore (1913), con A. Soffici, di “Lacerba”, che rappresenta il momento della sua adesione al futurismo. Con l'entrata in guerra dell'Italia - in favore della quale “Lacerba” sostenne una fierissima battaglia - il gruppo fiorentino si disperde, non senza aver agitato vecchi e nuovi problemi della cultura, diffuso la conoscenza di movimenti filosofici e artistici forestieri, e rivelato alcune notevoli figure di scrittori e di artisti.

Studioso di filosofia e di religione, critico e polemista, narratore e poeta, la costante della sua personalità è data dall'attivismo, dal volontarismo, che lo indusse a farsi divulgatore fra i primi in Italia del pragmatismo, e poi a passare da questa ad altre filosofie, sempre insoddisfatto perché vi cercava il segreto per diventare giudice sicuro del bene e del male, una sorta di demiurgo o di uomo-dio. Il suo volontarismo romantico e decadente lo portò a concepire la letteratura come «azione» e a dare ai suoi scritti un carattere da «giudizio universale (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

FRANCESCO BALILLA PRATELLA

Compositore (Lugo 1880 - Ravenna 1955). Studiò a Pesaro con P. Mascagni e A. Cicognani. Fu, tra i futuristi, uno dei più attivi esponenti e, insieme con L. Russolo, il più prestigioso teorizzatore delle idee musicali del movimento. Autore di musiche teatrali, vocali e vocali- strumentali, svolse un'intensa attività di etnografo, raccogliendo e pubblicando canzoni e danze popolari italiane. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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GIUSEPPE PREZZOLINI

Scrittore italiano (Perugia 1882 - Lugano 1982). Autodidatta, si trasferì giovanissimo a Firenze. Amico di G Papini e animatore con lui del “Leonardo” con lo pseudonimo di Giuliano il Sofista, collaboratore fino al 1905 del nazionalista “Il Regno” di E. Corradini, facendosi nel primo propugnatore di un orientamento filosofico antirazionalistico e misticheggiante, nel secondo sostenitore del movimento nazionalista e specialmente dei diritti della borghesia contro il socialismo. Verso il 1908 aderì alla filosofia idealistica di Croce, mentre si accostava con più larga comprensione e qualche simpatia al socialismo sindacalista. In questa nuova posizione ideale nel 1908 fondò il settimanale “La voce”. Nel movimento vociano Prezzolini rappresentò l'elemento coesivo delle varie tendenze che vi confluivano dimostrandosi critico intelligente, propagatore instancabile di notizie e d'idee in ogni campo della cultura. Partecipe del dibattito culturale del primo Novecento, si accostò al pragmatismo, al modernismo cattolico, a Bergson, all'idealismo crociano, ma anche al socialismo sindacalista, per approdare poi a un conservatorismo scettico (si veda il suo Codice della vita italiana, 1921), in cui si riflettono il disprezzo della politica contingente e la difesa di una posizione intellettuale che vuol essere insieme aristocratica e vicina al senso comune. Diviso tra l'ammirazione per Mussolini e il rifiuto dei metodi fascisti, si allontanò dall'Italia e, dopo alcuni anni a Parigi, si stabilì a New York (1929) come direttore della Casa Italiana della Columbia University e insegnante presso la medesima università. In questi anni pubblicò diversi scritti e proseguendo nel contempo un'intensa collaborazione con giornali e periodici italiani. Anche gli ultimi anni, dopo il rientro in Italia (1961) e il trasferimento a Lugano (1968), furono occupati da una varia produzione saggistica. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

OTTONE ROSAI

Pittore e scrittore (Firenze 1895 - Ivrea 1957). Inizialmente vicino alle tematiche futuriste, dopo la Prima guerra mondiale, alla quale prese parte, nell'ambito di un più ampio ritorno all'ordine che caratterizza la pittura italiana di quegli anni, si avvicinò alla costruttività cezanniana senza mai tralasciare la tradizione toscana. Dopo l'accademia di belle arti di Firenze, aderì al futurismo (1913-14), esperienza, questa, sulla quale innestò un proprio senso realistico paesano, colto nei suoi aspetti più semplici e quotidiani, che affondava le radici nella tradizione toscana ottocentesca (Piazza del Carmine, 1922, Firenze, Galleria d'arte moderna; L'omino di sagrestia, 1922-23, Torino, Galleria d'arte moderna; I filosofi, 1929, Milano, Galleria d'arte moderna). Nel secondo dopoguerra affiancò a intensi e drammatici autoritratti grandi paesaggi pervasi di luce e scene di vita popolare che ripropongono, in una dimensione sospesa dai densi impasti cromatici, temi già trattati. Una vena polemica e popolareggiante, vicina ai modelli di Soffici e del primo Papini, caratterizza anche la scrittura di Rosai: collaboratore di “Lacerba” e del Selvaggio, pubblicò ricordi della prima guerra mondiale (Il libro di un teppista, 1919; Dentro la guerra, ed. integrale su rivista 1932. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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LUIGI RUSSOLO

