LA PENDOLA DEL SILENZIO Certe Nostre Sensibilità Sembrano Avvolte
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PROSPETTIVE UMANE anno XiV — numerO 35 Giornale letterario indipendente www.losservatore.org 15 novembre 2013 LA PENDOLA DEL SILENZIO Certe nostre sensibilità sembrano avvolte dalla neb- bia dei misteri. Sarà forse il tempo che scorre a ren- derti puntiglioso, con le sue mille domande (senza risposta) che affiorano nei rari preziosi momenti di silenzio. E tu ora insisti a pensare: come mai sarà l’incontro col Padre Eterno? E se avrai la fortuna di approdare in Paradiso, ammesso che esista, come scorrerà il tempo per tutta l’eternità? Ti ricordi di quando eri ancora bambino? Mal sopportavi ogni cosa lunga. Le prediche del prete in chiesa sembra- vano eterne, non finivano mai. Per non parlare del- le lezioni di storia e geografia a scuola, con nomi di eroi e battaglie, città, monti, mari e laghi da impara- re a memoria. Fiumi di parole senza immagini. Sen- za capire. Senza fermate concrete a cui sostare per ammirare. (continua) LOSSERVATORE — pAG.1 Ti ricordi la gioia che provavi ad ogni era avventura per noi chierichetti sco- POESIE misterioso rintocco notturno che ve- lari. niva dalla mai stanca pendola di casa? Un orologio secolare, vivo, scoperto Oggi che dalla letteratura all’elemo- per caso nel mercatino del rigattiere, sina tutto è sventurato spettacolo, dopo anni che inseguivamo il sogno magma massmediatico che scorre di possederne uno simile a quello che in rumorosi alvei di fiumi di parole, da chissà quanto tempo albergava nel- c’è addirittura chi insegna a fare a se SENTIMENTO MUSICA... la casa di quella vecchia signora che stessi incessanti racconti della pro- di Giovanna Costa di Giustina Dalla Fina rimagliava calze, dove ogni sabato ci pria vita zeppi di particolari che non portava nostra madre. Ambienti che si possono tralasciare. Li chiamano È dolce e struggente Musica è la carezzevole intensa emanavano odori antichi e insoppor- esercizi narrativi per recuperare equi- questo sentimento. policromia del prato, tabili, dell’altro mondo: stanze buie librio. E saranno senz’altro utili. Ma la voce magica e stupita del bosco, come l’Inferno, ma familiari come perché non insistere anche sui silenzi? Esce dal cuore, l’impercettibile sinfonia dei cieli. il Paradiso. Silenziosi, silenziose. A Magari silenzi in compagnia. Silenzi aleggia nell’aria. parte quei tic-tac che echeggiavano veri, trasparenti, essenziali. Lascian- È lo splendore di una roccia tra mobili scuri e tristissimi, ulterior- do che a narrare, lentamente, sia ora Lo raccolgo tra le mani nell’infocato tramonto che raccoglie mente vivacizzati dai salti dell’arci- questa mazzetta di fotocopie che tieni chiuse a coppa. il tocco di una campana nella valle, gna gatta diffidente. in mano. O la sola essenziale presenza come nelle arcate di una cattedrale. dell’uno per l’altro. Non lo vedo, Ti ricordi le fiabe? Per farle durare di non mi pesa, Musica è la tenerezza complice più nostra madre le farciva di parti- —AMEDEO TOSI ma lo sento crescere. di un bambino sul cuore della mamma; colari, come mettere acqua nel vino. E la gioia profonda dell’uomo che scopre non si giungeva mai al dunque. Anzi, Dapprima è un cristallo, un’edera insperata sui dirupi bagnati di fatica. il dunque, cioè l’ora di andare a letto, trasparente, arrivava all’improvviso, dopo il suono fragile. È l’amore traboccante argenteo e solenne della pendola, che che germoglia nel vaso della vita; pareva redimere quella realtà di infi- Poi è un diamante, o sosta mano nella mano nite parole. Misteri della sensibilità. E trasparente, negli ultimi istanti del giorno. poi i rosari, già lunghissimi di per sé, solido. te li ricordi? Con quei “prega per noi” Ma la musica più inesplorata e intensa interminabili. Perché -ti chiedevi- ag- è il cuore giungere sempre qualcosa a quello dimora di voci silenzi e luce, che già basta? E perché tanti insistenti dove l’Eterno ha posto variegate sinfonie particolari, quando la Madonna avrà per germogliare speranze senz’altro già capito? Eppure tutto... e illuminare sentieri. quei tic-tac, quei ritornelli, quell’eco nostalgico dei forti rintocchi dell’oro- logio del campanile e della pendola, che allora esploravamo anche di na- scosto giù per scale sconnesse, tutto PAg.2 — LOSSERVATORE LOSSERVATORE — pAG.3 SERA DI SAN SILVESTRO IL VOLO DEL PENSIERO FÓG O GL OSSA R IO di Renzo Favaron di Gianna Costa di Marco Bolla fógo = fuoco Dura da spaccare, sera di San Silvestro, Vola tenero pensiero, Fógo tògo = buono, di ottima qualità impossibile e illusoria, vola leggero vin tògo se ingrópa = si annodano quando ne siamo già privi, e questo sulle ali di una farfalla. lengoa che siga stròpa = vimine perché non languisca alcuna speranza, Come lei non fai rumore, oja che liga taconà = rattoppate in grembo a un tempo nuovo puoi librarti nell’aria, man che toca stofegà = soffocate simuliamo di rinascere, ingenuamente. lasciarti trasportare dal vento. se ingrópa ója = voglia E la polvere del carro funebre Non seguire una linea precisa, come na stròpa scartòssi = cartocci ancora inviterà a inghiottire ma continua a zigzagare, gente de fora ingòssa = ingozzano questa tua luce devastatrice qua e là, teneramente. tenpo in malora mónze = mungono sopra dodici buche Ricorda le cose belle, parole taconà pónze = pungono di un altro anno già perduto, lascia andare quelle cattive, incadenà sòco = ceppo sprofondato sotto, innalzati nella luce. da la rabia che ora scivola via, tuff, Continua vagare, stofegà indietro dodici volte, vai più in alto che puoi, da la sabia vecchio e nuovo riuniti ritorna con le mani piene d’amore. gente che core ET ER NO in uno spazio senza nome. Raccogli i petali scapa móre di Keti Muzzolon che il vento sparge s’ciòpi che sbara Mesi di un altro anno già fuggito tutt’intorno a te. cagnàra Vibra nel petto la nota costante, stanno arrivando, giorni Sei un libero pensiero, il ritmo incessante. già caduti uno dietro l’altro, spazia l’universo intero Fógo Respiro la tua aura dilatata: già fuori del tempo e rientra nella mia mente. vin tògo la sento. che riprende dall’autunno, Ti lascio aperto il cuore lengoa che siga Tocco e m’immergo tuff, dall’estate, affinché tu possa rientrare oja che liga nella tua presenza eterica. sprofonda dentro maggio, aprile, dopo il tuo vagabondare. scaja che taja vene Vivo, amo, in te, per te... con te. tuff, dentro l’inverno. done piene Protendo la mia mano, È il posto migliore. sangoe stringendo la tua racchiusa; Tuff-tuffete, anch’io son qui scartòssi de ossi carezzo il tuo volto silente, col bicchiere in mano, aspetto Ci puoi restare. ingòssa riscaldando la tua anima dolente. l’albeggiare di un anno che sta là, strade case canpi TOCCO glissa, passamano, un anno sperduto Sei libero di amare. cava piante La fronte: tu Sei, cerca in te! verso mesi impossibili, stufi mónze vache Il capo: immergiti, ascolta il tuo Sé. di un di qua già tutto di là, pónze rece Gli occhi: guardami, rispecchiati in me! laggiù sull’altra sponda La guancia: sentimi, sono qui con te! dove la luce è alleata del buio, sora ‘l sòco de la vita Ascolta la voce del silenzio: è fastoso nondove. l’esistenza continua nel suo ritmo incessante; da “Voci d’Interludio”, 1989 la mia anima intona la nota costante, cantando lodi alla Vita. PAG.4 — LOSSERVATORE LOSSERVATORE — pAG.5 UBRIACO DI EMOZIONI Vodka e gin DUE CARTOLINE DAL FIUME II di Riccardo Colombara fanno l’amore di Silvia Gazzola fra le calde pieghe dello stomaco, Taglia in due In una piovosa notte di primavera, ottenebrando la ragione. I perfettamente la mia vista quando i germogli ancor son chiusi, Altri mondi si aprono, un’ombra livida, con occhi febbrili e brucianti da questo corpo sconquassato In sottoluce verdebruna memoria ho sognato una poesia. dalla vita irrefrenabile. a un giorno feriale t’ho scorta: inabitata dal tempo. Aveva il gusto delle parole, Ritorno alla verità negata, e chiaro dal nord mi giunse quelle che rimangono in ogni respiro. fra antiche spiagge il tuo mare – In mezzo – il nero capo Non aveva voce, né segni, senza nome, né tempo. un barocco immaginare e chino, violato da partenze soltanto innervate immagini di colori. Schianti di onde volute, dovute alla vita. Ho sognato i tuoi occhi, impetuose si innalzano E un sigillo aperto a chissà Niente occhi, occhi di verde mare come emozioni senza forma quale porta del tempo dischiuse occhiali ancor meno: così chiari e limpidi dal mio grido taciuto. il segreto: un’estasi breve n’uscì solo rotte visioni da essere veri Immerso tra queste poesie per subito vanire come deve, rinunciate alla luce. come le pagine dei poemi. senza ragione, sul greto morta a tarda luce, Ho udito una musica prive di forma la neve In questo chiarore diffuso, fra mille visioni mi lascio trasportare. che importa fra che piogge che mi invitava a salpare. Docili mi avvolgono sceglierai di mostrarti La mente in fiamme, fra i loro antichi suoni, o da che stanze. la testa è un macigno nelle loro vitali visioni. Se l’alba è poco meno di un sogno dove fissare Ubriaco di emozioni, è per me il tuo canto sommerso, tutti i sogni. perso nel mondo. sommesso vortice che più e più s’affolta e spare, tra i rombi fumiganti a fior dell’acqua, nel mare. I N T I M A PACE I NCOM PI U TA di Giustina dalla Fina di Giustina dalla Fina Dolce solitudine, A fronte di nubi sfilacciate bianco silenzio d’anima. sento il verde sperduto dell’anima nuda Uno, il respiro della terra. su crepe arse della roccia Tace ogni nulla: rimasta un’illusione. l’Assoluto vive. Fili della mia carne ho lasciato Canto corale avvolge mille sull’altro versante quando infinite voci.