Pittore (Portogruaro 1885 - Cerro Laveno 1947). Si dedicò fin da giovanissimo a studî musicali. A Milano, dal 1901, frequentò l'ambiente artistico che ruotava intorno alla rivista Poesia, cominciando a interessarsi anche di pittura. Non si conoscono sue opere pittoriche anteriori al 1909 (Autoritratto, 1909, Milano, Galleria civica d'arte moderna), anno in cui conobbe Boccioni e Carrà. Con questi firmò nel 1910 il “Manifesto dei pittori futuristi”, tuttavia fino al 1912 le sue opere risentono ancora della poetica divisionista e simbolista (La rivolta, 1911, L'Aia, Gemeentemuseum; Case+luce+cielo, 1912, Basilea, Kunstmuseum). Prevalsero poi i suoi interessi musicali: nell'ambito della poetica futurista scrisse L'arte dei rumori (1916) ed eseguì concerti con nuovi strumenti, gli "intonarumori", costruiti da lui stesso. Partecipò alla prima guerra mondiale, rimanendo mutilato e scosso nel suo equilibrio mentale. Dal 1918 al 1930 visse a Parigi, dove si dedicò allo studio delle filosofie orientali e in particolare dello yoga (nel 1938 pubblicò Al di là della materia). Riprese anche a dipingere quadri d'intonazione tra ingenua e surrealista. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

ANTONIO SANT’ELIA

Architetto (n. Como 1888 - m. in guerra, a Monfalcone, 1916). Dopo il conseguimento, a Como, del diploma di capomastro edile (1905), seguì i corsi dell'Accademia di Brera (1909-11) e nel 1912 si laureò in architettura a Bologna. Fin dalla produzione di disegni del 1911, da cui ancora traspare la lezione di O. Wagner e della Secessione viennese, S. inizia a sviluppare una propria ricerca formale sempre più attenta ai processi di industrializzazione sensibili all'uso dei nuovi materiali edilizi (cemento armato, ferro, vetro, ecc.). Critico nei confronti del classicismo accademico e dell'art nouveau che dominavano il linguaggio architettonico italiano del periodo, i suoi disegni mostrano, di contro, una caratteristica presenza dinamica di linee oblique, forme ellittiche, torri di distribuzione e smistamento del traffico, strade su più livelli, in un ricercato rapporto tra le soluzioni volumetrico-spaziali degli edifici e la città. Ipotesi progettuali che trovarono una dimensione teorica nei due manifesti pubblicati nel 1914: il primo, intitolato “Messaggio”, fu scritto come presentazione dei suoi disegni in occasione della mostra a Milano del gruppo Nuove Tendenze (fondato nel 1912 con l'architetto M. Chiattone e altri letterati e artisti); il secondo è il “Manifesto dell'architettura futurista” con cui Sant’elia si colloca decisamente all'interno del movimento futurista di cui faceva parte dal 1912. La sua attività fu interrotta dallo scoppio della guerra. Pur avendo costruito poco, egli rimane tra le figure di rilievo dell'architettura italiana del secolo 20º in sintonia con le linee di sviluppo del Movimento moderno. Le sue due sole opere realizzate sono la villa Elisi a San Maurizio sopra Como (1911) e il monumento ai caduti realizzato sempre a Como, sulla base di un suo disegno del 1914, da G. e A. Terragni (1931-33). Una notevole quantità di disegni prodotti negli anni 1913-14 danno comunque corpo alla sua ideale visione della città. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

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CAMILLO SBARBARO

Scrittore (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967). Lavorò come impiegato e quindi come insegnante; negli ultimi anni si dedicò allo studio dei licheni. Collaboratore di Riviera ligure e della Voce, esordì con i versi di Resine (1911) e Pianissimo (1914), che per il lirismo autobiografico, rispecchiano il gusto del frammentismo; a tale gusto Sbarbaro rimase fedele nelle successive raccolte di prose liriche (Trucioli, 1920; Liquidazione, 1928; Trucioli seconda serie, 1948, in cui confluiscono, con varianti, anche testi dei due volumi precedenti; Fuochi fatui, 1956; Scampoli, 1960; Gocce, 1963; Quisquilie, 1967) e di versi (nuova stesura di Pianissimo, pubblicato nel 1954 insieme con la stesura del 1914; Rimanenze, 1955; Primizie, 1958). Il suo senso smarrito, disamorato o piuttosto disancorato della vita, la dolente coscienza dell'aridità che sembra preludere a Montale, trovano felice espressione soprattutto in paesaggi e nature morte. Da ricordare anche la sua attività di traduttore (da Euripide, Flaubert, Stendhal, ecc.). Postumi sono usciti, tra l'altro, L'opera in versi e in prosa (a cura di V. Scheiwiller e G. Lagorio, 1985) e Trucioli dispersi (a cura di G. Costa, 1986). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GINO SEVERINI

Pittore (Cortona 1883 - Parigi 1966). A Roma dal 1899, conobbe U. Boccioni e G. Balla che lo introdusse alla tecnica divisionista. Stabilitosi nel 1906 a Parigi (dove trascorse, con intervalli, la maggior parte della sua vita), Severini entrò in contatto con i circoli dell'avanguardia artistica e letteraria legandosi, in particolare, a , A. Modigliani, M. Jacob e P. Fort. Tra i firmatari del primo “Manifesto della pittura futurista” (1910), Severini svolse un importante ruolo di collegamento tra l'ambiente parigino e il gruppo futurista (nel 1912 collaborò con F. Fénéon all'allestimento della mostra Les peintres futuristes italiens). Dopo un soggiorno in Italia (1913-14), tornato a Parigi, egli portò avanti, accanto a dipinti che interpretano in modi cubo-futuristi la guerra, una serie di opere ispirate all'orfismo (Mare=Ballerina, 1913-14, Venezia, Fondazione Guggenheim) e al cubismo sintetico (Zingaro che suona la fisarmonica, 1919). Nel 1921 pubblicò il saggio Du cubisme au classicisme che sancì la sua adesione a una figuratività piena e cristallina, preannunciata da opere quali Maternità (1916, Cortona, Museo dell'Accademia etrusca). Con un intenso lavoro di elaborazione teorica, in sintonia con le posizioni espresse dal gruppo di Valori plastici, al quale aveva aderito nel 1919, Severini giunse alla definizione di calibrati ritmi compositivi nei quali temi desunti dalla commedia dell'arte, ritratti e nature morte con frammenti dell'antico, appaiono immersi in atmosfere metafisiche di luce mediterranea. Dagli anni Venti, segnati anche da una crisi religiosa culminata nel 1923 con la piena adesione al cattolicesimo, Severini tese ad abbandonare la pittura di cavalletto per dedicarsi alla decorazione murale, trattando con grande talento decorativo l'affresco e il mosaico. Stabilitosi dal 1946 a Meudon, tornò all'astrazione geometrica, recuperando con grande equilibrio decorativo tematiche e modi d'ispirazione cubista (decorazioni per il Palazzo dei congressi a Roma, 1953). Oltre a scritti sull'arte contemporanea, pubblicò i volumi autobiografici Tutta la vita di un pittore (1946) e Temps de l'effort moderne”. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line) 44

ARDENGO SOFFICI

rittore e pittore (Rignano sull'Arno 1879 - Forte dei Marmi 1964); lasciò presto le scuole per studiare liberamente pittura; dal 1903 al 1907 visse a Parigi; tornato in Italia, fu tra i principali collaboratori della Voce e fondò (1913), con Papini, “Lacerba”. Interventista e combattente della guerra 1915-18, fu collaboratore, dalla fondazione, del Popolo d'Italia e convinto sostenitore del fascismo; nel 1939 fu nominato accademico d'Italia. Soffici passò per varie esperienze d'avanguardia, dal futurismo al cubismo, facendosene via via acceso banditore, per poi ripiegare, nel primo dopoguerra, su quelle posizioni tradizionali di cui, in fondo, il suo temperamento sanamente provinciale e il suo gusto arguto di toscano avevano sempre sentito la nostalgia. Come scrittore, dopo l'autobiografia trasposta di Ignoto toscano (1909) e quella ingenuamente donchisciottesca di Lemmonio Boreo (1911), Soffici trovò nelle impressioni, nei ricordi, nei paesaggi, nei rapidi bozzetti e ritratti di Arlecchino (1914), Giornale di bordo (1915), La giostra dei sensi (1919), la sua congeniale misura di frammentista lirico, innamorato, nonostante certo pessimismo, della vita e della natura e portato a "posar le parole come il pittore i colori". E queste doti di ritrattista e paesista sono presenti anche in altre sue opere, da Kobilek (1918) e La ritirata del Friuli (1919), notevolissimi libri di guerra, ai Ricordi di vita artistica e letteraria (1930), al Taccuino di Arno Borghi (1933), alle quattro parti dell'"autoritratto" L'uva e la croce (1951), Passi tra le rovine (1952), Il salto vitale (1954), Fine di un mondo (1955). Le sue opere di poesia sono state invece raccolte in 7 volumi (1959-68); tra le pubblicazioni postume si ricordano le Lettere a Prezzolini (1988). La produzione pittorica di Soffici corrisponde a quella singolare posizione, da lui assunta nel campo letterario e critico, di anticonformismo, non mai drastico, però, rispetto alla tradizione. Cézanne è, fra i maestri di Parigi, quello il cui insegnamento è stato per lui il più fecondo, tanto da riaffiorare di volta in volta nei suoi quadri migliori. Si ricordano Casa colonica della collezione M. Rimoldi a Cortina d'Ampezzo, Campi arati e Campo con pagliaio nella Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GIOVANNI TITTA ROSA

Pseudonimo dello scrittore e critico letterario Giovanni Battista Rosa (Santa Maria del Ponte, L'Aquila, 1891 - Milano 1972). Giovanissimo collaborò a varie riviste (da Lacerba a Riviera ligure); trasferitosi nel primo dopoguerra a Milano, fu redattore e collaboratore di giornali e periodici. Tanto nelle sue poesie (Plaustro istoriato, 1919; Alta luna, 1935, ecc., poi raccolte in Poesie d'una vita, 1956) quanto nei racconti e nelle prose (Il varco nel muro, 1931; Paese con figure, 1942; Niobe e il pittore, 1953) una vena lirica e idillica s'innesta su modi che risentono di un originario naturalismo. Come critico, ha saputo conciliare i postulati del crocianesimo con le esigenze della nuova letteratura (Invito al romanzo, 1930; Aria di casa Manzoni, 1946, n. ed. 1954; Secondo Ottocento, 1947; Poesia italiana del Novecento, 1953). Di particolare interesse la raccolta di articoli e saggi critici Vita letteraria del Novecento (3 voll., 1972). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line) 45

GIUSEPPE UNGARETTI

Poeta italiano, nasce ad Alessandria d'Egitto, l'8 febbraio 1888, da genitori lucchesi. Frequenta l'École Suisse Jacot e si forma sui classici francesi: Baudelaire e Mallarmé soprattutto. Stringe amicizia con Enrico Pea e i fratelli Thuile; con Kavàfis e Zervos (il gruppo di "Grammata"). Nel 1912 Ungaretti migra a Parigi e si lega ai futuristi italiani a Parigi. Le sue prime poesie appariranno nel 1915 su Lacerba. Nel 1914 rientra in Italia. Nasce Il Porto Sepolto, stampato a Udine nel 1916. Finita la guerra, pubblica Allegria di naufragi, presso Vallecchi, 1919. Si trasferisce a Roma nel 1921 e poi nel 1936 si stabilisce a San Paolo del Brasile, ove gli è stata offerta la cattedra di Lingua e letteratura italiana presso l'università. Nel 1942 rientra in Italia, ove è nominato titolare della prima cattedra di Letteratura italiana contemporanea presso l'università di Roma. Dai lutti privati e collettivi nasce l'esperienza del Dolore, 1947. Dalla vicenda di barbarie della seconda guerra mondiale sorge più alta l'esigenza di raccogliere, nella meditazione dei classici, la memoria della dignità e della tragedia di essere uomini: saranno le mirabili traduzioni dei 40 Sonetti di Shakespeare, delle Visioni di Blake, della Fedra di Racine, delle poesie di Gongora e Mallarmé, dell'Eneide e delle Favole indie della genesi. Potrà così compiersi il viaggio e l'ultima 'mira': La Terra Promessa, 1950 e Il Taccuino del vecchio, 1960; rielabora poi, 'a lume di fantasia', le prose d'arte e di viaggio: Il Deserto e dopo, 1961. Raffinato esercizio di autoesegesi e di poetica sono le quattro lezioni, tenute nel 1964 alla Columbia University, New York, sulla Canzone. Muore a Milano nella notte fra il 1° e il 2 giugno 1970. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Gino Severini- Nature morte au journal Lacerba (adagp, 2010- Photo Yves Bresson) -Musée d’Art Moderne de Saint-Etienne Metropole-

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Riproduzioni di alcune tele “futuriste” dipinte dai collaboratori di

“LACERBA”

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Giacomo Balla: Trasformazioni, forme, spiriti 1912-collezione Slifka, New York

Umberto Boccioni - Dinamismo di un ciclista, 1913- Collezione Gianni Mattioli (Deposito a lungo termine presso la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)

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Carlo Carrà-Acrobata, 1914 - collezione privata, Bergamo

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Ottone Rosai - Zang-Tumb-Tumb, 1914 - Collezione Jucker (Civiche Raccolte d'Arte, ,Milano)

Luigi Russolo - Solidità nella nebbia, 1912 - Collezione Gianni Mattioli (Deposito a lungo termine presso la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)

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Gino Severini - Espansione sferica della luce, 1913-1914 - Utica (NY), Monson William Proctor Institute

Ardengo Soffici - Natura morta (Piccola velocità), 1913 – Collezione Jucher) (Milano, Civiche Raccolte d’Arte, Muso del Novecento)

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